Commissione parlamentare per le questioni regionali

Parere espresso, nella seduta del 26 febbraio 1998, sullo schema di decreto legislativo recante la riforma della disciplina in materia di commercio, in attuazione della delega conferita dall’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59

 

"La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

  1. esaminato lo schema di decreto legislativo recante la riforma della disciplina in materia di commercio;
  2. considerato che lo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo risponde in termini generali alle finalità previste dall’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59, con cui il Governo medesimo è stato delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per ridefinire, riordinare e razionalizzare la disciplina in materia di commercio, in relazione all’obiettivo del contenimento dei prezzi e dell’efficienza della rete distributiva;
  3. considerato che l’attuale quadro normativo sul commercio, tuttora risalente alla legge n. 426 del 1971, risulta inadeguato ad affrontare con efficacia i problemi di una rete distributiva che nel corso degli ultimi anni si è modificata sia in termini strutturali che in termini di riorganizzazione dell’impresa e di tecniche di gestione;
  4. considerato che il Governo con lo schema di decreto in esame delinea una nuova disciplina che appare idonea a garantire le condizioni per uno sviluppo equilibrato della rete distributiva che sia in grado di affrontare con efficacia le esigenze di un mercato in continua evoluzione, mantenendo ferma la garanzia della libera concorrenza e della tutela del consumatore;
  5. considerato che a tali fini lo schema di decreto affida allo Stato il compito di definire i principi di ordine generale ed il controllo e il coordinamento sulla loro corretta applicazione, mentre alle Regioni viene devoluta la funzione di centro programmatorio dell’attività commerciale nel suo complesso, riservando poi agli enti locali, oltre ad un analogo ruolo di programmazione nello specifico ambito territoriale, competenze specifiche ed esecutive in relazione alla situazione socio-economica e territoriale, congiungendole direttamente agli obiettivi della pianificazione territoriale ed urbanistica;
  6. valutata l’opportunità, nell’ambito delle competenze proprie della Commissione e stante l’ampiezza e la profondità dell’intervento normativo in esame, di incentrare le proprie valutazioni prevalentemente sugli aspetti che concernono le funzioni e i compiti assegnati alle regioni ed agli enti locali – nonché i reciproci rapporti - , e ravvisando tali aspetti nel titolo I, limitatamente agli articoli 1 e 4, nei titoli II, III e IV, nell’articolo 15, comma 6, del titolo V, nel titolo VIII, nel titolo IX, limitatamente all’articolo 25, nel titolo X, limitatamente all’articolo 28, nonché nel titolo XI;

ESPRIME PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

1 – L’articolo 1, comma 2, qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale i principi desumibili dalle disposizioni recate dal decreto. Ciò pare costituire un eccesso di delega, in quanto la normativa delegante non prevede tale facoltà e non è estesa alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano. Pertanto si propone di cancellare la qualificazione di norme fondamentali di riforma economico-sociale recata dall’articolo 1, comma 2, e di esplicitare nel medesimo comma 2 che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvederanno in materia con norme di attuazione, sulla base di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

2 – Tra le finalità richiamate dall’articolo 1, comma 3, va richiamata anche quella del contenimento dei prezzi, secondo quanto espressamente prevede la legge delega.

3 – Stante la necessità di graduare l’impatto della nuova disciplina sulla rete commerciale esistente, andrebbero previste norme più flessibili rispetto a quanto ora prevede l’articolo 4, 1° comma. Pertanto si dovrebbe affidare alle regioni ed alle autonomie locali la facoltà di scegliere tra un range di superficie degli esercizi – sia per quelli di vicinato, che per le medie e grandi strutture di vendita – da correlare alla classe demografica dei comuni interessati.

4 – All’articolo 4, comma 2, lettera f), va previsto che dell’attività di vendita ovvero di fornitura da parte degli artigiani sia data comunicazione, da parte degli interessati, al comune nel cui territorio sono ubicati i locali.

5 – Nell’ambito delle modalità di organizzazione dei corsi di aggiornamento previsti dall’articolo 5, comma 6, le regioni potrebbero fare anche riferimento, per il settore non alimentare, a gruppi merceologici omogenei.

6 – All’articolo 5, comma 7, tra i requisiti di accesso all’attività commerciale va ricompreso anche il possesso del titolo di studio della scuola dell’obbligo.

7 – All’articolo 6, comma 1, andrebbe modificato, prevedendosi, invece del potere delle regioni di "disciplinare" l’insediamento delle attività commerciali, quello di "definire indirizzi generali e criteri di programmazione" per il medesimo fine. 

8 – All’articolo 6, comma 1, lettera a), si dovrebbero aggiungere in fine le seguenti parole: ", tenendo conto anche dei tempi di percorrenza dei cittadini per raggiungere gli esercizi commerciali;".

9 – All’articolo 6, comma 1, la lettera g) dovrebbe ricomprendere, tra i soggetti di cui le regioni si avvalgono per assicurare un sistema di monitoraggio della rete distributiva, anche i comuni.

10 – All’articolo 6, comma 2, il compito ivi previsto per le regioni di dettare le norme urbanistiche per il settore commerciale andrebbe sostituito, in linea con i principi generali del provvedimento, con il compito di "fissare i criteri di programmazione urbanistica" per il medesimo settore.

11 – All’articolo 6, comma 2, la lettera a) andrebbe riformulata nel modo seguente: "a) le aree da destinare ad insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;".

12 – All’articolo 6, comma 2, la lettera c) andrebbe riformulata come segue: "c) i vincoli di natura urbanistica, ed in particolare quelli inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita".

13 – All’articolo 6, comma 2, la lettera d) sembra di difficile applicabilità, poiché il prevedere il diniego della concessione (o autorizzazione) edilizia in assenza dell’autorizzazione della struttura di vendita sembra non tenere conto che le fasi dell’edificazione e della richiesta di inizio dell’attività commerciale, oltre a svolgersi frequentemente in fasi temporali anche molto distanti tra loro, possono far capo a soggetti diversi. La lettera andrebbe pertanto riformulata, onde evitare che da essa, come attualmente scritta, derivi un effetto contraddittorio in base al quale l’autorizzazione commerciale non viene rilasciata poiché non esiste l’immobile, per la cui concessione ad edificare occorre però l’autorizzazione commerciale medesima. Appare a tal fine necessario che il provvedimento della concessione (o autorizzazione) edilizia e quello dell’autorizzazione commerciale siano correlati tra loro.

14 – Nell’ambito dell’attività di programmazione degli insediamenti commerciali, prevista dall’articolo 6, comma 3, appare necessario che le regioni prevedano il coinvolgimento (in ipotesi mediante la consultazione obbligatoria) del soggetto comunale interessato, vale a dire il comune metropolitano quanto alla lettera a), i comuni contermini per le aree sovracomunali quanto alla lettera b), il comune al cui interno si situa il centro storico per la lettera c) ed, infine, i centri minori quanto alla lettera d).

15 – All’articolo 6, comma 4, le modalità di consultazione ivi previste per l’attuazione delle disposizioni dell’intero articolo 6 dovrebbero tutte svolgersi – in aggiunta a quanto già rilevato nell’osservazione che precede – mediante il "parere obbligatorio" delle organizzazioni considerate nel comma 4 medesimo.

16 – In relazione a quanto prevede l’articolo 6, comma 6, si invita il Governo ad adoperarsi affinchè sui piani presentati dai comuni le regioni concludano l’iter di propria competenza perentoriamente entro i termini stabiliti dalle rispettivi leggi urbanistiche regionali.

17 – All’articolo 7, comma 1, il termine di 30 giorni ivi previsto va sostituito con un termine di 60 giorni.

18 – Nelle comunicazioni previste dall’articolo 7, comma 3, lettera c), dall’articolo 8, comma 2, lettera b) (erroneamente indicata, nello schema di decreto, come lettera a), nonché dall’articolo 9, comma 2, lettera b), andrebbe prevista, oltre al settore merceologico ed all’ubicazione, anche la superficie dell’esercizio di vendita.

19 – All’articolo 7, comma 4, la condizione dell’esclusione del servizio di somministrazione andrebbe meglio formulata, nei seguenti termini: "a condizione che non siano utilizzati impianti o attrezzature finalizzate al consumo sul posto dei prodotti acquistati".

20 – Al fine di chiarire meglio l’automatismo autorizzativo derivante dalla concentrazione dell’attività, previsto dall’articolo 8, comma 5, il comma medesimo andrebbe riformulato prevedendosi che in caso di concentrazione dell’attività di due o più esercizi di vicinato, operanti nello stesso comune da almeno tre anni ed autorizzati ai sensi dell’articolo 24 della legge n. 426 del 1971, alla data di pubblicazione del presente decreto, per la vendita di beni di largo e generale consumo, non possa essere negata l’autorizzazione all’apertura di una media struttura di vendita avente una superficie uguale alla somma dei limiti massimi di cui al comma 1, lettera d) dell’articolo 4, tenuto conto del numero degli esercizi accorpati. Deve in ogni caso prevedersi che la nuova struttura sia compatibile con le vigenti disposizioni urbanistiche.

21 – Dopo l’articolo 8, comma 5, e dopo l’articolo 9, comma 4, valuti il Governo l’inserimento di una apposita disposizione, con numerazione rispettivamente di comma 6 e comma 5, che preveda quanto segue: "L’autorizzazione all’ampliamento non può essere negata qualora la superficie di vendita aumenti in misura non superiore al 20 per cento rispetto alla superficie originaria. Per tale autorizzazione, che va consentita per un solo ampliamento, deve comunque verificarsi che la nuova struttura sia compatibile con le vigenti disposizioni urbanistiche.".

22 – All’articolo 9, comma 4, l’espressione "Il comune delibera" andrebbe sostituita, ai fini del rispetto delle competenze necessarie per le procedure sulle grandi strutture di vendita, con le parole "La regione adotta".

23 – All’articolo 10, comma 1, lettera a), le agevolazioni finanziarie affidate alle regioni andrebbero meglio articolate, in relazione alle competenze proprie anche degli enti locali. L’ultimo periodo della lettera a) andrebbe pertanto così riformulato: "Per queste aree le regioni possono prevedere l’esenzione di tali attività da tributi regionali; per tali esercizi gli enti locali possono stabilire particolari agevolazioni, fino all’esenzione, per i tributi di loro competenza".

24 – Occorre riconoscere ai comuni, in base al principio di sussidiarietà, la competenza ad emanare i criteri per il raggiungimento delle finalità di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 10. Va altresì precisato che per la determinazione dei criteri per valutare l’impatto dell’apertura degli esercizi di vicinato sulla rete distributiva locale, almeno limitatamente ai generi di largo e generale consumo, deve essere riconosciuta anche ai comuni, con l’espressa definizione di quali siano gli effetti di detta valutazione, se sospensivi, inibitivi, etc.

25 – All’articolo 10, comma 1, lettera c), al fine di porre un termine certo al periodo transitorio nel corso del quale persiste un potere autorizzatorio comunale, va stabilito che il periodo di due anni previsto nella lettera c) medesima decorre immediatamente non oltre allo spirare del termine annuale previsto dal 1° comma dell’articolo 6 per la programmazione della rete distributiva.

26 – Ferma restando la competenza regionale in ordine ai criteri di determinazione degli orari previsti dall’articolo 11, occorre prevedere comunque una presenza obbligatoria (mediante la consultazione) del sindaco del comune interessato, cui spetta, in base alla normativa vigente sulle autonomie locali, una competenza generale sui tempi e sugli orari comunali. Si segnala pertanto la necessità di modificare conseguentemente i commi 1 e 4 dell’articolo. Per le identiche motivazioni, andrebbe riformulato il comma 5, affidando una funzione programmatoria al sindaco (o ai sindaci, nel caso delle grandi aree metropolitane o nei bacini di utenza sovracomunali) per le deroghe agli orari in esame.

27 – All’articolo 12, comma 3), va previsto che l’individuazione, da parte delle regioni, delle zone o dei comuni ivi indicati avvenga sentiti i rappresentanti dei comuni interessati (anche contermini, ove necessario), delle organizzazioni di tutela dei consumatori e delle organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative.

28 – All’articolo 13, comma 1, dopo la frase "gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, le stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali", aggiungere le seguenti parole: ",a condizione che, limitatamente agli esercizi di media e grande superficie, da ciò non derivino situazioni di vantaggio concorrenziale nel mercato commerciale rispetto agli altri operatori che effettuano analoghe attività di vendita, secondo una valutazione da effettuarsi da parte della regione, sentito il comune competente per territorio." Al medesimo comma va soppressa la parola "mobili,".

29 – All’articolo 13, comma 1, alle attività cui non si applicano le disposizioni recate dal titolo IV vanno aggiunte quelle effettuate da esercizi posti in aree o edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale.

30 – All’articolo 15 va previsto che le regioni, nel disciplinare le modalità di svolgimento delle vendite straordinarie sentano obbligatoriamente i comuni.

31 – All’articolo 22, commi 4 e 5, valuti il Governo l’opportunità di includere, tra le cause di revoca dell’apertura della media o grande struttura di vendita, nonché di chiusura dell’esercizio di vicinato, la violazione delle prescrizioni in materia sanitaria per la vendita di beni alimentari .

32 – All’articolo 22, comma 6, occorrerebbe stabilire che l’intero ammontare delle sanzioni previste dal medesimo articolo competa al comune in cui hanno luogo le violazioni; analoga modifica andrebbe operata all’articolo 29, comma 5.

33 – Valuti il Governo se non sia opportuno aumentare il periodo temporale previsto dall’articolo 25, comma 5, fermo restando che tale aumento dovrà avere efficacia circoscritta al medesimo comma 5.

34 – All’articolo 25, comma 3, occorre precisare che le domande da esaminare e decidere con provvedimento espresso sono solo quelle la cui istruttoria risulta completa alla data del 16 gennaio 1998, secondo attestazione del responsabile del procedimento.

35 – All’articolo 28, comma 6, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sulle aree pubbliche andrebbe limitata alle sole regioni contermini a quella cui appartiene il comune che ha rilasciato l’autorizzazione medesima.

35 – All’articolo 28, comma 14, la consultazione da parte della regione nei confronti dei rappresentanti degli enti locali va specificamente previsto che avvenga mediante l’acquisizione di un parere obbligatorio.

37 – All’articolo 31, primo periodo, va eliminata la parola "amministrative". Nel medesimo periodo, le parole 60 giorni vanno sostituite con le parole 120 giorni."

Ritorno alla home page della Commissione Questioni Regionali