Commissione parlamentare per l'infanzia
La Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia ha dieci anni
Sala del Refettorio - Camera dei deputati
19 novembre 1999
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Vi ringrazio per aver raccolto il nostro invito, proseguiamo dunque questo momento di
riflessione che abbiamo voluto promuovere anche sul piano istituzionale in occasione del
decimo anniversario della Convenzione ONU sui diritti dellinfanzia. Ieri è stata
una giornata interamente dedicata a fare il punto sulle esperienze che, a livello
regionale in particolare, abbiamo sviluppato su questi temi. Da cinque anni stiamo
lavorando sul tema dei diritti, siamo alla quinta campagna incentrata sui diritti
dellinfanzia, con la consapevolezza che gli enti locali possono svolgere un ruolo
fondamentale sul delicato tema dei diritti dellinfanzia, e più in generale sul tema
dei diritti del cittadino. Se le istituzioni non rimettono al centro del loro lavoro
istituzionale questo tema, sorge il rischio che qualsiasi sforzo noi facciamo per cercare
di rinnovare le istituzioni, rinnovare le forze politiche risulti vano. Non possiamo
seguitare a far sì che le istituzioni dedichino la maggior parte del tempo soltanto ai
temi tradizionali quali ad esempio le problematiche delleconomia o dei lavori
pubblici; serve allora un cambiamento che consista appunto nel far sì che si affrontino
nel modo dovuto tutte quelle tematiche che pongono al centro dell'attenzione la persona, i
diritti della persona, privilegiando quindi unangolatura, una visuale che ci riporti
alla dimensione vera, reale dei problemi. Oggi proseguiamo quindi questa nostra
riflessione. Voglio presentarvi i relatori che abbiamo invitato oggi. Doveva essere
presente la Ministra per la solidarietà sociale, on. Livia Turco, che è però impegnata
nel Consiglio dei Ministri; ma cè qui la Dottoressa Colella, cui daremo la parola,
che porterà il saluto del Ministro e ci illustrerà il prezioso lavoro che
nellambito del Dipartimento Affari Sociali il Ministero sta portando avanti. E
presente lOnorevole Serafini, impegnata già da diversi anni sui temi oggi in
discussione, e la ringraziamo; è presente anche la senatrice Carla Mazzucca Poggiolini,
Presidente della Commissione Speciale per lInfanzia del Senato, e anche lei porterà
una testimonianza circa il lavoro e il grande sforzo che entrambi i rami del Parlamento
stesso sostenendo su temi così importanti. Inoltre è presente il Dottor Fadiga,
Presidente del Tribunale dei Minori di Roma, con cui da anni collaboriamo, persona che su
questi temi ha speso molta energia ed attenzioni fornendo un contributo notevole,
essenziale, un contributo che abbiamo ricevuto volentieri anche a livello istituzionale e
che ci ha consentito di fare passi avanti su un tema così importante come quello dei
bambini e delle bambine che vivono situazioni di disagio. Prima di passare la parola agli
Onorevoli presenti al nostro tavolo, inviterei ad intervenire i relatori dei gruppi di
lavoro che ieri hanno lavorato su alcuni temi importanti, come indicato nel programma del
convegno. Un primo tema riguarda lazione degli enti locali per lapplicazione
della Convenzione ONU, su cui relazionerà il Dottor Palumbo; cè poi un altro
gruppo di lavoro sullazione di contrasto alle violazioni dei diritti, su cui
svolgerà una relazione la Dottoressa Chiara Micali dellUNICEF, e infine il terzo
tema riguarda la partecipazione allo sport, con relazione da parte del Professor Roberto
Tasciotti. Bene, io partirei proprio dal Professor Tasciotti, cui cedo subito la parola.
Roberto TASCIOTTI, Preside della scuola media statale
"Porto Romano" di Fiumicino. Per me è un grandissimo onore poter
relazionare a nome di una delle tre commissioni che ieri ha lavorato alacremente in un
Convegno interessantissimo organizzato dalla Regione Lazio, nello specifico
dallAssessorato alla qualità della vita. Ecco, sono emersi alcuni punti che oggi
vorrei riprendere e che hanno visto impegnati i responsabili del CONI, del mondo della
scuola e degli enti promozionali. Prima di cominciare, permettetemelo di dire come
cittadino, vorrei mandare un saluto allOnorevole Nilde Iotti che lascerà il
Parlamento, e che è stata una delle fondatrici della nostra Costituzione italiana. Detto
questo, mi appresto ad illustrare quanto è emerso dai lavori della Commissione,
riportando i contenuti delle relazioni svolte ieri dal Provveditore agli studi,
dallAssessore del Comune di Roma e da varie associazioni del volontariato. Abbiamo
evidenziato due grandi diritti in tema di sport: il diritto alla partecipazione e il
diritto al gioco. Questi sono i due grandi diritti che possono essere estrapolati dalla
pratica sportiva e dalle attività motorie. Quindi il recupero del gioco come grande
momento di fantasia, grande crescita culturale, ma anche espressione di una creatività
che purtroppo sappiamo sta diminuendo sempre più. Pensate che in Italia su 10 brevetti
ben 8 sono importati. Si pone allora la necessità di avere giovani che abbiano una forte
competenza, possiamo definirla una capacità di andare oltre i confini. Lo sport può
aiutare i giovani anche ad acquisire una grande forza interiore. Oggi esistono grandi
difficoltà nel pianeta giovani, tra cui quella di misurarsi, di confrontarsi con il resto
della società. Una delle tesi che ormai serpeggia nel mondo occidentale è la sempre
maggiore tendenza allevento depressorio, ossia a chiudersi in se stessi, oppure,
daltra parte, attraverso un elemento che noi abbiamo individuato come elemento
magico, a fare ricorso a sostanze stupefacenti. Noi crediamo che lo sport possa riattivare
tutta una serie di comportamenti, tipici della specie umana, come lavventura, il
rischio, la fantasia, lesplorazione, che possono effettivamente anche sostituire
tutti questi eventi che noi definiamo magici, legati anche alluso di certe sostanze
che poi sono legate anche a quei super poteri evocati nelle fiabe, in tanti racconti. Al
di là di questo aspetto, indubbiamente abbiamo anche analizzato il tema sport nel suo
complesso. Innanzitutto, sarebbe auspicabile ridisegnare una politica della formazione
professionale di coloro che si occupano di educazione motoria, al fine di evitare
lesaltazione di quei criteri selettivi che caratterizzano lo sport délite che
poi risulta spesso nocivo, inteso cioè solo come immagine. Noi crediamo che il nostro
Parlamento debba anche denunciare a livello europeo, a livello mondiale, il grave fenomeno
per cui vi sono persone che in ambito sportivo debbano essere super pagate mentre nel
mondo esistono 800 milioni - 1 miliardo di persone che muoiono di fame. Credo che in tutto
il mondo ci debba essere questo sussulto, altrimenti veramente non si sa più quali siano
i veri valori. Come possiamo dire a un giovane studia quando leggiamo che cè una
bambina di 13 anni che viene assunta come modella a cinque milioni al giorno. Un altro
diritto che noi reputiamo importante è il diritto di saper perdere. La preoccupazione dei
bambini di arrivare secondi, ossia non corrispondere alle aspettative degli adulti può
spesso creare forti disagi. Ecco, anche questo credo che sia un sano diritto, quello di
saper perdere. Perché è nella sconfitta che cresce il conflitto, la frustrazione, ma
anche il superamento di essa. Senza frustrazioni una specie si estingue, questo abbiamo
voluto sottolineare. Ultima cosa, per non tediare il pubblico, riguarda il nostro impegno,
che è un impegno regionale e segue la scia delle iniziative che anche il governo ha
intrapreso da alcuni anni, come il patto per il lavoro del settembre 96, il patto di
natale sulloccupazione e la formazione, il Master Plan sul problema della ricerca e
dellinvestimento nel campo della ricerca stessa. Risulta quindi fondamentale saper
creare un sistema formativo integrato. Tutti i soggetti interessati, enti locali, CONI,
enti promozionali, scuola, possono così creare un progetto di vita dei giovani che parte
sin dalla nascita e si protrae fino a quella che è ormai detta la politica della
formazione permanente; diventa cioè importante la presenza di una formazione culturale
motoria nel nostro futuro: anche perché è giusto passare una vecchiaia serena, e
dignitosa anche dal punto di vista fisico; credo questa essere una cosa importantissima.
Vorrei ora sottolineare un ultimo elemento: è importante che i nostri ragazzi accanto ai
diritti comprendano anche i doveri loro imposti, ad esempio il dovere allo studio,
apprendere non è soltanto un diritto, è anche un dovere. Su questo credo che nel nostro
paese si debbano cominciare a rivedere alcune politiche educative, formative rispetto al
mondo giovanile: A volte ai ragazzi bisogna anche saper dire no quando occorre. Proprio
sulla politica del "no" io credo che dovremmo approfondire il dibattito, al fine
di poter dare ai nostri giovani anche una certezza per il futuro. Grazie.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Grazie al Professor Tasciotti, do la parola adesso alla Dottoressa Chiara Micali
dellUNICEF, che relazionerà sul secondo gruppo di lavoro sullazione di
contrasto sulle violazioni dei diritti dellinfanzia e delladolescenza.
Chiara MICALI, collaboratrice UNICEF. Il nostro gruppo ha
esaminato tutte le possibili azioni di contrasto relative a quelli che sono stati definiti
i diritti violati o diritti negati. Abbiamo in particolare esaminato con attenzione quello
che viene prescritto dalle leggi vigenti in questa materia. In particolare dalla Legge n.
285 del 97 e dalla Legge n. 269 del 98 relativa allo sfruttamento sessuale
dellinfanzia. I temi su cui ci siamo soffermati in maniera più approfondita sono
stati quelli relativi al lavoro minorile, collegato quindi anche allevasione
dellobbligo scolastico e ai rapporti che intercorrono tra questi due temi; abbiamo
poi esaminato il problema del turismo sessuale, in particolare riferito a quanto previsto
dalla Legge 269, nonché i temi della prevenzione della violenza e degli abusi
sullinfanzia e sulladolescenza. È stato anche evidenziato da parte dei
partecipanti del gruppo, i quali rappresentavano sia le istituzioni sia le associazioni e
il mondo del volontariato, quale possa essere il ruolo dellassociazionismo nel
promuovere presso lopinione pubblica una migliore conoscenza delle leggi citate,
mobilitando a tal fine lopinione pubblica a sostegno degli interventi in materia.
E stato tuttavia rilevato che pur in presenza di un quadro legislativo considerato
estremamente valido non solo qui in Italia, ma anche allestero, in particolare
proprio in riferimento alle due suddette leggi, permane ancora una forte difficoltà nel
tradurre questa legislazione nella pratica quotidiana. Queste difficoltà
nellattuazione delle norme sono state in qualche modo individuate nella scarsa
capacità di creare delle sinergie proprio tra le istituzioni, le istituzioni locali e il
mondo dellassociazionismo. Si sono avuti comunque alcuni esempi positivi di
attuazione, in particolare nella Regione Lazio, della legge sul turismo sessuale. In
riferimento alle azioni positive intraprese per contrastare il turismo sessuale è stato
ricordato il rapporto con lindustria del turismo, che ha consentito di eliminare
tutta la pubblicità, il materiale promozionale delle varie agenzie di viaggio e dei tour
operator, la cui illiceità deriva proprio dallarticolo 19 della Legge n. 269. Sono
emerse poi una serie di raccomandazioni che molto brevemente vorrei elencare. Tra le
raccomandazioni formulate il gruppo di lavoro ha messo al primo posto la necessità di
rafforzare ed incoraggiare le sinergie tra istituzioni, operatori ed associazioni, ad
esempio tra il mondo delle ASL, il mondo sanitario e il provveditorato, creando in tal
modo rilevanti possibilità di raccordo nelle azioni da intraprendere. È stata anche
evidenziata la necessità di rinforzare lorganico degli assistenti sociali e creare
per loro opportunità di formazione permanente, data la vastità dei temi che affrontano
quotidianamente, relativi alle violazioni e agli abusi dei diritti dellinfanzia.
E stata infatti riscontrata non solo uninsufficienza numerica degli assistenti
sociali, ma anche la necessità, da loro espressa, di ricevere una costante formazione
sulle tematiche che affrontano. È stato poi evidenziato il ruolo della scuola che, a
parere di alcuni insegnanti presenti, non deve essere quello di sostituirsi ad altre
istituzioni, ma di acquisire la capacità di collaborare con le altre istituzioni per la
prevenzione del disagio, più che per la cosiddetta cura dellabuso. E quindi
necessario potenziare tutte le occasioni di aggiornamento degli insegnanti relativamente
allindividuazione dei bisogni dellinfanzia e delladolescenza. In
particolare, non va dimenticato che gli insegnanti spesso sono per taluni bambini
lunica figura adulta o di riferimento in caso di violazione e di abuso, gli unici in
grado di saper individuare quelle violenze psicologiche, quei segnali di disagio che non
sempre linfanzia e ladolescenza riesce ad esprimere correttamente e
compiutamente. Serve quindi una maggiore formazione in campo psicologico e la possibilità
per gli insegnanti di entrare ancor di più in rapporto con i bambini. Per ultimo, un
ruolo molto controverso è quello assolto dalla famiglia in base allarticolo 3 della
Convenzione dellONU. È stato evidenziato come in una situazione in cui un bambino
su cinque allinterno di una classe è figlio di genitori separati o divorziati si
rende necessario promuovere laffido congiunto secondo le modalità che la legge in
questo ambito offre. Grazie.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Ringraziamo Chiara Micali, diamo ora la parola al dott. Palumbo, il quale ci relazionerà
sullultimo gruppo di lavoro concernente lazione degli enti locali per
lapplicazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.
Giovanni PALUMBO, Coordinatore del Piano regionale per
linfanzia. Al gruppo riguardo al quale relaziono hanno partecipato
rappresentanti di enti locali, di associazioni, aziende sanitarie e anche consultori. Il
tema era quello dellazione degli enti locali per lapplicazione della
Convenzione ONU, in particolare lapplicazione territoriale delle prescrizioni della
Convenzione. Interessante è stata lesperienza riferitaci da uno dei sindaci di un
Comune del Lazio, Monteporzio Catone, il quale ha illustrato le diverse attività
realizzate nel proprio comune. Lattenzione si è incentrata proprio
sullesperienza dei Consigli Comunali dei ragazzi, sul valore di questa esperienza di
educazione civica, sul valore non solo simbolico, ma effettivo dellesperienza
vissuta. Si sono svolti alcuni incontri particolari del consiglio comunale dei ragazzi con
il consiglio comunale degli adulti, a Monteporzio, e lo scambio è stato proficuo. I
ragazzi, va detto, sono assistiti da un "facilitatore", cioè una figura adulta
che li aiuta nel rapporto con lamministrazione, li aiuta nellinterpretazione
delle prassi amministrative, e nellinterpretazione delle leggi. Su tale esperienza
abbiamo dato un giudizio positivo. Si tratta infatti di un servizio educativo, di una
iniziativa che viene offerta ai ragazzi, cosa che normalmente non avviene né a scuola né
in famiglia. Il consiglio comunale dei ragazzi è composto da bambini e ragazzi che
partono dalla terza, quarta elementare, fino alla terza media. Il rapporto tra i bambini
più piccoli e i più grandi è lo stesso che si instaura nel parco o per strada, in
relazione ad esempio alluso del motorino, al parcheggio sconsiderato del motorino da
parte dei più grandicelli, che occupano gli spazi propri dei bambini. Un intervento del
consiglio comunale dei ragazzi ha consentito di arrivare alla definizione delle aree,
quindi allidentificazione di parcheggi specifici, ovviamente con lintervento
da parte del sindaco e del consiglio comunale degli adulti Lattenzione si è quindi
focalizzata sul tema della partecipazione; si è poi allargata dal tema della
partecipazione anche al tema del servizio civile, al tema della leva civica, perché molte
delle attività che riguardano i bambini e i ragazzi vengono sviluppate, sostenute,
promosse grazie alla presenza degli enti locali, delle associazioni, delle aziende
sanitarie e degli stessi obiettori. A tal proposito rilevo che leliminazione
dellobbligo della leva viene visto come un problema. E emersa una forte
raccomandazione del gruppo rispetto a questo tema nel senso di richiamare la necessità di
un intervento culturale e non di mero sostegno; non si tratta cioè, da parte delle
associazioni, di avere qualche obiettore in più o in meno, il tema non è questo, va
però tenuto presente che le politiche di intervento si sono potute sviluppare in questi
ultimi anni grazie a queste presenze, che seppure non cospicue dal punto di vista
numerico, qualitativamente si sono invece rilevate di particolare valore. Si è poi
passati al tema della scuola, cioè del rapporto sul territorio tra ente locale e scuola.
E' stato poi esaminato lo stato di attuazione della legge n. 285 del '97, legge che ha
consentito di far lavorare in rete tutti i soggetti interessati. In molte realtà si è
infatti avviata la formazione di tavoli integrati composti dagli operatori che a diverso
titolo operano sul territorio ciascuno per la propria parte di competenza. Voglio
aggiungere una notazione: con le menzionate iniziative di sostegno della Convenzione ONU,
la Regione Lazio ha sollecitato e reso operativi in tal senso un numero particolarmente
importante sia di comuni che di associazioni, da cui è derivata una forte spinta
culturale allapplicazione della Convenzione. Più della metà dei comuni del Lazio,
anche i più piccoli, hanno promosso iniziative importanti, cui hanno aderito un
elevatissimo numero di associazioni oggi impegnate a sostegno dei predetti interventi.
Questo credo sia uno dei risultati più positivi che abbiamo raggiunto e che ci lasciano
ben sperare per il futuro. Grazie.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Bene, grazie al Dottor Palumbo. Passo ora la parola allOnorevole Anna Serafini,
membro della Commissione parlamentare per l'Infanzia, la quale ci riferirà sull'intenso
lavoro portato avanti in sede parlamentare su tali problematiche.
Anna SERAFINI, membro della Commissione parlamentare per
l'infanzia. Ringrazio Matteo Amati per aver collaborato a questa giornata, aver
promosso questa giornata, ringrazio tutti voi e anche i colleghi e le colleghe del Senato,
è presente Piera Capitelli, membro della Commissione Infanzia, è qui con noi anche il
Presidente della Commissione speciale per l'Infanzia del Senato, la senatrice Mazzuca che
poi ovviamente prenderà la parola. È per noi questo un momento particolarmente
importante perché la nostra Commissione, la Commissione parlamentare per lInfanzia,
è stata istituita nel '97 e una norma della legge istitutiva prevede la possibilità di
indire una giornata nazionale dellinfanzia. Questa giornata è proprio domani 20
novembre e la settimana che noi abbiamo avuto da lunedì ad oggi è stata dedicata
interamente alla preparazione della giornata di domani.
Questa giornata nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza avverrà ogni anno il 20 di
novembre. La Commissione Bicamerale dellInfanzia è una commissione al cui interno
sono presenti i rappresentanti della Camera e del Senato ed è una Commissione che svolge
attività di controllo e di indirizzo in relazione a tutti gli accordi internazionali che
riguardano i diritti del fanciullo, nonché in relazione all'intera legislazione nazionale
e internazionale. Il nostro paese è dotato quindi di una Commissione Bicamerale e di un
Osservatorio nazionale sui diritti dei minori tenuto a riferire ogni due anni sul lavoro
svolto, a tutela dei diritti dei minori, dai diversi soggetti coinvolti in tale ambito.
Tramite la Commissione bicamerale abbiamo la possibilità di svolgere audizioni, convocare
le associazioni, le competenti associazioni nazionali e internazionali, abbiamo la
possibilità di sentire il Governo e rapportarci con il Governo sullapplicazione
delle leggi; abbiamo ancora la possibilità di fare missioni in tutto il territorio
nazionale e in campo internazionale per cercare di comprendere se una legge viene
applicata o non applicata, se un accordo viene rispettato o meno. Assume pertanto grande
rilievo listituzione di questa Commissione; non tutti i paesi ne sono dotati, anzi
il nostro è uno dei primi ad avere una Commissione su tale materia composta da membri di
Camera e Senato. Domani alla celebrazione della giornata del fanciullo sarà presente
anche il Presidente della Commissione, on Scirea, che potrà illustrare ulteriormente la
nostra attività fino ad oggi svolta. Abbiamo iniziato lunedì 15 a preparare e
predisporre la celebrazione della giornata del 20. Lunedì abbiamo effettuato due
missioni: la prima a Torino, dove è stato visitato il carcere minorile Ferrante Aporti, e
nel pomeriggio è stato inaugurato dal Ministro Turco il treno dellinfanzia che
parte appunto da Torino e finisce a Bari il suo percorso. Il treno dei diritti
dellinfanzia attraverserà quindi tutta l'Italia e oggi si ferma a Roma. Per la
prima volta i diritti dellinfanzia vengono simbolicamente rappresentati da un treno
che attraversa tutto il territorio nazionale, facendo tappa nelle maggiori città italiane
e fermandosi a Bari. Quella di Torino è stata una missione molto importante, così come
l'altra missione svolta allinizio della settimana a Milano. A Milano si è
affrontato il problema delle tossicodipendenze dei minori nelle carceri, quindi sono stati
visitati bambini tossicodipendenti, ed è stato visitato anche un centro di bambini
maltrattati (CBM) che si occupa per lappunto dei maltrattamenti e dellabuso
sui minori. Abbiamo anche fatto, martedì 16, unaudizione di ragazzi in Commissione,
sul tema del rapporto dei minori con i mass media. Abbiamo sentito in audizione anche il
Presidente del Tribunale dei Minori di Roma, dott. Fadiga, il quale si è soffermato sui
problemi attinenti alle procedure di adozione, affido e affidamento. Ieri è stata inoltre
effettuata una missione a Gela, territorio nel quale purtroppo esistono gravi problemi di
prevenzione del crimine, che riguardano particolarmente le bambine e i bambini. La
collaborazione che oggi abbiamo stabilito con la Regione Lazio e con lAssessore
Amati è importante perché ci consentirà, nei prossimi mesi, di verificare insieme
l'attuazione di alcune importanti leggi; ritengo altresì prezioso il rapporto che abbiamo
instaurato con importanti associazioni a partire dallUNICEF. La Commissione, come
dicevo, dispone di ampi poteri di controllo e di indirizzo. Noi vogliamo essere uno
strumento di verifica sullapplicazione della Convenzione dellONU, quindi in
relazione a tutti i diritti dellinfanzia. Ritengo che la presenza di una Commissione
ad hoc che si preoccupa dellapplicazione dei diritti dellinfanzia come
riconosciuti dalla Convenzione ONU rappresenta qualcosa di profondamente innovativo nelle
istituzioni dei paesi occidentali, considerato peraltro che sono pochissimi i paesi che
dispongono di un simile strumento. In seno alla Commissione sono stati istituiti cinque
gruppi di lavoro riguardanti i diversi profili della tutela dei diritti dei minori. Il
primo gruppo di lavoro riguarda il rapporto TV e minori, il Senatore De Luca ne è
coordinatore; c'è poi un gruppo che si occupa delladozione, affido e affidamento,
da me coordinato, con il compito di fare il punto sugli accordi internazionali e sui
problemi che incontra ladozione internazionale. Cè un terzo gruppo di lavoro
che affronta il problema del lavoro e dello sfruttamento minorile, anche questo un
delicatissimo tema, coordinato dallOnorevole Pozza Tasca; cè un gruppo di
lavoro che riguarda lintera gamma dei servizi sociali legati ai minori, che hanno ad
oggetto i minori, e si occupa della verifica della idoneità o meno dei servizi medesimi e
delle eventuali riforme che si rendano necessarie alla normativa esaminata. Infine abbiamo
un gruppo di lavoro che si occupa della giustizia minorile, coordinato dallOnorevole
Scantamburlo. I gruppi di lavoro hanno cominciato a lavorare intensamente, svolgendo
audizioni e missioni conoscitive. Ricordo a tal proposito la missione a Parigi, sul tema
TV e minori, che ha reso possibile valutare qual è la situazione negli altri paesi e
lesperienza ivi maturata sui temi affrontati. Desidero altresì ricordare
l'importanza di aver approvato una risoluzione in Commissione Bicamerale contro luso
dei bambini soldato, anche su questo versante il nostro paese si dimostra
allavanguardia nellapplicare uno dei punti più rilevanti della Convenzione
ONU. Per quanto riguarda il gruppo da me coordinato, esaurita la serie di audizioni
sull'adozione, affido e affidamento, abbiamo intenzione di fare il punto della situazione
proprio su questi tre temi, sentite le associazioni, le diverse autorità interessate al
problema. Valuteremo quindi la necessità di proporre alle istituzioni interessate, sia
alla Camera che al Senato e al Governo, le eventuali modifiche o integrazioni alla
normativa oggi vigente. In tema di adozioni abbiamo chiesto al Governo quale sia l'esatto
numero e lo stato dei bambini negli istituti di accoglienza; lIstituto degli
Innocenti di Firenze ha svolto a tal proposito unindagine che verrà resa pubblica
nelle prossime settimane e ritengo sarà molto utile per lo svolgimento dei nostri compiti
di controllo e verifica. Per finire vorrei soffermarmi sulla cultura di fondo della
Convenzione ONU, della legge istitutiva della Bicamerale. Domani alla celebrazione della
giornata del fanciullo ascolteremo unimportante relazione di Alfredo Carlo Moro sui
dieci anni dalla firma della Convenzione dellONU; il prof. Moro farà un check-up di
quanto è avvenuto in questi dieci anni. Credo che il filo conduttore della Convenzione
ONU sui diritti del fanciullo consiste nel saper considerare il bambino non simile
all'adulto, non un adulto con meno anni, neanche un bambino non ancora adulto, inteso
cioè come chi non dispone ancora di diritti, perché i diritti sono solo propri
delladulto. Io penso che la cultura di fondo che presiede l'intera Convenzione ONU,
difficile da far comprendere, ma da affermare con convinzione, si concreta nel vedere il
bambino sempre come persona, persona non adulta, ma persona sempre. Ad esempio in tema di
diritti sul lavoro minorile e sullo sfruttamento non si può non comprendere che il
bambino pur non adulto è però una persona che necessita per il suo sviluppo di maggiori
investimenti rispetto alladulto stesso. Importante è poi stimolare il gioco,
lavventura, il rischio che il bambino può assumere. E' importante comprendere che
un bambino può assumersi delle responsabilità, ma solo quelle che è in grado di
sopportare e non altre che schiaccerebbero il suo sviluppo, perché ne comprimerebbero la
fantasia, ne comprimerebbero la crescita. Siamo già maturi oggi per fare una riflessione
più seria su quali sono i diritti dei bambini allinterno della famiglia; a tal
proposito ricordo che è bloccata alla Camera una importante legge che riguarda anche
laffidamento congiunto dei figli in caso di divorzio. Un aspetto su cui richiamo la
vostra attenzione riguarda la grave questione dei bambini che, nel momento in cui la
famiglia si separa, non sono auditi, non vengono ascoltati, subendo così le decisioni
degli adulti. I bambini soffrono il dolore determinato dalla separazione dei genitori, ma
pensate quanto sarebbe più facile per questi bambini se i genitori mantenessero nei loro
confronti un atteggiamento non solo come coppia coniugale, ma anche come coppia
genitoriale. Il bambino deve essere necessariamente inserito in un rapporto di coppia
genitoriale, se non in quella coniugale; invece spesso il bambino è parte dello scontro
coniugale. Rimane comunque fondamentale che anche nella fase della separazione il bambino
debba essere udito dal giudice, il bambino deve essere cioè parte, parte civile, parte
giuridica. In merito alla questione dell'affettività e della sessualità dei minori, io
sono stata relatrice della legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori; è stata
un'esperienza impegnativa, sono emersi nel corso dei lavori preparatori tanti pregiudizi,
ad esempio c'è chi riteneva che per i minori non fosse necessaria una legge ad hoc contro
lo sfruttamento sessuale con l'argomentazione che i minori avrebbero la stessa sessualità
degli adulti. Aver invece affermato il principio che un minore fino al raggiungimento
della maggiore età deve essere tutelato nella sua integrità; che un rapporto tra adulto
e minore è sempre un rapporto di violenza perché un bambino non è in grado di avere un
rapporto alla pari con un adulto è una conquista di civiltà. La predetta legge 269 del
'98 è stata giudicata infatti dallECPAT, dallUNICEF, e dalla Commissione
dellONU sullinfanzia allavanguardia rispetto alle altre normative
vigenti in altri paesi. Tale legge riconosce che la sessualità del minore è una
sessualità propria, è un diritto alla crescita, allaffettività; il minore deve
allora sviluppare una propria autonoma affettività, che non può essere soffocata
dalladulto, il bisogno delladulto non può in alcun modo soffocare le esigenze
del minore. Il nostro paese è oggi dotato di una delle leggi più avanzate del mondo per
combattere labuso e lo sfruttamento sessuale dei minori, la mercificazione dei
bambini. Anche su questo fronte dobbiamo però andare avanti; è necessario sbloccare alla
Camera e al Senato l'iter della legge sulleducazione sessuale nelle scuole,
sull'educazione alla crescita che certamente potrebbe rappresentare un aiuto ai bambini,
agli insegnanti, ai genitori nell'affrontare un tema così importante come la sessualità
in modo sereno, conoscendo meglio se stessi, il che è il modo migliore per prevenire
labuso, il modo migliore perché significa educare alla crescita. Il Presidente
Fadiga diceva poc'anzi che il Tribunale dei Minori era nato per affrontare i fenomeni di
devianza, per occuparsi cioè delleccezione. Il Tribunale dei Minori oggi è invece
costretto ad occuparsi di tutto. Ciò significa che noi dobbiamo riuscire ad affermare nel
nostro paese una cultura del diritto minorile considerato come diritto autonomo, come una
branca del diritto che si occupi dei diritti dei minori intesi come persone. Se questo è
evidente noi sentiamo la necessità di disporre di personale specializzato; se
linvestimento sullinfanzia diventa un investimento primario è evidente che ci
vuole un personale all'altezza in tutte le istituzioni, in tutti i servizi che si occupano
del pianeta infanzia. Un bambino è una persona che si sta formando, sta crescendo;
abbiamo bisogno allora di più strumenti perché la persona che si sta formando venga
aiutata a formarsi affinché ognuno, ogni bambino e bambina, abbia la possibilità di
sviluppare se stesso. Credo, e finisco davvero, che dietro il sorriso fiducioso di un
bambino ci sia bisogno di tanto lavoro, di tantissimo lavoro, con la consapevolezza che il
sorriso di un bambino è sì un dono del presente, ma è soprattutto il vero investimento
e la vera speranza del futuro.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Ringraziamo lOnorevole Serafini che ha illustrato il grande lavoro che si sta
portando avanti a livello parlamentare ed i primi risultati significativi che abbiamo
conseguito non solo sul piano normativo, ma anche sul piano della crescita della cultura e
della consapevolezza rispetto a temi così importanti che oggi stiamo affrontando. Uno dei
temi principali è la questione inerente ladozione e l'affido. Sentiamo a tal
proposito il dottor Fadiga, presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, che per tale
suo ruolo diventa spesso il punto di riferimento di tutta una serie di problematiche
presenti allinterno della nostra società, in particolare riguardante il mondo
dellinfanzia.
Luigi FADIGA, Presidente del Tribunale per i minorenni di
Roma. Vorrei sottolineare in apertura una caratteristica molto positiva
dellincontro di oggi, un incontro che vede la Regione come promotore, ovviamente
insieme allUNICEF e ad altri soggetti, e che affronta il problema della Convenzione
dei Diritti del Fanciullo nellottica della realtà regionale. Questa mi sembra una
caratteristica molto importante che va sottolineata, perché il ruolo del territorio, il
ruolo dellente locale nella prevenzione e nellintervento per lattuazione
dei diritti dellinfanzia è un ruolo essenziale. Fin dal 1977 con il Decreto n. 616
sul decentramento delle funzioni amministrative si è avuto un forte coinvolgimento
dellente locale, anche in collaborazione con il Giudice Minorile. Si tratta di un
approccio che giudico estremamente positivo, che ci mette al riparo da qualunque rischio
di celebrazione fine a se stessa, in questo appuntamento che ogni anno ci vede ormai
impegnati a riflettere su quello che si è fatto e su quello che cè ancora da fare.
Ecco, questo intervento di collaborazione della Regione nel settore delladozione mi
trova particolarmente soddisfatto. Noi siamo partiti da una constatazione espressa alcuni
anni fa: lesigenza di salvaguardare soprattutto il diritto del minore nel settore
dellinfanzia abbandonata. Questo diritto sia per la legislazione italiana sia per la
Convenzione delle Nazione Unite è quello di avere una famiglia sostitutiva nel caso in
cui non sia più possibile recuperare la famiglia dorigine. Ove la possibilità di
recuperare la famiglia dorigine ci sia, ecco limportanza dei servizi;
attraverso vari interventi di sostegno alla famiglia dorigine, e in caso di
temporanea impossibilità attraverso laffidamento familiare, si apre il grande
spazio a livello di territorio del lavoro di prevenzione e degli interventi dei servizi.
Proprio questa logica necessità di cooperazione tra il settore giudiziario e il settore
dei servizi locali ha trovato una positiva rispondenza da parte dellassessorato
regionale e dellAssessore Amati in particolare, con specifico riferimento alla
necessità di una forte qualificazione della coppia desiderosa di adottare. Qualificazione
e preparazione rese necessarie da alcune considerazioni: a livello nazionale i bambini in
abbandono non sono in situazioni facili, sono figli del dolore, sono figli della
sofferenza, sono bambini che hanno patito molto. È sbagliato avere unimmagine di
questi bambini così "zuccherosa". Si tratta di casi che richiedono invece molto
amore, molta comprensione, quindi richiedono anche una preparazione adeguata di chi vuole
generosamente aiutarli. Certamente questo è un lavoro difficile, è un lavoro che
richiede anche delle conoscenze specifiche, non solo di carattere tecnico, ma anche di
carattere giuridico e quindi si è avvertito il bisogno di avere una qualificazione negli
operatori e una ubicazione precostituita di gruppi che potessero rispondere a queste
esigenze. Il progetto regionale sulle adozioni va in questa direzione. Direi che arriva
puntuale l'importantissimo avvenimento, in questo periodo, dell'entrata in vigore della
Convenzione de L'Aja del 1993 in materia di adozione di bambini allestero,
Convenzione che è anchessa unattuazione della Convenzione ONU sui Diritti
dellInfanzia. La Convenzione delle Nazioni Unite prevede ben due articoli, il 20 e
il 21 che si occupano di famiglia sostitutiva. Larticolo 20 dispone che ogni
fanciullo temporaneamente o definitivamente privo del suo ambiente familiare ha diritto a
una protezione e ad aiuti speciali da parte dello Stato, e tale protezione può
concretizzarsi nell'affidamento familiare o nelladozione, a seconda dei casi.
Larticolo 21 stabilisce che in caso di adozione è obbligo degli Stati vigilare
affinché il bambino non diventi oggetto di traffici, non diventi cioè merce di scambio e
goda di tutti i diritti che gli spettano prima di tutto come persona, ed è molto giusta
questa sottolineatura dellOnorevole Serafini, e poi con la sua specificità di
persona minore, di persona debole. Ricordo che i minori hanno una caratteristica che i
sociologi hanno individuato nel costituire lunica fascia sociale priva di una
autonoma capacità di rappresentanza politica. Questo è un fatto che non dobbiamo mai
dimenticare. Detto questo, lappuntamento di cui parlavo poco fa giunge puntuale
perché si aprono nuovi compiti, nuovi impegni molto delicati per tutelare i diritti del
bambino anche da parte degli enti locali. Cè una grande attesa per lentrata
in vigore di questa Convenzione sulladozione internazionale, più che giustificata.
Devo dire che questa attesa sarebbe sbagliata se si basasse soltanto sul desiderio di un
aumento delle adozioni. Attenzione, dietro ogni adozione di bambino abbandonato cè
una situazione di fallimento della prevenzione. Ogni bambino, lo prevede anche la nostra
legge, ha diritto di crescere nella sua famiglia. Laddove questo non si è verificato,
anche per situazioni incolpevoli, bisogna registrare a livello sociale una grave
sconfitta. Certo dinanzi a situazioni tragiche, improvvise, che possono essere del tutto
incolpevoli, è chiaro che bisogna intervenire. Resta il fatto, ne sono convinto, che
molti casi di abbandono potrebbero ridursi nella misura in cui si riuscisse a prevenirli.
E questo vale non solo in ambito nazionale, ma anche nei confronti di altri paesi.
La Convezione de L'Aja introduce un principio importantissimo, quello della sussidiarietà
e prevede che il bambino straniero ha diritto di andare in adozione in un altro paese solo
se nel suo paese d'origine non è stato possibile garantirgli il diritto alla sua
famiglia, o quanto meno alladozione. Non è difficile capire la fondatezza di questo
principio; se infatti i bambini italiani venissero adottati non in Italia, ma in paesi
stranieri, ciò apparirebbe ai nostri occhi veramente strano, risulterebbe cioè assurdo
che in Italia non siamo capaci di dare una famiglia sostitutiva ai nostri bambini in
abbandono, e questo discorso ci fa capire subito come sia importante il principio della
sussidiarietà. Sotto questo aspetto dunque il progetto regionale sulle adozioni lo
considero in modo molto positivo, in quanto tende a realizzare alcuni punti molto
importanti della Convenzione ONU sui diritti dellinfanzia. Certo, vi sono anche
problemi aperti, non ce lo possiamo nascondere, un trionfalismo in questa materia sarebbe
del tutto fuori luogo. Faccio un mestiere che mi porta quotidianamente a contatto con
bambini vittime o direttamente, come nel caso dei bambini maltrattati, bambini trascurati,
o anche indirettamente, perché ladolescente che tiene un comportamento deviante
molte volte è stato lui stesso vittima, anche se è giusto il richiamo fatto in
precedenza alla necessità di interventi che lo responsabilizzino. Permangono quindi
ancora dei problemi aperti che quotidianamente emergono e che fanno sperare in una futura
piena applicazione di tutti i diritti della Convenzione ONU sullinfanzia. Non
dobbiamo pensare che per il solo fatto di essere un paese industrializzato tali diritti
siano da noi già attuati ed effettivi. È vero che in Italia non cè la pena di
morte per i minorenni, che nessun bambino, nessun ragazzo italiano parte soldato, però è
anche vero che esistono situazioni in cui è indispensabile continuare a impegnarsi, ne
ricordo alcune che capitano quotidianamente, purtroppo, dinanzi ai giudici minorili: il
caso dei minori extra comunitari non accompagnati che arrivano in Italia da soli, alcuni
in cerca di fortuna, altri invece per essere poi sfruttati in varie forme di lavoro nero o
addirittura in attività delinquenziali. Sono casi molto gravi questi, su cui occorre
sicuramente impegnarsi. Ricordo ancora il caso dei minori nomadi, un caso dolorosissimo.
Su queste situazioni sentiamo con disagio la differenza che cè tra quello che si
dovrebbe fare e quello che si riesce a fare. Un altro caso ancora, statisticamente molto
limitato, ma direi drammatico, non meno di quelli che ho citato, è il caso dei minori, di
adolescenti con problemi psichiatrici, cioè dei minori che hanno problemi comportamentali
dovuti a patologie della personalità nei cui confronti purtroppo lintervento, o le
possibilità di intervento risultano estremamente carenti. Una sentenza, un decreto del
tribunale non serve a nulla se non cè un dove, un come, un chi interviene dopo. I
casi di minori con problemi psichiatrici sono drammatici perché talvolta noi li troviamo
ricoverati in strutture ospedaliere per adulti. È un caso numericamente limitato, ma
quando capita io vi assicuro che veramente si sente stridente, forte, tragico il divario
tra i diritti di quel minore e gli interventi che si fanno nei suoi confronti. Detto
questo, devo dire che in questi ultimi anni abbiamo registrato a livello di giustizia
minorile un profondo cambiamento in positivo, segnali di grandissima rilevanza che ci
fanno non solo sperare, ma che ci danno anche molta spinta a continuare in un lavoro che
è comunque duro, amaro, difficile. Noi guardiamo con estrema fiducia al lavoro intrapreso
dalla Commissione Bicamerale, ci sentiamo spronati a continuare nel nostro lavoro dalla
consapevolezza che cè ormai una visione globale delle problematiche affrontate.
Ricordo, e concludo, che diversi anni fa, quando furono varate alcune importanti leggi di
procedura penale, come quella sul Tribunale della Libertà, ci si dimenticò del fatto che
cerano anche dei minori che potevano essere oggetto di processo penale. Si giunse
così ad una normativa poi modificata, in cui mancava la previsione del Tribunale della
Libertà per i minorenni; e ciò è sintomatico di un approccio che dimenticava un aspetto
del problema, una parte del problema che riguarda delle persone, seppur non adulte. Detto
questo credo di dover concludere. Ci saranno grossi appuntamenti questanno nella
materia delladozione, non solo sul piano delladozione internazionale, ma anche
sicuramente delladozione nazionale; cè appunto un progetto di legge che credo
sia già in discussione e comunque sta andando avanti, anche questo penso sia molto
importante per garantire sempre di più i diritti del minore.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Uno degli aspetti evidenziati nel nostro dibattito è l'importante ruolo svolto dalla
magistratura rispetto ai temi affrontati. Diventa sempre più necessario attuare tra i
diversi livelli istituzionali un coordinamento forte, in quanto, dal momento in cui
promuoviamo dei progetti, dei programmi, sorge l'esigenza che le diverse istituzioni
coinvolte si raccordino, che ogni soggetto interessato fornisca il suo contributo.
Rispetto alla magistratura noi ci troviamo dinanzi alla questione del doppio binario, da
un lato c'è il Tribunale dei Minori e dallaltro la magistratura ordinaria. Questo
aspetto credo vada seriamente affrontato per evitare appunto la presenza di due percorsi
giudiziari distinti che invece di sostenere lo sforzo e il lavoro che stiamo portando
avanti creano sovrapposizioni e difficoltà nel recupero delle istituzioni a rischio. Do
ora la parola allOnorevole Carla Mazzuca, Presidente della Commissione Speciale
Infanzia del Senato, che ringraziamo per limpegno profuso nel suo lavoro di
parlamentare e per averci consentito, insieme ad altri, di organizzare questo importante
momento di riflessione.
Carla MAZZUCA POGGIOLINI, Presidente della Commissione
Speciale per linfanzia. Anche io ringrazio lAssessore Amati perché la
cosa più importante in Italia è verificare che le normative esistenti possano essere
applicate, cosa che non sempre avviene. Ancora più importante è che vengano applicate
bene, il che avviene ancora più raramente, specialmente in campo sociale. Serve quindi
uno stretto rapporto, un coordinamento tra le istituzioni interessate, anche rispetto alle
finalità perseguite, per condividere dette finalità e poterle poi attuare al meglio. Mi
sembra che la Regione Lazio stia procedendo in modo eccellente, per limpegno che sta
profondendo in questa iniziativa. La Convezione ONU sui diritti del fanciullo ha dieci
anni; siamo nel 1999, la celebrazione di domani della giornata dellinfanzia e
dell'adolescenza giunge proprio alla fine di un secolo che si è posto gradualmente come
obiettivo quello di riconoscere i diritti dellinfanzia. Mentre il 1800, dopo la
Rivoluzione Francese, è stato tutto teso al riconoscimento dei diritti umani, i diritti
dellinfanzia si sono affermati proprio con questo secolo, sin dagli anni 30, poi
negli anni 60 con tutta una serie di iniziative nazionali, internazionali, private, dei
sindacati, volte essenzialmente a salvaguardare il lavoro dei minori e poi estese ad altri
importanti profili della tutela dei minori, fino ad arrivare alla Convenzione
dell89, che, invece, pone il minore come persona, come soggetto di diritti, seppur
non ancora nella possibilità di poterli esplicare in pieno. Minore inteso quindi non solo
oggetto di tutela, ma soggetto di diritto. Altra cosa che ho veramente apprezzato molto,
oggi, in questo primo incontro è il duplice richiamo ai diritti e ai doveri. È vero,
dobbiamo riconoscere, e stiamo riconoscendo sempre più i diritti del minore ed è
straordinario limpegno di questi ultimissimi anni in Italia, anche con la creazione
di organismi specifici, come la Commissione Bicamerale, la Commissione speciale del
Senato, il Ministero della Solidarietà Sociale, lOsservatorio nazionale per i
diritti dell'infanzia. Non dobbiamo però dimenticarci, da educatori, che ai nostri
bambini e ai nostri ragazzi va instillata lidea che accanto ai diritti esistono
anche dei doveri cui sono tenuti ad adempiere. E questo non lo dico soltanto in virtù
della mia origine repubblicana e mazziniana, ma lo dico perché trattasi di un principio
accolto nella stessa Carta costituzionale. Nella prima parte della Costituzione, infatti
tutti gli articoli che richiamano i diritti fondamentali contemplano, nel secondo comma,
anche i corrispondenti doveri. E quindi necessario far capire ai ragazzi, nella
scuola, in famiglia, in televisione, che oltre ai diritti esistono anche i doveri. Ciò
significa fare un salto qualitativo nelleducazione dei nostri ragazzi e nella
creazione dei cittadini di domani. I ragazzi devono acquisire la consapevolezza che non
hanno solo un diritto a divertirsi, a star bene, a crescere ad essere educati e diventare
colti, ma hanno anche il dovere di impegnarsi per la società, di contribuire allo
sviluppo e alla crescita della nazione. Lo afferma la stessa Costituzione, non è quindi
un atteggiamento predicatorio, è un principio molto attuale ancora in gran parte da
realizzare. La Commissione Speciale infanzia del Senato è nata in modo abbastanza
singolare, prima della Commissione Bicamerale, mentre sarebbe stato più logico che
venisse istituita prima la Commissione Bicamerale. La Speciale del Senato ha iniziato la
sua attività legislativa e di inchiesta ed ha approfondito anche il tema TV e minori,
quindi siamo andati un po avanti, non potendoci avvalere allinizio del lavoro
molto più ampio e articolato svolto su tale problematica dalla Commissione Bicamerale per
linfanzia. Sottolineo peraltro che abbiamo avuto laccortezza di mandare alcuni
Senatori, membri della Commissione Speciale Infanzia, che ha competenza legislativa, tra i
componenti della Bicamerale, cosicché il rapporto e la collaborazione tra i due organi
diventi più stretto e proficuo. Sul tema TV e minori al termine di un lungo lavoro di
inchiesta svolto dalla Commissione Speciale, è stato presentato al Senato un documento da
dibattere ed approvare in Aula, documento che stiamo però modificando alla luce della
più approfondita attività svolta in questi ultimi mesi. Tale documento impegna i
concessionari delle reti televisive pubbliche e private a rispettare alcune regole
fondamentali nel rapporto tra TV e minori. Il Senatore De Luca ne è stato
lestensore ed è anche componente la Commissione bicamerale proprio come
coordinatore del gruppo di lavoro che si occupa di questa materia estremamente delicata e
complessa. Il rapporto TV e minori è stato del resto oggetto di una serie di interventi:
codici di autoregolamentazione, la Carta di Treviso, la Commissione Tonucci. Le stesse
aziende televisive pubbliche e private hanno assunto limpegno di rispettare tali
codici li hanno firmati, approvati, propagandati. Quando però accendiamo la televisione
ci accorgiamo puntualmente come non siano affatto tenuti in conto; appaiono allora
manifesti di buone intenzioni, che non servono praticamente a nulla. E oggi previsto
il bollino in sovrapposizione per i film, ma non basta. La RAI qualche volta ci pensa, a
volte se ne dimentica, mandando in onda scene tremende anche in prima serata; analogamente
Mediaset spesso propone programmi che sono veramente quanto di più diseducativo possa
esistere per quel che riguarda i bambini. E vero che i bambini sono protetti in
determinate fasce orarie, però poi in queste fasce passano le pubblicità dei film, che
sono quanto di più tragico possa esistere per le scene di violenza o di sesso violento
che espongono. Peraltro è molto difficile mandare i bambini a letto alle otto e mezza,
specialmente quando i genitori o il padre arriva tardi a casa. Sempre più i ragazzi
guardano la televisione fino alle dieci e mezza di sera. Occorre allora uno strumento più
valido per tutelare i nostri ragazzi, i nostri figli, dai pericoli arrecati dalla
televisione che, seppure è una grande opportunità di crescita, una finestra sul mondo,
uno strumento fondamentale, rappresenta anche un rischio se noi adulti, a tutti i livelli,
legislatori, educatori, famiglie e gestori di TV non ci assumiamo la responsabilità di
educare i ragazzi ad una visione critica della televisione. Lobiettivo, che ci
poniamo è produrre su tale materia un documento forte, ambizioso, giungere cioè ad una
normativa cogente, dotata di sanzioni la cui ottemperanza sia obbligatoria. A tal
proposito ricordo che proprio la Commissione Parlamentare è andata in Francia, la patria
delle libertà, dove ha riscontrato che a tutela dei minori sono previste sanzioni pesanti
per le emittenti che violano i codici o le leggi del settore. In Italia possiamo procedere
su due binari: da una parte lapprovazione di un decreto legislativo, previsione
questa già contenuta nella riforma della Legge Mammì, peraltro già in discussione
proprio nellVIII Commissione del Senato; altra possibilità è invece la
presentazione di un disegno di legge firmato da tutti o quasi i gruppi parlamentari. Il
decreto legislativo chiaramente avrebbe tempi certi e molto più spediti, però il
controllo del Parlamento sarebbe più limitato. Se si sceglie la strada del disegno di
legge, il Parlamento potrà esercitare un forte controllo, una maggiore iniziativa,
recependo magari nel dettato normativo proprio quel codice di autoregolamentazione firmato
da tutti i soggetti coinvolti. Però in tal caso sorge la difficoltà dei tempi lunghi,
dobbiamo allora valutare con attenzione quale strada intraprendere. Per quanto concerne il
tema del dibattito ritengo che occorra assolutamente un tribunale della famiglia, o quanto
meno delle sezioni-famiglia, perché non è più possibile tener separato il tribunale per
i minori dal tribunale ordinario che pure tratta una materia tanto delicata come quella
riguardante le separazioni e i divorzi, in cui il minore si trova al centro di decisioni
forzatamente prese senza il necessario approfondimento. Sono oggi presenti molti
assistenti sociali e persone che lavorano ai servizi, che sanno bene come spesso il
bambino venga utilizzato come clava, cioè si usa lo strumento del figlio clava per
colpire laltro coniuge quando le separazioni sono tragicamente drammatiche e
battagliate. Questa situazione si verifica quando il tribunale non può avvalersi di una
serie di strumenti, quali potrebbero essere lavvocato dei bambini, un tavolo di Counselling
o di mediazione familiare. Allora è urgente una riflessione fra tutti i gruppi, così
come è accaduto per la legge contro la violenza sessuale delle donne nella scorsa
legislatura e per la legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori in questa
legislatura; occorre cioè una riflessione sul motivo per cui la proposta di legge che
introduce tali nuovi strumenti non vada avanti nel suo iter. Sul tema delle adozioni sono
stati depositati alla Commissione speciale del Senato diversi disegni di legge. E
stato nominato un relatore, lOnorevole Callegaro, ed esiste un testo del relatore;
molti sono gli emendamenti presentati e devo registrare la ferma volontà della
Commissione di poter trasmettere al più presto alla Camera un testo su cui si sia già
espresso il Senato. La questione delle adozioni è estremamente delicata perché pur
esistendo già una buona legge, la 184 dell83, sussistono alcuni aspetti che vanno
sicuramente modificati. A tal fine ci siamo avvalsi dellesperienza di alcuni
Presidenti di Tribunali dei Minori, a cominciare dal Presidente Fadiga; abbiamo inoltre
ascoltato anche i servizi sociali, nonché una serie di soggetti, famiglie, associazioni,
che ci hanno consentito di maturare alcuni convincimenti: il primo è che la legge vada
modificata il meno possibile, il secondo è che non bisogna farsi distrarre da falsi
problemi, per esempio quello dei single. La riforma delle leggi sulladozione
non nasce per far sì che i single possano adottare, dato che cè chi ritiene
che ciò sia lunico motivo per cui si precede a questa riforma delle adozioni. Non
è vero. La nuova legge sulle adozioni intende modificare e razionalizzare le procedure
oggi esistenti, vuole semplificare liter di adozione per ridurre al minimo quella
fase in cui il bambino permane in situazione di disagio e di abbandono, anche se si trova
in istituto. Si vuole così ottemperare alle indicazioni poste dalla Corte Costituzionale
che, con una serie di sentenze, ha fatto capire chiaramente che la differenza di età tra
adottando e adottante non si pone come questione ideologica, ma inerisce al diritto di un
determinato bambino, in una data situazione, di poter avere la miglior famiglia possibile,
a prescindere dalla differenza di età rispetto ai genitori adottivi. Soprattutto ciò
vale quando il bambino ha dei fratelli già adottati. La Corte con una serie di sentenze
ha personalizzato sempre più il diritto del minore sottraendolo da un campo ideologico
qual è la differenza di età. Quanto alla questione delle famiglie di fatto, va
sottolineato che rappresentano sempre più una realtà nel nostro paese, pertanto anche in
tale ambito occorre una modifica legislativa. Importante è pure la questione degli
istituti: in Italia 15.000 - 16.000 ragazzi vivono negli istituti, nonostante la presenza
di molteplici strumenti alternativi quali le adozioni, gli affidamenti, laffidamento
familiare temporaneo. Tutti questi ragazzi sono ancora negli istituti perché nella
maggior parte dei casi si tratta di ragazzi non adottabili, cioè rispetto ai quali il
Tribunale non può definire lo stato di abbandono in quanto hanno ancora un genitore,
molto spesso un extracomunitario. Per tale motivo il ragazzo per gran parte del tempo non
può godere di una famiglia vera e deve accontentarsi di quelle 4 o 5 volte lanno
che passa con i genitori fuori istituto. Tornando alla questione delle famiglie di fatto,
nel nostro paese assistiamo sempre più, specialmente nelle grandi città, al fenomeno di
tanti ragazzi che hanno due padri e due madri ogniqualvolta i genitori si separano,
divorziano e poi si risposano. Allora mi domando perché i ragazzi che hanno già due
genitori possono averne addirittura quattro, e chi ne ha soltanto uno deve rimanere con
quellunico genitore vedendolo poche volte allanno perché non si può fare in
tali casi unadozione; sarebbe invece preferibile, pur mantenendo un rapporto con
quel genitore, offrirgli una famiglia che la sottragga allistituto. Quella
ipotizzata è sicuramente una situazione difficile da gestire, ma almeno si eviterebbe il
fenomeno dellaffidamento ipocritamente temporaneo. Cè quindi molto da
riflettere su come modificare in modo veramente innovativo la normativa vigente. Purtroppo
lattuale legge ripropone una delicatissima questione, la ricerca dellidentità
biologica, dellorigine biologica del bambino. Tale questione è nata con le adozioni
internazionali, relativamente alle quali questo diritto del minore discende proprio dalla
Convenzione de L'Aja. Se la ricerca dellorigine biologica potrebbe essere abbastanza
più logica nellambito delle adozioni internazionali, risulta invece un po
assurda a livello nazionale, in cui vi sono casi di abbandono che spesso si configurano
come abbandoni allorigine, da parte di donne che non vogliono essere nominate, o per
situazioni tragiche. Su questo tema ho apprezzato molto lequilibratissima soluzione
individuata dalla Camera dei Deputati per ladozione internazionale, prima che questa
parte venisse stralciata, cioè lipotesi di consentire al compimento del 18° anno,
attraverso la valutazione del Tribunale dei Minori, la possibilità per un ragazzo
adottato di accedere alla propria identità biologica. Deve spettare però al Tribunale
dei Minori garantire che tale diritto non venga a confliggere con altri diritti, per
esempio quella di una madre che si è rifatta una vita. Il Parlamento ha lavorato molto su
questi temi, ma molto cè ancora da fare.
Vorrei ancora aggiungere che la Convenzione internazionale de LAja stabilisce che è
diritto del minore rimanere nella propria famiglia, esattamente come dispone la legge 184,
che anche in questo noi vogliamo sostenere e rafforzare. Tuttavia per far sì che il
minore possa rimanere nella propria famiglia occorre che gli stati firmatari della
Convenzione, specialmente gli stati che ricevono i minori, cioè gli stati più ricchi,
aiutino e sostengano gli stati poveri affinché si adottino da quegli stati bambini
veramente abbandonati, come i niños de rua brasiliani e non bambini poveri. Ritengo
quindi che con la Finanziaria andrebbero sostenute iniziative volte a fornire risorse e
fondi speciali ai suddetti paesi. Anche per le adozioni nazionali si pone un problema di
spesa. Il testo unificato e gli emendamenti sono alla visione della Commissione Bilancio;
con la nuova legge si pensa di sostenere maggiormente le famiglie rispetto al passato,
soprattutto, tramite gli enti locali. Se cè un problema di risorse bisogna
eventualmente ridurre i fondi assegnati ad altri settori, in quanto linteresse del
minore deve comunque prevalere sugli altri. A tal proposito ritengo veramente risibile
quanto lo Stato Italiano spende per sostenere lapplicazione della Convenzione
internazionale sulla sottrazione dei minori. Nella sola regione Lazio si è verificata una
forte crescita di matrimoni misti, cioè di italiani o italiane che sposano persone molto
spesso extracomunitari; quando poi purtroppo questi matrimoni falliscono, non è raro che
qualcuno fugga con i figli e scappi. Per lapplicazione di questa importante
convenzione in Finanziaria sono previsti per questanno soltanto novantasette
milioni, che non sono sufficienti neanche per pagare le traduzioni di quattro casi, cinque
casi di adozione. Nelle Convenzioni Internazionali sulla sottrazione dei minori uno degli
elementi più importanti è poi il fattore tempo; si deve infatti subito intervenire per
eseguire quanto i nostri tribunali hanno deciso in merito allaffidamento di bambini
di genitori separati in famiglie miste, per evitare che questi bambini vengano portati
allestero e si perda ogni traccia di loro. Altra grave questione di carenza di
finanziamento è quella relativa allassunzione di assistenti sociali nel Ministero
di Grazia e Giustizia dove sono già stati fatti concorsi ma mancano le risorse per le
assunzioni. A tal proposito vorrei consegnare allonorevole Serafini una serie di
emendamenti da me firmati, riguardanti il reperimento delle suddette risorse in sede di
finanziaria, che spero possano essere più agevolmente approvate alla Camera.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Grazie allOnorevole Carla Mazzucca per aver introdotto nel nostro dibattito tutta
una serie di temi importantissimi: proseguiamo ora i nostri lavori. Do la parola adesso
alla Dottoressa Colella, del Dipartimento Affari Sociali presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri.
Anna Maria COLELLA, Dipartimento Affari sociali. Grazie e
buongiorno a tutti; grazie Assessore Amati per aver organizzato questa giornata
nellambito delle iniziative della settimana per i diritti dellinfanzia, penso
che sia un momento molto importante per tutti. Io parto da un dato personale, da un
ricordo molto personale per poi brevemente tracciare il quadro di quello che, come
Dipartimento Affari Sociali, stiamo realizzando. Intanto porto il saluto di Livia Turco,
che è impegnata in Consiglio dei Ministri e molto volentieri avrebbe voluto essere
presente qui oggi, ma anche al Consiglio dei Ministri oggi si parla di bambini e di
bambine, dei diritti dei bambini, perché viene presentata la relazione per lONU e
altri provvedimenti, di cui poi parlerò. Parto da un dato molto personale, nel periodo
universitario ho cominciato a lavorare per i bambini con un Magistrato del Tribunale dei
Minorenni di Torino, Paolo Vercellone, il quale, quando ho predisposto la mia tesi di
laurea, ovviamente sullassistenza ai minori, e ho cominciato a lavorare in questo
settore sia a livello di volontariato che di impegno professionale, mi diceva spesso:
"vai con calma, vuoi fare tutto subito, ricordati che solo qualche anno fa i nostri
ragazzi camminavano su per le strade di montagna con i sacchi di sale sulle spalle,
dovevano emigrare, dovevano andare in Francia per poter avere un boccone di pane. Quanta
strada abbiamo fatto". Io comunque mi spaventavo molto perché in Piemonte, anni
78-80, avevamo 5.000 bambini negli istituti e quindi volevo veramente lavorare perché
queste cose cambiassero. Comunque ho imparato la lezione, un passo per volta, e le cose si
possono fare. Si possono fare se le istituzioni sono presenti, se cè una volontà
politica, se ci sono funzionari capaci, se cè una società che risponde, questa è
la cosa più importante, se cè veramente concertazione, se cè un lavoro
fatto insieme. Quel poco che avevo fatto io personalmente, come funzionario allora della
Regione Piemonte, non lho fatto per le mie capacità, ma perché dallaltra
parte avevo dei Magistrati illuminati, dei servizi sociali competenti, delle associazioni
di volontariato che promuovevano la "deistituzionalizzazione" dei minori e la
promozione dellaffidamento familiare. Questo breve passaggio personale vuole
significare che se siamo qui oggi è grazie allimpegno di tanti, di tantissimi,
alcuni anche presenti qui. In questi anni è stato realizzato un importante percorso. Dal
1996 in poi, con la presenza di Livia Turco al Governo, prima col Governo Prodi, poi col
Governo DAlema, sono stati assunti diversi provvedimenti a favore dellinfanzia
e delladolescenza. Non abbiamo il tempo di percorrerli tutti, voglio però fornire
alcuni dati significativi, legati al tema più specifico che si deve oggi affrontare e che
è quello delle adozioni. Poiché i dati dei minori in istituto erano molto vaghi, alcune
Regioni hanno attivato da tempo delle anagrafi dei minori in istituto, altre non
lavevano fatto; il Ministro Livia Turco ha richiesto pertanto unindagine sui
minori istituzionalizzati, che è stata svolta dal Centro Nazionale di Documentazione e di
analisi per lInfanzia e lAdolescenza. Da questi dati aggiornati al 30 giugno
del 1998 risultano 14.945 casi rilevati. Vorrei però specificare una cosa: si continua a
parlare di istituti, ma in realtà i nostri dati sono riferiti ai presidi
socio-assistenziali che sono una cosa diversa dagli istituti. E vero che permangono
ancora dei bambini in istituti grandi, istituti di vecchio tipo con un alto numero di
bambini istituzionalizzati e in proporzione un basso numero di educatori a disposizione di
questi bambini. Tuttavia la maggior parte di queste strutture, ormai in gran parte
dItalia, sono comunità alloggio, con 10-12 bambini e con un alto numero di
educatori. Pertanto il numero di 15.000 bambini presenti nei presidi socio-assistenziali
è ancora altissimo ma occorre anche valutare, effettuare unanalisi molto
approfondita sui casi, sulle zone, sulle regioni dove queste strutture si trovano.
Unaltra ricerca attivata questanno dal Ministro Livia Turco, sempre tramite il
Centro Nazionale di Documentazione e analisi per lInfanzia e lAdolescenza,
riguarda gli affidamenti familiari, ricerca però non ancora completata. In tema di
adozione va sottolineato che dei 16.000 bambini presenti nei presidi socio-assistenziali
soltanto 600 sono bambini dichiarati in stato di abbandono, quindi neanche l1%; ciò
significa che le autorità giudiziarie competenti, nel momento in cui i bambini vengono
dichiarati davvero adottabili, inseriscono gli stessi con grande tempestività in famiglie
aspiranti appunto alladozione. Non sono però soltanto 600 allanno i bambini
che vengono dichiarati adottabili nel nostro paese. Abbiamo avuto nel 1998 ben 1.278
dichiarazioni di adottabilità e 943 affidamenti pre-adottivi, il che significa che anche
sul versante internazionale si procede velocemente subito dopo la dichiarazione di
disponibilità alladozione del bambino. Di contro vi sono però 9.484 domande di
adozione nazionale. Un po meno sono le domande di adozione internazionale presentate
nel 1998: 6.926; secondo i dati fornitici dallUfficio Giustizia Minorile del
Ministero di Grazia e Giustizia, i bambini adottati con adozione internazionale nel 1998
sono stati 2.662. Si è quindi riscontrato un alto numero di bambini provenienti
dallestero che cercano una famiglia qui in Italia e una disponibilità sicuramente
più ampia da parte di tante coppie. A tal proposito lo schema di regolamento attuativo
della legge sulle adozioni internazionali è stato approvato dal Dipartimento già nei
mesi di marzo-aprile; purtroppo liter burocratico è tale da prevedere diversi
passaggi al garante dei dati, al Consiglio di Stato, ai vari Uffici Legislativi, alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Corte dei Conti. Attualmente il suddetto
regolamento deve purtroppo ancora essere pubblicato. È molto importante che il
regolamento attuativo della legge sulle adozioni internazionali venga pubblicato al più
presto, perché esso attiva effettivamente un meccanismo nuovo, diverso riguardo le
procedure per le adozioni internazionali ed istituisce altresì la Commissione per le
Adozioni Internazionali che a livello centrale si dovrà occupare della regolarità delle
adozioni. Ho ascoltato con molta attenzione le parole della Senatrice Mazzuca Poggiolini,
soprattutto riguardo ai fondi che dovrebbero essere attribuiti per la cooperazione
internazionale; questo effettivamente è un problema da affrontare, perché seppure vi
sono dei fondi per la cooperazione internazionale, attribuiti con criteri nuovi,
specifici, formulati posando unattenzione maggiore allassistenza dei bambini
negli altri paesi, è anche vero che da molti paesi dellest, come la Moldavia,
giungono richieste di aiuto a far crescere i bambini nella loro terra dorigine.
Negli istituti dellest molti bambini sono ricoverati per motivi economici, quindi
per motivi di povertà, e questi non possono certo essere dati in adozione internazionale.
Questo quindi è un problema molto serio che dovrà essere affrontato al più presto. Io
voglio ricordare che comunque il tema delladozione e dellaffidamento familiare
è nellagenda del Governo. Il Ministro Livia Turco, sin dallinizio del suo
mandato, aveva promosso una campagna sullaffidamento familiare. Laffidamento
familiare è un affetto in più per crescere e per vivere, con la collaborazione delle
associazioni di volontariato e delle Regioni si sono fatte già diverse cose in questo
settore. La cosa più grande però, più importante, alla quale come Dipartimento Affari
Sociali abbiamo lavorato tanto in questi anni, è lapplicazione della legge 285 del
97. Ci abbiamo lavorato tanto perché sono stati disposte finalmente ingenti risorse
a favore dellinfanzia e delladolescenza. Questa legge aveva il compito di
promuovere un nuovo metodo di lavoro sul territorio, un metodo di concertazione proprio
fra enti locali, fra le famiglie, fra la scuola e lassociazionismo. È stato anche
affrontato il tema del maltrattamento e dellabuso, con listituzione di una
Commissione Nazionale, che ha prodotto un suo documento. A seguito di questo lavoro svolto
a livello nazionale stiamo elaborando una ipotesi di accordo Stato-Regioni e Stato-Città
affinché si realizzi davvero sul territorio la formazione, la raccolta dati,
lorganizzazione dei servizi e si riesca a contrastare il grave fenomeno del
maltrattamento e dellabuso sessuale. È stata anche attivata la Commissione
istituita dalla legge 269 del 97, importantissima legge contro lo sfruttamento
sessuale dei minori, il cui articolo 17 prevede unattività di coordinamento della
Presidenza del Consiglio mediante listituzione di una Commissione che deve poi
relazionare al Parlamento sulla sua attività. Verrà presentato domani da Livia Turco, e
soprattutto da Alfredo Carlo Moro, Presidente del Centro Nazionale di Documentazione, un
rapporto riguardante tutte le tematiche oggi affrontate, con lindicazione di quanto
è stato fatto negli ultimi dieci anni, e lo dico con orgoglio, di quanto abbiamo fatto
negli ultimi 4-5 anni. Voglio ora riprendere solo un attimo largomento degli
operatori sociali. Noi viviamo una situazione molto anomala in Italia, esistendo un
percorso incompiuto da un punto di vista legislativo; da una parte nel 1978 è stata
approvata una riforma sanitaria e, per quanto riguarda il settore sanitario, siamo
addirittura arrivati alla riforma ter, mentre non è mai stata ancora approvata una
riforma dei servizi. Il Governo e il Parlamento hanno lavorato molto in questo anno, per
dare dignità ai servizi, dare qualità ai servizi, aumentare il personale sul territorio,
avere personale qualificato, che sappia predisporre dei progetti educativi. Abbiamo
bisogno di personale specializzato, ma anche di amministratori che dimostrino maggiore
sensibilità ed interesse verso il mondo dellinfanzia. Vorrei qui ripetere una frase
di Livia Turco, che in questi giorni ha già detto: "i bambini non sono soltanto i
cittadini di domani, sono i cittadini di oggi"; abbiamo quindi veramente bisogno che
il Parlamento approvi la Legge Quadro sui servizi per dare "gambe" ai servizi.
Certo, è molto importante il personale del Ministero di Grazia e Giustizia,
dellUfficio Giustizia Minorile e gli assistenti sociali, ma il penale minorile è
una piccolissima parte rispetto allenormità del lavoro che bisogna fare nel
progetto di tutela materno-infantile, attività che è propria dei servizi degli enti
locali. Allora ben vengano le ulteriori risorse che la Finanziaria ha disposto, ben 1.000
miliardi in più allanno. Nel concludere vorrei ricordare Laura dellAIBI, che
è morta su un aereo mentre andava in Kosovo per lavorare, per svolgere la sua attività
di volontariato, nonché Paola e tutti gli altri volontari; ricordo in particolare questa
ragazza che a 35 anni aveva deciso di non lavorare più per il profit, di lavorare
per il volontariato. Penso che sia essenziale avere ben presente quante persone in Italia
e nel mondo oggi lavorano nellinteresse degli altri, nellinteresse dei
bambini, e se questo esempio ci può essere daiuto ricordiamocelo e andiamo avanti.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Grazie alla Dottoressa Colella, che ha ricordato anche limpegno e il sacrificio dei
volontari impegnati sul fronte dei diritti violati dalle guerre. Anche in momenti così
dolorosi, sappiamo che il loro contributo è essenziale, fondamentale. Cedo ora la parola
allOnorevole Piera Capitelli, della Commissione parlamentare per lInfanzia.
Piera CAPITELLI, membro della Commissione parlamentare per
linfanzia. Lattività della Commissione parlamentare per lInfanzia
è già stata bene illustrata da Anna Serafini, così come lattività della
Commissione Speciale per lInfanzia del Senato, illustrata dalla sua Presidente. Io
voglio riprendere qualche considerazione formulata da entrambe, dallonorevole
Serafini e dalla senatrice Mazzucca Poggiolini, in merito alla cultura di fondo che anima
i lavori di entrambe le Commissioni, in particolare della Commissione Bicamerale per
lInfanzia, che ha compiti talmente importanti ed impegnativi da far tremare le vene
ai polsi. Cè una cultura di fondo che anima comunque entrambe le Commissioni, la
visione del bambino inteso come persona, della quale in precedenza si parlava. La visione
di un bambino che è soggetto di diritti e che necessita di un trattamento speciale; al
bambino vanno riconosciuti dei diritti, ma lapplicazione di questi diritti richiede
una conoscenza specifica e profonda del bambino considerato come persona, in evoluzione.
La visione del bambino come persona ha tardato moltissimo ad affermarsi. Esistono
moltissimi scritti sulla visione dellinfanzia nella storia, in particolare Egle
Becchi, antropologa e pedagogista di Pavia, descrive il mondo dellinfanzia dal
medioevo ad oggi evidenziando in modo veramente impressionante come il bambino è sempre
stato sfruttato e considerato come un adulto in miniatura. Credo che oggi invece si sia
affermata davvero una visione e una cultura del bambino inteso come persona da
salvaguardare nel suo sviluppo, anche se ritengo che tale processo seppure avviato debba
ancora andare avanti. Prova ne è la presenza ancora oggi di abusi verso i bambini e la
diffusione e legittimazione nellopinione pubblica del fenomeno del lavoro minorile.
Noi sentiamo fortemente il senso di responsabilità di una Commissione che ha il compito
di verificare se gli accordi internazionali e legislativi vigenti aderiscono ai principi
della Convenzione di New York. Vorrei sottolineare che noi componenti della Commissione
abbiamo la fortuna di confrontarci con interlocutori che manifestano grandissimo
interesse, grandissima volontà di comunicarci, trasmettere le loro competenze, e ciò
facilita il nostro compito. Questo va evidenziato, noi abbiamo centrato il nostro lavoro,
come diceva Anna Serafini, sulle attività svolte dai gruppi di lavoro e sulle audizioni,
il che ci ha consentito di venire a contatto con validissime professionalità ed
esperienze, soprattutto del mondo dellassociazionismo, delle quali credo sapremo
tener conto. Ritengo fondamentale il ruolo dellassociazionismo soprattutto per far
conoscere meglio le leggi all'opinione pubblica; è indubbio infatti che la diffusione, la
conoscenza dei principi, dei valori contenuti nelle norme è piuttosto carente. Qualcuno
di voi, nella relazione svolta sui gruppi di lavoro, ha affermato che ci troviamo in un
momento favorevole, perché sono state approvate due importanti leggi, la 285 del '97 e la
269 del '98. Sono daccordo con questa affermazione, ma concordo con quanto affermato
dall'onorevole Anna Serafini e dalla senatrice Mazzuca sulla necessità di andare avanti.
Dobbiamo proseguire il nostro lavoro perché altre importanti leggi sulleducazione
sessuale, sulla separazione del coniuge, sulla riforma delladozione, devono essere
presto varate; dobbiamo inoltre verificare come funzionano le normative oggi esistenti. Su
quest'altro aspetto credo che molto importante sia anche il ruolo e lorganizzazione
dei servizi sociali sul territorio, soprattutto di quelli dedicati specificamente
allinfanzia.
Si pone peraltro sempre più la necessità che i nostri servizi sociali siano
profondamente riformati. La riforma dellassistenza e la riforma della scuola sono
due priorità. Credo che solo una Legge Quadro sullassistenza possa porre quelle
condizioni giuridico-istituzionali ormai indispensabili per la completa tutela del diritto
del minore nella famiglia. La riforma della scuola è in fase di piena attuazione. Oggi
sempre più si chiama in causa la scuola quando si parla della necessità di stabilire
delle sinergie rispetto a programmi che riguardano i bambini. Io sono anche componente
della VII Commissione che si occupa della scuola e credo che oggi possiamo avere uno
strumento, attraverso la riforma che riguarda lautonomia scolastica, che acceleri il
passaggio da una cultura burocratica della scuola e da unorganizzazione fortemente
gerarchizzata, ad una nuova cultura dellautonomia. Molte delle riflessioni espresse
in merito all'esperienza dei gruppi di lavoro hanno chiamato in causa la capacità di
essere adulti, di mostrarsi degli adulti disponibili sempre al dialogo con i ragazzi. Sono
convinta che anche la scuola possa fare molto per formare insegnanti ed operatori in grado
di dialogare con i bambini. Questo però non è solo un bisogno della scuola. La capacità
di dialogare con i bambini, da adulti ed essendo adulti, è una capacità che in più
ambiti deve poter essere sviluppata. Credo che oggi si ponga in generale un maggiore
bisogno di adulti che sappiano assumersi questo ruolo. Il che riporta alla questione
sollevata nelle relazioni sui lavori dei gruppi in merito alla problematica della cultura
del "no", che appare molto pertinente al modo di essere adulti oggi, non negando
noi nulla ai bambini. Tale elemento di carattere culturale va affrontato con molto
coraggio, a partire dalla scuola. Non significa essere autoritari saper dire no ai
bambini, ma permette anzi di offrire loro la possibilità di confrontasi con le regole, e
quindi poter crescere. Vorrei concludere con un accenno al problema dei bambini
appartenenti a comunità che spesso vengono naturalmente, culturalmente relegate nei
recessi più profondi dei nostri pensieri. Mi riferisco ai bambini nomadi. Credo che
dovremo lavorare, in Commissione Infanzia, anche sulle problematiche riguardanti questi
bambini, che versano in particolari e specifici disagi. Vi ringrazio dellattenzione.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Ringraziamo lOnorevole Capitelli. Diamo ora la parola alle cinque associazioni, che
hanno chiesto di parlare.
Franco CECCHERINI, Comunità BAHAI italiana. Vorrei
ringraziare lAssessorato alla Qualità della Vita per questo spazio offerto anche
alle associazioni che lavorano nel campo delleducazione alla Convenzione dei Diritti
del Bambino. Per noi, questo settore non è una novità. Già da tre anni la Comunità
BAHAI organizza, al centro studi BAHAI di Acuto, un forum delle associazioni che persegue
lo scopo mediante un progetto quadriennale, di promuovere la conoscenza e
leducazione alla Convenzione Internazionale sui Diritti dellInfanzia. Con il
Dottor Palumbo abbiamo svolto un lavoro preparatorio per questo Convegno rilanciando come
Comunità BAHAI il concetto dellaffermazione non solo dei diritti ma anche dei
doveri, argomento già ripreso questa mattina. Come comunità ci sentiamo di condividere
non soltanto i progetti enunciati, ma anche i contenuti che guidano la realizzazione di
questi progetti. Riteniamo che qualsiasi dichiarazione, elencante i diritti riconosciuti
ad individui o a gruppi, presuppone sempre necessariamente unassunzione di
altrettanti doveri da parte di altri individui o istituzioni sociali. Anche la Carta dei
Diritti dellInfanzia contempla, parallelamente ai diritti dei minori, una serie di
doveri da parte della società, dei genitori, degli insegnanti, dei formatori. Noi
riteniamo che lo stesso il bambino è tenuto ad uno specifico dovere, saper crescere,
svilupparsi ed esprimersi in ogni stadio della sua esistenza quale membro positivo e
pacifico della società. Chiaramente il bambino deve essere sostenuto nello svolgimento di
questo suo dovere e questo comporta la necessità, da parte degli adulti, di preservare
questo aspetto dello sviluppo dellindividuo. La più alta espressione dellio
nella fede BAHAI è considerata il Servizio. Lo stadio fino a cui la capacità di Servizio
può giungere coincide con quello stadio nel quale i poteri fondamentali e le capacità
dellessere umano possono essere realizzati. Il processo della formazione della
propria personalità è quindi sinonimo del processo di sviluppo delle capacità
fondamentali e di dedizione al servizio dellumanità. Compito degli adulti è
sapersi assumere la responsabilità di risanare il pianeta e soprattutto mettere in grado
le nuove generazioni, attraverso una formazione adeguata alle esigenze di relazione tra
culture e popoli, di tutelare la Terra e le sue preziose risorse, sviluppando così il
senso di appartenenza alla razza umana e contribuendo alla promozione del benessere
materiale, affettivo, culturale e spirituale dellintera collettività umana. Prima
si è fatto riferimento al servizio civile inteso come alternativa al servizio militare.
Nella fede BAHAI viene esaltato il concetto di servizio ed è quindi incentivato un
servizio civico. In tal senso abbiamo attivato un progetto che si propone di fornire al
giovane che intraprende un cammino di servizio, seppur temporaneo, una serie di esperienze
pienamente formative, non soltanto dal punto di vista delle attività svolte, ma anche
sotto il profilo della crescita interiore e della piena consapevolezza del suo ruolo di
persona che contribuisce al progresso dellintera umanità. Vi sono delle capacità
nellessere umano e noi abbiamo il dovere di svilupparle. Da un lato vogliamo
sviluppare, accrescere in noi la capacità di servire, di apprendere, di amare, ma
dobbiamo anche quella di porci nella condizione di venire amati dagli altri. E quindi è
un continuo scambio, una reciprocità di azioni. Sono questi i concetti che animano i
progetti che attualmente ha in corso la Comunità BAHAI sul territorio italiano. Forse il
più importante è quello che si è svolto in Umbria, con il patrocinio delle Nazioni
Unite e dellUNICEF, del Ministero per la Solidarietà Sociale, del Provveditorato
agli Studi, dellUniversità degli Studi Regione Umbria, e degli enti locali
Provincia e Comune. Si tratta di una serie di iniziative: un corso di formazione per
insegnanti delle scuole elementari sui diritti dei bambini, un concorso di disegno
argomento delle scuole della Provincia, una Fiera dellIntegrazione e dei Diritti e
una visita della classe vincitrice del concorso alla sede delle Nazioni Unite a Ginevra,
svoltasi nel maggio scorso. Lobiettivo è stato quello di affermare il concetto di
unicità del genere umano. Siamo anche presenti a Portici, periferia di Napoli, in una
zona ad alta densità di popolazione, con un progetto educativo che prevede in primo luogo
linterazione tra il bambino e ladulto, il genitore. Lo scopo del progetto è
saper integrare le proprie capacità di sviluppo; non si tratta del classico metodo in un
bambino che apprende in modo passivo, si vuole piuttosto rendere le giovani generazioni in
grado di appropriarsi del proprio processo di sviluppo, di modo che siano poi cittadini
responsabili e consapevoli del loro ruolo, non cittadini che si lascino coinvolgere da un
ritmo di vita spasmodico e travolgente. Lo stesso tipo di progetto viene attuato anche
allIsola dElba; si è scelto di lavorare su un territorio isolano, con delle
caratteristiche ben precise, al fine di far risultare, oltre al profilo della
collaborazione tra adulto e bambino, anche un elemento di forte unità e coesione tra
tutti i popoli della Terra. Infine, nella regione Valle dAosta si sta lavorando ad
un progetto, già in fase di ultimazione, finalizzato alla comprensione del reale valore
dei sentimenti umani; sentimenti considerati non solo come elemento emotivo che guida la
nostra vita, cioè come emozioni, ma come elementi suscettibili di trasformarsi in azioni
coerenti con l obiettivo ultimo quale è levoluzione della società umana.
Grazie.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Grazie a Franco Ceccarini. Cedo ora la parola a Agostino Rita.
AGOSTINO RITA, Presidente Associazione "Città
educativa". Per chi come me lavora da tanto tempo con i bambini è un onore
intervenire di fronte a quei rappresentanti del popolo italiano che si occupano in maniera
particolare dei problemi dei minori. Nella riflessione sui diritti dei bambini vorrei
soffermarmi un attimo sul percorso che dalle affermazioni di principio consente di
arrivare fino ad iniziative concrete. Elemento fondamentale in tal senso è la formazione
di una cultura, la crescita di una cultura e la ricerca di nuovi strumenti. Vorrei
fermarmi velocemente su alcuni punti. Il mondo delle associazioni negli ultimi venti anni
è cresciuto moltissimo. In particolare le associazioni culturali pian piano si sono
trasformate in gestori di servizi, in controparte o enti affidatari da parte di enti
locali, con gestioni di bilancio che talvolta raggiungono centinaia di milioni. Non sempre
però cè stata una crescita adeguata del mondo associativo nel suo complesso.
Esistono grandi enti, come lARCI, l'ACLI, l'UISP, grandi enti nazionali, accanto ad
una diffusa polverizzazione sul territorio di piccoli e piccolissimi enti. I primi sono
una grande flotta di galeoni, i piccoli sono i vascelli corsari, agili, veloci, alcuni dei
quali hanno occupato nicchie importanti. Tuttavia complessivamente, lo dico come
controparte degli enti locali, ritengo che molti di tali enti non sono del tutto
affidabili. Si reggono spesso sulla buona volontà dei fondatori, dei presidenti, di due o
tre addetti. Credo che nel dibattito generale sul terzo settore, che terrà in un convegno
a Roma il prossimo 3 dicembre, sia necessario porre unattenzione particolare agli
interventi di sostegno delle associazioni, che rappresentano lanello più debole
rispetto al volontariato e alla cooperazione, dotati di strumenti legislativi efficaci. Il
mondo dellassociazionismo risulta invece privo di meccanismi di accesso alla
formazione dei dirigenti, dei quadri, non dispone di strumenti per migliorare
lefficienza nella gestione dei servizi, presenta inoltre gravi carenze nella
valutazione della qualità dei risultati dei propri servizi. Si rendono pertanto
necessari interventi legislativi in questo campo. Come riflessione sugli enti locali
rilevo che tra gli amministratori da una parte e gli operatori sul territorio
dallaltra si pone una zona grigia formata da oltre 35 mila dipendenti solo a Roma;
ciò configura la presenza di una burocrazia che non sempre comprende ciò che gli
operatori sul territorio stanno svolgendo ostacolandone a volte il lavoro. Sarebbe allora
opportuno promuovere iniziative tali per cui le stesse amministrazioni possano realizzare
interventi formativi sui propri dipendenti, affinché questi comprendano il valore anche
educativo e gli effetti prodotti da ogni atto amministrativo inerente alle problematiche
oggi affrontate, dagli atti preparatori di una delibera alle normative sui bandi di gara.
Ricordo a tal proposito che oggi a Roma la legge 285 del 97 è bloccata perché è
incerto se il 40% di acconto previsto dalla legge può essere concesso o no. Alcuni enti
hanno già stipulato le convenzioni previste, sono partiti con alcuni progetti e non
ricevono i fondi dovuti, hanno problemi di accesso al credito, il che non accade invece
per le cooperative. Nel concludere dichiaro che noi appartenenti al mondo associativo,
crediamo moltissimo al valore del servizio civile; non ci interessa avere operatori
gratuiti, vogliamo però sottolineare il fatto che una leva civica territoriale è una
risorsa per tutta la comunità, pertanto il venir meno del servizio militare comporta la
necessità di trovare nuovi strumenti per salvare il servizio civile, inteso come
patrimonio della comunità. I ragazzi che hanno svolto il servizio civile hanno certamente
contribuito a sostenere taluni servizi speciali, ma hanno vissuto altresì
unesperienza altamente formativa. Questa esperienza formativa non va assolutamente
persa, deve essere anzi capitalizzata non dallente gestore, cui sono affidati i
ragazzi che fanno il servizio civile, bensì dalla stessa comunità territoriale, perché
si tratta appunto di un prezioso patrimonio della comunità del territorio.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Ringraziamo Agostino Rita per lincisività con cui, in poco tempo, ha posto una
serie di importanti questioni. Diamo ora la parola ad Elvia Ficarro dellAssociazione
GESEF.
Elvia FICARRO, Associazione GESEF. Buongiorno, la
sigla dellassociazione significa genitori separati dai figli; ci occupiamo dunque di
quei bambini, provenienti da situazioni di separazione e divorzio. Prendo subito come
spunto una frase prima pronunciata lOnorevole Serafini, la quale ha fatto notare che
nei casi di separazione i bambini non vengono mai ascoltati. Non solo non vengono
ascoltati i bambini, non vengono ascoltati neanche i genitori, in quanto parlano solo gli
avvocati in sede di separazione e divorzio. La logica dei tribunali, della prassi
giudiziaria in questi come in tutti gli altri casi, consiste semplicemente nel relazionare
chi ha torto è chi ha ragione, chi è il vincitore e chi il perdente. Nel caso di
separazione o divorzio cè un vincitore e un perdente, e il premio in palio per il
vincitore è il minore. Il minore che porta con sé il diritto alla casa, allassegno
alimentare, allesercizio della potestà sul bambino. Si crea pertanto una gestione
esclusiva del minore che diventa una proprietà esclusiva, a cui chiunque altro, compreso
il genitore non affidatario, non può più accedere. La Senatrice Mazzuca ha pronunciato
unaltra frase: "questi bambini sono utilizzati come una clava"; i bambini
in tali situazioni vengono utilizzati come clava perché gli si consente appunto di
utilizzarli come una clava. La legislazione attualmente vigente prevede già laffido
congiunto, che viene però applicato in casi rarissimi e comunque risulta svuotato di
qualunque contenuto. La legge vigente e soprattutto la prassi vigente dei tribunali
consente che i bambini di persone separate o divorziate vengano usati come una clava.
Ogniqualvolta il giudice del tribunale civile emette una sentenza senza aver sentito i
genitori, ma solo i loro avvocati, stabilendo con tale sentenza quale sia il genitore
vincente e quello perdente, il bambino viene completamente abbandonato a se stesso. Non
esiste infatti alcun tipo di struttura, nessuna forma di controllo che dopo tre mesi, sei
mesi o un anno possa verificare le condizioni del bambino e controllare come si comporta
il genitore a cui lo stesso è stato affidato. In una simile situazione, il genitore
affidatario considera il proprio figlio come una sorta di proprietà privata, facendone
uno strumento di rivalsa, di ricatto economico nei confronti dellaltra parte.
LOnorevole Mazzuca riferendosi nel suo intervento alla questione della TV,
sottolineava che in Francia, patria della libertà, esistono pesanti sanzioni per chi
viola le leggi che regolano le trasmissioni televisive in rapporto alla tutela dei minori.
Ebbene in Francia esistono anche sanzioni per chi viola i provvedimenti adottati da un
giudice. In Italia non esiste niente di tutto questo, non esistono sanzioni. Ciò comporta
che il genitore affidatario si senta legittimato dalle leggi, dalla prassi giudiziaria a
poter gestire come una proprietà privata il proprio figlio, perché nessuno glielo
impedisce. E quando qualcuno dallaltra parte, laltro genitore, tenta di
difendere non solo i propri, ma anche i diritti del bambino, spesso accade che giungano al
Tribunale dei Minori pacchi di denuncie, di maltrattamenti, abusi sessuali, atti di
libidine, e da quel momento si ha un figlio che perde un padre e un padre che perde il
proprio figlio. Allora quando si dibatte di affido congiunto, occorre fare molta
attenzione. Laffido congiunto di per sé è un contenitore vuoto, che non può
garantire la prevenzione di tali deplorevoli conseguenze. Per garantire la prevenzione
occorre prima di tutto dare sostanza ed effettività al principio dellesercizio
congiunto della potestà. Secondariamente si devono istituire strutture con personale
adeguato cui si possa rivolgere il genitore non affidatario che spesso risulta di fatto
abbandonato al suo destino. E indubbio che oggi il genitore non affidatario,
ostacolato dallaltra parte, nel poter mantenere una relazione significativa col
proprio bambino, non sa a chi rivolgersi, non sa cosa fare. Non ha nessun tipo di
struttura a cui poter chiedere aiuto e sostegno. E quando comincia a ribellarsi arrivano
al tribunale dei minorenni le denuncie a suo carico. Il Dottor Fadiga sa benissimo che due
terzi, due su tre, di tali denuncie, secondo precise analisi effettuate
dallUniversità La Sapienza, risultano infondate, strumentali; eppure anche in tali
casi i bambini non vedranno più il padre per mesi, a volte per anni. Probabilmente, come
disse un luminare, il Professor Francesco Montecchi, due terzi di questi bambini a un
certo punto, dopo mesi, anni di travaglio, avranno dentro di loro completamente tagliato
ogni relazione con laltro genitore. Questi traumi lasciano il segno per mesi, per
anni, per sempre, forse sarebbe il caso di intervenire.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Grazie a Elvia per il proprio contributo offerto al dibattito. Diamo ora la parola ad
Aurelia Passasseo.
Aurelia PASSASSEO, Coordinamento internazionale associazioni
per la tutela dei diritti dei minori CIATDM. Buongiorno, grazie per avermi dato
la parola. Rappresento un coordinamento internazionale di associazioni per la tutela dei
diritti dei minori. Mi è stato chiesto di essere breve, cercherò di essere molto breve,
anche perché io sono abituata ad esser sintetica e a parlare a braccio. Vorrei porre
lattenzione su una importante provvedimento su cui ho lavorato tantissimo,
collaborando con lOnorevole Serafini: la legge 476 del 98, di ratifica della
Convenzione de L'Aja sulle adozioni internazionali. Per quanto concerne il relativo
regolamento di attuazione, credo sia opportuno fare chiarezza, perché da una parte si
dice che una parte di questa legge sia già entrata in vigore, in particolare
larticolo 6, dallaltra parte si afferma, come mi è stato ripetuto stamattina
proprio dalla Dottoressa Colella, che la legge non è ancora in vigore. Su questa
questione è stata presentata anche uninterrogazione parlamentare, a firma degli
onorevoli Contento e Taradash, in data 25 maggio di questanno, interrogazione che
intende far chiarezza su due articoli in particolare: larticolo 6 e larticolo
8. Larticolo 6 prevede che le associazioni non autorizzate a svolgere attività di
adozione internazionale son tenute a bloccare gli iter delle adozioni già in corso,
mentre le associazioni attualmente autorizzate possono continuare a svolgere la loro
attività di adozione internazionale. Sono peraltro a conoscenza che il Governo,
nellultima seduta di approvazione finale della legge alla Camera in data 15 dicembre
98 ha accolto un ordine del giorno secondo cui anche le associazioni precedentemente
autorizzate devono essere nuovamente verificate ed autorizzate; ordine del giorno che
praticamente dà pari dignità di partenza a tutte le associazioni, sia quelle autorizzate
che quelle non autorizzate, tutte la sottoporre quindi alla verifica da parte della
costituenda Commissione istituita dal Regolamento. Va però precisato che questo ordine
del giorno non è stato recepito nel regolamento e su tale punto la legge è poco chiara.
Io avanzo un vago sospetto, un sospetto mio personale, e voglia il Signore che non sia
fondato. Sospetto cioè che con questa legge e in questo momento si sia voluto creare un
monopolio di associazioni autorizzate a svolgere ladozione internazionale, alcune
delle quali so che chiedono addirittura ben 50 milioni per fare unadozione. Non
abbiamo le prove però lo sappiamo. Credo che un bambino non debba essere mercificato a
tal punto. Ho anche il vago sospetto, che il "fai da te" che si voleva frenare,
si sia invece legalizzato. Vorrei leggere in ultimo una lettera del Ministero di Grazia e
Giustizia, a firma del Magistrato Anna Maria Teresa De Gregori che risponde ad
unassociazione che reca alcuni chiarimenti in merito alla legge in questione. Questo
è il tenore della risposta: "Come è noto, con la succitata legge 476 del 98 di
autorizzazione alla ratifica di esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la
cooperazione in materia di adozione internazionale, sono state introdotte
nellordinamento alcune modifiche per lo svolgimento delle relative attività da
parte delle associazioni impegnate nel settore, la cui autorizzazione è di competenza
dellautorità centrale, mediante la Commissione per le adozioni internazionali da
costituirsi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri". Faccio presente che la
lettera è datata 14 luglio 1999, a dicembre non è ancora stato pubblicato il regolamento
di attuazione e la Commissione non si è ancora insediata. La lettera prosegue: "In
attesa della ormai prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del regolamento di
attuazione e di organizzazione della Commissione per le Adozioni Internazionali,
contenente anche modalità, tempi e contenuti per la presentazione della domanda di
autorizzazione per liscrizione allAlbo apposito, la materia resta allo stato
ancora regolata dal Decreto del Ministero degli Affari Esteri del 28 giugno dell85.
Allo stato attuale, in mancanza di autorizzazione, ogni ente operante nel settore, è
quindi tenuto a sospendere la propria attività per non incorrere nei reati previsti
dallArticolo 72-bis della legge 184 dell83, così come introdotto dalla legge
476. Per quanto attiene, poi, alla soluzione delle pratiche in corso è possibile
ipotizzare che in attesa dellautorizzazione della suddetta Commissione le famiglie
interessate provvedano direttamente alla conclusione delle relative procedure di
adozione". Questa è la risposta del Ministero di Grazia e Giustizia. Allora mi
domando se non sarebbe stato forse meglio, come noi avevamo suggerito, far entrare in
vigore la legge sei mesi dopo la sua pubblicazione. E quindi dare un ulteriore termine per
predisporre il regolamento, e istituire la Commissione, evitando così il sospetto, cui ho
prima fatto riferimento. Oggi infatti le associazioni che seguivano le pratiche, inerenti
il procedimento di adozione internazionale, in quanto non autorizzate, hanno dovuto
restituire alle famiglie tutta la relativa documentazione e le famiglie sono ora allo
sbando, sono in mano a facoltosi avvocati che su questa situazione lucrano, con la
conseguenza che il bambino è ancora una volta mercificato. Non era forse meglio
introdurre delle norme transitorie? Lascio a voi la risposta. Grazie.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Grazie ad Aurelia. Ha posto una serie di affermazioni molto pesanti, molto gravi. Ecco il
fatto di affermare che molte associazioni, diciamo di quelle storiche, tra virgolette,
possano svolgere un ruolo di commercio mi sembra unaffermazione che, prima di fare,
bisogna verificare con attenzione. Bene, io do la parola alla Signora Migliotti.
Anna MIGLIOTTI, scrittrice. Grazie per avermi
dato la parola. Abbiamo molto parlato oggi di legge sulle adozioni e anchio vorrei
aggiungere alcune cose. Rilevo una scarsa informazione, sulle ragioni vere per cui risulta
indispensabile varare una nuova legge; molti pensano che si vogliono favorire i single o
le coppie di fatto, oppure si cerchi di aumentare il limite di età per le coppie che
adottano. Cè scarsa informazione. Si tratta infatti di una legge che, come si
evince già nei primi articoli, esalta e sottolinea i diritti del protagonista della legge
sulladozione, che è il minore, il bambino. I protagonisti delladozione non
sono i genitori adottivi, ma sono gli adottati. Spesso ce ne dimentichiamo; io lavoro in
questo settore da non molti anni, mi occupo della formazione delle coppie e spesso mi
risulta difficile spiegare alle coppie che vogliono iniziare unadozione quanto
delicato e complesso sia questo percorso, che comprende il se esista il diritto della
coppia adottiva di avere un figlio e il diritto del bambino a trovare una giusta coppia di
accoglienza. Trovo peraltro difficoltà non solo con quelle coppie adottive che spesso
esprimono un bisogno egoistico di maternità e paternità, ma anche con gli ostacoli che
purtroppo le stesse strutture, le istituzioni pongono nella successiva fase della verifica
dellinserimento dei minori stranieri, perché ladozione è soprattutto
internazionale. Sono molti i problemi. Mi soffermo sulla questione dei minori stranieri
adottati in Italia, giunti in Italia in età scolare. A volte il minore straniero che
viene da noi adottato si equipara al minore italiano, pertanto quando viene elaborato un
progetto di accoglienza, viene equiparata la loro situazione. La condizione di partenza è
invece ben diversa perché il minore straniero non mantiene più la sua cultura di
provenienza, subisce quindi uno sradicamento maggiore che non è solo di tipo culturale ma
è anche affettivo; il bambino straniero spesso rifiuta la sua origine, specie
allinizio del suo inserimento è portato a rifiutare la sua storia di abbandono, la
sua provenienza. Sappiamo bene però che nel percorso evolutivo, nella crescita della
personalità del bambino, del minore, è fondamentale conservare il proprio orgoglio anche
culturale, la propria storia, la propria provenienza; diventa fondamentale per la crescita
di ognuno di noi saper accettare la propria storia anche quando questa è tremenda e
dolorosa. Fondamentale diritto delluomo, del cittadino, della persona è il diritto
di uguaglianza, il che implica il diritto ad essere accettati anche nella propria
diversità; pertanto affinché un bambino brasiliano, un bambino russo possa essere
inserito pienamente nella nostra realtà occorre realizzare specifici progetti per
consentirgli di mantenere anche parte della propria cultura di origine, della propria
tradizione, che si innesta in un nuovo contesto culturale. Va poi evidenziato che lo
sradicamento di questi bambini talvolta è totale, non solo uno sradicamento culturale, di
lingua, di tradizioni, ma esteso anche ai propri affetti. Ritengo che il miglior modo
possibile per risolvere le diverse problematiche concernenti ladozione
internazionale consiste nellincentivare la presenza di accordi bilaterali con gli
stati in cui tali adozioni avvengono, quali in particolare la Russia, il Brasile,
lUcraina, la Romania. Sono paesi caratterizzati da una profonda concezione della
famiglia e pervasi da una cultura di grande rispetto per i legami familiari, che spesso
vengono purtroppo recisi o per negligenza e differenza culturale o per ragioni
riconducibili al mercato delle adozioni. Sono a conoscenza di casi di coppie italiane che
hanno adottato bambini stranieri e che hanno scoperto solo dopo molto tempo che questi
bambini avevano fratelli o sorelle che hanno lasciato nei loro paesi di origine. Le leggi
di questi paesi precludono ogni possibilità di avere un contatto con i familiari rimasti
nel paese di provenienza, per cui risulta difficile mantenere un qualsiasi filo di
comunicazione in queste situazioni. Per fare chiarezza nel campo delladozione, e in
particolare nelladozione internazionale, ritengo necessario istituire il prima
possibile la predetta autorità centrale; ci sono infatti già liste di coppia in attesa
da due o tre anni presso gli enti autorizzati e soprattutto cè il diritto per
questi bambini abbandonati di avere una famiglia che li accudisca, altrimenti il loro
futuro è a rischio perché non cè per loro altra possibilità di poter vivere una
vita serena e piena di affetto. Grazie.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio.
Do la parola per una breve risposta allon. Serafini.
ANNA SERAFINI, membro della Commissione parlamentare per
linfanzia. Vorrei fare alcune precisazioni e rispondere a due questioni
sollevate dai precedenti interventi della Passaseo e della Migliotti. In merito alle
difficoltà che la legge sulle adozioni internazionali ha incontrato in relazione al
regolamento di attuazione, faccio presente che il governo ha adottato il suddetto
regolamento ma la Corte dei Conti non lo ha ancora registrato. Proprio per consentire la
possibilità di sbloccare liter del provvedimento presso la Corte dei Conti abbiamo
promosso per giovedì prossimo un incontro con il mondo associativo cui parteciperanno
rappresentanti del governo, delle regioni, della stessa Corte dei Conti. E
importante procedere rapidamente nellattuazione di questa legge; ritengo anzi che
quando si tratta di normative di fondamentale rilevanza sociale forse dovrebbero essere
più celermente affrontate le questioni economiche. Ricordo che abbiamo esaminato la legge
alla Camera in soli tre mesi proprio per consentire una approvazione rapida ben
consapevoli che la stessa avrebbe aiutato tanti bambini ad avere una famiglia. In merito
alla filosofia di fondo che ispira la legge sulle adozioni internazionali intendo
sottolineare che con questa legge che attua in Italia la convenzione de L'Aja si vuole
passare dal metodo del fai-da-te, per cui la ricerca del bambino da parte di una coppia
avviene senza regole, ad un procedimento che garantisce meglio la ricerca della famiglia
più idonea e adotta per quel determinato bambino. Primario è il diritto del bambino ad
avere una famiglia nel proprio paese; solo nel caso in cui ciò non risulta possibile si
deve consentire ai bambini stranieri di avere una famiglia italiana. Tale principio
delinea una concezione sussidiaria delladozione, cioè si pone al centro il bambino,
occorre fare ogni possibile sforzo perché il bambino conservi la propria famiglia,
rimanga il più possibile legato alla sua cultura e solo quando ciò non è possibile deve
intervenire lo strumento delladozione. Per porre fine al metodo del fai-da-te ed
affermare una concezione sussidiaria delladozione, come prescrive la convenzione de
L'Aja, risulta evidente la necessità di perseguire una politica di sostegno verso i paesi
più poveri e verso quelle famiglie con gravi difficoltà che potrebbero essere indotte a
dover abbandonare il proprio bambino a causa dei disagi economici. A tal proposito, nella
legge sulle adozioni internazionali abbiamo inserito talune previsioni specifiche
riconducibili ai principi della cooperazione internazionale. In particolare la legge
prevede che una quota degli investimenti diretti alla cooperazione fosse finalizzata ad
aiutare le famiglie dei paesi poveri che vogliano tenere con sé i loro bambini, al fine
di evitare la dichiarazione di abbandono. La concezione sussidiaria delladozione
implica infatti il pieno sostegno alle famiglie per garantire al bambino il diritto ad
avere una propria famiglia, ovvero una famiglia che sia in grado di trattenerlo nel suo
paese. In questo sistema fondamentale sarà il ruolo degli enti autorizzati, la cui
funzione è proprio quella di consentire la mediazione tra le coppie e i bambini da
adottare. E indubbio che per adottare un bambino che proviene da un altro paese, ci
vuole maggiore esperienza, è indispensabile una cultura molto più raffinata anche da
parte dei genitori per porsi in relazione con unesperienza diversa. Porre in
relazione un bambino appartenente ad una cultura diversa, ad un paese diverso con una
famiglia italiana, significa attivare non solo un rapporto unidirezionale, ma saper
utilizzare, da parte dei genitori adottivi più strumenti di dialogo, di confronto. Penso
che ladozione internazionale, con il tramite degli enti autorizzati, possa diventare
uno strumento potentissimo di comunicazione ed arricchimento reciproco, perché anche per
un genitore italiano porsi in relazione con paesi come il Brasile o la Russia è un modo
per arricchire sé stesso. Ladozione internazionale in questo senso è qualcosa di
molto complesso rispetto a quella interna. Nel rispondere agli ultimi due interventi dico
che la legge non privilegia affatto le associazioni che pur essendo senza fine di lucro
dispongono di un certo capitale. Abbiamo anzi cercato di consentire a tutti coloro che
agiscono senza finalità di lucro ma con motivazioni sociali e culturali elevate, di poter
dare un contributo in questa delicata materia. E addirittura siamo andati oltre,
consentendo allente locale di agire in tal senso se nessuna associazione in quel
dato territorio si fa avanti. Diventa comunque fondamentale il ruolo svolto dallente
autorizzato, il cui legame con lintero mondo dellassociazionismo e con la
cooperazione internazionale va potenziato sempre più. Il livello di confronto deve essere
mantenuto sempre alto e a tal fine ad ogni associazione, come ad ognuno di noi, è
richiesto di porre a disposizione il suo patrimonio di sensibilità e di competenza per
far sì che la relazione tra il bambino adottato e la famiglia adottiva sia sempre più
solida e si concretizzi veramente in un incontro anche di culture.
Matteo AMATI, Assessore Politiche Qualità Vita Regione Lazio. Grazie on.le Serafini per questi ulteriori elementi di chiarificazione e di approfondimento. Troveremo sicuramente altre occasioni almeno a livello regionale per approfondire questo tema delle adozioni su cui abbiamo lavorato a rete; è stato uno dei settori su cui abbiamo fatto lo sforzo necessario per un confronto ampio fra tutte le competenze interessate. Voglio ringraziare tutti i partecipanti per lattenzione e soprattutto per la pazienza. Ringrazio gli onorevoli parlamentari che hanno voluto impegnarsi in questa riflessione in una giornata così importante; i convegni, i seminari di per sé non sono risolutivi però servono a far crescere una attenzione nuova, una fase nuova che si sta aprendo nel nostro paese in tema di diritti dellinfanzia. Sulla questione dei diritti dei bambini e delle bambine cè sicuramente qualcosa di nuovo rispetto al passato, sia in termini di programmi, sia in termini di strumenti e soprattutto di risorse. Certo recuperare i ritardi accumulati negli anni, le carenze e le disfunzioni non è facile; si pongono ostacoli anche di carattere culturale. In alcuni casi cè urgenza di leggi, come ad esempio la legge quadro di riordino dei servizi sociali. In altri casi la legge di per sé non risolve il problema perché deve essere parallelamente affermata una nuova cultura che ponga il problema dei diritti della persona come uno dei temi centrali, altrimenti passi in avanti rischiamo di non farne. Su questo tema un ruolo importante lo svolgono gli enti locali, le regioni. Noi a livello regionale abbiamo cominciato ad attivare e potenziare nostri compiti di programmazione e di legislazione nellambito dei servizi sociali; abbiamo varato la legge di riordino sui servizi sociali e, nellambito del terzo settore, la legge sullassociazionismo, la legge sulla cooperazione e la legge sul volontariato. La regione ha altresì avviato un proficuo confronto con le stesse associazioni e si cerca ora di trovare una sede permanente di incontro e di confronto tra le associazioni stesse. Uno dei problemi che sorgono tra le stesse associazioni è infatti la mancanza di una sede in cui misurarsi e costruire insieme progetti comuni. Spesso ognuno è impegnato sul proprio fronte, sulla propria area e non ha modo di interagire con gli altri; sorge allora lesigenza di valorizzare il più possibile le risorse e il patrimonio di esperienze proprio di ogni singolo. Vi ringrazio e vi do appuntamento alle prossime occasioni, nelle prossime settimane, perché su tanti aspetti specifici possiamo ancora fare passi in avanti. Vi ringrazio per tutto quello che fate. Grazie.