Giovedì, 18 marzo 1999
I lavori hanno inizio alle ore 9,55.
PRESIDENTE. A nome della Commissione parlamentare antimafia rivolgo un saluto ed un ringraziamento assai caloroso allamministrazione della città di Milano e al suo sindaco, dottor Gabriele Albertini.
Abbiamo scelto Milano, dopo aver tenuto
il primo dei tre Convegni a Palermo e quello successivo a Napoli, il primo in
collaborazione con la Guardia di finanza, il secondo con lArma dei carabinieri e,
quello odierno, con la Polizia di Stato.
Milano ha sempre svolto un ruolo di
rilievo, e in alcune circostanze assolutamente decisivo, nelle grandi vicende che hanno
scandito la storia dItalia. Candidarsi a rivestire un ruolo importante anche sul
tema che irrompe sulla scena nazionale e internazionale e che va sotto il nome di
sicurezza, legalità, ordine pubblico è unambizione che nessuno potrà giudicare
sproporzionata per le possibilità e per le risorse intellettuali e morali di una città
come Milano.
Debbo dunque ringraziare il sindaco, la
giunta, il consiglio comunale che ci ospita in questa bellissima sala, tutti i funzionari
del comune che ci hanno aiutato a lavorare bene nel corso di queste settimane per
preparare il Convegno.
Un ringraziamento particolare va al
prefetto Masone e a tutti gli uomini e alle donne della Polizia di Stato che hanno
collaborato per la riuscita dei nostri lavori. So che lo scambio di complimenti tra partner
che organizzano lo stesso lavoro può apparire superfluo, inutile; vorrei però
sottolineare non solo un fatto di civiltà umana e professionale, che io reputo molto
importante, ma anche e soprattutto un dato politico-istituzionale che considero rilevante
per il nostro paese. I rapporti tra la nostra Commissione e la Polizia di Stato sono
animati da uno spirito di collaborazione e di lealtà assai significativo. Questo Convegno
ne è solo un aspetto, ma tale rapporto si nutre di unazione quotidiana, volta a
valorizzare e sottolineo questo verbo limpegno, i risultati e i
sacrifici delle forze di polizia nel nostro paese.
Un saluto non era previsto e non era
prevedibile, almeno quando abbiamo pensato di organizzare il Convegno qui a Milano. Il
Convegno si apre con una buona notizia per uno dei relatori che partecipa al dibattito di
questa mattina: mi riferisco al dottor Francesco Saverio Borrelli, che è stato designato
dal Consiglio superiore della magistratura nuovo Procuratore generale di Milano. Sono
particolarmente lieto di salutare questa nomina a nome di tutta la Commissione
parlamentare antimafia e dei partecipanti ai nostri lavori in questa sede. (Applausi).
Dovete comprendere che far svolgere a
Milano questo Convegno in questo periodo, cioè durante il semestre bianco, rappresenta,
in qualche misura, una sfida temeraria. Sono presenti in aula 50 parlamentari, e dunque
potrebbe essere forte la tentazione di perpetuare anche in questo Convegno la voglia di
occuparsi daltro. Daltro canto, non parlo di una cosa fuori dal mondo; lunedì
scorso il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dellinterno sono stati
ospiti qui a Milano per inaugurare la nuova Sala operativa che dà al tema della sicurezza
e dellordine pubblico a Milano un significato e una pregnanza nuova rispetto
allattrezzatura tradizionale di questa città. Hanno tenuto una conferenza stampa:
non cè stata neppure una domanda che avesse avuto per oggetto il tema, mentre il
giorno dopo si parlava molto di candidati alla Presidenza della Repubblica.
Noi abbiamo deciso di sfidare questa legge
inesorabile della comunicazione, e ci auguriamo di poter mantenere inalterato il senso
della nostra iniziativa e di poter parlare dei temi che abbiamo messo al centro della
nostra discussione.
Dunque, far svolgere questo Convegno
durante il semestre bianco, farlo svolgere mentre tutti parlano di altro, mentre in Italia
e in Europa infuriano le questioni relative alle dimissioni della Commissione Europea,
mentre arriva nel nostro paese il Cancelliere tedesco per aprire delle consultazioni,
mentre insorgono nuove difficoltà anche gravi ai confini del nostro paese, è una sfida
alla nostra capacità di saper stare entro i confini delle nostre responsabilità, che
sono grandi, perché non ci stiamo occupando di una questione qualunque, bensì di quella
della sicurezza e dellordine pubblico in una vasta area metropolitana e stiamo
affrontando il tema di un confronto con le nuove esperienze criminali che si affacciano
nel nostro paese.
Avremo dunque dei problemi con il
programma, perché tutte queste cose che ho elencato hanno prodotto degli effetti che
scombinano un po il quadro dei nostri lavori. È in corso in questo momento una
riunione del Consiglio dei ministri, e questo è un fatto che ci interessa direttamente,
perché stamattina il Consiglio dei ministri varerà un pacchetto di misure sulle
questioni della sicurezza. Abbiamo dunque una fortunata coincidenza: una volta tanto
possiamo esaminare in diretta il risultato di uniniziativa del Governo e parlarne
con autorità ed esperti del settore, i quali possono già cominciare ad esprimere una
serie di giudizi, giacché questi "pacchetti" finiranno inevitabilmente
allinterno del quadro del dibattito parlamentare, e quella sarà loccasione
nella quale potremo valutarli e, se necessario, arricchirli anche con le proposte che
nascono dalle nostre discussioni.
Lunico auspicio che possiamo
rivolgere a noi stessi è che cambiando lordine dei fattori ed esso sarà
cambiato notevolmente tra oggi e domani il prodotto conclusivo sia alto e utile per
tutti quanti.
Termino qui la mia breve introduzione;
auguro a tutti buon lavoro e prego il sindaco di Milano, dottor Gabriele Albertini, di
dare inizio alla serie di interventi previsti.
ALBERTINI Gabriele, sindaco di Milano. È un particolare onore, ma anche un momento di importante riflessione e proposta, quello che affrontiamo insieme.
Milano non è solo, come tutti sanno,
la città più grande dItalia, ma forse è la città migliore dItalia. Non
vorrei qui offendere le persone che non sono nate a Milano o magari sono diventate
milanesi e quindi miei concittadini e sono la maggioranza né soprattutto i
non milanesi qui presenti. Intendo dire "migliore" sotto il seguente profilo: è
il luogo più adatto lo è stato storicamente e lo è tuttora come
osservatorio del nuovo, laboratorio del cambiamento, avamposto del futuro della società
italiana. Ripeto che lo è stato storicamente e lo è tuttora: Risorgimento,
industrializzazione, lotte sociali, fascismo, Liberazione, miracolo economico,
Centrosinistra, contestazione, Lega, Tangentopoli, Forza Italia, sono citazioni di ciò
che nel bene e nel male è stata ed è Milano, crogiolo del divenire della società,
delleconomia e della politica italiana.
Mi fa piacere ricordare il nostro comune
passato di sindacalisti (mi riferisco allamico presidente della Commissione
parlamentare antimafia Del Turco e alla mia esperienza di presidente di Federmeccanica)
perché mi pare di poter coniugare con questo aspetto della sicurezza urbana dei cittadini
tema che affronteremo oggi insieme ad altri argomenti, ma sempre contigui ad esso
ciò che è stato Milano in anni non molto lontani: il luogo in cui si è
sviluppata per la prima volta nella storia dItalia, con lintensità propria
con cui questo è avvenuto, la difesa della sicurezza sociale dei lavoratori. A Milano
sono nati i primi grandi aggregati di sindacati, di associazioni che tutelavano la difesa
della sicurezza sociale dei cittadini meno abbienti. Non molto tempo fa abbiamo
festeggiato lultracentenaria Società umanitaria che qui a Milano è nata e ancora
vive.
Quindi, è in questo contesto che mi
accingo a sviluppare qualche considerazione sul tema "Le nuove mafie in Italia"
e sulla sicurezza urbana.
I gravi problemi con cui dobbiamo
confrontarci presentano due aspetti, che in parte sono complementari tra loro; la mafia,
in generale la malavita organizzata, trova nellimmigrazione clandestina un nuovo,
possibile anello della sua catena di presa di potere sul territorio; la grande
criminalità è per sua natura transnazionale, cioè ha la necessità di studiare i
mercati, occupandoli prima che i concorrenti, ma anche le forze di polizia, riescano a
metterli sotto controllo.
Cè un altro elemento che spinge la
malavita organizzata ad essere internazionale: la competizione e dunque anche
lacquisizione degli strumenti e delle conoscenze degli avversari.
So che tra gli organismi di polizia e di intelligence
delle varie nazioni esiste un continuo collegamento, e che gli scambi di informazioni e di
esperienze avvengono normalmente ma forse a mancare è ancora una coscienza diffusa, una
sensibilità che dai mezzi di comunicazione allopinione pubblica si trasmetta poi ad
ogni singolo funzionario, diventando sistema.
Milano, che nella storia è stata
laboratorio delle grandi rivoluzioni lho ricordato poco fa dal
Risorgimento allindustrializzazione, sa di avere oggi questo nuovo compito: essere
il lievito di una volontà che ha come obiettivo la sicurezza dei cittadini, e nella
sicurezza favorire uno sviluppo ordinato con nuovi posti di lavoro. Senza retorica,
possiamo dire che ci stiamo giocando un pezzo non indifferente della nostra libertà.
Per raggiungere lobiettivo comune
occorre però partire almeno da dati sicuri e condivisi. Quando leggo lultimo
rapporto ISTAT da cui emerge che cito i giornali "le città sono
diventate più sicure, specialmente al Sud" e che a Milano i delitti denunciati sono
diminuiti (erano 153 ogni 100.000 abitanti nel 1984 e sono stati 131 nel 1997, mentre a
Palermo sono passati da 591 a 149), dovrei convenire con quellanalisi rassicurante.
Poi però leggo che a Milano le rapine erano state (sempre ogni 100.000 abitanti) 76 nel
1984 e sono diventate 151 nel 1997 e che la prostituzione è più che raddoppiata.
Questi dati sono maliziosi anche per un
altro motivo: non tengono conto del profondo mutamento del costume italiano. Chi va più a
denunciare il furto dellautoradio e, a volte, addirittura quello
nellappartamento? Del resto chi lo ha fatto si è sentito rispondere che la sua
denuncia sarebbe rimasta un pezzo di carta, visto che non ci sono né gli uomini, né
forse la volontà di svolgere indagini al riguardo. Catturare un ladruncolo, soprattutto
se minorenne o privo di documenti, è una pratica burocratica lunga, defatigante e dalla
quasi nessuna possibilità di risultati. E allora perché avviarla?
Ma la conseguenza di questo atteggiamento
è che le grandi città, Milano in prima fila, vengono stravolte, sono costrette a vivere
sotto una cappa di continui ricatti, apparentemente piccoli, ma forieri di ricatti più
grandi, di reati più gravi.
La stessa sensazione di insicurezza che
questi comportamenti criminali introducono nel tessuto cittadino sono il terreno di
coltura di una criminalità più diffusa e agguerrita. Laddove il senso di incertezza e la
percezione di insicurezza rendono il territorio fisico, e anche sociale, desolato, è più
facile che la criminalità diffusa estenda la sua presenza e inneschi un circolo vizioso
che alla fine stritola il cittadino in un senso di impotenza e di sfiducia.
Chi ritiene eccessiva questa nostra
battaglia contro quella che una pubblicistica molto distratta definisce
"microcriminalità" (ma io non vorrei più chiamarla con questo termine, perché
non è affatto "micro", non è affatto piccolo linsulto che viene fatto a
un cittadino il quale viene scippato per la strada o depredato, nel suo appartamento, dei
propri averi, e violato nellintimità del domicilio: questa non è
microcriminalità, è criminalità diffusa) non si accorge, dicevo, che quasi sempre
dietro cè una organizzazione, un gruppo.
Egualmente è solo in parte vero che la
criminalità sia in qualche modo strutturale alla città, quasi inevitabile. È comunque
opportuno ribadire un concetto che forse si va perdendo: lo strappo alla legge non può
essere "normale" solo perché qualcuno lo fa. In realtà lo strappo alla legge
è contravvenire alla norma, è contrasto, contraddizione con la norma legale; quindi, non
è affatto normale; può essere un dato statistico ma lo ripeto ancora non
è normale.
Oggi una prostituzione divenuta ormai
commercio di schiave, uno spaccio di droga che avviene impudentemente anche in strada,
davanti alle scuole, sono gli strumenti evidenti di unaltra criminalità non meno
pericolosa solo perché apparentemente senza radici italiane.
Noi non dobbiamo imparare dagli altri,
come qualcuno inutilmente ironizza. Noi dobbiamo collaborare con gli altri, scambiarci
esperienze, modalità operative. Dobbiamo integrare i nostri sistemi di difesa, togliendo
laria a questa e a tutte le criminalità.
Milano, ancora una volta, vuole essere
laboratorio di questa rivoluzione civile. Dobbiamo porre al paese una grande questione. La
sicurezza è un obiettivo primario e come tale tocca allo Stato assicurarla; è suo
compito fondamentale, come la giustizia e la difesa.
Ma noi vogliamo cambiare un sistema in cui
le forze dellordine non sempre appaiono collaborative tra loro, alle dipendenze come
sono di strutture burocratiche. Vogliamo che i riferimenti della loro azione sul
territorio nelle specifiche diverse realtà locali tornino ad essere i cittadini e i loro
bisogni, non la carriera, le caselle di organigrammi disegnati dal potere politico, tutto
in funzione di logiche che non conosciamo, e che, se conosciamo per essere quelle di
sempre, fortemente condanniamo.
È giusto che chi ha avuto una fiducia
diretta dai cittadini attraverso un libero voto non abbia i poteri che invece sono
assegnati a chi legittimamente e con grande merito ha vinto un concorso? E non è un
regalo alla criminalità quello di disperdere le risorse, indebolendo il momento delle
decisioni?
Un illustre maestro, che dalla Scala rende
ancora più grande Milano con la sua arte sublime, ha recentemente dichiarato di vedere
una città che sta ritrovando il suo orgoglio. Ma Muti ha anche amaramente convenuto che
chiunque cerchi di muoversi incontra ostacoli.
Noi non abbiamo paura né di muoverci né
di superare gli ostacoli che ci verranno frapposti. Noi non chiediamo più poteri ad un
sindaco, perché questo sindaco dallinizio del suo mandato sta affrontando il
problema della sicurezza. È perché, nonostante questo, la situazione generale è sempre
più grave, con iniziative del Governo centrale, sia pure già acquisite, ancora troppo
deboli e contraddittorie in materia di immigrazione clandestina.
Noi lo chiediamo perché Milano avverte la
responsabilità di fare della propria esperienza un caso nazionale. Lo chiediamo perché
occorre una risposta forte, pragmatica, non condizionata da ideologie che difendono la
solidarietà e laccoglienza indiscriminata nei fatti, e provocano povertà, rigetto
e razzismo.
Solo così riusciremo a costruire le
situazioni per lintegrazione reale di immigrati non da assistere con un piatto di
minestra, ma per i quali promuovere la loro risorsa sociale nella nostra economia e nella
nostra città.
Trovo particolarmente significativo e
importante che il problema sia stato posto in questi termini dai vescovi. È di questi
giorni la presa di posizione del cardinal Ruini il quale, al Consiglio permanente
dellEpiscopato, ha detto sostanzialmente quattro cose. Primo: la legge
sullimmigrazione è da rivedere, e non cè posto per ulteriori sanatorie.
Secondo: occorre fermare e scoraggiare limmigrazione clandestina. Terzo: cè
un problema di ordine pubblico che non può essere sottovalutato. Quarto: lobiettivo
deve essere unintegrazione effettiva.
Condivido queste parole. Noi vogliamo
aprire le porte a quelli che saranno i futuri cittadini di Milano, difendendoli anche dai
connazionali che ora li sfruttano e che trasformano una grande risorsa umana e culturale
in un dramma senza fine.
Abbiamo fatto delle proposte anche
normative. È stato un segno di grave debolezza respingerle con letichetta di
"etniche". È una discriminazione il tentativo di dare un lavoro regolare a chi
non riesce da solo ad integrarsi? O non è forse razzista latteggiamento di chi usa
questo termine per tenere gli extracomunitari nelle condizioni di povertà e di
marginalità anche umana?
Vorrei citare da ultimo le parole di
Sergio Romano, che su "Liberal" scriveva solo pochi giorni fa, criticando le
chiusure sindacali alla mia proposta di contratti per gli immigrati: "Il risultato è
limmagine di cui tutti siamo quotidiani spettatori nelle nostre città: al semaforo
di una qualsiasi piazza italiana, sporca, imbrattata di graffiti, e decorata da un prato
spelacchiato, un immigrato mal vestito attende di pulire con uno straccio nero e
quindi di sporcare il vetro della nostra automobile. Potrebbe più dignitosamente e
con maggiore utilità spazzare la piazza, ma i sindacati non lo permettono".
I sindacati; direi meglio: la CGIL non lo
permette. Con grande rispetto dei ruoli e delle competenze di altri sindacati, vorrei che
presto in Italia si potesse affermare qualcosa di più positivo: i cittadini non
permettono più che interessi di parte si mettano di traverso agli interessi della
collettività.
Vi ringrazio per lattenzione (Applausi)
PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco Albertini, il quale è stato, come al solito, chiaro. Avverto, per tutti coloro che abbiano interesse alla replica, che alle ore 15,45 ci sarà lintervento di Sergio Cofferati, il quale non mancherà di esprimere le sue opinioni, almeno sulla parte conclusiva dellintervento del sindaco.
Do la parola al prefetto Fernando Masone, Capo della Polizia e Direttore generale della Pubblica Sicurezza.
MASONE Fernando, capo della Polizia e direttore generale della pubblica sicurezza. Autorità, signore e signori, nel porgere il mio caloroso saluto a tutti voi, rivolgo un particolare ringraziamento e in questo mi unisco a quanto già fatto dal presidente Del Turco , anche da parte del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, al sindaco Albertini che ci ospita e ai convenuti, in particolare alla Commissione parlamentare antimafia che ci consente di essere qui riuniti per esaminare il problema delle mafie in Italia e nel mondo.
Come è già stato ricordato, quando si
è pensato alla conclusione degli incontri avviati a Palermo e proseguiti a Napoli, la
scelta concorde è caduta su Milano, ganglio vitale del sistema economico e finanziario,
tradizionalmente proiettata in una dimensione europea.
Si tratta quindi del proscenio ideale per
una conclusione che vuole esprimere una assoluta attenzione allesigenza di
salvaguardare sullintero territorio nazionale la sicurezza dei cittadini e le
potenzialità di sviluppo del mercato. È questo, del resto, lo spirito dello studio
presentato oggi, frutto della ricerca interdisciplinare che ha portato lUniversità
Bocconi e la Polizia di Stato a lavorare insieme per coniugare gli esiti dellanalisi
economica con indicazioni tratte dallesperienza giuridica, giudiziaria e
investigativa.
Se i risultati sono stati di grande
interesse, forse ancor maggior rilievo investe il metodo praticato, capace di inscrivere
lattività di prevenzione e di contrasto alla criminalità, e, segnatamente, a
quella internazionale, in un disegno strategico che si giova della lucidità propria del
rigore scientifico e, insieme, del realismo assicurato dal costante riscontro sul campo.
Il professor Ruozi, al quale rinnovo il
più vivo ringraziamento, e, dopo di lui, altri oratori avranno modo di illustrare più
diffusamente la genesi e lo sviluppo del progetto, mentre, dal canto mio, vorrei proporre
alcune considerazioni di ordine generale e introduttivo, per tratteggiare sia la minaccia
sia la nostra risposta.
Viviamo in unepoca nella quale ogni
aspetto del reale risente di una progressiva globalizzazione, espressione ricorrente, è
vero, ma comunque assai efficace per indicare la sempre più rapida scomparsa di quelle
barriere che nel corso della storia hanno compartimentato il mondo. Lo spazio fisico si
presenta oggi come un unicum grazie alla rivoluzione avvenuta nei trasporti. Gli
spazi giuridici, dal canto loro, si sono ampliati a dismisura con lespansione delle
aree di libero scambio e poi di libera circolazione di persone, capitali e merci.
Lavvento della telematica, infine,
ha creato un parallelo universo virtuale che ha abbattuto ogni distanza nei contatti,
nelle transazioni e negli accordi, consentendone la realizzazione in tempo reale.
La delinquenza organizzata, da sempre
attiva in ogni genere di traffico illegale dalle scorie tossiche e radioattive alle
tecnologie, dalle armi alla droga, agli esseri umani ha sfruttato tali opportunità
per tessere alleanze, ma soprattutto per garantirsi ulteriori guadagni, crescente
mimetismo e maggiore sicurezza rispetto allazione della magistratura e delle forze
dellordine. Si profilano quindi nuovi contorni e caratteristiche inedite
dellagire criminale.
La progressiva internazionalizzazione
degli illeciti, rappresentando ulteriore percorso di accumulazione primaria di ricchezza
per le cosche ed i loro cartelli, favorisce infatti al contempo lattività di
riciclaggio, introducendo un fattore di pervasivo inquinamento del sistema economico e
finanziario legale, tanto che non è sempre agevole tenere distinti i mondi del lecito e
dellillecito.
Si possono individuare perciò tre fasi
cicliche nellazione della grande criminalità: laccumulazione di risorse
illegali, con il noto corollario di reati strumentali, spesso violenti e perpetrati in
danno di soggetti deboli; la fase del riciclaggio e successivamente il reimpiego di
risorse ripulite, con conseguenze negative sul mercato e sul mondo del lavoro.
La minaccia è ancora più grave se si
pensa che alla velocità dei processi accennati non ha corrisposto una altrettanto rapida
globalizzazione dellazione di contrasto del crimine, per sua natura subordinata alla
posizione di regole e fortemente condizionata dal principio di sovranità. Profonde
differenze continuano infatti a connotare la cultura giuridica e la normazione dei vari
paesi, differenze foriere di difficoltà, quando non addirittura di separatezza in termini
di effettiva possibilità collaborativa fra le autorità giudiziarie e le forze di
polizia. Ciò non deve e non può stupire, poiché diversa è la storia di ciascuno Stato,
così come diverse sono lorganizzazione, le fonti di ricchezza e perfino la stessa
percezione istituzionale dellillegalità.
Non è ipotizzabile azzerare i distinguo e
omologare gli ordinamenti né tantomeno pensare di esportare o importare formule e
soluzioni ad hoc, concepite ed evolutesi sulla base di premesse completamente
diverse. Di converso, è possibile lavorare per armonizzarli, ricercando soluzioni comuni
nei limiti della coerenza interna di ciascun sistema giuridico.
Certo, di notevole impatto è la presenza
ed il rilievo assunto nello scenario mondiale di molteplici aree di instabilità, dove
conflittualità antiche e recenti, povertà e sottosviluppo si intrecciano sino a creare
condizioni di difficile governabilità, terreno ideale per criminali senza scrupoli pronti
a sfruttare la debolezza istituzionale e la disperazione di masse di diseredati. Ne
derivano forti tentativi di crescente radicamento di vere e proprie mafie etniche,
attratte dalla floridezza economica dellOccidente, determinate a costituire basi
avanzate sui nostri territori, approfittando dei flussi migratori in atto. È il caso
delle consorterie cinesi e russe come ha evidenziato la ricerca fatta con la
Bocconi e di molte altre ancora, ad esempio i clan albanesi.
Tale insieme di fattori rende ancor più
indifferibile, ove ve ne fosse bisogno, una ferma presa di posizione, così da maturare la
corretta percezione dei rischi, cogliere le possibili aggregazioni, valutare le opzioni
disponibili e porre in essere le azioni necessarie. Il tutto in un quadro concertato che
nulla lasci al caso, ma che traduca, piuttosto, strategie lungimiranti in un insieme
coerente ed incisivo di interventi congrui. Di certo è unopera tanto impegnativa
quanto necessaria. Basti pensare agli articolati e complessi interventi per prevenire i
rischi di infiltrazione nella gestione ormai, come noto, estesa allintero
ambito comunitario degli appalti e, segnatamente, di quelli per le grandi opere
pubbliche, rischi sui quali molto opportunamente si sono levate in questi giorni le
autorevoli voci del presidente Del Turco e del procuratore Vigna.
Tornando agli aspetti generali, ribadita
la necessità di armonizzare la normativa anticrimine, va innanzitutto affinata e
potenziata la collaborazione tra le forze di polizia, in una prospettiva che privilegi
lintelligence, dalla quale solo può scaturire una valida opera preventiva e
repressiva. Molto è già stato fatto e moltissimo si sta continuando a fare. Se da un
lato dobbiamo riconoscere il primato storico dellInterpol, canale ufficiale di
attuazione dellestradizione e dellassistenza giudiziaria, dallaltro
possiamo pensare anche alle altre numerose iniziative volte a coinvolgere i paesi nei
programmi di lotta alla criminalità. A livello europeo, i Trattati di Maastricht e di
Amsterdam individuano il settore della giustizia e della sicurezza come uno dei tre
momenti fondamentali di integrazione.
Particolare attenzione è stata rivolta al
lavoro destinato a mettere in comune informazioni e dati, affidato al sottogruppo Europol,
cui corrisponde la parallela configurazione, in ogni Stato membro, di apposite unità di intelligence
criminali. Le capacità degli esperti che operano negli uffici Europol si sono già
evidenziate, ma naturalmente maggiori risultati potranno manifestarsi con il prossimo
completamento del sistema di informazione previsto di qui a breve. Sempre restando alle
iniziative in ambito europeo, lAccordo di Schengen mira a realizzare una serie di
misure compensative destinate a bilanciare il deficit di sicurezza derivante
dallabolizione dei controlli alle frontiere interne. Fondamentale al riguardo si
rivela ancora una volta la creazione di una banca dati nel quadro del sistema informativo
Schengen. Limpegno, peraltro, non si è limitato allEuropa, ma vi sono
stati accordi estesi a più Stati e calibrati su specifici obiettivi di settore. Penso, ad
esempio, alle attività, attuate a diversi livelli dal Gruppo Pompidou e dal Gruppo di
Dublino, o, ancora, in seno allapposito programma delle Nazioni Unite ed al progetto
Teledrug, in materia di stupefacenti. Penso, inoltre, alle iniziative regionali in aree di
interesse strategico come quella mediterranea, dellEuropa centro-orientale e
del sud-est dEuropa ed agli accordi tra Stati, che, per limitarci
allItalia, già vedono la stipula di 42 trattati bilaterali e di 2 multilaterali. In
questa stessa ottica, vengono messi a punto interventi per contribuire alla risoluzione ab
origine dei problemi di stabilità nelle aree di crisi, offrendo aiuti concreti alle
forze di polizia che li richiedono, allo scopo di renderle più efficienti e, perciò
stesso, in grado di meglio interagire con le nostre.
Naturalmente a nessuno sfugge come
lincisività dellintero complesso di azioni sopra descritte dipenda in larga
misura dal livello di efficienza espresso, nello specifico settore della cooperazione
internazionale, dal nostro comparto di sicurezza. Al riguardo il Dipartimento della
pubblica sicurezza e le forze di polizia si adoperano ormai da tempo, e con importanti
risultati, per consolidare i già fecondi rapporti con gli omologhi organismi stranieri.
Si ampliano e si approfondiscono, così, collaborazioni che spaziano
dalladdestramento al costante scambio di informazioni, per giungere ad analisi e
valutazioni comuni, in grado di dare grande respiro ad interventi di vasta portata, che si
concretizzano in operazioni continue e di alto livello.
Concludendo, sento di poter affermare che
le necessarie sensibilità appaiono finalmente mature a livello internazionale.
LItalia, del resto, continua ad assicurare un costante impulso in tutte le sedi,
anche giovandosi della credibilità guadagnata nel contrasto alla criminalità organizzata
tradizionale, grazie ad una politica legislativa ferma e coerente nel combattere la grande
criminalità ed alle capacità della magistratura e delle forze dellordine, ovunque
riconosciute. Credo si possa guardare al futuro senza allarmismi, ma nel fermo
convincimento che mai come in questo campo la prevenzione, attuata dintesa e con
ogni energia, sarà irrinunciabile per preservare i nostri paesi da un contagio altrimenti
pericolosissimo. (Applausi).
PRESIDENTE. Grazie, prefetto Masone. Prego ora il professor Ruozi, magnifico rettore dellUniversità commerciale Bocconi, di prendere la parola.
RUOZI Roberto, magnifico rettore dellUniversità commerciale L. Bocconi. Signor Presidente, autorità, gentili signore e signori, svolgerò un breve intervento sul contributo delle scienze economiche nella lotta contro la criminalità. Questo intervento si articolerà in tre punti fondamentali: il senso dellanalisi economica della criminalità; i rapporti fra la criminalità organizzata ed il funzionamento dei mercati; i rapporti tra la criminalità organizzata e lattività di impresa. Ovviamente farò essenziale riferimento alle considerazioni emerse nel corso degli studi effettuati in proposito dallUniversità Bocconi.
In effetti, nel 1995 la mia Università
ha avviato un progetto di ricerca interdisciplinare dedicato allanalisi della
struttura e del funzionamento dei mercati illegali. Tale progetto ha visto coinvolti, per
tre anni, con impegno diverso, una quarantina di studiosi di varie discipline e ha
prodotto una serie di studi su aspetti specifici dellintreccio tra comportamento
illegale, funzionamento delleconomia e scelte delle autorità per la prevenzione e
la repressione dellillecito, raccolti in una serie di volumi curati dalla nostra
casa editrice. Lattenzione che tale iniziativa ha suscitato sia in ambito accademico
sia nelle sedi istituzionali ci ha spinti a continuare nel percorso intrapreso, dando una
sede stabile a tali ricerche. Nel 1998 è stato istituito, su iniziativa dei due centri di
ricerca bocconiani dedicati allanalisi delle tematiche monetarie, bancarie e
finanziarie, un osservatorio per lintegrità del sistema finanziario.
Losservatorio è volto a promuovere ricerche e pubbliche occasioni di dibattito
sulle problematiche legate al rapporto tra difesa della legalità e sviluppo dei mercati.
Losservatorio ha subito iniziato ad operare su vari progetti in comune con
interlocutori istituzionali di massimo livello. Con la Direzione nazionale antimafia è
stato condotto uno studio sui fattori di vulnerabilità, economica e finanziaria di un
dato territorio al rischio criminalità organizzata. Con la Polizia di Stato è stato
appena concluso uno studio sullimpatto economico di due forme di nuova mafia
particolarmente pervasive ed insidiose: la mafia russa e la mafia cinese. I risultati di
tale studio saranno presentati nel pomeriggio. Inoltre stiamo collaborando con lInternational
Drug Control Program delle Nazioni Unite.
LUniversità Bocconi ha inteso
costituire con queste iniziative un punto di riferimento scientifico per elaborare analisi
e proposte di intervento atte a migliorare la capacità delle autorità di prevenire e
contrastare linquinamento di aree, settori e territori della nostra economia.
Caratteristica del nostro impegno è lutilizzo degli strumenti che la scienza
economica ha approntato per comprendere il comportamento dei diversi operatori economici
e, più in generale, il comportamento dei mercati e dei settori delleconomia e della
società. Riteniamo cioè che gli strumenti di cui dispone lanalisi economica siano
indispensabili per meglio comprendere comportamenti e scelte che portano alla violazione
delle norme e perciò ai reati per motivi di natura essenzialmente economica, i quali
possono incidere, anche profondamente, sul funzionamento dei mercati e delleconomia
nel suo complesso. Siamo convinti che lutilizzo di tali strumenti possa essere
sempre più utile in un paese in cui i cittadini e le autorità sono sempre più
preoccupati per la criminalità. Lanalisi economica ha il grande vantaggio di poter
mostrare le distorsioni ed i condizionamenti che la criminalità provoca sul funzionamento
del sistema economico e delle singole aziende che lo compongono. Mettere in luce tali
distorsioni e condizionamenti significa progredire non solo in termini di conoscenza, ma
anche di consapevolezza della convenienza a combattere linquinamento
delleconomia da parte della criminalità.
Partendo dai dati aggregati, i toni
preoccupati usati delle autorità sono più che giustificati; riguardo a quella che
potremmo chiamare lofferta di criminalità, negli ultimi 20 anni in Italia essa è
infatti cresciuta in modo impressionante. Tale crescita si accompagna per lItalia ad
una sua specificità qualitativa, rappresentata dalla presenza pervasiva di forme di
criminalità organizzata che sono responsabili della netta prevalenza di delitti con
evidenti finalità e motivazioni economiche e finanziarie, mentre sembrano riguardare in
modo minore fattispecie delittuose più riconducibili ad altre motivazioni. Indicazioni
nello stesso senso provengono dagli studi da noi compiuti con la Polizia di Stato e la
Direzione nazionale antimafia, in cui lanalisi della dinamica dei reati viene
completata e arricchita da un esame del suo impatto rispetto alla struttura economica e
sociale delle diverse regioni, proponendo degli indicatori di anomalie e di vulnerabilità
delle diverse aree del paese rispetto alle diverse forme di manifestazione della
criminalità. Al crescere della presenza e della pervasività della criminalità aumentano
le difficoltà per uno sviluppo ordinato, equo e sostenibile delle attività economiche e
finanziarie. La presenza di criminalità, ed in generale di illegalità diffusa,
costituisce difatti una forte minaccia per lo sviluppo regolare dellattività
dimpresa. In presenza di criminalità non può esserci una sana attività di
gestione e di investimento. Al contrario, se linvestimento precede il ripristino di
condizioni di legalità, sono alti i rischi di inefficienza dello stesso investimento ed
anche quelli di apporto di nuova linfa ai protagonisti della illegalità e della
criminalità diffusa.
La teoria economica ha recentemente
ribadito il ruolo fondamentale della sicurezza e della fiducia per la crescita e il buon
funzionamento di uneconomia di mercato, intese come insieme di regole e procedure
che permettono produzione e scambio efficienti delle risorse in una società avanzata. La
sicurezza e la fiducia degli operatori sono basate appunto sulla convinzione che esista un
complesso di regole del gioco, sancite e garantite dalle pubbliche istituzioni, che
indirizza i comportamenti, dirime i conflitti di interesse, sanziona le condotte sleali.
La minaccia al regolare sviluppo delleconomia è rappresentata dalla quantità, ma
soprattutto dalla qualità degli atti illeciti e criminali che la colpiscono. Il rifiuto
delle regole del gioco delleconomia legale ha peraltro due livelli distinti di
pericolosità: la violazione pura e semplice e la sostituzione di tali regole con altre
regole, basate su autonome (e illegali) procedure di statuizione ed enforcement. Il
rischio per i mercati legali, nel caso in cui linquinamento da illecito si espanda,
è molto forte in quanto viene minata la base stessa del loro funzionamento.
Finora, per spiegare il fenomeno della
criminalità, micro e macro, nel nostro paese è sempre prevalso lapproccio
socio-criminologico, in cui il comportamento criminale è essenzialmente ricondotto ad
attributi psicologici e fisiologici. Ipotizzando per i reati il concetto di devianza o di
patologia, lanalisi dellevoluzione della criminalità in Italia ha così
finito per oscillare tra posizioni minimaliste (è colpa del singolo individuo) e
posizioni massimaliste (è colpa della società).
Lapproccio economico, invece, spiega
che, al limite, chiunque può commettere un illecito, partendo dallanalisi razionale
costi-benefici delle diverse opportunità. Chi viola la legge lo fa perché si attende un
beneficio netto positivo dalla violazione. In un certo senso, il reato diviene qualcosa di
razionalmente spiegabile, legato principalmente non a tare genetiche o a situazioni
personali od ambientali, ma ad una serie di vincoli e di opportunità, nellambito
dei quali si decide di compiere gli atti illeciti e quelli illeciti. Tali vincoli ed
opportunità possono essere raggruppati in due grandi categorie, legate rispettivamente
allefficacia delle istituzioni nello svolgere i loro compiti e allefficienza e
allequità nella produzione e nellallocazione delle risorse. Limportanza
dellapproccio economico emerge, quindi, con forza.
Riguardo allefficacia delle
istituzioni, è del resto crescente la consapevolezza che migliorare lefficacia del
nostro sistema di "regole del gioco", nonché in particolare lefficienza
nellamministrazione della giustizia penale e civile, è assolutamente indispensabile
per avere un sistema-paese in grado di competere a livello internazionale sul piano
economico, sociale e civile. Un esempio per tutti: la letteratura economica ritiene
unanimemente che, nei casi più generali, i migliori effetti di deterrenza si ottengono
non inasprendo le pene, ma innalzando la probabilità che esse vengano effettivamente
comminate. Questo implica la necessità di investire risorse per una razionalizzazione
della macchina amministrativa, di quella giudiziaria e di quella investigativa.
Vengo ora allultimo punto, che
riguarda la criminalità organizzata e lattività di impresa. La prevenzione ed il
contrasto al diffondersi della criminalità organizzata si attuano anche promuovendo
sempre di più la trasparenza e la competitività sui mercati dei beni e dei servizi,
nonché la contendibilità nel mercato di fattori produttivi come il lavoro e il capitale.
In realtà, ogni battaglia per la concorrenza è anche una battaglia contro la
criminalità organizzata.
Gli economisti sono daccordo nel
ritenere che lallocazione delle risorse è tanto più vicina allottimo, in
termini di efficienza, quanto meno sono diffuse, nei diversi mercati, posizioni di rendita
di taluni a svantaggio di altri. Ogni individuo, dato un certo livello di risorse
iniziali, può cercare di migliorare la sua posizione a mano a mano che aumentano le sue
opportunità assolute e relative di scelta nella domanda di prodotti e nellofferta
di lavoro e di risparmio. Ogni impresa, dato un certo livello di risorse iniziali, può
cercare di aumentare la creazione di valore a mano a mano che aumentano le sue
opportunità assolute e relative di scelta nella produzione e nello scambio di beni e di
servizi. A mano a mano che gli individui e le imprese acquisiscono pari opportunità di
scelta, dato un certo livello di risorse iniziali, il meccanismo dei prezzi provvederà ad
equilibrare meglio domanda ed offerta, determinando il livello di soddisfacimento dei vari
bisogni, il successo delle produzioni efficienti e lopportuna remunerazione dei
diversi fattori produttivi. Ogni posizione di rendita, intesa come capacità di trarre
vantaggio da situazioni in cui non cè pari opportunità di scelta, è nemica del
meccanismo testé descritto, perché tende ad incepparlo e a distorcerlo. In questo caso
crescono, infatti, i rischi di inefficienza e, a parità di altre condizioni, quelli di
iniquità.
La criminalità organizzata, attraverso i
diversi canali con i quali può influenzare i meccanismi di produzione e di allocazione
delle risorse, è così fonte primaria di posizioni di rendita e di monopolio, cercate ed
ottenute attraverso il "vantaggio competitivo" rappresentato dai diversi
strumenti extraeconomici ed extralegali da essa utilizzati. La stessa criminalità,
svolgendo attività di produzione illegale di reddito, di redistribuzione attraverso le
attività predatorie, di riciclaggio, di consumo e di investimento nei settori legali,
può alterare e condizionare sensibilmente le opportunità di scelta degli operatori che
rispettano la legge.
Lanalisi economica, negli ultimi
anni, ha cominciato ad approfondire la natura della criminalità in quanto
"organizzazione", applicando ad essa gli strumenti dellanalisi aziendale.
Tale criminalità, al pari degli organismi legali, ha infatti il problema di organizzare
nel modo migliore possibile le risorse di capitale e di lavoro. Inoltre, essa si deve
preoccupare di rendere stabile e sostenibile la struttura gerarchica non potendo
utilizzare, a differenza delle normali organizzazioni, la struttura di enforcement
che le deriva dalla legge. Lanalisi economica ha anche mostrato come
lorganizzazione criminale si caratterizzi per la ricerca di posizioni rent-seeking,
che sono ottenute, mantenute o consolidate grazie appunto agli strumenti extraeconomici ed
extralegali.
Limprenditore, il lavoratore o il
consumatore, che rispettano la legge, possono trovarsi di fronte, in settori o in mercati
in cui la criminalità organizzata è presente, a dilemmi assolutamente spiacevoli, che in
ogni caso ledono la loro libertà di scelta, pilastro di una autentica economia di
mercato. Pensiamo allimpresa che può essere costretta a subire trasferimenti
unilaterali di reddito, tramite estorsioni; che può trovarsi, anche in conseguenza delle
stesse estorsioni, inviluppata nellabbraccio mortale della finanza di usura, fino ad
essere catturata da interessi illeciti di varia natura; che può subire forme di
concorrenza sleale o di abuso di posizione dominante, anche per collusioni fra
criminalità e pubblica amministrazione, o di razionamento sui mercati dei prodotti e dei
fattori produttivi o, infine, che può essere costretta a concentrare forzosamente la
domanda solo su determinati mercati.
Daltronde, anche limpresa che
decidesse di colludere con lorganizzazione criminale, per trarre qualche vantaggio o
per ridurre i danni, finisce quasi sempre per non trarre vantaggi stabili e duraturi da
tale scelta. Questo accade perché una collusione o, peggio ancora, un accordo di governance
con un simile partner nasce e si sviluppa in modo sbilanciato ed asimmetrico a
sfavore dellimprenditore, oppure perché introduce nellattività di impresa un
nuovo rischio, legato alla possibile scoperta, da parte dellautorità costituita,
della collusione o dellaccordo di governance, scoperta che può portare alla
scomparsa stessa dellazienda.
In conclusione, è evidente che
lanalisi economica può far emergere, nelle diverse situazioni in cui la
criminalità organizzata entra in contatto con leconomia legale, gli effetti
distorsivi e distruttivi di tale contatto. Mettere in luce tali effetti non solo offre un
contributo alla definizione di efficaci politiche di prevenzione, ma rafforza anche la
coscienza dellassoluta convenienza, oltre che della necessità, di una lotta
inflessibile alla criminalità organizzata.
Vi ringrazio per lattenzione. (Applausi).
PRESIDENTE. Si esaurisce, con lintervento del professor Roberto Ruozi, la fase dedicata agli ospiti e ai promotori del Convegno.
Pertanto, diamo ora avvio alla prima parte del Convegno dedicata allattività della criminalità internazionale, che sarà presieduta dal senatore Guido Calvi, nella quale prenderanno la parola il procuratore nazionale antimafia, dottor Vigna, ed il procuratore generale presso la Corte di appello di Milano, dottor Borrelli.
PRESIDENTE. Dopo il saluto del presidente Del Turco e gli interventi del sindaco di Milano, dottor Gabriele Albertini, del capo della Polizia, prefetto Fernando Masone, e del magnifico rettore dellUniversità commerciale Bocconi, professor Roberto Ruozi, ha inizio la prima sessione del Convegno, che reputo molto significativa, con le relazioni di due tra i magistrati più prestigiosi ed importanti del nostro paese.
Prima di dare la parola al dottor
Vigna, procuratore nazionale antimafia, vorrei ricordare che la Commissione parlamentare
antimafia si è a lungo impegnata sul problema delle nuove mafie in Italia ed in
particolare sullattività della criminalità internazionale. Ricordo che più volte
la Commissione è venuta a Milano anche pochi giorni fa per svolgere al
riguardo la sua funzione di indagine, attraverso la quale si sono potuti constatare alcuni
fatti importanti.
Si è rilevato, primo fra tutti, che il
contrasto alla criminalità organizzata è stato condotto in Italia, in particolare da
Milano, con gli strumenti tipici del controllo di legalità. In questa città sono stati
svolti numerosi processi e sono state inquisite e condannate numerose persone. Non è un
caso che Milano sia una città che vede abbassare il tasso della criminalità organizzata
nei suoi reati più efferati. È un merito questo da attribuire certamente alle forze
dellordine, ma innanzi tutto alla magistratura, la quale ha saputo condurre le
indagini e i processi con rigore e legalità. Ritengo questo il segno più positivo dei
risultati che sono stati raggiunti ed anche quella risposta che culturalmente dobbiamo
saper cogliere rispetto a quanti, venti anni fa e più, ritenevano che la criminalità
organizzata, straordinariamente presente in una città come Milano o nellintero
nostro paese, potesse essere contrastata solo attraverso gli strumenti dellaumento
di pena (penso al reato di sequestro di persone o alluso di istituti processuali di
natura inquisitoria), ma per fortuna così non è stato; sono stati celebrati vari
processi e vi sono state diverse condanne. Ora sono nati nuovi problemi certamente
nuovi problemi come quello della criminalità comune e dellesecuzione delle
pene, ma di essi ci occuperemo nel corso dei nostri lavori.
Il primo ad intervenire in questa prima
parte del Convegno è il dottor Piero Luigi Vigna, che svolgerà il seguente tema:
"La criminalità di matrice straniera in Italia".
VIGNA Piero Luigi, procuratore nazionale antimafia. Rivolgo, innanzitutto, un cordiale ringraziamento al presidente Del Turco e a tutta la Commissione parlamentare antimafia per linvito a partecipare a questo Convegno. Un ringraziamento molto forte rivolgo anche al sindaco di Milano, dottor Albertini, che ho avuto occasione di conoscere a Palazzo Vecchio a Firenze, e al capo della Polizia, prefetto Masone, per la squisita ospitalità. Infine, un pensiero va anche al magnifico rettore dellUniversità commerciale Bocconi, professor Roberto Ruozi. Ricordo che il lavoro che abbiamo svolto tutti insieme sarà presentato, grazie alla cortesia e allinteresse manifestato dal presidente Del Turco, a Palazzo San Macuto a Roma, il prossimo 24 marzo. Lidea è nata da una duplice riflessione. La prima riflessione lho sempre avuta è che il procedimento penale è diventato sempre più multidisciplinare importa conoscere la procedura penale, ma non è certamente questa la cosa più importante e si articola ormai su vari saperi. La seconda riflessione è che, se le mafie perseguono come lo perseguono il fine di arricchimento, non si capisce come si è potuto fare a meno del contributo degli economisti. Quindi, è un discorso molto semplice quello dal quale è nata questa sinergia.
Il tema che ho il compito di svolgere
nel tempo assegnatomi, e quindi in maniera estremamente sintetica, riguarda le nuove mafie
in Italia. La mia relazione, per la quale mi sono servito anche di elaborazioni effettuate
dalla Polizia ed in particolare dalla Direzione investigativa antimafia, inizia con
lindicazione di alcuni dati statistici relativi a tre fattispecie criminose; si
tratta dellassociazione per delinquere, dellassociazione finalizzata al
traffico di stupefacenti e dellassociazione di tipo mafioso, le quali hanno visto
coinvolti, come loro autori, cittadini stranieri. Per tener conto dellevoluzione del
fenomeno, saranno presi in considerazione i dati relativi al primo e al secondo semestre
del 1998.
Per quanto riguarda lassociazione
per delinquere, nel primo semestre del 1998 rileviamo 141 arrestati (38 donne e 103
uomini) e 273 denunciati (tralascio le divisioni per sesso per non allungare troppo il
discorso). Nel secondo semestre di tale anno rileviamo 208 arrestati e 205 denunciati a
piede libero. I luoghi di prevalente manifestazione del fenomeno sono lEmilia
Romagna e la Lombardia nel primo semestre; lEmilia Romagna, la Lombardia, il Friuli
Venezia-Giulia e il Lazio, invece, nel secondo semestre.
Per quanto riguarda lassociazione
finalizzata al traffico di stupefacenti, nel primo semestre del 1998 registriamo 103
arrestati e 92 denunciati. Nel secondo semestre rileviamo 164 arrestati e 42 denunciati.
Le regioni di prevalente manifestazione del fenomeno sono la Lombardia, il Trentino e la
Puglia nel primo semestre, mentre nel secondo semestre sono la Lombardia, lEmilia
Romagna, il Lazio e la Puglia.
Per quanto riguarda il reato di
associazione di tipo mafioso, vi sono stati 21 arrestati e 8 denunciati nel primo semestre
1998, mentre nel secondo semestre vi sono stati 20 arrestati e 44 denunciati. Il fenomeno
ha inciso in Toscana, in Calabria e nel Lazio.
Poi mi sono occupato anche del reato di
estorsione: 177 arrestati e 168 denunciati nel primo semestre 1998 nel Piemonte, in
Lombardia e in Emilia-Romagna; 279 arrestati e 111 denunciati nel secondo semestre del
1998, in tutto il territorio nazionale, con prevalenza nel Centro-Nord, specie in
Piemonte, Lombardia, Toscana e Lazio.
Per quanto riguarda il reato di usura
(sempre a proposito degli stranieri) vi sono stati 5 arrestati e 4 denunciati nel primo
semestre 1998, in Lombardia, Liguria e Lazio, e 3 arrestati e 6 denunciati nel secondo
semestre 1998 in Calabria e Sicilia.
Ottimale è il giudizio per il fatto che
sia stato scelto proprio il capoluogo della regione Lombardia per svolgere questo
Convegno. Abbiamo notato un forte aumento degli arresti, addirittura dal primo al secondo
semestre del 1998; quindi, si è manifestata unazione molto incisiva attraverso gli
arresti proprio nel corso dellanno.
Queste sono cifre mute; cerchiamo di
vederne molto brevemente gli attori. La linea principale di analisi è stata quella del
traffico delle sostanze stupefacenti, che costituisce una specie di chiave di lettura
omogenea per le forme di criminalità oggetto di osservazione.
I primi gruppi di criminalità di matrice
straniera sono quelli di etnia slava. Si tratta di gruppi diffusi sul territorio nazionale
che sovrintendono alla distribuzione sul mercato, in particolare milanese,
delleroina che proviene dalla Turchia e dallEst asiatico, favoriti da
unampia disponibilità di manovalanza connazionale, immigrata illegalmente. Notate
bene che quanto ha detto il Capo della Polizia, e che tutti ribadiamo, sulla necessità di
una sempre più forte collaborazione internazionale, deriva non da idee astratte, bensì
dal fatto che nei vari paesi troviamo le medesime realtà. In altre parole, la crescita di
questa fenomenologia può essere convalidata anche attraverso lesperienza comparata
di altri paesi europei, come faccio qualche esempio la Germania, la Romania
e lUngheria, che conosco. Pochi giorni fa sono stato in Ungheria; oggi tale Stato
pare un punto di snodo della cosiddetta rotta balcanica delleroina. Nel primo
semestre del 1998 ne sono stati sequestrati 344 chilogrammi, mentre in tutto il 1997 ne
erano stati sequestrati 206 chilogrammi. Il traffico di eroina, anche lì, è
completamente gestito da organizzazioni di origine albanese, kosovara e turca, oltre che
macedone. Queste organizzazioni hanno modificato le originarie strategie di trasporto:
prima, abbastanza scioccamente, trasportavano la merce con TIR turchi e così via, mentre
oggi cambiano i mezzi di trasporto e hanno costituito anche una rete di appoggio con
distributori di benzina, parcheggi, officine e ristoranti.
Tornando allItalia, tra questi
soggetti di etnia slava una posizione particolare hanno gli albanesi provenienti dal
Kosovo, che gestiscono e controllano per conto dei turchi, ma sempre con maggiore
autonomia, la rotta balcanica. Questa è una rete criminale di spiccata efficacia che a
volte si è affiancata, in modo non conflittuale, ai gruppi mafiosi nostrani, con i quali
interagisce a livello paritario.
Debbo aggiungere che, per esempio, tanto
per rimanere nella città che ci ospita, sono state rilevate queste forme di integrazione
in unindagine condotta dal ROS, sotto la direzione della DDA di Milano. Sono state
indagate 125 persone per associazione finalizzata al traffico internazionale degli
stupefacenti, con varie componenti egiziana ma anche albanese tutte
impegnate nel commercio degli stupefacenti in questa città, con un ulteriore rilievo: che
gli ex iugoslavi, cooperanti con la componente albanese, risultavano integrati nello
scenario criminale milanese, figurando addirittura sovraordinati rispetto al gruppo
siciliano formato dagli eredi delle famiglie Ciulla-Fidanzati e sostanzialmente paritetici
ai calabresi del gruppo Mazzaferro. Quindi, si nota che questa criminalità di tipo
albanese, che prima lo vedremo sotto un altro profilo agiva individualmente,
opera soprattutto nel campo della prostituzione, e poi quando aumenta il livello del
mercato, dà vita a forme associative che si pongono in dialogo, in rapporto paritario
proprio perché sono coloro che vendono certi tipi di merci con
organizzazioni criminali nostrane.
Ma questo non è un fenomeno unico.
Unindagine effettuata dalla DIA alla fine del 1998 in territorio pugliese su un
gruppo di albanesi molto forte, nel corso della quale, tra laltro, furono
sequestrati 105 pani di eroina da mezzo chilo ciascuno, ha evidenziato una notevole
capacità di infiltrazione nella realtà locale da parte di questo sodalizio albanese, che
dialoga con la malavita organizzata pugliese riuscendo a creare anche un forte
collegamento con pregiudicati baresi. Quindi, vi è questa spinta ad avere certi rapporti.
Voi sapete che gli albanesi in generale,
ma i kosovari in particolare, sono caratterizzati nelle loro azioni da unestrema
violenza, penso riconducibile al fatto che quando delle persone vivono per mesi in uno
stato di guerra, in uno stato di lotta armata, la vita propria viene messa in gioco, per
cui la stessa vita altrui perde probabilmente il valore che dovrebbe avere.
Questi gruppi di etnia slava, cioè gli
albanesi, hanno cominciato a darsi forme associative. Dal 1992 al primo semestre 1998 sono
stati denunciati a piede libero o arrestati per reati associativi 1.307 albanesi, di cui
1.222 uomini e 85 donne. Questa indagine, che è stata svolta dalla DIA con la DNA (non so
se ho già inviato i documenti alla Commissione parlamentare antimafia, se non lho
fatto provvederò al più presto), della quale attendiamo ansiosamente altri 2 volumi, ha
evidenziato strani movimenti di capitale di varie decine di miliardi. Questo è stato un
suggerimento che il mio ufficio ha dato allUfficio italiano dei cambi. Infatti, fino
ad oggi, si era abituati a valutare sospetta unoperazione e come tale da
segnalare solo sotto il profilo finanziario. Lidea che venne fu quella di
leggerne la "sospettosità" anche in funzione del soggetto che la compiva, non
solamente della natura finanziaria delloperazione.
È allora emerso ora gli atti sono
stati inviati alla Procura della Repubblica di Milano e se ne sta interessando il collega
DellOsso che dei signori albanesi, che non risultano avere attività
economiche, hanno fatto movimentazioni, non solo verso lAlbania ma singolarmente
vedremo perché verso lAlgeria, di decine e decine di miliardi.
E passo al secondo gruppo criminale
maggiormente presente: quello dei nigeriani. Le sezioni anticrimine dei carabinieri hanno
condotto una importante indagine della quale vi riferirò.
A livello internazionale la Nigeria ha
iniziato ad esprimere forme di criminalità organizzata nella seconda metà degli anni
Ottanta. Il primo arresto in Italia risale al 1987 e da allora lintercettazione di
corrieri nigeriani che trasportavano stupefacenti è andata via via aumentando. In un
primo tempo negli investigatori prevalse lopinione che costoro costituissero
manodopera a basso costo per organizzazioni criminali di altri paesi o fossero
protagonisti di basso livello di unattività di spaccio. Si è invece poi assistito
allaumento degli arresti di altri soggetti africani, che i nigeriani, ormai
cresciuti per importanza e volume di affari, avevano iniziato ad impiegare come corrieri
al loro posto per sviare i controlli.
Questa presenza dei gruppi nigeriani,
coinvolti anche nello sfruttamento della prostituzione, è diffusa in tutte le regioni,
con eccezione di Puglia, Calabria e Sicilia: qui ci sono organizzazioni più forti.
Invece, particolarmente sensibili sono le presenze a Napoli. Il fenomeno della camorra
napoletana si è manifestato in tale settore non gestendo direttamente la prostituzione,
perché non pareva il caso di farlo, ma affittando i luoghi a questi gruppi e riscuotendo,
per così dire, una tassa di occupazione del suolo pubblico, una sorta di canone di
locazione. Ciò è particolarmente evidente sul litorale domizio e nellhinterland
romano.
Ho pocanzi detto che i carabinieri
del ROS hanno condotto di recente unindagine molto importante nel Trentino
disvelando, anche qui, lesistenza di una rete composta prevalentemente da nigeriani,
operante nel traffico degli stupefacenti: cocaina in arrivo dallOlanda, dal Brasile
e dal Perù, ed eroina dalla Turchia. Costoro non operano in una organizzazione
verticistica, bensì in modo sciolto, cioè il sodalizio non ha una forma piramidale ma
orizzontale a blocchi.
Abbiamo poi i colombiani. I cartelli
colombiani dispongono in Italia di centri logistici, che perfezionano le transazioni
relative alla droga con le organizzazioni italiane e che cercano anche di condurre a
termine nel nostro territorio la fase finale della raffinazione. Cito anche a questo
proposito un esempio tratto dallesperienza investigativa del ROS sulla costa
adriatica. Per ingenti quantità, soprattutto di cocaina, i cartelli colombiani raccolgono
la droga anche presso altri paesi produttori, curandone la gestione fino al paese di
consumo. Per quantitativi più modesti esistono "piazzisti", cittadini
colombiani, che fanno capo a strutture non collegabili ai cartelli e che assicurano
unattività di rifornimento estemporaneo.
Per quanto riguarda i cinesi, voi sapete
che questi sono prevalentemente stanziati in Toscana, Lazio e Lombardia; sono
difficilmente permeabili da interventi esterni, nel senso che è difficile fare una
operazione di infiltrazione in un gruppo cinese se non si è cinesi, ci sono difficoltà
di lingua ed esistono spiccati vincoli di omertà. Abbiamo avuto, per lappunto in
Toscana ne dà oggi notizia "la Repubblica", è unindagine che
risale a vari anni fa anche collaboratori di origine cinese. I cinesi presentano la
caratteristica, per ora, di agire criminalmente allinterno della comunità,
attraverso prostituzione, gioco dazzardo e anche sequestri di persona a scopo di
estorsione, che si sono avuti a Roma, sempre fra cinesi, per il rilevamento di ristoranti.
Questo pullulare di attività di tipo
ristorativo ha indotto dei sospetti negli investigatori. La Polizia di Stato ha già fatto
unattenta analisi tempo fa, perché si notava che mentre la nostra economia
stagnava, le loro attività proliferavano, talché ci si è posti delle legittime domande
se non fossero utilizzate come forme di reinvestimento.
Quanto ai russi, le loro attività sono il
traffico di stupefacenti (specie sintetici), di denaro falso (in particolare dollari, ma
forniti dalla camorra o da cosa nostra), il traffico di opere darte e di auto di
grossa cilindrata, lo sfruttamento della prostituzione. Una vasta indagine condotta dal
Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che abbracciava varie parti
dItalia, ha consentito nel gennaio-febbraio 1997 di arrestare una ventina di persone
e, secondo me, di bloccare unattività di grossa infiltrazione che questi soggetti
stavano operando, senza avere contatti, apparentemente, con nostre organizzazioni
criminali, senza compiere attività che li esponessero allattenzione, ma attraverso
unopera di mimetizzazione che giungeva anche a matrimoni falsi; venuti qui con falsi
documenti, riuscivano a sposare una cittadina italiana, salvo poi, dietro retribuzione,
mandarla via, far venire la moglie russa e mimetizzarsi, con investimenti in vari settori:
oro, acquisto di fabbriche per la conservazione di prodotti ittici, fabbriche di mobili,
commercio di prodotti petroliferi.
Non sono emersi collegamenti in Italia con
le nostre organizzazioni, ma sicuramente i criminali italiani sono andati in Russia
operando grossi investimenti. Resta famosa lintercettazione di una telefonata fatta
fra due ndranghetisti, uno dei quali si trovava a Berlino ovest al momento della
caduta del muro, quindi nell89, che allaltro chiede al telefono cosa deve
fare, e laltro gli risponde: compra. Il primo chiede ancora: cosa compro? E
laltro gli risponde: tutto, ristoranti, discoteche, bar, esercizi, case. Vi è stata
una grossa opera di investimento favorita anche dalla privatizzazione non preceduta da
leggi che consentissero di verificare la provenienza dei denari.
Dunque, non solo carattere internazionale
delle organizzazioni criminali, perché questo carattere internazionale vi è sempre
stato. Quando cosa nostra negli anni Settanta manda leroina negli Stati Uniti, fa
unattività di carattere internazionale. La nuova dimensione, come è stato posto in
luce anche dal direttore dello SCO, è quella della transnazionalità, termine con il
quale intendiamo che gruppi criminali di diverse etnie collaborano fra loro.
Un ultimo cenno a un dato il Capo
della polizia conosce questo dato, che io gli ho inviato che rende ancora più
difficoltose le indagini, in mancanza di veri rapporti di collaborazione. Sapete quanti
sono gli albanesi ricercati perché evasi o latitanti? Sono 758, tutti ricercati per reati
gravi, e di questi albanesi è difficile lidentificazione perché abbiamo solo nomi
e cognomi, ma, come loro sanno, in Albania cè una vasta produzione anche di
documenti falsi operata dagli stessi albanesi. E quindi in mancanza, almeno per ora, di un
notevole dato di impronte digitali o di foto, sicuramente è questa
unesperienza comune il latitante va laddove cè una comunità; questo
è proprio di tutti i latitanti, anche dei nostri. (Applausi).
PRESIDENTE. Dottor Vigna, la ringrazio per la sua relazione, come sempre precisa e puntuale. La riflessione che viene da fare però è che forse il Parlamento dovrebbe trovare il modo di impegnarsi in una riformulazione dellarticolo 416-bis del codice penale che appare sempre più insoddisfacente, perché i reati associativi possono essere colpiti in vario modo; ad esempio, con larticolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309, per il delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, con lo stesso articolo 416 del codice penale, ma le conseguenze che derivano dallarticolo 416-bis sono molto precise in relazione sia allesecuzione della pena sia alla confisca del patrimonio. Quindi questo articolo ripeto andrà forse riformulato.
Vorrei leggere il telegramma inviato
dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro: "Al senatore Ottaviano Del
Turco. Invio un caloroso, partecipe pensiero al Convegno "Le nuove mafie. Presenza e
ruolo della criminalità internazionale nel territorio e nelleconomia". La
ferma determinazione da parte dello Stato contro questa emergente e pericolosa forma di
criminalità organizzata vede tutte le istituzioni preposte a tutela della legalità unite
in un forte e comune impegno, che è testimoniato dalla qualificata iniziativa di Milano e
dallautorevole partecipazione ad essa assicurata da personalità italiane ed estere
particolarmente attive nellazione di contrasto. Sono lieto di esprimere il mio
plauso più vivo e di porgere un cordiale saluto ed un fervido augurio di buon lavoro a
lei, caro Presidente, ai promotori e a tutti i partecipanti al Convegno".
Credo che il Convegno debba ringraziare il
Presidente della Repubblica per questo suo messaggio.
Prima di dare la parola al dottor
Borrelli, vorrei apportare una modifica formale alla qualifica con la quale egli è
indicato nel nostro programma. Infatti la qualifica che gli è attribuita nel nostro
programma è quella di procuratore della Repubblica di Milano, ma tutti sappiamo che il
Consiglio superiore della magistratura appena ieri gli ha conferito il prestigioso
incarico di procuratore generale presso la Corte di appello di Milano.
Dottor Borrelli, desidero rivolgerle i
miei migliori auguri di buon lavoro, con la certezza che lei saprà espletare anche questo
incarico con il consueto rigore professionale e intellettuale. (Vivi, generali
applausi)
Prego il dottor Borrelli di prendere la
parola, per svolgere la sua relazione su: "La criminalità internazionale nelle
grandi aree metropolitane"
BORRELLI
Francesco Saverio, procuratore generale presso la Corte di appello di Milano.
Ringrazio di cuore il presidente Del Turco e il senatore Calvi per le cortesi parole che
mi hanno rivolto in un giorno certamente molto importante per la mia vita. Sarei insincero
se negassi il senso di gratificazione che naturalmente mi proviene da questa nomina, ma
con altrettanta sincerità devo dire che è di gran lunga soverchiante il senso della
responsabilità che, rendendomi disponibile per questa nuova funzione, ho assunto verso le
istituzioni e verso la collettività. Spero di non essere impari al nuovo compito. Qualche
rilievo preliminare vorrei fare, che non ha un intento critico, ma soltanto di
precisazione. Intanto un rilievo di carattere terminologico: la criminalità che valica,
per la nazionalità dei suoi protagonisti o per gli spazi in cui si espande, i confini di
un singolo paese non dovrebbe essere definita "internazionale" ma
"transnazionale", almeno secondo una aggettivazione che è stata accettata fin
dal Quinto Congresso delle Nazioni Unite del 1975. Internazionali infatti sono le
relazioni fra Stati o fra ordinamenti statuali e credo che neppure in una visione che
spinga allestremo la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici si possa
attribuire alla delinquenza il carattere dellinternazionalità, salvo che e
lipotesi forse non è neppure del tutto irreale non siano gli Stati medesimi
a delinquere.
Un rilievo di sostanza. Da un operatore
della quotidianità nella repressione dei reati, come un pubblico ministero, per anziano
che sia o elevato in grado, non credo vi sia da attendersi una analisi- sintesi
criminologica del fenomeno della delinquenza organizzata transnazionale,
unanalisi-sintesi che presupponga strumenti culturali di tipo sociologico,
antropologico, economico, geopolitico che di regola non appartengono allarmamentario
professionale del magistrato e che non è neppure conveniente maneggiare in modo
dilettantesco. Mi limiterò quindi a dei cenni descrittivi di alcuni aspetti della
fenomenologia emersa da indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano come mi
sono stati riportati dal procuratore aggiunto, consigliere Minale, che coordina la
Direzione distrettuale e dai validissimi sostituti da lui coordinati, che ringrazio per il
loro prezioso contributo. Ovviamente alcune delle cose che andrò a dire ripetono
osservazioni e constatazioni che già abbiamo ascoltato per bocca del procuratore
nazionale Vigna.
Ancora un rilievo inerente al contenuto:
la realtà che può essere testimoniata accettabilmente in sede giudiziaria, in linea di
massima non è una realtà in ripresa diretta, non rispecchia lattualità, ma si
presenta come in un retrovisore. Per sofisticati che siano i mezzi di osservazione e per
sollecite che siano le prove storiche (ma non è neppure infrequente che le investigazioni
partano già da spunti colti o pervenuti gran tempo dopo i fatti), lassemblaggio dei
dati e la riflessione sugli stessi conducono sempre, se non si vogliono arrischiare
precipitazioni forse care ai mass media, ma professionalmente imprudenti, a una
distanza più o meno ragguardevole dal tempo della realtà, specie quando questa è
complessa e variegata. E dunque sullattualità, sulloggi, che è il domani
rispetto ai dati registrati, si possono azzardare estrapolazioni, ma non presentare
fotografie o radiografie, e meno ancora, ovviamente, sul futuro che è addirittura il
dopodomani rispetto ai dati che si possiedono.
Il secolo che ci accingiamo a lasciare,
senza troppi rimpianti, dietro le nostre spalle, con la mondializzazione delle guerre e
delle trattative di pace, dei trasporti, della comunicazione-informazione, della scienza,
delle tecnologie, dei commerci, delleconomia, non poteva non regalarci anche la
globalizzazione di alcune forme di delinquenza, di quelle forme di delinquenza
programmata, quindi dotata di un livello più o meno elevato di organizzazione, che non
sono se non controfigure perverse, deformate dei modelli di relazioni intersoggettive
vigenti nella società civile.
Gli stessi veicoli tecnici, tecnologici e
giuridici che hanno permesso alle relazioni culturali ed economiche di infittirsi ed
espandersi in modo esplosivo sulla intera estensione del globo; di più, gli stessi
scrupoli etici e umanitari che informano lordinamento e le prassi internazionali non
potevano non creare i presupposti, le occasioni e le facilitazioni perché parallelamente
alle imprese legali nei mercati legali, le imprese illegali conquistassero anchesse
settori e aree di mercato illegale e legale, scavalcando confini politici, etnici e
linguistici. Addirittura, se è comune a entrambi i mondi la ricerca a livello
continentale o transcontinentale delle condizioni specifiche più favorevoli per operare e
profittare (quello che nella finanza e nelleconomia legale talvolta è stato
chiamato shopping di ordinamenti), le imprese illegali, in quanto illegali,
finiscono con il godere di una libertà di azione ben superiore rispetto agli operatori
regolari perché non vincolate, come questi, a quel cemento unificante che è la morale
dei mercati, né al rispetto delle norme quale condizione per ottenere
dallordinamento la tutela dei propri interessi. Nelleconomia legale
internazionale alcuni divari sono stati individuati come fonti di contraddizione o almeno
di tensione fra la globalizzazione dei mercati e il progresso sociale: così la disparità
di potere fra gruppi sociali mobili e gruppi rappresentativi di fattori produttivi
immobili, la disparità fra gli standard sociali attinenti nei singoli Stati alle
condizioni del lavoro subordinato, il differenziale fra le rispettive prestazioni di welfare
state, che accresce le difficoltà competitive nei sistemi economici socialmente più
avanzati. Nelleconomia illegale invece non vè divario esterno, divario di
origine pubblicistica che non venga utilizzato, senza possibilità di contraddizione, dal
delinquente a proprio vantaggio per sottrarsi con agilità "anguillesca" ai
meccanismi che qui o là possano pregiudicare il suo lucro o la sua libertà. Di fronte
alla flessibilità della criminalità transnazionale nel diversificare, con perfetta
adattabilità darwiniana, i propri obiettivi e i propri mezzi a seconda dei luoghi, degli
ambienti normativi, dellefficienza delle polizie e delle magistrature, diviene
pressante, perentoria, irrecusabile, a dispetto di percorsi storici peculiari e tradizioni
gelosamente care a questo o quel popolo, lesigenza di superare gradualmente il
sistema vigente di assistenza giudiziaria internazionale per arrivare ad una unificazione,
non solo allarmonizzazione, negli spazi continentali degli apparati normativi e
operativi di disincentivazione e repressione del crimine.
In concreto, le attività nel territorio
milanese delle organizzazioni criminali transnazionali riguardano prevalentemente,
comè noto, il traffico di stupefacenti, il traffico di armi, il traffico di esseri
umani con immigrazione clandestina per fini di prostituzione o per altri fini illeciti, il
contrabbando di tabacchi lavorati esteri. Cominciando da questultimo, segnalo che
nel 1998 quattro operazioni di polizia tributaria, con il sequestro di 148 tonnellate di
tabacchi lavorati esteri e circa 4 miliardi di lire in contanti, hanno riguardato varie
organizzazioni contrabbandiere su base transnazionale, con fornitori residenti in Svizzera
(dove il contrabbando non è perseguito), depositi costituiti nei Balcani (prevalentemente
in Montenegro) e a Cipro, di merce acquistata presso le grandi multinazionali del tabacco,
trasporto della merce sulle coste italiane dellAdriatico mediante potenti motoscafi
costruiti e consapevolmente forniti da un industriale del comasco, rete a numero chiuso di
grossisti accreditati, prevalentemente campani ma anche pugliesi, organizzati in clan
e tra loro consorziati, che distribuiscono la merce sul territorio nazionale o la
inoltrano, mediante TIR e container, verso altri paesi europei (specie verso il
remunerativo mercato inglese e quello spagnolo), talora corrispondendo un
"pizzo" a mo di pedaggio a esponenti della sacra corona unita e della
camorra che controllano i territori di transito.
Il regolamento finanziario con i fornitori
svizzeri viene fatto mediante spallonaggio o attraverso canali facenti capo a operatori
della provincia di Como, e nellutilizzo dei quali si sono riscontrati concorrere
anche trafficanti di droga e riciclatori di proventi di corruzione. Per quanto riguarda
gli altri ben più allarmanti settori di attività delle organizzazioni transnazionali
nellarea metropolitana, un cenno può essere fatto, ed è già stato fatto anche dal
Procuratore nazionale, alla cosiddetta mafia cinese, che è probabilmente emanazione di
unassociazione provvista dei caratteri della mafiosità nel paese dorigine e
che, gestendo limmigrazione clandestina di cinesi in Italia e lo sfruttamento del
lavoro di costoro con il ricorso anche a meccanismi usurari, a sequestri di persona a
scopo estorsivo, a rapine, ha operato, almeno finora, sempre e solo allinterno della
comunità cinese, in tale ambito avvalendosi della propria forza intimidatrice e
acquisendo una sorta di ruolo di rappresentanza esterna della comunità cinese. Un cenno
merita anche la scoperta di un gruppo di nigeriani, già attivo a Napoli, insediatosi poi
a Milano, che con il supporto di agenzie telefoniche e con addentellati anche a Roma, era
dedito allimportazione di sostanze stupefacenti, prevalentemente cocaina. Costoro da
una centrale posta in territorio greco facevano partire singoli carichi, affidati per lo
più a insospettabili corrieri europei che provvedevano alla consegna ai fiduciari del
gruppo. Sempre nel campo dellimportazione di cocaina va menzionata
unorganizzazione capeggiata da un casertano e da alcuni pugliesi che dalla Colombia,
dal Perù e dalla Spagna trasportavano quantitativi ingentissimi (non meno di 500
chilogrammi per volta): dalla Colombia occultandoli allinterno di grossi macchinari
prodotti in Venezuela da un industriale friulano, ovviamente complice; dal Perù
occultandoli in container di cassette di pesce congelato; dalla Spagna, e in
particolare dalla Galizia, caricandoli su autocarri e autovetture. Il flusso dei
corrispettivi si giovava in parte del trasporto in senso inverso di analoghi macchinari e
ricambi in cui venivano nascosti i pacchi di banconote americane sotto il
nome del medesimo industriale friulano, in altra parte di rimesse da banche svizzere,
presso cui, tramite spallonaggio, era stato depositato il provento del narcotraffico. Deve
peraltro registrarsi una graduale tendenza dei trafficanti colombiani a emanciparsi dal
collegamento con le organizzazioni mafiose storiche e a gestire direttamente,
incrementando numericamente i propri insediamenti nelle metropoli italiane, sia i
trasporti in Europa, sia gli arrivi e la distribuzione della merce nel nostro paese, tutto
ciò con cospicuo accrescimento del lucro, grazie allautogestione. Sulla rotta
atlantica si è delineato, e merita di essere segnalato, un altro traffico,
dallItalia verso la Colombia e altri paesi latino-americani, avente per oggetto i
cosiddetti precursori, sostanze e reagenti chimici di cui non è vietata la
commercializzazione, ma che risultano particolarmente utili nella coltivazione e nella
lavorazione della coca e che vengono spediti in bidoni via mare da un agricoltore della
provincia pavese.
Attenzione particolare, per le ragioni che
si vedranno, deve essere posta nei riguardi della criminalità di origine albanese. In
capo ai gruppi albanesi, e ai gruppi kosovari tra questi, si andrà consolidando in un
prossimo futuro se il fenomeno non sarà stato tempestivamente neutralizzato e
stroncato il carattere della mafiosità in senso proprio. Le indagini ci offrono
limmagine di gruppi attivi nel settore del reclutamento, con metodi di brutale
violenza, e della tratta delle prostitute, nonché dellorganizzazione e dello
sfruttamento del meretricio e nel settore del traffico di stupefacenti e di armi, in
collegamento anche con gruppi calabresi o siciliani e in posizione di preminenza rispetto
a gruppi di altra origine, con una marcata tendenza a insediarsi stabilmente sul
territorio con lintento di controllarlo anche per mezzo di un reticolo di connivenze
e legami, in tutto analoghi a quelli tipici della cultura ndranghetista. È
abbastanza naturale che organizzazioni già attualmente o virtualmente orientate al
crimine nelle terre dorigine ravvisino nelle grandi aree metropolitane europee gli
spazi di elezione per sviluppare i loro mercati illegali, sfruttando la domanda di una
clientela vasta, fluttuante, variegata, la mimetizzazione resa possibile dalla densità
delle intraprese e delle transazioni economiche, utili anche per il reinvestimento dei
proventi, e giovandosi di un calcolato margine di impunità che è conseguenza del basso
coefficiente di coesione e di controllo sociale proprio degli agglomerati urbani, sia da
parte degli stessi cittadini, sia da parte dei pubblici poteri. E riguardo al massiccio
ingresso della prostituzione straniera nel nostro paese piuttosto che negli altri, credo
si possa dire che questo non sia tanto conseguenza di unipotetica domanda più alta
del maschio italiano, quanto della maggiore facilità di introdurre qui la merce umana e
di una relativa desensibilizzazione verificatasi nel tempo verso il fenomeno della
prostituzione in generale. Ciò ancora una volta dimostra la capacità adattiva della
delinquenza organizzata.
Gli albanesi del Kosovo e della Macedonia,
fortemente politicizzati e affratellati, sono disseminati nel nord e nel centro
dellEuropa e si trovano in posizione strategica per controllare i flussi
delleroina provenienti dalla Turchia e farne smistamento in tutta Europa. Di questo
tipo era lattività della famiglia Elezi, che aveva una base logistica a Bratislava
dove concentrava, grazie a corrotte complicità nelle polizie e nelle dogane, la merce
fornita da trafficanti turchi e donde con coppie di corrieri slovacchi la distribuiva ai
mercati dEuropa, ciascuno presidiato da un referente albanese. Scarsi e occasionali
sembrano essere i contatti con costoro degli albanesi di Tirana e di Valona che in genere
sono rappresentati da bande di giovanissimi dedite allintroduzione sistematica,
mediante i ben noti gommoni, di uomini, donne, bambini, di marijuana, di armi. Il modulo
organizzativo degli albanesi non è a struttura verticistica, come un decennio addietro
era il gruppo degli uruguayani che gestivano la prostituzione e limportazione della
cocaina, bensì a struttura orizzontale, nel senso che esistono più bande autonome le
quali sviluppano in proprio le diverse attività illecite senza essere sovrastate da
unautorità né da regole o codici comuni. Ciò spiega per un verso la diffusione
capillare che costoro hanno acquisito sul territorio, e per un altro verso la peculiare e
totalmente anarchica ferocia di tali personaggi, dimostrata anche da fatti di sangue
commessi per motivi futili o difficilmente comprensibili. Certamente queste
caratteristiche non facilitano lazione di contrasto delle forze dellordine,
ostacolata oltre tutto dagli appoggi e dalle coperture che sul territorio gli albanesi si
sono procurati (alberghi utilizzati per la prostituzione, agenzie immobiliari che
forniscono alloggi con intestazioni fittizie, procacciatori di permessi e documenti falsi
o di prestanome, agganci in alcune banche per il riciclaggio).
Di notevole interesse è un aspetto già
segnalato dal procuratore Vigna, circa le prospettive di integrazione delle organizzazioni
albanesi con le organizzazioni mafiose italiane. Le organizzazioni storicamente presenti
sul territorio milanese hanno preso atto della capacità organizzativa e di penetrazione
da parte dei gruppi slavo-albanesi e, al fine di mantenere il proprio predominio
criminale, sia cosa nostra che la ndrangheta hanno scelto di stringere alleanze con
i gruppi più forti dei kosovari, dai quali si riforniscono di droga e ai quali ricorrono
in caso di necessità per dirimere questioni con altri stranieri sul territorio
metropolitano o nellhinterland. In questi termini i gruppi kosovari hanno
affermato la loro presenza sia nelle zone di Trezzano, Cesano Boscone, Baggio,
tradizionalmente controllate da cosa nostra, ma anche nelle zone di Buccinasco, Corsico,
Piazzale Loreto, fino a Cologno Monzese e Sesto S. Giovanni, dove operano i calabresi.
Correlativamente allingresso di slavi e albanesi nel trasporto e nella vendita della
droga, le organizzazioni turche, del resto anche per propria scelta di convenienza, si
sono ritirate su posizioni di sola produzione ed esportazione introducendo e stoccando
leroina nellest dellEuropa, dove forse democrazie e polizie neonate non
le impensieriscono particolarmente.
Con la graduale attuazione, cui già sopra
si è fatto cenno, di forme embrionali di controllo del territorio mediante violenza o
minaccia nei confronti degli antagonisti, dei clienti, dei concorrenti, le organizzazioni
dei kosovari hanno realizzato dunque un livello di integrazione con le organizzazioni
criminali italiane superiore a quello di ogni altro gruppo straniero, come ad esempio gli
egiziani, i tunisini, i marocchini, che hanno sempre gestito lo spaccio al minuto dello
stupefacente sotto legida perlopiù della ndrangheta, senza acquisire una
propria capacità criminale di spicco. Lespansione del potere criminale dei
kosovari, del resto, non si limita allEuropa, dove essi hanno reclutato manovalanza
di tutte le nazionalità, tedeschi compresi, ma ha propaggini anche a New York, dove sono
stati realizzati insediamenti che curano il flusso della cocaina dallAmerica
meridionale verso lEuropa. Da alcune operazioni bancarie sospette, segnalate da una
banca nel centro di Milano, è stato infatti individuato un gruppo di Tirana con base a
New York che, servendosi come corrieri di cittadini USA di etnia albanese regolarmente
soggiornanti in America, rifornisce di cocaina il mercato italiano e forse quello greco,
anche se allo stato attuale non è certo se la Grecia sia un territorio di transito o di
destinazione.
Recentemente è risultato che finanziarie
operanti a Tirana, in Albania, fanno rientrare i capitali in Italia e sembra delinearsi
linizio di investimenti in attività economiche a Milano. Parimenti, gli slavi del
Kosovo stanno creando una base di sostegno economico a Milano, costituita da bar,
gioiellerie e da alberghi gestiti da prestanome italiani, ma funzionali alle loro illecite
attività nellambito dei rapporti che hanno costituito con la criminalità ordinaria
(ricettatori, autori di furti ed altro), rapporti che consentono loro quella penetrazione
nel territorio di cui si è prima parlato.
Un cenno, da ultimo, va fatto a taluni
collegamenti transnazionali di mafie storiche italiane. Vari dibattimenti, già conclusi,
hanno dimostrato che da tempo ndrangheta e cosa nostra, presenti a Milano, hanno
costituito a Buenos Aires e a San Paolo del Brasile dei nuclei di riferimento
internazionali, in concorso anche con esponenti camorristici, per la contrattazione e
linvio di cocaina ed anche per linvestimento, servendosi in particolare di
banche argentine.
Quanto ai collegamenti in tema di
riciclaggio, in particolare risulta che il gruppo calabrese di Africo, che più di ogni
altro ha investito nel centro di Milano, avvalendosi di supporti finanziari forniti e
messi a disposizione da commercialisti e da operatori bancari di origine siciliana, già
ricollegabili a cosa nostra, abbia utilizzato per il riciclaggio contatti con istituti
bancari collocati in paesi diversi, con coordinamento di strumenti societari e finanziari
collocati, in particolare, in Lussemburgo e in Svizzera. In concreto, e a titolo di
esempio, la ndrangheta ha utilizzato società anonime del Lussemburgo, le quali
hanno effettuato trasferimenti a favore di altre società anonime svizzere di Lugano,
collegate al medesimo gruppo, ricorrendo a canali già emersi in indagini connesse a Mani
pulite. Tali canali sono stati messi a disposizione della ndrangheta da un
commercialista di Milano, già legato a Sindona, avente stretti rapporti con banche di
Milano, del Lussemburgo e della Svizzera.
I gruppi croati e sloveni, presenti in
Italia, risultano avere grosse disponibilità di armi comuni ed anche da guerra, a causa
dei numerosi arsenali dismessi della ex Iugoslavia e dellAlbania. In particolare,
nellagosto e nel settembre 1998 sono stati sequestrati a Brescia e a Milano
lanciarazzi anticarro (sono armi di facile utilizzabilità e maneggevoli, adoperate nelle
guerriglie), che in realtà sembra non fossero richiesti in modo specifico in Italia, ma
fossero destinati a conflitti in corso in Sud America e in Africa. In altre parole, Milano
costituisce sicuramente un punto importante di transito di armi che vanno, in particolare,
in Sud America (Venezuela ed Ecuador) per essere pagate con carichi di cocaina; pertanto,
i gruppi criminali storici si riforniscono dai croati e sloveni ed ottengono in cambio
cocaina.
Milano è anche punto di transito delle
armi preferibilmente a canna corta (Scorpion calibro 9 ed altro), sempre di provenienza
dallEst Europa, che sono destinate ad alimentare le faide in corso in Sicilia (in
particolare, nellattualità, la faida di Vittoria).
Per concludere, dopo questa schematica
rassegna della fenomenologia criminale transnazionale presente sul territorio
metropolitano, non posso non porre laccento sulla gravità dellemergenza
albanese. Questo non significa la demonizzazione di unetnia, ma significa soltanto
la constatazione che la civile e cristiana disponibilità italiana ad ospitare i poveri
del mondo ha aperto fatalmente le porte anche ai gruppi criminali di talune disgraziate
regioni flagellate da guerre, rivolgimenti e carestie. I gruppi criminali albanesi,
sebbene ancora nei loro confronti non siano mai state elevate qui imputazioni di
associazione mafiosa, presentano caratteristiche che, se gli apparati repressivi non si
saranno mossi con prontezza, evolveranno inevitabilmente verso un assetto di dominio sul
territorio favorito dalla pluralità dei loro interessi delinquenziali, dalla
duttilità intelligente dei modi operativi, dalle dotazioni di armi e dai gruppi di fuoco,
dalla capacità di stabilire rapporti collaborativi con le mafie storiche e con altri
gruppi e, infine, dallabilità imprenditoriale che li designa (mi riferisco
ai kosovari e agli albanesi) come gli eredi necessari della ndrangheta calabrese.
Mi auguro che questo grido di allarme, che
parte da una metropoli italiana ma che è alimentato da immagini provenienti da più punti
del continente, e non solo di questo, non cada nel vuoto e che la risposta delle
istituzioni di tutte le istituzioni sia adeguata allemergenza, sotto
il profilo della presa di conoscenza del fenomeno, attraverso la raccolta e
lelaborazione in via assolutamente privilegiata dei dati relativi, e sia forte sotto
il profilo della normativa e sotto quello dellazione di contrasto.
Vi ringrazio per lattenzione. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor
Borrelli per la sua interessante relazione che conclude la prima sessione dei nostri
lavori.
I lavori, sospesi alle ore 11,45, sono
ripresi alle ore 12,15.