Gli incontri iniziano alle 14,30
Incontro con il Prefetto ed il Procuratore della Repubblica di Potenza
PRESIDENTE. Saluto i nostri interlocutori e li ringrazio dell'ospitalità. Il Prefetto ed il Procuratore sono certamente a conoscenza delle competenze della nostra Commissione; il nostro interesse si rivolge a tutto il ciclo dei rifiuti ed alle eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata. Aggiungo che la Commissione ha già a sua disposizione il materiale raccolto nelle audizioni e nei sopralluoghi svolti negli scorsi mesi. In particolare per quanto riguarda la Basilicata - lo voglio ricordare perché non credo sia disponibile per tutto il paese, magari lo fosse - la Commissione dispone di un magnifico rilievo, realizzato a suo tempo dal Corpo forestale su mandato del procuratore di Matera, che traccia, con una triplice metodologia, la mappa della regione per quel che riguarda i siti a rischio.
Abbiamo avuto la sensazione, che vorremmo ci fosse ora confermata o smentita, che per quel che riguarda i possibili nascondimenti di rifiuti in siti impropri e le attività illegali ci sia ora una qualche forma di controllo. Dico anche esplicitamente che un problema aperto si mostra invece essere quello delle perforazioni petrolifere ed i sospetti che ci sono stati - forse si è trattato di qualcosa di più visto che vi sono stati interventi anche della Magistratura - circa la possibilità di usare queste vecchie prospezioni anche per nascondere o sversare in maniera illegale rifiuti di varia natura.
GIANNI IETTO, Prefetto di Potenza. Ho preparato un appunto che lascerò alla Commissione. Anche nella regione Basilicata il problema dei rifiuti è uno dei più gravi, come nel resto del paese. Le discariche sono insufficienti, vi è l'ostilità dei comuni ad avere sul proprio territorio i luoghi da destinare a discarica, il prezzo sale e questo rende il settore appetibile per i forti introiti che si possono ricavare dallo smaltimento dei rifiuti; in questo senso il settore può attirare l'interesse delle organizzazioni criminali. e per questo, da parte della Magistratura e delle forze dell'ordine, vi è la massima attenzione per evitare che ciò si verifichi.
La regione, che ha competenze in materia, ha adottato varie leggi di disciplina del settore ed ha istituito un osservatorio permanente di cui fanno parte la Prefettura, il questore, il corpo forestale, le associazioni ambientaliste; prevalentemente la Lega ambiente con la quale vi è una vera e propria convenzione.
Questa rete ha indubbiamente consentito la scoperta di discariche abusive. Per quanto riguarda la provincia di Potenza il problema dell'ecomafia è pressoché assente, almeno per quanto ci risulta e nonostante i controlli effettuati dalle forze dell'ordine. Abbiamo una presenza quasi capillare, soprattutto dei carabinieri, con 70 stazioni su 100 comuni nella provincia di Potenza. In tutta la regione possiamo contare su circa 1000 uomini per i carabinieri: questa presenza è dovuta anche alla natura del territorio, la cui popolazione è molto disseminata.
Malgrado questi controlli, nella provincia di Potenza non sono emersi casi di infiltrazione camorristica - il Procuratore della Repubblica riferirà poi quanto di sua competenza - salvo il caso, che è però più di ordine pubblico e politico, del termodistruttore in costruzione a Melfi per conto della Fiat, per il quale ci fu a suo tempo l'autorizzazione della regione ma che recentemente ha dato luogo a movimenti contrari spontanei - sembra che non vi siano speculazioni politiche - da parte delle popolazioni spaventate dalle conseguenze di questo termodistruttore di dimensioni piuttosto notevoli. Ma questo, come dicevo, ha creato problemi più che altro di ordine pubblico. A breve ci sarà un referendum; le manifestazioni sono continue, il che ha anche comportato l'interruzione ed il rallentamento dei lavori all'impianto.
La provincia di Matera presenta invece qualche problema, forse per la natura stessa del terreno caratterizzato da calanchi e caverne che si prestano all'occultamento di rifiuti, soprattutto industriali, da parte di industrie del Nord; ciò anche perché la provincia di Matera ha un tasso di criminalità maggiore di quella di Potenza. Nelle riunioni del comitato interprovinciale delle autorità di pubblica sicurezza, ad alcune delle quali è intervenuto anche il Procuratore, il problema dell'ecomafia è stato affrontato ed è stato confermato quanto sto dicendo e cioè che effettivamente nella provincia di Matera qualcosa c'è stato, peraltro non di rilevante entità. Forse da parte della stampa e dell'opinione pubblica il problema è stato un po' esagerato, almeno rispetto a quello che risulta dalle denuncie e dalle scoperte delle forze dell'ordine, come anche dai procedimenti in corso. Per il resto, sul piano amministrativo vi è un piano di smaltimento dei rifiuti della regione, di cui è in corso una revisione a norma dell'ultimo provvedimento del Ministro Ronchi.
C'è poi il problema delle discariche: strutture peraltro che altri paesi europei industrializzati stanno abbandonando e che solo da noi invece costituiscono la totalità del sistema di smaltimento. Ovviamente questo non potrà andare avanti all'infinito; occorrerà passare a sistemi di smaltimento più moderni, tra cui il termodistruttore, che personalmente, malgrado i movimenti di opinione, ritengo sarebbe una buona soluzione. Purtroppo esso deve essere allocato in un comune: è stato previsto quello di Melfi e Lavello, ma l'impianto avrebbe una enorme capacità e potrebbe quindi soddisfare i bisogni di smaltimento di tutto il comprensorio, non solo dei rifiuti soliti urbani ma anche di quelli dell'area industriale di Melfi.
Per ora posso fermarmi qui. Resto ovviamente a disposizione della Commissione per ogni eventuale ulteriore integrazione.
GELSOMINO CORNETTA, Procuratore della Repubblica di Potenza. Come ho già anticipato, ho condotto con me il collega Erminio Rinaldi, che, essendo stato io trasferito al posto di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, mi sostituirà nel periodo di intervallo ed è quindi bene che possa costituire lui un tramite per eventuali rapporti con la Commissione in futuro.
Debbo sostanzialmente confermare quanto detto dal signor Prefetto in ordine non alla inesistenza del fenomeno dell'ingresso della criminalità organizzata nel settore del trasporto e deposito dei rifiuti, ma della mancanza di prove acquisite in ordine a questo fenomeno, che ovviamente è cosa diversa.
Come Procura distrettuale antimafia ci abbiamo provato, ovviamente in quello che è il nostro settore, perché a noi compete di contrastare la criminalità organizzata. Abbiamo così riguardato il fenomeno ricercando tutte le possibili ipotesi minimamente reali di notizie di reato in questo settore, sotto il profilo - dicevo - della presenza di criminalità organizzata in traffici illeciti di questo genere. I risultati sono stati negativi, ma se loro ritengono vorrei comunque sintetizzare molto rapidamente il lavoro fatto, perché parte di esso potrebbe comunque essere utile.
Un primo procedimento fu aperto nel 1994 contro ignoti all'esito di una nota che mi inviò il presidente della regione Basilicata dell'epoca, il quale avendo letto sui giornali - io stesso me ne accorsi un momento dopo - di uno studio di Lega ambiente che indicava la Basilicata come una delle cinque regioni d'Italia più interessate dal fenomeno dell'ecomafia, mi scriveva piuttosto allarmato che non risultavano, almeno a lui ed alla regione, fatti di questo genere, che si teneva, come ovviamente non poteva che fare, all'immagine di una Basilicata verde e metteva a mia disposizione il lavoro fatto in sede regionale sul piano legislativo ed amministrativo, di studi, ricerche e programmazione futura del fenomeno della collocazione dei rifiuti.
In effetti le notizie sulla stampa c'erano state e così anche delle relazioni - sicuramente da loro bene conosciute - di Lega ambiente che delle indicazioni del genere le facevano. Fu data una delega di indagine al ROS dei Carabinieri che operò di concerto con il nucleo operativo ecologico degli stessi Carabinieri. Il risultato fu il ridimensionamento di questa denuncia di Lega ambiente, che in una nota fece sapere che non aveva mai inteso denunciare una presenza di criminalità organizzata in traffici del genere in Basilicata, che questo non era stato mai affermato e che comunque non c'era alcuna notizia del genere. Furono acquisiti una serie di documenti, si cercò di fare anche dell'altro e si finì con una richiesta di archiviazione. Trattò questo procedimento il collega Rinaldi. Per quanto questa richiesta rimonti al 1996, il GIP non ha ancora provveduto perché purtroppo - non intendo aprire il cahier des doléances che credo un po tutti gli uffici giudiziari ed i procuratori della Repubblica hanno aperto anche davanti a loro - la situazione degli organici degli uffici giudiziari in Basilicata è veramente penosa.
Peraltro era stato già aperto un altro procedimento, dal quale si sperava di poter trarre qualche elemento in più. Questa volta fui io ad iscrivere direttamente un procedimento ricavando, da notizie giornalistiche, il segnale di nuove conoscenze che sembrava avesse Lega ambiente. Siccome si parlava anche sui giornali - non ne ero personalmente a conoscenza - di un monitoraggio sull'argomento fatto dalla Procura nazionale antimafia, in particolare il collega Maritati, scrissi a questo collega perché mi desse le notizie di cui era a conoscenza. Per la verità scrissi anche a tutti i procuratori presso le Preture della Basilicata per chiedere notizie o atti che avessero potuto aiutarci in questa indagine.
Dalla Procura nazionale (al momento non disponeva di altro, né mi risulta che successivamente per la Basilicata abbia disposto di altro) mi arrivarono le stesse relazioni di Lega ambiente, compresa quella che diceva che sulla Basilicata vi era stata una cattiva interpretazione e che non vi era alcun elemento. Una risposta interessante venne dalla Procura presso la Pretura di Matera che, come loro sicuramente sanno, nel settore dell'antinquinamento, che è di loro competenza, si è distinta, ha fatto e continua a fare indagini molto interessanti. In questa nota e negli atti allegati (questi in particolare, se non ne dispongono, ritengo possano essere utili alla Commissione) si riferiva del comportamento di un certo Altieri Mario, legale rappresentante di una società di Scanzano Ionico, la Teseo, il quale aveva ottenuto l'autorizzazione per una discarica di rifiuti solidi urbani presso una discarica locale autorizzata regolarmente dalla regione, ma poi, per effetto di collegamenti con imprese del Nord, alcune delle quali autorizzate anche allo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, risultava si fosse avvalso di queste autorizzazioni in favore di queste società del Nord. Risultava peraltro un traffico accertato dal Nord al Sud per discariche che apparentemente avrebbero dovuto avvenire in luoghi autorizzati, mentre si sospettava fortemente che ciò non fosse avvenuto: e cioè che certi conducenti di autocarri si fossero fermati in un certo luogo in Basilicata, fossero salite altre persone a bordo e si era poi persa di vista la destinazione effettiva di questi carichi contenenti rifiuti non si sa se nocivi o meno.
In se questi elementi non indicavano comunque una attività di organizzazioni criminali. Forse con qualche forzatura abbiamo - con un procedimento da me poi delegato a dei colleghi - iscritto il nome di questo signore. Ovviamente l'unica possibilità di ricorso - loro mi insegnano - è il 416-bis (lo sarebbe anche al 416 se operasse la procura locale) con tutte le difficoltà che questo comporta. Immagino che siano problematiche note sul piano tecnico. Sia l'associazione per delinquere ordinaria sia quella mafiosa richiedono la commissione di delitti e in generale in materia di antinquinamento siamo in presenza di contravvenzioni. Anche l'ultimo provvedimento, il n. 22 del 1997, prevede contravvenzioni, se non sanzioni amministrative. So anche che per interessamento di questa Commissione si stanno formulando ipotesi diverse sul piano legislativo con un'ipotesi di reato ambientale, che ci aiuterebbe molto.
Si tentò, dicevo, ipotizzando questa associazione di tipo mafioso della quale facesse parte questo signore, di ottenere dal GIP qualcosa che era indispensabile
PRESIDENTE. La persona di cui parla, è anche sindaco di un comune o sbaglio?
GELSOMINO CORNETTA, Procuratore della Repubblica di Potenza. Credo di no. Che io sappia no. So che il sindaco di Scanzano Ionico sono queste conoscenze giornalistiche da parte mia o forse perché anche in occasione di questa mia doverosa audizione ho preso contatto con più di un collega delle varie procure presso le preture e non mi hanno dato indicazioni; d'altra parte se avessero avuti degli elementi di interesse della direzione distrettuale antimafia me li avrebbero già dati.
Furono interessati anche i ROS e il nucleo operativo ecologico dei carabinieri nazionale ma i risultati furono negativi, anche perché furono ritenute indispensabili intercettazioni telefoniche che il GIP non concesse ritenendo proprio che non c'era molto di più di un sospetto qualificato rispetto all'esistenza di un'organizzazione mafiosa interessata a questi traffici rispetto ad una notizia di reato più degna di questo nome.
Si tentarono altre strade. Fu sentito, ad esempio, il dottor Fontana, che come loro sanno è il presidente nazionale di Lega ambiente; il presidente regionale, il dottor Franco De Leo, i quali dichiararono che erano sospetti, allarmi gettati, ma che di concreto non c'era gran che. Anche per questo procedimento quindi, che in effetti fu la risultante di più procedimenti, vi fu la richiesta di archiviazione e questa volta il GIP ha deciso il 9 giugno 1997 accogliendo la richiesta stessa. Direi però, se mi è consentito, che al di là di quello che c'è e di quello che logicamente si può ritenere che vi sia al di là di quanto si sia riusciti o non riusciti a far venire alla luce, vi è una situazione ambientale lo diceva già così bene il signor Prefetto; sicuramente ultronea, forse addirittura non corretta è la mia ripetizione, noi operiamo nel settore repressivo e non in quello preventivo; vi è, dicevo, una situazione del territorio che deve lasciare molto preoccupati. Moltissime cave, fiumi, foreste, ma soprattutto un terreno carsico in gran parte non frequentato. La Basilicata non è la Puglia, né la Campania. Vi sono zone del nostro territorio semiabbandonate, impervie e pochissimo battute. In una foiba o in altri inghiottitoi del genere che sono tipici dei territori carsici si può sversare qualsiasi cosa. Nelle cave abbandonate si può fare altrettanto, anzi da questo punto di vista sono luoghi privilegiati. Non ho alcuna ragione di ritenere, in tutta coscienza, che la guardia non sia elevata e che le forze di polizia non facciano quanto si deve fare, ma questo non può lasciarci comunque tranquilli.
Altro elemento è la presenza di una criminalità organizzata molto attiva in Basilicata. Io sono alieno da enfatizzazioni ma c'è in Basilicata una criminalità organizzata che esprime una situazione di pericolo molto grave. Non si tratta di considerare solo se le indagini in corso (c'è chi è più cauto nell'iscrivere le notizie di reato ed altri che abbondano) ma quando già molte decine di persone sono state condannate per il 416-bis quando abbiamo in questo momento in dibattimento procedimenti contro circa 750 persone e nei confronti di molte bande c'è già stato il controllo di un giudice che ha deciso per il rinvio a giudizio, quando abbiamo in corso indagini nei confronti di circa 1000 persone (in condizioni - non me ne vogliate se lo ripeto - veramente penose in termini di organici e capacità operative); in una situazione del genere, dicevo, è logico ritenere che la criminalità presente soprattutto nel Materano ma anche nel Potentino, nella Val d'Agri e nel Melfese non si può disinteressare di affari di questo genere. Non si vede perché un traffico di rifiuti, al quale si è interessata la criminalità organizzata, che si muove verso la Campania e la Puglia non debba interessare anche la Basilicata, che presenta un assetto territoriale che può apparire molto più idoneo a traffici di questo tipo.
Vi è il problema del cosiddetto oro nero in Val d'Agri e, quindi, quello dei rifiuti da collocare. Vi è anche il problema d'immense aree industriali create dopo il terremoto (otto in tutta la Basilicata): a suo tempo, si sono installate 102 o 103 imprese; abbiamo indagato e alle nostre modestissime forze è stato riconosciuto di aver fatto tutto ciò che era possibile, tant'è che il ministero competente ha recuperato parecchie centinaia di miliardi. Al momento si tratta di un patrimonio aziendale, costituito in gran parte da scatole vuote, che creerà un problema per quanto riguarda la smaltimento dei rifiuti; si tratta infatti di strutture abbandonate che, se non saranno utilizzate - la regione sta valutando in che modo usare questo patrimonio che in sé ha un valore - creeranno un problema di abbattimento e di eliminazione di rifiuti di natura industriale.
ERMINIO RINALDI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Potenza. Volevo informarvi, in aggiunta all'esauriente excursus del procuratore Cornetta, di un episodio, anche se non particolarmente significativo. Mi riferisco ad un accertamento nell'ambito di un processo in base all'articolo 416-bis che ho istruito qualche anno fa: accertammo che tra i soggetti arrestati in base a tale articolo due erano dipendenti di una piccola ditta che aveva gestito il trasporto dei rifiuti a Tursi, nel materano; i titolari della ditta furono indagati, all'epoca, per il reato di cui all'articolo 416-bis, ma la loro posizione fu archiviata, anche se uno di loro è ancora indagato per altri reati. Credo si sia trattato di un episodio marginale riferito a dipendenti di una ditta che trasportava rifiuti nel comune di Tursi.
Sempre nell'ambito dello stesso processo fu accertato un altro episodio: le stesse persone diedero fuoco, insieme ad altre, alla discarica del comune di Tursi, in quanto la ditta che l'aveva costruita tale discarica non era stata pagata dal comune; il titolare della ditta era imparentato con il capobanda locale di Tursi; la ritorsione si verificò quando venne bloccato l'accesso all'impianto di Tursi.
Ritengo che questo episodio sia autonomo rispetto all'indagine della Commissione. Non abbiamo notizia del fatto che la gestione dello smaltimento dei rifiuti possa essere stata monopolizzata da queste persone.
GIOVANNI IULIANO. Vorrei un chiarimento a proposito della questione riguardante le aree industriali.
Recentemente vi è stata una bozza d'accordo per le aree industriali dismesse, il che ha creato tutta una serie di problemi. Le aree occupate fanno capo ad un consorzio di smaltimento gestito dall'ASI e mi sembra che la regione Basilicata abbia già emanato una legge regionale per utilizzarle. Il problema, quindi, forse si porrà da qui a qualche mese, quando una gran parte dei siti sarà occupata, perché vi sono molte iniziative in tal senso. A quel punto, forse, bisognerà rivedere un po' tutta la questione.
GIANNI IETTO, Prefetto di Potenza. Dall'inizio dell'anno è subentrata un'altra società privata che ha stipulato una convenzione con l'ASI e che svolge un'azione di manutenzione e di smaltimento dei rifiuti nelle aree industriali a prezzi molto più contenuti di quella che operava all'inizio e che ebbe l'appalto direttamente da Roma.
Anche in questa regione può esservi il sospetto che vi sia una criminalità organizzata che controlli il settore dello smaltimento dei rifiuti. Credo, però, che operi di riflesso, nel senso che non vi è un'organizzazione lucana. In questo settore, anche se possono esservi tentativi da parte della criminalità organizzata delle regioni vicine, quest'ultima non ha però un controllo del territorio, proprio perché non avrebbe comunque l'appoggio della popolazione locale, in sé refrattaria all'attività malavitosa.
PRESIDENTE. Vorrei sottolineare due punti all'attenzione del prefetto e del procuratore della Repubblica.
Non ricordo se Mario Altieri sia sindaco di Scanzano Ionica, ma so, perché anche noi abbiamo svolto delle indagini, in quanto a ciò interessati dall'esposto di un commissario membro della Commissione, che questo signore oltre ad essere sindaco è, al tempo stesso, proponente di una serie di attività di trasporto e di smaltimento rifiuti. Siccome mi sembra che sia stato rinviato a giudizio in un'inchiesta di cui abbiamo avuto notizia perché a suo tempo convocammo il magistrato di Rimini che la seguiva (la dottoressa Vezzosi), credo che si tratti di un personaggio che, come minimo, debba essere seguito con attenzione.
GELSOMINO CORNETTA, Procuratore della Repubblica di Potenza. Non ho svolto io personalmente l'indagine.
PRESIDENTE. La mia è solo una segnalazione.
La Commissione d'inchiesta ha già deliberato, in un apposito documento, sull'istituzione del delitto ambientale nel codice penale. In merito, sono state già presentate proposte di legge e lo stesso Governo presenterà un suo disegno di legge. Ci auguriamo, quindi, che entro pochi mesi sia possibile arrivare ad avere una simile previsione nel codice penale, che rappresenta un fatto fondamentale dal punto di vista della deterrenza e degli strumenti da attivare nelle indagini, in quanto fino a quando i reati sono sanzionati in modo solo amministrativo è difficile configurare la gravità degli stessi. Per tale motivo mi permetto di sottolineare il passaggio per cui non necessariamente deve trattarsi dell'ipotesi di cui all'articolo 416-bis: spesso imprese spregiudicate, che esistono solo sulla carta, si comportano in modo criminoso, come una semplice associazione per delinquere, senza dover ricorrere alla criminalità organizzata, come la nostra esperienza ci ha consentito purtroppo di appurare.
Ringrazio il prefetto, dottor Ietto, ed il procuratore della Repubblica, dottor Cornetta.
Incontro con l'assessore regionale all'ambiente e con il dirigente generale del dipartimento sicurezza sociale e politiche ambientali della regione Basilicata.
PRESIDENTE. La Commissione d'inchiesta, dei cui compiti credo siate informati, vorrebbe sapere come l'amministrazione regionale intende affrontare il ciclo dei rifiuti e, in particolare, gli aspetti più rilevanti connessi alla cosiddetta gestione integrata degli stessi; mi riferisco, anzitutto, al problema della raccolta differenziata e a quello degli impianti di recupero, che sono essenziali per la produzione di compost e di CDR.
Sappiamo che in Basilicata vi sono due punti caldi, per così dire. Il primo riguarda il termodistruttore di Melfi, a proposito del quale vorremmo conoscere sia le caratteristiche tecniche (sappiamo che vi è una opposizione popolare piuttosto forte) sia le specifiche di progetto, perché se raggiungono livelli di tecnologia ottimale, come peraltro oggi è possibile, è possibile dipanare dubbi e perplessità della popolazione, soprattutto riguardo alle diossine o ad altri composti che possono costituire un rischio ambientale e, in particolar modo, sanitario.
L'altro punto caldo riguarda Rotondella, le cui vicende giudiziarie la Commissione ben conosce avendo convocato i magistrati che stavano seguendo il caso.
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Già prima dell'emanazione del decreto legislativo n. 22, la regione Basilicata si era dotata di strumenti parziali, settoriali di pianificazione nella gestione dei rifiuti. Erano stati approvati un piano per i rifiuti solidi urbani e uno per quelli industriali ed era stato anche definito il piano di risanamento delle acque ai sensi delle leggi vigenti. E' stato altresì definito - i lavori sono stati completati alcuni mesi fa e trasmessi al Ministero dell'ambiente - il piano di bonifica dei siti inquinati sulla base di una ricognizione puntuale operata sull'intero territorio regionale e attraverso la classificazione dei fattori di rischio.
PRESIDENTE. Questo piano è conseguente all'attuazione del censimento dei siti da bonificare in base allo specifico decreto ministeriale?
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Sì.
PRESIDENTE. Quindi, avete redatto un censimento e sulla base dello stesso avete individuato i siti di maggior rilievo?
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Sì, producendo un'analisi quali-quantitativa e mettendo a punto, in relazione ai fattori di rischio derivanti dalle situazioni specifiche di ciascun sito, una scheda, di natura tecnica, che individua la tipologia dell'inquinamento determinato in quel sito e le procedure per la bonifica.
Aggiungo, per dare il quadro complessivo della pianificazione, che abbiamo anche completato il piano per il risanamento dei materiali contenenti amianto. Adesso stiamo coprendo l'ultimo segmento relativo all'analisi degli oleofiti, che possono determinare elementi di dispersione in atmosfera.
PRESIDENTE. C'è un altro punto caldo che mi sono dimenticato di citare: la questione delle prospezioni petrolifere e delle ipotesi avanzate, cioè che in alcuni vecchi pozzi siano stati smaltiti illegalmente rifiuti pericolosi o, più realisticamente, che vi sia stato un trattamento delle acque di risulta delle perforazioni non corrispondente a norma.
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Dicevo, tornando ai rifiuti, che stiamo completando l'aggiornamento degli strumenti della pianificazione per renderli coerenti ai principi e ai dettami del decreto legislativo. Ora siamo nella fase di definizione degli aspetti gestionali, dell'ambito territoriale ottimale e della messa a punto delle strumentazioni, in modo da offrire ai comuni e alle provincie supporti metodologici per la gestione della raccolta differenziata. Ciò lo stiamo legando, in maniera significativa, alla dimensione gestionale, perché il ciclo ordinato ed economico dei rifiuti può essere gestito e sostenuto dalle amministrazioni comunali se i modelli gestionali proposti sono poi in grado di non determinare incrementi proibitivi del futuro sistema tariffario. Il lavoro è in fase piuttosto avanzata; in questa attività di messa a punto degli strumenti di pianificazione abbiamo associato le provincie, che proprio in questa fase stanno organizzando la concertazione con i comuni. Alle due città di questa regione, cioè Potenza e Matera, stiamo offrendo un supporto metodologico ed operativo per sperimentare sul campo le modalità migliori per la gestione della raccolta differenziata. Ciò in considerazione del fatto che la differenziazione dei contenitori, fin qui sperimentata da altre amministrazioni comunali, non ha dato risultati significativi.
Nell'area del Vulture, vicina al termodistruttore di Melfi, la provincia, utilizzando un finanziamento che la regione ha ottenuto dal Ministero dell'ambiente, sta gestendo un'attività di formazione e di sperimentazione con i comuni delle procedure di raccolta differenziata.
PRESIDENTE. Visto che stiamo parlando del termodistruttore di Melfi, è in grado di dirci le caratteristiche tecniche?
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Sì. Mi riservo di trasmettere a lei e alla Commissione una scheda dettagliata. Posso dirle che il termodistruttore proposto dalla FIAT prevede il trattamento di rifiuti solidi urbani per 36 mila tonnellate, con un forno a griglia, e il trattamento di rifiuti industriali per 30 mila tonnellate l'anno, con un forno rotante.
PRESIDENTE. Che tipo di rifiuti industriali?
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Sono i rifiuti industriali prodotti da SATA per circa 26 mila tonnellate; si tratta di rifiuti industriali prossimi agli urbani, perché nel decreto di valutazione di impatto ambientale furono tassativamente esclusi gli alogenati. Quindi, i tossiconocivi non vengono termodistrutti.
PRESIDENTE. I solventi organici volatili, per esempio?
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. No, i solventi sono esclusi dal trattamento di questo impianto, perché sull'ipotesi progettuale in questione vi è stato un lungo percorso di valutazione che ha impegnato la Commissione nazionale VIA, che aveva anche introdotto dei vincoli, cioè delle prescrizioni, ma in questa ultima fase la FIAT (la Fenice) ha presentato il progetto di adeguamento alle prescrizioni, contenute nel decreto VIA, sulle quali abbiamo interessato il Ministero dell'ambiente; quest'ultimo, avvalendosi della Commissione suddetta e dell'ANPA, ci ha dato un conforto, nel senso che le varianti proposte sono conformi alle prescrizioni del decreto VIA, per cui i livelli massimi di emissione e il processo industriale annunciato sono conformi al decreto stesso e alla normativa nazionale.
Al riguardo siamo in una fase molto avanzata, avendo avviato la realizzazione di un sistema di monitoraggio chimico-fisico e biologico. L'attività è in corso di completamento e per la stessa abbiamo impegnato risorse regionali. La FIAT sta realizzando un proprio sistema di monitoraggio, così come previsto tra le prescrizioni VIA. I due sistemi verranno poi integrati, perché con la FIAT abbiamo definito un'intesa che consentirà l'accesso ai dati grezzi da parte della regione; costituiremo una commissione mista, partecipata da FIAT, da regione Basilicata e da enti locali, per la validazione dei dati e per la diffusione e la messa a disposizione della collettività.
Le preoccupazioni sollevate dai cittadini riguardano la possibile formazione di diossine e altri prodotti nel processo di combustione. In proposito, avvalendoci di consulenze, che riteniamo apprezzabili sul piano scientifico - abbiamo impegnato l'Università della Basilicata e il CNR - , pensiamo di aver costruito un sistema di monitoraggio, che non riguarda soltanto gli esiti finali, cioè la lettura delle emissioni in atmosfera o le ricadute al suolo o nei corpi idrici ma anche la lettura in continuo nella camera di combustione, che ci consenta di verificare la presenza di determinati elementi.
PRESIDENTE. Questo è importante perché corrisponde all'informazione continua che è possibile dare anche alla popolazione. Vi è però un problema che è a monte dell'informazione stessa e che è rappresentato dagli standard di impianto; intendo dire che esistono diverse tipologie di impianto e che, per quanto riguarda il problema delle diossine, al quale la popolazione presta la massima attenzione, non ci stanchiamo mai di ripetere e ricordare che vi è stato un salto estremamente significativo dai cosiddetti impianti di seconda generazione, che producono tra i 4 e i 10 nanogrammi al metro cubo di diossine, e gli impianti di ultima generazione, le cui specifiche di progetto, in ogni caso da verificare, si trovano al di sotto di un fattore 40 nel caso più basso o 100 nel caso più alto. Per capirci: il numero di riferimento è 0.1 nanogrammi al metro cubo di diossina . Questo ci permettiamo di segnalarlo a tutte le amministrazioni, perché, nel momento in cui si abbatte di un tale fattore la produzione e, quindi, l'emissione all'esterno delle diossine, diventa un qualcosa di socialmente accettabile o, comunque, molto serio e significativo dal punto di vista della salvaguardia ambientale.
FILIPPO BUBBICO, Assessore regionale all'ambiente della regione Basilicata. Voglio dire, al riguardo, che il nostro comitato regionale, in una concertazione tra dimensione tecnica e responsabilità politica tra dipartimento e giunta, ha deciso i procedimenti autorizzativi, rispetto alla legge n. 203, non in riferimento ai valori massimi ma ai migliori risultati conseguibili con l'applicazione delle migliori tecnologie. Da questo punto di vista, i valori di progetto, che devono essere poi verificati anche nella fase sperimentale di avvio del termodistruttore, risultano nettamente al di sotto dei valori massimi fissati dalla legge. Questa metodologia la stiamo praticando non solo con riferimento a questo impianto ma, in generale, su tutti gli impianti proposti anche in relazione alla valutazione di impatto ambientale gestita dalla regione, che noi pratichiamo dal 1994.
PRESIDENTE. Possiamo avere un'idea del tipo di impianti previsti?
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Noi ora stiamo valutando la questione impiantistica in relazione alla dimensione gestionale. Intanto vogliamo partire dalla situazione impiantistica esistente che va ottimizzata. In regione è presente un impianto di compostaggio a Matera, che non ha finora prodotto buoni risultati perché a monte non era stata organizzata la raccolta differenziata. Pensiamo quindi che il bacino d'utenza progettato vada rivisto in relazione ad un conferimento che sia definito a monte e non, come accade oggi, attraverso i processi di valiatura e separazione. Separando a monte la frazione umida da quella organica il gruppo di lavoro sta determinando quale sia il fattore di ottimizzazione fra capacità produttiva dell'impianto e fattori di convenienza in relazione ai bacini ed alle distanze che debbono
PRESIDENTE. Da questo punto di vista si tratta di una sollecitazione nel senso che - mi corregga se sbaglio - i rifiuti solidi urbani prodotti in Basilicata, tenendo conto di quella che è la media italiana, dovrebbero aggirarsi, come ordine di grandezza, intorno alle 400 mila tonnellate all'anno. Melfi ne tratterebbe, superati i problemi di cui si stava dicendo, circa 36 mila tonnellate; e le altre 350 mila tonnellate ed oltre necessitano assolutamente di impianti. In questo senso la sollecitazione è a considerare insieme le esigenze di rigore tecnico-scientifico e di studio con quelle della celerità di predisposizione di impianti che ovviamente non nascono in un giorno, ma richiedono un certo iter burocratico; lo si può auspicabilmente restringere ma vi sono anche tempi di costruzione impiantistica. Altrimenti, per capirci, finiamo sempre con le discariche.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Il gruppo di lavoro sta completando questo studio ma l'impressione che si riceve - è una prima valutazione non ancora supportata da elementi di calcolo analitici - è che la dimensione impiantistica esistente in Basilicata possa essere sufficiente.
PRESIDENTE. Opportunamente ristrutturata. Usiamo il termine retrofit, tanto per capirci.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Opportunamente ristrutturata, certamente. Non vi è dubbio che per quanto riguarda l'impianto di compostaggio di Matera si possa immaginare una gestione per linee separate, per gestire al meglio il percorso; in prima battuta, però, sembra che possano esserci le condizioni perché l'attuale dimensione impiantistica possa soddisfare, riducendo o eliminando il conferimento in discarica dei rifiuti tal quale, così come previsto dal decreto legislativo.
Per quanto riguarda le questioni di Rotondella dell'ENEA, la Commissione ha avuto modo di occuparsi del tema già in passato, dandoci anche la possibilità di svolgere una azione molto incisiva nei confronti dell'ENEA stesso perché venissero risolti i problemi evidenziati. La questione attiene ora a due problemi. Da una parte il processo di messa in sicurezza e di inertizzazione dei rifiuti liquidi a bassa ed alta attività; sembrerebbe che l'ANPA abbia validato il processo di cementificazione previsto anche per l'alta radioattività e in un tempo definito (credo si tratti di un anno o un anno e mezzo) questi due metri cubi e mezzo - sto citando a memoria - dovrebbero essere inertizzati.
PRESIDENTE. Vi è qui una questione delicata. Ne parlo a titolo personale perché non conosco quale sia la posizione della Commissione su questo aspetto anche se la precedente Commissione d'inchiesta fu abbastanza netta in proposito. In questa legislatura non ci siamo ancora confrontati sul punto. L'autorizzazione cui lei ha fatto riferimento consente all'ENEA di usare, con alcune modifiche, la macchina già usata, secondo me correttamente, per settare i liquidi di bassa attività; che con quella stessa macchina si possano trattare liquidi ad alta attività mi pare francamente sconsigliato dalle norme di radioprotezionistica internazionale, perché molto banalmente per applicare - e vorrei essere smentito - quel tipo di tecnologia ai liquidi ad alta attività bisogna per forza miscelare i liquidi ed ottenere una riduzione della loro attività. Nel miscelare i liquidi si produce inevitabilmente l'effetto di produrre ulteriore materiale contaminato perché la miscelazione non avviene nel vuoto o in assenza di materiali e siccome la differenza che c'è fra alta e bassa attività è grosso modo di un fattore 1000, questo fattore può in qualche modo darci un corrispettivo dei volumi che possono essere contaminati. Io ritengo che quella non possa essere la macchina - indipendentemente dall'autorizzazione che a suo tempo l'ANPA ha dato - che fa anche l'alta attività cementando questi rifiuti. Su questo sarei anche interessato a sapere se esiste l'ARPA e se, in assenza di questa, esiste un presidio tecnico-scientifico regionale per seguire la vicenda.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. L'ARPA esiste. E' stata istituita
PRESIDENTE. So che è stata istituita, non so se esiste. Una cosa è l'istituzione, altra è esistere.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Sì, capisco, però perché possa esistere è necessario che venga istituita. Poi vi sono i tempi necessari a strutturare l'ARPA perché questa possa produrre la propria attività. Ora siamo nella fase di passaggio, di conferimento dei laboratori, delle strutture e del personale in capo alle aziende sanitarie all'ARPA, che ha completato il lavoro di organizzazione ed allestimento sul piano progettuale dei dipartimenti provinciali. Il presidio multizonale di Matera continua ad effettuare attività di monitoraggio all'esterno del perimetro dell'ENEA.
PRESIDENTE. Ritengo che questo sia necessario, ma non risponde al problema che ho posto. Interesserò di nuovo le autorità di vigilanza dell'ARPA su questo tema; poi probabilmente se le cose sono iniziate, cosa fatta capo ha, come disse un celebre capofazione fiorentino alcuni secoli fa, ma la regione che ha attenzione e sensibilità e segue tutta la vicenda può anche avere strumenti suoi che vanno al di là del monitoraggio all'esterno ed entrano nel merito dei procedimenti e delle tecnologie usate per condizionare questi rifiuti.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Da questo punto di vista abbiamo chiesto ed ottenuto un incontro al Ministero dell'industria, perché l'ENEA e le questioni concernenti i materiali radioattivi sono sotto la vigilanza di quel Ministero. In quella sede l'ANPA ci offrì una serie di garanzie. Tra l'altro, come la Commissione sa, è stata anche gestita una campagna di rilevazione sui litorali della Calabria. Chiedemmo all'ANPA che quella indagine fosse estesa anche alla costa Lucana ed i risultati sono stati piuttosto confortanti.
Nel merito delle tecnologie da utilizzare per lo smaltimento dei rifiuti liquidi ad alta attività non possiamo che attenerci all'ordinamento nazionale che affida all'ANPA il compito di validare determinare procedure. Ritenendo quindi che un organismo tecnico di valenza nazionale meriti fiducia non abbiamo pensato di dotarci di specifici studi al riguardo, anche perché dal punto di vista normativo la regione non ha competenza. Ove mai noi ci convincessimo che il processo di smaltimento attraverso la cementificazione non fosse soddisfacente e viceversa questo procedimento fosse autorizzato dall'ANPA, l'autorità prevalente sarebbe l'ANPA, che ha appunto una specifica missione affidatale dalla legge.
PRESIDENTE. Mi scusi, stavo solo ipotizzando, come scenario non so quanto realistico, possibili atteggiamenti divergenti tra l'ANPA nazionale ed una eventuale ARPA locale che fosse interessata dal problema, il che lascerebbe in qualche misura impregiudicata la vicenda per come si sta svolgendo, secondo le osservazioni che stava ora facendo; stavo ipotizzando, dicevo, una divergenza di punti di vista, ma se l'ARPA regionale non è ancora in grado di svolgere il suo servizio, resta un discorso puramente teorico ed astratto.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Il servizio radioprotezione del presidio multizonale non ha segnalato problemi in relazione a questa attività di verifica e validazione da parte dell'ANPA. Resta un problema per l'ENEA ed esso riguarda l'individuazione del sito nazionale per lo stoccaggio di questi materiali inertizzati
PRESIDENTE. Questo più che un problema per l'ENEA è un problema a carattere nazionale. In particolare per questi materiali vi possono essere soluzioni positive transitorie e la Commissione si sta interessando anche di questi aspetti.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Vi è anche il problema dei fossili ancora potenzialmente attivi presenti; il Torio e non ricordo quali altri combustibili lì stoccati, che sono in attesa di conferimento sulla base di una precedente convenzione fra Italia e Stati Uniti
PRESIDENTE. Si sta riferendo alle barre di combustibile irraggiate ?
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Esatto. E' un problema rispetto al quale ENEA alza le mani e dice: occorre aspettare, è una questione che attiene a relazioni tra Stati, si sta discutendo con gli Stati Uniti perché vi era un impegno a riprendere questo materiale. Fatto sta che la questione non si è ancora risolta. Sappiamo che tutte le misure di cautela vengono adottate, che i fattori di rischio sono ridotti al minimo perché questi materiali vengono tenuti in condizioni ottimali, tuttavia è un problema di cui bisognerà occuparsi, così come, immagino, questo è un altro dei temi che abbiamo continuamente posto all'ENEA, occorrerà risolvere la questione delle fosse nelle quali furono depositati quei rifiuti radioattivi: un'attività di bonifica e messa in sicurezza che si rende comunque necessaria.
PRESIDENTE. Ho il sospetto che questo sia un problema di grande complessità perché l'aver seppellito in maniera francamente sperimentale - uso l'unico aggettivo che mi viene in mente come appropriato - materiali radioattivi di alta attività, probabilmente anche materiali fissili, in fosse di cemento che la Commissione ha avuto modo di vedere, pone un problema di soluzione tutt'altro che facile. E' bene che le autorità amministrative lo sappiano. Ciò è avvenuto in un'epoca pionieristica in cui si è proceduto in modo francamente, come ho detto, sperimentale e capire cosa si potrà fare è tutt'altro che semplice.
Passiamo ora all'ultima delle patate bollenti.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Sì, la questione petrolifera. Il problema ha due aspetti: le autorizzazioni già date in relazione ai pozzi della Val Basento che risalgono agli anni '60 e le questioni relative alle recenti esplorazioni minerarie.
Per quel che riguarda gli anni '60 si sono posti dei problemi nel senso che l'autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro un pozzo e le indagini sono ancora in corso per capire la natura delle reiniezioni.
PRESIDENTE. Questo aspetto ci è noto perché abbiamo avuto modo di ascoltare in una audizione i magistrati che se ne stanno occupando.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Abbiamo sospeso le autorizzazioni conferite. Abbiamo revocato immediatamente le autorizzazioni per la Val Basento. Per quanto riguarda invece le vicende Val d'Agri, le questioni in relazione alle attività ENI, che sta intervenendo in questa fase, ci sembrano sotto controllo. In regione abbiamo un osservatorio "ambiente e legalità" che opera dal 1997 al quale sono giunte segnalazioni in relazione a preoccupazioni o anche procedure improprie di smaltimento dei fanghi di depurazione; sono state attivate le procedure di controllo e verifica e le situazioni per le quali queste attività sono state completate offrono un quadro rassicurante perché sulla piattaforma i fanghi vengono inertizzati e poi conferiti in discarica.
Si è posto invece un problema per una piattaforma gestita da un privato con riferimento a procedure non corrette di gestione che hanno dato luogo ad un provvedimento immediato di sospensione dell'autorizzazione.
PRESIDENTE. Chi è il privato?
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. La Ecogeodrilling.
MICHELE VITA, Dirigente generale del dipartimento sicurezza sociale e politiche ambientali della regione Basilicata. Questa società gestiva l'impianto di trattamento dei fanghi di perforazione. L'autorizzazione è stata sospesa dalla regione in seguito a segnalazioni e denunzie in relazione a detto trattamento.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutore del contributo recato. A proposito delle prospezioni in Val d'Agri, la mia opinione è che indubbiamente esiste una qualche contraddizione - questo è anche il senso di molte denunzie ed esposti che sono giunti alla Commissione - in un'attività produttiva che al momento è di prospezione e ricerca ma che in futuro potrà diventare di produzione e coltivazione. Personalmente mi sembra contraddittoria un'attività del genere nel momento in cui in un provvedimento già approvato dalla Camera ed ora all'esame del Senato, di cui sono stato relatore, come peraltro prevede la legge nazionale per i parchi, abbiamo ripristinato la Val d'Agri come elemento essenziale del parco. E' vero che nessuno pensa ai parchi come a realtà imbalsamate, ma esistono anche compatibilità e risulta complesso pensare che in un possibile - perché la legge deve essere ancora approvata - parco si possano svolgere attività continuative di tipo produttivo ed estrattivo che sono sicuramente impattanti. Sempre a titolo personale, come parlamentare mi sento molto impegnato affinché l'ENI - ne ho già parlato con l'amministratore delegato - voglia considerare questi giacimenti come altri che riguardano altre prospezioni, ad esempio quelle in Adriatico, per altri tipi di idrocarburi, come riserve strategiche, dal momento che non mi sembra che i quantitativi coinvolti, per le stime che vengono fatte, siano tali da risolvere o dare comunque un contributo significativo ai problemi energetici italiani.
PIERLUIGI COPERCINI. Due veloci precisazioni. La Ecogeodrilling, che si occupava della cementificazione ed inertizzazione di questi fanghi di perforazione, è di Corigliano?
MICHELE VITA, Dirigente generale del dipartimento sicurezza sociale e politiche ambientali della regione Basilicata. E' di Paterno, in provincia di Potenza.
PIERLUIGI COPERCINI. Da quanto tempo è stato costruito l'impianto di compostaggio di Matera? Viene utilizzato a potenzialità piena? Chi l'ha costruito?
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. L'impianto di compostaggio di Matera è stato costruito con il FIO. Credo che i lavori siano stati completati pochi anni fa. Il soggetto attuatore era il comune di Matera; la regione non ha avuto una parte attiva in questo procedimento. Noi siamo intervenuti nel procedimento autorizzativo alla gestione; abbiamo dato precise prescrizioni in ordine alla verifica qualitativa del compost prodotto ed alle possibilità di impiego. Ora la questione l'abbiamo riassunta perché questo impianto lo stiamo valutando nel quadro della nuova regolamentazione. Devo però dire che l'impianto è abbastanza recente.
PIERLUIGI COPERCINI. Ricorda il nome del costruttore?
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. No.
GIOVANNI IULIANO. Cambiando un po' argomento, vorrei sapere come sta funzionando la vostra legge sulla valutazione di impatto ambientale.
FILIPPO BUBBICO, Assessore all'ambiente della regione Basilicata. Abbiamo maturato una esperienza sostanzialmente positiva da questo punto di vista. Al dipartimento ambiente esiste una struttura appositamente dedicata. Riusciamo a realizzare una notevole integrazione fra i diversi fattori disciplinari e riusciamo anche a concludere i procedimenti di valutazione in tempi piuttosto contenuti, tanto da esplicitare in relazione alla contrattazione programmata, i contratti di area, eccetera, la certezza che, in presenza di completezza di documentazione, il procedimento può concludersi in cinquanta giorni.
Abbiamo verificato anche che alcune cose andavano riviste. Siamo partiti da un'impostazione molto rigida, ma molto puntuale. Siamo passati, con un nuovo disegno di legge che porta a regime questa attività, anche sulla base dell'atto di indirizzo nazionale, ad assumere una dimensione territoriale ed areale. Faccio un esempio: nella prima stesura della legge si prevedeva che gli impianti dovessero essere sottoposti alla valutazione di impatto ambientale se una superficie coperta superasse i 4 mila metri; esistono parti del nostro territorio in cui la frammentazione della proprietà è tale per cui ciascuno di questi interventi veniva escluso dalle procedure di valutazione, anche se nell'insieme determinavano un impatto ambientale. Quindi, adottiamo un meccanismo che ci consente di esprimere una valutazione di insieme tale da fissare anche la soglia di sostenibilità nelle modificazioni dei regimi idrologici, eccetera, nonché di sviluppare poi l'attività in maniera puntuale in relazione al singolo manufatto. La nostra esperienza è positiva: la valutazione di impatto ambientale non costituisce un elemento di sovrastruttura o di appesantimento del procedimento autorizzativo. Questo percorso può essere ulteriormente ottimizzato riassorbendo, in un momento autorizzativo, anche altri aspetti, quali la parte relativa alla tutela paesaggistica, i vincoli previsti dalla legge n. 1497. Ciò è possibile farlo ricongiungendo in un unico momento tutto il percorso autorizzativo.
Per quanto concerne la Val d'Agri, noi non pensiamo che nei parchi si debba perforare ed estrarre idrocarburi, tant'è che da un anno abbiamo proposto al ministero sia la nostra ipotesi di perimetrazione del parco sia un altro problema, perché il patrimonio naturale non va tutelato solo quando è ricompreso nei parchi ma va anche valorizzato in relazione alle sue qualità intrinseche, indipendentemente dall'inclusione o esclusione nel perimetro del parco. Quindi, abbiamo voluto sconfiggere l'ipotesi per cui al di fuori del perimetro del parco si possa fare tutto. Abbiamo trovato una notevole disponibilità da parte delle strutture tecniche del ministero, segnatamente da parte del servizio VIA, quando abbiamo chiesto una valutazione di impatto ambientale non punto per punto ma sull'insieme d'area, affinché si potessero determinare i pesi negativi che si determinano nell'area.
Posso consegnare alla Commissione una scheda che esplicita l'attività dell'osservatorio ambiente-legalità, al fine di una valutazione statistica sulle tipologie di illegalità segnalate. Abbiamo anche adottato una legge regionale, nel 1995, con la quale impediamo l'ingresso di rifiuti da fuori regione. La legge non basta, non è sufficiente e a salvarci rispetto alla Corte d'Europa è stato il meccanismo di deroga che abbiamo previsto. Esiste il problema di un maggior controllo nelle relazioni tra regioni. Il divieto di ingresso di rifiuti comporterebbe un permesso per l'attraversamento della regione Basilicata soprattutto per chi voglia recarsi in qualsiasi parte della Calabria. Soprattutto le aree marginali della regione, a contatto con la Campania e con la Puglia, sono esposte a maggiori rischi di penetrazione criminale e di rilascio di rifiuti indistinti e indefiniti in luoghi deserti, cioè non custoditi.
Stiamo sviluppando un'attività di sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni comunali, perché pensiamo che il controllo legale del territorio costituisca uno dei fattori più significativi dal punto di vista della prevenzione. Stiamo sviluppando un rapporto molto positivo con il Corpo delle guardie forestali. Mi auguro che la vicenda nazionale in ordine ai destini di tale Corpo possa aiutarci a definire meglio con quali modalità ed intensità utilizzare questa risorsa per attività di presidio e di vigilanza del territorio.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo per tutta la documentazione e vi preghiamo di mantenere contatti con le strutture della Commissione per eventuali, ulteriori richieste.
Incontro con il presidente dell'associazione piccole e medie industrie.
PRESIDENTE. Come lei sa, la Commissione di inchiesta si interessa del ciclo dei rifiuti, delle eventuali attività illecite ad esso connesse e dei problemi degli operatori e delle imprese rispetto allo smaltimento stesso.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Associamo aziende nel settore manifatturiero e, in piccola parte, nel settore del legno, del tessile, dell'abbigliamento e della meccanica. In massima parte, sono imprese edili quelle che costituiscono l'ossatura dell'associazione, per cui per il 50 per cento il discorso riguarda queste ultime.
Sul tema dei rifiuti vi è un processo di aggiornamento nel settore delle industrie manifatturiere, in quanto stanno mettendo a punto una serie di depuratori, eccetera. Ricordo, per esempio, che alcuni anni fa vi è stato un problema per la frantumazione delle olive, in quanto i frantoi che svolgono un lavoro temporaneo, che si svolge solo in un breve periodo dell'anno, credo che fossero in massima parte abusivi. Ritengo che lo siano tuttora, per cui questo genere di rifiuti va spesso a finire in fogne normali, mentre invece potrebbe essere meglio utilizzato come concime. A Tito, per esempio, vi è una fornace che produce manufatti di terracotta e che utilizza scorie impastate insieme all'argilla perché il composto così ottenuto scorre meglio nelle trafile ed il prodotto è di livello più elevato. Prima i frantoi fornivano gratis queste scorie, ma adesso vogliono essere pagati. Quindi, ci sono anche problemi di questo tipo.
Le imprese edili hanno difficoltà maggiori nonostante producano rifiuti tutti riciclabili in quanto provenienti dalla ristrutturazione dei centri storici. Alcune componenti di questi rifiuti, pertanto, possono essere ben riciclate, mentre altre.....
PRESIDENTE. Lei sta dicendo che la maggior parte dei rifiuti delle imprese edili proviene dalla ristrutturazione dei centri storici. Ciò lascia intendere che, almeno per quanto riguarda la piccola e media cantieristica, l'attività predominante sia la ristrutturazione dei centri storici anziché la costruzione di nuovi edifici.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Da noi è stato così, anche a causa del sisma del 1980. Il centro storico è stato ricostruito completamente.
PRESIDENTE. E' vero, ma ormai siamo nel 1998, per cui....
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Ma ancora ci sono tanti lavori da fare.
PRESIDENTE. Questo tipo di vocazione della piccola cantieristica è legato ancora agli effetti della ricostruzione dal sisma del 1980, anziché alla ristrutturazione di siti urbanisticamente importanti, quali quelli del materano, per esempio?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Certo. Nel materano vi è un problema particolare, cioè il recupero dei Sassi.
Dicevo che in questa città non abbiamo una discarica, per cui si pone un problema per le imprese edili che demoliscono edifici nel centro storico. Noi, per esempio, ne abbiamo demolito uno qui vicino ed abbiamo depositato il materiale di risulta su un terreno di nostra proprietà: siamo stati denunciati per discarica abusiva. Cerchiamo di utilizzare tutto questo genere di rifiuti, trattandosi, spesso, di pietre lavorate che è difficile reperire, che hanno un valore. Adesso, per esempio, sto recuperando una bella scala di pietra lavica. Ma nel momento in cui andiamo a depositare su un terreno di nostra proprietà la Guardia forestale, un vicino o qualcun altro ci denunziano per discarica abusiva. Questo è un dato che va sottolineato e al quale la pubblica amministrazione non può sottrarsi, perché deve offrirci la possibilità.....
PRESIDENTE. Questi inerti, che hanno un loro valore, li conferiti in terreni non custoditi?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Generalmente si tratta di terreni agricoli.
PRESIDENTE. Altrimenti basterebbe pensare a un capannone.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Lo so, ma il capannone darebbe luogo ad altri problemi: se un'impresa edile ha la necessità di costruire i propri mezzi, dove può costruire un capannone? Si tratta di esigenze che ho sottoposto al sindaco prima che si insediasse al comune. I capannoni non possono essere costruiti nelle zone agricole né in quelle industriali. Quindi, si diventa abusivisti per necessità. Bisogna progettare una stalla per farla poi diventare un capannone?
PRESIDENTE. No, si può progettare una struttura mobile, non definitiva dove conferire temporaneamente questo tipo di materiale, soprattutto se, come lei dice, in molti casi è riutilizzabile.
GIOVANNI IULIANO. Ma non ci sono cave?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Sì, ci sono, ma con tutta una serie di problemi.
PRESIDENTE. Comunque, un'ipotesi può essere quella di costruire una struttura mobile coperta dove conferire la parte pregiata degli inerti, che può essere riutilizzata in una regione come la Basilicata che necessita tutt'ora di opere di ristrutturazione. Ovviamente, ciò non toglie che le amministrazioni debbano provvedere alla costruzione delle discariche.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Infatti, il problema si pone soprattutto per i rifiuti derivanti dalle nuove costruzioni, in quanto sono costituiti da guaine di asfalto o da altri prodotti che devono essere portati in discarica.
PRESIDENTE. Non vi è dubbio, infatti, che le amministrazioni debbano costruire discariche per gli inerti, però già si potrebbe attuare una differenziazione tra inerti derivanti da costruzioni moderne, che non configurano la possibilità di un forte riutilizzo, e inerti derivanti da ristrutturazioni che hanno, invece, un loro mercato.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. In una zona sismica come questa si fanno tanti tramezzi di cartongesso, ma nel momento in cui vengono smantellati non è facile smaltire il prodotto che ne deriva. In genere si ricorre a discariche di altre regioni. Personalmente, per smaltire un camioncino di rifiuti, ho pagato 19 milioni ad una ditta di Pescara. Ma le imprese possono sopportare spese di questo tipo? In quel caso si trattava di un mucchietto di rifiuti. Immagini quindi quanto si deve pagare quando si devono smaltire centinaia di metri cubi di rifiuti.
In merito a questo problema, quindi, credo che ognuno debba fare la propria parte, di modo che i costi siano compatibili per tutti, cioè per la società, per le imprese, per gli operatori e per i cittadini. E' bene che tutti salvaguardiamo il patrimonio dell'ambiente, ma il problema va fortemente regolamentato.
PRESIDENTE. Vi sono altri problemi in altri settori?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Le aziende del settore manifatturiero si stanno adeguando; ad esempio quelle del settore tipografico. Le nuove macchine, in genere, oggi ne hanno accanto un'altra che funge da depuratore. Questo avviene anche nel settore del legno ed in altri comparti. Nel settore meccanico vi sarebbe il problema degli oli, che vanno conservati
PRESIDENTE. E forse anche delle vernici?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Di questo non ho sentito parlare. So invece delle officine meccaniche che accumulano quintali e quintali di olio.
PRESIDENTE. Gli oli esausti, una volta stoccati, dovrebbero essere poi conferiti al consorzio obbligatorio.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Tutte queste cose hanno un costo.
PRESIDENTE. In realtà il consorzio obbligatorio deve ritirare gli oli gratuitamente.
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Si, non mi occupo in maniera specifica di questo settore. Lo stoccaggio comunque ha un costo.
GIOVANNI IULIANO. Nell'industria del legno di solito il truciolato viene riutilizzato e pressato. In qualche zona d'Italia, in particolare nel nord-est ma anche in Puglia, viene bruciato per produrre energia termica. Questo provoca qualche problema se il truciolato è verniciato, perché in questo caso si liberano prodotti tossici. Il problema si presenta anche in questa zona?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Credo di no. In realtà questo tipo di prodotto viene poco usato nelle aziende del legno della nostra zona, che in massima parte producono infissi e prodotti lamellari, per cui lavorano legno massello. Hanno come rifiuti i trucioli, ma non mi risulta questo problema.
PRESIDENTE. Lei ci diceva prima che il truciolato viene riutilizzato per produrre componenti dei mobili; quindi l'utilizzazione maggiore non è quella di alimentare qualche termo-combustore?
MARIO VASTA, Presidente dell'associazione piccole e medie industrie. Si, viene utilizzato per realizzare pannelli. Non abbiamo un forte settore di costruzione di mobili o di cucine. In questo senso non avvertiamo il problema di cui si è detto.
PRESIDENTE. La ringrazio nuovamente per il contributo recato.
Incontro con i rappresentanti delle associazioni ambientaliste.
PRESIDENTE. Saluto i nostri ospiti che sono i signori De Leo e Baldassarre in rappresentanza di Lega Ambiente, i signori Garramone e Bavusi del WWF. Suppongo che conosciate benissimo gli interessi, le competenze e la natura della nostra Commissione. Vi prego pertanto di esporre sinteticamente le vostre considerazioni, fermo restando la possibilità di integrarle con eventuale documentazione scritta che potrete inviare direttamente alla Commissione, per sottolineare i problemi che ritenete più importanti ed esporre le vostre idee e proposte sul tema della gestione dei rifiuti nella vostra regione.
GIANFRANCO DE LEO, Rappresentante di Lega Ambiente. I due grossi problemi che si pongono in Basilicata rispetto alla corretta gestione dei rifiuti, che pongono gravi pericoli per la regione e possono essere fonti di smaltimenti abusivi ed illeciti riguardano le aree industriali dismesse e le cave, anche quelle tuttora in attività. Rispetto a questi siti siamo molto preoccupati che possano verificarsi tentativi già realizzati in passato; ricordo in proposito quanto fu trovato qualche anno fa nella zona ionica a Policore in alcuni siti industriali abbandonati. Vi sono in Basilicata diverse aree industriali abbandonate, anche tra quelle realizzate dopo il terremoto; ad esempio quella di Tito nelle immediate vicinanze di Potenza dove alcuni capannoni abbandonati - penso alla ex liquichimica - sono stati utilizzati per interramento di rifiuti. In passato alcune ditte hanno agito in Basilicata per facilitare lo smaltimento di imprese industriali. Oggi abbiamo anche la situazione anch'essa poco controllata dei fanghi e detriti delle perforazioni petrolifere.
PRESIDENTE. Sulla prima parte delle preoccupazioni da lei espresse, desidero precisare che sia l'assessore all'ambiente, credo anche a nome dell'osservatorio, ha chiarito quali sono gli impegni assunti dall'amministrazione relativamente alla dismissione delle aree industriali ed al connesso problema dello smaltimento dei rifiuti. Dico questo per sottolineare l'impegno assunto dall'amministrazione regionale sul problema.
GIANFRANCO DE LEO, Rappresentante di Lega Ambiente. Questo è senz'altro positivo ma in Basilicata scontiamo una difficoltà oggettiva, quella di non aver assunto in passato, anche quando era possibile, una strategia diversa di gestione dei rifiuti. Penso alle 35-36 discariche di una regione così piccola cui non corrisponde una dotazione impiantistica di smaltimento e trattamento dei rifiuti che tranquillizzi rispetto alla possibilità di occultamenti, interramenti ed altri illeciti. Voglio anche ricordare che questa regione non riesce a smaltire i rifiuti che produce: dai dati del Ministero dell'ambiente del 1996 risulta che la regione continua a portare fuori il 40-45 per cento dei rifiuti industriali, cui si aggiunge sicuramente un altro 15-20 per cento di rifiuti di cui non si conosce il sito finale di smaltimento. La situazione appare dunque preoccupante ed è bene che l'amministrazione regionale metta in campo tutto quello che può in termini di quella programmazione, che in passato è mancata; però, sui fanghi e sui detriti di perforazione, sulle piattaforme di ricerca ed estrazione, posso ricordare quanto accaduto uno o due anni fa, quando la Ecogeodrilling è stata messa sotto sequestro dai NAS. Sono solo due le società che, quanto a trattamento dei rifiuti speciali, hanno attuato procedure illecite. L'altra società che si occupa di questo settore è la Semataf. Sempre in materia di estrazione del petrolio, vogliamo evidenziare la situazione della British Gas di Montegrosso, una località vicino a Potenza. Vi è una piattaforma petrolifera che è stata posta sotto sequestro. E' stato il Corpo forestale dello Stato che ha posto sotto sequestro questa discarica, tra l'altro in una foresta demaniale regionale. Voglio aggiungere che tutto questo movimento di perforazioni ed estrazioni petrolifere tocca territori
PRESIDENTE. Successivamente al sequestro operato in questa località, si è accertato poi di quali rifiuti si trattava?
GIANFRANCO DE LEO, Rappresentante di Lega Ambiente. Erano fanghi e detriti. Anche in località Pesticci il Corpo forestale dello Stato ha posto sotto sequestro il sito. Mi riprometto comunque di fornire alla Commissione una nota più esaustiva. Ricordo comunque le situazioni di San Fele e Tifo, Baraggiano, Muro Lucano, dove esistono situazioni contraddittorie o comunque equivoche, poco chiare.
A Genzano di Lucania, un'altra località in provincia di Potenza, nella comunità montana Alto Bradano, sono intervenuti i NOE di Bari, che non hanno però rilevato nulla di irregolare. Voglio però dire che può trattarsi di una situazione alquanto strana o comunque un modo nuovo di introdurre rifiuti tossici e nocivi e con metalli pesanti che nel caso della lavorazione della CAM-Puglia venivano impastati in argilla, cioè inertizzati per produrre mattoni. E' una forma giusta di recupero, ma al momento non si comprende quanti rifiuti vengono utilizzati in questo tipo di lavorazione. Siamo preoccupati che vi siano smaltimenti illegali in cave. I rifiuti provengono dalle concerie della Toscana.
Concludendo, credo vi siano troppe vicende oscure, poco chiare. Questo significa che va sicuramente rafforzato il potere di interdizione, verifica e controllo e a monte anche di prevenzione, fino a quando la regione Basilicata non si doterà di un piano regionale per la gestione dei rifiuti che recepisca le linee del decreto Ronchi, ricorrendo ad un'impiantistica e a tecnologie migliori e più sicure, già utilizzabili, eliminando al tempo stesso il diffuso fenomeno e comportamento di numerosissimi enti pubblici, e degli stessi comuni, che non gestiscono bene le loro discariche, per cui il percolato non è controllato e trabocca, con una autocombustione continua. Questo nelle discariche autorizzate e controllate. Figuriamoci cosa accade nelle microdiscariche presenti in certi territori! E' su questo aspetto, quindi, che deve intervenire il piano.
Ci chiediamo anche perché la Basilicata abbia 411 siti inquinati da bonificare: in gran parte vi sono depositati materiali edili, ma altri presentano situazioni gravi sviluppatesi grazie anche al poco controllo esercitato in passato, quando molti esponenti pubblici della regione Basilicata tendevano a minimizzare i rischi, il che ha consentito la massimalizzazione dei profitti per alcune società campane o pugliesi.
La regione Basilicata non presenta significativi fenomeni di ecomafia o una criminalità organizzata strutturata in questo settore, però può penetrarvi con facilità proprio perché contermine ad aree con una forte densità criminale. Abbiamo compiuto un'analisi in tal senso, in collaborazione con la regione Basilicata, anche attraverso l'osservatorio ambiente e legalità, che è un utile strumento di raccordo e di connessione tra le forze dell'ordine, che negli ultimi tre o quattro anni stanno agendo in maniera più efficace sul territorio.
Bisogna segnalare che spesso i reati ambientali sono anche reati finanziari: uno dei più gravi reati ambientali in Basilicata è riconducibile all'estrazione degli inerti negli alvei fluviali, in quanto non è affatto controllata. Anche in questo caso, quindi, la Guardia di Finanza e le altre forze dell'ordine dovrebbero controllare meglio.
GAETANO BALDASSARRE, Rappresentante di Lega Ambiente. Sono uno dei ricercatori dell'osservatorio ambiente e legalità, nonché rappresentante di Lega Ambiente.
In Basilicata l'estrazione di inerti costa ad una ditta 3 mila lire a metro cubo più il 20 per cento di IVA, ma spesso e volentieri nelle fatture, quando vi sono, si leggono prezzi che non corrispondono nemmeno ai costi minimi. Dunque, c'é qualcosa che non va. Per l'estrazione in alveo, per esempio, va detto che i controlli non sono facili da svolgere perché interesserebbero zone molte estese. Proprio per questo io stesso mi sono interessato a fare in modo che la forestale collabori con la Guardia di Finanza: la prima ha infatti una particolare competenza nel settore, mentre la seconda sa dove mettere le mani. Questa collaborazione, quindi, mi sembra il minimo indispensabile per chiudere il cerchio.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. Premetto che il mio intervento sarà abbastanza breve, perché abbiamo predisposto un dossier che lascio alla Commissione affinché possa esaminarlo.
Credo sia facilmente intuibile come la nostra regione si presti molto bene alle discariche abusive a causa della scarsa densità abitativa. Non voglio quindi soffermarmi su questo tipo di fenomeno, che comunque esiste, che è stato segnalato ma non risolto. Voglio invece stimolare la vostra attenzione sul problema della ricerca petrolifera in Basilicata, che rappresenta, tra l'altro, una peculiarità della regione. Vi è un dato che deve far riflettere: attualmente vi è un certo numero di pozzi attivi, alcuni dei quali svolgono ricerca, altri estrazione; in questo tipo di attività vi è una notevole quantità di acqua di processo che deve essere messa da qualche parte; ebbene, la regione ci ha assicurato che non è stata data nessuna autorizzazione alla reiniezione di quest'acqua. Non riusciamo quindi a capire dove finiscano l'acqua e i fanghi. E non si tratta di un problema da poco. Va anche messo in risalto il rischio che si corre con queste perforazione. Faccio un esempio: un pozzo situato nel territorio di Pisticci è stato utilizzato da compagnie dell'ENI per versamenti di sostanze tossiche e le analisi effettuate hanno riscontrato sostanze non naturali ma di sintesi ....
PRESIDENTE. Ciò è all'attenzione sia della magistratura sia di questa Commissione, che ha avuto modo di convocare in audizione i magistrati che stanno seguendo il caso.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. D'altra parte, vi sono anche casi in cui sono state individuate autocisterne che versano nei pozzi dismessi di alcune compagnie. A mio parere, il problema è serio, e visto che interessa società di livello internazionale credo che debba essere opportunamente osservato e verificato. In mancanza di dati è evidente la necessità di attuare verifiche e controlli, in assenza dei quali parleremo sempre di sospetti senza mai andare a verificare se, effettivamente, queste nostre tesi siano valide o no.
Per il resto, non ho niente da segnalare.
PRESIDENTE. Ribadisco che la Commissione d'inchiesta presta la massima attenzione su questi aspetti, mentre per ciò che attiene la questione più generale delle prospezioni e delle coltivazioni di idrocarburi, a parte la mia personale opinione, che ho avuto modo di esprimere poco fa all'assessore all'ambiente, è stato proprio quest'ultimo a ricordarci l'azione dell'amministrazione, tesa a non fermarsi soltanto a prospezioni che si svolgono in area di parco o di possibile parco, per così dire, ma a riguardare anche una valutazione più generale: anche dove non vi siano le salvaguardie previste dalle leggi di tutela, infatti, l'amministrazione ci ha detto di aver sollevato la questione presso il Ministero dell'ambiente, cioè se anche aree non tutelate non debbano poi essere sottoposte ad un regime produttivo, dal momento che potrebbero avere altre possibilità o altri scenari. Dunque, a parte il vostro rapporto diretto con l'amministrazione regionale, ci sembra che quest'ultima abbia manifestato una sensibilità particolare anche per ciò che riguarda eventuali attività produttive o estrattive in aree non tutelate dalla legge.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. Io sottolineavo il problema della legalità, che va posta sia in area vincolata sia in area non vincolata. Se in quest'ultima si utilizza un pozzo per la reiniezione di acque di processo, per fanghi, per rifiuti tossici si compie una illegalità. Non entro sull'uso del territorio, che è un fatto politico. Pongo il problema della legalità di questo tipo di smaltimento.
PRESIDENTE. Stavo appunto dicendo che l'amministrazione afferma di porsi su un terreno analogo ...
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. Non lo so. Manca l'autorizzazione per la reiniezione delle acque di processo. Dunque, perché non si controlla che fine fanno queste acque?
PRESIDENTE. E' stato molto chiaro e l'interrogativo è interessante.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. In una relazione dell'AGIP ho letto che le acque saranno mandate nel più vicino stabilimento di lavorazione. Ebbene, facendo il calcolo della quantità di acqua, ho calcolato che occorrerebbero circa 400 autobotti al giorno per trasportarla, per cui è assai probabile che costi molto di più il trasporto dell'estrazione.
PIERLUIGI COPERCINI. Come esperto di perforazioni, vorrei intervenire per tranquillizzare a proposito di certe operazioni tecniche, pur non sottacendo le effettive difficoltà di smaltimento a quest'ultime connesse.
Tutto il territorio nazionale è stato interessato da prospezioni, mediante le cosiddette linee di geofisica, per stabilire, con strumenti sempre più approfonditi, la consistenza, la configurazione e la conformazione del sottosuolo. Per definire il territorio a livello superficiale vi sono molti enti che non mettono a conoscenza gli altri delle notizie che hanno acquisito, mentre a livello di sottosuolo vi è una mappatura abbastanza nota. Quindi, quando qualche azienda, come la citata British Gas o l'Agip Petroli, parte per fare delle prospezioni, quest'ultime sono mirate perché vi è la fondata ragione tecnica che in quella zona vi sia qualcosa che, naturalmente, perforando si può intercettare o meno. Se la perforazione è fatta bene, i fluidi di per sé non sono pericolosi (i famosi fanghi bentonitici sono acqua mescolata ad argilla finissima), non rappresentano un fattore inquinante micidiale. Il fatto è che si va ad iniettare bentonite in continuazione in una falda idrica che si intercetta. A questo proposito, i pozzi vanno cementati, e se la cementazione è fatta bene, con pompe ad altissima pressione - si arriva a 20 mila PSI - il pozzo di per sé non rappresenta un fattore inquinante, a meno che non venga ben cementato, come nel caso di quelli di normale utilizzazione per ricerca idrica: se i pozzi mettono in comunicazione più falde idriche, i fattori inquinanti della falda superficiale vengono in comunicazione con quelle sottostanti provocando un inquinamento progressivo che nella pianura padana ha raggiunto i 100 metri circa per la bevibilità dell'acqua. Al Nord, quindi, siamo in condizioni abbastanza disperate. Mi sembra, invece, che qui si utilizzi ancora la tecnica di perforazione, per i pozzi idrici, a grande diametro, che è meno inquinante.
Per quanto riguarda i fanghi bentonitici, se in falda non si viene in comunicazione con idrocarburi o quant'altro, vengono decantati in continuazione, per cui l'acqua di processo è sempre la stessa e una volta che si è sedimentata viene centrifugata, filtrata, eccetera. Questo per dire che le 400 botti di cui lei ha parlato non corrispondono a verità, nel senso che l'acqua che gira è sempre quella.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. Sono dati dell'AGIP, non miei.
PIERLUIGI COPERCINI. Può darsi che sia così per un certo periodo. Però il ricircolo è la tecnica più usata. I fanghi bentonitici, se non sono inquinati da idrocarburi pescati nel sottosuolo, di per sé non rappresentano un grande fattore inquinante perché, come ho detto, si tratta di fango d'argilla che può essere neutralizzato abbastanza bene.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. Si, ma ci sono altre acque oltre a quelle della perforazione. In questo caso stanno estraendo ...
PIERLUIGI COPERCINI. Quello è un altro problema. Io dico che la prospezione dobbiamo pur farla, perché per fare il piano energetico dobbiamo sapere dove sono le risorse, e pare che il giacimento abbia una notevole estensione. La British Gas è una società che in genere lavora con criteri americani, per cui è abbastanza precisa. In ogni modo, ciò che fa deve essere controllato dagli enti locali.
ALBANO GARRAMONE, Rappresentante del WWF. Io ne faccio un problema di legalità: il pozzo della British non ha il nulla osta, non ha neanche un'autorizzazione!
PIERLUIGI COPERCINI. E' un problema che riguarda gli enti locali.
Al signor Baldassarre, che ha parlato delle estrazioni in alveo, vorrei chiedere se da queste parti esista un'autorità di bacino.
GAETANO BALDASSARRE, Rappresentante di Lega Ambiente. Sulla carta si, in realtà no.
PIERLUIGI COPERCINI. E' stato fatto un piano di bacino?
GAETANO BALDASSARRE, Rappresentante di Lega Ambiente. No, non c'é niente.
PIERLUIGI COPERCINI. Comunque, queste estrazioni in alveo e in subalveo avvengono in maniera indiscriminata, passiva: un'autorizzazione per mezzo milioni di metri cubi diventa infinita. Per sabbie che utilizzano le turbodraghe si va ad incidere anche sulle opere di difesa idrauliche: si comincia a pescare nel sottosuolo, si collassa il terreno e si provocano cedimenti progressivi. Anche in questo caso è un problema di autorizzazioni, nel senso che l'ente locale non può consentire lo scavo nelle vicinanze di un manufatto che attraversa un ponte, perché si sa che un'autorizzazione di qualche centinaia di metri cubi diventa poi per milioni di metri cubi. Ciò avviene comunque e dovunque se non vi è un controllo del territorio.
GAETANO BALDASSARRE, Rappresentante di Lega Ambiente. Diventa un fatto normale.
ANTONIO BAVUSI, Rappresentante del WWF. Le considerazioni fatte attenevano alla legalità, ma non vogliamo entrare su un terreno, quello politico, a proposito del quale oggi si potrebbero dire molte cose circa le scelte energetiche e i modelli di sviluppo, per esempio. Molto si potrebbe dire anche a proposito di ciò che si sta facendo sulle scelte petrolifere e su cosa si è fatto prima sul nucleare.
Attualmente, però, la legalità e l'illegalità circa le reiniezioni costituiscono un filo molto delicato. Bisogna infatti considerare che si tratta di pozzi in unità geologiche profonde che si prestano molto bene ad un certo tipo di smaltimento. I controlli, quindi, non possono essere solo degli enti locali. La vigilanza e la sorveglianza dovrebbero competere non solo ai competenti Ministeri dell'industria e dell'artigianato ma anche a quello dell'ambiente. Qui è successo nel pozzo Grottole 11, ma non è detto che non possa succedere ad altri pozzi dismessi, che nella regione sono più di 400 (tutta l'ex area ENI della Val Basento). Molti pozzi si stanno realizzando anche adesso e le perforazioni sono fatte da società private, come lo è l'ENI, che persegue i suoi fini. Bisogna fare considerazioni di sorveglianza e vigilanza, di intensificazione dei controlli su strada delle autobotti e soprattutto di vigilanza e sorveglianza nelle aree di perforazione.
PRESIDENTE. Torno a ripetere che per quel che riguarda gli aspetti pregressi, cioè i vecchi pozzi e le ipotesi di reimmissione di fanghi o comunque di materiali pericolosi, anche esterni alla lavorazione dei pozzi, è in corso l'attività della magistratura, della quale siamo pienamente al corrente.
Per quel che riguarda le nuove prospezioni, la Commissione d'inchiesta è naturalmente attenta a questo aspetto e avendo per fortuna anche natura politica può tranquillamente esercitare le sue funzioni di indirizzo nei confronti del Parlamento e del Governo. Questo è quello che possiamo fare, segnalando poi nella relazione che faremo come atto di indirizzo i problemi che voi stessi avete sottolineato alla nostra attenzione. Di nuovo grazie.
Gli incontri terminano alle 17.