Lincontro ha inizio alle 11,30.
Audizione del prefetto di Perugia e del procuratore distrettuale antimafia.
PRESIDENTE. Anzitutto la ringrazio, prefetto Fiore, per la sua ospitalità. Come lei sa, la Commissione dinchiesta è interessata al ciclo dei rifiuti e agli eventuali aspetti illeciti ad esso connessi, per cui le chiediamo di informarci in merito, ovviamente dal suo punto di vista.
GIANLORENZO FIORE, Prefetto di Perugia. Premesso che sono prefetto di Perugia da appena sei mesi, devo dire che fin da quando mi sono insediato ho avuto contatti con le forze dellordine per fare il punto sulla situazione relativa al ciclo dei rifiuti urbani, con lobiettivo, naturalmente, della verifica e della prevenzione di eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata sia allinterno delle aziende regolarmente autorizzate alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, sia per quanto concerne leventuale realizzazione di discariche abusive.
Lattenzione della prefettura è stata sempre costante, e già a suo tempo, nel maggio 1999, il mio predecessore aveva indetto una riunione del comitato provinciale per lordine e la sicurezza pubblica, mettendo a punto una serie di misure utili a favorire lo scambio di informazioni tra gli enti preposti al controllo e impegnandosi, inoltre, a fornire tempestivamente ogni notizia al NOE dei carabinieri. Allo stato, lattività svolta dalle forze dellordine porta ad escludere fenomeni collegati alla criminalità organizzata. In proposito, consegno alla Commissione un documento dove sono allegate le relazioni della PS, dei carabinieri, della Guardia di finanza, del Corpo forestale e della provincia. Aggiungo che i carabinieri hanno anche svolto un lavoro relativo a tutto il sistema di smaltimento dei rifiuti nel comune di Perugia e che sono state sequestrate un paio di discariche perché sono stati trovati liquami di prodotti pericolosi, non a norma.
Nellambito delle attività svolte sono emerse, a più riprese, irregolarità sia amministrative, sia penali regolarmente perseguite e segnalate alle competenti autorità giudiziarie. Tra i fenomeni che alimentano labusivismo in provincia è sicuramente da annoverare il sisma e la necessità di smaltire ingenti quantità di materiali inerti provenienti dalle demolizioni evitando il pagamento dei relativi lavori. A suo tempo, era stata costruita anche una discarica, autorizzata dal comune di Gualdo Tadino, ma al momento ne è stata sequestrata una parte. Su questi aspetti, evidentemente, la Commissione potrà acquisire notizie direttamente dalla regione Umbria, che a suo tempo ha predisposto misure atte a favorire lo smaltimento di questi rifiuti e che proprio in questi giorni ha varato il piano regionale.
Lattività da noi svolta attraverso le forze dellordine è riportata nel documento che consegno alla Commissione, al quale abbiamo allegato anche alcuni articoli di stampa apparsi in questi giorni a seguito della decisione della regione di varare il piano suddetto.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al procuratore della Repubblica di Perugia, nonché procuratore distrettuale antimafia, dottor Miriano, ricordo che la Commissione è interessata ad avere una visione completa del ciclo dei rifiuti e, per quanto riguarda gli aspetti illeciti, non solo delle questioni legate alla penetrazione della criminalità organizzata, anche se, ovviamente, sono per noi quelle di maggiore interesse. Vorremmo quindi conoscere, in generale, tutti gli aspetti legati alla questione dei rifiuti e degli inerti, per esempio, dove vengono a configurarsi situazioni che si allontanano dalla norma e che, quindi, provocano problemi.
MIRIANO NICOLA, Procuratore della Repubblica di Perugia. Per quanto riguarda gli inquinamenti della criminalità organizzata nella gestione e nel trattamento dei rifiuti, debbo escludere che si abbiano notizie in tal senso. Se inquinamenti vi sono, essi non sono noti né alla procura ordinaria, né alla procura distrettuale. Quanto meno per il momento, personalmente tendo ad escludere interessamenti della criminalità organizzata per quanto attiene alla materia rifiuti. Certamente, non vi è conformità alle leggi che riguardano la gestione dei rifiuti solidi urbani e speciali, sia nella regione, sia nel circondario del tribunale di Perugia, anche se il fenomeno è piuttosto basso rispetto alle emergenze nazionali. Credo, da un punto di vista numerico, che lUmbria sia tra le regioni che lamentano una bassa violazione di queste norme ed aggiungo che nel 1999, rispetto al 1998, vi è stata una tendenza in calo anziché in aumento. Ritengo anche che la stessa tendenza al riguardo, però, non ho dati oggettivi riguardi lanno 2000. Nel 1999, in Umbria le violazioni sono state circa 400, mentre superavano le 500 nel 1998, ed hanno riguardato le numerose norme che disciplinano la gestione e lo smaltimento dei rifiuti emanate, più che altro, in attuazione delle direttive europee. Molto recente è un interessamento del NOE, su stimolo della procura regionale e della Corte dei conti, nei confronti dellimpresa Gesenu, che ha in appalto la raccolta, la gestione e il trattamento dei rifiuti di Perugia e di un notevole comprensorio che comprende oltre 20 comuni. Direi, comunque, che si tratta di un interessamento più che altro conoscitivo e relativo, soprattutto, alla gestione del denaro pubblico. Limpulso è stato dato dalla procura regionale e dalla Corte dei conti e a giugno del 2000 il rapporto del NOE è stato inviato per conoscenza anche alla procura di Perugia: sui risultati dellindagine è diritto che abbia parola la Corte dei conti, ma mi pare che si sia indagato per capire se le attività svolte dalla Gesenu nel trattamento dei rifiuti comportino alti costi che, come è ovvio, sopporterebbe il cittadino. Mi sembra che si tratti, più che altro, di una questione tecnica, considerato che la Gesenu tratterebbe in un certo modo i rifiuti, per poi riversarli nel territorio attorno alla cava. Se ciò sia bene o male è un problema tecnico e se comporti o meno costi elevati per i cittadini è un fatto che non riguarda certamente la procura.
PRESIDENTE. Essendo la Gesenu per una parte privata e per laltra pubblica, per questultima comporta costi che sono pagati dai cittadini?
MIRIANO NICOLA, Procuratore della Repubblica di Perugia. Potrebbe, ma non spetta a me dirlo. La procura non è interessata a queste problematiche, a meno che la condotta dellimpresa non sia frutto di dolose e preordinate macchinazioni per conseguire illeciti guadagni. Però di ciò non ne ho notizia.
Le forze dellordine sono piuttosto attente al problema dei rifiuti e nella procura di cui ho la responsabilità ho da poco ottenuto lingresso di forze dellordine con una preparazione specifica, come il Corpo forestale dello Stato e la polizia provinciale. Credo che non molte procure abbiano nel proprio organico polizie di questo tipo.
PRESIDENTE. Qual è lorganico della polizia provinciale?
MIRIANO NICOLA, Procuratore della Repubblica di Perugia. Il mio è modestissimo, in quanto è composto da due elementi, come quello del Corpo forestale dello Stato. Ma ciò lo considero una benedizione, perché le amministrazioni sono gelosissime dei propri appartenenti. Se dovessero far bene, potrebbe essere uno stimolo per le amministrazioni ad essere più generose, ma anchesse hanno problemi di bilancio, perché si tratta di personale che costa e che non è pagato dal Ministero della giustizia. Si tratta di personale che si guadagna ampiamente il proprio stipendio ma che per le amministrazioni di competenza è composto da gente in vacanza, per così dire.
PRESIDENTE. Solo pochi anni fa, lintera provincia di Palermo disponeva di due ufficiali provinciali!
MIRIANO NICOLA, Procuratore della Repubblica di Perugia. Naturalmente, per le operazioni di vasto respiro quel personale ha la possibilità di appoggiarsi alle amministrazioni di provenienza.
PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto di Perugia, dottor Fiore, ed il procuratore della Repubblica di Perugia, dottor Miriano.
Audizione dellassessore allambiente della regione Umbria.
PRESIDENTE. Ricordando che la Commissione si occupa del ciclo dei rifiuti e delle eventuali attività illecite ad esso connesse, dallassessore regionale allambiente gradiremmo conoscere le caratteristiche del recente piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti.
MONELLI DANILO, Assessore allambiente della regione Umbria. Credo sia interessante conoscere anche il percorso dellattuale piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti adottato dalla giunta venti giorni fa. Liter è stato abbastanza lungo e nellaprile del 1999, quando sono diventato assessore regionale, il testo è stato licenziato dal gruppo tecnico ad esso preposto. Uno dei miei primi atti è stato quello di comprendere concretamente lo spirito complessivo di cui era animato quel piano. Dopo un confronto, una discussione e un dibattito politico-istituzionale allinterno della coalizione della giunta regionale della passata legislatura, lidea emersa è stata che quel piano, così comera stato concepito e strutturato, aveva forse necessità di essere ricalibrato e ripuntualizzato su alcuni aspetti. Il piano prevedeva una sottolineatura impiantistica molto forte, in quanto modellava uno schema con cui si pensava di immettere sul territorio ulteriori altri impianti di preselezione o trattamento dei rifiuti. Si prendeva atto che lunico inceneritore autorizzato esistente nella nostra regione era quello di Terni, che aveva ed ha una potenzialità di 35 mila tonnellate lanno e che brucia la componente secca dei rifiuti, e che nessun altro impianto autorizzato di termovalorizzazione dei rifiuti era presente in Umbria. Nella regione, il piano modellava, come prodotto complessivo, la formazione di quattro ATO (il senatore Asciutti sa come è modellata lUmbria, con due province territorialmente molto sbilanciate tra loro). Per i tre ATO presenti nella provincia di Perugia, lobiettivo era di aprire altre due discariche nellarco di due o tre anni quattro al massimo o di individuare un sito per un impianto di termovalorizzazione. Di fatto, veniva indicata, in maniera anche abbastanza evidente, lesigenza di determinare la scelta impiantistica di un secondo impianto nella nostra regione. Fin da allora, sospinto da unesigenza che pensavo fosse giusto immettere allinterno del circuito istituzionale, fu rimessa in discussione questa parte. Fu detto, infatti, per come lUmbria è strutturata territorialmente, per la produzione che aveva, per il numero dei suoi abitanti e per le componenti morfologiche, ambientali, culturali, turistiche e storiche che si voleva enfatizzare, che poteva essere il luogo in cui pensare, invece, ad un unico impianto per tutta la regione. Soprattutto si risottolineava in maniera meno forte lesigenza di immettere altri impianti nel territorio, dando più centralità alla raccolta differenziata a monte degli impianti, fossero essi di preselezione e trattamento o discariche.
La discussione è stata lunga e ci ha portato a preadottare definitivamente quel piano a gennaio 2000, quando cioè la legislatura regionale era finita. Vi sono state le elezioni, e subito dopo aver ricostituito la giunta si è riaperta la discussione ed è stata ricreata in maniera definitiva la nuova filosofia del piano che stiamo discutendo. Abbiamo fatto in modo che il piano avesse al centro quattro scelte prioritarie. Anzitutto, una costruzione concreta, sperimentabile sul territorio attivando accordi di programma, da parte della regione e degli enti locali, anche con le imprese e i cittadini per arrivare a produrre meno rifiuti, dal momento che in Umbria non esistono situazioni programmate e sperimentate in tal senso, fatta eccezione per taluni esempi abbastanza isolati, quali il riciclo della carta attuato dalla regione e dai suoi enti derivati. Riteniamo, invece, che occorra vedere, con le stesse imprese, come raggiungere una qualificazione da questo punto di vista. La seconda scelta prioritaria è stata quella di dare una forte centralità alla raccolta differenziata facendo divenire meno centrali gli impianti e le stesse discariche. Da questo punto di vista, infatti, in Umbria vi è una situazione che necessita di essere rilanciata e che è il frutto delle scelte fatte negli anni ottanta; di fronte a voi mi sento di dire che queste ultime hanno determinato una situazione ancora oggi abbastanza positiva, in quanto alcune nostre aziende pubbliche e private credo che siano un vanto anche dal punto di vista del modello organizzativo e gestionale. Dal momento che esistono, a mio avviso, quelle scelte impiantistiche vanno valorizzate, sapendo che la scelta della raccolta differenziata significa che quegli impianti non possono trattare sempre più rifiuti, altrimenti andremmo incontro a difficoltà e a contraddizioni. Dunque, centralità della raccolta differenziata a monte degli impianti e delle discariche, a proposito della quale oggi in Umbria siamo al 12 per cento, cioè molto al di sotto del 25 per cento previsto per il 2002. Si tratta però di un 12 per cento raggiunto con la spazzatura stradale e con altri tipi di rifiuti che sarebbe un po improprio considerare come raccolta differenziata. Vi sono alcuni picchi territoriali molto alti, ma la media complessiva indica che zone ed aree della nostra regione sono ad un livello molto basso. Auspichiamo quindi che vi sia questa centralità, ma sappiamo che gli aspetti su cui scommettere sono due: anzitutto, riteniamo che in Umbria non debbano essere immessi, in coerenza con il cosiddetto decreto Ronchi, rifiuti provenienti da altre regioni, fatta eccezione per quelli sottoposti ad accordi di programma e con motivazioni veramente specifiche e particolari già previste allinterno del decreto; in secondo luogo, con larticolato di legge riteniamo di sancire che in Umbria anche gli assimilati e gli assimilabili dovranno essere sottoposti ad accordo di programma, perché siamo dellavviso che questa partita debba essere normata in maniera forte e definitiva. Scommettiamo infatti sul fatto che in Umbria non si debba più costruire alcuna discarica, non tanto e non solo perché la stessa Comunità europea e la legislazione nazionale ci invitano ad andare in questa direzione, ma perché abbiamo sei discariche attualmente autorizzate, un paio delle quali, a cominciare da quella di Orvieto, sono molto ampie e abbastanza sicure. Pensiamo, al di là dei limiti territoriali dei quattro ATO, di concepire una suddivisione in ATO della nostra regione che faccia comunque dialogare gli impianti che fanno parte di ATO diversi. Da questo punto di vista, gli ATO 1, 2 e 3, che ricadono nella provincia di Perugia, devono dialogare tra loro e anche con quello che comprende lintera provincia di Terni. Ciò è possibile mettendo a rete gli impianti, nonché costruendo sinergie imprenditoriali tra aziende pubbliche e private del settore. Nellepoca della globalizzazione, infatti, non si capisce perché alcune aziende pubbliche e private che operano nella regione e che fuori dalla stessa già esercitano alleanze strategiche tra loro trovino difficoltà ad interagire e a trovare momenti di sinergia e di messa a rete. Pensiamo, quindi, che dalle sei discariche si possa addirittura scendere a cinque o a quattro nellarco di due o tre anni, per esempio facendo diventare di valenza regionale quella di Orvieto, cioè al servizio dei quattro ATO in cui è composta e suddivisa la regione Umbria.
Nella provincia di Perugia vi sono impianti (per esempio quello di Ponte Rio e di Casone a Foligno) che trattano più rifiuti delle potenzialità industriali e impiantistiche che potrebbero gestire. Vi sono impianti, per esempio quello di Orvieto, che attualmente, a detta degli imprenditori e dellamministrazione comunale, vengono considerati sottostimati. Riteniamo quindi che sia necessario andare verso una razionalizzazione prima di prendere in considerazione ipotesi di accordo di programma che permettano di gestire anche situazioni di difficoltà di altre regioni. Dove vi sono troppi rifiuti che determinano una cattiva qualità del trattamento e alcune volte un pessimo compost bisogna andare alla diminuzione della portata del trattamento giornaliero per saturare con produzioni nostre gli impianti sottostimati. A mio avviso, ciò permetterebbe una razionalizzazione economica, ambientale ed ecologica ed impedirebbe, per il momento, di prendere in considerazione lipotesi, considerate le potenzialità della regione e degli enti locali, di far diventare lUmbria luogo e piattaforma di trattamento di rifiuti anche di altre regioni. A mio parere, ciò sarebbe un errore. Se il rifiuto è un business, si deve tener conto della razionalizzazione degli impianti, dei livelli occupazionali e della tutela dellambiente della nostra regione. Le alleanze di cui parlavo prima è necessario renderle immediatamente eseguibili. Siccome con gli ATO non abbiamo costruito nessun muro di Berlino, vorremmo che le città oltre ad avere una propria forte identità ed autonomia dialoghino nel momento in cui le regioni stanno diventando regioni dellEuropa, non solo dellItalia.
Riteniamo poi che nella nostra regione vi sia la necessità di produrre un compost di qualità, che ha un giro vizioso, non solo in Umbria. Dire "vizioso" significa non che sia viziato da chissà quale malformazione etica o legale ma che raccogliamo rifiuti, li trattiamo negli impianti e, una volta che il compost è trattato e formato, spesso rischia di prendere la via delle discariche. E questo non è più tollerabile, secondo noi. Anzitutto perché oggi vi sono le condizioni per fare in modo che vi sia un innalzamento della qualità tecnologica degli impianti per trattare bene i rifiuti e per farli diventare compost; in secondo luogo, perché da noi vi è unagricoltura forse limitata ma di grande qualità, e sappiamo che potremmo avere utilizzatori nel nostro territorio innalzando la qualità del compost. Potremmo sperimentare un ciclo virtuoso che sta molto a cuore a questa giunta: dalla produzione dei rifiuti alla raccolta differenziata; dalla raccolta differenziata al trattamento della parte umida; dal trattamento della parte umida alla produzione di compost di qualità da utilizzare in agricoltura. Con una forte sinergia tra gli assessorati allagricoltura e allambiente si potrebbe realizzare unagricoltura biologica qualitativamente certificata. Dunque, un ciclo a mio avviso abbastanza significativo. Faccio un esempio. LUmbria produce un miliardo di litri di acqua minerale lanno ed utilizza 500-600 milioni di bottiglie di plastica e vetro. Forse il 22 per cento della produzione viene consumata in loco, il che significa che gli umbri utilizzano ogni anno circa 130-150 milioni di litri di acqua minerale. La plastica raccolta, però, è pochissima e la stessa regione non è stata ancora in grado di concepire al meglio un obiettivo diverso. Raccogliere anche il 40 o 50 per cento di quei 150 milioni di bottiglie, cosa che tutti sappiamo essere non molto complicata e difficile, significherebbe reperire 40-50 mila tonnellate di plastica, che al prezzo attuale equivalgono ad 8-10 miliardi lanno. Dunque, un ciclo che risparmia energia e materiale, che protegge lambiente e che apre una filiera occupazionale molto forte e significativa. Penso e credo che le imprese umbre pubbliche e private debbano capire limportanza di far parte di un progetto di forte alleanza se vogliono avere anchesse un grande ruolo. Posso garantirvi che in Umbria i produttori di acqua minerale sono disponibili ad un ragionamento di questo tipo, per cui entro il 2001-2002 dovremmo porci lobiettivo di raccogliere la percentuale più alta di bottiglie di plastica e di vetro. Credo che ciò farebbe bene alla nostra economia, al nostro PIL, al nostro organismo e al nostro ambiente.
Per quanto riguarda la termovalorizzazione, a mio parere la previsione del piano è eccessivamente semplice. Oggi in Umbria vi è un unico termovalorizzatore pubblico, quello di Terni (da poco lazienda è stata trasformata in Spa), che può bruciare 35 mila tonnellate al massimo e che è ormai datato. Anziché litigare sul come e il dove, abbiamo deciso di stabilire insieme dove ubicare il nuovo impianto, considerato che quello di Terni non potrà essere limpianto del futuro. A nostro avviso, la centralità è la raccolta differenziata, a monte degli impianti. Nel 2000 abbiamo distribuito un miliardo e 300 milioni per sostenere gli enti locali in questo sforzo. Per incrementarlo, stiamo attuando un progetto per sostenere anche nel 2002 le imprese, gli enti locali e i cittadini. Delle 430-440 mila tonnellate di rifiuti in Umbria vorremmo destinare alla termovalorizzazione solo la parte secca, e di questultima solo 70 mila tonnellate, che riteniamo sufficiente per ottimizzare un impianto medio in grado di servire lUmbria e di garantire che nei prossimi cinque o sei anni le nostre discariche non avranno grandi problemi qualora la raccolta differenziata sarà coerentemente perseguita. Non certo per furberia, la giunta regionale non ha potuto e non ha voluto stabilire dove andrà. E previsto infatti dalla legge nazionale e dalle nostre volontà politiche, istituzionali e locali che sia scelto con una forte sinergia tra province ed enti locali, con passaggi di concertazione democratica che richiamano molto il modello della partecipazione anglosassone. E giusto, infatti, che vi siano le massime garanzie di salubrità e di impatto ambientale. Alla casistica nazionale già prevista per questi casi, abbiamo aggiunto alcune scelte prioritarie di valenza istituzionale e regionale. Pensiamo che limpianto debba essere sottoposto anche al VIA regionale e che il limite delle tonnellate non debba spaventare in termini negativi (qualcuno ha già detto che è troppo piccolo, per cui non sarà un business). Sappiamo che nella produzione dei rifiuti questultimo cè se vi è, soprattutto, la copertura del CIP6, altrimenti produrre energia elettrica bruciando rifiuti non è una grande scelta imprenditoriale, né economica, né impiantista. Riteniamo, quindi, che questa scelta possa essere fatta prendendo in considerazione anche, dove sono presenti, le adduzioni e il sostegno del CIP6, che oggi abbiamo presenti soprattutto nellarea ternana. Però non abbiamo voluto indicare in maniera vincolante quel territorio, perché in proposito riteniamo che possa e debba esserci un confronto.
Pensiamo che la centrale di Pietrafitta non possa essere presa in considerazione come impianto da destinare allallocazione di rifiuti per produrre energia elettrica, in primo luogo perché si tratta di un impianto che vede già aperta una trattativa presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Crediamo che quellimpianto debba avere un futuro a metano che rappresenti una risposta dal punto di vista occupazionale e che i mille miliardi spesi per farlo nascere siano forse sottoponibili a critica, anche perché in quellarea vi è una vocazione turistica straordinaria. Siamo anche dellavviso che in Umbria non sia possibile prendere in considerazione lipotesi per cui cementerie, fonderie o aziende che producono laterizi possano incenerire rifiuti o quantaltro allinterno dei propri forni, in quanto spesso non hanno le condizioni tecnologiche per assicurare efficienza e salubrità.
Quindi, se un impianto nuovo dovrà esserci, sarà il frutto di una concertazione molto forte e vincolata, e il fatto di non averlo già localizzato e destinato non rappresenta ripeto una furberia da parte della giunta regionale.
In queste ultime settimane abbiamo attuato un accordo di programma è stato oggetto di polemiche interne tra lUmbria e la Campania: in termini ufficiali, di cui siamo orgogliosi, abbiamo contribuito, noi che abbiamo ricevuto tanta solidarietà allepoca del terremoto e della ricostruzione, a dare una mano politica, istituzionale, culturale e imprenditoriale alla regione Campania, che ha grossi problemi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Ci sono stati chiesti sostegno e aiuto per allocare 20 mila tonnellate di rifiuti della Campania nella nostra regione. Il programma è stato frutto di un accordo tra la presidente Lorenzetti e il presidente Bassolino. I rifiuti verranno collocati nella zona della discarica di Orvieto e verranno trattati dallazienda SAO. Per un terzo si tratta di tal quale, per il resto di rifiuti già trattati. Già adesso lARPA è impegnata a verificarne la quantità e la qualità. E previsto che laccordo possa essere rinnovabile, ma abbiamo già fatto sapere al presidente Bassolino che questa disponibilità per il momento non può essere rinnovata. Abbiamo fatto questo sacrificio, di cui siamo orgogliosi, nato e gestito in modo trasparente, ma per i prossimi mesi non pensiamo che debbano esserci altre ulteriori immissioni. Se dal confronto con le imprese e le organizzazioni sindacali che avremo il giorno 18 venisse un segnale positivo al piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti, credo che nel prossimo mese saremo in grado di avviare la discussione in seno alla commissione consigliare. Aggiungo che, al di là delle scadenze elettorali, la giunta ha deciso di fare in modo che anche nel mese di marzo si discuta dellapprofondimento circa ladozione definitiva del piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti.
FRANCO ASCIUTTI. Anzitutto, ringrazio lassessore Monelli per la sua relazione, che in gran parte conoscevo per ovvi motivi personali.
Premesso, per essere chiari, che personalmente sono favorevole ai termovalorizzatori, non so come voi pensiate di realizzare il tutto ma in Umbria vi è una situazione significativa che la regione potrebbe anche cercare di percorrere, cioè quella delle cementerie. Se fosse necessario, oltre al piano regionale, anche un intervento legislativo o un accordo di programma a livello nazionale, perché no? Del resto, la regione Umbria ha tre situazioni di cementerie significative con un know how da utilizzare. Se andassimo in questa direzione, credo che la spesa sarebbe di gran lunga inferiore rispetto a quella di altre ipotesi. Vorrei quindi sapere se la giunta abbia pensato di percorrere una strada del genere.
Mi risulta, poi, da una nota del gruppo Falck, che già nellaprile 2000 una società, la Terni Ena, ha iniziato i lavori per la costruzione di un impianto di termovalorizzazione da biomasse, completamente programmato per il 2001. Limpianto in questione dovrebbe anche occuparsi di CDR, di utilizzo di rifiuti solidi urbani e di altri trattamenti, in modo da sopperire alle 70 mila tonnellate di rifiuti cui lo stesso assessore pocanzi ha accennato. Non so se sia vero quanto scrive il gruppo Falck ma sarebbe positivo se questo impianto fosse già in fase avanzata. Lassessore Monelli ha detto che non si vuole ancora fissare il sito, ma se questo è un sito perché no? Chiedo poi se si pensi di utilizzare le cementerie, alle quali ho accennato prima.
Prendo atto che la discarica di Orvieto è particolarmente capiente, che per quella di Ponte Rio siamo ormai in fase conclusiva e che per noi il problema dei trasporti non è particolarmente drammatico.
PRESIDENTE. Mi associo alle considerazioni del collega Asciutti, valutando positivamente le considerazioni fatte sulla centrale di Pietrafitta, della quale ho avuto modo di occuparmi tanto tempo fa e per parecchio tempo. Certo, mille miliardi sono francamente tanti, per cui cè da sperare sullalimentazione a metano, a proposito della quale voglio ricordare che, come il grande metanodotto ha avuto una derivazione per alimentare Montalto di Castro, così non è impensabile una derivazione per la centrale di Pietrafitta. Diciamo che mi permetto un suggerimento rispetto allantica battaglia.
Circa la questione sollevata dal collega Asciutti, la riprenderei avanzando anche un suggerimento. Poiché prima lassessore parlava di valutazione di impatto ambientale sulla base della legge regionale, ricordo che una corretta valutazione di questo tipo implica sempre un confronto costi-benefici. È del tutto evidente, allora, che lautorizzazione avuta dalla CMI per realizzare quellimpianto è resa forte dalla prospettiva del CIP6, tantè che si parla di biomasse e di CDR in modo leggermente furbo, per così dire. Ma ognuno fa il suo mestiere e questazienda avrà interesse ad utilizzare le robuste remunerazioni previste dal CIP6. Credo, però, che la valutazione di impatto ambientale sia corretta nel confronto costi-benefici, anche perché, nel piano regionale che ho "spiato" dai documenti del collega Asciutti, vedo uno stanziamento di 110 miliardi per la realizzazione del termovalorizzatore per le 70 mila tonnellate. Vorrei sapere, peraltro, se quello specchietto sia fatto bene
FRANCO ASCIUTTTI. No, forse quella è la vecchia stesura, nel senso che nel nuovo piano regionale
PRESIDENTE. Se fosse la stesura attuale, verrebbe spontaneo chiedersi perché mai la regione debba metterci 110 miliardi quando limpresa è già ampiamente remunerata dal CIP6.
DANILO MONELLI, Assessore allambiente della regione Umbria. Assolutamente no.
PRESIDENTE. Considerando il confronto costi-benefici, e ammessa la disponibilità dei forni per il cemento ricordati prima dal collega Asciutti, qual è il costo marginale per predisporre dispositivi di abbattimento degli inquinanti per il forno del cemento, rispetto alla spesa se prevista per attivare ex novo un impianto di termovalorizzazione? Nellipotesi che questultimo non abbia il CIP6 ipotesi estremamente cogente perché ormai le finestre sono tutte chiuse non si tratterebbe di un grande business e, forse, correrebbe il rischio di essere in perdita. Vi è, inoltre, una preoccupazione per la salute e per lambiente, che in questa Commissione è sempre molto viva, perché le temperature di combustione in un forno per il cemento sono così elevate da poter rendere non dico trascurabili ma di minor costo anche buone tecnologie disponibili per labbattimento degli inquinanti residui. Per di più, solitamente questi forni si trovano in siti industriali in cui ha senso vedere, in una valutazione di impatto ambientale, se bruciare la parte secca dei rifiuti non comporti un miglioramento dal punto di vista del carico di inquinamento atmosferico.
Naturalmente, non pretendiamo di affrontare adesso questo tipo di ragionamenti, però attengono a punti che dovrebbero rientrare nella valutazione di impatto ambientale della regione.
DANILO MONELLI, Assessore allambiente della regione Umbria. Vi ringrazio perché mi consentite, in questo ruolo abbastanza importante e gravoso, più grande delle mie capacità, di continuare in una sorta di esercitazione giornaliera con confronti elevati, come quello di oggi, che mi permettono sempre più di impadronirmi della materia. E voi sapete quanto ciò sia necessario per rispondere alle esigenze di governare le situazioni.
Per quanto riguarda i 110 miliardi previsti nella passata versione, per così dire, riguardavano costi stimati, ipotetici per costruire un termovalorizzatore, o un bruciatore, o un inceneritore (uso più termini perché sappiamo che in proposito vi è una forte esercitazione semantica).
PRESIDENTE. Per termovalorizzatore intendiamo un impianto di recupero della parte "nobile" del rifiuto che può generare energia elettrica.
DANILO MONELLI, Assessore allambiente della regione Umbria. Quelli erano i costi ipotizzati per un nuovo impianto di termovalorizzazione in relazione al quale si attribuiva un ruolo importante agli enti locali ed alla regione anche dal punto di vista della presenza economica; avevamo infatti concepito un piano che prevedeva addirittura la compartecipazione economica degli enti locali e quei 110 miliardi erano il costo dellinstallazione di un nuovo impianto nella provincia di Perugia. Non è stato difficile correggere questa impostazione perché ci si è resi conto che era una strada sbagliata ed improponibile ed oggi non è prevista alcuna compartecipazione economica degli enti locali o della regione nell'impresa.
Il senatore Asciutti ricordava giustamente la presenza in Umbria di impianti che possono essere presi in considerazione come luoghi dove incenerire rifiuti; su questo è aperta una discussione all'interno del consiglio regionale e sul territorio. Sapendo, per esempio, che le cementerie sono concentrate in una precisa area del territorio e che spesso questi forni sono collocati a ridosso dei centri cittadini e insistono in aree in cui vi è già una sofferenza ambientale per le attività di cava e miniera; sapendo che solo una parte di questi impianti dal punto di vista tecnologico è nelle condizioni di non determinare problemi di impatto ambientale; sapendo che vorremmo destinare solo una parte limitata dei rifiuti alla termovalorizzazione, non abbiamo scartato lipotesi delle cementerie, ma non ho difficoltà ad ammettere che non si pensa prevalentemente ad esse come luogo in cui procedere all'incenerimento.
E comunque comprensibile anche l'altra sottolineatura del senatore Asciutti, il quale chiede che si dica chiaramente se per la localizzazione di questo impianto si pensi ad un sito come quello ternano, che potrebbe avere una vocazione di questo tipo non solo per l'inceneritore tuttora funzionante già presente in quel territorio - l'unico autorizzato in Umbria - ma perché se ne sta determinando un altro della potenza di 10 MW, quindi potenzialmente sufficiente a coprire anche più delle 70 mila tonnellate previste. Posso assicurare la Commissione ed il senatore Asciutti, anche se mi rendo conto di fare una affermazione che da un certo punto di vista ha il valore della neve destate, che ad oggi non vi è alcun accordo in tal senso né ufficiale, né ufficioso. Oggi in Umbria è autorizzato anche un termovalorizzatore per biomasse della SAO, ma per consentire che in esso vengano bruciati rifiuti c'è bisogno di un nuovo passaggio ministeriale e, per la parte relativa all'emissione di fumi in atmosfera ai sensi della n. 203, anche di un'autorizzazione della regione; finora non vi è stata alcuna richiesta in tal senso e noi non la abbiamo sollecitata, anzi, per quanto riguarda l'area ternana, che nel passato fortunatamente è stata centro di grandi produzioni industriali chimiche e siderurgiche e nella quale vi è unoggettiva sofferenza per inquinamento atmosferico, territoriale e delle acque, riteniamo che ci sia bisogno di un'attenzione particolare.
Nel piano regionale di smaltimento dei rifiuti, se non verrà modificato nel corso dell'esame in consiglio, abbiamo previsto un solo impianto di termovalorizzazione; se venisse individuato Terni come sito per la sua collocazione e vi fosse un ampio accordo sullipotesi della SAO, sarebbe necessario un cambiamento di autorizzazione, ci sarebbe bisogno di un'indagine epidemiologica e ambientale molto più approfondita di quella di cui disponiamo adesso, ci sarebbe bisogno di una valutazione di impatto ambientale e si determinerebbe la necessità di una sospensione dell'attività dell'attuale impianto che però, a quanto mi risulta, non potrebbe essere fermato immediatamente. Pertanto, anche se chi gestisce la società SAO dovesse essere in grado entro il 2001 di raggiungere un accordo con il sistema delle autonomie locali e delle imprese - perché a Terni non ci sono 70 mila tonnellate di parte secca dei rifiuti destinabili a termovalorizzazione, quindi bisogna individuare un accordo imprenditoriale e sinergie con altre regioni - e di cambiare l'autorizzazione da biomasse a rifiuti, non si potrebbe bloccare immediatamente l'attività dell'impianto esistente perché, avendo utilizzato fondi comunitari per la sua costruzione, esso deve avere un percorso produttivo di ancora due o tre anni. E questo un aspetto probabilmente superabile, che però va gestito.
Inoltre è evidente che la giunta regionale non pensa di collocare in un'area di un ettaro e mezzo un inceneritore pubblico che termovalorizza rifiuti, un inceneritore che passa da biomasse a rifiuti, e l'azienda Printer che ha un'autorizzazione a bruciare biomasse per 2,5 MW. A volte in Umbria il centrosinistra si accartoccia in discussioni non sempre decifrabili; in queste settimane, per esempio, ci siamo arrovellati intorno alla gestione di quell'area del ternano che è facilmente terreno di polemiche e contrapposizione, poiché, per quanto si possa essere a favore dell'intrapresa e dell'innalzamento del PIL, non è davvero pensabile che a breve in quellarea possano esserci tre impianti che trattano biomasse e rifiuti.
Per quanto riguarda la regione dell'Umbria, ci siamo già dichiarati disponibili ad un'ipotesi che porti all'individuazione di un territorio come luogo prevalente per attività di questo tipo; pensiamo infatti che ci sia la possibilità di determinare nella regione un unico impianto, per saturare il quale non è sufficiente la produzione del bacino ternano. Penso che la Gesenu, la SAO, le municipalizzate di Foligno, Spoleto, Terni, le imprese pubbliche e private del settore nelle prossime settimane avranno l'occasione di cimentarsi in un tavolo imprenditoriale adiacente ad un tavolo politico-istituzionale per verificare se ci siano lo spazio impiantistico, il sito idoneo, le caratteristiche e le garanzie ambientali e di salubrità per realizzare un impianto da 70 mila tonnellate.
Vorrei rassicurare la Commissione che in ogni caso la situazione delle discariche non comporta problemi drammatici da qui a breve. Inoltre, se riusciremo a implementare al meglio la raccolta differenziata, daremo immediatamente un respiro maggiore alle stesse discariche, anche in assenza di un termovalorizzatore che smaltisca meno tonnellate delle 70 mila previste dal piano regionale; se si realizza la centralità della raccolta differenziata, con l'attuale inceneritore di Terni da 35 mila tonnellate e lo stato di salute delle attuali discariche siamo in condizione per i prossimi 6-7 anni di gestire tranquillamente il ciclo dei rifiuti. Perciò ragioneremo tutti insieme con grande calma su come in Umbria si possa mettere mano anche alla partita della termovalorizzazione, prendendo in considerazione anche la questione delle cementerie nelle quali già da ora si pratica lincenerimento dei rifiuti.
Nelle cementerie di Gubbio della Colacem, per esempio, già oggi si bruciano pneumatici e le indagini della ASL e dell'ARPA hanno già dato atto all'impresa, unazienda seria e importante non solo in Umbria, che possiede ciminiere molto all'avanguardia che non generano problemi; gli impianti insistono però molto vicino al centro cittadino e sono state concesse autorizzazioni per la termovalorizzazione di migliaia di pneumatici l'anno. Che io sappia in Italia ci sono due cementerie che producono energia utilizzando i pneumatici, è perciò opportuno seguire con grande attenzione questa attività, anche perché vorremmo che le cementerie si qualificassero al meglio per la produzione di cemento. Non sappiamo infatti quale sia limmissione nel cemento delle particelle derivanti dalla combustione dei pneumatici e vi ricordo che il CDR finora è un'invenzione italiana che non ha trovato ancora riconoscimento nell'Unione europea; l'ENEL, per esempio, non è entusiasta di utilizzarlo nei propri impianti perché rischia di danneggiarli. Il piano regionale, quindi, per il momento non prevede di utilizzare in Umbria il CDR come materiale da combustione per produrre energia elettrica.
Concludendo, ribadisco che nelle prossime settimane vorremmo dare centralità alla raccolta differenziata poiché riteniamo che in Umbria vi siano tutte le condizioni per poterla attuare.
PRESIDENTE. La Commissione ha licenziato pochi giorni fa un documento sullistituto del commissariamento e per questo voglio sottolineare che la disponibilità dimostrata dalla regione Umbria nel venire incontro ai problemi gravi che incontra la regione Campania è senz'altro lodevole.
Sulla questione delle cementerie e del CDR vale la pena di sottolineare che lENEL, che solo quattro anni fa aveva nel suo core business la problematica dei rifiuti ed è forse partita con il piede sbagliato proponendo un termodistruttore da associare alla grande centrale di Montalto di Castro che all'epoca provocò un dibattito assai vivace, non solo ha rinunciato a quel progetto ma sostanzialmente si è tirata fuori dal ciclo dei rifiuti. Quanto al problema dei pneumatici, forse sarebbe utile che la giunta si dotasse di informazioni circa il progetto messo a punto dalla Pirelli per produrre CDR costituito per il 15-20 per cento da copertoni, che poi si è bloccato perché non è stata autorizzata la sperimentazione. Il CDR è sì un'invenzione italiana, ma è pienamente legittimata a livello europeo ed è in un certo senso obbligatoria dal punto di vista dellecocompatibilità se si vuole attivare una termovalorizzazione con produzione di energia elettrica, essendo il CDR quel combustibile che, secondo le specifiche del decreto ministeriale, garantisce un relativamente elevato potere calorico essendo al tempo stesso una parte selezionata della frazione secca dei rifiuti.
La decisione della regione dell'Umbria di fare a meno del CDR dovrebbe, quindi, essere vista contestualmente alla scelta del tipo di impianto in cui realizzare la termovalorizzazione; se questa dovesse cadere sulle cementerie, come l'esperienza eugubina dimostra, i forni possono essere muniti di una serie di dispositivi per l'abbattimento degli inquinanti rispetto ai quali bisogna fare una valutazione di costi e benefici considerando come fattori rilevanti l'ambiente e la salute dei cittadini.
Ringrazio ancora l'assessore Monelli, al quale rinnovo l'invito a far avere alla Commissione la versione definitiva del piano regionale dei rifiuti, e dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione dei rappresentanti dell'ARPA regione Umbria.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'ARPA regionale dell'Umbria, dottor Micheli e ingegner Emiliani. Credo siate già informati delle competenze della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: vogliamo sapere dallARPA se in questa regione ci siano preoccupazioni dal punto di vista ambientale e sanitario in relazione ai diversi segmenti del trattamento, smaltimento, raccolta e trasporto dei rifiuti. Vi chiederei di esporre in modo sintetico le vostre osservazioni e di far poi pervenire alla Commissione un documento scritto che le illustri più in dettaglio.
ALBERTO MICHELI, Rappresentante ARPA regione Umbria. LARPA è operante dall'inizio del 2000 e l'attività di controllo è iniziata da agosto in quanto il personale operante sul territorio è stato trasferito il 1° agosto.
PRESIDENTE. Qual è lorganico?
ALBERTO MICHELI, Rappresentante ARPA regione Umbria. Nel dipartimento di Perugia abbiamo dieci distretti, con due operatori per ogni distretto, quindi 20 operatori sul territorio, più tre dirigenti; in tutta la regione sono 28 persone, perché il dipartimento di Terni è più piccolo. Al momento del trasferimento delle competenze nel 1993, quando si è svolto il referendum, le forze della sanità operanti in questo settore ammontavano a circa 80 unità, mentre ne sono state trasferite solo 28. Abbiamo comunque iniziato la nostra attività di controllo e abbiamo in programma nel 2001 di ampliare l'organico per arrivare almeno a tre operatori per distretto.
PRESIDENTE. Essendo Terni un'area a forte insediamento industriale, i controlli necessari richiedono un forte potenziamento dell'organico anche in quella provincia.
ALBERTO MICHELI, Rappresentante ARPA regione Umbria. Certamente, a Terni infatti è previsto un ampliamento di organico ben più consistente.
Essendo un organismo di controllo, siamo stati attivati in diversi situazioni ed abbiamo potuto rilevare che ci sono motivi di preoccupazione. Attualmente in provincia di Perugia ci sono tre situazioni di sofferenza. La prima riguarda un impianto a Campo Reggiano, nel comune di Gubbio, che ha chiesto l'autorizzazione per l'utilizzazione di sottoprodotti dell'agricoltura i quali, ad unispezione, sono risultati non avere le caratteristiche per essere riciclati in agricoltura, per cui l'impianto è stato messo sotto sequestro.
Lo stesso è successo a Foligno, in località Casone, dove un certo signor Paggi ha affittato un terreno su cui ha accumulato 5-6 mila tonnellate di materiale dichiarato riciclabile in agricoltura dopo opportuna selezione e compostaggio, che invece risulta non idoneo a tal fine; anche in questo caso la magistratura ha posto sotto sequestro l'impianto. L'ARPA è stata incaricata di effettuare analisi per verificare se il materiale lì stoccato può determinare problemi dal punto di vista ambientale; ogni volta che piove, infatti, vengono dilavati quintali di questo materiale contenente sostanze che si sono dimostrate tossiche per l'ecosistema ambientale, quindi abbiamo detto alla magistratura che è bene che questo materiale venga evacuato.
Un'altra situazione di preoccupazione è stata riscontrata nella zona di Gualdo Tadino, dove la magistratura sta indagando perché sembra che alcune ex cave siano state riempite con rifiuti e si è riscontrato linquinamento di pozzi e sorgenti a valle di questi insediamenti. Siamo in contatto, per fornire il nostro supporto, sia con le guardie forestali che hanno fatto i sopralluoghi sia con la magistratura. Situazioni diffuse possono poi esserci in altre parti del nostro territorio e ci sono numerosi esposti da parte di comitati e gruppi di opposizione che segnalano situazioni di preoccupazione sulle quali stiamo indagando: effettuiamo sopralluoghi, preleviamo campioni, facciamo verifiche in laboratorio.
PRESIDENTE. Ci sono altre situazioni oggetto di segnalazioni da parte di comitati?
ALBERTO MICHELI, Rappresentante ARPA regione Umbria. A Spello, per esempio, è stata segnalata una situazione ritenuta non conforme per quanto riguarda l'ex stabilimento Rumianca che produceva fertilizzanti; abbiamo proceduto con i sopralluoghi e sono in corso le analisi dei residui trovati nello stabilimento, al termine delle quali faremo il nostro rapporto. Per quanto riguarda Terni non conosco esattamente la situazione, forse l'ingegner Emiliani, provenendo dalla regione, può fornire ulteriori precisazioni.
FILIPPO EMILIANI, Dirigente ARPA regione Umbria. Una situazione macroscopica, anche se ancora non all'attenzione degli organi di stampa, è quella che si registra nell'ex discarica di Vocabolo Valle per i rifiuti solidi urbani che serviva il comprensorio di Terni e che sorge in una parte della discarica Acciai speciali Terni. Prima dell'emanazione del decreto Ronchi, questa discarica ha funzionato per lungo periodo con ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 12 del DPR n. 915, perché, a meno di trasportare i rifiuti fuori dalla regione, non c'era altra possibilità se non utilizzare una discarica transitoria che in base al precedente piano regionale dei rifiuti sarebbe dovuta durare tre anni, quindi dal 1977 al 1990, e che invece è durata fino al 1997-98. L'articolo 13 del decreto Ronchi mantiene la possibilità di ordinanze contingibili ed urgenti, ma ha introdotto il riferimento alle conseguenze ambientali ed ha posto limiti di reiterazione delle ordinanze, per cui ad un certo punto l'amministrazione regionale, convocati i sindaci del bacino e del comune di Terni, ha deciso che quella discarica non si poteva più utilizzare.
La questione è delicata oltre che per la genesi della discarica - inizialmente realizzata a norma di legge con guaina, argilla, tubi di captazione del percolato, ma poi cresciuta un po' alla giornata ed in verticale - anche in virtù del fatto che operava in sinergia con la discarica delle acciaierie di Terni, di seconda categoria e di tipo B. La Terni ha presentato progetti che prevedevano la coabitazione delle due discariche, anche perché, se la discarica della Terni dovesse chiudere, le acciaierie subirebbero un duro colpo sul piano economico.
Nel frattempo si è verificata la necessità di modificare il piano regionale dei rifiuti solidi urbani, poiché in quello redatto nel 1997 era prevista la suddivisione in bacini che poi sono diventati ATO - e per il ternano era prevista una nuova discarica che però non è stata mai realizzata per lopposizione popolare e le esigenze delle amministrazioni comunali. Del piano regionale dei rifiuti sono parte integrante i piani di bonifica, che per la regione Umbria sono due: il primo, di una decina danni fa, comprendeva una cinquantina di siti destinati prevalentemente allo smaltimento dei rifiuti urbani ante DPR n. 915; laltro, del 1995, finanziato anche dal Ministero dellambiente, individuava altre cinque aree. Potrebbe essere interessante sapere come intende procedere lamministrazione regionale.
PRESIDENTE. Le risulta che la discarica di Vocabolo Valle sia oggetto di studi per la bonifica?
FILIPPO EMILIANI, Dirigente ARPA regione Umbria. Da quel poco che ho sentito dire, credo siano in corso trattative con il Ministero dellambiente per reperire i fondi per la bonifica, ma non sono certo che una bonifica sia necessaria.
PRESIDENTE. A seguito di questi piani, si è cominciato a fare delle bonifiche?
FILIPPO EMILIANI, Dirigente ARPA regione Umbria. Il vecchio piano riguardante i 52 siti è rimasto lettera morta, anche perché, dato il lasso di tempo intercorso e la mineralizzazione dei rifiuti intervenuta, linquinamento in atto dovrebbe essere ormai molto blando; il piano del 1995 riguardava anche altre situazioni, oltre ai rifiuti solidi urbani, ed era stata inoltrata richiesta di finanziamento al Ministero dellambiente.
PRESIDENTE. Laddove ci sono rifiuti speciali forse bisognerebbe sentire anche le parti che hanno provocato il conferimento ed il potenziale inquinamento. Vi chiederei comunque di far avere alla Commissione un resoconto dellattività di monitoraggio e controllo esercitata dallARPA per quanto riguarda la gestione dei rifiuti nellarea industriale del ternano.
Vi ringrazio e dichiaro conclusa laudizione.
Audizione di rappresentanti dellassociazione industriali e di associazioni ambientaliste.
PRESIDENTE. Conoscete le competenze della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: siamo ovviamente interessati ad avere tutte le informazioni di cui disponete che riguardino la gestione del ciclo dei rifiuti, le eventuali irregolarità, le problematiche emerse dal punto di vista delle imprese e dal punto di vista delle associazioni ambientaliste. Vi chiediamo anche di inviare alla Commissione eventuali rapporti e documenti scritti, di cui terremo conto nell'elaborazione del documento che concluderà i nostri lavori e che verrà discusso e approvato dalla Commissione.
MASSIMO SPORTOLARI, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Sono presidente, nellambito dellassociazione degli industriali, del settore denominato "aziende varie", che raggruppa prevalentemente le imprese che operano nel settore dei rifiuti in senso lato, dalle acque, ai rifiuti urbani, ai rifiuti speciali pericolosi. Mi accompagna il dottor Di Matteo.
Innanzitutto voglio dire che in Umbria non esistono problemi particolari nel settore dei rifiuti, o meglio, lassociazione industriali ha sempre cercato di orientare loperato delle imprese iscritte nellambito degli indirizzi fissati dal decreto Ronchi. Abbiamo assunto innumerevoli iniziative sia per illustrare la filosofia del decreto sia per spiegare il corretto comportamento delle aziende; ci siamo impegnati in particolare nel settore degli imballaggi promuovendo azioni concrete nei confronti delle imprese per l'iscrizione al CONAI e successivamente abbiamo lavorato con la regione, attraverso riunioni tra associazione industriali, regione dell'Umbria, ANCI e provincia, per promuovere la raccolta differenziata degli imballaggi primari e in parte di quelli secondari. L'associazione industriali è quindi molto attenta alla salvaguardia dell'ambiente e si è fatta promotrice nei confronti dei propri iscritti e degli organi di programmazione e di controllo di iniziative per attuare al meglio le disposizioni legislative, esercitando anche una funzione di stimolo e di sollecitazione per iniziative tese a favorire una migliore gestione del ciclo dei rifiuti.
Auspichiamo che il processo di riforma venga completato con la rapida emanazione dei decreti attuativi, alcuni dei quali estremamente importanti come, per esempio, quelli riguardanti la termovalorizzazione, il compostaggio, il riutilizzo di sostanze pericolose, al fine di favorire lo spirito del decreto Ronchi di far diventare rifiuto solo quella parte che non può essere riutilizzata.
In questi giorni si discuterà il nuovo piano regionale di smaltimento, che ci è da poco pervenuto, sul quale saremo chiamati ad esprimere un parere. Il nuovo piano fissa obiettivi molto ambiziosi in particolare per quanto riguarda la raccolta differenziata, che si prevede raggiunga il 53 per cento nel 2006, a fronte di una legge nazionale che pone l'obiettivo del 35 per cento nel 2003, ed avremo il nostro bel fare per attuare questo progetto. Mi pare però che nel piano regionale non siano contemplati impianti per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi: in Umbria non vi è alcun rimpianto per questo tipo di rifiuti, per cui il sistema produttivo deve avvalersi di aziende specializzate per trasportarli al di fuori della regione.
PRESIDENTE. In proposito vi chiederei di fornirci una documentazione relativa agli aspetti tipologici e quantitativi dei rifiuti industriali, in particolare di quelli pericolosi, in modo da capire la dimensione del problema.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni impenditoriali. Per questo ci sono i dati del MUD.
PRESIDENTE. Il MUD non è unindagine nazionale, ma una rilevazione statistica effettuata dalle camere di commercio, di cui la Commissione ha già avuto modo di rilevare i limiti perché le risposte riguardano una media del 50 per cento delle aziende interpellate e, per esempio, in una regione grande produttrice di rifiuti industriali come la Toscana, lo scarto tra il dato MUD e la stima derivante da ricerche specifiche effettuate sul campo è risultato superiore a 2. Non è detto che vi sia sempre questo scarto, ma vogliamo sapere se abbiate a disposizione stime il più possibile attendibili effettuate da voi sulla base delle esigenze delle aziende rappresentate.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Il rischio vero è di dare solo un numero, anche perché noi rappresentiamo soltanto la provincia di Perugia. Va detto che non tutte le aziende sono associate in Assoindustria.
PRESIDENTE. Purtroppo, questa è la prima volta che si crea un fraintendimento, nel senso che nelle audizioni che teniamo nelle prefetture capita spesso che i nostri interlocutori siano della provincia. Mi rendo ben conto che nella situazione umbra può essere più significativo rivolgere una richiesta del genere alla parte ternana più che a quella
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Anche se, alla fine, credo che la risposta sia la stessa. Voglio dire che è difficile una stima, da parte delle nostre aziende, sui non rifiuti. Bisogna avviare unindagine con un campione in qualche modo significativo. Se con il MUD non si riesce ad avere un dato attendibile, è molto più difficile
PRESIDENTE. Non dico che non sia mai attendibile. Dico che non sempre è attendibile.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Sì, ma se mi dice che il rapporto è di uno a due rispetto alle stime
PRESIDENTE. Non in tutta Italia. Sappiamo che il MUD è qualcosa che va superato e che probabilmente potrà esserlo con un sistema che, grosso modo, potrà impiegare un anno o un anno e mezzo per entrare a regime. Ma finché non ci sarà, per quanto limitato e difettoso il MUD è, in ogni caso, una fonte di informazione.
Avevo poi chiesto se disponiate o meno di dati relativi all autosmaltimento, considerato che alcune imprese industriali sono in grado di smaltire rifiuti industriali e pericolosi presso i siti in cui producono.
MASSIMO SPORTOLARI, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Non credo, bisognerebbe verificare.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Penso che gli organi di controllo deputati al rilascio delle autorizzazioni abbiano questi dati.
MASSIMO SPORTOLARI, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Al di là delle tipologie e delle quantità, resta il fatto che in Umbria non esiste alcun impianto che possa dare una risposta al problema dei rifiuti speciali non assimilabili, ovvero di quelli che non possono essere conferiti in una discarica di prima categoria e che solitamente vanno in una discarica di seconda categoria, di tipo B, né piattaforme di trattamento, né, tantomeno, impianti di incenerimento. Possiamo comprendere che richiedere un impianto a tecnologia estremamente complessa per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, sia solidi che liquidi, possa non essere conveniente per il sistema delle imprese, considerati la quantità e il bacino modesto della regione, ma una risposta più tangibile circa la possibilità di smaltire rifiuti speciali non assimilabili nellambito regionale credo invece che sia più che legittima. Ciò permetterebbe infatti di alleggerire i costi di smaltimento delle imprese e di invogliare le imprese stesse a fare il proprio dovere, perché più costa il rifiuto, più si cerca di occultarlo.
PRESIDENTE. Diciamo che vi è la tentazione, che ci auguriamo venga respinta, a uno smaltimento non corretto.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. I problemi sui rifiuti si stanno accavallando in maniera drammatica. A mio avviso, è necessario avere norme chiare e condivise dagli operatori e dagli organi di controllo, perché a volte limbarazzo è da parte di entrambi. Dunque, norme stabili nel tempo che possano anche consentire investimenti. In Parlamento si sono perse le tracce del cosiddetto Ronchi quater, necessario per una revisione dellintero sistema. Lazione lodevolissima del decreto legislativo n. 22 è stata corretta con un altro decreto e da circa due anni si parla del Ronchi quater. Lidea che si ha è che certe norme siano "sbattute" sullambiente e sul territorio, dopo di che si resta in attesa di vedere se si debbano o meno correggere.
Voglio sottolineare, peraltro, che manca ancora la definizione di rifiuto, il che a me sembra abbastanza drammatico. Il dottor Sportolari ricordava che mancano ancora molti decreti, per cui voglio segnalare larticolo 56, comma 2, del decreto Ronchi, per il quale il Governo, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto suddetto, su proposta del Ministero dellambiente, di concerto con quello dellindustria, previo parere trasmette apposito regolamento con il quale sono indicati gli atti normativi incompatibili con il decreto, atti che verrebbero abrogati con lentrata in vigore del regolamento medesimo. Ho citato questo articolo perché è importante conoscere le norme da applicare. Ma sono passati circa quattro anni e di quel regolamento, che io sappia, non cè traccia. Il rischio, quindi, è che a volte non si sappia bene quale norma applicare, per cui per prudenza si fa qualcosa in più
PRESIDENTE. Questa prudenza sarebbe sanissima.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Però è opportuno applicare una norma che sia chiara e condivisa. Noi siamo per applicare le norme e siamo anche per controlli veri, perché solo in questo modo è possibile sconfiggere veramente il malaffare e i comportamenti dannosi. La bozza che circolava un anno fa, di modifica al decreto sul recupero, che contiene numerosi errori da tutti rilevati, sembra non perseguire lobiettivo di favorire il recupero, perdendo di vista, conseguentemente, gli obiettivi propri del decreto Ronchi. Con norme ambientali si vogliono sconfiggere quelli che io chiamo banditi, ma in realtà credo che debbano essere adottate norme ad hoc per chi non rispetta le regole e norme per lambiente che siano invece davvero semplificate. Questo tipo di norme serve perché, a volte, ottenere unautorizzazione è quasi impossibile, in quanto i tempi sono lunghi e incerti. La definizione di rifiuto è importante per evitare che, in alcuni casi, cartiere, vetrerie e fonderie siano costrette a diventare impianti di trattamento dei rifiuti.
PRESIDENTE. Circa la mancata attuazione di parti del decreto legislativo, ne chiederemo il perché al ministro che tra pochi giorni ascolteremo in Commissione. Il fatto è che ormai tutte le leggi sono complesse e richiedono decine di decreti attuativi, ma non è questo un buon motivo perché, trascorsi ormai quattro anni, non vi siano importanti decreti attuativi che, come è notorio, nonostante siano stati discussi con le parti, non sono ancora arrivati in porto. Quindi, la domanda che lei rivolge a noi, noi la rivolgeremo al ministro.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Sì, perché adesso un operatore serio può non trovare difficoltà, mentre un operatore poco serio può trarne vantaggio.
PRESIDENTE. In proposito posso invitarla a leggere lampia documentazione della Commissione, che ha ripetuto queste cose centinaia di volte. Quindi, non è una novità. Chiederemo al ministro a che punto siamo e perché vi siano questi ritardi.
Circa la questione più generale vorrei ricordare, per evitare che alcune giuste osservazioni possano tralignare in lamentela, che il recepimento della normativa europea nel nostro paese purtroppo è avvenuto con molto ritardo, cioè nel 1997, con il decreto legislativo di cui parliamo. Ciò ha indubbiamente causato una serie di ritardi, in quanto si sono dovuti ricalibrare i piani regionali sulla nuova normativa e non tutti gli importanti decreti attuativi sono stati emanati. La situazione generale, quindi, è tale per cui è impossibile pensare che si risolvano semplicemente temi di grande complessità. Della definizione di rifiuto, per esempio, ci siamo occupati in Commissione, producendo anche un documento, con osservazioni che speriamo si rivelino utili, ma non è possibile una revisione della definizione di rifiuto da parte di un singolo paese dellUnione europea. Questo era lobiettivo iniziale del cosiddetto Ronchi quater, ma è stato modificato nel corso dellesame del provvedimento perché ci si è resi conto che non sarebbe stato accettato dallUnione europea, dove, peraltro, la questione relativa alla definizione di rifiuto è aperta da almeno dieci anni ed è ancora lungi dallessere conclusa. Ciò a testimonianza del fatto che, su materie complesse, è difficile avere norme chiarissime. Questo non è un buon motivo per avere norme chiare, ma per molti settori, operazioni ed interventi il riferimento è alle norme vigenti. Da questo punto di vista, nelle vetrerie da lei citate, per esempio, non cè pericolo che ci vadano i rifiuti. Se questo accade è perché vi sono distorsione di mercato, che vengono evitate dove i controlli funzionano. Dunque, chi opera correttamente ha garanzie
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Il rischio, presidente, è che troppe norme e paletti sfavoriscano loperatore corretto.
PRESIDENTE. Ciò che sfavorisce loperatore corretto è la mancanza di controlli, che è uno dei mali di cui soffriamo.
ANDREA DI MATTEO, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Con riferimento alla bozza di decreto che ho visto sul recupero semplificato, i paletti sono
PRESIDENTE. Ma è inutile parlare di una cosa che non cè. Invece, il problema è che in una regione come lUmbria, che certo è piccola, vi sono solo 28 addetti ai controlli. Dunque, se gli organici non raggiungono dimensioni adeguate alla scala reale dei problemi, i controlli sono difficili. In tutti i paesi del mondo le cose decollano perché si crea un mercato garantito da un operare corretto che ha alla base dei controlli. Purtroppo, noi ci troviamo in una situazione caratterizzata da un pregresso pesante, da scarsi controlli e da una normativa complessa.
MASSIMO SPORTOLARI, Rappresentante associazioni imprenditoriali. I controlli devono essere estesi a tutti, anzitutto per verificare che ognuno faccia il proprio dovere, poi per mettere tutti sullo stesso piano dal punto di vista economico e produttivo.
PRESIDENTE. Questo è previsto dalle leggi. La legge istitutiva dellANPA e quelle regionali istitutive dellARPA prevedono universalità di controllo.
MASSIMO SPORTOLARI, Rappresentante associazioni imprenditoriali. Ma spesso lARPA attua i controlli sulle aziende più visibili, che magari operano direttamente in campo di rifiuti, trascurando le altre. Ciò non è bene, perché mentre unazienda ben visibile i controlli li ha certamente allinterno, dove esiste una struttura sindacale ben organizzata che per propria natura pretende il rispetto dei processi lavorativi, dei sistemi di sicurezza, eccetera, in unazienda più piccola è più facile disattendere i controlli.
PRESIDENTE. Come Commissione dinchiesta abbiamo prestato attenzione alle aziende più piccole che cercavano di sfuggire ai controlli. Lo abbiamo fatto non solo con sopralluoghi, ma anche avvalendoci del NOE, della polizia giudiziaria, eccetera. Alcune situazioni, anche di grande rilievo, sono state sottoposte a sequestro dalla magistratura su iniziativa della Commissione dinchiesta. Non è certo questo il nostro compito principale, ma per ciò che possiamo, proprio con riferimento a questo tipo di preoccupazioni, abbiamo agito su diversi fronti. Non pretendiamo certo di surrogarci a unopera di controllo che spetta ad altri, ma là dove siamo stati informati da esposti, siamo sempre intervenuti e a volte aziende meno visibili e dal comportamento tuttaltro che corretto sono state oggetto di sequestro da parte della magistratura proprio su nostra indicazione.
Do adesso la parola ai rappresentati delle associazioni ambientaliste.
GIORGIO CORRADO, Responsabile regionale di Ambiente e/è vita. Come responsabile dellAssociazione Ambiente e/è vita nella regione Umbria, consegno un documento da noi elaborato e cercherò, in pochi minuti, di svolgere qualche premessa e qualche considerazione.
Do atto alla Commissione dinchiesta di espletare un lavoro encomiabile, di cui si sentiva veramente la necessità, per dare a tutte le forze politiche di Governo e di opposizione un quadro completo della problematica relativa agli inquinamenti e al complesso problema dei rifiuti. Mi permetto di far rilevare come questi due aspetti siano strettamente connessi ed interagenti, in quanto il problema degli inquinamenti si sovrappone a quello dei rifiuti, e viceversa.
A nostro avviso, il problema dei rifiuti è connesso a quello dei costi, per cui crediamo che per portare avanti unadeguata politica di prevenzione, di controllo e di gestione dei rifiuti debbano esserci mi rivolgo ai rappresentanti dellAssociazione degli industriali non solo la fase del controllo ma anche una proposizione di aiuto e di incentivazione da parte del Governo, perché disinquinare, contenere i rifiuti o non produrli comporta costi che danno luogo a problemi di competizione e di competitività. Non possiamo ammettere che possano esserci situazioni di squilibrio competitivo tra produzioni industriali nazionali e produzioni industriali extranazionali o extracomunitarie proprio in relazione alladdizionale del costo relativo al contenimento dei rifiuti. La posizione politica della nostra associazione, quindi, è di favorire in tutti i modi possibili lincentivazione al contenimento dei rifiuti.
Un altro problema che abbiamo a cuore è relativo alla polverizzazione dellattività di controllo, a proposito del quale anche in questa sede sono stati ricordati lARPA, il NOE, i NAS e la Guardia di finanza. Come funzionario del Corpo forestale, mi permetto di ricordare che anchesso attua controlli, come le guardie provinciali e le guardie volontarie (qui vi è un esponente del WWF, che in questa regione si è messo in evidenza per unattività efficace ed efficiente).
Questo quadro così polverizzato dell'azione di controllo e di vigilanza credo vada in qualche modo ricondotto ad una sorta di unitarietà, profitto quindi dell'occasione per rivolgere un appello per l'unità di gestione delle forze che sovrintendono alle attività di controllo in questo particolare settore, non fosse altro che per avere uniformità di indirizzo e di coordinamento. Anche noi, inoltre, siamo dell'avviso che sia necessario un testo unico in questo come in tanti altri settori per avere un quadro normativo complessivo di riferimento non solo per i controllori ma anche per gli operatori, a maggior ragione in un complesso sistema di regionalizzazione.
Riteniamo anche che i rifiuti debbano viaggiare il meno possibile perché così ci sono maggiori garanzie per chi produce, per i cittadini, per chi deve esercitare controlli; il nostro suggerimento di politica del rifiuto, quindi, è di fare in modo tale che questi siano spostati il meno possibile. Non siamo perciò d'accordo con la ricerca di alcune concentrazioni che comporterebbero spostamenti addirittura interregionali di camion, cisterne, mezzi vari che spesso non si sa da dove partono né dove arrivano. Questo sottintende un altro concetto che ci è caro, cioè che i rifiuti devono morire là dove sono prodotti.
PRESIDENTE. Vi pregherei di mantenere la vostra esposizione nei tempi il più contenuti possibile poiché, purtroppo, ci attende un altro impegno; vi invito però a farci avere una documentazione scritta su eventuali iniziative ed azioni delle associazioni ambientaliste in Umbria.
GIORGIO CORRADO. Responsabile regionale di Ambiente e/è vita. Il documento che abbiamo predisposto per la Commissione riguarda il problema dei rifiuti solidi urbani nella regione visto dall'ottica del soggetto che gestisce i rifiuti. Esso contiene una brevissima analisi dei soggetti dediti a questa attività con qualche osservazione che riteniamo utile per la comprensione complessiva del problema; la nostra attenzione si è riversata in modo particolare sulla Gesenu che opera a Perugia. Non so se alla Commissione sia stato mai detto, per esempio, che questa società, che si presenta come un fiore all'occhiello in questa città e anche fuori di qui, ha una passività nel bilancio finanziario del 1999 di oltre 62 miliardi di lire; è questo un dato che viene tenuto nel cassetto perché si mostra sempre il conto economico, che è positivo, e non si mostra mai il conto finanziario, che presenta questa passività. Inoltre la Gesenu, società partecipata oltre che dal comune di Perugia anche da privati, come in un gioco di scatole cinesi ha una serie di società collaterali di cui vi forniamo un elenco che speriamo sia sufficientemente preciso e dettagliato, pur con tutte le possibili imprecisioni del caso. Per memoria vi consegniamo anche un documento ufficiale della regione sullo stato dell'ambiente in Umbria datato 1997 che, al contrario di quanto qualche personalità politica può andare dicendo, al momento è l'unico documento ufficiale.
SAURO PRESENZINI, Presidente regionale del WWF Umbria. Immagino che, essendo una Commissione di inchiesta, siate qui per acquisire notizie, ed io, avendo piacere di parlare, lo faccio. In Umbria non sono tutte rose e fiori, anzi, per quanto riguarda i rifiuti c'è qualcosa che puzza. La regione sostiene che in Umbria sono state raggiunte quote quasi di eccellenza nel riciclaggio dei rifiuti, ma questo a noi non risulta; sono state costruite discariche che dovevano durare dieci anni, invece ne sono passati quattro ed esse sono già piene. Probabilmente, allora, i dati della regione sono fasulli oppure qualcuno in buona fede ha errato. Posso inoltre affermare con certezza che la raccolta differenziata è fasulla: si conferiscono i rifiuti tal quale negli impianti cosiddetti di riciclaggio che in realtà non riciclano alcunché poiché, visto che la raccolta differenziata non viene fatta in maniera spinta e separata a monte, il rifiuto, invece di essere trasformato in compost, ridiventa rifiuto. Nessuno infatti ha mai acquistato il risultato della lavorazione di questo impianto di riciclaggio. Abbiamo chiesto con lettera raccomandata dove sia stato prodotto questo compost di qualità, ed a chi sia stato venduto, ma nessuno ci ha risposto; vi è quindi il ragionevole dubbio che i rifiuti siano tornati in discarica. Se è così, perché si dà luogo a questa fase di lavorazione a spese dei contribuenti? Nel codice penale questa viene definita come una truffa.
E adesso in discussione il nuovo piano dei rifiuti nel quale si ipotizza l'alternativa dell'incenerimento dei rifiuti. Ma questa è, appunto, unalternativa, nel senso che o si procede all'incenerimento o si effettua la raccolta differenziata, perché se dal rifiuto si separa tutta la parte comburente (carta, plastica, vetro) e la parte umida, mi chiedo cosa rimanga da bruciare. Quindi, o si ricicla o si brucia, e poiché gli 800 mila abitanti dell'Umbria sono come un sobborgo di Roma o di Milano, probabilmente qualcuno ha una visione distorta della realtà umbra: i pochissimi rifiuti che dovessero risultare da una raccolta differenziata spinta, infatti, si possono tranquillamente trasportare per essere bruciati in un altro luogo. Qui non si tratta di allontanare il problema per spostare i rifiuti nel giardino del vicino, ma di tener conto della realtà. Secondo quanto dice la ASL, da un esame epidemiologico nell'area di Terni e Narni risultano il 20 per cento di tumori e leucemie in più rispetto alla media dovuti all'altissima concentrazione in quella zona di industrie inquinanti. Ebbene, si era ipotizzato di collocare l'impianto di incenerimento, proprio in quella zona dove, sempre secondo l'ASL, c'è un problema di effetto termico.
Qualcuno crede che i mafiosi siano quelli con la coppola e la lupara, ma non è così: i mafiosi oggi si vestono in giacca e cravatta ed hanno uno stuolo di avvocati e commercialisti. Il problema è che in Italia ci sono troppe leggi e nessuno che controlla; nel Corpo forestale dello Stato, come nei carabinieri o nella polizia, ci sono stazioni che lavorano e altre che non lavorano e mancano il controllo e la qualificazione; non c'è la volontà di non lavorare, ma c'è la paura di errare, perché la normativa è vasta e complessa. Il suggerimento che do alla Commissione è quindi quello di incentivare la formazione di chi è chiamato ad operare in questo settore. La stazione del Corpo forestale di Gualdo Tadino, per esempio, ha irrogato sanzioni per più di un miliardo, quindi evidentemente non è tutto così chiaro.
Passando alla situazione locale, a Foligno è in atto la ricostruzione e c'è una grandissima quantità di rifiuti, principalmente inerti, che dovrebbero finire negli impianti di riciclaggio o nelle cave autorizzate e che invece finiscono spalmati su territorio; chi dovrebbe vedere, non vede, e così nelle cave finiscono rifiuti di tutti i generi. Nella zona di SantEraclio ci sono decine di cave alle quali arrivano continuamente camion che scaricano materiali in modo non certo regolare.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda i dati della regione umbra, lassessore ha parlato di una percentuale di raccolta differenziata che si aggira intorno al 12 per cento, nel quale rientra anche l attività di spazzatura, un dato quindi non solo lontano dagli obiettivi di legge ma assai lontano anche da obiettivi di eccellenza perché la media del nord d'Italia - appesantito dalla Liguria che non si comporta in modo particolarmente avanzato - ormai supera tranquillamente il 20 per cento e nella provincia di Milano raggiunge il 35 per cento. Lo stesso assessore ci ha quindi dichiarato che c'è un forte impegno della giunta perché nel piano regionale la prima priorità sia proprio la raccolta differenziata dei rifiuti per avviarli al riciclo.
Gli impianti li abbiamo guardati con molta attenzione e terremo conto delle osservazioni di tutti nell'elaborare il documento che sottoporremo all'approvazione della Commissione. Per quanto riguarda la programmazione della regione, si parla di un termodistruttore per la produzione di energia elettrica, la cui collocazione dovrà essere decisa ascoltando tutti; qualcuno si è già fatto avanti, ma abbiamo già segnalato questa forma di astuzia da parte di un'impresa che si candida a monte delle scelte che saranno operate dalla giunta e dai cittadini. Quanto alla questione del coordinamento dei controlli, nei numerosi incontri e convegni che abbiamo avuto con gli operatori di giustizia e di polizia giudiziaria è emersa l'esigenza di una formazione ad hoc e da questo punto di vista credo che l'esistenza di questa Commissione d'inchiesta abbia prodotto qualche risultato se anche il SISDE ha istituito un settore di intelligence sulla questione ambientale e dei rifiuti e se i tentativi di affinamento delle tecniche di controllo sono ormai così diffusi che alla fine di febbraio potremo fare un convegno con tutti i corpi e gli enti interessati proprio su questo tema.
Siamo quindi ancora ai primi passi ed a tuttoggi il sistema ANPA-ARPA dispone solo di metà dell'organico previsto; i controlli ordinari sono assai importanti in quanto intervengono sulla prevenzione, mentre quelli giudiziari incidono solo sulla patologia, ma non siamo a zero come accadeva solo tre anni fa. Il sistema di controllo nazionale e regionale è quindi lontano dall'essere soddisfacente, ma sicuramente è in uno stadio molto più avanzato, rispetto ai tempi del decreto n. 915 del 1982, grazie ad uno sforzo comune delle istituzioni, del Parlamento e dei cittadini.
Vi ringrazio e dichiaro conclusa laudizione.
L'incontro termina alle 16,30.