PRESIDENTE. Come avete potuto ben
rilevare, limpostazione che questa mattina abbiamo voluto dare al Convegno, dopo gli
interventi del presidente Del Turco, del sindaco Albertini e del prefetto Masone, è stata
quella di inquadrare complessivamente il fenomeno delle nuove mafie in Italia sia sotto il
profilo dei soggetti presenti nel nostro paese che sotto quello delle caratteristiche
organizzative, delle attività e dei problemi che esse sollevano nellattività di
contrasto e di organizzazione della sicurezza nel territorio. Con gli interventi del
procuratore Vigna e del procuratore Borrelli abbiamo, invece, voluto focalizzare il
profilo giudiziario delle indagini, concentrando lattenzione sui soggetti
giustamente il dottor Borrelli ci ha invitato a considerarli sotto il profilo
dellattività criminale transnazionale presenti nel nostro territorio, su
alcune loro caratteristiche, sulle loro alleanze con le nostre mafie locali, sulla loro
organizzazione, sulle attività che riescono a porre in essere e sulle sfide che pongono
al nostro sistema. Abbiamo previsto di dare, già nella seconda parte del Convegno,
delle prime risposte, le quali ci verranno offerte dal dottor Monaco sul piano delle
misure nellattività di contrasto al crimine transnazionale e dal Presidente del
Senato della Repubblica, sul piano legislativo. Riceveremo domani, essendo tuttora in
corso il Consiglio dei Ministri, le risposte del Governo, attraverso gli interventi dei
Ministri dellinterno e di grazia e giustizia. Non vogliamo, infatti, rinunciare a
dare un senso concreto alla nostra riflessione e al lavoro che stiamo svolgendo questa
mattina.
Vi ricordo che in questa seconda parte del
Convegno interverranno il dottor Monaco, vice capo della polizia e direttore centrale
della polizia criminale, che svolgerà il suo intervento sul tema: "Le attività e le
misure di contrasto al crimine internazionale"; lonorevole Fabio Evangelisti,
presidente del Comitato parlamentare Schengen-Europol, che potrà arricchire i temi che
stiamo trattando, e infine il senatore Nicola Mancino, presidente del Senato della
Repubblica.
Nel corso del pomeriggio i nostri lavori
saranno concentrati sullincidenza nelleconomia della criminalità organizzata
internazionale, al fine di avere la possibilità di continuare questo dialogo forte e
critico come avete potuto ben rilevare attraverso le diverse sfumature e le
proposte che verranno avanzate nel corso di queste due giornate.
Per quanto riguarda lattività della
criminalità internazionale, devo dire che dobbiamo utilizzare e confrontare i vari
linguaggi, le strategie, i contenuti e i modelli organizzativi. Si tratta di una vera e
propria sfida, che il nostro paese deve sentire e che deve pulsare nelle sue istituzioni,
per trovare naturalmente dei possibili accordi e delle possibili sinergie non solo tra i
livelli istituzionali, ma anche tra le forze politiche che intervengono in questo campo.
Ci proveremo, ma naturalmente la questione è ancora aperta. Ricordo, comunque, che il
nostro lavoro non parte da zero, perché abbiamo potuto rilevare lesistenza di
alcune esperienze e di primi risultati; è necessario ora elevare il tasso di
sistematicità dellintervento e, in particolare, del livello progettuale.
Per questo motivo reputo davvero
importanti queste due giornate, che non sono isolate rispetto al cammino complessivo della
Commissione parlamentare antimafia, attraverso le quali vogliamo delineare il quadro
completo delle sfide che nel complesso le varie mafie oggi pongono al nostro paese.
Do, pertanto, la parola al dottor Monaco,
che svolgerà il tema: "Le attività e le misure di contrasto al crimine
internazionale".
MONACO Gennaro, vice
capo della Polizia e direttore centrale della polizia criminale. Rivolgo un saluto
cordiale a tutte le autorità presenti in sala e un saluto particolare al Presidente del
Senato che, con la sua autorevole presenza, dà unampia valenza a questo Convegno.
Ringrazio il Sindaco di Milano, per averci offerto la disponibilità di questo prestigioso
e storico palazzo per svolgere questa manifestazione, e la Commissione parlamentare
antimafia e il suo Presidente per aver individuato una tematica di così grande impatto
quella delle nuove mafie che sicuramente sarà nei prossimi anni la sfida
più impegnativa per le forze di polizia.
Devo dire che negli ultimi dieci anni,
accanto ai tradizionali fenomeni di tipo mafioso, che restano ancora attuali sebbene
ridimensionati rispetto al passato, sono apparse nel nostro paese nuove realtà criminali.
La "globalizzazione" delleconomia, le comunicazioni in tempo reale, la
facilità degli spostamenti ed una integrazione sempre più vasta costituiscono oggi la
ricchezza della civiltà occidentale moderna e la fonte del suo progresso. Ciò ha
comportato migrazioni di popoli verso le zone più ricche, ove le condizioni di vita sono
migliori e le prospettive di benessere più elevate. Frontiere impenetrabili sino ad
alcuni anni orsono, come la "cortina di ferro", sono state abbattute in pochi
giorni e lunificazione europea è ormai una realtà irreversibile. Dai nuovi assetti
internazionali derivano scenari del tutto nuovi nei quali, in progressione geometrica, si
assimilano e si integrano diverse culture con prospettive innovative e di progresso.
Tuttavia, allo stesso tempo, in questi innovativi contesti bisogna anche fare i conti con
nuove ad agguerrite realtà criminali.
Tali mutamenti dalle imponenti dimensioni
non hanno trovato adeguatamente preparata la comunità internazionale ed i paesi che, in
ragione dei loro standard di vita elevati, rappresentano un polo di attrazione per
le popolazioni dei paesi del Terzo mondo e di quelli in via di transizione. Le nazioni,
infatti, non sempre hanno saputo superare i limiti della propria esperienza nazionale
nella lotta alla criminalità e sono trascorsi anni prima che si arrivasse alla forte
determinazione di adottare una strategia complessiva di lotta ad una criminalità
organizzata anchessa "globalizzata".
È emblematico che, mentre le ragioni
inarrestabili delleconomia sono state capaci di abbattere barriere storiche
(lesempio più significativo è la moneta unica europea), nei settori della
sicurezza e della giustizia permangono le maggiori resistenze legate alle prerogative
della sovranità nazionale.
In questo scenario sono apparse le
"nuove mafie". Esse non si riferiscono ad una realtà omogenea ma ad un panorama
assai frastagliato, che ha come comune denominatore solo la strutturazione criminale.
In questo ambito troviamo: cellule
operative delle grandi organizzazioni criminali straniere che in pratica sono
ramificazioni operative di strutture con le loro basi altrove, mentre i proventi,
impegnati in attività lecite e illecite, sono sparsi per il mondo; gruppi su base etnica
che, sviluppatisi in maniera silente, vanno oggi acquisendo autonomia operativa e
dimensione anche stanziale, persino in quelle aree del meridione dItalia a
tradizionale presenza mafiosa. Faccio riferimento ai gruppi criminali albanesi, a talune
espressioni della criminalità cinese, ai gruppi delinquenziali del Nord Africa, alle
formazioni malavitose di origine nigeriana e di altri paesi del Centro-ovest
dellAfrica e ad altre etnie dellEst europeo.
Ancor più complesso sarà il quadro
allorché cresceranno, anche in Italia, i gruppi criminali su base multietnica, come
avviene sempre più diffusamente nella maggioranza degli altri paesi europei mi
riferisco alla Spagna e alla Germania dove essi costituiscono già oltre la metà
dei fenomeni di criminalità organizzata.
Inoltre, in questi stessi paesi europei
operano gruppi criminali etnici per ora sconosciuti in Italia, come ad esempio la
criminalità vietnamita in Germania, e noi non siamo in grado di prevedere allo stato
attuale se essi attecchiranno anche nel nostro paese.
Rispetto alla criminalità mafiosa del
nostro paese, le nuove realtà sono talora simili per organizzazione strutturale per cui
non vi sono particolari difficoltà ad applicare le categorie giuridiche e le metodiche
investigative relative allarticolo 416-bis del codice penale. Il reato di
associazione di tipo mafioso è stato infatti contestato, a seguito di operazioni che si
sono concluse anche recentemente in alcune provincie del Nord Italia, anche nei confronti
di criminali albanesi e russi.
Proprio nei giorni scorsi la Polizia di
Stato ha arrestato a Fano un pericolosissimo esponente di unorganizzazione criminale
russa, composta da oltre quindici persone che nel frattempo sono rientrate nel proprio
paese di origine perché i tempi tecnici delle indagini in Italia sono purtroppo
estremamente lunghi e complessi, mentre sicuramente con un sistema più celere ed efficace
saremmo riusciti a catturare anche questi altri personaggi.
Questa organizzazione aveva come attività
delinquenziale il controllo di alcuni settori economici, relativi allattività di
importazione ed esportazione di prodotti commerciali tra lItalia e i paesi
dellex Unione Sovietica riuscendo ad estromettere dal mercato gli altri commercianti
oppure assoggettandoli alle imposizioni dellorganizzazione stessa. Il sodalizio
criminale perseguiva, altresì, il proposito di condizionare i cittadini russi operanti in
Italia nel settore dei cosiddetti shopping tour, privandoli della loro autonomia
imprenditoriale.
Ma spesso le bande criminali straniere
sono assai meno organizzate, hanno una struttura embrionale ed una presenza pulviscolare
sul territorio, sicché il ricorso agli strumenti tipici dellazione antimafia non è
sempre praticabile, né possibile. Quindi ne risulta fortemente ampliato il panorama
complessivo del crimine organizzato italiano.
Di qui lesigenza di una conoscenza
approfondita e di un forte sviluppo delle attività di analisi, sia strategica sia
operativa, che sappia conferire valore aggiunto allazione sul territorio delle forze
di polizia. In pratica, si tratta di impostare un approccio metodologico innovativo
rispetto alla tradizionale intelligence antimafia che già poteva prendere le mosse
da taluni dati certi come le aree di radicamento ed il ruolo indiscusso di taluni
personaggi e di note famiglie.
Occorre quindi fare ampio ricorso alle
tecnologie informatiche per la raccolta e lelaborazione di tutti i dati disponibili,
nonché correlare gli stessi ad altri sensibili indicatori socio-economici e sfruttare le
occasioni e le possibilità di approfondimento a tutto tondo offerte da un approccio
multidisciplinare al problema.
È necessario quindi interagire e definire
più stabili raccordi anche con quelle strutture che operano nel sociale e nel settore
economico-finanziario, nonché con il mondo accademico, per avere così angolazioni di
lettura diverse e complementari rispetto al semplice dato di polizia.
Questo pomeriggio funzionari della Polizia
di Stato e docenti dellUniversità Bocconi presenteranno dettagliatamente i
risultati di uno studio congiunto sulla presenza e sullimpatto della criminalità
internazionale o meglio transnazionale, come ha suggerito giustamente il
procuratore Borrelli sul territorio e sulleconomia italiana.
Sul piano dellazione concreta sono
state delineate dal Dipartimento della pubblica sicurezza le direttrici di intervento
della strategia di contrasto alla criminalità organizzata transnazionale. In estrema
sintesi esse prevedono un significativo aumento delle specifiche professionalità degli
operatori di polizia che agiscono a livello locale e un continuo e costante supporto delle
strutture centrali in termini di diffusione delle conoscenze e di affinamento degli
strumenti a disposizione dellattività operativa.
In pratica, ferma restando la necessità
di non allentare la presa sui fenomeni criminali di tipo mafioso, occorre oggi operare su
quelle altre realtà che si integrano con le mafie tradizionali o sono state capaci di
occuparne gli spazi con altri metodi e con altre strategie. Si tratta quindi, per usare
unespressione in voga, di allargare il target, superando, ove necessario,
quei profili di esasperata specializzazione delle strutture che comportano rischi di
parcellizzazione degli interventi, perdendo di vista la necessaria unitarietà
dazione.
Di conseguenza, è necessaria una
capillare azione anticrimine sul territorio, non più incentrata esclusivamente su quelle
che per anni sono state denominate le regioni a rischio, ma sullintero territorio
nazionale.
Significativi passi in avanti in tal senso
sono già stati realizzati con lattuazione delle direttive ministeriali del marzo
1998 che hanno ricondotto gli uffici specializzati antimafia nellalveo delle
strutture territoriali, definendo i criteri per una migliore osmosi informativa e
distinguendo le competenze operative da un indispensabile momento di analisi e raccordo a
livello centrale.
Specifiche iniziative di carattere tecnico
già sono state avviate a supporto di questazione sul territorio, come la creazione
di complesse procedure informatiche. Fra tutte, va richiamata lattenzione
sullacquisizione, su una base regionale, di tutti i dati relativi alle attività
investigative riguardanti i criminali albanesi. Il sistema, già positivamente testato in
Puglia, entro questa primavera verrà esteso a tutto il territorio nazionale: ciò a
riprova della volontà di superare le difficoltà di carattere oggettivo, connesse alla
natura stessa dei soggetti e dei gruppi criminali, che vantano cultura, tradizioni e, non
ultimo, lingue e dialetti di difficile comprensione. Immaginate le difficoltà degli
operatori di polizia nelleffettuare un ascolto telefonico di unetnia cinese in
cui sono perlomeno cinque o sei i dialetti ufficiali.
Accanto al potenziamento delle capacità
di intervento delle forze di polizia per il quale già sono state intraprese le
opportune iniziative occorre sviluppare unazione sempre più corale e
coordinata delle diverse istituzioni e componenti del corpo sociale al fine di evitare che
le radici di questo nuovo male affondino nei tessuti sani del paese.
Vi è bisogno di acquisire la
consapevolezza che, al di là delle momentanee illusioni di facili guadagni,
lafflusso di capitali illeciti produce irreparabili danni al sistema economico,
produttivo e finanche al mercato del lavoro, con lo sconvolgimento degli equilibri e del
suo assetto.
Ovviamente, lazione di contrasto non
può comunque essere rivolta in modo efficace esclusivamente sul piano interno; è
necessaria una forte cooperazione internazionale ed il nostro paese è uno degli attori
principali in questo contesto.
Siamo profondamente convinti della
necessità di unazione capillare, forte, incessante e sinergica, sia a livello
nazionale sia su quello internazionale, perché essa deve essere ormai patrimonio di
tutti. Nessun luogo della terra potrà essere più considerato unisola felice.
Limpegno è senzaltro
rilevante, ma sono certo che lo affronteremo con la necessaria determinazione, consapevoli
che la sicurezza dei cittadini è un diritto fondamentale che va salvaguardato,
profondendovi tutte le nostre migliori energie. Vi ringrazio. (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Monaco.
Come avete potuto ascoltare, cè
già materiale per operare, per riflettere e confrontarci apertamente su alcune ipotesi di
lavoro.
Introduciamo adesso un tema molto
importante perché nel nostro paese avvertiamo lesigenza di procedere in modo più
unitario sul piano legislativo-operativo: pensate, ad esempio, al lavoro che si sta
facendo sul testo unico della legislazione antimafia.
Lo stesso problema lo stiamo ponendo a
livello europeo circa lo spazio giuridico in tema di contrasto alle criminalità, perché
le mafie che oggi operano sul piano internazionale o, meglio, transnazionale hanno
caratteristiche comuni che le rendono in grado di pervadere tutto il tessuto europeo.
Ecco perché per noi della Commissione
parlamentare antimafia, ma anche per tutte le istituzioni, lesperienza del Comitato
Europol-Schengen è molto importante, rappresenta una risorsa. Abbiamo perciò invitato il
presidente di questo Comitato, lonorevole Fabio Evangelisti, a partecipare ai nostri
lavori e con molto piacere gli cedo la parola.
EVANGELISTI
Fabio, deputato, presidente del Comitato parlamentare di controllo sullattuazione
ed il funzionamento della convenzione di applicazione dellaccordo di Schengen.
Sono io che vi ringrazio per linvito e per lopportunità che mi è offerta di
sviluppare, insieme a un consesso così autorevole, alcune riflessioni che nascono
dallesperienza fatta sul campo.
Innanzi tutto rivolgo un saluto e un
ringraziamento agli autorevoli esponenti del mondo politico, delle forze dellordine,
alle autorità istituzionali oggi presenti.
Ho iniziato lattività di Presidente
di questo Comitato parlamentare con lidea che la libera circolazione dei cittadini
nellambito degli accordi di Schengen potesse rappresentare un grosso contributo a
quel processo di integrazione europea che si andava intanto definendo, dopo Maastricht,
nella moneta unica, in vista della terza fase dellUnione economica e monetaria,
così come immaginavo che fosse un supporto alla definizione della politica comune di
sicurezza ed estera.
Andando avanti in questo lavoro, mi sono
reso conto sempre di più, pur conoscendone i testi, che gli accordi di Schengen solo
apparentemente, solo per il grosso pubblico rappresentano uno spazio di libera
circolazione, significano labbattimento delle frontiere interne. In realtà, gli
accordi di Schengen e chiedo scusa ai colleghi che più di una volta mi hanno
sentito fare questo ragionamento, ma sono costretto tutte le volte a sottolinearlo e
ribadirlo sono, sì, accordi di libera circolazione, ma sono soprattutto accordi di
cooperazione rinforzata di polizia e di cooperazione giudiziaria.
Se questo accordo non funziona, ci
troviamo di fronte a casi magari banali che non comportano alcun problema, però qualche
indesiderabile commerciante che viene dalla Russia per fare shopping a Rimini o
acquistare calzature nelle Marche, non ottenendo il visto dallItalia dirotta su
Madrid e da lì, senza alcun controllo, arriva nel nostro paese.
Dobbiamo quindi avere la consapevolezza
che va compiuto uno sforzo per portare avanti la cooperazione sul piano continentale. Il
Trattato di Amsterdam, che a giorni entrerà in vigore, prevede appunto che con il
prossimo primo maggio, fra le altre cose, vi sia unintegrazione, nel quadro
dellUnione Europea, proprio dellaccordo di Schengen, e questo stesso Trattato
di Amsterdam prevede un potenziamento di Europol.
Europol è una bella espressione che fa
venire in mente una polizia europea, ma noi sappiamo che non è ancora così. Oggi Europol
è un embrione di quella che domani potrebbe essere, secondo una simpatica espressione di
Helmut Kohl, lFBI europea. Ma oggi che cosa è Europol? È, appunto, un nucleo, un
primo coordinamento fra le forze di polizia nazionali. Ma su questo alla fine del mio
intervento tornerò perché in questo vedo delle potenzialità.
Ritorno alla premessa. Oggi mi trovo qui,
nella veste di Presidente del Comitato parlamentare che si occupa di Schengen e di
Europol, ad approfondire i vari aspetti di un unico tema. Lunico tema è quello
delle organizzazioni che fanno un business intrecciato, e sempre più incrociato,
fra traffico di armi, di droga, di essere umani, di auto rubate, riciclaggio di denaro
sporco, e così via, che sono proprio le materie della cooperazione di polizia prevista
nellambito Schengen-Europol.
Come più volte stamattina è stato
sottolineato, oggi sempre più la criminalità con cui ci troviamo a fare i conti ha i
caratteri della transnazionalità. Ma quando parliamo di transnazionalità, o di
criminalità internazionale, siamo immediatamente portati a fare un parallelo e rischiamo
questo lo voglio dire di essere quanto meno incauti, quando si arriva al
punto di sostenere dei sillogismi o peggio ancora delle equazioni, quali quelle circolate
in questi ultimi mesi: immigrazione uguale criminalità.
Questo non significa, si badi bene,
chiudere gli occhi, nascondersi di fronte al problema che tutti abbiamo di dare risposte
al bisogno di sicurezza dei cittadini. Ma certamente dobbiamo sviluppare prima di tutto
lanalisi dei fenomeni. Un paese come il nostro che fino al 1990 era terra di
emigrazione, e che conosceva unicamente immigrazioni interne dalle regioni meridionali
verso il Nord, non poteva non impattare con quanto si è poi verificato. Non si può, non
lo può il paese e non possiamo noi, non riscontrare che una connessione vi è tra i
flussi migratori e le attività criminose. Però, attenzione ai sillogismi. E allora,
anziché cadere nelle facili equazioni, che poi portano con sé il tentativo spesso
velleitario di dare risposte semplicistiche a problemi complessi, il problema per noi è
semmai quello lo ripeto ed insisto su questo di andare a fondo oggi
nellanalisi del fenomeno nelle sue diverse pieghe.
È quello che in qualche modo abbiamo
cercato di fare come Comitato in questi mesi. Ci siamo recati in Puglia, siamo stati a
controllare il confine con la Slovenia, 15 giorni fa siamo stati in Albania e abbiamo
riscontrato situazioni assolutamente diverse da una realtà allaltra. In Puglia, ad
esempio, cè un grande impegno e dispiego di forze e di mezzi che fa onore al nostro
Stato, così come fa onore al nostro paese labnegazione con cui le popolazioni
pugliesi fanno fronte al flusso massiccio di immigrati e di profughi. E tuttavia qualcosa
di meglio si potrebbe fare.
Diversa è la situazione della Slovenia.
Faccio un esempio soltanto. Siamo stati a Gorizia, 54 chilometri di frontiera fra Udine e
Trieste, di fatto una pianura, dove i contadini possono quotidianamente zappare mezza
giornata in Slovenia e mezza in Italia, tanto incerto è il confine; ebbene per 54
chilometri di frontiera vi è una sola volante. Responsabilità del questore?
Responsabilità del sindaco o del prefetto? No. Carenza di mezzi, di uomini, di attenzione
rispetto ad un problema del genere. Pertanto non cè un vuoto legislativo, cè
semmai la necessità di adeguare alcuni aspetti e adempimenti amministrativi. Un problema
in quellarea esiste: la pianta organica di quella questura è definita sul 1989,
quando appunto il nostro era un paese di emigrazione e non di immigrazione. Bisogna allora
intervenire sul piano legislativo oppure semplicemente sul piano amministrativo? Ma questo
è solo un esempio, perché anche lì ci sono alti contributi di abnegazione e di
intelligente lavoro delle nostre forze di polizia.
Siamo poi andati in Albania. Ebbene, in
questo paese cè un dato che dobbiamo conoscere e di cui dobbiamo tenere conto. I
nostri interlocutori istituzionali albanesi insistono, non senza malafede, sul fatto che
loro sono soltanto un segmento di percorsi ben più ampi che interessano non solo i flussi
di clandestini che possono arrivare dal Kurdistan, dal Pakistan e giungere a Milano, a
Parigi o a Bonn. Questo significa che sicuramente bisogna fare unazione di
contrasto sulle spiagge pugliesi, ma forse lazione va portata più in profondità
per tagliare le connessioni internazionali che in Albania hanno realizzato una domanda
indotta, per cui anche quando la pressione e il flusso migratorio non sono così forti, si
determinano ugualmente perché le organizzazioni criminali hanno organizzato questo
fenomeno.
Mi avvio a concludere dicendo che in
questa situazione tutto si può fare, e lo dico lontano da ogni volontà polemica: si
possono indire referendum, si può introdurre la categoria di reato per quanto
riguarda limmigrazione clandestina ma poi bisogna anche dire agli imprenditori e
agli amministratori del Veneto e del Trentino come fanno a dare risposte alle aziende che
chiedono 40-50 mila uomini per la raccolta delle mele o per le attività manifatturiere di
quella zona.
Penso che si debba lavorare molto in
direzione di una cooperazione giudiziaria, di polizia, ma anche di cooperazione allo
sviluppo. Vi sono 200 milioni di uomini che si affacciano nella sponda sud del
Mediterraneo, che guardano con il naso incollato ai televisori la nostra opulenza. O noi
riusciamo a dare risposte anche in termini di sviluppo oppure questa pressione sarà
incontenibile, e non serviranno né cavalli di Frisia né le mitragliatrici. Il problema
è come governare questa pressione, che può, se governata, diventare anche una risorsa.
Vorrei infine fare un breve cenno. Qualche
giorno fa il professor Amato, il quale ha inteso appunto esprimersi in veste di
professore, ha buttato sul tappeto lidea di una forza di polizia europea per il
controllo alle frontiere. Trovo suggestiva questa idea, ma ho qualche dubbio sul fatto che
possa essere efficace. Si tratta di capire di cosa si parla: se si tratta di portare un
uomo della Gendarmeria francese a Otranto o un carabiniere dalla Sicilia sulle rive
dellOder-Neisse non vedo una grande efficacia ed utilità della proposta; se invece
politicamente serve a dire che il problema va sempre più portato a livello di
responsabilità politica europea, credo che sia una strada da perseguire, perché da
questo punto di vista, a livello europeo, si può davvero far crescere quella operazione
giudiziaria e di polizia, ma soprattutto di intelligence che in ambito Europol e
Schengen non è ancora soddisfatta, e può essere quel di più che serve in termini di
flessibilità per tenere dietro al passo veloce delle organizzazioni criminali che
gestiscono il traffico degli immigrati clandestini, delle armi, della droga e ogni altro
traffico. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringraziamo di questo intervento lonorevole Fabio Evangelisti. Faremo un uso prezioso delle sue indicazioni e avremo modo sia in Commissione sia in altre sedi di confrontarci e di dettagliare alcune ipotesi e suggestioni che egli ci ha offerto.
È previsto ora lintervento del
Presidente del Senato, lintervento più atteso, perché le istanze che il nostro
paese esprime nella sua massima istituzione, che è il Parlamento, devono poter interagire
con il lavoro che la Commissione antimafia, con le forze di polizia, sta sviluppando
sullintero territorio nazionale.
Quello odierno non è il primo incontro al
quale il presidente Mancino partecipa: egli infatti ci ha seguiti a Palermo, a Napoli ed
ora è qui a Milano. Questo è il segno della sua sensibilità per tutto quello che stiamo
facendo e, soprattutto, dovremo fare nelle prossime settimane, oltre, naturalmente, alla
memoria degli incarichi istituzionali che il Presidente ha ricoperto in passato, e
allesperienza che ha accumulato in questo campo.
Presidente Mancino, la Commissione
antimafia le è grata per questa sua continua presenza e disponibilità a confrontare la
sua esperienza e il suo lavoro con quanto noi andiamo elaborando e proponendo, e penso che
anche in questa occasione il suo contributo sarà preziosissimo.
Cedo senzaltro la parola al
presidente Mancino.
MANCINO Nicola, presidente del Senato della Repubblica. Sono grato alla Commissione antimafia e al suo Presidente per questa occasione di riflessione ad alta voce su una presenza diffusa sul territorio e giustamente percepita nella sua pericolosità per la rilevanza che ha assunto e per le sue implicazioni rispetto alle realtà economiche e alle istituzioni territoriali. La Commissione antimafia, nel confrontarsi con gli organismi omologhi istituiti negli altri paesi, ha modo di rilevare la diversa sensibilità, dettata a volte anche da ragioni di prudenza o di salvaguardia dellimmagine, con cui altrove viene affrontata la questione dellesistenza di fenomeni di questo tipo. Un tempo anche da noi, parlare di mafia o di criminalità organizzata in alcune aree del nostro paese sembrava un attentato al prestigio o allonore nazionale. Eppure non si può disconoscere che la presenza mafiosa è diffusa, ha intrecci nel settore economico di rilevanza straordinaria, e riveste quindi carattere di accresciuta pericolosità.
Abbiamo avuto una fase acuta
dellassalto della malavita organizzata. In questo decennio, poi, pur avendo
registrato successi notevoli, non siamo riusciti a sconfiggere completamente la mafia, la
ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita, che rappresentano ancora fenomeni
preoccupanti, non solo per il dominio che conservano sul territorio, dove più profonde
sono le loro radici, ma anche per la maggiore mobilità dovuta a tecniche più moderne, a
cominciare dallinformatica. Noi avvertiamo che la malavita organizzata è presente
nel nostro paese e questo è motivo di preoccupazione: non dappertutto percepiamo la
stessa sensibilità. Questa diversità rafforza lesigenza di decidere con attenzione
che fare, anche in relazione al fatto che, entrando definitivamente sul mercato
dellEuro, ci troveremo ad avere un condizionamento anche più forte: la scomparsa
delle divise nazionali e lentrata in circolazione dellEuro caratterizzano
diversamente la circolazione monetaria e i movimenti di capitali in tutti gli istituti di
credito, quelli italiani e quelli degli altri paesi. E come Europa non siamo ancora
attrezzati a fronteggiare la situazione. Avremmo bisogno di una legislazione omogenea che
oggi non cè. La libertà di circolazione di beni, di servizi e di persone e lo
stesso diritto di stabilimento creano degli intrecci che dobbiamo valutare attentamente,
per le implicazioni che vengono a crearsi sul piano generale.
Ci troviamo oggi non perché
mancassero prima, ma avevano magari dimensioni diverse, o erano comunque sconosciute
in presenza di vere e proprie holdings del malaffare. Esse sono state
scoperte grazie ad una collaborazione più organica rispetto al passato, che si è avuta
da parte delle forze dellordine e della magistratura. Non possiamo, infatti, non
tenere conto del fatto che lintensificazione dei rapporti e la maggiore sinergia
esistente tra la magistratura e la polizia giudiziaria ha prodotto risultati straordinari,
tuttavia non ancora sufficienti a garantirci la vittoria sui fenomeni malavitosi.
LONU ha avuto la sensibilità di
predisporre uno schema di convenzione da sottoporre allapprovazione di vari paesi,
non soltanto europei. Questo schema di convenzione dovrebbe essere recepito dai singoli
ordinamenti, per dare vita ad una organizzazione sovranazionale tale da consentire un
ombrello protettivo maggiore di quello che abbiamo oggi. Come le forme del contrabbando,
così quelle del narcotraffico, del commercio delle armi, dellimmigrazione
clandestina, non sono tutte uguali; soprattutto il commercio delle persone, dei bambini e
delle donne, è problema che ci deve preoccupare, anche perché lo viviamo direttamente
allinterno del nostro territorio. Credo che sia dal punto di vista del Governo, sia
dal punto di vista delle istituzioni parlamentari, sia dal punto di vista delle relazioni
con la diplomazia delle Nazioni Unite occorrerà portare avanti unoffensiva: a mio
avviso il problema è drammatico nelle sue dimensioni e richiede, perciò, rimedi
immediati. La Commissione antimafia ha fatto bene a sviluppare nei tre Convegni di
Palermo, di Napoli e di Milano, con temi diversi, una riflessione che gioverà
allintero Parlamento e potrà portare ad una integrazione della nostra legislazione.
Se la nostra amministrazione non è
adeguata alla velocità della nostra economia, sarà bene riflettere sulle sue condizioni,
con riferimento al rapporto tra la repressione, lattività giudiziaria, i vari
procedimenti collegati a manifestazioni di malavita organizzata. Nonostante le innovazioni
legislative, i ritardi per arrivare alla confisca sono notevoli, in linea, del resto, con
i tempi lunghi, troppo lunghi, dei nostri processi. È possibile separare il procedimento
di confisca dalle sorti del procedimento penale, ponendo al riparo di eventuali errori,
dovuti soprattutto alla maggiore fretta, alla maggiore velocità del procedimento di
confisca. Però, questa lunghezza dei tempi, a mio avviso, non produce complessivamente
effetti positivi: non sempre siamo così veloci da privare la malavita organizzata, quindi
il malavitoso, di un bene, strumento per portare avanti loffensiva criminale. Ed è
il primo problema.
Il secondo problema è dato diceva
bene lonorevole Evangelisti dalla portata degli accordi di Schengen. Se
cè lEuropol cè, a mio avviso, anche lesigenza di
denazionalizzare progressivamente le forze dellordine per la parte che riguarda
reati che si verificano nellambito europeo. Un giorno avremo la polizia europea,
fatto che porterà inevitabilmente anche ad una presenza magistratuale corrispondente.
Potremo non essere daccordo tutti per questo traguardo a breve, ma ci dobbiamo
ugualmente impegnare: le prossime elezioni europee segneranno un ulteriore progresso nel
rapporto tra politica ed eletti, tra Parlamento e Commissione europea.
Non possiamo giungere alla costituzione
della federazione degli Stati europei nellindifferenza di alcuni o di molti Governi.
Dovremmo esaminare attentamente il
rapporto che inevitabilmente si stabilirà tra la Banca centrale europea e gli attuali
istituti di emissione dei vari Stati. Quanto al contributo che gli istituti di credito
possono dare, vorrei ricordare una mia diretta esperienza: da Ministro dellinterno,
ebbi intensi ed utili contatti con lallora Governatore della Banca dItalia,
Ciampi. Ne scaturì un decalogo che venne distribuito sul territorio alle varie forze
dellordine. Ritenere il funzionario una sorta di poliziotto è una pretesa a mio
avviso eccessiva, ma auspicare che le banche collaborino per denunciare tempestivamente
movimenti sospetti di capitale, a mio avviso è giusto e realistico, considerato che le
nuove tecniche informatiche mettono in condizione loperatore di avere la
registrazione in tempo reale delle operazioni che si vanno ad effettuare.
Le mafie in Italia sono tantissime ed
ormai provengono da diversi paesi. La holding non ha centrali in Italia o comunque
soltanto in Italia, ma in vari paesi del centro-est europeo ed ha collegamenti
internazionali come sempre è avvenuto, anche quando il mondo era diviso in due aree.
Questo aspetto uno spazio maggiore
agli investigatori nellosservazione delle operazioni bancarie che si effettuano, ed
un sempre più effettivo raccordo tra lautorità di polizia e la stessa magistratura
non va dimenticato, se vogliamo ottenere una maggiore efficacia nellazione
dei pubblici poteri.
Alcuni fenomeni sono presenti sono
consapevole di parlare in una città la cui sensibilità si è manifestata anche di
recente in tante città italiane. Il nostro paese è cambiato, pur tuttavia siamo
ancora in presenza di una insufficiente mobilità della manodopera. Mentre nel Mezzogiorno
dItalia si continua a registrare una forte disoccupazione con percentuali degne di
paesi del centro-est europeo, al Nord si ha invece bisogno di manodopera.
Con lallargamento dei confini
derivante dallapplicazione degli accordi di Schengen, quando vi è bisogno di
manodopera si creano fenomeni di forte immigrazione clandestina: si tratta di questioni
che è la politica a dover affrontare, mentre alla polizia spetta di intervenire quando si
è in presenza di fatti come gli attentati allordine pubblico. Certo, accanto
allemigrazione vi è un intreccio di malavita organizzata fatto di
speculazione, di commercio di donne e di bambini che va colpito strenuamente e con
decisione, perché la sicurezza è unesigenza da non collocare in secondo piano.
Mi dispiace di non aver potuto ascoltare
le relazioni del Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano, dottor
Borrelli, e del Procuratore nazionale antimafia, dottor Vigna: sono convinto che dalla
loro esperienza essi abbiano tratto utili elementi, che certamente hanno offerto alla
riflessione collettiva.
Concludo auspicando la migliore riuscita
del Convegno di Milano da cui, grazie anche ad altri autorevoli contributi, può scaturire
un insieme di indicazioni importanti per affrontare questioni che condizionano la
sicurezza collettiva e la qualità della vita civile nel nostro paese.
PRESIDENTE. Con lintervento del
presidente del Senato della Repubblica, senatore Nicola Mancino, si conclude la seconda
parte della prima giornata del Convegno.
I lavori, sospesi alle ore 13,15, sono
ripresi alle ore 15.
PRESIDENTE. Diamo inizio ai nostri lavori che, nella prima parte del pomeriggio, saranno concentrati sul tema: "Lincidenza nelleconomia della criminalità organizzata internazionale". Ricordo che interverranno il dottor Giorgio Fossa, presidente della Confindustria; il dottor Sergio Cofferati, segretario generale della CGIL, il professor Donato Masciandaro, docente presso lIstituto di economia monetaria dellUniversità commerciale L. Bocconi; il professor Luigi Spaventa, presidente della Consob, e lambasciatore Boris Biancheri, presidente dellISPI.
Invito, pertanto, il dottor Giorgio Fossa, presidente della Confindustria, a prendere la parola e a svolgere nel suo intervento il tema: "Limpatto del crimine organizzato sullo sviluppo industriale nelle grandi aree metropolitane", che reputo particolarmente sensibile per questa zona geografica del paese.
FOSSA Giorgio, presidente della Confindustria. Concentrerò il mio intervento sui nessi tra criminalità ed economia.
Il diffondersi del fenomeno criminale
ha conseguenze dannose, oltre che sulla convivenza civile, anche sul tessuto
economico-sociale. Altera il funzionamento dei mercati e comprime le potenzialità di
crescita e di sviluppo del territorio. Gli effetti negativi indiretti sono altrettanto
gravi di quelli diretti, che riguardano lattentato alla sicurezza delle persone e
dei beni.
Lobiettivo della criminalità
organizzata è di conseguire, con mezzi illeciti, una posizione di dominio esclusivo, di
monopolizzare il mercato (legale o illegale) in cui opera; in altre parole, di costituirsi
una posizione di rendita. Per ottenere questo obiettivo, limpresa criminale non
ricorre soltanto allesercizio della violenza. Essa si serve, infatti, anche dei
capitali accumulati illegalmente con la produzione e il commercio di beni e servizi
illeciti e può così disporre di mezzi finanziari a costi molto ridotti. Inoltre, la
criminalità organizzata è spesso in grado di esercitare una capillare attività di lobbying
illegale mediante la corruzione, lintimidazione o la collusione, allo scopo di
ottenere lapprovazione di norme o decisioni favorevoli, o piegare in senso
favorevole lapplicazione delle norme già esistenti.
Gli effetti negativi diretti sono
evidenti. Sono questi anche gli effetti tipicamente rilevati e sanzionati dalle norme
penali, che colpiscono in modo oggettivo i singoli cittadini, gli operatori economici e le
imprese. È a questo livello che spesso si riferiscono i tentativi di misurare il
"costo economico" della criminalità organizzata, in termini appunto di
"giro di affari" del racket, dellusura e via dicendo. Gli effetti
economici negativi della criminalità non consistono, però, solo nel taglieggiamento
delle attività produttive e commerciali e nellattentato alla sicurezza delle
persone e dei beni. Viene alterata la concorrenza nel mercato dei prodotti, con la
limitazione dellambito di attività o il fallimento degli operatori legali, ponendo
forti barriere allentrata, utilizzando forme di dumping ed altre pratiche di
concorrenza sleale. Viene alterata la concorrenza forse si tratta di quella che è
dilagata maggiormente negli ultimi anni nei mercati finanziari, in cui possono
risultare spesso favorite istituzioni finanziarie inefficienti, ma compromesse o corrotte,
che traggono il proprio potere di mercato dalla disponibilità al riciclaggio di capitali
di provenienza illecita. Spesso viene alterato anche il mercato della proprietà delle
imprese. Si tratta di un altro fenomeno che dobbiamo monitorare particolarmente in questo
periodo, ossia nel periodo di crisi congiunturale nel quale, per vari motivi, anche molte
imprese possono trovarsi in difficoltà. Tale fenomeno, nel quale la proprietà può
passare anche in mani sicuramente non trasparenti e lecite, è sicuramente e maggiormente
possibile.
È attraverso questi meccanismi che si
determinano ulteriori effetti negativi. In sostanza, limpresa criminale riduce il
prodotto totale della collettività in cui essa opera perché, per accaparrarsi risorse a
proprio favore, conduce ad una allocazione distorta e inefficiente delle risorse, delle
capacità imprenditoriali e del lavoro. Come è stato notato da tutti gli studiosi dei
fenomeni mafiosi e camorristici, quella che viene minata è la capacità di concepire lo
Stato di diritto come bene pubblico. Al suo posto prevale lidea della società come
una trama di relazioni personali da cui dipende il benessere individuale; si tratta,
dunque, di una concezione profondamente antieconomica e antimercato della vita sociale.
Ovviamente questo incide in modo
particolarmente grave laddove il tessuto economico è già di per sé debole per ragioni
storiche; avviene soprattutto nel nostro Mezzogiorno, ma non più o solo esclusivamente
nel Mezzogiorno. Ad un imprenditore appare evidente ciò che comincia ad emergere da varie
ricerche: nelle regioni del Sud il fenomeno criminale è una delle principali cause del
basso sviluppo. In questi studi, infatti, gli indicatori che misurano la dimensione e
levoluzione dei reati tipici della criminalità organizzata risultano altamente
significativi nello spiegare il fatto che, dagli anni Ottanta in poi, si è arrestato il
processo di convergenza del reddito pro capite delle regioni meridionali e di
quelle del Centro-Nord.
Le attività economiche e i meccanismi che
le governano giocano dunque un ruolo importante nei confronti della lotta alla
criminalità. Il mercato costituisce la più efficace tutela reale contro la criminalità
economica: non cè strumento migliore della competizione per sconfiggere
lintermediazione criminale o illegittima. Per abbassare il tasso di criminalità la
prima regola è dunque quella di favorire laffermarsi di un mercato sano. Un compito
delle forze sociali, e quindi anche dellorganizzazione che rappresento, è
certamente quello di contribuire alla diffusione della cultura della legalità. La
tolleranza dellillegalità "minore" finisce, infatti, per indebolire la
resistenza della società allopera e allinfluenza della criminalità
organizzata.
Va però anche detto che fenomeni che
vengono definiti di illegalità diffusa sono spesso il risultato proprio dellazione
dello Stato. Un fisco che favorisce il lavoro nero e il lavoro sommerso, leggi complesse e
pressoché inapplicabili sicuramente non agevolano il percorso che dobbiamo compiere. Per
affermare la cultura della legalità bisogna innanzi tutto eliminare le condizioni che
spingono numerosi cittadini a vivere abitualmente ai margini della legalità; solo allora
diventerà efficace lazione repressiva, che comunque è necessaria.
Dunque, il primo punto è la diminuzione
della pressione fiscale e contributiva, come condizione per ridurre larea del
sommerso e della disoccupazione, perché è quello il terreno di coltura della
illegalità, ed è in questo substrato sociale che le organizzazioni criminali reclutano
le loro leve.
La legalità diffusa richiede poi quelle
che normalmente vengono definite buone leggi. Infatti, una legislazione troppo complessa,
farraginosa, di difficile interpretazione e poco applicabile offre spazi sempre maggiori
alle forme di illecito. Cè quindi un problema di leggi sbagliate, e di leggi di non
facile interpretazione, di leggi da semplificare ma anche da cambiare. La Confindustria è
stata favorevole, ad esempio, allabolizione del segreto bancario e alla legislazione
per la trasparenza degli appalti, per colpire lusura e aiutare le vittime delle
estorsioni. Siamo anche a favore di una pubblica amministrazione che dia ai suoi dirigenti
maggiore responsabilità ed autonomia. Ci siamo battuti con particolare vigore per le
norme antiriciclaggio, consapevoli che la criminalità organizzata internazionale ricicla
ogni giorno circa 300 milioni di dollari.
Bisogna affrontare e di questi
tempi è un problema particolarmente sentito in tutto il paese anche
lemergenza dellimmigrazione clandestina, che si stima renda ai trafficanti dai
5 ai 7 miliardi di dollari lanno, e che va a danno non solo dei paesi che la
subiscono, ma anche di coloro che cercano di uscire da una situazione di disagio e
finiscono per cadere spesso in una condizione anche peggiore di forte degrado e di
disperazione.
Un capitolo importante per il ripristino
della legalità è quello dellefficienza dellapparato giudiziario. La lentezza
dei processi penali e civili favorisce i comportamenti illegali; una giustizia lenta non
è giustizia, svilisce le istituzioni e può indurre comportamenti opportunistici,
falsando la correttezza della competizione in campo economico.
La Confindustria ha sempre indicato come
una priorità il pieno recupero della legalità e della sicurezza sul territorio. Dobbiamo
assolutamente riportare il livello di legalità e di sicurezza delle nostre grandi aeree
metropolitane sui parametri dei paesi europei più avanzati sotto questo profilo. Sappiamo
che anche gli altri paesi hanno situazioni non facili, ma si trovano mediamente in
condizioni migliori delle nostre.
Abbiamo anche partecipato alla definizione
del "Progetto sicurezza" che varato dal Ministero dellinterno e
finanziato con i fondi comunitari ha lo scopo di consentire il controllo del
territorio in alcune aree industriali del Sud più esposte al rischio criminalità. Ho
voluto citare questo progetto sia per la sua intrinseca importanza sia perché esso nasce
da un presupposto nuovo: che linvestimento in sicurezza è un investimento economico
oltre che sociale.
Se non riusciremo ad investire in
sicurezza soprattutto nelle aree deboli del paese, data anche la dimensione delle imprese
italiane, difficilmente vi sarà un reale trasferimento di risorse aggiuntive dalle aree
più ricche del paese a quelle più povere. Infatti, le imprese italiane, che normalmente
sono molto piccole, hanno maggiori difficoltà a difendersi nei confronti dei fenomeni di
delinquenza organizzata, sia grande sia piccola, e questo è uno dei motivi per cui molte
volte le imprese, di fronte alla possibilità di trasferirsi nelle zone più deboli, non
lo fanno.
Non credo spetti alla Confindustria
indicare soluzioni tecniche per unefficace lotta alla mafia e alla criminalità.
Ritengo però di dover sottolineare alcuni punti fermi di carattere generale: la difesa
del sistema economico, dei valori del mercato e della libera competizione è una parte
fondamentale della strategia di lotta al crimine organizzato; i singoli soggetti,
specialmente i piccoli imprenditori come ho ricordato pocanzi non
vanno lasciati soli a fronteggiare i condizionamenti e le aggressioni delle organizzazioni
criminali; servono trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione e in
particolare il ripristino di condizioni di efficienza del sistema giudiziario; va
abbassata la pressione fiscale per rimettere in moto la macchina dello sviluppo economico.
Questo non è il solito pianto degli imprenditori come qualcuno potrebbe facilmente
affermare che chiedono sempre la riduzione della pressione fiscale, perché è
chiaro che una pressione fiscale di questo tipo (ormai è dimostrato) fatica a generare
sviluppo e, come abbiamo detto prima, se non cè sviluppo non togliamo alla base il
rifornimento alla malavita.
Infine, la lotta alla criminalità
organizzata non è solo un problema di singoli paesi e neppure di singole aree economiche,
per quanto importanti, come quella dellUnione Europea. È un problema che può
essere affrontato e risolto solo attraverso una cooperazione internazionale nelle
normative, nei comportamenti e nella cultura. Ma questa collaborazione non deve rimanere a
livello delle intenzioni e dei pur importanti dibattiti: deve essere sancita da precise
convenzioni e protocolli fra gli Stati e le aree del mondo, a mio giudizio a partire
soprattutto dallUnione Europea, che però, mi sento di sottolineare, non mi sembra
che negli ultimi anni abbia fatto particolari passi avanti o abbia dimostrato fermezza o
coesione nelle sue decisioni per affrontare il fenomeno della criminalità organizzata per
lo meno a livello europeo. Con le loro difficoltà, i singoli Stati si sono comunque mossi
quasi sempre autonomamente o troppo autonomamente. (Applausi).
PRESIDENTE.
Ringrazio il dottor Fossa per aver indicato alcune ipotesi di lavoro che andranno
certamente approfondite, quale quella relativa alla strada che lo Stato può percorrere
per ridurre i margini di convenienza dellattività illecita, rendendo più
praticabili le attività lecite delle imprese. Lo ringrazio altresì per aver voluto
sottolineare ancora una volta non è mai abbastanza finché non avremo risolto
tutti questi problemi che lefficienza dei servizi fondamentali in tema di
amministrazione della giustizia e in tema di garanzie di sicurezza al cittadino e alle
imprese è un percorso obbligato se si vuole sconfiggere quella criminalità organizzata
che sempre di più sta invadendo il campo delle attività economiche.
Credo che la successione degli interventi
sia più che opportuna, perché in relazione agli argomenti trattati dal dottor Fossa
abbiamo ora la possibilità di ascoltare, per il contributo che il mondo del lavoro può
dare alla lotta alla criminalità, il dottor Sergio Cofferati, segretario generale della
CGIL, il quale svolgerà un intervento sul tema: "Il contributo delle associazioni
sindacali nel preservare il mondo del lavoro dallinfluenza della criminalità".
COFFERATI Sergio, segretario
generale della CGIL. Vi ringrazio dellinvito. Sono convinto, e non da adesso,
che il progresso di una società civile si può realizzare soltanto quando è garantita
una forte e solida legalità e quando la legalità è accompagnata da politiche economiche
e sociali che abbiano come fondamento lesercizio condiviso della solidarietà.
È per questa ragione che grandi
organizzazioni, come i sindacati confederali italiani, che fanno dellesercizio della
solidarietà e del rispetto dei diritti il loro fondamento, sono storicamente da sempre in
prima fila nella lotta contro lillegalità. Non si comprenderebbe una parte della
nostra storia di questo secolo, comprese le tante vite spente con la violenza da parte
della criminalità organizzata, se non si avesse ben chiaro questo fondamento della nostra
esistenza.
Ritengo che tutte le forme di illegalità
debbano essere debellate: da quelle che riguardano più direttamente la sfera del lavoro e
le attività economiche, a quelle che condizionano il vivere civile, che sono state
descritte questa mattina.
Noi siamo in una situazione in cui il
paese ha finalmente le condizioni che gli consentono di tornare a crescere. Il risanamento
della nostra economia e lingresso nel sistema della moneta unica rappresentano le
basi per un futuro sviluppo in grado di dare risposte positive alle aspettative di
tantissime persone. Creare lavoro, soprattutto nelle aree più deboli, a partire da quelle
meridionali, credo sia una delle condizioni per battere lillegalità.
Lillegalità è contemporaneamente causa ed effetto dellarretratezza economica
e sociale di tanti territori nel mondo, in Europa e ovviamente anche in Italia. Per creare
occupazione occorre basare le politiche espansive sui vantaggi che il risanamento che
faticosamente ci siamo messi alle spalle ha garantito e occorre far sì che regole forti
siano accettate e condivise, che vi sia trasparenza nei comportamenti di tutti i soggetti
che sono chiamati ad operare nella sfera economica.
Ritengo sia per questo molto importante
rispettare i diritti nel lavoro. Il tema dei diritti è un tema delicato, connesso
direttamente a tanti fenomeni di illegalità diffusa: quelli che sono riconducibili
allesistenza di vecchie associazioni criminose e quelli che riguardano come
avete sentito questa mattina anche gli effetti delle scelte che vengono compiute
dalle nuove mafie.
La presenza e i condizionamenti della
malavita anche internazionale nella sfera economica sono stati storicamente rilevanti da
quando questo paese ha cominciato a ricostruirsi fino ad oggi. È per questa ragione che
è a mio avviso importante, in tutte le circostanze nelle quali le parti sociali
nel loro rapporto diretto o in quello triangolare sia con i Governi centrali che con
quelli locali affrontano i temi delleconomia e del lavoro, che esse tengano
sempre conto dellesigenza di avere, insieme agli strumenti che vengono individuati e
poi utilizzati, anche laccortezza di introdurre tutti gli elementi che possano
garantire trasparenza e legalità nella vita economica e civile.
Tutte le iniziative che riguardano il
Mezzogiorno sono state da noi richieste e contemporaneamente abbiamo preteso che venissero
accompagnate da interventi in grado di assicurare legalità, di dare certezza a coloro che
lavorano e che vivono in quei territori, nei quali si possono finalmente creare, partendo
dalle condizioni nuove che si sono determinate, occasioni di impiego e di reddito per
tante persone.
È evidente che cè un interesse
forte della criminalità organizzata in tutte le attività che richiamano grandi
investimenti, dove le risorse che vengono messe a disposizione sono consistenti; e per il
Mezzogiorno dItalia gli investimenti infrastrutturali, come sapete, sono una delle
condizioni decisive per abbattere le diseconomie esterne che hanno penalizzato tanti
territori. Per questa ragione, credo, molti dei fenomeni di criminalità organizzata sono
tornati ad alzare la testa e a presentarsi anche in forme nuove in quelle realtà
apparentemente prive di stimoli e di attrazione, e che invece lo stanno diventando perché
bisognose di investimenti anche rilevanti.
Serve legalità; legalità da definire
attraverso gli strumenti contrattuali, dalle parti sociali, cercando tutte le forme che
garantiscano condivisione degli obiettivi e trasparenza, e anche attraverso gli strumenti
di legge. Alcuni provvedimenti sono necessari, alcune correzioni a norme operative già
attuate si rendono opportune sulla base dellesperienza fatta. Vorrei ricordare un
solo esempio. La legge sugli appalti, nata, nel suo grande intendimento di base, come
soluzione in grado di sconfiggere un fenomeno devastante comè stato, per la
coscienza di tante persone, Tangentopoli ha introdotto da un lato, attraverso le
forme al massimo ribasso, le condizioni utili perché non ci sia più in alcuna forma
collusione fra lattività economica e quella di rappresentanza politica, ma
dallaltro, involontariamente, ha aggravato i limiti e le condizioni che riguardano
la sicurezza e i diritti delle persone che lavorano.
Per questa ragione è opportuno che si dia
rapidamente attuazione alla nuova legge accompagnandola, nei provvedimenti attuativi, con standard
che garantiscano la sicurezza, il rispetto dei contratti e, così, il rispetto dei diritti
delle persone.
Abbiamo per questo unesigenza
fondamentale nella ricerca di legalità del lavoro che va costruito, ma occorre non
dimenticare mai che abbiamo bisogno di legalità anche nel lavoro che già esiste. Sono
tanti i fenomeni che riguardano le attività produttive e che accompagnano una diffusione
di forme di piccola o grande criminalità in virtù del fatto che manca trasparenza e
mancano certezze per gli operatori, siano essi lavoratori o imprenditori.
Per questo è indispensabile agire su
quello che già cè. Basti pensare a un fenomeno così significativo
quantitativamente e, ahimè, anche nella qualità delle distorsioni che introduce, come il
lavoro sommerso nel Mezzogiorno. Ricordava prima il Presidente della Confindustria come la
mancanza di norme e di regole finisca con il diventare oggettivamente unalterazione
delle condizioni di mercato. Il lavoro sommerso è una delle condizioni peggiori che una
società si trova a dover gestire. Nel lavoro sommerso sono negati i diritti delle persone
e sono presenti tutte le condizioni che portano ad unalterazione dei comportamenti
delle imprese e delle dinamiche di mercato. Si favorisce evasione fiscale e contributiva,
ci sono profitti illeciti. Da qui la nostra insistenza perché tutto venga reso
trasparente e si introducano elementi di certezza che valgono, comè ovvio, per i
diritti che cerco di rappresentare, ma valgono anche per le stesse imprese. Bisogna
perciò creare una cultura della legalità; occorre partire dal ruolo della scuola e dei
formatori perché qualsiasi fenomeno piccolo o grande, che porta a considerare come il
male minore lanteporre un bisogno ad un diritto oppure laccettazione di
piccole forme di deviazione dalla legge, sia sconfitto, perché la criminalità
attecchisce in questo modo.
Credo che il ruolo dei formatori e della
scuola sia importante proprio per questa ragione. Non sfuggirà a nessuno di voi come la
dispersione scolastica aiuti spesso lo sfruttamento dei minori ma anche una criminalità
che introduce le sue terribili radici già nel mondo dei minori.
Le grandi città sono diventate in larga
misura lemblema delle difficoltà nel vivere civile. È nelle grandi aree urbane che
oggi si incontrano i fenomeni più rilevanti di presenza della criminalità organizzata,
come ci è stato ricordato continuamente questa mattina. Ciò crea insicurezza per le
persone e per le famiglie. Qui è indispensabile intervenire prioritariamente, non
soltanto a Milano, ma in tutti i grandi agglomerati urbani che hanno purtroppo spesso
queste condizioni di base. Serve sicurezza, ma anche solidarietà. Sicurezza e
solidarietà devono essere coniugate insieme; sicurezza vuol dire in primo luogo reprimere
la criminalità, senza indugi, attraverso il presidio democratico della città e del
territorio, che è uno dei compiti fondamentali dello Stato, e bisogna considerare come
fenomeni pericolosi e distorsivi tutte le forme che puntano a sostituire i singoli
cittadini ai compiti e alle funzioni che sono invece dellapparato pubblico. Le forze
dellordine possono e debbono essere coordinate; la polizia urbana ha compiti e
funzioni importanti e per quella via si può garantire un primo impatto positivo con i
problemi dei cittadini che vivono in questa parte del nostro paese. Bisogna, qui come
altrove, che sia sempre forte, se davvero si vuole combattere la criminalità, e non solo
quella straniera ma anche quella italiana, il rispetto dellautonomia e delle
funzioni della magistratura che non possono mai essere messe in discussione.
Legalità e sicurezza richiedono però
anche politiche sociali per le inclusioni a partire dalla scuola, perché bisogna creare
le condizioni di ambiente economico e sociale per togliere manovalanza e non creare un
ambiente nel quale possa attecchire la criminalità, piccola o grande che sia.
Bisogna fare molta attenzione; come si
affrontano questi temi è compito di tutti coloro che hanno funzioni e ruoli pubblici.
Proporre, come è stato fatto troppe volte, lequazione illegalità uguale immigrati
o emarginati è compiere una scelta profondamente errata. Io considero questi accostamenti
sbagliati, impropri, tali da favorire forme di razzismo verso tutti coloro che sono
diversi da noi. Lo dico qui convinto, alla luce delle cose che ho sentito, come voi,
questa mattina: la presenza di forme di criminalità straniera organizzata nel nostro
paese è un pericolo da combattere con decisione, con tutti gli strumenti che la
democrazia mette a disposizione. Ma guai a confondere la criminalità, comunque
organizzata e di qualunque provenienza sia, con i problemi delicatissimi, che riguardano
tante persone.
Penso sia importante in una società
civile far sì che etnie, religioni e culture diverse vivano insieme. Perché ciò accada
pacificamente servono leggi sovranazionali e provvedimenti nazionali in grado di regolare
i flussi migratori e costruire politiche per linclusione, compresa, comè
ovvio, quella delloccupazione e del lavoro. Le leggi, una volta decise dal
Parlamento, si devono applicare, sia per reprimere, combattere e allontanare tutti coloro
che non le rispettano, sia per riconoscere direttamente il diritto di cittadinanza a chi
decide di vivere qui e accetta, sulla base di principi elementari di convivenza, le nostre
regole.
Per questa ragione ho pensato e continuo a
pensare che alcune ipotesi affacciate anche nel dibattito di queste settimane siano fuori
luogo, siano sbagliate. Quando il sindaco di Milano propone soluzioni come quelle che ha
ripetuto stamani non avanza solo, a mio avviso, ipotesi sbagliate e assurde ma introduce
un elemento pericoloso: lidea di un sistema di diritti duale, che faccia diverse le
persone in ragione della loro etnia, della loro provenienza; il passo successivo sarà
quello dellappartenenza religiosa, politica o sindacale: è una storia vecchia. Sono
ipotesi oggettivamente tali da introdurre forme di razzismo. Io non credo che i problemi
delicati di convivenza civile fra culture diverse possano essere affrontati in una città
come Milano con questo approccio. Credo che Milano debba essere sempre, in ogni
circostanza, al livello e allaltezza della sua storia, che non casualmente è sempre
stata fondata sul rispetto dei diritti delle persone e su grandi esempi di solidarietà. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Cofferati, il quale ha opportunamente ribadito che nella lotta alla criminalità una idonea azione di prevenzione, sia offrendo livelli di piena occupazione e perseguendoli con determinazione, sia curando molto la formazione culturale delle giovani generazioni, è fondamentale. Il Convegno si è arricchito anche di questo contributo.
È stata svolta unanalisi
congiuntamente dallUniversità Bocconi e dal Servizio centrale operativo della
Polizia di Stato sui medesimi temi di questo Convegno, ed è stato invitato ad illustrarla
in questa sede il professor Donato Masciandaro, docente presso lIstituto di economia
monetaria dellUniversità Bocconi, il quale svolgerà una relazione su: "I
risultati di unanalisi condotta dallUniversità L. Bocconi e dal Servizio
centrale operativo della Polizia di Stato".
Do la parola al professor Masciandaro.
MASCIANDARO Donato, docente presso lIstituto di economica monetaria dellUniversità commerciale L. Bocconi. Autorità del Parlamento, signor sindaco, signore e signori, ringrazio innanzitutto per linvito che mi è stato fatto dalla Commissione parlamentare antimafia e che mi dà la possibilità di presentare oggi, ancorché in estrema sintesi, i risultati del lavoro che lUniversità Bocconi insieme alla Polizia di Stato ha svolto sul tema dellimpatto economico che ha su un territorio e su una economia locale la presenza di criminalità organizzata transnazionale.
È questo un tema su cui la nostra
Università negli ultimi anni è stata più volte impegnata. Lidea di fondo e
limportanza di presentarla a Milano oggi è significativa su cui nella nostra
Università si ritiene importante lavorare e ricercare è che lobiettivo
dellordine pubblico, da un lato, e lobiettivo dellefficiente e regolare
funzionamento dei mercati, dallaltro, sono non solo fra loro compatibili ma
fortemente sinergici gli uni con gli altri.
I risultati della ricerca saranno
illustrati, come dicevo, in estrema sintesi, utilizzando alcune diapositive.
Loggetto dellanalisi nasce da un lavoro impostato circa un anno fa fra le due
istituzioni e parte da un problema specifico: quello di valutare limpatto in
determinate aree del territorio italiano di nuove forme di criminalità organizzata: la
mafia russa, per quel che riguarda i territori dellEmilia Romagna e la mafia cinese,
per quanto riguarda alcune province della Toscana. Loggetto è importante, ma quel
che è più importante è il metodo di analisi sviluppato in questa sede. Tale metodo è
rappresentato dalla possibilità di elaborare un modello di analisi economica volto a
capire attraverso quali canali la presenza di nuove forme di criminalità organizzata può
modificare il funzionamento di un sistema economico, dal punto di vista della dinamica sia
dei settori reali distribuzione e produzione sia del settore bancario e
finanziario.
Il gruppo di lavoro è stato
interdisciplinare, e in questa sede devo ringraziare il gruppo della Polizia di Stato
guidato dal dottor Alessandro Pansa, con il quale proficuamente abbiamo lavorato
questanno; personalmente devo dire che ho imparato molto perché lanalisi
economica non può fare a meno dei fatti, delle intuizioni, delle indagini sistematiche.
Da questo punto di vista lincrocio tra esperienza investigativa e analisi economica
è stato, almeno per me, fonte di indubbio arricchimento.
Qual era il problema? Il problema era
capire come analizzare per la prima volta questo tipo di questioni. Abbiamo allora
elaborato un modello di analisi a due stadi: da un lato ci siamo chiesti quali sono i
canali attraverso cui nuove forme di criminalità organizzata possono influenzare il
funzionamento di una economia. Dallaltro lato, ci siamo chiesti: data una certa
pericolosità, dati certi meccanismi di infiltrazione, qual è il grado di vulnerabilità
delle diverse economie? Sottolineo che il problema della vulnerabilità lo abbiamo
affrontato anche traendo spunto da un lavoro parallelo che si è sviluppato in questi
stessi mesi e che verrà presentato la prossima settimana nella sede della Commissione
parlamentare antimafia, svolto dallUniversità Bocconi con la Direzione nazionale
antimafia, coordinata dal dottor Piero Luigi Vigna.
Il modello di analisi è stato sviluppato
secondo un approccio di tipo generale, in cui sono state individuate tre fasi o stadi (i
due diversi sostantivi non sono inutili perché il processo può presentarsi in maniera
dinamica ovvero può presentare una sola delle tre caratteristiche o uno solo dei tre
stadi). Attraverso quali canali le organizzazioni criminali entrano, inquinano,
influenzano un territorio? Noi non potevamo rincorrere le solite classificazioni; dovevamo
avere un modello che ci consentisse, forse per la prima volta, di capire, di giocare
danticipo, perché il vero problema su questi fenomeni è che la loro natura non
emersa li rende di difficile comprensione, e spesso comprendiamo singoli meccanismi quando
ormai non sono più utilizzati.
Quindi la sfida in questo tipo di analisi
è creare un approccio rigoroso per poi comprendere i singoli avvenimenti che si stanno
realizzando sui singoli territori. Abbiamo allora identificato tre fasi, che sono state
elaborate attraverso un modello di analisi economica e attraverso una formulazione sia
analitica, sia econometrica; oggi, come è ovvio, risparmio sia la parte analitica sia la
parte econometrica, che troverete nel volume che vi è stato distribuito.
Lintuizione però è molto semplice:
le fasi possono essere essenzialmente tre. La prima è la fase di accumulazione di risorse
illegali; è quella che di solito ha la più alta percezione. Le organizzazioni criminali
commettono reati, ottengono reddito illecito. Attraverso la commissione di atti illeciti
accumulano risorse. Questa è una prima caratteristica, poi però ne esiste una seconda,
vale a dire un territorio, uneconomia può essere interessante perché viene
utilizzata da unorganizzazione transnazionale per riciclare i propri proventi
illeciti ovunque accumulati. Il riciclaggio questo è un punto essenziale
rappresenta il moltiplicatore della forza economica, quindi politica, delle organizzazioni
criminali transnazionali. Attraverso il riciclaggio voi trasformate un potere
dacquisto che è solo potenziale, in quanto più o meno macchiato dalla probabilità
di essere incriminati, in un potere dacquisto uguale a quello di tutti gli altri
soggetti che operano in economia. Da quel momento in avanti diventate, con denaro
riciclato, con potere dacquisto riciclato, un soggetto che, come tutti gli altri
soggetti, può fare scelte di consumo, scelte di investimento, scelte di reinvestimento
nei settori illegali di provenienza. Cè infine una terza fase, o stadio, in cui
uneconomia può essere attaccata in quanto lorganizzazione criminale
transnazionale la sceglie come territorio di investimento di proprie risorse ormai
ripulite. Da quel momento in avanti le scelte delloperatore criminale sono le stesse
scelte delloperatore lecito, con la differenza però che il suo comportamento ab
origine è sempre comunque diverso da quello degli operatori legali.
I risultati di questo modello che abbiamo
sviluppato sono essenzialmente due. Il primo: qualunque analisi del problema che
considerasse una sola delle tre diverse fasi sarebbe unanalisi parziale e
probabilmente rischierebbe di sottostimare il fenomeno. Il secondo risultato è che le
politiche anticrimine generali e le politiche antiriciclaggio specifiche devono il più
possibile giocare danticipo su questi fenomeni, nel senso che le penetrazioni che
avvengono attraverso la fase del riciclaggio e la fase del reimpiego hanno una visibilità
bassissima da un lato, dallaltro tendono ad intrecciare sempre più il reddito
illegale con i settori legali delleconomia. Per cui quanto più alti sono i ritardi
di percezione, di intervento e di repressione, tanto più i redditi illegali saranno
intrecciati ai redditi legali e si abbasserà, a parità di altre condizioni,
lefficacia della politica anticrimine.
Con questi risultati abbiamo intrecciato i
risultati dedicati allanalisi della vulnerabilità. Non cè solo
unofferta di penetrazione, ci può essere anche una vulnerabilità più o meno alta.
Abbiamo elaborato tutta una serie di indici di vulnerabilità e voglio qui segnalare quale
è lapproccio di fondo. Lapproccio di fondo è che un sistema economico, e
quindi sociale e politico, è tanto più vulnerabile quanto più bassa è la
competitività sul mercato dei beni e dei servizi e tanto più bassa è la contendibilità
sul mercato del lavoro e sul mercato del capitale. Lintuizione è molto semplice.
Lanalisi economica ha mostrato come la concorrenza è un bene pubblico e tutte le
posizioni di difesa della rendita sono contro la concorrenza. Ogni qual volta è
stato ricordato nellintervento del magnifico rettore di stamani esiste una
posizione di difesa di rendita, quella posizione provoca allocazione non ottimale delle
risorse ed iniquità. Il punto centrale è che, essendo un bene pubblico, la concorrenza
è un bene che va difeso dalle autorità, perché i singoli operatori di per sé non
cercano la concorrenza, cercano le posizioni di rendita. Allora responsabilità delle
autorità di settore e politiche è perseguire la concorrenza. Questo principio generale
di difesa del bene pubblico trova unapplicazione immediata nelle aggressioni da
parte della criminalità organizzata.
Quanto più uneconomia locale è
caratterizzata da posizioni di rendita, da mercati dei beni e dei servizi non competitivi,
da mercati del lavoro bloccati, da mercati dei capitali ingessati, tanto più chi è
abituato a sfruttare posizioni di rendita, cioè le organizzazioni criminali, attraverso
la corruzione, attraverso tutti gli strumenti che potremmo chiamare dolcemente
metaeconomici, prima ricordati nellintervento del presidente Fossa, troverà in
questi territori una vulnerabilità più alta.
I risultati mostrano come la mafia russa,
applicando questo modello alle due organizzazioni criminali sopra citate, è
unorganizzazione transnazionale ad alta pericolosità perché ha scelto nei
territori oggetto di indagine di non accumulare risorse illegali, ha scelto cioè di
evitare il più possibile la prima fase, ha scelto questi territori essenzialmente per la
seconda e terza fase. Ha trovato dei territori in cui la vulnerabilità è medio-alta, non
è grave come in altre regioni italiane ma non è massima, quindi la pericolosità del
fenomeno è molto alta, mentre la percezione sul territorio è molto bassa.
Per quel che riguarda la mafia cinese
naturalmente non scendo nel dettaglio delle descrizioni, anche perché questa parte
verrà poi sviluppata nellintervento del dottor Pansa nel pomeriggio essa ha
un percorso molto simile; sceglie, come ricordato nellintervento di stamani del
dottor Vigna, di non infrangere le leggi contro le comunità indigene, compie magari
efferati delitti nei confronti dei membri della propria comunità (traffico degli esseri
umani e altri traffici illeciti), ma non contro le comunità indigene, in questo caso le
comunità toscane. Piuttosto questi sono territori di riciclaggio, ma soprattutto di
reimpiego, di crescita attraverso linvestimento in certi settori della
distribuzione, in certi settori produttivi. Di nuovo, vulnerabilità dei territori
medio-alta, pericolosità molto alta, percezione ancora molto bassa.
Da questi risultati viene una chiara
indicazione politica di intervento. Occorre creare un circolo virtuoso tra difesa
dellordine pubblico, economia competitiva, ordine pubblico; servono tutti e tre gli
elementi in quellordine. Se si parte prima con lintervento pubblico per lo
sviluppo senza aver assicurato lordine pubblico si creano solo le condizioni per
maggiore corruzione, maggiore infiltrazione, maggiori rischi di inquinamento. La
precondizione è creare quindi gli assets invisibili che occorrono agli
imprenditori: sicurezza, tutela dei diritti fondamentali, dei diritti della proprietà,
dei diritti della persona. Questo aiuta i mercati a divenire sempre più competitivi; a
quel punto la competitività delle imprese diventa fattore virtuoso, ulteriore crescita
dellordine pubblico. Lintuizione di fondo credo sia quella della sfida,
mostrare cioè che sia possibile combattere la criminalità organizzata non contro il
mercato, non fuori dal mercato, ma utilizzando le stesse forze del mercato. (Applausi)
PRESIDENTE. Grazie al professor Masciandaro. Credo che a nessuno sia sfuggita limportanza dei risultati di questanalisi, che servono poi a predisporre gli strumenti più adeguati per impedire le infiltrazioni sul territorio di queste nuove organizzazioni criminali rispetto alle quali, forse, siamo anche poco culturalmente attrezzati, trattandosi di fatti nuovi che vengono importati grazie a quella che viene definita la globalizzazione. E parlandosi di flussi finanziari e di implicazioni che riguardano questo nuovo campo di attività, che è diventato poi il campo di attività delle nuove organizzazioni criminali, credo non ci sia occasione migliore per dare la parola al professor Luigi Spaventa, presidente della Consob, che svolgerà una relazione dal titolo: "Riflessi della criminalità internazionale sul sistema borsistico e societario".
SPAVENTA Luigi, presidente
della Consob. La ringrazio, signor Presidente, signori, di questo invito. Come vedrete
non vi è moltissimo da aggiungere da parte mia a motivo dello scarso coinvolgimento della
Consob nel fenomeno del riciclaggio, però qualcosa vorrei provare a dire. Anzitutto sarà
stato qui ricordato, e mi scuso se lo ripeto, che le dimensioni del fenomeno sono enormi:
secondo il Fondo monetario internazionale parliamo di un ordine di grandezza tra i 300 e i
500 miliardi di dollari allanno che entrano nel mercato internazionale dei capitali
da attività illecite. Si tratta di cifre comprese fra il 2 e il 5 per cento del prodotto
interno lordo globale.
Le cause patologiche sono note. Vorrei
osservare tuttavia anche questo è noto e scusate se lo ripeto che il
fenomeno si è accelerato grazie alla globalizzazione dei mercati e allevoluzione
delle tecniche di gestione dei pagamenti. Questo indubbio progresso dal punto di vista
della liquidità e dello spessore dei mercati finanziari tuttavia ha avuto leffetto
di meglio mascherare e meglio accelerare questi movimenti illeciti dei capitali. A ciò si
è aggiunta unaltra tendenza in sé positiva, ma che manifesta una sua patologia,
ossia la liberalizzazione crescente e la deregolamentazione.
Mentre negli antichi Stati-nazione le
istituzioni si erano sviluppate più o meno al passo con la realtà, in sede
internazionale abbiamo una realtà che è migliaia di miglia avanti allo sviluppo
istituzionale. Non vi sono lo abbiamo verificato recentemente, anche nel caso di
crisi finanziarie istituzioni che siano in grado di operare un controllo
transfrontaliero o da paese a paese o di controllare quello che i propri investitori
domestici fanno.
Credo che il fenomeno in Europa sarà
accelerato dallintroduzione della moneta unica; infatti, venuto meno il rischio di
cambio, linvestimento diventa più agevole e meno rischioso. Inoltre sarà
daiuto anche la denominazione massima che si è scelto di fare delle banconote di
Euro. Le banconote da un milione offriranno certamente occasioni più agevoli per il
riciclaggio.
Gli effetti sono stati già indicati
mi sembra in modo esauriente dal professor Masciandaro, quando ha parlato di
una distorsione nella allocazione delle risorse. Questi capitali non cercano
necessariamente il massimo rendimento di medio periodo, contribuendo in tal modo alla
funzione allocativa sul mercato dei capitali; spesso si accontentano, infatti, anche di un
rendimento nullo. Quando a volte ci sorprendiamo del fatto che alcuni investimenti privi
di rendimento trovano tuttavia alimentazione, dobbiamo rilevare che si tratta di
investimenti che manifestano il loro rendimento non in termini di quanto rendono in
percentuale allanno, ma nel lavaggio di capitali sporchi.
Unaltra conseguenza da indicare, che
si va manifestando perfino allinterno dellEuropa, è la concorrenza
regolamentare. Non esiste solo una concorrenza fiscale tra sistemi per produrre le
condizioni tributarie più agevoli allinvestimento: esiste anche e purtroppo una
concorrenza al ribasso nella regolamentazione e nella supervisione.
Per quanto concerne i rimedi, devo dire
che di essi è difficile parlare. Naturalmente possiamo invocare e cerchiamo di perseguire
la cooperazione internazionale. Esiste una organizzazione internazionale dei regolatori,
che si chiama IOSCO, la quale ha approvato un documento importante sugli obiettivi ed i
principi della regolamentazione delle attività finanziarie, che sono gli standard minimi
di incremento a cui dovrebbero aderire tutti i 90 paesi partecipanti. Si tratta di un
passo in avanti, e forse un altro è stato compiuto recentemente con la riunione del G7,
che ha istituito un gruppo che sta esaminando le varie iniziative per combattere i reati
finanziari. In questo caso si tratta soprattutto di incrementare i flussi informativi tra
le autorità di vigilanza.
Le autorità regolamentari italiane, e in
particolare la Consob, hanno stipulato un largo numero di memorandum di intese e di
recente siamo riusciti ad averne uno, anche se non del tutto completo, con la Svizzera;
tuttavia, abbiamo ancora altri problemi in centri sia interni che prossimi ai nostri
confini.
Ho menzionato il problema della
concorrenza al ribasso, ma devo dire che vi sono altri problemi che cominciano a diventare
urgenti, come quelli di giurisdizione. Nel momento in cui si sviluppano mercati
transfrontalieri, nel momento in cui ad esempio si avrà una piattaforma
unica elettronica per le 300 azioni più quotate in Europa le famose 300 blue
chips la giurisdizione dove si situerà? Al riguardo non vi è una risposta
(non lha data neanche la Commissione della Comunità Europea); non esiste neanche un
embrione di istituzione simile a quello della Banca centrale europea. In questo caso il
passaggio tra la giurisdizione nazionale e questa zona grigia, nella quale sarà molto
difficile definire la giurisdizione, potrà creare ulteriori problemi.
Vorrei ora trattare qualche nostro
problema interno, che riguarda o ha riguardato il legislatore con esiti me lo
consenta il presidente Del Turco non sempre del tutto entusiasmanti.
Lattività di riciclaggio non rientra nei compiti istituzionali di controllo della
Consob. È naturale che, se la Consob, nellambito della sua attività
ispettivo-sanzionatoria, rileva un episodio di riciclaggio, immediatamente lo comunica
allUfficio italiano cambi e allautorità giudiziaria. La normativa
antiriciclaggio non è stata forse uno straordinario successo. Infatti, se si vanno ad
esaminare i dati dellattività ispettiva ad esempio, quelli della Guardia di
finanza riguardo a quanto è stato accertato per riciclaggio, si rilevano cifre del
tutto secondarie. È, anche, una legge molto macchinosa, che non favorisce gli operatori e
non li induce al rispetto perché manca di quella amicizia verso il mercato: le
complicazioni sono tali che spesso si offre quasi un incentivo a violare le norme.
Ricordo che la Consob ha stipulato un
protocollo di intesa con lUfficio italiano cambi nel 1993 e questa potrà essere una
iniziativa molto importante. Con il recepimento della direttiva comunitaria, è stato
posto in essere il decreto legislativo n. 153 del 1997, il quale ha introdotto
importanti innovazioni, e attualmente si stanno portando a termine i lavori di relazione
dello schema del disegno di legge delega per lemanazione di un testo unico per le
disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, con un ampliamento dei
poteri repressivi e degli elenchi delle categorie a rischio. Tuttavia, in questi casi il
rischio che forse si corre di nuovo è quello della sovrapposizione delle competenze e
della concorrenza tra le diverse competenze.
Probabilmente un buon contributo alla
lotta al riciclaggio è stato dato dalla dematerializzazione delle attività finanziarie.
Se un tempo si potevano pagare i riscatti dei sequestri con pacchi di CCT o di BTP, oggi
questo non è più possibile perché tali titoli non esistono più nella loro fisicità.
Ciò significa che ogni transazione su questi titoli deve passare attraverso un
intermediario per una maggiore garanzia. Ho già sottolineato, tuttavia, che il grosso
taglio delle banconote sta restaurando dei piccoli BTP a cedola zero.
Per quanto riguarda lefficacia della
repressione, penso che essa dipenda molto dallambiente in cui si opera. La
repressione, infatti, può essere più efficace e al tempo stesso più comprensiva dei
bisogni del mercato se il mercato stesso collabora. Se non vi è la generale
consapevolezza che il mercato e la trasparenza finanziaria sono un bene pubblico che tutti
devono concorrere a proteggere, il compito del regolatore e del vigilante diventa sempre
più difficile.
Vorrei aggiungere che anche i reati
finanziari diventano sempre più complicati e che questo fatto rappresenta un ostacolo. La
crescente complicazione dei redditi finanziari richiede competenze specifiche estremamente
sofisticate. Ad esempio, nei casi di manipolazione dei prezzi, che per capirli occorre non
solo andare ad esaminare i testi sugli strumenti derivati, ma anche chiedere laiuto
degli operatori perché le tecniche operative sono di una straordinaria complicazione.
Per quanto riguarda i poteri inibitori e
sanzionatori circa i reati finanziari, essi in Italia sono attribuiti soprattutto al
magistrato penale. Nei paesi a diritto comune, come gli Stati Uniti o lInghilterra,
i regolatori hanno la possibilità di condurre indagini parallele per lapplicazione
di sanzioni civili, che sono immediate. Nel caso italiano, invece, i poteri della Consob
sono direttamente sanzionatori solo sui promotori finanziari. Nel caso delle SIM, la
Consob può proporre sanzioni al Ministro del tesoro. Nei casi di insider trading,
manipolazione di prezzi e di esercizio abusivo della professione allinvestimento, la
Consob può solo fare indagini e mettere il tutto in una busta senza dire niente
per non violare il segreto istruttorio da spedire alle procure presso le preture,
ove già vi sono centinaia di migliaia di pratiche giacenti (è il caso di Roma).
La lunghezza dei procedimenti e
lincertezza del loro esito riducono il potere dissuasivo delle sanzioni previste. In
particolare limpossibilità di comunicare i risultati delle indagini, in ossequio al
segreto istruttorio, svuota la sanzione di un suo "effetto di reputazione", che
è quello più importante nel caso dei reati finanziari. Inoltre, nel caso di esercizio
abusivo, vi è il rischio di continuazione del reato: un problema, questo, che diventerà
sempre più acuto con Internet, anche ammesso che si riesca a prendere un sito Internet
che non abbia sede fuori dei confini.
In ogni caso, ci si può solo inchinare
alla scelta del legislatore delegato, che lha compiuta per un parere espresso dal
Parlamento; infatti, i poteri sanzionatori erano previsti in misura ben maggiore
nelloriginario testo del decreto delegato, ma il Parlamento ha disposto altrimenti.
Signor Presidente, consapevole
dellimportanza del problema, le devo dire che la Consob si impegnerà per tutto
quello che potrà fare, collaborando anche con il Parlamento e con lautorità
giudiziaria. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il professor Spaventa per aver evidenziato in modo molto chiaro come una società globale e multimediale renda sempre più difficile linserimento di attività che finiscono per incidere pesantemente nel mercato, soprattutto in quello mobiliare, e nei flussi finanziari. Lo sforzo che il legislatore deve compiere è certamente quello di predisporre una rete per quanto possibile di prevenzione.
Ci stiamo tutti confrontando con le
nuove tematiche e credo che non ci sia nessuno, sul piano mondiale, che abbia la ricetta
o, comunque, una soluzione migliore rispetto a tutte le altre. Dovremo procedere
empiricamente, augurandoci di trovare presto i giusti rimedi per evitare che per questi
canali possano proseguire le attività illecite.
Do ora la parola allambasciatore
Biancheri, presidente dellISPI, il quale illustrerà la posizione degli organismi
internazionali riguardo alla lotta alla grande criminalità.
BIANCHERI Boris, presidente
dellISPI. Grazie, signor Presidente. Il tema assegnatomi, concernente "La
posizione degli organismi internazionali riguardo alla lotta alla grande
criminalità", è in realtà un tema talmente vasto che necessiterebbe di un intero
seminario. Nel trattarlo si rischia in qualche modo o di limitarsi a delle generalità e a
delle banalità o invece di fare delle liste di sigle, di progetti e di organismi che chi
ascolta dimentica certamente subito dopo e il cui significato molto spesso non è
chiarissimo neanche a chi le elenca.
Mi limiterei a fornire alcune indicazioni
di fondo su come si atteggiano i maggiori organismi internazionali in questa materia,
certamente diventata di grande importanza nella vita internazionale.
I nuovi rischi come vengono
definiti e cioè la criminalità organizzata, il traffico di droga e di persone, e
anche altri rischi, come il terrorismo o il traffico e il possesso di armi di distruzione
di massa, sono da oltre venti anni a questa parte un tema costante nella vita
internazionale. In realtà, questi rischi non sono nuovi ma vecchi; nuova è semmai la
consapevolezza della loro incidenza non soltanto sulla sicurezza di ogni singolo paese,
bensì sulla stabilità della vita internazionale in generale. Questo mi sembra sia stato
un salto di qualità che si è verificato di recente e che non è senza importanza,
perché per molti paesi penso in particolare ai paesi in via di sviluppo la
sicurezza interna forse gioca un ruolo e desta unattenzione minore rispetto al
problema della sicurezza internazionale e della stabilità di una certa area geografica
nella quale essi si trovano.
Perché questi fenomeni incidono sulla
stabilità internazionale? Anzitutto perché ledono lautorità degli Stati, che sono
i soggetti della vita internazionale, creando dei nuovi soggetti che non rispondono ad
alcuna autorità ma che hanno una influenza nella vita internazionale, sia sul piano
economico, sia su quello finanziario. In secondo luogo, perché incidono sul processo
democratico, che bene o male in questa ultima parte del secolo rappresenta una delle linee
profonde di tendenza della vita internazionale. Bastano alcuni esempi a dimostrare quanto
questi fenomeni incidano sul processo democratico. Si può citare lAlbania,
ovviamente, ma forse ancor più ovvio è lesempio della Russia. La criminalità
interna e le sue ripercussioni internazionali incidono sulla stabilità del governo russo
e questa instabilità è suscettibile di creare a sua volta una instabilità generale sul
piano internazionale.
Tale crescente consapevolezza ha portato a
porre questi nuovi rischi al centro della vita internazionale, anche per effetto delle
grandi riunioni del G7, che già da un paio di decenni si sono prefissate questo tema.
Nate come scambi di vedute sul processo economico generale, hanno poi messo laccento
su alcuni problemi trasversali della società contemporanea e tra essi questultimo,
alimentando una proliferazione di iniziative che, come dicevo pocanzi, è quasi
impossibile seguire in tantissime organizzazioni internazionali. Mi limito a queste, senza
parlare di accordi bilaterali, trilaterali o multilaterali tra Governi che non diano
origine ad organizzazioni, perché una mappa in tal senso sarebbe del tutto impossibile e
probabilmente non è mai stata fatta. Ma cè un punto sul quale vale la pena di
soffermarsi, perché molto spesso si rimprovera la comunità internazionale di non dotarsi
degli strumenti appropriati: vi è una differenza di impostazione culturale di fondo tra
alcuni paesi ed altri in materia di imposizione dellosservanza di norme
internazionali. Ci sono grosso modo due orientamenti: il primo, che ritroviamo di solito
nel mondo anglosassone, tende a dare per scontati alcuni princìpi etico-giuridici
fondamentali e ad intervenire singolarmente, di volta in volta, quando si ritengano
violati questi princìpi. Direi che ciò è forse ancora più manifesto nel caso del
terrorismo, ma lo abbiamo notato varie volte anche in materia di lotta alla criminalità e
di traffico della droga. Abbiamo visto gli Stati Uniti intervenire con delle sanzioni nei
confronti di paesi latino-americani e addirittura, in un caso, prelevando un Capo di Stato
e portandolo via.
Laltra cultura, più vicina a noi,
tende a predisporre dei sistemi normativi generali e a chiedere su di essi ladesione
dei vari paesi della comunità internazionale e quindi è orientata a costituire delle
basi giuridiche. Il risultato è che qualche volta ci si preoccupa più dellapparato
normativo che del sanzionamento delle sue violazioni. Non ritengo che per parte nostra si
debba mutare di campo; credo però che un contemperamento di queste due diverse culture in
ambito internazionale potrebbe produrre dei risultati efficaci. Certo, questa è una delle
ragioni per cui si ravvisa tanta difficoltà ad operare concretamente nel campo della
repressione, della lotta alla criminalità e agli altri fenomeni di cui parlavo prima
molto brevemente, perché lo ripeto unanalisi delloperato
internazionale sarebbe inesauribile.
Mi sembra che gli attori principali siano,
a livello globale, le Nazioni Unite e, a livello regionale, lUnione Europea, anche
se a livello regionale vi sono progressi importanti in altri campi, che forse però ci
riguardano meno direttamente in questo momento. Per quanto riguarda lUnione Europea,
è stato ricordato più volte molto efficacemente dallonorevole Evangelisti e dallo
stesso presidente Mancino il Trattato di Schengen e la problematica che esso crea, e anche
le apprensioni che lallargamento della Comunità genera nei paesi membri,
apprensioni tuttaltro che indifferenti data la consistenza dei fenomeni di
criminalità nel centro-est dellEuropa e le notevoli assenze che la disciplina di
Schengen ancora determina nel campo della repressione. Conosciamo tutti le difficoltà che
esistono e che il Trattato di Schengen crea per il contemperamento di azioni
amministrative e di questioni giudiziarie in questa materia.
Ciò premesso, lUnione Europea è
attiva; ha tutta una serie di programmi efficaci e vi è il necessario stanziamento di
fondi per implementarli. Si tratta di programmi che tendenzialmente mirano più
alladdestramento, allo scambio di informazioni, alla formazione di data base
generali, a precostituire unazione piuttosto che a effettuare una azione.
Daltronde, non esiste una forza pubblica europea, anche se il presidente Amato
lha auspicata in un suo recente intervento, e quindi sarebbe difficile andare oltre.
Menzionerò soltanto come, in prospettiva,
il Consiglio dei ministri dellUnione abbia adottato una risoluzione per
lidentificazione di una strategia globale; direi che siamo alla premessa di una
premessa, però si tratta certamente di un primo passo: Commissione e Stati membri debbono
contribuire entro il 2000 alla formazione di un rapporto che dovrebbe identificare dei
criteri generali di strategia, sia per quanto riguarda i mezzi di prevenzione, sia per
quanto attiene alla repressione, sia per ciò che concerne lessenziale normativo
chiamiamolo così necessario per unefficace lotta alla criminalità
organizzata. Credo che anche in questo caso ci troveremo di fronte a quella dicotomia cui
ho accennato pocanzi, con paesi riluttanti ad entrare dentro sistemi normativi
generali e ad adattarvisi.
Laltro grande attore sono le Nazioni
Unite; non è possibile non ricordarle, non fosse altro per il ruolo molto importante che
lItalia vi ha avuto, perché a partire da Di Gennaro, poi con lambasciatore
Giacomelli e attualmente con il senatore Arlacchi, lItalia ha sempre esercitato
nelle varie Agenzie per la lotta contro la droga e ora nellAgenzia che ha
limpronunciabile nome UNDCCP, un ruolo di impulso non soltanto per averne avuta la
direzione (prima delle varie Agenzie e poi dellAgenzia unificata), ma anche per
essere stata per molto tempo uno dei maggiori contribuenti, in qualche caso il maggior
contribuente in senso assoluto, non sulla scala delle contribuzioni ordinarie, che è
quella che è, ma sulla scala dei contributi speciali.
Al di là di questo ruolo che ora si è
venuto affievolendo (ed è con rammarico che chi fa parte della vita internazionale
constata come la posizione di assoluta preminenza che lItalia aveva in questo campo
si viene attenuando), avere un organismo unificato che tratti la materia è stato
estremamente positivo. In caso contrario, non avremmo avuto il vertice di Napoli nel 1994,
non avremmo avuto lAssemblea straordinaria delle Nazioni Unite dellanno
scorso, non avremmo oggi e questo mi sembra sia uno dei maggiori intendimenti
dellorganismo delle Nazioni Unite per la lotta al traffico di droga e alla
criminalità organizzata lidea di una grande convenzione internazionale che
fissi per tutti i paesi i princìpi di fondo ai quali essi debbono attenersi per rendere
possibile quella interattività tra un paese e laltro e superare gli ostacoli
giuridici che tuttora esistono per una collaborazione più stretta in questa materia.
Mi fermo a questa breve analisi su un tema
che peraltro è estremamente vasto, complesso e, a mio avviso, di grande importanza per il
futuro. Vi ringrazio per lattenzione. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio lambasciatore
Boris Biancheri per il contributo di conoscenza in ordine allattività degli
organismi internazionali che diventano sempre più importanti.
Con lintervento
dellambasciatore Biancheri si chiude questa sessione dei nostri lavori.
I lavori, sospesi alle ore 16,25, sono ripresi alle ore 17.