Alberto PELLAI, Università di Milano. Ringrazio tutti. Considero un grande onore parlare all'interno di questa sede e ne sono anche un po’ intimorito. Io sono un operatore di sanità pubblica e in università il nostro lavoro è quello di conoscere i dati epidemiologici e i dati clinici, i dati degli educatori e degli psicologi e identificare problemi per trovare non tanto delle soluzioni ma delle possibilità di gestione delle complessità che essi presentano. Nel caso dei "media" vecchi e nuovi ci accorgiamo che non esistono soluzioni. Vorrei cominciare presentando qui, per la prima volta, i risultati di una ricerca che abbiamo fatto con 6.915 adolescenti provenienti da 87 scuole, ovvero 435 classi di 7 diversi territori italiani che vanno da Trieste a Caltanissetta, sufficientemente attendibile e rappresentativa. Che cosa succede nella vita degli adolescenti? Abbiamo indagato quello che posseggono nella loro camera, come usano il tempo libero; abbiamo anche fatto una serie di indagini rispetto ai loro comportamenti.
Questa ricerca è stata molto interessante anche perché ci ha consentito di poter disegnare diversi profili legati anche all'identità di genere, cioè identificando le differenze principali relative alla crescita di un adolescente maschio rispetto a quella di una coetanea di sesso femminile. Avendo la ricerca coinvolto così tante classi (più di 400) si è potuto verificare la differenza tra un 14enne e un 18enne nel suo modo di rapportarsi con i mezzi tecnologici. Non esistono differenze rispetto a un mezzo come la TV, ce l'hanno più o meno nella medesima percentuale all'interno della loro camera, la utilizzano più o meno per le medesime quantità di tempo, mentre esistono differenze rispetto ai new-media e certamente per i maschi c'è più familiarità con l'uso del computer, ma un dato molto evidente è che questa familiarità si traduce in una straordinaria differenza nell'uso degli strumenti informatici per giocare.
L'esperienza del videogioco distanzia di più del 30% un 18enne da un 14enne: possedere per esempio una play-station è realtà per il 35-40% dei maschi delle quinte classi superiori e per il 65% dei maschi di una prima classe superiore. Con questo dato abbastanza grossolano voi toccate con mano che cosa vuol dire produrre un cambiamento rilevantissimo all'interno di una stessa generazione, cioè all'interno di un arco di cinque anni. Vista la velocità con cui questi cambiamenti si producono, che cosa sarà da qua a cinque anni, quale sarà cioè la situazione di una classe di prima scuola superiore rispetto all'uso dei new-media nel 2007? Altro dato sul tempo libero: troviamo qualcosa come quattro ore di esperienza video, cioè mediata da uno schermo, nella giornata tipo dei nostri adolescenti e ci troviamo di fronte a soggetti che, in un caso su quattro, hanno già giocato al videopoker, quasi sempre all’interno di un luogo di aggregazione sociale.
Questo dato dimostra come gli attuali adolescenti, grazie alla familiarità che già hanno con strumenti elettronici, possano entrare nel mondo del gioco d'azzardo assai precocemente, fenomeno solitamente non possibile per soggetti di età così precoce. Penso che le cose attualmente stiano cambiando troppo velocemente e noi tecnici possiamo solo permetterci di inseguire i fenomeni, come se vivessimo all’interno di un grande laboratorio in cui cerchiamo di usare i nostri strumenti, i nostri attrezzi del mestiere per stare dietro alla realtà, per compiere dei tentativi che ci aiutino a comprenderla meglio. Posso fornirvi un paradigma che per il mondo della sanità pubblica si è rilevato assai interessante.
Come disciplina, la sanità pubblica ha preso coscienza del potere di trasformazione che ha l'avvento dei media all'interno di un contesto sociale, verificando cosa è successo nelle Isole Fiji prima e dopo l'ingresso della televisione in questo territorio. In tale zona, infatti, quando improvvisamente la TV ha fatto la sua comparsa, si è potuto constatare che, nell'arco di tre o quattro anni, le donne - che erano molto fiere della loro corporeità potente, spesso massiccia - si sono trovate a dover gestire invece un totale ribaltamento dei loro parametri di estetica corporea. Infatti, nelle Isole Fiji, per la prima volta, si è dovuto fare i conti con i disturbi del comportamento alimentare all’interno della popolazione locale. Verifichiamo inoltre come sono cambiate le stanze dei nostri ragazzi. La loro camera da letto, per esempio, è diventata uno straordinario laboratorio che consente di fare cose incredibili e consente di avere accesso a moltissime possibilità. Ma contemporaneamente non siamo riusciti a cambiare noi adulti, che dovremmo accompagnarli in questi percorsi e credo che in parte non sono cambiati nemmeno i bambini e i ragazzi. Per poter gestire una simile complessità avremmo bisogno di mutamenti genetici rispetto ai modelli mentali, avremmo bisogno di rendere flessibili i percorsi evolutivi nella psicologia del bambino.
Avevo proprio scritto anch'io "intelligenza emotiva" sulla traccia del mio intervento per potervi fare riferimento, ma , poiché ne ha già parlato il precedente collega, citerò un altro modello, quello delle "intelligenze multiple" di Gardner, che ha molto cambiato il modo di fare scuola e di educare i ragazzi. In realtà si è visto che alcune tipologie di intelligenza presenti in questo modello, quali quella artistica o creativa, se non vengono opportunamente sensibilizzate, educate, potenziate, stimolate tra i cinque e gli otto anni si perdono per sempre; in un certo senso dopo questa età potete mantenere ciò che avete guadagnato, ma non potete, se non a costo di grande fatica, conquistare di più. Nel titolo della mia comunicazione sul programma di stamattina leggete anche la scritta "Istruzioni per l'uso": io, alla luce un po’ di queste indicazioni, ho fissato una serie di cose che secondo me è importante fare.
Tanto per cominciare ritengo importante realizzare e organizzare un tavolo di lavoro simile a questo che ci vede riuniti in occasione di questo convegno che consente a tutti - la collettività, gli accademici, i genitori, gli operatori dei media, di saperne di più, fare ricerca, osservare cosa sta succedendo nei percorsi di crescita, raccogliere dati, sia con gli strumenti epidemiologici, sia con l'osservazione diretta o usando altri strumenti della ricerca sociale. In secondo luogo ritengo importante avere chiaro quali sono le nostre priorità come educatori, formatori, accompagnatori nel percorso dell'età evolutiva. Avere presente il modello dell'intelligenza emotiva significa capire che cosa succede in un percorso evolutivo: a volte è difficile contemplare l'arrivo di un media all'interno della scuola se non si hanno quelle informazioni che ci ha appena portato il collega Meghnagi. Perciò io ho conosciuto scuole che richiedevano l'aula informatica senza avere una palestra, o senza averla agibile. Se i bambini sono alla scuola materna o alla scuola elementare, la priorità resta la possibilità di poter abitare il proprio corpo come strumento di crescita, di evoluzione, di relazione e di educazione.
Fatto questo si può poi portare un computer dentro all'aula e sintonizzare tutte le altri parti del percorso evolutivo, usando il media come uno strumento dell'educazione. Il mio lavoro è abbastanza concreto, io quasi sempre tratto con docenti o con genitori con cui si attivano esperienze di autoformazione o autoeducazione sul campo. Una delle cose che ho imparato in un’esperienza di prevenzione dell'abuso sessuale fatto nella provincia di Vercelli è che non ha molto significato dire "internet è pericoloso per i bambini" perché una delle cose che dicono i genitori è "non sappiamo neanche come si accende il computer dei nostri figli".
Ecco allora che occorre avviare un processo di alfabetizzazione degli adulti: una soluzione concreta proposta dai genitori della provincia di Vercelli in alcune scuole è stato di chiamare due genitori che sanno come si accende il computer e come si entra dentro internet consentendo a tutti di vedere e imparare tramite un videoproiettore. Dopo avere insegnato come si accende il computer, ai genitori si potrà insegnare ad entrare dentro la "rete" e verificare quali sono i siti che più frequentemente consultano i loro figli non solo per controllarli ma per poter stare loro a fianco, perché altrimenti non è così facile per un genitore rivestire il proprio ruolo educativo, senza conoscere il contesto in cui si muove. Altra considerazione da fare è che questi mezzi tecnologici sono veramente veloci (io li chiamo fast); e più tutto va veloce meno dobbiamo svolgere processi di elaborazione. Tale velocità obbliga il fruitore di tali strumenti a non pensare a quello che fa ma semplicemente a mettersi in un percorso predefinito da altri e a seguirlo. In realtà questo è l'esatto contrario di quello che serve in età evolutiva. I percorsi educativi sono efficaci quando sono graduali e tarati sulla fase specifica all'interno della quale si trova quel soggetto.
Quindi dobbiamo proprio decelerare quando ragioniamo in termini di media e quando lavoriamo con i bambini e ancora do testimonianza di un'esperienza concreta molto bella che mi ha raccontato un insegnante, che è riuscita a fare leggere un libro complesso alla sua classe facendoli innamorare di quella lettura, dopo di che ha deciso di farli entrare in una chat line per parlare di quel libro. La chat andava così veloce, le frasi fluivano così rapidamente che, terminata l'ora di discussione del libro all'interno della chat-line, i ragazzi sono ritornati in classe considerando come assai frustrante la possibilità di mediare la loro cultura personale legata a quell'esperienza all'interno di uno strumento che non consentiva l'elaborazione e la condivisione non tanto di parole, ma di pensieri e di emozioni. Credo che quell'insegnante abbia fatto un lavoro educativo straordinario proprio in termini di educazione ai "media".
Ritengo importante un convegno come questo, diretto ad unire aree diverse della collettività, i politici, i tecnici, gli educatori, i rappresentanti delle associazioni dei bambini, perché quando il problema è complesso solo il tavolo di lavoro in cui si hanno i punti di vista di tutti può dare qualche risultato. Vi cito un esempio che secondo me è interessantissimo. Da due anni con il mio istituto collaboro alla costruzione di una macchina un po’ complessa che si chiama Kinder Kom; quest'anno è una sorta di forum in cui gli esperti dell'informazione, dell'educazione, dei bambini, dei genitori, si trovano insieme a riflettere sui problemi, su cui prima non si erano mai soffermati, il tutto naturalmente riguarda l’impatto che i media hanno sulla crescita psicologica, affettiva e biologica dei più piccoli. Il tema scelto per l’edizione di Kinder Kom di quest’anno è "L’informazione in tema di guerra e i bambini" e credo che sia un'idea molto intelligente per provare a costruire modelli efficaci rispetto a problemi così gravi e che ci colpiscono a volte in modo improvviso e inatteso. Un'altra cosa che ritengo importante, e con questo concludo, è che sono molto d'accordo con il Presidente Petruccioli: la pubblicità è il paradigma che ci porta a fare questo genere di discorsi perché i media sono all'interno di un potentissimo sistema di mercato. I media sono ormai un’azienda, il cui obiettivo quindi è la creazione di un profitto.
L'"azienda" che invece interessa a noi, che riflettiamo sul bene della collettività dei bambini, è un'azienda totalmente diversa: noi vogliamo educare, formare, far crescere. Una delle cose che abbiamo scoperto sulla nostra pelle analizzando ciò che è successo al sistema media in questi anni è che obiettivi educativi ed obiettivi di mercato a volte rischiano di essere totalmente incompatibili. Negli Stati Uniti sempre più persone si domandano quanto l'ondata della penetrazione massiccia dei media, nelle scuole, è stata concepita su un'agenda educativa e quanto è stata invece la pressione di un sistema di mercato che deve orientare e formare al consumo. Ecco che allora noi che abbiamo, direi, un'agenda apparentemente meno potente ma molto più competente siamo i responsabili della gestione della complessità del sistema e quindi siamo coloro che non devono mai stancarsi di produrre pensiero. Rispetto alla pubblicità, annuncio, anche in questo caso per la prima volta, i risultati di un monitoraggio sistematico. In sei mesi di monitoraggio di tutte le trasmissioni rivolte ai bambini contenenti cartoni animati, è risultato che la RAI fa un ottimo lavoro, ma molte altre reti sistematicamente trasgrediscono tutti i termini imposti per legge, e io mi domando come è possibile, nel senso che se esiste una legge non si la può infrangere, la legge non esiste senza la applicazione di una sanzione.
Quindi noi diffonderemo questi dati, ma quello che vogliamo non è tanto sostenere una politica repressiva, ma creare un dibattito con le nostre ricerche, con i nostri dati, con le nostre informazioni, perché effettivamente quello che succede ai bambini cambia in modo così veloce, da risultare a noi tutti - ricercatori, educatori, adulti e genitori -a volte del tutto imprevedibile. Del resto la scoperta della complessità, dice Stanger, "lungi dall'essere una panacea universale è piuttosto una scoperta di problemi, non di soluzioni". Ho l’impressione che a volte noi siamo orientati a dare velocemente e subitaneamente soluzioni, invece sarebbe necessario riflettere di più sui problemi. Almeno su questo tema, auspico per il futuro molta ricerca, molto dibattito pubblico e politico e, certamente, molta più etica nel rispetto dei diritti irrinunciabili dei minori e dei doveri, che noi adulti abbiamo nei loro confronti.