David MEGHNAGI, Università di Roma Tre. Nel mio intervento prenderò in relazione tre aspetti che appaiono strettamente correlati. Il primo è la alfabetizzazione emotiva, da cui non possiamo prescindere quando si parla di bambini e di rapporto tra bambini e adulti. Il secondo aspetto è il rapporto tra lo sviluppo emotivo e lo sviluppo cognitivo. L’attività cognitiva presuppone infatti sempre una dimensione affettiva, emotiva e relazionale. Si può divergere sul momento in cui attribuiamo ad un atto un carattere affettivo ed emotivo, nel senso in cui attribuiamo al mondo adulto questo termine, discutere su come e quando si può parlare di attività cognitiva nel senso in cui lo intendiamo con riferimento allo sviluppo psicologico del bambino.
Si può dare una diversa lettura delle fasi che caratterizzano tali processi, ma il dato di per sé imprenscindibile, di cui non possiamo fare assolutamente a meno quando riflettiamo su questi temi, è che l’attività emotiva è già di per sé un’attività "cognitiva". Il terzo aspetto, di pertinenza dell’incontro odierno, è il rapporto con la dimensione della tecnica, con la dimensione di internet e con quella della televisione. Si tratta ovviamente di realtà fra loro non omologabili. La televisione e internet non sono la stessa cosa. Nel mondo televisivo la ricezione è in larga parte passiva, con internet c’è interazione, ed è questo aspetto relazionale che più di ogni altro spiega il crescente coinvolgimento del mondo giovanile in questa pratica comunicativa. Possiamo discutere delle distorsioni che tale forma di comunicazione può assumere, ma non demonizzarla. L’uso consapevole delle tecnologie è la grande sfida dei percorsi di formazione.
Le sfide vanno raccolte per formare cittadini consapevoli, avendo presente che ci sono stati dei cambiamenti profondi nell’organizzazione della vita sociale e nel modo di percepire il tempo. L’accelerazione del tempo coinvolge aspetti importanti dei processi di formazione e di assimilazione del sapere. C’è uno scarto crescente da questi due aspetti. Un tempo le rivoluzioni nel campo della tecnica avvenivano più lentamente e questo permetteva una riorganizzazione dei processi di elaborazione dei cambiamenti nella vita umana.
È un dato da cui non possiamo assolutamente prescindere, se no rischiamo di fare dei discorsi avulsi dal reale con esaltazioni mitiche di un ritorno al passato o che sono speculari alla mitizzazione della tecnica che prescinde dal fatto che l'essere umano è in primo luogo un essere biopsichico, che ha bisogno di relazioni, che si nutre della relazione umana come si nutre del cibo. Il latte se è andato a male, avvelena l’organismo del piccolo. Allo stesso modo la relazione affettiva, se è avvelenata, avvelena la mente del piccolo, ne danneggia il sistema immunitarie, danneggia lo sviluppo emotivo e cognitivo. Avvelena la mente allo stesso modo in cui il cibo guasto avvelena l’organismo. Il bambino ha bisogno di essere nutrito affettivamente. I pensieri del bambino hanno bisogno di essere nutriti per crescere. Le risposte affettive contribuiscono a formare una teoria della realtà.
Concordo con la necessità di un approccio interdisciplinare che tenga conto delle diverse sfaccettature dei problemi. In piccolo è quel che si cercato di fare all’interno del Laboratorio di psicologia clinica della nostra università dove abbiamo cercato di far dialogare su questi problemi psicologi ed educatori, sociologi e filosofi attorno ad una questione centrale nello sviluppo dell’infanzia e dell’adolescenza: la relazione tra emozioni e cognizioni, apprendimento precoce delle lingue e apprendimento delle nuove tecnologie. In questo contesto è stato particolarmente interessante il rapporto con le insegnanti delle scuole materne e delle elementari che sono poi coloro che dal vivo sperimentano questi problemi. Senza un rapporto vivo con gli insegnanti non si va da nessuna parte. Sono loro a vivere in prima linea, sono loro che maggiormente hanno bisogno di supporto e di sostegno nella loro difficile a appassionante attività. Lavorare con gli insegnanti, significa mettere a loro disposizione mezzi e strumenti per fare ricerca e arricchire le loro competenze.
Non basta dare un computer alle scuole. Metterli in un’aula distinta e separata dal resto della scuola, come se fossero dei totem, da mostrare ai visitatori, come talvolta accade, è quanto di peggio se ne può fare. Il computer è un mezzo come tanti altri, che bisogna saper usare, con il quale il bambino (ma soprattutto l’insegnante) deve essere sensibilizzato. Non è un mezzo sostitutivo. Soprattutto non è un fine. E’ un mezzo che non sostituisce gli altri. Soprattutto non può sostituire la cosa più importante di cui hanno bisogno i bambini, una buona relazione, una costante attenzione alla loro crescita affettiva e cognitiva.
Il bambino ha bisogno di giocare, di sperimentare il piacere di stare con altri. Giocando si può insegnare ai piccoli i rudimenti di una lingua straniera, perfezionando la propria. Ciò che conta è la dimensione ludica, il piacere provato nel poter manipolare la realtà dei suoni in un’età in cui questo è più facile. Dai tre ai sei anni i bambini possono imparare facilmente una seconda e anche una terza lingua attraverso la mimica e i processi di identificazione primaria.
Ma quanti genitori sono disposti a spendere con i loro bambini almeno un'ora della loro giornata? La donna di oggi è terribilmente angosciata, divisa tra opposte richieste talora inconciliabili. Un secolo fa la donna colta rischiava l'isteria perché era privata della dimensione del lavoro, oggi rischia la depressione. Le malattie delle donne di oggi sono fondamentalmente a sfondo depressivo, legate all’angoscia di un sentimento di perdita incombente, fatta di opposti richiami, essere donna e madre, realizzarsi nella professione senza con ciò perdere un rapporto fondamentale con la sua identità di donna. I maschi al contrario sono diventati un po’ più isterici, insicuri del proprio ruolo e talora in competizione con le proprie compagne sul loro stesso terreno.
Ci sono adulti che passano la notte a comunicare con estranei, sognando una vita diversa e vivendo da estranei in casa. Ci sono coppie implose dove il marito da una parte comunica con persone che non conosce nemmeno in una stanza mentre la moglie magari fa la stessa cosa nella stanza accanto. Una sorta di duplice sogno trasgressivo e di ricerca di un surrogato di relazione. Tutto questo fa parte della vita e delle difficoltà della vita e pone dei problemi di protezione dei piccoli.
Quando una bambina piange, la risposta immediata della madre non è soltanto una rassicurazione affettiva, è un atto di interpretazione della realtà. La risposta che arriva dalla madre è una risposta che fornisce al bambino un modello di interpretazione del reale, che scandisce il tempo e prepara il successivo percorso di elaborazione della realtà, è già un atto di interpretazione della realtà. Il problema non è quindi soltanto la mancanza di una risposta affettiva e relazionale del mondo adulto, ma il fatto che questa mancanza danneggia il sistema immunitario del bambino. Non è soltanto una deprivazione, che avrà effetti debilitanti sul sistema immunitario, sulla capacità di relazione umana, ma danneggia anche il sistema pensiero. Uno dei grandi limiti della ricerca del passato in campo psicologico era quella di operare una separazione netta tra processi affettivi e cognitivi, tutte le ricerche psicologiche che sono state attuate negli anni venti e trenta, che servivano a misurare il quoziente di intelligenza, erano incentrate su una separazione radicale rigida tra le funzioni emotive e quelle intellettive e questo spiega perché in genere questi test potevano semmai, quando funzionavano, misurare il successo scolastico, non il successo nella vita. La vita è una cosa più seria del successo scolastico, erano evidentemente test costituiti a immagine e somiglianza degli insegnanti o degli operatori nella scuola o dei docenti universitari. Oggi si è più consapevoli, la ricerca neuropsicologica ce lo conferma, c’è una maggiore cognizione del fatto che noi abbiamo i due orologi di interpretazione della realtà, uno collegato alle funzioni del sistema limbico, del sistema emotivo, che è una parte del cervello che è servita nello sviluppo della specie quando vivevamo nella savana, che era fondamentale ieri è altrettanto importante oggi, un secondo sistema che si è sviluppato più lentamente nel tempo, che strettamente si è intrecciato al primo, che invece funziona con movimenti più lenti, di maggiore precisazione. Questi due sistemi sono essenziali per un buon funzionamento della mente. Se il primo sistema è danneggiato, non funziona bene nemmeno il secondo.
Di fronte alla sfida del computer bisogna evitare le scorciatoie. Non sempre è necessario acquistare costose macchine e programmi che magari non servono. Molti problemi le scuole dell’autonomia li possono affondare facendosi donare i mezzi dimessi dalla Banche e dai grandi centri di ricerca, arricchendoli dei programmi necessari per la scuola, aggiornando gli insegnanti ad un uso proficuo di ciò che si ritrova in rete. Quando il computer è nato serviva in primo luogo per gli uffici. Office non è stato pensato per la scuola, tanto meno per quella primaria. Solo dopo questa prima diffusione il problema si è posto anche per gli ambiti educativi.
Essendo da tempo impegnato nel lavoro di supporto e di formazione degli insegnanti delle scuole posso garantire che ci sono molte esperienze misconosciute di cui essere orgogliosi. Ci sono molti maestri e insegnanti disseminati nel territorio che lavorano con passione e si aggiornano e non chiedono altro che di essere sostenuti nel loro difficile sforzo.
Quanto al computer, si può utilizzare, solo per fare un esempio, una qualunque tavola board per disegnare insieme ad altri bambini di altri città e paesi. Il disegno può essere iniziato da un bimbo italiano e completato da uno francese, inglese o asiatico. Dal disegno si può arrivare ad una composizione e con i più grandi ad un gioco di composizione. Magari i piccoli di una classe potranno poi conoscere i piccoli di un’altra, fare delle composizioni insieme. È una dimensione interculturale dell’educazione che arricchisce il mondo affettivo e relazionale, in cui la dimensione ludica è prevalente, intendendo con ciò la gioia del vivere che gli adulti possono trasmettere solo se la portano dentro.
Questi disegni sono cose che i bambini hanno sempre fatto, sono cose che qualsiasi papà, qualsiasi maestro conosce. All’età di tre o quattro anni si disegna il sole, si gioca mettendo due case in cui in una casa c'è uno, in una casa c'è un altro, quindi la relazione tra due bambini, il problema della solitudine; così la presenza di due amichette che giocano mentre i rispettivi genitori accanto parlano, può segnalare un sentimento di pienezza. Tutto questo può essere fatto anche giocando con il computer e altri mezzi. Dalla rete il maestro può scaricare come in un gioco magico, le tabelle da riempire con i colori, in una cartella c’è Pinocchio, in un’altra Biancaneve e i sette nani e così via. Ma faccio anche un altro piccolo esempio e concludo. Questi disegni composti da un gruppo di bambini alla fine dell’anno scolastico potrebbero essere messi in un Cd. L’insegnante insieme ai bambini della classe provvede ad inserirli in un Cd. Alla fine di un ciclo i genitori avrebbero a disposizione in una cartella i disegni e nel Cd la loro immagine che verrebbe conservata per quando i piccoli saranno più grandi. Il gioco di composizione combina l’introduzione all’uso del computer con la costruzione dell’identità. L’identità si costruisce nel tempo, è fatta di identificazioni con il mondo degli adulti, è fatta di valori e di memoria, di progetti e di aspirazioni, di legami col mondo dei genitori e degli insegnanti.
Si sceglie insieme imparando ad utilizzare il mezzo che non può in nessun caso diventare un feticcio, perché a prevalere è la relazione con gli altri bambini e con la maestra. Si possono far giocare i bambini italiani con bambini colombiani, con bambini viennesi, con bambini di altre aree del mondo, si può iniziare un disegno, e l'ho fatto fare ad alcuni bambini, e lo stesso disegno viene completato dall'altra parte del mondo, ma tutto questo viene fatto se c'è una relazione, se c'è la presenza del mondo adulto, se il mondo adulto ha gli strumenti cognitivi di alfabetizzazione informatica per lavorare, quindi il problema è della formazione ma nello stesso tempo anche della valorizzazione della relazione. La relazione umana è fondamentale. E’ solo un esempio di un uso non feticistico del mezzo in un’età precoce. L’altro grande problema è la capacità di aiutare e orientare il mondo dei genitori rispetto ai pericoli che l’uso del mezzo che comporta, quando il piccolo sarà più grande e magari i genitori non sanno nemmeno come sia fatto il mezzo. Si tratta di alfabetizzare gli adulti, nel senso che c'è il problema di come evitare che un bambino di sette, di otto anni venga lasciato a se stesso nel gioco relazionale con internet e la favola del lupo diventi una pericolosa realtà. L’alfabetizzazione riguarda in primo luogo gli adulti che non controllano più come un tempo le fasi importanti dello sviluppo che si ritrovano.