Incontro con il prefetto di Bologna.
PRESIDENTE. Anzitutto, signor prefetto, la ringraziamo per l'ospitalità che ci ha offerto in questa giornata di missione della Commissione nella Regione Emilia Romagna. So che ha già predisposto una relazione, per cui la pregherei di illustrarne i punti più significativi, consegnandoci poi il testo integrale.
ENZO MOSINO, Prefetto di Bologna. Signor presidente, onorevoli componenti della Commissione, avendo già una certa pratica di questo tipo di incontri - ho riferito alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia nel 1993, presidente l'onorevole Luciano Violante; successivamente a Roma alla stessa Commissione e poi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi - ho ritenuto utile predisporre, anche in qualità di prefetto coordinatore per l'Emilia Romagna, funzione che svolgo su delega del ministro dell'interno, una relazione scritta, che consegnerò alla Commissione .
Seguirò dunque il suo invito, signor Presidente, ed illustrerò le linee generali di tale relazione. Essa è composta da una scheda per ogni provincia, in cui è riassunta l'attività svolta dalle forze dell'ordine per contrastare le attività illecite. Per la parte gestionale ed autorizzatoria riferiranno i singoli responsabili competenti per materia, in particolare l'assessore regionale all'ambiente, che come sapete non potrà essere presente personalmente ma che sarà qui rappresentato da alcuni suoi collaboratori, l'assessore all'ambiente della provincia di Parma, il direttore dell'ARPA ed il comandante della sezione NOE.
La preoccupazione principale che ispira tutta la mia attività di prefetto, anche in seno al Comitato provinciale per l'ordine pubblico, è quella di individuare eventuali presenze ed infiltrazioni di attività mafiose nel settore su cui la Commissione sta indagando. In proposito, già nel 1995 ho avuto modo di preparare alcuni rapporti su richiesta del Ministero dell'interno e credo anche di questa Commissione, alla quale avrà poi riferito in generale il ministero stesso; nel 1995 nell'attività svolta dalle forze dell'ordine, in termini di prevenzione, controllo del territorio e conoscenza dei fenomeni, non si erano mai riscontrate preoccupanti forme di attività criminose di questo tipo e l'attività delle forze stesse si é quindi indirizzata a contrastare le violazioni della normativa. Questa attività si è sviluppata ulteriormente dopo l'entrata in vigore del decreto Ronchi e l'istituzione del NOE, di cui ascolterete tra breve il comandante, il quale peraltro mi ha riferito alcuni dati che troverete riassunti nelle varie schede. Anche la Guardia di finanza mi ha riferito sul fenomeno; questo corpo ha un suo gruppo specializzato denominato "nucleo polizia ambientale" (NUPA), che è un po' il corrispondente del NOE e che svolge attività a livello regionale. Il contributo del Corpo forestale dello Stato è risultato molto importante sia nell'inchiesta del 1995 sia in quest'ultima ricognizione. Debbo dire che il Corpo forestale dello Stato mi ha sorpreso - e non è la prima volta che ciò accade - per la precisione, la puntualità e l'attenzione che riserva a determinate attività illecite che insidiano l'ambiente in cui viviamo. In questa come in altre precedenti occasioni il Corpo forestale mi ha fornito un rapporto molto dettagliato, che troverete riassunto nella mia relazione, e che offre ampia documentazione sull'attività svolta dal Corpo in relazione ad illeciti amministrativi e penali. I dati sono molto significativi, considerata l'attività svolta ed il numero degli operatori su cui il Corpo stesso può contare nella provincia di Bologna.
I dati che consegno alla Commissione, quindi, sono desunti principalmente, come dicevo, dai rapporti del NOE, del NUPA e del Corpo forestale dello Stato. La polizia di Stato non è molto specializzata in questo settore. Sapete bene, infatti, come la polizia abbia compiti e poteri di carattere generale che assorbono tutto il suo organico; si tratta in particolare del controllo del territorio e del contrasto di alcune forme di criminalità, determinate anche dalla presenza di numerosi extracomunitari. La provincia e la regione sono, infatti, caratterizzate da alti livelli di civiltà, democrazia e benessere, non disgiunti però da grandi sacche di degrado. Vi sono città ricche che attirano il traffico di stupefacenti e la prostituzione; l'attività di contrasto è di conseguenza molto intensa, anche se lo scenario non è quello esistente in altre zone del paese.
PRESIDENTE. Ora anche il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ha deciso di dotarsi di una specializzazione in campo ambientale.
ENZO MOSINO, Prefetto di Bologna. Questa notizia mi fa piacere, anche in relazione alle modifiche normative che so che il Parlamento si appresta ad introdurre, prevedendo determinati reati contro l'ambiente.
Nella ricognizione fatta non si sono riscontrate forme percettibili o comunque di un certo rilievo di attività ed infiltrazioni mafiose; tentativi di questo genere si sono verificati nella regione, ma in altri settori. Le violazioni riscontrate, dunque, non si possono certo definire normali, perché il concetto di normalità non si addice a fatti che comunque rappresentano una violazione delle norme; si tratta però di violazioni di un certo tipo. Ad esempio a Bologna il maggior numero delle violazioni è connesso alla realizzazione di discariche abusive nel settore delle autodemolizioni. In questo settore vi sono parecchie infrazioni: realizzazioni, dicevo, di discariche abusive ed abbandono di materiale pericoloso.
Proprio nei giorni scorsi la Guardia di finanza ha portato a compimento un brillante operazione con il sequestro di un vasto appezzamento di terreno su cui si svolgeva una attività di autodemolizione abusiva. Il fenomeno presenta varie sfaccettature nelle diverse province; le modalità, però, ricalcano tutte, più o meno, quelle di Bologna.
Tutti i prefetti mi hanno sottolineato che non esistono problemi sotto il profilo del tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata o forme associative in questo settore molto delicato dell'ambiente.
Riterrei conclusa qui la mia illustrazione, rimanendo ovviamente a disposizione per qualsiasi domanda, considerato peraltro che la Commissione ascolterà subito dopo il comandante del NOE, che potrà forse anche meglio di me rispondere circa la caratterizzazione delle singole violazioni delle norme a tutela dell'ambiente. Consegno quindi, come avevo detto, il testo integrale della relazione, che comprende una scheda per ogni singola provincia della regione, con i dati raccolti dai prefetti, integrati con quelli forniti dal NOE, dalla Guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato, tutte strutture operanti a livello regionale. Per far questo mi sono avvalso della mia qualità di prefetto coordinatore, su delega del ministro dell'interno.
PRESIDENTE. Con riferimento proprio a questa sua funzione di coordinamento, desideriamo segnalarle due potenziali rischi in materia di rifiuti. Innanzitutto i centri di stoccaggio.
Anche sopralluogo che la Commissione ha fatto in Emilia-Romagna, questi sono apparsi come luoghi di scarsa trasparenza nel senso che possono essere le sedi in cui avvengono miscelazioni dei rifiuti e modifica della loro tipologia, per cui rifiuti che arrivano a questi centri classificati come speciali, perdono tale specialità o, come qualcuno diceva, si spersonalizzano.
In secondo luogo le aziende che lavorano, ad esempio, oli esausti e materiali con presenza di idrocarburi; in questo caso la pericolosità dei rifiuti impone la massima attenzione; non è in gioco solo l'ambiente, ma direttamente anche la salute dei cittadini; di qui l'esigenza di controllare se gli scarichi sono a norma e che non vi siano rischi per le acque, la balneazione, eccetera. Nel caso di queste aziende inoltre è legittimo il sospetto che esistano dei traffici illeciti, che hanno a che vedere con una possibile attività di mercato nero e di riciclaggio non nel senso della politica dei rifiuti, ma di materiali che vengono sottratti anche al controllo della Guardia di finanza e poi circolano in circuiti italiani e forse anche esteri.
La Commissione le segnala dunque queste due problematiche, che hanno a che vedere con traffici illeciti non necessariamente connessi ad ipotesi di associazioni a delinquere, ma sicuramente a reati che vanno prevenuti e contrastati.
ENZO MOSINO, Prefetto di Bologna. Prendo atto di questa segnalazione e ne riferirò in sede di Comitato provinciale per l'ordine pubblico e agli altri prefetti perché possano a loro volta riferirne ed agire di conseguenza.
Incontro con l'assessore all'ambiente della Regione Emilia-Romagna e con l'assessore all'ambiente della provincia di Parma.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutori. So che l'assessore all'ambiente della regione Emilia-Romagna non ha potuto partecipare a questo incontro...
LEOPOLDA BOSCHETTI, Direttore generale dell'assessorato ambiente della Regione Emilia Romagna. Sì, è impegnato a Roma presso la Conferenza Stato-regioni ed è qui rappresentato, oltre che da me, dall'ingegnere Giuseppe Benedetti, responsabile del servizio pianificazione e programmazione ambientale, in particolare per la parte relativa ai rifiuti.
PRESIDENTE. La Commissione vorrebbe avere un quadro della gestione dei rifiuti a livello regionale. Abbiamo visitato una serie di impianti (a Piacenza, Ferrara, Ravenna e Rimini) e ci siamo fatti una qualche idea della situazione; vorremmo però completare il quadro con le informazioni che voi potrete fornirci, con un occhio particolarmente attento ai punti deboli del sistema che, come abbiamo già detto al prefetto, ci appaiono innanzitutto i centri di stoccaggio e le aziende che riciclano oli esauriti e idrocarburi, per le quali vi può essere il sospetto che una cosa sono le prestazioni specifiche dei diversi soggetti ed altra la realtà effettiva.
Vorremo quindi avere da voi un quadro generale e quali, secondo voi, i punti più deboli del sistema.
LEOPOLDA BOSCHETTI, Direttore generale dell'Assessorato ambiente della Regione Emilia Romagna. Penso che possa utilmente rispondere innanzitutto l'ingegner Benedetti, che ha portato del materiale molto recente relativo alla situazione che abbiamo appena classificato; in questo momento purtroppo ne abbiamo un'unica copia, ma successivamente provvederemo ad inviarne copia a tutti i commissari.
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. Vorrei innanzitutto fare un accenno su come la Regione Emilia Romagna ha rappresentato il problema dello smaltimento dei rifiuti, diviso nei due grandi settori degli urbani ed assimilabili e degli speciali. La nostra è una delle regioni che per prima ha seguito la strada della delega alle amministrazioni provinciali. Già da molto tempo le amministrazioni provinciali sono state delegate prima all'esercizio delle funzioni amministrative, cioè all'approvazione dei progetti relativi agli impianti ed alla loro gestione; oggi questa delega è piena, dal momento che le province approvano i progetti e rilasciano le autorizzazioni per la gestione per tutti i tipi di rifiuti, dagli urbani agli assimilabili, agli speciali, ai tossici e nocivi.
Per quanto riguarda l'aspetto della pianificazione degli impianti, ancora oggi la legislazione regionale è ferma ad una legge abbastanza recente (la n. 27 del 1994) che è stata promulgata mentre era ancora vigente il DPR n. 215 e che, per molti aspetti, ha precorso molti dei punti fondamentali poi ripresi dallo stesso decreto Ronchi: raccolta differenziata, obiettivi di raccolta, ruolo del riciclo rispetto allo smaltimento inteso in senso tradizionale.
Dunque, per quanto riguarda la pianificazione, le province sono delegate da molto tempo alla pianificazione degli impianti per quanto riguarda i rifiuti urbani e speciali, mentre in base alla legge n. 27 rimane in capo alla regione la pianificazione dei tossici e nocivi. Tale legge è oggi oggetto di aggiornamento, nel senso che stiamo predisponendo un progetto di legge nuovo di adeguamento al decreto Ronchi. Si tratta di un adeguamento necessario perché, anche se la legge si muoveva già in questo filone, vi sono aspetti che debbono essere corretti. Nel fare questo ci saranno di molto aiuto i decreti attuativi che man mano usciranno: infatti, molti aspetti, verranno resi più chiari, anche se fino ad oggi ne sono usciti soltanto un paio.
Per quanto riguarda la situazione in essere, con riferimento ai rifiuti urbani, sostanzialmente posso parlare della situazione riferita fino al 1996, poiché questo è l'anno più recente per il quale abbiamo i dati. Quelli relativi al 1997 li avremo nel prossimo aprile. Dunque, la situazione relativa al 1996 per i rifiuti urbani ed assimilati era la seguente: in Emilia Romagna sono state prodotte 2 milioni e 571 mila tonnellate di rifiuti urbani ed assimilati, con una media di produzione in chili per abitante al giorno di circa un chilo e mezzo. Ovviamente vi è una differenziazione tra le varie province, dal momento che quelle a vocazione turistica presentano una media più alta risentendo della presenza dei turisti. Comunque si va da 1,3 chilogrammi (che è il valore minimo) ad 1,7 che è il valore massimo e che riguarda Rimini che risente del flusso turistico.
La media di percentuale regionale per la raccolta differenziata si attestava attorno al 10,5 per cento, con punte diverse da provincia a provincia. Si andava, in altre parole, da un massimo di 11,8 sempre per Rimini ad un minimo di 5,9 che riguardava Ferrara. Consegnerò alla Commissione questo documento che riporta tutti questi dati che - lo ripeto - sono riferiti al 1996.
Tutti questi rifiuti, nel 1996, erano smaltiti in un sistema di impianti che, sostanzialmente, era composto (a parte la raccolta differenziata) da discariche e da un parco di inceneritori. La Commissione sicuramente è a conoscenza del fatto che la regione Emilia Romagna è quella che detiene un numero di inceneritori tale che costituisce buona parte del parco degli inceneritori presenti in Italia. Si tratta esattamente di otto impianti; a parte Piacenza e Ravenna, tutte le altre province posseggono un impianto per ciascuna che permettono di smaltire circa un 20 per cento dei rifiuti che prima abbiamo indicato. Questi impianti, dal punto di vista dei progetti e della realizzazione, risalgono agli anni sessanta. Su di essi, tuttavia, sono stati effettuati nel tempo numerosi interventi che vanno dalla realizzazione delle camere di postcombustione rese necessarie dalla legislazione intervenuta nel frattempo, al recupero del calore attraverso interventi FIO intorno alla fine degli anni ottanta o all'inizio degli anni novanta.
Tutti questi interventi, insieme a quelli di manutenzione ordinaria che sempre vengono effettuati, hanno fatto sì che questi impianti possano svolgere il loro ruolo ancora oggi, anche se sono ormai datati. E' per questa ragione che lanceremo un programma di ammodernamento per il 2000, nell'ambito delle indicazioni fornite dallo stesso decreto Ronchi. Tuttavia - lo ripeto - gli interventi posti in essere sono riusciti a mantenere aggiornato e valido, dal punto di vista dell'efficienza economica ed ambientale, il funzionamento di quegli impianti, anche se ne hanno limitato la capacità in termini di quantità di rifiuti smaltibili, in quanto soprattutto gli interventi per la realizzazione delle camere di postcombustione spesso sono stati posti in essere sfruttando volumi della camera di combustione riducendone così la capacità. Quindi di tutti i rifiuti il 25 per cento viene incenerito, il 10 per cento riguarda la raccolta differenziata, mentre tutto il resto va in discarica, con un sistema di discariche autorizzate (parlo di discariche di prima categoria) che, nel 1996, erano 35.
A questo punto si possono fornire le seguenti indicazioni. Dei 2 milioni e 340 mila tonnellate di rifiuti da smaltire, detratta la quota della raccolta differenziata, 478 mila tonnellate erano smaltite con incenerimento. Allora gli impianti di compostaggio (parlo sempre del 1996) davano una quota di circa 45 mila tonnellate, quindi una quota molto bassa: il restante andava in discarica. Su 2 milioni 340 mila tonnellate da smaltire, un milione e 326 mila era smaltito. Quindi una piccola frazione veniva trasferita in territorio extraregionale, in base ad accordi che noi abbiamo stipulato con le regioni limitrofe. Abbiamo intese in tal senso con la regione Toscana, con la Lombardia e il Veneto. Soprattutto con la regione Toscana, essendovi vallate confinanti, abbiamo accordi che determinano flussi interregionali di rifiuti urbani. A questi trasferimenti sono interessati circa 20 mila tonnellate, cioè una percentuale molto bassa.
All'interno del territorio regionale, la pianificazione tende sostanzialmente ad una autosufficienza dei territori provinciali, fatte salve alcune situazioni: intendo riferirmi a Rimini che, essendo collocata in un territorio stretto sul mare e quindi poco idoneo alla realizzazione di impianti di discarica, si appoggia alla discarica di Forlì.
PRESIDENTE. Si tratta di Sogliano!
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. Esattamente, Sogliano! Il motivo storico dipende dal fatto che Forlì non è mai riuscita a realizzare una discarica propria.
Una situazione particolare è quella di Parma, dove, con riferimento al 1996, a fronte di una produzione di 219 mila tonnellate di rifiuti, venivano smaltiti sul territorio solo 97 mila, per una serie di difficoltà storiche che ora si stanno superando ed alle quali si è fatto fronte con la solidarietà fra province diverse all'interno del territorio regionale. Lo stesso discorso vale anche per Piacenza che, storicamente, mostrava analoghe difficoltà. Ora Piacenza sta realizzando un impianto di incenerimento, mentre da qualche anno si è dotata di impianti che le permettono una relativa autosufficienza.
Per quanto riguarda i rifiuti speciali, il discorso è più complesso nel senso che non sono in grado di fornire un quadro sufficientemente completo. Eventualmente preferisco dare un quadro meno preciso anche per un motivo tecnico-contingente poiché solo recentemente siamo riusciti ad avere una prima elaborazione dei dati che, anche in questo caso, riguardano il 1996. In realtà, negli anni precedenti, le elaborazioni sulla denuncia dei rifiuti non sono state disponibili. Vi sono comunque quantificazioni che noi stessi avevamo fatto in via presuntiva e che, secondo le nostre verifiche sono risultate abbastanza veritiere. Ebbene, in base alle stime effettuate su rifiuti speciali e tossico-nocivi, si tratterebbe di circa 4 mila tonnellate. Qui c'è una scomposizione in inerti, ospedalieri, veicoli e pneumatici, fanghi e residui di trattamento rifiuti.
PRESIDENTE. I rifiuti tossico-nocivi pericolosi oggi quanti sono?
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. Sono circa 150 mila tonnellate l'anno. Queste cifre concordano con le stime del MUD ed i dati da noi stimati in sede di piano.
Per quanto riguarda il sistema di smaltimento degli speciali, in Emilia Romagna sono operanti una serie di impianti anche a tecnologia elevata. Credo che la Commissione abbia visitato gli impianti di Ravenna e Ferrara; avrà visto che a Ravenna è in funzione il nuovo forno F3 che ha sostituito l'F1 per i rifiuti tossici. Si tratta di un impianto nuovo che sta entrando in funzione in questo periodo. L'impianto F2, invece, è riservato agli speciali. Vi è anche un impianto a Ferrara autorizzato per 30 mila tonnellate di rifiuti tossici e nocivi.
Questi impianti sono autorizzati e normalmente controllati. Il loro funzionamento non ha mai dato problemi. La legge regionale n. 27, a proposito del problema dello smaltimento dei rifiuti speciali, assumeva questa posizione che, probabilmente, è leggermente diversa da quella indicata dal decreto n. 22. In altri termini, rispetto ai rifiuti speciali, la posizione che si rinviene nella legge regionale è la seguente: l'importazione dei rifiuti speciali è ammessa nel caso in cui questi vadano in impianti di recupero e riciclo. In questo caso non sono previsti vincoli. L'importazione è ammessa anche nel caso in cui i rifiuti vadano ad impianti di distruzione a condizione che tali impianti siano espressamente autorizzati. L'altra condizione che l'amministrazione regionale ha posto per ammettere questa importazione è che si tratti di impianti dotati di elevata e particolare tecnologia e che per funzionare debbano riferirsi ad un'utenza che assicuri un mercato ed una situazione tecnica ed economica che non ci sarebbe nel solo territorio regionale. Solo in questo caso vi è l'assenso perché, altrimenti, quell'impianto non sarebbe stato realizzato.
Quindi abbiamo una serie di impianti autorizzati a questo tipo di operazioni. Ovviamente vi è una priorità per i rifiuti prodotti nel territorio regionale, mentre le quantità residue le lascia "aperte" per altri rifiuti prodotti dal gruppo stesso o da terzi.
Il sistema emiliano è stato invece esportatore per quanto riguarda le discariche 2B. Solo recentemente abbiamo avuto qualche realizzazione, ma le discariche di quel tipo, in Emilia Romagna, hanno avuto un andamento diverso rispetto a quanto è accaduto, per esempio, in Veneto che ha realizzato parecchie discariche 2B. E' per questa ragione che molte quote di rifiuti destinate alle discariche 2B sono state trasferite dall'Emilia al Veneto. Il sistema emiliano si è caratterizzato molto nel settore degli stoccaggi anche per conto terzi, realizzando una serie di servizi connessi che andavano dalla qualificazione alla ricerca del sistema finale. E' per questo che gli impianti ed il relativo patrimonio economico relativo allo stoccaggio è rilevante.
PRESIDENTE. Quanti sono gli impianti di stoccaggio nella regione?
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. Non credo di avere con me questo dato, anche perché essendo le relative autorizzazioni concesse dalle province la loro organizzazione non è così immediata. Comunque potrò fare avere alla Commissione questa informazione.
PRESIDENTE. Le saremo grati se ci farà avere questi dati relativi ai centri di stoccaggio.
L'assessore Gavioli intende completare questa esposizione?
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma.
Ho bisogno in qualche modo di centrare l'oggetto, perché avuta comunicazione il 18 marzo della visita della Commissione nella regione e circolando localmente delle informazioni di stampa che parlavano di un sopralluogo all'impianto in via di ultimazione a Fornovo, poi non rivelatesi....
PRESIDENTE. Era intenzione della Commissione visitare anche questo impianto, ma la ristrettezza dei tempi e la distanza ci ha indotto a cancellare la visita.
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma.
Ho provato allora ad immaginare quale sarebbe stato l'interesse della Commissione ed ho provveduto a portare una documentazione dettagliatissima, che consegno, su tutti gli atti di progetto, gli stati di avanzamento della costruzione, gli studi, i ricorsi e i provvedimenti di impugnativa e loro esito, compresa la documentazione di un sopralluogo fatto dal Servizio geologico dello Stato che credo sia utile alla Commissione.
Questo è il tentativo di approssimazione che ho fatto e che mi pare non solo utile ma corretto e doveroso metterlo a disposizione della Commissione. Se la Commissione è d'accordo, sintetizzerei i diversi punti perché, almeno dal mio osservatorio e per le polemiche che lo hanno accompagnato, è un caso esemplare, insieme ad un'altra documentazione relativa alla vicenda della bonifica del sito dell'attuale forno inceneritore di Parma, il Cornocchio. Anche a questo riguardo ho portato una documentazione, che in questo caso ho chiesto all'azienda di gestione, rispondendo ovviamente per quanto attiene alla provincia alle sue responsabilità di piano e di controllo. Anche questa documentazione la metto a disposizione della Commissione.
Se questa supposizione ha fondamento ed interessa alla Commissione, posso, rinviando agli atti, fare un quadro molto sintetico; oltre ai documenti vi è infatti anche una guida alla lettura, nel senso di collettore dei vari passaggi, che sono consistenti.
Come diceva l'ingegner Benedetti, vi è anzitutto il dato di Parma, che evidenzia un forte e cronico deficit di impianto. La provincia, in esecuzione del proprio piano, ha istituito un osservatorio provinciale e, in base ai dati raccolti comune per comune, l'eccedenza dei rifiuti solidi urbani - perché per quanto riguarda quelli speciali ed i tossici si entra nella competenza regionale di cui ha parlato l'ingegner Benedetti - è circa il 45 per cento. D'accordo con la regione abbiamo fatto una serie di accordi con le amministrazioni provinciali interessate e conseguentemente con le aziende della regione ma anche fuori di essa, cioè con Brescia.
A questo dato cronico, che risale alla mancanza di impianti, che ha una storia molto lunga e che costituisce un dato di fatto, si sta cercando di ovviare, soprattutto nell'azione dell'amministrazione provinciale con i comuni interessati, operando in tre direzioni: raccolta differenziata, unificazione delle varie gestioni sparse, predisposizione di impianti necessari per applicare il principio ambientale, confermato anche dal decreto Ronchi, secondo cui chi produce dei rifiuti, li deve anche trattare.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il dato medio della raccolta differenziata per la provincia di Parma un anno fa era dell'11 per cento; oggi è dell'ordine del 14-15 per cento. Nel piano, per quanto riguarda il triennio, abbiamo fatto riferimento agli obiettivi previsti dal decreto Ronchi. Anzi lì - si fa presto a scrivere - è previsto addirittura il 40 per cento. C'è comunque in atto una forte azione, ma con esiti differenziati nella provincia, in particolare nell'ultimo anno, con risultati che arrivano, in alcuni piccoli centri, anche al 30 per cento.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, cioè l'organizzazione gestionale da unificare a livello provinciale, che è poi la condizione per corresponsabilizzare nel reperimento, controllo e gestione degli impianti, è in fase di arrivo l'istituzione di un consorzio come punto di partenza per corresponsabilizzare direttamente i comuni.
Per quanto riguarda gli impianti, attualmente quelli di Parma sono l'inceneritore nel capoluogo, in località Cornocchio, che ha un potenziale di 50 mila tonnellate all'anno; è un impianto vetusto anche se negli ultimi due anni è stato oggetto di notevoli investimenti al fine del suo ammodernamento ed adeguamento non solo alle normative ma anche alle esigenze di sicurezza e tutela ambientale; vi era poi un altro piccolo inceneritore, piuttosto poco funzionante e risalente agli inizi degli anni settanta nel comune di Salsomaggiore, in una zona destinata a parco. Quando la regione ha approvato il piano provinciale, nel 1996, abbiamo convenuto di chiuderlo perché poco conforme al sito e perché in ogni caso un intervento di ammodernamento comportava una mutazione così consistente da richiedere oneri spropositati rispetto al risultato, anche solo a considerare l'efficienza e la produttività.
Oltre a questo, la discarica più consistente oggi esistente nella provincia di Parma è nel comune di Borgo Taro, nella comunità montana ovest: la capienza, proiettata per un decennio, di 35 mila tonnellate negli ultimi due anni è stata allargata ad 8-10 mila tonnellate annue per accogliere i rifiuti prodotti innanzitutto da Salsomaggiore e poi da Busseto, in conseguenza della chiusura dell'inceneritore. Questo determina naturalmente una abbreviazione dei tempi complessivamente disponibili per questa discarica. Vi è anche una piccola discarica nell'altra comunità a Corniglio, ma è scarsamente rilevante quanto a quantità.
Insieme alla forte applicazione per la raccolta differenziata, vi é la scelta di impianti che accompagnino di qui al nuovo termoconvertitore, nelle modalità previste dal decreto Ronchi e dal piano provinciale, che deve essere fatto nel comune di Parma. Dopo molta fatica e dopo molti contrasti il comune ha votato nel senso che deve essere fatto nel suo territorio ed ha individuato anche il sito. Questo è naturalmente oggetto di contrasti, ma ciò è fisiologico; si tratta poi di vedere quale sia il progetto e spetta al comune di Parma introdurre questo punto.
Accanto a questo vi è la vicenda di Fornovo. Per quanto riguarda questo impianto, come la Commissione potrà vedere, se sarà interessata al riguardo, si tratta di un progetto approvato dal consiglio comunale di Fornovo già nel dicembre 1991; nel 1994 è stato proposto alla regione, prima della attuale gestione dell'amministrazione provinciale; l'amministrazione regionale ha subordinato l'approvazione allo stralcio di una parte dedicata, che era area di studio; questa parte è stata stralciata, il territorio è stato oggetto di uno studio non solo di impatto ma anche di corrispondenza alle normative del piano paesistico regionale; per farla breve, per questa prima fase, che è precedente all'approvazione del piano provinciale avvenuta a Parma nel dicembre 1995, quando siamo arrivati all'approvazione di quel piano (approvato poi definitivamente dalla regione nel 1996) nella delibera di accompagnamento di approvazione del piano vi è un elenco di priorità che comprende questo impianto. Il progetto ripresentato nel 1995 è stato approvato, prima in sede tecnica e poi autorizzato dalla giunta provinciale, il 10 luglio 1996.
Oltre alla commissione di collaudo, prevista dalla normativa, l'amministrazione provinciale ha stabilito di istituire anche un collegio di vigilanza che accompagni tutta l'attività di realizzazione ed anche di gestione, proprio in ordine alle opposizioni che quella scelta di sito e quell'impianto hanno determinato, come avviene normalmente. I due collegi stanno lavorando; abbiamo portato tutti i verbali dei sopralluoghi, che credo siano utili anche ad illustrare la metodologia di mettere costantemente di fronte all'opinione pubblica, oltre che all'amministrazione, un rapporto sullo stato di avanzamento e sui problemi, perché le opposizioni che sono venute fuori e che hanno dato vita anche a controversie davanti al TAR ed al Consiglio di Stato attengono a due elementi: il sito e i presunti danni che quella allocazione poteva e potrebbe determinare in zone con una certa vocazione.
PRESIDENTE. A questo proposito, nella ponderosa documentazione che lei ci ha affidato, vi è anche la qualificazione tecnica del sito?
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma. Sì.
PRESIDENTE. Chi ha operato la qualificazione tecnica del sito di Fornovo?
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma. Vi è la documentazione, compreso il sopralluogo del servizio geologico dello Stato.
Forse sarà utile che io prosegua...
PRESIDENTE. Sarebbe certamente utile ed interessante, ma il tempo a disposizione purtroppo è limitato e sono in programma altri incontri. D'altronde mi sembra che il quadro di informazioni da lei offerto alla Commissione sia sufficientemente ampio e tale comunque da consentire ai commissari di rivolgerle eventualmente alcune domande, con riferimento alle quali potrà semmai integrare la sua esposizione.
GIOVANNI POLIDORO. L'impressione che ho è che il sistema di gestione dei rifiuti sia abbastanza efficiente. Se non ho capito male, le cifre ricordate dall'ingegner Benedetti, quando ha parlato di uno smaltimento pari a circa il 20 per cento...
PRESIDENTE. L'ingegner Benedetti ha parlato di 4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 150 mila sono rifiuti pericolosi.
GIOVANNI POLIDORO. Esatto. Qual è allora la situazione rispetto alla quantità eccedente il volume di rifiuti il cui destino di fatto controllate? Qual é la vostra sensazione al riguardo? Lo chiedo perché mi sembra che sia questo il vero problema di una regione come l'Emilia Romagna, ma anche di altre del nord. Probabilmente, e in certo senso immancabilmente, il sud diventa il sito di discariche per lo smaltimento di rifiuti, urbani, perché vi sono zone del nord che hanno un deficit di questi impianti, ma anche per lo smaltimento clandestino di rifiuti speciali, tossici e nocivi prodotti per la massima parte nelle regioni del nord. Allora, a parte il problema che poneva prima il presidente per quanto riguarda i centri di stoccaggio e la relativa mappa, che è importantissimo conoscere, occorre in primo luogo un controllo ben preciso dei dati sul destino di questi rifiuti e questo non soltanto fuori della regione; pare che ci stia pensando la magistratura, ma credo che bisognerebbe provvedere amministrativamente. In secondo luogo è importante verificare quale sia il livello dei controlli esperiti nella regione con riferimento a questo fenomeno e ai processi di smaltimento, purificazione e riciclaggio, se vi sono, come credo vi siano.
Credo sia questo il nocciolo della questione in regioni avanzate sul piano industriale come l'Emilia Romagna.
FRANCO ASCIUTTI. La nostra Commissione si occupa innanzitutto delle attività illecite. Vi chiedo perciò quali siano le attività di questo tipo a vostra conoscenza e come di conseguenza si sono comportate le istituzioni. La domanda è semplice, ma non altrettanto sarà forse la risposta.
AUGUSTO CORTELLONI. La domanda che desidero rivolgere attiene ad un accadimento ambientale. Nel comune di Spilamberto in provincia di Modena, ha persistito per tanti decenni una società, la ex Nobelsipe, che si occupava di prodotti esplodenti su di una vasta area. Attualmente questa è un'attività dismessa. La proprietà di questa area ha subito vari passaggi ed attualmente sembra sia interessata dalla progettazione attiva per la costruzione di migliaia di immobili. Il problema ambientale si è verificato nell'autunno scorso, quando una nube tossica ha costretto buona parte degli abitanti della zona ad essere dislocati altrove. Credo siano state presentate anche interrogazioni a livello regionale per conoscere quello che fino a quel momento non era dato sapere, dato il segreto militare, con riferimento alla quantità e tipo dei materiali stoccati ed interrati nell'area. In base a numerose testimonianze dirette, risulterebbe la penetrazione di questi materiali nelle falde acquifere. Cosa sapete in proposito? E' stato fatto qualcosa per verificare il reale stato ambientale?
ROBERTO LASAGNA. Innanzitutto la ringrazio per l'esposizione che ha fatto ora alla Commissione. Da quello che abbiamo visto nelle visite fatte nella giornata di ieri ed in quella di oggi abbiamo constatato che vi è stata una evoluzione rapidissima in una regione che noi consideriamo di punta e che, pur avendo grossi problemi, ha sviluppato una notevole tecnologia: il bruciatore F3 di Ravenna è un esempio di sviluppo estremamente interessante. Personalmente sono dell'opinione che, ove vi sia stato questo rapido sviluppo, non vi sia un coinvolgimento mafioso nel senso classico della parola, ma vi è un elemento che mi disturba alquanto: mi riferisco al fenomeno dello stoccaggio per conto terzi (e su di esso non ho ben compreso quale controllo venga effettuato), che sta diventando il cuore di un potenziale meccanismo di manipolazione che, in qualche modo, sfugge al controllo della regione e forse anche delle stesse province. Non so se l'ARPA abbia una mano più decisa in proposito o se ce l'abbia il NOE, la Guardia di finanza o le stesse strutture dello Stato. La mia impressione è che questo fenomeno si stia evolvendo.
Voi, che vi trovate ad un livello molto avanzato sotto certi aspetti, avete 350 mila tonnellate di pericolosi rifiuti speciali che rappresentano la colonna portante di questo nuovo "servizio" che sta nascendo all'interno di questo meccanismo. In proposito, le vorrei chiedere se ci può dire qualcosa di più.
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. A noi risulta che vi siano stati 4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti nel territorio regionale, nell'ambito dei quali sono compresi anche i tossico-nocivi.
Bisogna tenere presente che ci muoviamo in un settore nel quale già il 915 e la stessa direttiva europea sono molto espliciti: in altre parole, lo smaltimento di questi rifiuti compete al produttore a proprie spese. In una prima fase, direi fino a dieci anni fa circa, la regione Emilia Romagna si era mossa abbastanza nella logica dell'iniziativa pubblica in un settore che, comunque, sarebbe di mercato. Tuttavia allora questo aveva un senso perché, laddove l'iniziativa del privato che avrebbe dovuto dispiegarsi non si dispiegava, l'iniziativa pubblica si pensava che potesse risolvere quei problemi ambientali che altrimenti sarebbero rimasti.
Negli ultimi dieci anni il sistema si è molto evoluto, soprattutto perché su di esso hanno influito i tanto deprecati decreti, più volte reiterati, sui residui riutilizzabili. In sostanza, il settore dei rifiuti speciali aveva subito un'evoluzione. Nel settore delle ceramiche, tanto per fare un esempio, avevamo avuto una situazione estremamente grave, nel senso che veniva generati quali sottoprodotti della lavorazione delle ceramiche ingenti quantità di fanghi ceramici tossici. Questi ultimi venivano accumulati anche perché la legislazione di allora aveva maglie più larghe. Per risolvere questo problema abbiamo fatto realizzare all'azienda municipalizzata di Modena un impianto di inertizzazione che era in grado di inertizzare questi prodotti con un sistema che allora era considerato di avanguardia e che bloccava le valenze tossiche. A quel punto le imprese ceramiche si sono trovate nella condizione di non poter sfuggire a queste loro responsabilità. Poiché la soluzione offerta tramite questo impianto era costosa, nel giro di pochi anni il problema è stato risolto dal punto di vista del riciclo integrale di questa sostanza nel ciclo produttivo. E' per questo che oggi le industrie ceramiche di Sassuolo non producono più rifiuti tossici. Infatti esse lo riciclano e lo rimpastano nell'ambito del ciclo produttivo.
Ho fatto questo esempio perché di quei 4 milioni di tonnellate di cui prima parlavo, la parte che necessita di andare a smaltimento nel senso tradizionale è estremamente ridotta. La parte degli inerti è sostanzialmente scomparsa: infatti noi non abbiamo più problemi che riguardano le discariche per gli inerti.
PRESIDENTE. Lei ha parlato di 4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali riferite al 1996...
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. Tuttavia io non sono in grado di dirle quanti ne vengano riciclati. Quello che ho riferito è un dato di produzione. Di questi 4 milioni, almeno 3 milioni vengono riciclati dagli stessi sistemi industriali che li producono: tuttavia, questo non riusciremo a valutarlo finché non avremo messo a punto il sistema della dichiarazione unica. Si tratta di una cosa che stiamo elaborando. Solo quando avremo quella elaborazione, riusciremo a capire quanti sono prodotti e quanti sono riciclati. In questo modo potremo costruire dei flussi. Questa difficoltà è sempre stata insuperabile dai tempi in cui è stato impostato il catasto rifiuti.
Pertanto, nell'ambito di quei 4 milioni di tonnellate è compresa anche la parte riciclata che, comunque, al momento della produzione è effettivamente prodotta. Quindi sempre più avanza il progetto di recupero e di riciclo anche perché è sempre più conveniente dal punto di vista economico: il produttore, se trova una via valida, sicuramente cerca di imboccare questa strada. Anche l'iniziativa pubblica, salvo casi eccezionalissimi, non deve più intervenire.
PRESIDENTE. Può dirci qualche cosa sulle altre questioni poste che riguardano i traffici illeciti ed il caso di Spilamberto.
GIUSEPPE BENEDETTI, Responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna. Non conosco il caso di Spilamberto, ma mi documenterò e farò sapere qualcosa alla Commissione. Se esso coinvolge anche aspetti di tipo militare, probabilmente non è stata portata alla nostra attenzione. Prendo l'impegno di informarmi e di riferire.
Per quanto riguarda i controlli, il direttore dell'ARPA che più tardi incontrerete potrà darvi informazioni più precise di quante ve ne possa fornire io. Come voi sapete, i controlli fanno capo alle province che ne sono anche abbastanza gelose e l'ARPA è lo strumento tecnico per porre in essere. La regione riveste, comunque, un ruolo di coordinamento del sistema. Dal direttore dell'ARPA avrete sicuramente un quadro più dettagliato.
La nostra sensazione è che il livello dei controlli in Emilia sia di buon livello, dal momento che oltre all'ARPA funzionano numerosi altri istituti, come il NOE, la Guardia di finanza, la Guardia costiera, quella forestale, il gruppo elicotteristi di Rimini che hanno svolto importanti operazioni specifiche in questo settore. E' anche probabile che se analizziamo i dati relativi alle denunce di illeciti relativi agli anni scorsi ne scaturisca un dato numericamente rilevante, ma credo che esso corrisponda a controlli molto efficienti.
Concordo sul fatto che lo stoccaggio per conto terzi sia un punto molto delicato. Lo stoccaggio è un elemento necessario del sistema, ma su di esso l'Emilia ha costruito un sistema qualificato ed economicamente valido. Tuttavia esso è delicato perché è sicuramente facile fare stoccaggio per conto terzi. Vi possono essere anche elementi positivi: infatti, non è detto che da una miscelazione di rifiuti compatibili ne risulti un danno. Comunque bisogna prestare attenzione. Su questo la regione è impegnata, soprattutto trattandosi di un settore che finora è stato poco seguito. La nostra attenzione ha riguardato soprattutto i rifiuti urbani: fino a qualche anno fa la regione emetteva una decina di ordinanze per mantenere l'equilibrio del sistema interno di smaltimento dei rifiuti urbani. Oggi non è più così, per cui l'attenzione viene rivolta ad altri aspetti del problema.
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma. Vorrei ricordare che tra il 1995 ed il 1996 si tenne un convegno a Roma, promosso dal Ministero della protezione civile con la Lega ambiente ed il NOE, in ordine alla questione che lei, presidente, ha posto. Anch'io vi presi parte insieme al prefetto di Parma, dottor Blonda, il quale pose il problema relativo a quale fosse la nostra conoscenza relativa al traffico di rifiuti. Io ho fatto le mie verifiche, anche perché allora l'ARPA ancora non operava.
FRANCO ASCIUTTI. Sapete qualcosa dell'RPE?
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma. Per quanto riguarda l'RPE, consegno alla Commissione la documentazione riferita proprio all'impianto del Cornocchio che riguarda l'RPE che è anche all'attenzione della magistratura. Io stesso, come suppongo anche voi, mi attendo quegli elementi conoscitivi che consentano di individuare le eventuali responsabilità.
FRANCO ASCIUTTI. Si parlava di discariche abusive.
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma. Sì, vi è stata qualche denuncia di discarica abusiva. Stavo parlando delle difficoltà di effettuare efficaci controlli: questo è un problema che oggi esiste e che c'è anche in Emilia per molti aspetti. Oltre alle competenze specifiche dell'ARPA ed oltre all'azione dei NOE, non abbiamo molti altri strumenti specifici a disposizione.
PRESIDENTE. Lei dispone della Guardia provinciale per questo tipo di controlli!
GIUSEPPE GAVIOLI, Assessore all'ambiente della provincia di Parma. Noi disponiamo delle Guardie ecologiche volontarie che svolgono questi compiti: quando viene fatta una segnalazione noi la giriamo all'ARPA o all'autorità giudiziaria. Vi è anche lo strumento offerto dai catasti, come diceva anche l'ingegner Benedetti, che risulta importantissimo agli effetti della conoscenza effettiva dei cicli reali relativi ai rifiuti.
Vorrei infine dire alcune cose in ordine a Fornovo. Siccome si tratta di una vicenda controversa, ritengo sia stato esemplare il comportamento tenuto dall'amministrazione provinciale anche in relazione ad un'applicazione preventiva (ma anche successiva) del decreto Ronchi. Infatti in quella località si portano solo materiali preselezionati e pressati. Si tratta di una testimonianza di come si può fare dando il massimo di garanzie ai cittadini.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo e aspettiamo eventuale documentazione aggiuntiva che vogliate inviare alla Commissione.
Incontro con il direttore dell'ARPA ed il comandante del NOE
PRESIDENTE. Ringrazio il direttore dell'ARPA, dottor Edolo Minarelli, ed il comandante del NOE, maresciallo Alcide Careri per la loro presenza. La Commissione ha purtroppo tempi molto stringati e sottolineo quindi subito gli aspetti emersi nelle visite che abbiamo svolto e nei precedenti incontri.
Vorremo in particolare informazioni sui traffici illeciti; se ne avete conoscenza e di quale tipo. In proposito, vi anticipiamo tre aspetti di questi possibili traffici illeciti: il primo è notorio, perché all'attenzione di diverse procure della Repubblica, ed é costituito da un flusso nord-sud che segue una direttrice diversa da quella seguita per oltre dieci anni, come é testimoniato dalla attività delle procure di Rimini, Chieti, L'Aquila e Sulmona, per citarne solo alcune. Questo flusso di traffici illeciti, invece di seguire la strada che da nord conduceva in Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia, segue oggi un percorso diverso, quello adriatico, cui corrispondono poi siti terminali di smaltimento che la Commissione ha potuto riscontrare direttamente, verificando ad esempio la presenza di rifiuti pericolosi di industrie del nord in vasche collegate ad una presunta attività di riciclaggio di rifiuti; ad esempio nell'aquilano, a Scurcola Marsicana, per citare un solo esempio tra i tanti che potremmo fare.
Il secondo aspetto sui cui la Commissione ha puntato l'indice, raccomandando in proposito la massima attenzione, da ultimo al prefetto che abbiamo appena ascoltato, riguadra i centri di stoccaggio. In proposito, se le miscelazioni avvengono per tipologie compatibili di rifiuti, esse possono anche dare un risultato positivo, ma non ci sembra che questa sia la norma; al contrario abbiamo il sospetto che i centri di stoccaggio diventino la sede per procedere alla miscelazione tout court dei rifiuti, per semplificarli attraverso una sorta di loro spersonalizzazione , e consentire così il loro smaltimento illegale a costi ovviamente molto più bassi.
Il terzo aspetto su cui abbiamo invitato a porre particolare attenzione riguarda le aziende che lavorano oli esausti e materiali a base di idrocarburi, che potrebbero dare origine ad un traffico o mercato nero vero e proprio di benzine ed altri prodotti venduti sotto banco in Italia o all'estero.
Vorremmo inoltre avere informazioni circa i controlli. Al riguardo emergono immediatamente due problemi. Il primo é rappresentato dagli otto inceneritori in funzione, che l'ingegner Benedetti, responsabile a livello regionale, ha qualificato poco fa come vetusti o comunque di vecchia generazione. Sulla base dei controlli eseguiti, soprattutto dall'ARPA, vorremmo sapere quale sia il loro stato attuale, se gli inceneritori rispettano le norme vigenti e soprattutto se i previsti miglioramenti configurano formule di scarico e concentrazioni limite al miglior livello oggi conseguibile. Non credo che questi vecchi inceneritori siano ai livelli raggiunti, ad esempio a Ravenna, per quanto riguarda le diossine, ma vorremmo conoscere da voi quale sia la situazione al riguardo, con riferimento anche a tutti i controlli riguardanti gli aspetti ambientali, la salute e la sicurezza delle popolazioni ed i possibili traffici illeciti.
La regione produce una rilevante quantità di rifiuti speciali, ma non vi è ancora una mappatura. L'ipotesi è che una parte significativa di tale quantità, pari a 4 milioni di tonnellate, sia riciclata all'interno degli stessi luoghi di produzione, ma vorremmo saperne qualcosa di più anche perché su questi rifiuti speciali si configura un possibile traffico transregionale che può avere risvolti illeciti e di danno al territorio, all'ambiente ed alle popolazioni.
FRANCO ASCIUTTI. Se il presidente consente, vorrei aggiungere ancora un punto: la raccolta differenziata delle materie plastiche ed il caso specifico della RPE di Parma; non credo di dover aggiungere altro; sarete senz'altro a conoscenza della situazione.
EDOLO MINARELLI, Direttore dell'ARPA. Signor presidente, desidero innanzitutto presentare il dottor Adriano Zavatti, direttore tecnico dell'ARPA, e l'ingegner Vito Belladonna, dirigente di ingegneria ambientale, esperto nel campo dei rifiuti sul piano della pianificazione e della progettazione impiantistica. Sul piano dei controlli, esperienza più diretta e più ad ampio raggio è quella del direttore tecnico. La mia valutazione, in qualità di direttore dell'ARPA è la seguente.
Questa è stata per noi l'occasione anche per mettere a punto una nota informativa sintetica dell'ARPA, che consegniamo alla Commissione. Abbiamo colto l'occasione, dicevo, per raccogliere alcune informazioni che peraltro avevamo già organizzato. Infatti, l'ARPA, nata due anni fa, ha cercato immediatamente di porre a sistema regionale tutte le attività che precedentemente venivano svolte da un numero di enti diversi; le unità sanitarie locali, i loro dipartimenti di prevenzione ed i presidi multizonali provinciali. L'attività che oggi svolgiamo veniva svolta da tredici diverse realtà della sanità. In più sono confluite in ARPA altre attività che non sto qui a richiamare, perché non particolarmente pertinenti al tema del controllo e ai quesiti posti dalla Commissione. Vi accenno semplicemente: si tratta del servizio meteorologico regionale, l'ingegneria ambientale e la DAFNE, che pure può avere una qualche attinenza in quanto svolge il controllo dell'ecosistema mare ed è quindi in qualche modo coinvolta in programmi che interessano anche altre istituzioni.
Ci preme innanzitutto sottolineare che abbiamo avviato una collaborazione con altre istituzioni dedicate al controllo ambientale. Ci fa piacere in particolare di essere stati chiamati, insieme al NOE, che con noi svolge sicuramente una attività, a nostro avviso, fondamentale per la complementarietà che rappresentiamo. Noi siamo molto più impegnati nelle attività di controllo e di compatibilità ambientale della pressione che vi è sul territorio, ma abbiamo sicuramente molto meno strumenti e forse anche da questo punto di vista meno occhio clinico verso il vero mercato illecito dei rifiuti. Da questo punto di vista siamo più legati al territorio ed al controllo puntuale delle emissioni che non ad attraversamenti ed iniziative che possono andare oltre il controllo operato con i nostri mezzi.
Sentiamo perciò la necessità - e pensiamo che questa iniziativa possa in qualche modo sollecitare a questo non solo noi - di un maggior coordinamento, che pure quando è stato richiesto è sempre arrivato. Sostanzialmente, quindi, si tratta di portare a sistema il fatto che oggi c'è una sola agenzia per il controllo ambientale e non più tredici enti diversi, Contemporaneamente é in atto una riorganizzazione all'interno di altri corpi ed istituzioni. Da questo punto di vista, debbo dire che siamo in tanti e vi è anche il rischio di non essere sempre efficienti, efficaci e coordinati. Tuttavia, con la Capitaneria di porto, il Corpo forestale, il NOE, i NAS e la Guardia di finanza, il colloquio è quotidiano da parte dei nostri 220 operatori, che sono anche ufficiali di polizia giudiziaria; non solo, ma vi è anche una collaborazione tecnica di carattere culturale (ad esempio giuridica) che coinvolge tante altre figure; come agenzia regionale per l'ambiente siamo 870 elementi.
Avremmo potuto preparare anche qualcosa di più appropriato per questa occasione, ma questo incontro è capitato in contemporanea con l'organizzazione della seconda conferenza nazionale ANPA-ARPA e ancora questa mattina eravamo a Firenze con il ministro Ronchi per l'apertura di tale conferenza. Di passaggio ricorderò che ormai siamo in 13 agenzie per l'ambiente sul territorio e di conseguenza la sfida si può vincere: mancano ancora alcune agenzie importanti; Lazio e Lombardia, infatti, non rappresentano solo due unità, ma qualcosa di più e quindi vi è sicuramente ancora molto da fare. La fiducia è però ormai convinta e diffusa; lo stesso ministro Ronchi ha dato atto questa mattina che dalla conferenza di Torino in avanti, cioè in circa un anno, il sistema delle agenzie si è andato preparando sempre più a svolgere questa attività nazionale e sistemica di controllo, di informazione ed elaborazione dei dati sull'ambiente.
Noi operiamo attraverso consuntivi e preventivi annuali. I preventivi non possono contenere anche il numero delle denunce cui pensiamo di arrivare perché non è certo un premio per l'ARPA quello di raggiungere molte denunce; tutto è relativo e dipende dalla reale domanda che c'è da questo punto di vista. In ogni caso, dei dati che consegniamo siamo in qualche modo orgogliosi perché non è stato facile ricondurre a controllo regionale l'attività prima suddivisa in tanti enti.
Per quanto riguarda il merito degli interventi, passerei però la parola al direttore tecnico perché illustri la parte di suo più diretto interesse e all'ingegner Belladonna per alcuni aspetti richiamati dalla Commissione e da lui seguiti in questo periodo.
ADRIANO ZAVATTI, Direttore tecnico dell'ARPA. Risponderò anzitutto ad alcune domande specifiche poste dal presidente; non potrò rispondere su tutto perché non sono a conoscenza di alcuni dettagli. L'ingegner Belladonna integrerà poi la mia risposta.
Richiamo innanzitutto la relazione sintetica che abbiamo preparato e che può essere utile come documentazione. La prima parte della nota presenta le tipologie degli illeciti che abbiamo rilevato negli ultimi due anni. Credo che questo aspetto sia interessante dal punto di vista del merito. Come si può vedere nell'ultima colonna della tabella, sono in corso diverse azioni giudiziarie; gran parte di queste sono state coordinate direttamente dalla magistratura o in ogni caso attivate in un'azione di coordinamento fra diversi organi di polizia; quindi i NUPA della Guardia di finanza (mi riferisco al caso di Rimini cui accennava prima il presidente con riferimento al traffico di questi rifiuti che girano in modo strano) e i NOE, con i quali abbiamo ormai una collaborazione sistematica, che è comunque opportuno venga ulteriormente potenziata e privilegiata. Quasi tutte queste sono azioni coordinate. La nostra azione di controllo nasce sempre da una pianificazione fatta all'inizio dell'anno e che vede coinvolte le amministrazioni provinciali, le amministrazioni comunali, le aziende delle unità sanitarie locali, con le quali abbiamo comunque dei rapporti di stretta collaborazione...
GIOVANNI POLIDORO. Avete definito degli obiettivi?
ADRIANO ZAVATTI, Direttore tecnico dell'ARPA. Sì, lavoriamo sulla base di un programma annuale, per obiettivi e filoni d'indagine individuati a livello provinciale: l'oggetto viene analizzato localmente per individuare le aree in cui intervenire. E' evidente che ciò è fatto sulla scorta di quanto emerso negli anni precedenti, cioè seguendo storicamente l'evoluzione delle diverse situazioni. Non abbiamo pensato a portare questa documentazione, ma potremo fornirla successivamente alla Commissione.
Questo aspetto di programmazione e pianificazione è molto importante da sottolineare. Gli altri corpi di vigilanza hanno la loro pianificazione; si tratta quindi di coordinare l'azione, privilegiando la parte di stretta competenza: noi abbiamo chimici, fisici, biologi, geologi, ingegneri, eccetera; essi rappresentano un patrimonio prezioso ed hanno una competenza ed una conoscenza del territorio molto spinta; su questa contiamo per la pianificazione. Le competenze degli altri organi di polizia sono decisamente diverse dalle nostre; svolgono ad esempio attività di intelligence per le quali ovviamente non siamo culturalmente predisposti. La nostra storia ed anche le nostre finalità sono diverse.
Una domanda specifica è stata posta circa il riciclo dei rifiuti all'interno dei cicli produttivi. Vorrei citare un esempio a questo riguardo, che ritengo possa essere utile anche per capire come arrivare a sviluppare un'azione mirata al recupero interno ai cicli produttivi in modo positivo e corretto. Mi riferisco alla problematica dei fanghi ceramici, prodotti dall'industria ceramica...
PRESIDENTE. Su questo ci ha già intrattenuto chi l'ha preceduta.
ADRIANO ZAVATTI, Direttore tecnico dell'ARPA. D'accordo. E' un esempio molto importante; nel caso di Modena non vi sono quasi più input perché le stesse aziende sono state indotte al recupero. Mi sembra, ripeto, un esempio molto importante di azione di programmazione e di pianificazione.
Richiamerei ora l'attenzione su altre due tabelle allegate alla nostra documentazione, che abbiamo già fornito alla Procura generale presso la Corte d'appello di Bologna per le relazioni annuali del 1996 e 1997 sulle violazioni penali ed amministrative nell'arco di tempo compreso tra i mesi di giugno dei due anni, servite poi per la produzione della relazione di apertura dell'anno giudiziario, nelle quali oltre all'azione svolta, con il puntuale dettaglio numerico delle singole attività di controllo e del relativo effetto, vengono indicate anche tutte le altre attività riguardanti il campo ambientale, l'aria, l'acqua, eccetera. Le ultime tabelle illustrano poi il complesso delle attività di vigilanza ed ispezione svolte dall'ARPA, che sono molto ampie; pareri alle amministrazioni e quant'altro.
Concluderei qui la mia esposizione, passando la parola, se il presidente consente, all'ingegner Belladonna, che credo sia molto più competente di me nel merito delle questioni. Prima di questo vorrei però aggiungere, con riferimento agli inceneritori, che nella programmazione dei controlli si pone una particolare enfasi su questo tipo di controlli e normalmente, almeno per quello che è a mia conoscenza, questi controlli hanno dato sempre esito favorevole, a fronte delle autorizzazioni rilasciate. Al di là della vetustà degli impianti e della possibilità che gli sviluppi tecnologici li possano migliorare, credo vi sia stata sempre una perfetta aderenza alle indicazioni fornite nelle autorizzazioni alle emissioni, ex DPR 203.
VITO BELLADONNA, Rappresentante della Struttura di ingegneria ambientale. Da parte mia, dopo quanto ha detto il direttore dell'ARPA, tenterò di rispondere ad alcune delle questioni specifiche poste dal presidente e dai componenti la Commissione.
Il presidente Scalia ha fatto cenno alla quantità dei rifiuti speciali prodotti nella nostra regione: i dati riferiti sembrano essere veritieri poiché coincide con quelli che sono a nostra conoscenza e per come risultano sui modelli unici di dichiarazione ambientale sia per la nostra attività di supporto alla pianificazione. Aggiungerei che parimenti è dimensionata sugli stessi ordini di grandezza anche l'offerta di smaltimento che è in grado di supportare attualmente la regione Emilia Romagna. Questo stato di cose risulta anche dal rapporto dell'Unioncamere sulla situazione complessiva che deriva essa stessa dalle elaborazioni sui MUD.
Segnalerei, quale fatto da un lato positivo e da un altro negativo, l'elevata presenza di offerta di stoccaggio: in altre parole, sono molti e con elevate potenzialità i centri autorizzati allo stoccaggio nella nostra regione. A livello nazionale credo che siamo secondi soltanto al Piemonte. Se questa situazione da un lato mette in campo un'offerta dall'altro può essere più esposta a traffici illeciti, essendo molti di più i carichi che girano, i documenti di accompagnamento, le bolle, i registri di carico e scarico, eccetera. Sempre a proposito dell'equilibrio tra domanda ed offerta vi è da segnalare la significativa articolazione dell'offerta presente nella nostra regione. E' stato citato l'esempio di Ravenna, città nella quale sono presenti tutte le tipologie impiantistiche necessarie e sufficienti per far fronte alla produzione di rifiuti industriali.
Ancora due parole sulle problematiche relative agli inceneritori. E' vero quanto è stato detto in precedenza rispetto all'epoca di costruzione di tali inceneritori. Dal punto di vista strettamente tecnico aggiungerei che negli anni che vanno dal 1985 al 1990, quindi successivamente all'emanazione del DPR 915 del 1982, tutti questi impianti sono stati assoggettati ad operazioni di manutenzione straordinaria con la costruzione delle camere di postcombustione. Quindi, se la struttura originaria è di quegli anni, tuttavia gli interventi effettuati risalgono al quinquennio 1985-1990.
Per quanto attiene alle modalità di controllo le autorizzazioni che vengono fornite agli impianti ed in modo particolare agli inceneritori prescrivono l'esecuzione dei controlli operati dall'ente terzo (nel caso specifico l'ARPA) ma anche una messe significativa di autocontrolli che le stesse aziende pongono in essere. Vi è poi la possibilità di controllare, validare o contestare questi dati in relazione ai controlli fatti dall'ente terzo.
Sugli illeciti, posso senz'altro dire che essi sono quelli che sono riportati anche nel quadro sinottico presente nella nostra documentazione e che riguarda i centri di stoccaggio, il depotenziamento dei rifiuti tossico-nocivi e speciali.
PRESIDENTE. Sarei grato all'ARPA se ci potesse fare avere l'elenco dei siti (con la titolarità delle società) in cui si trovano i centri di stoccaggio. Rivolgo all'ingegnere e al comandante del NOE due domande specifiche: la prima è quella che già aveva formulato il collega Asciutti a proposito dell'RPE (recupero plastiche eterogenee). Ebbene, in proposito, vi sono stati problemi ed interrogazioni a livello parlamentare e regionale: cosa ne sapete come ARPA e come NOE?
L'altra domanda riguarda una visita che abbiamo fatto questa mattina a Ravenna ad una società Ambiente e mare: in proposito vorrei sapere se l'ARPA ha mai effettuato controlli. I titolari ci hanno informato che sono oggetto di controlli abbastanza frequenti e sicuramente periodici. A proposito del complesso processo per il recupero fondami che riguarda il lavaggio delle navi in porto (o ottenuti da centri di bonifica e distributori di carburanti), esse ci hanno riferito dati che francamente ci sono parsi sorprendenti dal punto di vista della capacità di abbattimento di certi inquinanti. Vorrei sapere se voi avete mai eseguito controlli su questa società Ambiente e mare e se il NOE ne è al corrente.
GIOVANNI POLIDORO. Dai documenti che ci avete consegnati vedo che vi è un progetto mirato a verificare ipotesi di smaltimento, di recupero e riciclaggio di solventi, oli ed altro. Ebbene, a mio giudizio, in una regione come la vostra, penso che questa sia l'emergenza più pericolosa e piena di rischi. Vorrei capire se avete valutato questo aspetto che, anche in base a quanto abbiamo constatato questa mattina nei nostri sopralluoghi, è rilevante.
ADRIANO ZAVATTI, Direttore tecnico dell'ARPA. Non abbiamo certamente sottovalutato questo aspetto, ma esso rientra nell'ambito della programmazione su suolo e rifiuti che è incentrato sui centri di stoccaggio, sui centri di produzione e sui centri di smaltimento. Evidentemente qui non compare il dato analitico, ma localmente...
GIOVANNI POLIDORO. Dalle indagini che sono illustrate nel vostro consuntivo per gli anni precedenti, questa voce non appare rilevante come meriterebbe. Mi riferisco, per essere più chiaro, alla verifica dei processi di questo tipo di depurazione, recupero e riciclaggio e che, presumibilmente, è legata a questa grande offerta di stoccaggio presente nella vostra regione e che - stando anche a quanto hanno riferito i dirigenti della regione stessa - non sembra essere completamente conosciuta nei suoi aspetti più completi.
EDOLO MINARELLI, Direttore dell'ARPA. In tutta sincerità, un progetto specifico mirato non lo abbiamo. Tuttavia consideriamo il suo un input per organizzare una vigilanza non solo sulle fonti di inquinamento "tradizionale", ma anche per predisporre progetti mirati. Da questo punto di vista un migliore coordinamento con gli altri organi di vigilanza, in modo da qualificare la nostra presenza non solo in termini numerici, ma anche qualitativi. Chi ha sempre avuto il compito di fare vigilanza (come l'unità sanitaria locale) ci chiede tuttora tanti campioni e tanti controlli. Credo che da questo punto di vista la regione Emilia Romagna, sia per l'autocontrollo degli stessi produttori sia per l'azione di vigilanza istituzionale da noi svolta, sia una regione sicuramente sottoposta ad un ottimo controllo. Rimane invece la ricerca di nuovi "mercati" che si possono creare...
PRESIDENTE. Proprio per questo il nostro suggerimento è quello di partire da questa società di Marina di Ravenna che sostiene di essere in contatto con voi e che voi stessi avete effettuato controlli.
EDOLO MINARELLI, Direttore dell'ARPA. In proposito vorrei dire che noi abbiamo data molta auotonomia ai sistemi provinciali, nel senso che a Ravenna il direttore della sezione provinciale è il vero direttore dell'ARPA per il suo territorio. Di conseguenza...
PRESIDENTE. Noi concordiamo con questa impostazione. Si tratterà, al massimo, di verificare se l'ARPA di Ravenna abbia effettuato questi controlli su questo tipo di lavorazione.
ALCIDE CARERI, Comandante del NOE. La sezione del NOE che ho il compito di comandare svolge la propria attività da circa un anno. Non siamo una grossa unità, dal momento che essa è costituita da otto operatori che, tuttavia, svolgono solo questo compito di intervenire nell'ambito di tutto il territorio. Il ministero ci ha dato disponibilità di spesa per realizzare il nostro controllo sulla depurazione delle acque. Per questo battiamo provincia per provincia, impianto per impianto per vedere se sono spenti o meno, dove vadano a stoccare i fanghi. Pertanto questa attività, programmata dal ministero, ci vede molto impegnati in questo periodo.
Per quanto riguarda il recupero delle materie plastiche, non ne sono a conoscenza di questa azienda, ma conosco il caso di un'azienda oggetto di polemiche per la grossa quantità di plastiche accumulate. Vi è anche il caso di una vecchia fornace nella quale sono stati stoccati dei rifiuti. Abbiamo sequestrato un'area per la quale non vi era autorizzazione allo stoccaggio...
PRESIDENTE. Scusi, maresciallo, lei sta parlando di Miliaro?
ALCIDE CARERI, Comandante del NOE. Esattamente. Si tratta di una società che si occupa di coibentazione delle carrozze ferroviarie. Il titolare, che ora sta estendendo la propria attività, sta studiando il sistema per realizzare mattoni più resistenti, più leggeri e con una maggiore capacità di trattenere il calore. E' evidente che questa società si deve mettere a norma per lo stoccaggio di questo tipo di rifiuti. Comunque, se da una parte il titolare ha avuto problemi con la giustizia, dall'altra ha avuto l'idea di fare mattoni dalla plastica. Certamente, il problema ambientale esiste e va risolto.
GIOVANNI POLIDORO. Questi compiti fanno capo alla provincia.
ALCIDE CARERI, Comandante del NOE. Sì, dovrebbe essere la provincia a coordinare le attività che riguardano l'autorizzazione allo stoccaggio e le prescrizioni necessarie.
Per quanto riguarda il problema dello stoccaggio, penso che effettivamente questo possa rappresentare un problema per l'Emilia Romagna. Vi sono enormi difficoltà per stoccare tutto questo materiale e la gestione dei rifiuti rappresenta per le aziende un problema di enormi dimensioni.
EDOLO MINARELLI, Direttore dell'ARPA. Nel corso della conferenza ANPA-ARPA di questa mattina, ho detto quanto segue: "Si badi bene che questo metodo non offre alcuna garanzia di efficienza economica, anzi incentiva la più classica delle distorsioni dei sistemi burocratici complessi, la trasposizione dei mezzi in fini. Quale livello di prevenzione ambientale rappresentano mille controlli, piuttosto che 10 mila o 100 mila".
Nel salutarvi, vi ringraziamo per questo incontro che ci convince della necessità di riorganizzare non solo in termini istituzionali ma anche con un minimo di ordine organizzativo ed imprenditoriale un sistema che prima era disarticolato e frantumato. E' necessario che cambi soprattutto la qualità del nostro lavoro. Oggi sicuramente il livello di attenzione nei confronti dell'ambiente è enormemente cresciuto: il cittadino e l'impresa sono già convinti che non ci si guadagna a fare i furbi. Vi sono tuttavia anche approcci più complessi e raffinati per i quali sono necessari progetti mirati.
E' per questa ragione che considero questo nostro incontro come uno stimolo per ricercare progetti di ricerca di nuova qualità, senza i quali credo che né l'ARPA né il NOE possano essere veramente utili nel momento attuale.
Per quanto riguarda i centri di stoccaggio, l'Emilia Romagna rappresenta una situazione del tutto straordinaria, per cui mi impegno a realizzare un dossier su questo argomento, quale risultato di un controllo straordinario su questi centri, prestando attenzione anche a tutta la filiera ad essi collegata. Penso che a fine di quest'anno potremo rendervi conto sui risultati di questo nostro lavoro.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo per la vostra collaborazione vi segnaliamo la questione relativa all'RPE di Parma ed all'Ambiente e mare di Ravenna. Manterremo con voi un opportuno contatto e ci sentiremo per ulteriori informazioni che riterremo necessarie. Buon lavoro e complimenti per l'attività finora svolta.
Incontro con il presidente della federazione industriali emiliano romagnola, con il responsabile regionale dell'Associazione Ambiente e/è Vita, e con il responsabile regionale della Lega Ambiente.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutori per la presenza. Purtroppo la Commissione ha oltre tre quarti d'ora di ritardo sul programma, per cui nel pregarvi di scusarci per tale ritardo, siamo costretti ad invitarvi ad essere il più sintetici possibile.
Voi conoscete il campo di interesse della Commissione che riguarda il ciclo dei rifiuti e le attività illecite ad esso connesse. Siamo però anche interessati a capire quale sia l'impatto sulle attività economiche ed industriali delle nuove normative introdotte, in particolare dal decreto legislativo Ronchi.
ALBERTO MANTOVANI, Presidente della federazione industriali emiliano romagnola. Posso dire innanzitutto che abbiamo fatto un sondaggio presso le nostre unioni industriali ed associazioni territoriali della regione e non è emerso niente di particolare per quanto riguarda infiltrazioni anomale nel settore.
Il vero problema potrebbe invece essere la corrispondenza con l'attività dichiarata o autorizzata. Sapete che la burocrazia non manca, ma questo rimane un compito degli organi di controllo che, da quello che ci consta, sono piuttosto attivi. Anche da questo punto di vista, però, non sono emerse anomalie visibili.
Per quanto riguarda la normativa, va considerato in primo luogo il corpo normativo contenuto nel decreto legislativo Ronchi, il n.22 del 1997, come modificato dal decreto n.389 dello stesso anno, che estende la sua applicazione a rifiuti che sono a tutti gli effetti merci con un proprio mercato. Noi riteniamo che questa legge sia andata oltre e che vi siano prodotti o sottoprodotti di lavorazioni industriali che potrebbero benissimo essere esclusi. Faccio un esempio: ho un'industria metalmeccanica in cui si tagliano le lamiere e gli scarti, i cosiddetti sfridi, che poi vanno rifusi in acciaieria, sono sottoposti a questo regime; lo stesso accade per i sottoprodotti dell'industria agro-alimentare utilizzati per il consumo umano e animale o come fertilizzanti.
Questa è l'impressione che abbiamo raccolto fra i nostri associati. Vanno poi segnalati oneri burocratici ed adempimenti che penalizzano in particolare le piccole imprese e finiscono per spostare l'attenzione degli organi di controllo su aspetti di natura strettamente formale. Se si riuscisse ad avere una legislazione più semplice, sarebbe probabilmente anche più semplice seguirla.
Proseguendo nelle indicazioni avute dai nostri associati, debbo dire che nella nostra regione si avverte il bisogno di fare entrare il privato nelle cosiddette municipalizzate, che sono diventate società per azioni ma in effetti sono rimaste quelle che erano. In pratica esse hanno il monopolio della situazione e, nell'arco della loro esistenza, non hanno permesso alcun inserimento di iniziativa privata che potesse anche, come diciamo noi, acculturare maggiormente il settore. Il non avere concorrenza può comportare e comporta tecnologie che potrebbero essere sicuramente migliorate, se vi fosse più concorrenza. La nostra industria privata reclama dunque il suo inserimento per portare innovazione ed assumere quello che di buono è stato fatto ed anche per creare business ed eventualmente l'esportazione del settore.
Un altro problema sono i prezzi. Notiamo che essi sono molto alti; questo potrebbe comportare e comporta in certi casi una tentazione. Qualche persona o qualche azienda, senza scrupoli e malintenzionata, potrebbe dribblare l'ostacolo. Sappiamo tutti come poi le cose vanno a finire. Ripeto: non abbiamo notizia, per quanto riguarda i nostri associati, di una "evasione" nel settore, però la tentazione è forte. Chiudo dicendo che, a nostro avviso, se vi fosse più concorrenza, i prezzi potrebbero essere inferiori e così via. Mi preme però sottolineare anche che l'ambiente e ciò che in esso riversiamo è un fatto anche culturale. Bisognerà allora fare forse più cultura. In questo settore, come in tutti gli altri, vi è anche un fattore di tempo; così gravi problemi non si possono risolvere in poco tempo. Se però vi è un disegno ben preciso ed una collaborazione generale, sono convinto che anche la cultura imprenditoriale potrà maturare meglio e contribuire a salvaguardare maggiormente l'ambiente in cui viviamo.
PRESIDENTE. La ringrazio. Raccomando anche agli altri, che interverranno, la massima sinteticità, fermo restando la possibilità di consegnare o trasmettere alla Commissione ogni altra eventuale documentazione.
LUIGI RAMBELLI, Responsabile regionale della lega ambiente. Negli ultimi anni abbiamo svolto una serie di iniziative su questi temi; la stragrande maggioranza tendenti ad acquisire conoscenze e quindi ad avere il quadro della situazione. Una di queste iniziative ha riguardato l'indagine sullo smaltimento dei rifiuti in aree fuori della regione ma provenienti dall'Emilia Romagna.
Il primo problema che abbiamo avuto è stata una rilevante difficoltà ad avere elementi di conoscenza a causa della delega totale agli enti decentrati previsti dalla normativa regionale. Siamo andati alla regione e ci hanno detto di andare nelle province; queste ultime ci hanno detto di andare dalle aziende. Così abbiamo fatto, siamo andati dalle aziende principali ed abbiamo chiesto quali rifiuti andavano fuori regione e a chi venivano conferiti. In qualche caso abbiamo verificato problemi di intrecci e coincidenze con situazioni della Puglia, delle Marche e della Campania, che risultavano anche all'Antimafia. Abbiamo reso note queste cose in un dossier; ho i documenti già pronti e in triplice copia, come si usa in questi casi, che testimoniano questi passaggi.
In quel caso avevamo chiesto una commissione di inchiesta della regione che andasse a vedere quali erano i problemi e quali i correttivi da porre. Ci fu una risposta di diniego dell'allora presidente della giunta, attuale ministro del Governo Prodi, Pierluigi Bersani, con la motivazione che non competeva alla regione effettuare i controlli e neanche esprimere giudizi che appartengono ai cittadini che di questi enti eleggono gli amministratori e che i nostri rilievi evidenziavano semmai carenze di controlli nelle zone dove avvenivano i conferimenti e quindi da segnalare agli enti locali competenti; in questo caso Napoli, Bari, eccetera. Naturalmente la risposta non ci ha soddisfatto; l'unico risultato di questa iniziativa é stata una indagine del GICO della Guardia di finanza a seguito dell'invio da parte nostra di copia della documentazione alla Procura di Bologna ed anche di iniziative della direzione nazionale di Lega ambiente; non sappiamo però cosa sia successo, non siamo in grado di avere ulteriori elementi.
Una seconda iniziativa abbiamo svolto sulla questione dei rifiuti prodotti dagli ospedali della regione. Anche qui, non essendo in grado di andare presso tutti gli ospedali, abbiamo dovuto lavorare a campione; abbiamo però preso a riferimento i 13 maggiori ospedali ed abbiamo chiesto cosa succedeva, come venivano trattati i rifiuti, eccetera. Intanto hanno risposto solo in 9; 4 non hanno risposto; naturalmente le richiesta le avevamo fatte sulla base delle leggi in materia di diritto all'informazione; nessuno ha riposto nei tempi previsti dalla legge sulla trasparenza; qualcuno ha risposto dopo 5 mesi; molto spesso abbiamo avuto la sensazione non di reticenza nei nostri confronti, ma proprio di non conoscenza del problema; nessuno sapeva di cosa si trattava.
La situazione che abbiamo trovato - e che voi troverete illustrata in un allegato alla documentazione - é che sostanzialmente si va da 1 a 3 chilogrammi per ogni posto letto occupato al giorno; oppure da 90 a 600 lire per il pagamento, o altri dati del genere che potrete verificare facilmente senza bisogno che io mi soffermi ad indicarli. Questo provocò una decisione della giunta regionale di fare una commissione di studio per proporre un metodo unificato per gli appalti, ma anche di questa commissione non abbiamo più saputo nulla; può darsi che vi siano stati degli esiti, ma noi non li conosciamo.
Una terza questione, molto più recente, riguarda l'alta velocità; su questo siamo intervenuti in rapporto al fatto che come struttura regionale seguiamo in parte anche i problemi che riguardano l'Appennino toscano. Le questioni sono cominciate in Toscana con violazione della legge Merli e del decreto Ronchi, per quanto riguarda le discariche e l'inquinamento delle acque; in alcuni fiumi sono strati sversati fanghi con contenuto di PH13; non sappiamo se si possa dire, ma abbiamo il sospetto che vi siano idrocarburi in falda perché anche i disarmanti delle gallerie vi finiscono dentro.
Abbiamo proceduto a costituirci presso la procura di Firenze, anche perché c'è una violazione del 650 del codice penale per inosservanza di una ordinanza del sindaco di Fiorenzuola e avevamo fatto anche una serie di richieste al Governo, a tutti i ministeri che fanno parte dell'osservatorio, alle due regioni, all'ARPA, all'autorità di bacino, alle province, eccetera. Abbiamo avuto tre risposte; una del Ministero dei lavori pubblici che dice di rivolgerci alla regione Emilia Romagna; un'altra della provincia di Firenze che dice che tutto va bene; un'altra ancora è quella dell'ARPA che, avendo fatto segnalazione alla magistratura, ci dice cosa aveva segnalato, confermando quindi i nostri sospetti su situazioni che, secondo informazioni recenti, si stanno aggravando ed allargando.
Su questo abbiamo preso contatti informali con il responsabile del Ministero dell'ambiente nell'osservatorio; ci avevano detto che avrebbero fatto un'udienza conoscitiva, ma siamo ancora in attesa. Questo è avvenuto a novembre scorso.
Un successivo esposto fatto a questa Commissione il 3 novembre del 1997 ha provocato una visita sul posto, ma anche di questo non abbiamo ancora alcuna informazione, almeno ufficiale.
Abbiamo provveduto inoltre a fare una nota sui danni ambientali, che indica cosa c'è e cosa, secondo noi, si potrebbe fare e dovrebbe fare, a norma dell'accordo procedimentale, la regione e cioè incamerare le fideiussioni, come è previsto. Abbiamo chiesto il blocco dei cantieri laddove vi siano violazioni di legge. Non ci sembra infatti giusto che il blocco intervenga nei confronti di una piccola azienda che commette un reato, mentre in altri casi interviene la prescrizione, realizzandosi così due pesi e due misure.
In una recente iniziativa pubblica, avvenuta tre giorni fa e riguardante l'Emilia Romagna, il sindaco di Monghidoro ha detto che la situazione si sta allargando e peggiorando, per quanto riguarda le polveri, anche sulla parte emiliano romagnola.
Ho ritenuto e ritengo di dovervi segnalare anche il modo in cui il decreto Ronchi viene applicato in una provincia come quella di Bologna, che venti giorni fa ha presentato il piano per i rifiuti. Voi ben sapete cosa prevede quel decreto, ma la provincia di Bologna, a fronte della diminuzione della popolazione, prevede invece un aumento della popolazione nei prossimi quindici anni ed un aumento della produzione di rifiuti pro-capite del 24 per cento.
Inoltre, non pretendendo di delineare un quadro generale, che sarà senz'altro più largo di quello identificabile con gli elementi in nostro possesso, abbiamo segnalato alcuni casi di aziende, anche industriali, e di discariche rispetto alle quali si pongono dei problemi. Noi ovviamente non abbiamo funzioni di controllo. Li troverete indicati per esteso nella documentazione.
GIAMPAOLO BASTIA, Responsabile regionale dell'Associazione ambiente e/è vita. Signor presidente, noi abbiamo predisposto un dossier alquanto particolareggiato che consegno alla Commissione e che riguarda gli argomenti della vostra inchiesta. In particolare abbiamo elencato, dopo alcune premesse generali sulla gestione dei rifiuti in Emilia Romagna, una serie di esempi reali di cattiva gestione dei rifiuti o addirittura illecita, con una serie di denunce molto circostanziate, basate su un comportamento non in linea con la normativa relativa agli impianti di recupero e riciclaggio o su fenomeni di affidamento di compiti di depurazione nel settore degli idrocarburi. Quest'ultimo è un settore ad altissimo rischio, con sospetto di infiltrazioni ecomafiose.
Della nostra delegazione fa parte anche il dottor Francesco Sansoni che è l'esperto della nostra Associazione sulle problematiche dei rifiuti: sarà lui a illustrare i fatti su cui egli ha indagato.
FERNANDO FERRARA, Rappresentante nazionale dell'Associazione ambiente e/è vita. Prima di lasciare la parola al dottor Sansoni, vorrei fare una breve notazione sui rifiuti non tradizionali, bensì sulla centrale di Caorso che ieri avete visitato. Desidero ribadire la netta contrarietà della nostra Associazione al trasferimento del combustibile dal vessel del reattore alla piscina del combustibile, soprattutto per motivi legati alla sicurezza. Comprendiamo benissimo le esigenze di una società per azioni quale è l'ENEL, ma la sicurezza non è soltanto un fatto meramente tecnologico ma anche un fatto di cultura. Da quando in Italia siamo usciti dal nucleare, stiamo continuamente perdendo know how in questo campo: è per questo che consegno alla Commissione questo spunto per una eventuale indagine.
Come lei saprà, presidente, se il combustibile viene trasferito dal vessel alla piscina, esso viene stoccato nelle rastrelliere nelle quali si trova un materiale chiamato boraflex (una sorta di polietilene), nel quale è annegato una certa quantità di boro. Esso serve per evitare i cosiddetti incidenti di reattività.
Fin dal 1991 l'ENEL ha commissionato uno studio ad una società della General Electric per verificare lo stato del boraflex; infatti, da analoghe evidenze in altre centrali della General Electric negli Stati Uniti, si era visto che questo boraflex andava incontro a fenomeni degenerativi sia quando era esposto in acqua sia quando era esposto al flusso di irraggiamento derivante dal combustibile.
Orbene, già nel 1991, l'assorbimento di questo materiale assicurava il non verificarsi di fenomeni di reattività spontanea all'interno della piscina, ma lo studio raccomandava comunque ulteriori indagini che non sono state ancora svolte dal 1991 ad oggi. Ebbene, mettere circa mille elementi di combustibile in una piscina, secondo la nostra Associazione, senza un piano di smaltimento definitivo...
PRESIDENTE. Ha parlato di mille elementi?
FERNANDO FERRARA, Rappresentante nazionale dell'Associazione ambiente e/è vita. Circa 600 appartengono al vecchio combustibile già stoccato in piscina ed altri 560 elementi sono quelli attualmente presenti nel reattore. Pertanto, la scarica di quelli attuali più quelli già presenti nella piscina del combustibile porterebbe a circa mille elementi. Senza contare a qualche decine di barre di regolazione che, comunque, non contribuiscono alla reazione.
Noi siamo fermamente contrari a questo scarico senza che vi sia una certezza per il futuro sul trattamento del combustibile e quindi del suo smaltimento in strutture idonee a garantire la sicurezza.
FRANCESCO SANSONI, Rappresentante dell'Associazione ambiente e/è vita. Recentemente ho vissuto una intensa esperienza nel settore del riciclaggio soprattutto delle deiezioni animali. In sostanza ci siamo posti il problema di valutare come si potesse, partendo da una fonte di materiale organico, ottenere un altro prodotto organico che fosse veramente utile in agricoltura, in vivaistica o in hobbistica. Abbiamo avuto modo di constatare che molte cose non vanno. Ne farò ora un elenco, indicando sia il peccato che il peccatore.
In questa regione esiste un certo numero di macrostrutture che dovrebbero risolvere tutti i problemi, ma questo non succede assolutamente: mi riferisco all'esigenza di trovare una sostanza organica realmente utilizzabile, partendo da rifiuti, da deiezioni animali o da altro. Facciamo alcuni esempi. In questa provincia, quella di Bologna, a Sant'Agata, c'è una organizzazione che si chiama Nuova Geovis. Si tratta di una imponente struttura che - si dice - è costata 47 miliardi. Penso sia stato quasi tutto denaro pubblico. Tale organizzazione si deve preoccupare anche di realizzare la discarica ed il successivo compostaggio, sempre per ottenere sostanze organiche che servano a qualche cosa. In realtà il compostaggio praticamente non avviene. Quest'ultimo dovrebbe produrre circa 300 mila quintali di materiale riutilizzabile.
Dalla nuova Geovis escono due tipi di prodotto: il primo viene venduto in piccolissima quantità a 20 mila lire al quintale e che viene ottenuto da un sottoprodotto della lavorazione dello zucchero. Questa piccola quantità è puramente di facciata, mentre la maggior parte di quei 300 mila quintali pare che abbia (stando alle dichiarazioni dei titolari) un unico acquirente a Salerno. Tanto per aver un idea, per trasferire 300 mila quintali di sostanze da Bologna a Salerno significa che ogni volta che si percorre l'autostrada si devono incontrare due o tre di questi camion, se non di più. Io, personalmente, non ne ho mai visti. E' molto probabile che questo materiale vada a finire in discarica. Infatti, oltre a quelle ufficiali, vi sono delle post-discariche e delle post-post-discariche. E' stato citato il caso di Milano che è noto a tutti e che produce un compost più o meno buono. Chi si reca all'AMSA di Milano viene pagato per prelevare questo materiale. Ma dove va a finire? Da nessuna parte! Va in una discarica. C'è un'attività piuttosto fiorente di acquisto di capacità di stoccaggio in discariche: in altri termini, ci sono persone che acquistano queste capacità di stoccaggio per poi indirizzare il materiale ora in questa ora in quell'altra direzione. Parte di questo materiale arriva anche in qui in Emilia, ma penso che lo stesso accada per altre regioni. La tentazione è forte. A duemila lire al quintale, anche con un camioncino sbilenco si fanno sei o sette viaggi da 100 mila lire ciascuno.
PRESIDENTE. Dottor Sansoni, la pregherei di consegnarci una relazione scritta sulle cose che ci sta dicendo a voce.
FRANCESCO SANSONI, Rappresentante dell'Associazione ambiente e/è vita. Per concludere, quando queste deiezioni vengono utilizzate per produrre energia elettrica, rimane un composto di scadente qualità ma che può tuttavia essere usato in agricoltura. In questo caso nasce un altro tipo di attività: quella relativa alla compravendita di piani di smaltimento, dal momento che questo materiale deve trovare una sua collocazione. Ci sono dei limiti a questo tipo di smaltimento che vengono normalmente superati e si arriva ad un carico per metro quadrato molto elevato. Nella nostra regione si registrano in proposito casi molto eclatanti.
Per quanto riguarda la CRS di Carpi, questa azienda produce un prodotto di maquillage sempre derivante dalla produzione dello zucchero. Passando ad altro discorso, per fare una buona sostanza organica è necessaria una altrettanto buona operazione di compostaggio: in proposito possiamo fare l'esempio della Agrofertil di Santa Sofia. Se si interviene sulla Pollina come fa questa società e si fa del vero compostaggio, la Pollina - scusatemi l'espressione - non puzza. Ma quando non si fa un prodotto vero, accade come a Santa Sofia dove, per un raggio di tre chilometri, l'ambiente è invivibile. Tutto questo significa che si fa essiccazione e non compostaggio.
Il problema fondamentale è quello di fare in modo che queste strutture facciano un prodotto vero e che risolva i bisogni della gente: in altre parole essi devono produrre qualcosa di utile per l'agricoltura. Se un prodotto è maleolente per l'agricoltura non è poi così importante, ma deve avere quei certi contenuti ed essere stato trasformato nel modo corretto. E' necessario che queste macrostrutture imparino a creare questi prodotti. Altro problema. E' necessario conoscere i flussi per vedere quali giri faccia il materiale. Per fare questo è necessario vivere in mezzo alla gente, sul mercato e non si può pensare che basta avere un impianto ed un pulsante per farlo funzionare. Bisogna vedere dove nascono questi movimenti e dove si va iperfertilizzare, superando i piani di smaltimento. Chi opera in questo settore dice che è di notte che si vede che tipo di sostanza è stata sparsa sul terreno: infatti, se brilla vuol dire che c'è la "criptonite", cioè qualcosa che non dovrebbe esserci.
Infine, vorrei osservare che gli operatori, cioè coloro che avendo un'industria debbono smaltire del materiale, debbono rivolgersi a qualcuno che lo smaltimento lo faccia veramente. Normalmente vi è la tendenza a rivolgersi in centri che si trovano in Veneto o in Lombardia dal momento che le unità locali o sono troppo fiscali o troppo costose. Infatti, c'è una pressione fortissima di operatori privati lombardi o veneti che offrono prestazioni di questo tipo.
Nella nostra relazione troverete uno studio sugli idrocarburi, con riferimenti molto precisi ad una società di Marina di Ravenna, la SECOTER...
PRESIDENTE. Abbiamo avuto occasione di visitarla questa mattina stessa.
Vi ringraziamo per la vostra disponibilità e per le utili notizie che ci avete fornito.
Gli incontri terminano alle 17,15.