Commissione parlamentare per l'infanzia

PIANO NAZIONALE DI AZIONE E DI
INTERVENTI PER LA TUTELA DEI DIRITTI E
LO SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA
2002-2004

Parte prima

1. Premessa

Con il Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004 il Governo conferma l’attenzione ai bambini e agli adolescenti come punto di partenza di ogni progetto politico teso a sviluppare il "sociale" in un’ottica di evoluzione, programmata sui mutamenti culturali e di costume.

E’ il secondo Piano Nazionale da quando è in vigore la legge 23 dicembre 1997, n 451 "Istituzione della Commissione Parlamentare per l’infanzia e dell’Osservatorio Nazionale per l’infanzia".
Le linee strategiche e le priorità individuate dal Governo in questo Piano discendono sia dal lavoro svolto nei mesi scorsi dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, sia dalla verifica delle azioni e delle iniziative realizzate nel periodo giugno 2000-giugno 2002 svolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Centro nazionale di documentazione e Analisi sull’infanzia e l’adolescenza e con tutte le Pubbliche Amministrazioni coinvolte nelle "politiche a misura di bambino".

2. Attuazione del Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000 - 2001

Il monitoraggio sull’attuazione del precedente Piano mostra come il periodo 2000-2002 sia stato ricco di interventi legislativi e di azioni a favore dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia, stimolati, soprattutto, dalla progettazione "partecipata" e dai finanziamenti della Legge 28 agosto 1997, n 285 "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza.

2.1 Interventi legislativi e Convenzione Onu

In tema di riconoscimento dei diritti è in discussione al Parlamento il disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei bambini, sono in corso di esame due disegni di legge sull’ascolto dei minori non solo nei procedimenti giudiziari ma anche in quelli amministrativi (in attuazione della Convenzione europea sull’ascolto dei minori) In tema di organi di tutela il progetto di legge n 2 517 "Misure urgenti e delega al Governo in materia di diritto di famiglia e dei minori" e il progetto di legge n 2 501 "Modifiche alla composizione ed alle competenze del tribunale penale per i minorenni" di iniziativa governativa si propongono di attuare una riforma organica della magistratura minorile.
E’ stato presentato un disegno di legge sull’istituzione del pubblico tutore dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, uffici di tutela minorili e difensori dei diritti dei bambini.

2.2 Il miglioramento delle condizioni di vita dei minori

Attraverso la Legge 285/97 si sono avviate azioni di rilancio, monitoraggio e valutazione sui programmi sviluppati con la legge n 285/97, azioni di sostegno alle aree prioritarie nell’applicazione della legge 285/97 e progetti 285 volti a sostenere le relazioni familiari del minore.
Un manuale sulla metodologia di piano è stato realizzato per aiutare gli Enti locali a utilizzare la legge n 285/1997 e per sviluppare progetti innovativi nel campo dei servizi.
Il sostegno alle famiglie si è attuato attraverso azioni di diffusione della conoscenza nel paese sulla nuova legge dei congedi parentali (L 53/2000), la valutazione della sperimentazione in atto in materia di reddito minimo di Inserimento, una campagna informativa rivolta alle famiglie sui diritti dell’infanzia.
Numerosi sono gli interventi di sviluppo in tema di fruizione degli spazi la promozione del progetto Città sostenibili delle bambine e dei bambini, dei progetti per la fruizione dei beni artistici rivolti ai minori, dei "Contratti di quartiere", dei "progetti 285" sui temi del rapporto tra infanzia e ambiente urbano.
I servizi alla persona e il sostegno allo sviluppo dei servizi innovativi a favore della famiglia e dei minori passa in primo luogo per l’approvazione del disegno di legge sui servizi educativi per i bambini di età inferiore ai tre anni
L’art 70 della Legge 28 dicembre 2001, n 448 (Finanziaria 2002) ha istituito un Fondo per gli asili nido (fissato in 50 milioni di euro per l’anno 2002, 100 milioni di euro per l’anno 2003 e 150 milioni di euro per l’anno 2004), che deve essere ripartito alle Regioni dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sentita la Conferenza Unificata Stato- Regioni - Città Le Regioni, poi, provvedono a ripartire le risorse finanziarie tra i comuni, singoli o associati che ne fanno richiesta per la costruzione e la gestione degli asili nido nonché di micro-nidi nei luoghi di lavoro.
In secondo luogo è stata svolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la collaborazione del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’infanzia e l’Adolescenza un’indagine sulla presenza dei servizi per l’infanzia sul territorio nazionale.
Sono stati definiti indirizzi e individuate azioni di supporto per iniziative di formazione e sperimentazione delle figure tecniche di sistema a sostegno della qualità dei servizi.
Sono state elaborate linee di indirizzo ed azioni di promozione per sostenere l’attivazione e l’utilizzo di fondi europei da parte degli enti di governo locale e dei soggetti del privato sociale.
Sono state promosse iniziative di formazione congiunta - attraverso azioni coordinate e concertate tra Ministeri e tra essi e le Regioni - rivolte agli operatori dei servizi sociali, sanitari e educativi.
La definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e il Piano Nazionale Sanitario 2002-2004 garantisce un livello essenziale ed appropriato di assistenza ostetrica e pediatrica neonatologica, garantisce che il bambino sia curato in ospedale soltanto nel caso in cui l’assistenza di cui ha bisogno non possa essere fornita a pari livello a domicilio o presso ambulatori, garantisce adeguata assistenza al bambino con malattie croniche e disabilitanti, accentuando la tendenza alla deospedalizzazione con adeguati piani di assistenza sul territorio, assicura in ogni ospedale delle aree a cui possano accedere, in condizioni di urgenza-emergenza, i minori e attivare in ambito regionale strutture ospedaliere di riferimento per l’urgenza-emergenza pediatrica.

2.3 Interventi per l’adolescenza

La "cittadinanza attiva" è stata attuata attraverso la promozione della conoscenza da parte degli studenti dello Statuto degli studenti della scuola secondaria e delle Consulte provinciali degli studenti, il sostegno e la valorizzazione dei luoghi di aggregazione giovanile spontanea, la promozione dell’educazione itinerante (educatori di strada), la promozione della messa in rete dei servizi scolastici ed extrascolastici e delle risorse sul territorio, la promozione di strumenti di partecipazione quali lo statuto cittadino degli adolescenti, i referendum consultivi locali, la conferenza annuale cittadina sull’adolescenza, i patti per l’uso del territorio.
Per la prevenzione del disagio adolescenziale si sono sostenute azioni di promozione di "Spazi Giovani" nei luoghi di aggregazione spontanea, orientati alla prevenzione, informazione ed educazione sanitaria in cui siano privilegiati interventi a carattere psicologico e formativo.
Si è realizzato con la riforma del sistema scolastico un sistema formativo integrato scuola - formazione professionale — lavoro e assicurata, per l’avvio al mondo del lavoro, la disponibilità di strutture di conoscenza e di informazione Viene incentivato il processo di individuazione delle competenze all’interno di un sistema di crediti didattici e formativi.
Sono state realizzate nuove forme di coinvolgimento della famiglia, in particolare dando piena attuazione alla riforma degli Organi collegiali Sono state ampliate, nella scuola, le finalità e la metodologia dell’educazione alla salute anche attraverso un coordinamento con i servizi che operano nella scuola (quali i Sert, i servizi dì salute mentale, la riabilitazione dell’età evolutiva, la pediatria di comunità).
Il miglioramento delle condizioni di vita degli adolescenti è partito dall’approfondimento dei fenomeni del "disagio dell’agio" e della violenza degli adolescenti (bullismo, violenza negli stadi, bande).
Si è operato per ridurre l’abbandono scolastico, per estendere e sostenere corsi di recupero per i giovani che intendano riprendere la formazione scolastica e potenziare le opportunità formative per i minori prosciolti dall’obbligo scolastico, ma con alle spalle un’esperienza scolastica sofferente e mortificata Sono monitorate le situazioni di disagio giovanile ed è stata effettuata una formazione specifica degli insegnanti.
Sono stati incrementare, nei confronti dei giovani coinvolti in comportamenti penalmente rilevanti, interventi di risocializzazione anche attraverso l’esperienza della mediazione penale.

2.4 La tutela a favore di minori vittime di abusi e sfruttamento sessuale

Contro le violenze sessuali di cui sono vittime i minori si è realizzata un’intensa attività di coordinamento delle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione, l’assistenza anche in sede legale e la tutela dei minori vittime di sfruttamento sessuale.
Per la prevenzione del fenomeno si è incrementata l’azione dei nuclei di polizia giudiziaria istituiti presso le questure e la collaborazione con analoghi organismi esistenti negli altri Paesi europei.
E’ stata continuamente monitorata l’attuazione della Legge 3 agosto 1998, n 269 "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù" E’ stata avviata una Campagna di informazione e sensibilizzazione rivolta a tutti i genitori, finalizzata alla valorizzazione della maternità e paternità
Contro i maltrattamenti e gli abusi nei confronti dei minori si è proceduto al reperimento dei dati relativi al fenomeno ed alla mappatura dei servizi e delle risorse disponibili per gli interventi di prevenzione e contrasto.
Si sono realizzate campagne di sensibilizzazione e di formazione specifica di concerto tra diversi Ministeri nei confronti dei professionisti che hanno particolari rapporti con l’infanzia.
Si è promossa la stipula di protocolli di intesa tra le varie istituzioni che si occupano del problema.
Si è avviata la riqualificazione del sistema delle accoglienze residenziali per minori attraverso la fissazione di standard e linee operative.
E’ stata sostenuta l’attivazione di servizi attraverso l’adozione di interventi integrati sociosanitari e socioeducativi con équipe territoriali di raccordo specializzate..
In tema di sfruttamento dei minori sul lavoro si è proseguita la lotta contro le forme più intollerabili di lavoro minorile e contro il lavoro nero degli adolescenti attuando un’azione sinergica tra ispettorati di lavoro, pubblica sicurezza, insegnanti e società civile tutta.
Si sono promossi programmi di sostegno alla frequenza scolastica, con la previsione di forme flessibili di rientro a scuola e percorsi di formazione mirati, con metodi e forme di apprendimento che possano vincere l’atteggiamento di scarsa motivazione dei ragazzi che hanno sperimentato insuccessi scolastici.
Si è riformulato un sistema formativo flessibile che consenta processi di sinergia tra scuola e lavoro e/o esperienze di alternanza scuola-lavoro nel ciclo secondario.
Si sono promosse campagne di informazione per la promozione della formazione (in particolare il sostegno all’esperienza dei "maestri di strada").
Si è sostenuta l’autonomia scolastica che permette di far fronte alle diversità del fenomeno nei differenti territori e la formazione degli operatori che, in diversi settori, si occupano della problematica, in particolare degli ispettori del lavoro, degli assistenti sociali, degli educatori, degli insegnanti, ma anche degli agenti di pubblica sicurezza.

2.5 Gli interventi di tutela e protezione dei minori stranieri

La protezione e integrazione nei confronti dei bambini e degli adolescenti stranieri presentì in Italia è stata attuata in primo luogo attraverso la realizzazione da parte del Comitato minori stranieri di un censimento nazionale sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati allo scopo di mettere a punto standard di accoglienza uniformi sul territorio nazionale e di avviare opportuni rapporti con i Paesi di provenienza ed in secondo luogo attraverso il tempestivo accertamento dell’identità del minore e l’identificazione del suo nucleo familiare in patria e dei suoi congiunti..
Si sono avviate adeguate politiche dell’integrazione soprattutto a livello scolastico (vigilando sull’adempimento dell’obbligo scolastico, adattando i programmi, attuando interventi individuali o di gruppo per il superamento di particolari difficoltà, sviluppando nella scuola un’educazione attenta alla multiculturalità) e promosse iniziative di formazione congiunta per gli operatori dei servizi sociali, sanitari, educativi e scolastici e per gli adulti appartenenti alle comunità straniere e nomadi.
Si sono avviati programmi per i bambini e per le madri di sostegno per l’apprendimento della lingua italiana nei primi anni di inserimento scolastico e, allo stesso tempo, la traduzione in lingua delle principali comunicazioni tra la scuola e la famiglia.
Si favorisce l’inserimento dei minori attraverso l’aggiornamento costante del corpo insegnanti e l’utilizzo di figure quali i mediatori culturali.
Si promuove l’adozione di moduli e materiali didattici adeguati ai diversi bisogni Si è avviata una campagna di informazione e sensibilizzazione presso le famiglie immigrate contro le mutilazioni genitali delle bambine.
Per i minori stranieri sottoposti a provvedimenti coercitivi si è incrementata la presenza di mediatori culturali nelle carceri minorili e si sono promosse azioni specifiche di formazione e aggiornamento per gli operatori.
Contro lo sfruttamento del minore straniero si è promossa l’attuazione della legge 269198 attraverso sia azioni di polizia, per colpire lo sfruttamento del minore nella prostituzione e nelle attività criminali, sia azioni di sostegno volte al recupero ed al rientro assistito, se possibile, nel Paese di origine sia ad azioni di integrazione sociale.

2.6 Gli interventi di sostegno nei confronti dell’infanzia in difficoltà in altri Paesi nel mondo

Si è rafforzato lo strumento della cooperazione internazionale e del sostegno a distanza e si ricorre più sistematicamente a programmi multisettoriali integrati e ad iniziative di sensibilizzazione perché si sviluppi nei Paesi di origine una cultura a favore dell’infanzia.
Si è attuata la riserva, nell’ambito degli stanziamenti per la realizzazione di vari programmi nei Paesi beneficiari, di una quota dei finanziamenti per iniziative a favore dell’infanzia.
Si investe nel settore educativo e si prevedono nei programmi di cooperazione anche interventi di lotta al lavoro minorile, con strategie di incentivazione a favore dei paesi in via dì sviluppo.
Si è avviato il coordinamento tra cooperazione governativa e cooperazione decentrata, e tra gli interventi di cooperazione sviluppati dalle istituzioni pubbliche e quelli promossi dal privato sociale.
Sono stati aumentati i fondi per la cooperazione allo sviluppo finalizzata ad interventi volti al miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo per l’infanzia in difficoltà.
Particolare attenzione è stata dedicata anche all’ospitalità temporanea in Italia di ragazzi stranieri attraverso un’adeguata selezione delle famiglie e delle strutture di accoglienza dei minori stranieri, le segnalazioni ai servizi sociali locali delle situazioni di temporanea ospitalità, la definizione dei livelli di responsabilità dei diversi organismi coinvolti e il controllo delle associazioni.

2.7 La strategia europea a favore dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

E’ stata approvata nel dicembre 2000 la Carta Europea dei diritti fondamentali contenente disposizioni specifiche sui diritti dei bambini (art 24 e 32).
E’ stata istituita una Giornata europea dell’infanzia e dell’adolescenza da celebrarsi ogni anno nel mese di novembre (18 novembre 2000 Parigi, 9 novembre 2001 Bruxelles).
E’ stato istituito il Gruppo intergovernativo permanente "Europe de l’Enfance" (composto da rappresentanti dei ministeri competenti in materia di infanzia e adolescenza).
il Governo italiano ha partecipato con impegno alle riunioni dei ministri degli Stati membri europei competenti in materia di infanzia e adolescenza (in occasione della giornata europea e in vista della Sessione Speciale dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull’infanzia).
E’ stato istituito il Segretariato della Rete Europea di Centri Nazionali sull’infanzia e l’adolescenza e la gestione delle funzioni di coordinamento èstato affidato dal Gruppo intergovernativo al Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’infanzia e l’adolescenza.

Parte seconda

1. Le strategie per il nuovo Piano

Il Governo individua il punto di partenza di ogni azione politica tesa a costruire una società sempre più rispettosa della dignità di ogni persona nel riconoscimento e nella tutela dei diritti delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità per affrontare la realtà in modo responsabile e positivo.
L’ambizioso obiettivo è superare le banalizzazioni che spesso caratterizzano gli argomenti cosiddetti trasversali, individuare le cause del malessere e le ragioni del benessere soprattutto del mondo adolescenziale e giovanile, capirne i valori e le aspirazioni.
Per questo occorre pensare e scrivere regole dinamiche e flessibili di un sociale in divenire", che renda tutti responsabili, attraverso un attivo coinvolgimento dei bambini, degli adolescenti e degli adulti, nel costruire la società civile.
Il Governo riconosce l’importanza e la ricchezza dei risultati ottenuti dalle precedenti politiche sociali su temi che riguardano i diritti fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza.
Si tratta ora, di concerto con il Parlamento, le Regioni e i Comuni, di approntare energiche strategie operative facendo proprio l’ascolto dei messaggi della vita quotidiana di bambini e adolescenti, a volte drammaticamente estremi.

1.1 Diritti dei minore e famiglia

Il diritto primario del minore a vivere, a crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia è un principio che interessa in maniera trasversale tutte le politiche sociali Esso è diritto costituzionalmente garantito e rafforzato dalla Legge 28 marzo 2001, n 149 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n 184, recante "Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile" che individua i presupposti per l’attuazione del diritto alla famiglia nella crescita, nella condizione della vita e nell’educazione del minore nell’ambito prioritario della famiglia di origine, senza limitazioni o ostacoli, esso è riconosciuto anche a minori che vivono in famiglie che versano in condizioni dì indigenza e di temporanea difficoltà.

L’importanza della famiglia e della centralità dei suo ruolo nello sviluppo sociale è quindi un punto strategico anche per le politiche per i minori.
La penalizzante condizione di disinteresse da parte del mondo politico, di cui ha sofferto in passato il pianeta famiglia, si deve principalmente all’influenza esercitata dall’ideologia individualistica che ha messo in crisi la storia, la tradizione e la cultura della società italiana, percepiti come non al passo con i tempi e quindi assolutamente da rivisitare.
Principi fondanti dell’etica e della morale hanno lasciato il posto ad estemporanee ricette di comportamento i genitori si sono trovati "spiazzati" nel loro ruolo di educatori a causa di un malinteso concetto di libertà e reciproco rispetto che ha contribuito all’anarchia nei rapporti tra genitori figli, alla smarrita definizione dì doveri e diritti, ad una cultura edonistica ed individualistica che è parsa sempre più rappresentare l’unico modello valido
Di questo fenomeno la politica è stata, al tempo stesso, causa ed effetto causa per non aver saputo cogliere l’esatta portata della crisi per poi affrontarla con azioni efficaci, effetto per averne piuttosto subito, così esaltandoli, gli effetti negativi.

La famiglia italiana reclama una protezione reale, concreta attraverso il soddisfacimento dei suoi bisogni primari, reclama altresì un intervento pubblico discreto e al tempo stesso partecipante.
L’intervento del settore pubblico deve poter consentire alla famiglia di essere protagonista nelle iniziative che la riguardano e di decidere le soluzioni nelle situazioni di disagio, diventando soggetto attivo di fronte ai propri bisogni.
L’ingerenza statale nell’applicazione dei supporti offerti alle famiglie in difficoltà ha spesso sconfinato in situazioni di conflitto e "l’aiuto" ha provocato forti tensioni nei ceti sociali più deboli.
Affermare questo non significa negare il ruolo fondamentale del pubblico nella tutela del minore in quelle situazioni, drammatiche, in cui l’allontanamento provvisorio o definitivo dal nucleo familiare di origine e spesso, addirittura, anche dall’ambito parentale più vasto è l’unica via per assicurare al minore il diritto al "benessere".

Si vuole affermare piuttosto che c’è stato spesso un risultato indesiderato e che l’intervento di sostegno è stato visto come intervento punitivo a torto o a ragione un meccanismo che non ha certo facilitato il consolidamento della funzione sociale come baluardo di progresso e di difesa dei valori familiari.

La famiglia e l’educazione emergono quali nuove questioni sociali del terzo millennio.
Tali questioni accompagneranno la politica attraverso una rivoluzione silenziosa che rafforzerà la popolazione italiana nel superamento della crisi del Welfare State.
Un piano strategico di interventi per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza deve svilupparsi attraverso un impegno politico che prenda innanzitutto in considerazione il riconoscimento della relazione tra i minori e la famiglia.
La famiglia non va soltanto sostenuta con agevolazioni economiche o con la creazione di servizi, ma va protetta e al tempo stesso "valorizzata" nella sua funzione primaria e innovativa di supporto sociale.
E’ dalla famiglia e con la collaborazione della famiglia, che lo Stato può partire per la realizzazione di una politica nuova per l’infanzia.
Troppo spesso si è assistito ai tentativo di creare strutture e servizi per minori trascurando i primi servizi necessari, cioè il sostegno alle famiglie affinché i figli, soggetti autonomi di diritti e doveri, possano vivere, crescere ed essere educati.

1.2 Famiglia e servizi

Tra le forme di sostegno di primaria importanza riteniamo debba essere iscritta l’informazione puntuale dei diritti e delle opportunità presenti e attivabili sul territorio Non sempre è correttamente conosciuto il ruolo e le competenze degli operatori sociali e l’esistenza stessa di alcuni servizi socio-assistenziali Questo è causato dall’assenza di punti di riferimento e di collegamento tra i vari servizi e soprattutto di corretta strategia comunicativa.
La soluzione a questa criticità è data dalla creazione e dalla valorizzazione - ove già esistano - di Agenzie di collegamento tra pubblico e privato con ruolo prevalentemente informativo in grado di orientare le necessità delle famiglie e di suggerire gli interventi specifici al caso.
Gli Enti locali devono dotarsi innanzitutto di "punti famiglia" con fruizione libera al quale accedere per qualsiasi tipo di informazione e che siano luoghi di ascolto per genitori fin dal momento della nascita di un figlio, un interlocutore d’autorità nei rapporti con la scuola e con le agenzie di socializzazione non formali, che ricoprono un importante ruolo durante il tempo non tutelato, con le ASL.
E’ fondamentale la riqualificazione professionale dei servizi che agiscono a diretto contatto con i minori e le loro famiglie nell’ambito del processo minorile in qualità di ausiliari del giudice con funzione di ricognizione all’interno delle complesse dinamiche familiari.
Il compito di redigere relazioni informative su elementi cognitivi di carattere socio-ambientale non sempre accessibili agli organi di Polizia, spesso risulta incompatibile con il ruolo di erogatore di servizi (basti pensare all'assistenza ad anziani, a diversamente abili e a famiglie in crisi) e di interlocutore attento ai segnali di crisi familiare, capace di azioni di sostegno e di prevenzione del disagio.
E’ necessario, pertanto, rivedere il ruolo dei Servizi Sociali, cui è affidato questo preciso compito nell’ambito di una diversa definizione dei ruoli per evitare rischi di confusione tra funzioni di aiuto e di sostegno alle famiglie e funzioni ispettive, dando impulso all’intervento di Enti e Associazioni del Terzo Settore in grado di garantire quei servizi che, se ben organizzati e codificati nei ruoli, fungono da sostegno nei rapporti genitoriali in crisi e aiutano quei genitori che, trovandosi in difficoltà, risultano inidonei a crescere ed educare i figli.
Operatori competenti possono attivarsi per rimuovere le cause di disagi, tenendo presente che uno degli obiettivi più importanti della tutela del minore non è quello di sottrarlo ad una famiglia che non lo educa correttamente, ma è soprattutto quello di recuperare la sua famiglia d’origine all’esercizio del suo ruolo di comunità educante.

1.3 Il sostegno alla genitorialità

Richiamando un concetto già espresso e ribadendo il diritto dell’infanzia alla crescita nella propria famiglia, si vuole evidenziare che è compito delle Istituzioni attivare sul territorio tutte le risorse al fine di una reale applicazione di questo principio, ciò significa che gli operatori che agiscono in questo settore non solo devono verificare le condizioni familiari e le carenze, ma attivare misure di prevenzione, di contrasto, di aiuto e di sostegno all’indigenza.
Alcuni casi giudiziari che hanno avuto ad oggetto il drammatico distacco di minori dalle loro famiglie a causa della povertà hanno certamente ispirato il legislatore nella formulazione dell’articolo I della legge 149/01.
Una corretta applicazione della norma, e del principio cui essa si ispira, impegna gli Enti locali a privilegiare l’utilizzo delle risorse finanziarie innanzitutto per l’incentivazione di misure di sostegno alla famiglia che versa in stato dì difficoltà economica.
L’impegno di Stato, Regioni ed Enti locali, nel rispetto del nuovo assetto costituzionale e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, deve essere la concreta applicazione delle disposizioni della legge.
Le Regioni e gli Enti Locali devono inoltre dotarsi di normative specifiche di risposta alle necessità primarie al fine di garantire una vita libera e dignitosa al nucleo familiare prevedendo forme di aiuto diretto nel rapporto con le autorità scolastiche, con i centri sanitari e con le strutture di assistenza.
Il sostegno della maternità e della paternità può essere integrato da facilitazioni nei contratti di lavoro da attuarsi in primo luogo da parte degli Enti locali aiuti diretti alle madri che scelgono di non riprendere il lavoro nei primi tre anni di vita del bambino, assegni ai familiari che svolgono assistenza post-partum, contratti part-time per familiari che si sostituiscono ad assistenti ospedalieri o domiciliari, aiuti infine a quei genitori che si trovano (separati, vedovi, abbandonati) soli ad affrontare la crescita dei figli.

I nidi d’infanzia, nella nuova definizione legislativa che il Parlamento sta approntando, devono rappresentare nell’ambito dei servizi educativi per òa prima infanzia il modello di intervento lasciato alla libera autonomia degli Enti locali da tradursi in forme libere e associative anche nel ristretto ambito condominiale o di quartiere.

Il sostegno alla genitorialità da parte delle Istituzioni si rende principalmente necessario quando la famiglia entra in crisi ed in particolare nella fase della separazione.
In questa fase emerge il problema dell’affidamento dei figli e dell’esercizio delle potestà genitoriali sui figli.
Sono oggi all’attenzione del Parlamento disegni di legge sull’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto dell’affidamento congiunto, nella legislazione vigente già possibile solo certe condizioni in sede di divorzio e su accordo dei coniugi in sede di separazione consensuale Pur condividendo le ragioni che ispirano questo istituto e pur ritenendo necessario l’intervento del legislatore per un sostegno più incisivo sulla piena realizzazione della bigenitorialità, le esperienze di cronaca ci inducono a guardare con diffidenza impostazioni che non mettano in primo piano la tutela del minore, eventualmente anche a scapito dei diritti dei genitori.
L’interesse del minore, vittima incolpevole della frattura familiare, va valutata caso per caso pur nella piena realizzazione dei principi garantiti Avallare la scelta dell’affidamento congiunto "obbligatorio per legge’, significa porsi nell’ottica di totale ingerenza e controllo dei rapporti personali e familiari da parte dello Stato L’esperienza insegna che, in ogni modo, i problemi sorgono ugualmente quando l’accordo su qualche decisione indifferibile per il figlio viene meno.
In sostanza, l’affidamento congiunto dovrebbe realizzare, nella separazione, il totale accordo su ogni problema che riguarda il figlio questo è irreale L’istituto potrebbe al più realizzare un attutirsi dei toni del conflitto Una tutela migliore per i figli è rappresentata dalla previsione di un obbligo per i genitori che si separano di concordare un "progetto educativo" riguardo ai figli un programma relativo alla crescita dei figli, con particolare riferimento alle scelte relative all’educazione scolastica e culturale, alla abitazione, alle esigenze economiche, di salute e sportive, vincolante sotto il profilo delle responsabilità E’ assurdo, infatti, demandare totalmente ad altri decisioni così importanti ed intime Un servizio sociale ben strutturato e adeguatamente preparato può anche per questi casi svolgere azioni di intervento molto efficaci

1.4 Sostenere la genitorialità inadeguata

Fino ad oggi la famiglia giudicata inadeguata o inidonea è stata completamente abbandonata a se stessa e sostanzialmente punita con l’allontanamento dei figli senza una precisa politica di "prevenzione, cura e recupero". E’ assolutamente necessario ridurre i casi di abbandono dei minori attraverso una campagna di sensibilizzazione sull’importanza del patrimonio che questi ultimi rappresentano e attuare una prevenzione radicalizzata nel metodo e nell’impostazione Madri e padri che trascurano e maltrattano i figli spesso sono a loro volta vittime di violenze subite, di degrado o sottocultura Sono situazioni che vanno analizzate con spirito attento e mai punitivo E’ auspicabile che si possa offrire a questi genitori forme di sostegno affettivo, sensibilizzando le loro famiglie di origine, offrendo vie d’uscita con una assistenza diretta al cuore del problema Strumenti efficaci sono le forme di "affido familiare allargato" che affiancano alla funzione di cura del minore quella di sostegno dei suoi genitori Si tratta di progetti sperimentali che vedono rete associativa dì famiglie il principale protagonista Una famiglia che si faccia carico di un’altra famiglia è la realizzazione di una piena solidarietà.

2. Le priorità

Nel Documento predisposto dall’Osservatorio Nazionale per l’infanzia e l’Adolescenza si afferma che "il futuro di una società è legato alla sua capacità di rinnovarsi continuamente per rispondere ai nuovi bisogni emergenti e per realizzare il costante progresso dell’umanità. Questo rinnovamento non può che essere il compito delle nuove generazioni; ma un giovane può progettare, costruire, rinnovare solo se è una personalità libera e critica. Compito precipuo dell’educazione è appunto quello di garantirne le condizioni.
Le Istituzioni che hanno competenza sulla tutela dei diritti dei minori, in collaborazione con la società civile, devono assicurare che:

- ogni bambino possa crescere in una famiglia, nel rapporto positivo con adulti e con il coinvolgimento di altri ambienti educativi e ricreativi a lui adeguati;

- ogni adolescente possa sviluppare ed esprimere la sua personalità ed ottimizzare tutte le proprie risorse e capacità, essendo posto dalla sua famiglia e dalla società tutta in condizioni per poterlo fare".

Sono stati individuati due principi condivisi che sottendono a qualsiasi azione di attuazione in tal senso

a) la valorizzazione della famiglia come comunità educante

b) la ricerca dì strumenti di rafforzamento della protezione dei minori da ogni forma di violenza protezione da intendersi nella sua triplice accezione della prevenzione, della tutela e del recupero del soggetto in età evolutiva in difficoltà.

2.1 Il diritto primario del minore: vivere, crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia

Gli interventi di politica sociale che vogliono favorire la condizione dei minori si devono collocare innanzitutto in una prospettiva di sostegno alla famiglia nella sua duplice veste di istituzione e nucleo vitale di socialità per la semplice considerazione che essa costituisce il luogo primario della formazione dell’identità e della crescita del bambino Favorire la famiglia significa di per sé favorire l’infanzia, prevenire quindi possibili disagi e ottimizzare risorse economiche e sociali che altrimenti inevitabilmente si rischia di disperdere.
In questo senso diventa prioritaria la promozione di politiche sociali esplicitamente dirette al sostegno della famiglia in quanto tale secondo un’ottica non più assistenziale, riparatoria e sostitutiva (aiuti a famiglie povere, "assenti" o inadeguate), ma promozionale e preventiva, tesa a rendere compatibile la scelta del fare famiglia con le più generali strategie di realizzazione degli obiettivi di vita dei singoli individui.

2.2 La tutela del minore nel campo educativo, formativo, lavorativo e del tempo libero

Le politiche educative e sociali devono riconoscere e valorizzare le azioni e gli interventi per bambini e adolescenti in cui essi

  1.  possano fare esperienze relazionali buone nel tempo dedicato alla socialità e allo sviluppo di interessi

  2. abbiano riconosciuto il loro diritto all’educazione, qualunque sia la loro condizione di partenza

  3. abbiano una offerta di percorsi educativi-formativi adeguati alle attitudini e capacità di ciascuno

  4. siano coinvolti in interventi mirati di tipo educativo qualora si manifestino potenziali forme di disagio e rischio di emarginazione sociale

Il diritto allo studio comporta anche il diritto ad un’esperienza scolastica di qualità.
Di conseguenza, è imprescindibile l’arricchimento delle risorse tradizionali della scuola attraverso l’attivazione di relazioni con istituzioni e risorse esterne alla scuola (l’Ente locale, l’associazionismo la agenzie sportive, musicali, ), per la promozione di esperienze formative efficaci sia sul piano dell’apprendimento (e della lotta all’insuccesso scolastico) sia sul piano della valorizzazione delle capacità personali.

Ogni adolescente ha diritto ad avere un percorso educativo-formativo adeguato alle proprie attitudini e capacità, tenendo conto altresì che situazioni di difficoltà socio-familiare possono aver pesantemente disturbato l’inserimento positivo in tali percorsi.
Nel rispetto delle competenze del sistema formativo, occorre verificare di quali soggetti educativi non scolastici è necessario l’apporta per attivare percorsi formativi personalizzati che tengano conto delle specificità del soggetto e per creare le condizioni didattiche e logistiche tali da consentire a tutti dì fruire a pieno titolo delle opportunità formative.
Occorre inoltre incentivare l’orientamento scolastico e professionale come una reale possibilità per tutti gli adolescenti e le loro famiglie di essere messi in grado di riconoscere il percorso educativo e formativo più utile allo sviluppo delle proprie potenzialità.

Il tempo libero per i preadolescenti e gli adolescenti deve essere vissuto, perciò, in un contesto ricco di proposte e non povero di sfide Una situazione di povertà espressiva" ditali spazi organizzati, infatti, non favorisce che ii tempo sia esperito come evoluzione positiva della propri a esperienza di socialità Occorre potenziare le azioni educative affinché tale tempo

  1. non sia origine di comportamenti rischiosi nella inevitabile ricerca di stimoli e di nuove esperienze da parte degli adolescenti

  2.  non ristagni dentro l’assenza di creatività e di sviluppo di capacità appropriate

Nel prospettare il potenziamento dei servizi nel campo educativo-animativo e informativo-culturale occorre favorire una proposta ditali servizi che favorisca libere aggregazioni di adolescenti e giovani e che potenzi centri spontanei di aggregazione in modo che le ragazze e i ragazzi diventino protagonisti del loro tentativo comunitario e non semplicemente fruitori di un servizio precostituito, favorendo in tali contesti la presenza di figure tutoriali accolte e non tollerate, non solo adulte ma anche giovani in età superiore.
Nel progettare azioni in questa area non ci si può dimenticare del fenomeno sempre più diffuso della "strada" e della "piazza" come luogo abituale di incontro spontaneo per gli adolescenti e per i giovani.
Occorre affrontare tale fenomeno come "risorsa" e non associano meccanicamente a situazioni di rischio, dì disagio, di abbandono, di incipiente trasgressione E’ necessario pertanto che tali luoghi diventino "luoghi progettuali", di incontro nelle forme più spontanee possibili e punto d[partenza per libere aggregazioni e sviluppo di interessi.

2.3 La tutela delle famiglie e dei minori in difficoltà

C’è un malessere in molte famiglie con minori che non è necessariamente disagio latente o inesploso, ma un momento dì difficoltà che rientra dentro il quotidiano vivere del rapporto genitori-figli (difficoltà a gestire gli ambiti di autonomia, il percorso scolastico, l’insuccesso scolastico, l’incuria educativa dovuta a situazioni problematiche di malattia, precarietà lavorativa, etc).
Se tale malessere però trova la famiglia sola e impotente, esso può degenerare in situazioni conflittuali gravi ed esasperate.
A tale malessere non si può rispondere prevalentemente e unicamente con modalità di tipo clinico o psico-sociale, medicalizzando cioè esigenze legate alla vita quotidiana della famiglia, ma sollecitando risposte all’interno dell’ambito di mondo vitale a cui la famiglia appartiene.
La strada privilegiata perciò per raggiungere tali situazioni è quella di favorire forme naturali di aiuto offerto da reti familiari di mutua aiuto, da associazioni di famiglie o realtà che praticano l’assistenza domiciliare di tipo educativo e relazionale In tale contesto sono da prevedere forme di aiuto tra famiglie che contemplino anche il dispositivo dell’affido temporaneo diurno o semiresidenziale in un clima parentale in cui la famiglia di origine rimane soggetto di diritti-doveri nei confronti del figlio.
Tali progettualità, favorendo e incentivando forme di aiuto alla famiglia, che rientrano nella quotidianità, hanno forte carattere educativo e preventivo, anche se sembrano non rispondere ad una emergenza sociale, rappresentano invece un investimento importante per la qualità del rapporto educativo tra genitori e minori.
Rappresentano inoltre una esemplificazione significativa di cosa significa creare solidarietà sociale intesa come capacità autonoma di brani di società di diventare rete dì sicurezza sociale, in cui cresce progressivamente la possibilità di affrontare e risolvere insieme i problemi educativi e relazionali rafforzando la famiglia prima che essa sia coinvolta in modo più problematico in situazioni di disagio e malessere con i propri figli.
Tutto ciò, inoltre, va a rafforzare la piena attuazione della legge 28 marzo 2001, n 149 che prevede che, innanzitutto, siano predisposte forme di aiuto per tutelare la permanenza positiva del minore nel nucleo familiare di origine (data la necessità di ogni bambino di sentirsi figlio) valorizzando in tal senso anche la rete parentale adeguatamente sostenuta, attraverso lo stesso ammontare di mezzi economici che un Ente Locale spenderebbe per l’eventuale inserimento del minore in comunità.

Laddove non è sufficiente l’aiuto alla famiglia, occorre privilegiare l’affidamento familiare, diurna o residenziale, ricentrando l’esperienza educativa nell’intervento di affido, poiché è una famiglia che lo realizza, il compito principale della famiglia è quello educativo.
Oltre a sostenere le famiglie "normali", bisogna pensare a progetti sperimentali e a percorsi di auto per la famiglia di origine Senza di essi, non è possibile pensare al rientro in famiglia dei bambini o alla loro deistituzionalizzazione.

Nel contesto delle comunità per minori, particolare significato e valenza educativa hanno le comunità la cui coppia residente è effettivamente una famiglia che si assume la guida, la responsabilità educativa e la conduzione di una comunità (in molte Regioni sono denominate come "casa-famiglia").
Si tratta di una forma di accoglienza estremamente significativa perché i minori, specie se nell’età adolescenziale in cui l’affido risulta spesso problematico, possono vivere in un ambito comunitario in cui è assicurato il coinvolgimento con un vissuto familiare, pur con regole e modalità che possono essere diverse da quelle tipiche dell’affido.
Sarà un dato di qualità e di pregnanza sociale se nel nostro Paese, nei prossimi anni, aumenteranno il numero di famiglie non solo disponibili all’affido ma anche ad essere soggetto protagonista di un’opera e una struttura di accoglienza diurna e/o residenziale.

2.4 Il benessere degli adolescenti

Occorre creare un tessuto sociale ricco di stimoli e di proposte in cui l’adolescente sia accolto nel suo bisogno di apertura verso la realtà e, anche attraverso lo sviluppo di particolari interessi, poter sperimentare relazioni educative con adulti che possano diventare significativi nell’avventura della costruzione della propria libera personalità.

Le politiche dei servizi devono riconoscere e valorizzare le azioni e gli interventi per gli adolescenti, in cui essi

  1. possano fare esperienze relazionali buone nel tempo dedicato alla socialità e allo sviluppo di interessi

  2. abbiano riconosciuto il loro diritto all’educazione, qualunque sia la loro condizione di partenza

  3. abbiano un’offerta di percorsi educativo-formativi adeguati alle attitudini e capacità di ciascuno

  4. siano coinvolti in azioni educative con forte valenza preventiva qualora si manifestino potenziali forme di disagio e rischio di e marginazione sociale

Avere adolescenti protagonisti, inoltre, significa privilegiare interventi che valorizzino la creatività dei soggetti giovanili e la loro partecipazione attiva nel costruirli.

2.5 Il contrasto alla devianza e alla delinquenza giovanile

Negli ultimi venti anni la devianza minorile in Italia ha subito profonde trasformazioni.
Sotto il profilo quantitativo, infatti, il numero dei ragazzi denunciati penalmente è più che raddoppiato, anche se negli ultimi dieci anni è iniziata la parabola discendente nella stima del fenomeno, sotto il profilo qualitativo, alla difficile condizione di vita che nel Meridione vivono i cosiddetti "ragazzi della mafia" (cioè i minorenni coinvolti in attività di criminalità organizzata o che comunque ne hanno subito la subcultura) si contrappone nelle regioni centrosettentrionali la consistente e talora massiccia presenza di ragazzi stranieri, che commettono reati.
A questa non facile situazione si è venuta di recente aggiungendo quella costituita dall’emergere di una devianza nuova con manifestazioni inedite, che vanno dal bullismo nelle scuole ad altre di una violenza tanto esasperata quanto immotivata Essa presenta caratteristiche peculiari sue proprie, differenti da quella prospettata in precedenza perciò per distinguerla da quella tradizionale e quantitativamente molto più rilevante, essa viene correntemente definita con termini non tecnici quali il "malessere del benessere" ovvero il "teppismo per noia".
Si pongono quindi problemi nuovi e complessi per la giustizia italiana, abituata in passato a gestire una devianza minorile di carattere prevalentemente bagatellare.
Il primo punto da cui partire è la realizzazione in ogni regione di un’adeguata conoscenza della devianza e della criminalità minorile, del suo sfruttamento da parte della criminalità adulta e della costante evoluzione ditali fenomeni.
In secondo luogo bisogna rivedere la prospettiva degli interventi da svolgere, tenendo conto dell’accentuarsi della crisi della famiglia e del fatto che il fenomeno della devianza sì sta estendendo, tanto da non essere più solo "minorile", ma ampliandosi all’intera famiglia e divenendo perciò "devianza familiare", come confermano i recenti gravi fatti di sangue endofamiliari, gli abusi sessuali ed i maltrattamenti in famiglia, le protratte istituzionalizzazioni, rivedere il diritto penale familiare superando la sua separatezza dalla tematica complessiva del diritto familiare e minorile e realizzando anche in questa materia l’indispensabile specializzazione Occorre anche che gli interventi di recupero da svolgere non siano mirati solo ai minorenni, ma si estendano anche ai genitori, responsabilizzandoli, sul modello di quanto avviene in tema di messa alla prova.
E’ necessario sostenere la ricerca di strumenti alternativi a quello giudiziario per la risoluzione dei conflitti (dalle camere arbitrali al processo del lavoro, dalle camere di conciliazione alle ADR, alla composizione bonaria dei conflitti da parte della Polizia, alle udienze non contenziose davanti al giudice di pace, al tentativo di conciliazione nella separazione coniugale e di fatto, alle esperienze dei tribunali di sorveglianza).
Infatti la mediazione nelle sue più diverse modalità di realizzazione (familiare, scolastica, sociale, ecc) ed in particolare la mediazione penale accompagnata dalla riparazione sta acquistando sempre più un ruolo significativo

2.6 La lotta agli abusi, allo sfruttamento sessuale e alla pedofilia

I principali messaggi del Primo Rapporto Mondiale su Violenza e Salute dell’OMS attestano che la violenza è il principale problema di salute pubblica del mondo intero.
In aggiunta alla morte e alla disabilità, la violenza contribuisce a una varietà di altre conseguenze sulla salute (alcool, droga, fumo, disturbi alimentari e del sonno, HIV e malattie sessualmente trasmesse), la violenza è prevenibile, non è un problema sociale intrattabile o una parte inevitabile della condizione umana, la violenza è il risultato dell’interazione di fattori individuali, familiari, comunitari, e strutturali e sociali, un approccio di programmi di salute pubblica basati sulla prevenzione può contribuire a ridurre la violenza Oltre al tema della violenza, gli accordi sottoscritti dall’Italia centrano l’attenzione sulla condizione di povertà vissuta da tanti minori.
Emerge così prepotentemente l’esigenza di rigorosi piani di studio del fenomeno al fine di favorire la capacità di raccogliere dati sulla violenza, di definire priorità e supportare la ricerca su cause, conseguenze, costi e misure preventive della violenza, di aumentare la collaborazione e l'interscambio di informazioni sulla prevenzione della violenza e di promuovere e monitorare l’aderenza a trattati internazionali, leggi e altri meccanismi di protezione dei diritti umani.
E' opportuno sottolineare la trasversalità del tema del monitoraggio costante dei fenomeni e della ricerca.
Bisogna poi realizzare un’adeguata stima del fenomeno dell’abuso e del maltrattamento attraverso la messa a punto di sistemi di registrazione costanti e omogenei dell’incidenza (numero casi per anno) del fenomeno dell’abuso all’infanzia in tutte le sue forme, con adeguata individuazione di sub-categorie e degli elementi caratterizzanti.
E’ necessario affidare ad agenzie competenti un’organica ricerca "retrospettiva" sulle vittime di abuso sessuale (analisi della prevalenza), attivare tempestivamente forme di raccolta dati che definiscano con precisione i contorni del problema della violenza assistita intrafamiliare e che ne dia una quantificazione.
Inoltre, a seguito dell’istituzione dei Comitato lnterministeriale CICLOPE presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità - che vede al suo interno i rappresentanti di 11 amministrazioni e la partecipazione, mediante audizione delle ONG e delle associazioni che operano nel campo dello sfruttamento e dell’abuso sessuale, è necessario coordinare tutte le attività delle Pubbliche Amministrazioni relative alla prevenzione, assistenza, anche in sede legale, e tutela dei minori dallo sfruttamento sessuale e dall’abuso sessuale

3. L'applicazione del principio di sussidiarietà

Il nuovo Piano Nazionale per l’infanzia e l‘Adolescenza non deve essere l’occasione solo per individuare le priorità di contenuti da tradurre in progetti e azioni, ma anche un momento privilegiato per incentivare modalità di progettazione e attivazione dei medesimi secondo il principio di sussidiarietà orizzontale.
L’applicazione corretta ditale principio presuppone una nuova cultura e una nuova organizzazione dei servizi alla persona e perciò un nuovo modo di intendere la solidarietà sociale nelle relazioni di servizio alla persona stessa Per tale motivo il rapporto tra Ente pubblico e le realtà del terzo settore deve superare sia l’idea di integrazione-valorizzazione (in cui il pubblico decide quali spazi debba occupare il privato sociale) sia l’idea di supplenza (in cui il privato sociale interviene laddove e fintanto non arriva il pubblico).
Si tratta invece di favorire la nascita di servizi e opportunità in cui sia effettivamente documentato l’incontro tra il bisogno (del minore e della famiglia) e il soggetto pubblico o privato che offre le proprie risorse e capacità per rispondere al bisogno.

L’Ente Locale deve partecipare alla costruzione delle rete di servizi e opportunità

- valorizzando e sostenendo la capacità di incontro e di mutuo aiuto delle realtà presenti nel tessuto sociale,
- assumendo un ruolo di coordinamento e di osservazione sistematica sulle tipologie di intervento che si vanno progressivamente realizzando, anche ai fini di una estensibilità dei progetti e delle opportunità

Le realtà associative devono partecipare alla costruzione della rete di servizi e opportunità

- attivando con flessibilità gli interventi nei confronti delle famiglie e dei minori
- documentando non solo la qualità del servizio offerto ma anche l’effettiva volontà di coinvolgimento e adesione da parte degli utenti interessati al bisogno
- allargando il numero di famiglie che necessitano di aiuto nella vicenda educativa con i propri figli
- implementando l’attività di volontariato attraverso l’incremento di famiglie disponibili all’aiuto
- condividendo con l’Ente Locale gli indicatori per rilevare l’efficacia dell’intervento

3.1 Sussidiarietà e famiglia

L’aiuto alla famiglia per poter assolvere il proprio compito educativo nei confronti dei figli adolescenti deve superare

  1. la logica assistenzialistica che concepisce la famiglia come un referente assistenzìale e non un vero e proprio interlocutore attivo,

  2. la tradizionale elargizione di servizi precostituiti e preconfezionati

Occorre pertanto che il sistema di interventi e servizi volti a sostenere le responsabilità familiari nel campo educativo sia costruito su un modello che vede la famiglia non come oggetto di attenzione di progetti e iniziative condotte da altri (progetti costruiti perché la famiglia ha bisogno di aiuto o di sostegno), ma come soggetto al quale viene riconosciuta una libertà di scelta, di progettazione, di gestione e di valutazione dei servizi educativi dei quali riconosce il bisogno la famiglia, perciò, come titolare di diritti e doveri che l’intero settore pubblico riconosce non attraverso agevolazioni e benefici assistenziali ma attraverso l’attribuzione di risorse che permettono l’adempimento ditali diritti-doveri

Ambiti indicativi di intervento di titolarità familiare sono

• azioni che potenzino le capacità espressive, artistiche e sportive dei propri figli
• azioni di sostegno per contrastare l’abbandono scolastico e formativo dei propri figli
• azioni per facilitare il superamento di situazioni problematiche di disagio adolescenziale e di cui la famiglia è pienamente cosciente e quindi resa attiva nelle decisioni da prendere

3.2 Sussidiarietà e servizi: dall’organizzazione centralistica dei servizi all’offerta di opportunità: lo strumento del voucher

Uno strumento adeguato per favorire un incontro libero tra bisogno di un servizio e opportunità di risposta potrebbe essere quello del "voucher"

  1. educativo-ricreativo se si tratta di servizi riguardanti gli interessi del tempo libero

  2.  educativo-formativo, se si tratta di servizi riguardanti il potenziamento scolastico, formativo e i servizi di orientamento

Lo strumento del voucher potrebbe gradatamente sostituirsi ad altre modalità di attivazione di servizi (gare di appalto bandi, etc) che possono essere validi in situazioni iniziali, quando l’utenza non conosce le realtà che operano in tali servizi.
Il voucher invece garantisce che, nel tempo, possa continuare, fermo restando la permanenza dei requisiti, il rapporto di fiducia stabilitosi tra utente e gestore del servizio scelto

Parte terza

II programma 2003-2004

1. Interventi legislativi

L’attuazione dei principi individuati in questo Piano d’azione necessariamente passa attraverso una serie di interventi legislativi.
In primo luogo l’emanazione di una normativa che integri l’attuale disciplina a sostegno della maternità e paternità, anche in riferimento alla famiglia adottiva e affidataria e che elimini la discriminazione in materia di congedi parentali per i genitori adottivi e affidatari, armonizzando la normativa vigente con le disposizioni previste per i congedi relativi all’astensione obbligatoria e facoltativa ai genitori adottivi e affidatari senza limite alcuno di età e di provenienza dei minori.
In secondo luogo il Governo ha il compito di sollecitare le Regioni ad emanare leggi inerenti le politiche sociali per la famiglia, che ne promuovano diritti e i doveri a partire dai loro bisogni di essere e di fare famiglia, dando aiuti concreti per lo sviluppo e l’incremento dei compiti genitoriali, di sollecitare gli Enti Locali ad elaborare i Piani di Zona in attuazione della Legge n 328/00 che conferiscano piena soggettività sociale alle famiglie, facendo in modo che le famiglie, singole o associate, possano organizzarsi per progettare, decidere, implementare, contribuire alla verifica della qualità dei servizi di supporto alle necessità quotidiane Tutto questo tenendo conto del fatto che le famiglie stesse sono unità di servizi primari, a cui le istituzioni pubbliche e private possono fornire tutti gli aiuti necessari, ma in un quadro di primaria libertà e responsabilità delle famiglie stesse.
In terzo luogo il Governo, completato l’iter parlamentare per la ratifica, si impegna ad attuare la Convenzione europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori sottoscritta dall’Italia, a completare l’adeguamento della legislazione italiana ai principi della Convenzione ONU, con la modificazione di quelle disposizioni, che non risultano del tutto coerenti ad essi, a riformare l’ordinamento penitenziario minorile, a predisporre il Testo Unico dei diritti dei minori, a riformare la giustizia familiare e minorile, trasfondendo nell’ordinamento i principi affermati dalle convenzioni internazionali, sottoscritte dall’Italia, tra i quali spiccano in particolare la sostituzione del concetto di responsabilità genitoriale a quello di potestà e l’affermazione del diritto del minore di essere ascoltato (in forma protetta, se necessario) in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerna, ad istituire l’Ufficio di pubblica tutela del minore, a disciplinare il ruolo delle associazioni nella tutela e rappresentanza degli interessi diffusi e collettivi dell’infanzia, ad integrare la disposizione dell’art 609 decies c p p con una sanzione, diretta ad ottenere il pieno e corretto rispetto ditale disposizione a tutela della vittima, chiarendo i principi per l’attribuzione delle competenze attraverso la valorizzazione dei servizi degli enti territoriali preposti alla tutela sociosanitaria dei minori, a rivedere le norme degli articoli 392 comma 1 bis c c p e 498 comma 4 ter c c p stabilendo che la testimonianza del minore vittima avvenga obbligatoriamente e a pena di nullità nella forma dell’audizione protetta e cioè con il sistema del vetro specchio con impianto citofonico per evitare i gravi disagi che l’incontro con l’imputato produce Inoltre in relazione all’art 498, comma 4 ter c c p, è necessario disporre il divieto di esame testimoniale del minore vittima in sede di dibattimento (anche con il sistema del vetro specchio e con impianto citofonico) quando tale audizione — secondo l’attestazione dei sevizi minorili o degli Enti locali — potrebbe produrre grave trauma alla vittima, minorenne all’epoca del fatto, in considerazione del lungo tempo trascorso dall’epoca dei fatti o dalla diversa attuale condizione di vita del soggetto.

2. Azioni di sistema

• Realizzazione del Sistema Informativo Nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza
• Monitoraggio e valutazione della spesa sociale e della qualità dei servizi per famiglia e minori
• Istituzione di un "Osservatorio Nazionale delle Professioni Sociali", quale sede permanente di studio, monitoraggio, sperimentazione e confronto mirato ad incentivare nuove metodologie operative e nuove forme di partnership tra operatori e famiglie
• Istituzione in ogni Regione di un’anagrafe dì tutti i minori fuori dalla famiglia che possa essere uno strumento di analisi costante e di follow up per una verifica delle politiche attuate, con particolare riferimento alla banca dati dei minori dichiarati adottabili
• Completamento del Sistema Informativo sul lavoro minorile Istat - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - OIL
• Attivazione, nel contesto del rapporto Stato/Regioni, di un monitoraggio finalizzato al riordino delle fonti e della quantità delle risorse dedicate alla promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
• Individuazione di sistemi di registrazione costanti e omogenei dell’incidenza (numero casi per anno) del fenomeno dell’abuso all’infanzia in tutte le sue forme, con adeguata individuazione di sub-categorie e degli elementi caratterizzanti e avvio di un’organica ricerca "retrospettiva" sulle vittime di abuso sessuale (analisi della prevalenza)
• Attivazione tempestiva di forme di raccolta dati che definiscano con precisione i contorni del problema della violenza assistita intrafamiliare e che ne dia una quantificazione
• Protezione dei minori stranieri attraverso a) il rafforzamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo destinate ai minori, realizzando un efficace coordinamento operativo tra le istituzioni, un aumento delle risorse destinate ai minori per iniziative di cooperazione nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi ad economia di transizione, iniziative di Educazione allo sviluppo e di cooperazione decentrata in Italia, un’indagine conoscitiva e una mappatura degli interventi, una valutazione di impatto delle attività rivolte ai minori, un aggiornamento delle linee guida della cooperazione italiana sulle tematiche minorili, b) la revisione dei criteri con cui si realizzano i soggiorni di minori stranieri dell’Est europeo, che trascorrono in Italia alcuni mesi all’anno, e verificare la possibilità di realizzare progetti di sostegno a distanza e di cooperazione internazionale mirati a creare nel loro Paese migliori condizioni complessive di vita ed il superamento della loro istituzionalizzazione In ogni caso, è indispensabile effettuare un’attenta valutazione preventiva dell’idoneità delle famiglie di accoglienza, poiché accanto a famiglie capaci vi possono essere persone inidonee, che tuttavia non sono sottoposte a nessun vaglio della loro capacità né dai servizi locali che da altri Inoltre spesso tali soggiorni sono utilizzati per aggirare l’attuale normativa in tema di adozione internazionale, sia per "scegliere" il bambino gradito (rispedendo eventualmente al mittente dopo un primo periodo di accoglienza quello accolto prima e risultato non gradito) sia per precostituire situazioni di fatto dirette a forzare le decisioni dei giudici minorili sia italiani che stranieri, lo studio, anche attraverso la modifica degli indirizzi del CIPE, dell’allargamento delle aree di intervento da parte della Cooperazione allo sviluppo in quei paesi da dove provengono in massima parte i bambini e gli adolescenti a rischio di traffico internazionale, il monitoraggio rigoroso della presenza di minori stranieri in Italia
• Monitoraggio sull’applicazione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale nell’attivazione dei servizi e delle azioni a favore delle famiglie e dei minori
• Realizzazione di una programmazione televisiva "a misura di bambino" mediante l’omogeneizzazione dei codici segnaletici e la creazione di un codice segnaletico riferito all’infanzia valido per tutte le televisioni L’obiettivo ultimo è quello di creare un marchio di qualità destinato ai programmi per i più giovani

3. Linee guida per gli interventi sul territorio

3.1 Sostenere la famiglia nel suo compito genitorlale

- promuovere interventi flessibili ed integrati per l’infanzia rientranti anche nella logica di mutuo aiuto tra le famiglie e di sussidiarietà tra enti pubblici e terzo settore,
- incentivare la solidarietà tra famiglie per la gestione della quotidianità affinché siano le famiglie stesse, associandosi, a trovare le risposte idonee ai propri bisogni,
- favorire la costituzione di strutture domestiche per la cura dei bimbi più piccoli (nidi familiari, condominiali, ecc) e di servizi integrativi per la prima infanzia e promuovere iniziative di doposcuola, gestiti dai genitori stessi, che si organizzino in forma cooperativa,
- assicurare una più ampia flessibilità degli orari giornalieri degli asili nido,
- incentivare le sinergie tra famiglie e terzo settore favorendo lo sviluppo di forme di associazionismo familiare, da sostenere e potenziare a livello locale anche attraverso la creazione di "reti di associazioni familiari", con funzioni non solamente consultive, ma anche di authority in sede municipale,
- offrire ai genitori sussidi in termini di formazione, servizi e competenze professionali,
- aiutare i genitori ad avere un ruolo propositivo, di "cliente" nei confronti delle istituzioni in generale (scuola, servizi sociali e sanitari, servizi educativi, ecc)

3.2 Potenziare i servizi per famiglie e minori in difficoltà, attraverso il coinvolgimento di famiglie e associazioni che operino il più possibile nella normalità

- promuovere la sensibilizzazione sui temi dell’affidamento e dell’accoglienza,
- promuovere e attivare sul territorio reti di mutuo aiuto, attraverso cui le famiglie possano trovare reciproco sostegno nell’affrontare i quotidiani problemi che il minore affidato ha
- incentivare l’attivazione di progetti in cui le famiglie fungono da "antenne sociali" rispetto alla rilevazione, alla segnalazione e alla creazione dì forme di mutuo-aiuto per situazioni di disagio familiare e a rischio di esclusione sociale e quanto altro risulti prioritario da una lettura attenta del bisogno del territorio,
- rilanciare i Consultori Familiari come servizi di sostegno alla famiglia, potenziando la funzione consultoriale non sanitarizzata e prevedendo per alcuni interventi la presenza di soggetti associativi,
- incentivare a livello locale la realizzazione di strategie di rete per affrontare le situazioni di difficoltà dei minori e delle loro famiglie, coordinando e monitorando le relazioni tra famiglie, associazioni, realtà no profit, servizi pubblici e privati, anche al fine di creare prassi e modalità nuove di incontro e risposta ai bisogni delle famiglie e dei loro figli,
- incentivare esperienze innovative in tema di associazionismo familiare,
- favorire i "Centri servizi alla famiglia" dislocati sul territorio, prevedendo, dove esistono le risorse umane e associative, la gestione e l’organizzazione dei medesimi dalle realtà sociali impegnate sul campo della difesa del diritto del minore alla famiglia, attivando o incrementando, in tale contesto, anche i Servizi Affidi

3.3 Attivare collaborazioni educative tra realtà scolastiche e realtà extrascolastiche per prevenire il disagio adolescenziale e l’abbandono del sistema formativo

- sollecitare le singole realtà scolastiche a promuovere un "patto" tra famiglia e scuola per l’educazione dei ragazzi,
- incentivare la presenza delle famiglie nelle attività di doposcuola, anche attraverso la collaborazione delle associazioni familiari,
- favorire la creazione di collegamenti formali tra la scuola ed altre agenzie educative presenti sul territorio per la presa in carico congiunta dei ragazzi che presentano maggiori difficoltà,
- utilizzare lo strumento del "Piano del diritto allo studio", attualmente poco valorizzato sia dagli operatori sociali e scolastici che dagli amministratori locali, come importante momento di concertazione tra famiglia, scuola ed Ente Locale,
- potenziare una rete di servizi educativi a cui la famiglia possa rivolgersi per coinvolgere i propri figli in attività educative che tutelino e favoriscano un’esperienza positiva del minore nel tempo fuori dalla famiglia

3.4 Attivare nuove strategie formative nei confronti degli adolescenti problematici che abbandonano i percorsi previsti nell’obbligo formativo

- incentivare l’orientamento scolastico e professionale come una reale possibilità per tutti gli adolescenti e le loro famiglie di essere messi in grado di riconoscere il percorso educativo e formativo più idoneo allo sviluppo delle proprie potenzialità,
- sollecitare le realtà scolastiche ad attivare percorsi formativi personalizzati anche attraverso il coinvolgimento di soggetti educativi extrascolastici,
- promuovere azioni educative extrascolastiche di sostegno per contrastare l’abbandono scolastico e formativo degli adolescenti in difficoltà attraverso l’incontro con operatori ed educatori extrascolastici,
- sostenere le esperienze dei "maestri di strada" e attività formative mirate e personalizzate per minori in difficoltà (scuola/bottega, atelier, laboratori, etc) per contrastare l’abbandono dal sistema formativo e l’inserimento precario nel lavoro,
- sostenere ed incentivare la partecipazione scolastica dei minori disabili nei vari indirizzi di studio,
- garantire percorsi scolastici adeguati ai minori ospedalizzati,
- sollecitare le scuole e gli altri servizi educativi a favorire l’inserimento scolastico da parte dei minori stranieri, accompagnati o non accompagnati, alfine di consentire loro un’esperienza di apprendimento positiva e di integrazione,
- favorire l’utilizzo degli spazi scolastici per la realizzazione di attività rivolte ai bambini e ai ragazzi, ovvero gestite dagli stessi

3.5 Sostenere le realtà e le libere aggregazioni giovanili nella creazione di opportunità positive nel tempo libero

- offrire agli adolescenti l’opportunità di rappresentare le proprie istanze ed i propri bisogni ed a promuovere situazioni di consultazioni su determinati argomenti,
- promuovere esperienze di coinvolgimento degli adolescenti in situazioni di gestione diretta di servizi a loro rivolti ed esperienze di corresponsabilità con gli adulti,
- potenziare i servizi nel campo educativo-animativo e informativo-culturale favorendo libere aggregazioni di adolescenti e giovani o potenziando centri spontanei di aggregazione, in modo che le ragazze e i ragazzi diventino protagonisti del loro tentativo comunitario e non semplicemente fruitori di un servizio precostituito, con la presenza di figure tutoriali non solo adulte ma anche giovani di età superiore,
- favorire azioni che valorizzino la "strada" e la "piazza" come luoghi progettuali, di incontro nelle forme più spontanee possibili e punto di partenza per le libere aggregazioni e sviluppi di interessi,
- potenziare, nel tempo estivo, le opportunità relative a campi solari, centri ricreativi estivi, proposte per adolescenti, in attuazione dell’art 31 della convenzione Onu dei diritti dell’infanzia

4. La chiusura degli Istituti entro il 2006

Il Governo riconosce la necessità di attivare strumenti adeguati a livello legislativo e di intervento finanziario per uno specifico "Piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli Istituti per minori entro il 2006"

Il Governo si impegna a valutare, nello spirito della legge 149/01 e tenuto conto della Riforma del Titolo V della Costituzione, l’opportunità della costituzione di un fondo speciale con apposita dotazione finanziaria a partire dall’anno 2004, al fine di avviare, di concerto con le Regioni, considerate le peculiarità territoriali, programmi e interventi alternativi all’istituzionalizzazione Tali programmi e interventi devono sviluppare esperienze innovative di accoglienza e risposte intearative/sostitutive alla famiglia non idonea e assicurare un adeguato sostegno economico ai genitori adottivi di minori di età superiore ai dodici anni o con handicap grave accertato, erogabile fino al raggiungimento della maggiore età dell’adottato e sia di entità congrua alle sue necessità

In particolare si rende necessario

a) Promuovere l’affidamento familiare in base alle innovazioni e modifiche introdotte dalla legge n 149/01, in particolare valorizzando reti di famiglie e associazioni di famiglie entro cui la singola famiglia affidataria trova sostegno amicale e professionale (ari 5 comma 11149/01)

b) Promuovere l’adozione

• attraverso una corretta rilettura critica della normativa ed in particolare dell’ad 39 bis, lett A), della legge 184/1983 in modo da attuare correttamente la disposizione che attribuisce alle Regioni il compito di concorrere "a sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla legge 184/1 983,

• con l’emanazione del regolamento di cui all’ad 40, terzo comma della legge n 149/2001 (finora non ancora emanato) in cui venga prevista, per ogni minore dichiarato adottabile e per il quale il Tribunale per i minorenni competente non disponga l’affidamento preadottivo entro 1-2 mesi dalla dichiarazione definitiva dello stato di adottabilità e che non sia già inserito in una famiglia affidataria, una scheda conoscitiva che possa essere trasmessa agli altri Tribunali per i minorenni e a tutte le altre istituzioni competenti, prevedendo il coinvolgimento di gruppi e associazioni, che danno la loro disponibilità a svolgere una azione di sensibilizzazione per trovare una famiglia adeguata alle necessità di questi minori,

c) Diffondere lo strumento dell’adozione "mite" previsto dalla quarta ipotesi dell’ad 44 della legge 184/83 La giurisprudenza dei tribunali è concorde nel ritenere che la quarta ipotesi dell’ad 44 si applichi in due casi a) quando vi sia un rifiuto generale a prendere in affidamento preadottivo un minore abbandonato, che presenti difficoltà d’inserimento per la sua età (di preadolescente o adolescente), o per le deprivazioni subite o per gli handicap di cui è portatore Essa va ora estendendosi ai casi di affidamento familiare nei quali risulti impossibile il rientro del minore nella famiglia di origine

d) Riconoscere particolari requisiti per le realtà comunitarie preposte all’accoglimento di bambini vittime di esperienze traumatiche familiari, prevedendo, in particolare, la qualificazione del personale che vi opera, ivi compresa la certificazione della loro idoneità a svolgere il ruolo educativo e garanzie di continuità di presenza dello stesso

e) Incentivare comunità in cui è prevista la presenza di famiglie come responsabili educativi

f) Usufruendo di quanto previsto all’ad 11 comma 4 della legge 328/00, favorire la sperimentazione di altre forme innovative di accoglienza attraverso le quali si esprime la creatività e la responsabilità educativa di una famiglia, di un gruppo di famiglie, di un’Associazione di famiglie, di una Rete integrata di servizi

g) Rendere effettivo il divieto di collocare minori sotto i 6 anni negli istituti.

Parte quarta

1. Copertura finanziaria

In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti nel presente Piano, come richiesto dall’articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n 451, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell’ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria

 

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