Commissione parlamentare per l'infanzia

DOCUMENTO IN MATERIA DI PEDOFILIA

La Commissione parlamentare per l'infanzia,
1) considerate le audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'abuso e lo sfruttamento dei minori, deliberata in data 4 dicembre 2001 e, in particolare, del dottor Rosario Priore, direttore generale del dipartimento giustizia minorile (5 dicembre 2001), del dottor Domenico Vulpiani, dirigente superiore della polizia di Stato, direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni (11 dicembre 2001), dell'ambasciatore Giancarlo Aragona, direttore generale affari politici multilaterali, in relazione alla sessione straordinaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di infanzia (24 gennaio 2002), del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, dottor Lucio Stanca, in relazione alla tutela dei minori nella problematica della regolamentazione di internet, (30 gennaio 2002), del dottor Pierfrancesco Gaggi, responsabile del settore sistemi di pagamento dell'ABI (associazione bancaria italiana) e dell'ingegner Claudio Venturi, responsabile delle relazioni istituzionali della servizi interbancari s.p.a., in merito all'utilizzo delle carte di credito per il pagamento di materiale pedopornografico su internet, (5 febbraio 2002), dell'ingegner Paolo Nuti, presidente dell'Associazione italiana internet providers, e del dottor Matteo Fici, presidente dell'Assoprovider, in relazione alla problematica della regolamentazione di internet, (7 febbraio 2002), del dottor Francesco Verdoliva, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Salerno, sul rapporto tra minori e internet (12 febbraio 2002), del professor Cesare Mirabelli, presidente del Consiglio nazionale degli utenti, sul rapporto tra minori e internet, (19 febbraio 2002), dell'avv. Gianfranco Dosi, presidente AIAF (associazione italiana degli avvocati per la famiglia e i minori) e dell'avv. Alessandro Sartori, presidente AIAF - regione Veneto, in merito alla prospettata riforma di alcuni istituti in materia di giustizia minorile (20 febbraio 2002);
2) considerate le conclusioni del secondo convegno mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali svoltosi a Yokohama dal 17 al 20 dicembre 2001 cui ha preso parte un delegazione della Commissione e, in particolare, là dove si ribadisce l'importanza e l'auspicio di una più efficace applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo e dei relativi strumenti da parte degli Stati membri, sottolineando la convinzione della necessità di proteggere i diritti dei bambini dallo sfruttamento sessuale a fini commerciali nella forma della prostituzione, della pornografia minorile e del traffico dei bambini a fini sessuali, si riafferma l'impegno nel costruire una cultura di rispetto per tutte le persone, fondata sul principio della non discriminazione e nell'eliminare lo sfruttamento sessuale dei bambini, in particolare condividendo le lezioni apprese a partire dal primo congresso e incrementando la cooperazione a questo riguardo, si auspica l'accrescimento degli sforzi contro lo sfruttamento sessuale a fini commerciali dei minori, in particolare individuando le cause primarie che pongono i fanciulli e le fanciulle a rischio di sfruttamento, come la povertà, la disuguaglianza, la discriminazione, la persecuzione, la violenza, i conflitti armati, l'AIDS, il disagio familiare, il ruolo subordinato e privo di protezione delle bambine, il mercato, la criminalità, la violazione dei diritti dei minori, attraverso misure globali, tra cui un migliore accesso all'educazione da parte dei bambini e bambine, programmi anti povertà, misure di supporto sociale, la crescita di una consapevolezza pubblica, il recupero fisico, psicologico e la reintegrazione sociale delle vittime e azioni per punire lo sfruttamento sessuale a fini commerciali dei minori in tutte le sue forme e nel rispetto degli strumenti internazionali più rilevanti, evitando di criminalizzare o di penalizzare le piccole vittime, si indica la necessità di intraprendere misure idonee per contrastare l'abuso delle moderne tecnologie, in particolare internet come veicolo di pornografia infantile, riconoscendo d'altra parte il potenziale delle stesse per la protezione dei bambini dallo sfruttamento sessuale a fini commerciali, mediante la diffusione capillare e lo scambio di informazioni tra partners e si riafferma la necessità di sostegno delle famiglie;
3) considerata altresì l'attività svolta dalla Commissione parlamentare per l'infanzia nella precedente legislatura, che si è compendiata nell'approvazione di due identiche risoluzioni, a prima firma Cavanna Scirea (ed altri) 7-00990 iniziative in materia di pedofilia e Montagnino (ed altri) 7-00029 iniziative in materia di pedofilia;
4) considerate inoltre le mozioni, approvate dalla Camera in data 6 novembre 2001, Volontè 1-00017 , Lucidi 1-00022, Burani 1-00024, Mazzuca 1-00025 e Valpiana 1-00026 e le relative note di attuazione inviate dal Governo
per quanto concerne il profilo penale, ritiene:
1. riconosciuta la validità complessiva della legge 269 del 1998, come strumento fondamentale nella lotta allo sfruttamento sessuale dei minori - come confermatoci dalle audizioni del dottor Domenico Vulpiani, direttore della polizia delle comunicazioni e del dottor Rosario Priore, direttore generale del dipartimento giustizia minorile - sono emerse tuttavia delle lacune di tale atto normativo che condurrebbero a proporre alcuni inasprimenti. In primo luogo, si ritiene di dover escludere la possibilità di chiedere il patteggiamento per alcune fattispecie di reato, ritenute particolarmente riprovevoli e odiose e riguardanti in particolare i cosiddetti clienti, (coloro che in cambio di denaro o altra utilità economica compiono atti sessuali con minori tra i 14 e i 16 anni) e coloro che in vario modo distribuiscono o divulgano materiale pedopornografico. Si considera infatti importante, da un punto di vista culturale, trasmettere un messaggio di effettività della pena; in altri termini, la consapevolezza che chi si rende colpevole di determinati reati sconterà comunque una pena in carcere. Su questo punto si dà tuttavia atto che non vi è unanimità di pareri tra gli stessi giuristi. Il patteggiamento infatti, pur riducendo la pena, la rende effettiva per reati che, prevedendo pene tra i sei mesi e i sei anni, rischierebbero altrimenti con i normali tempi della giustizia di cadere in prescrizione. Saranno dunque le Commissioni permanenti giustizia di Camera e Senato ad esprimere - se lo ritengono - la posizione legislativa del Parlamento.
In secondo luogo, è parso opportuno introdurre la previsione di nuove fattispecie di reato, come ad esempio quella volta a punire chi partecipa a iniziative turistiche che comportano lo sfruttamento sessuale dei minori. La legge 269/98, infatti, nella sua versione attuale, si limita a punire chi organizza o propaganda viaggi a scopo sessuale, ma nulla prevede rispetto a chi partecipa a tali viaggi: sarebbe pertanto necessario colmare questa lacuna.
2. Per quanto concerne la parte di procedura penale, si è ritenuto di introdurre alcune norme dirette ad agevolare l'opera di individuazione dei responsabili, ad accelerare l'operato della magistratura, a tutelare la personalità del minore coinvolto in vicende processuali particolarmente traumatiche. In particolare, la comunicazione della notizia di reato andrebbe adeguata e prevista per ogni reato che offenda la libertà personale del minore e dovrebbe essere fatta al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e non al tribunale, perché è il primo e non il secondo ad avere il potere di iniziativa per la tutela della salute psicologica del minore. D'altra parte, non si comprende quale potrebbe essere l'utilizzo che il tribunale possa fare delle notizie a lui trasmesse se non quello di trasmetterle al procuratore della repubblica presso il tribunale per i minorenni per le proprie richieste in ordine a provvedimenti a tutela del minore. Altra norma di carattere procedurale volta a una più efficace tutela del minore nel corso dei procedimenti penali che lo riguardano potrebbe essere che l'esame del minore vittima del reato avvenga, su richiesta del minore stesso, dei genitori, di coloro che esercitano la patria potestà o del suo legale, mediante l'uso di un vetro specchio unitamente a un impianto citofonico. Appare inoltre necessario evitare lo spezzettamento delle indagini in più luoghi, la indeterminatezza ovvero l'incertezza del giudice competente e una dispersione delle competenze dell'ufficio del pubblico ministero che, avendo per primo iscritto il fatto nel registro di cui all'articolo 335 c.p.p., quanto meno ha dimostrato una maggiore attenzione al fenomeno. Sarebbe altresì necessario estendere i casi di arresto obbligatorio in flagranza, che può essere consentito anche nei confronti di minori, in ciò accogliendo poi un invito in tal senso da parte di vari auditi, tra cui il dottor Verdoliva e il dottor Domenico Vulpiani, che si riferiva in particolare all'ipotesi della cessione gratuita di immagini pedopornografiche.
3. Per quanto concerne il problema della responsabilità dei providers, occorre in primo luogo operare un'importante distinzione all'interno della categoria. Come limpidamente illustrato dal dottor Lucio Stanca, Ministro per l'innovazione e le tecnologie, si individuano quattro distinti tipi di operatori con compiti e responsabilità diverse, coloro che forniscono solamente le infrastrutture di telecomunicazione o network providers (la cui responsabilità non può concepirsi), quelli che provvedono ad «un servizio completo» per il cliente o content providers (accesso e contenuti, e qui la responsabilità per eventuali fatti illeciti è fuori di dubbio), coloro che forniscono il solo accesso alla rete ovvero aggiungono ulteriori servizi connessi all'uso della rete, rispettivamente access e service providers (proprio per queste due ultime categorie l'affermazione della responsabilità è più problematica).
È opportuno prevedere che i providers abbiano l'obbligo di conservare i file log per un tempo congruo. È stato segnalato, proprio nel corso di un'audizione dei presidenti di associazioni di internet providers, che tale tempo potrebbe essere di cinque anni. Inoltre occorre che gli stessi providers si dotino di codici di auregolamentazione, il cui rispetto sia assicurato dalla vigilanza ministeriale, sia attraverso l'apposizione di una sorta di logo che asseveri la loro adesione alle norme deontologiche sia, nei casi più gravi di violazione delle regole di comportamento, con provvedimenti sanzionatori che portino alla revoca dell'autorizzazione all'esercizio della loro attività. Tali obblighi a carico dei fornitori delle reti telematiche permetterebbero da un lato una navigazione più sicura in internet, dall'altro agevolerebbero la identificazione di coloro che commettono illeciti in rete. A tal fine potrebbero essere anche individuate idonee forme di monitoraggio telematico delle attività informatiche dei soggetti a rischio.
Si ritiene, inoltre, opportuno introdurre alcune misure preventive sia verso gli autori del reato - tra cui si riscontra un'allarmante tendenza alla recidiva - sia a favore delle piccole vittime. In particolare:
1. si potrebbe prevedere la possibilità di essere ammessi a trattamenti (psicoterapeutici, neuropsichiatrici e farmacologici) non solo per coloro che siano stati condannati per reati relativi al fenomeno della pedofilia ma anche, e qui si accentua il carattere preventivo della previsione, per gli indagati nel corso delle indagini preliminari. La sottoposizione ai trattamenti può essere tenuta in considerazione, dopo idonea valutazione delle relazioni medico-psicologiche, dal magistrato competente ai fini della concessione dei benefici di legge. Questo perché la pedofilia consiste in uno stato psicologico deviato, in una malattia che, oltre a poter comportare rilievi penalistici, consiste in uno stato morboso che va curato, secondo le possibilità scientifiche e nel rispetto dei diritti fondamentali della persona. Tali misure preventive avrebbero un duplice beneficio: per la collettività, stante la drammatica tendenza alla recidiva dei reati connessi al fenomeno, e per l'individuo, messo in grado di proteggersi contro sé stesso e contro le proprie pulsioni irrefrenabili.
2. appare inoltre opportuno introdurre disposizioni in ordine alla comunicazione al magistrato di sorveglianza competente, da parte del condannato di reati connessi al fenomeno della pedofilia, una volta riacquistata la libertà personale, di quale sarà la sua residenza o dimora per un periodo di cinque anni dalla espiazione della pena. Tale norma, da applicarsi con le doverose cautele, potrebbe costituire anch'essa un valido strumento di prevenzione, in quanto di tali spostamenti potrà venire a conoscenza l'autorità di p.s. per le opportune misure di prevenzione del caso. È altresì opportuno che i soggetti condannati per i reati in materia di pedofilia (articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 608 octies del codice penale) sia ritirato il passaporto per un periodo minimo di cinque anni nonché sia escluso il visto per alcuni paesi esteri a rischio di turismo sessuale.
3. al fine di contrastare il disagio minorile, gli istituti scolastici dovrebbero, nel rispetto dell'autonomia scolastica, stipulare speciali convenzioni, per introdurre nelle scuole équipe interdisciplinari, composte da un pediatra, un assistente sociale, uno psicologo. Tale équipe dovrebbe avere i compiti di individuare ogni tipo di situazione di disagio minorile presente negli istituti scolastici, concordare, con il responsabile dell'istituto scolastico e i docenti, le iniziative e gli strumenti più idonei da adottare per eliminare le situazioni a rischio, stabilire incontri con le famiglie dei minori che versino in situazioni di disagio, al fine di concordare anche con loro le misure migliori da adottare, nonché segnalare all'autorità giudiziaria le situazioni a rischio particolarmente gravi. Le équipes dovrebbero infine elaborare annualmente una relazione sull'attività svolta e sulle problematiche emerse, nel totale rispetto della privacy dei minori e dei loro familiari.

Conclusioni - Istituzione di un Garante per l'infanzia

La Commissione ritiene infine opportuno procedere alla istituzione di un Garante per l'infanzia. In Italia tale figura non esiste a livello nazionale, mentre essa è stata istituita in alcune regioni attraverso un'apposita legge. Si tratta, in particolare, delle leggi della regione Veneto n. 42 del 1988, della regione Friuli-Venezia-Giulia n. 49 del 1993, della regione Piemonte n. 55 del 1989 e della regione Puglia n. 10 del 1999.
La Commissione si riserva di valutare quali debbano essere le funzioni e i compiti di garanti regionali per l'infanzia o difensori civici per l'infanzia, quali che siano le denominazioni prescelte. Si ritiene tuttavia opportuno definire con una legge quadro le linee essenziali cui ricondurre gli istituendi garanti regionali, anche al fine di definire i rapporti con gli organismi istituiti dalla legge n. 451 del 1997, in particolare la Commissione parlamentare per l'infanzia, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e per l'adolescenza e il Centro nazionale di documentazione per l'infanzia e per l'adolescenza.

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