Pag. 9


ABRUZZO

Chieti (Lanciano)

Istituto professionale di Stato per i servizi commerciali e turistici «P. de Giorgio»

proposta d'iniziativa dei ragazzi

Gabriella Ciccocioppo, Cecilia Di Paolo, Pamela Pili, Angelo Taraburelli, Andrea Torosantucci:

«Norme in materia di diritto alla salute e libertà terapeutica» (1)

RELAZIONE

Nel dibattito, che ha animato nei giorni scorsi l'opinione pubblica fino ad assumere toni roventi, e che ha avuto per oggetto la cura anticancro proposta dal professore Luigi Di Bella, si è invocata una nuova forma di libertà personale: il diritto alla libertà terapeutica, inteso sia come facoltà di autodeterminazione del malato nella scelta della cura sia come libertà professionale del medico di prescrivere la terapia secondo scienza e coscienza.
A ben vedere siffatti aspetti della libertà terapeutica non sono un'invenzione giurisprudenziale o una novità per il nostro ordinamento giuridico poiché discendono dagli articoli 32 e 33 della Costituzione. Infatti il diritto alla salute e all'integrità fisica non può non ricomprendere, tra i suoi contenuti, il diritto (o la facoltà) del soggetto di curarsi e farsi curare anche con pratiche alternative e innovative; libertà che non può essere, dunque, da nessuno negata, anzi è garantita a tutti, a patto che gli oneri siano a carico del richiedente.
A nostro sommesso avviso il problema giuridico ed etico si pone in quanto in certi casi la facoltà di accesso ai medicinali da parte dei malati risulta oggettivamente compromessa o esclusa, essendo alcuni farmaci disponibili solo per una fascia di pochi privilegiati. Il diritto di curarsi non può essere sostanzialmente vanificato, infatti, dalla assoluta eccessività del prezzo del farmaco e/o dalla irreperibilità del farmaco stesso che, in quanto classificato in una determinata fascia, è disponibile solo presso le farmacie interne dei presìdi ospedalieri o presso farmacie private o all'estero.
Condividiamo la necessità della sperimentazione da parte della comunità scientifica, anche di farmaci già esistenti presso la struttura pubblica sanitaria e dalla stessa usati per determinate patologie. Riteniamo, infatti, che sia dovere fondamentale dei responsabili della cosa pubblica, prima di autorizzare la somministrazione gratuita di un medicinale, accertarne l'efficacia anche per patologie diverse da quella per cui attualmente è in uso, al fine di un'equa e oculata amministrazione delle risorse disponibili pubbliche. Tuttavia crediamo che il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della nostra Carta costituzionale, inteso in senso sostanziale, vada comunque salvaguardato, senza discriminazioni di condizioni economiche, consentendo a tutti i cittadini, anche ai malati non selezionati per la sperimentazione, ma che intendono

Pag. 10


seguire la nuova cura, l'accesso ai farmaci già disponibili presso la struttura sanitaria ad un prezzo politico.
Il legislatore ha, pertanto, titolo per intervenire nella questione al fine di evitare disparità di trattamento e speculazioni sul dolore e le speranze dei malati.

ARTICOLATO

Art. 1.
(Finalità della legge).

1. La presente legge, emanata in conformità agli articoli 3, 32 e 33 della Costituzione, stabilisce le norme fondamentali in materia di diritto alla salute e di libertà terapeutica, definendo il confine fra la libertà del privato a l'interesse pubblico alla difesa della salute collettiva.

Art. 2.
(Libertà terapeutica).

1. Ai fini della presente legge, si intende per libertà terapeutica il diritto di curarsi e farsi curare anche secondo procedure mediche diverse da quelle stabilite ufficialmente nei protocolli del Ministero della sanità.
2. Il medico, in quanto operatore clinico, ha la libertà di scegliere la cura più appropriata alle esigenze del paziente, secondo scienza e coscienza. Tale libertà ricomprende la facoltà di prescrivere medicinali anche per patologie diverse da quelle per cui attualmente sono in uso, previo consenso del malato.

Art. 3.
(Uguaglianza di accesso ai farmaci).

1. Il danno alla salute è individuabile nell'oggettiva compressione della facoltà di accesso ai medicinali da parte dei malati.
2. Il diritto di curarsi e farsi curare non può essere sostanzialmente vanificato dalla irreperibilità dei farmaci e/o dalla assoluta eccessività del loro costo.

Art. 4.
(Fornitura a prezzo politico dei farmaci durante la sperimentazione).

1. La struttura sanitaria pubblica deve assolvere a funzioni di pubblica assistenza o soccorso.
2. Quando è in atto la sperimentazione ufficiale di un farmaco per patologie diverse da quelle per cui attualmente è in uso, la struttura sanitaria ha il dovere di fornire il farmaco stesso nelle dosi prescritte dal medico curante mediante approvvigionamento presso la farmacia interna ospedaliera o mediante altra fornitura, se non altrimenti disponibile.
3. Il malato, non selezionato per la sperimentazione, ma che intende seguire la cura innovativa o alternativa, ha diritto di ottenere i farmaci indispensabili ad un prezzo politico.

Art. 5.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il 15o giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


L'Aquila

Istituto magistrale statale «Vittorio Emanuele II»

proposta d'iniziativa dei ragazzi

Carmen Biscaini, Valentina Guetti, Maria Ranieri, Michela Scavongelli, Anna Semperlotti:

«Norme per la protezione degli animali randagi» (2)

RELAZIONE

Quello del randagismo è un fenomeno assai diffuso nella nostra città - L'Aquila

Pag. 11


- ed è a ragione della nostra quotidiana esperienza di cittadini e della sensibilità che tutti noi dobbiamo avere verso gli animali, che avvertiamo l'esigenza di predisporre degli strumenti legislativi che eliminino all'origine la causa del randagismo cioè l'incivile abbandono degli animali da parte dei loro proprietari, e che vincolino d'altra parte i comuni ad una maggiore attenzione a questo fenomeno anche sotto l'aspetto della pubblica incolumità. In verità la legge del 14 agosto 1991, n. 281, «Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo», ha con molto rigore affrontato entrambe queste tematiche nell'ambito della più vasta tutela degli animali domestici e del mondo animale in generale. Con la proposta di legge che noi presentiamo intendiamo ampliare la normativa vigente nel senso di:
inserire l'attività di prevenzione e controllo del randagismo tra i settori ai quali rivolgere, ai sensi dell'articolo 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196, progetti di lavori socialmente utili;
aumentare le sanzioni per coloro che abbandonano gli animali;
favorire l'adozione dei cani custoditi nei canili municipali;
promuovere nei giovani, attraverso l'attività scolastica, la consapevolezza che gli animali meritano rispetto.

Tutti noi dobbiamo essere parte attiva affinché in Italia crescano sempre di più l'attenzione e la sensibilità nei confronti degli animali, aspetti importanti della crescita culturale complessiva del nostro paese.

ARTICOLATO

Art. 1.
(Princìpi generali).

1. È vietato maltrattare e molestare gli animali randagi.
2. Chiunque viola questo divieto è punito ai sensi dell'articolo 727 del codice penale.
3. Le sanzioni amministrative previste dall'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, per chi abbandona cani, gatti, o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione, sono aumentate nel minimo a lire cinquecentomila e nel massimo a lire unmilioneduecentomila.

Art. 2.
(Controllo della popolazione randagia e del suo territorio).

1. Il controllo della popolazione animale in situazione di randagismo e del suo territorio è un lavoro socialmente utile.
2. I comuni con più di quarantamila abitanti provvedono ad istituire un corpo di guardie zoofile con il compito di monitorare la popolazione animale randagia, di controllare gli animali e di pulire le zone da essi frequentate. Gli appartenenti al corpo vigilano affinché gli animali randagi non arrechino molestia alla cittadinanza e non costituiscano un pericolo per la pubblica incolumità. Essi curano la consegna degli esemplari pericolosi alle autorità zooprofilattiche e provvedono alla pulizia e disinfestazione dei luoghi frequentati dagli animali stessi.
3. Fanno parte del corpo di guardie zoofile i lavoratori disoccupati, in mobilità e in generale gli appartenenti alle categorie per le quali le norme vigenti prevedono l'impiego nei lavori socialmente utili.

Art. 3.
(Adozione di cani randagi).

1. Chiunque dimostra di poter accudire gli animali in ambiente adeguato ed igienicamente sano può inoltrare al comune

Pag. 12


di residenza domanda di adozione di cani custoditi nei canili municipali.
2. È fatto divieto all'adottante, persona fisica o ente, di adibire gli animali adottati a lavori, spettacoli o ad altro genere di utilità.
3. L'adottante è esonerato dal pagamento dell'imposta comunale di cui all'articolo 6, comma 1, legge n. 281 del 1991.
4. Ciascun comune adotta le norme per l'attuazione del presente articolo 3.

Art. 4.
(Attività educative).

1. È fatto obbligo alle scuole di ogni ordine e grado di elaborare progetti pluriennali di studio degli animali e dei loro habitat al fine di promuovere nei giovani il rispetto e la sensibilità nei confronti del mondo animale.

Art. 5.
(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge pari a lire 3 miliardi per il 1998, 3 miliardi per il 1999, 3 miliardi per il 2000, si provvede mediante utilizzo di fondi nel bilancio del Ministero del tesoro.


Pescara

Istituto tecnico commerciale «G. Manthone»

proposta d'iniziativa dei ragazzi

Roberta Bosi, Daniela Longo, Giacomo Mezzadri, Paolo Pollio, Letizia Rasetta:

«Prevenzione dello sfruttamento del lavoro minorile» (3)

RELAZIONE

Ci stiamo occupando di questo argomento perché negli ultimi anni si sono verificati numerosi casi di sfruttamento del lavoro infantile e minorile. Questi casi hanno riportato alla luce un problema da sempre esistente, sia in Italia che all'estero, oggi aggravato dalla presenza di numerosi bambini provenienti dai paesi del terzo mondo, quasi sempre clandestini e disposti a fare qualsiasi tipo di lavoro per procurarsi da mangiare.
Purtroppo i bambini impiegati nel lavoro vengono privati del loro diritto all'educazione, all'istruzione, al divertimento e al gioco e quindi non svolgono una vita come gli altri.
Spesso sono i genitori che, per problemi economici, spingono i figli a lavorare nonostante il divieto della legge.
La stessa Costituzione stabilisce, all'articolo 30, che «è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio» e all'articolo 31, che «la Repubblica agevola con misure economiche e altre previdenze la famiglia», perciò i genitori, anche se disoccupati, non sono giustificati se fanno svolgere ai propri figli lavori illegali.
In molti casi i bambini vengono avviati alla prostituzione o utilizzati nello spaccio di sostanze stupefacenti perché passano inosservati e sfuggono ai controlli.
Nei casi in cui vengono impiegati in lavori leciti, l'utilizzo dei bambini sottrae posti di lavoro agli adulti che dovrebbero essere assunti in modo regolare.
Il lavoro infantile infatti è illegale, sottopagato, senza assunzione e assicurazione e senza controllo sulle ore di lavoro. Inoltre il datore di lavoro può allontanare il dipendente in qualsiasi momento con una sua libera decisione.
Con la presente legge si vuole riportare alla vostra attenzione il problema allo scopo di modificare le norme prevedendo controlli più frequenti e pene più severe per coloro che infrangono la legge.

Pag. 13


ARTICOLATO

Art. 1.

1. Al fine di eliminare lo sfruttamento del lavoro infantile si impone la costituzione di nuclei specializzati composti da polizia, carabinieri e Guardia di finanza che avranno il compito di effettuare controlli periodici alle aziende, senza preavviso, durante le ore di lavoro.

Art. 2.

1. I suddetti nuclei specializzati devono aumentare i controlli sul territorio, ed in particolar modo nelle zone più a rischio, per individuare e reprimere casi di sfruttamento di bambini in attività illecite.

Art. 3.

1. Si dovranno realizzare forme di collaborazione tra i comuni e le scuole allo scopo di individuare i fanciulli in età scolare che non risultano iscritti o che non frequentano regolarmente la scuola in modo che siano fatte le opportune indagini.

Art. 4.

1. Allo scopo di prevenire lo sfruttamento dei minori si dovranno attuare anche attraverso i mass-media, delle campagne di sensibilizzazione che facciano conoscere il problema e le pene previste dalla legge per coloro che la infrangono.


Teramo

Istituto magistrale «G. Milli»

proposta d'iniziativa dei ragazzi

Annalisa Caprara, Elisa Di Giannuario, Fabiana Di Giuseppe, Desiré Iezzi, Selena Torbidone:

«Servizio civile obbligatorio per i cittadini italiani di sesso femminile» (4)

RELAZIONE

La Costituzione della Repubblica prevede, all'articolo 3, parità di diritti, di doveri e di dignità per tutti i cittadini, senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o religione.
Finora le norme di legge, cui fa riferimento la stessa Costituzione all'articolo 52, hanno regolamentato il servizio militare o, in alternativa, quello civile dei soli giovani di sesso maschile.
Senza voler arrivare ad un esasperato militarismo esteso a tutti, che non appartiene né alla tradizione, né alla cultura italiana, la presente legge, rendendo obbligatorio il servizio civile per le donne, vuole stabilire il principio che tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, devono dedicare un segmento piccolo ma significativo della loro vita al servizio della collettività.
La società degli adulti investe nei giovani e deve fornire loro quanto c'è di meglio nel campo della cultura e dei servizi. Il giovane deve restituire, prima di entrare nel mondo produttivo, una parte di quanto ha ricevuto: questa legge mira a stabilire, per tutti, un principio di solidarietà collettiva.

ARTICOLATO

Art. 1.

1. È istituito il servizio civile obbligatorio per i cittadini italiani di sesso femminile.

Pag. 14


Art. 2.

1. Il servizio civile, di cui all'articolo 1, ha una durata di 8 mesi.

Art. 3.

1. Il servizio civile, di cui all'articolo 1, viene espletato, salvo i casi di rinvio, al compimento del 18o anno di età.

Art. 4.

1. Si delega il Governo a predisporre, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le norme attuative con l'indicazione dei casi di rinvio per motivi di studio o di esonero per motivi di famiglia, in analogia a quanto previsto per i cittadini di sesso maschile.