RESOCONTO STENOGRAFICO

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI LUCIANO VIOLANTE
indi
DEI VICEPRESIDENTI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ALFREDO BIONDI, LORENZO ACQUARONE, PIERLUIGI PETRINI E MARIO CLEMENTE MASTELLA

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La seduta comincia alle 9,30.

Nell'anniversario della Repubblica.

PRESIDENTE. La Camera ha deciso quest'anno di celebrare l'anniversario della Repubblica tenendo una seduta speciale dedicata alle studentesse e agli studenti delle scuole medie superiori. Tutti noi ci auguriamo che questo incontro possa divenire in futuro una consuetudine, che consenta di coinvolgere sempre di più le giovani generazioni nella vita della democrazia.

Messaggio di saluto del
Presidente della Repubblica
(ore 9,31).


PRESIDENTE (Si leva in piedi e con lui i ragazzi, i deputati ed i membri del Governo). Comunico che il Presidente della Repubblica ha inviato il seguente messaggio:


«È veramente splendida, opportuna ed efficace l'iniziativa che la Camera dei deputati ha promosso nella solenne ricorrenza della festa della Repubblica. Per un giorno, giovani studenti di tutta Italia rivolgono al Governo quesiti su questioni della vita politica, economica e sociale del paese, simbolicamente assumendo una delle funzioni fondamentali delle nostre Assemblee parlamentari.
«Ai giovani è affidato il domani della nostra Patria e questa significativa esperienza, che è vissuta da alcuni ma che ha valore per tutti loro, vuole avvicinarli alle istituzioni democratiche, affinché prendano coscienza diretta dell'impegno di servire la comunità e lo Stato, che è impegno d'amore e di assoluta fedeltà alla Carta costituzionale.
«Sono lieto di porgere a tutti i membri del Parlamento e del Governo e in modo del tutto speciale ai giovani studenti i più fervidi saluti ed auguri.

Oscar Luigi Scàlfaro».


(Generali applausi, cui si associano i membri del Governo)
.

Saluto del Presidente della
Camera dei deputati
(ore 9,33).


PRESIDENTE. Vi saluto tutti. Saluto la delegazione dei ragazzi presenti in tribuna che, grazie all'Associazione nazionale comuni italiani e all'Associazione democrazia in erba, partecipano, ormai in moltissimi comuni italiani, all'esperienza dei consigli comunali dei ragazzi.
Un saluto particolare alla classe terza media della scuola «Carducci» di Firenze, presente in tribuna, e alla classe di Alice Sturiale, una bambina straordinaria che oggi non c'è più e che ha saputo, anche per mezzo di un libro, trasmettere ai suoi compagni e anche a noi adulti un grande messaggio di coraggio e di vitalità.


Discussione
dei quesiti selezionati
(ore 9,34).


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dei quesiti selezionati.
Ricordo che i ministri risponderanno a nome del Governo e non secondo un rigido criterio di competenze.



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Cominciamo con il quesito n. 003 di Raffaella DE BLASIO, Giampaolo DI FINO, Sara CICCHELLI, Elena DEL SIGNORE e Giulia PALLADINI del liceo classico «G. D'Annunzio» di Pescara (Abruzzo) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Giampaolo Di Fino ha facoltà di illustrare il suo quesito.


GIAMPAOLO DI FINO (Liceo classico «G. D'Annunzio» di Pescara, Abruzzo). Signor Presidente, signor ministro, intende il Governo procedere sulla via di una graduale abolizione del servizio militare di leva, trasformando la leva obbligatoria in servizi socialmente utili, volti, ad esempio, alla tutela del territorio o del patrimonio culturale e, parallelamente, intende provvedere alla costituzione di un esercito professionale che risponda alle mo-derne esigenze di difesa nazionale, ai sempre più frequenti compiti di polizia internazionale?


PRESIDENTE. Il ministro della difesa, onorevole Andreatta, ha facoltà di rispondere al quesito.


BENIAMINO ANDREATTA, Ministro della difesa. Il Governo ha avviato una serie di iniziative che hanno come obiettivo una sostanziale ed ampia riforma di tutto il sistema della leva. L'idea è quella di poter contare su due eserciti con compiti diversi ma entrambi al servizio della patria. A fianco quindi di un servizio militare della durata di 10 mesi sarà creato un servizio civile, che rappresenterà il percorso alternativo che lo Stato intende offrire a tutti i giovani di ambo i sessi per adempiere quanto previsto dalla nostra Costituzione.
Il servizio sarà aperto agli uomini che lo preferiranno a quello militare, secondo un meccanismo che permetta comunque di salvaguardare le esigenze di organico delle forze armate, e alle donne che ne faranno richiesta; avrà una durata simile a quello militare e sarà finalizzato ad altri obiettivi che la Costituzione ci indica: lo sviluppo della cultura, la tutela del paesaggio, del patrimonio artistico e storico del nostro paese, l'educazione e l'integrazione sociale delle persone in difficoltà, la tutela della salute e le iniziative umanitarie di cooperazione allo sviluppo, l'assistenza agli anziani, la protezione e la cura dell'infanzia.
Tutto questo è difesa della patria, che si esprime con la cultura della solidarietà che diventa anche economia della solidarietà. La gestione di questa importante avventura sarà affidata ad un'agenzia alle dipendenze del Presidente del Consiglio.
Rispondendo al quesito sul servizio civile credo di avere anche delineato le caratteristiche del futuro servizio militare, che si prefigura come un sistema misto ove una quota di giovani di leva si integra con un'altra di carattere professionale che contempli ovviamente un addestramento ed un impegno più gravosi.
Nel processo di riorganizzazione delle forze armate e nella definizione del nuovo modello di difesa ho chiesto ai vertici militari che venisse data la massima priorità al miglioramento della qualità del servizio. Non sono infatti ancora soddisfatto del modo in cui impieghiamo i giovani. Sentiamo l'esigenza di migliorare la visita di leva affinché diventi un momento di incontro, un significativo appuntamento tra una generazione e le istituzioni. Vogliamo che siano favoriti il dialogo e il dibattito anche sulle opportunità di lavoro e di socializzazione che le forze armate possono offrire nella nuova dimensione internazionale in cui esse operano, che sia meglio conosciuto questo mondo con le «stellette», che oggi porta la pace nei paesi dell'area balcanica, in Africa e nel vicino Medio Oriente.
Anche per il servizio militare è previsto l'impiego delle donne, sempre su base volontaria. Sono convinto che i giovani, terminata la leva, non debbano essere abbandonati e soli nell'affrontare i problemi di inserimento nella società. Stiamo lavorando per definire accordi con le imprese disponibili ad assumere chi abbia partecipato a corsi e ad attività particolarmente qualificate; abbiamo avviato un

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programma nel campo dell'alfabetizzazione informatica; pensiamo di istituire un servizio che fornisca informazioni e consulenze ed anche diplomi ed attestati, utili per entrare con migliori qualifiche e a pieno titolo nel mercato del lavoro. Grazie, Presidente.


PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro.
Ha facoltà di replicare lo studente Giampaolo Di Fino.


GIAMPAOLO DI FINO (Liceo classico «G. D'Annunzio» di Pescara, Abruzzo). La ringrazio, signor ministro, della risposta, che ritengo soddisfacente. Spero che la riforma da lei indicata possa essere realizzata per rispondere concretamente alle aspettative di noi giovani e, in definitiva, alle esigenze dello Stato.
Intendo inoltre chiederle: quali sono a suo parere i tempi di realizzazione delle innovazioni da lei indicate?


PRESIDENTE. Il ministro darà questa risposta magari in un'altra occasione perché non è previsto un dialogo di questo tipo. Eventualmente il ministro, se lo riterrà, potrà scriverle per fornirle gli elementi richiesti. La ringrazio.
Le domande che voi farete saranno intervallate da interventi di dirigenti politici - uno per gruppo - i quali vi rivolgeranno un breve saluto.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Fausto Bertinotti, per il gruppo di rifondazione comunista-progressisti. Ne ha facoltà.


FAUSTO BERTINOTTI (Gruppo rifondazione comunista-progressisti). Signor Presidente, care studentesse e cari studenti, signori del Governo, credo che questo sia un incontro importante a cui anch'io ho voluto partecipare: lo dico solo per chiedervi scusa perché dovrò poi allontanarmi, essendo in corso il comitato politico nazionale del mio partito, che dovrò concludere.
Vorrei approfittare di questo saluto per dire che una presenza di realtà giovanili porta un segno di vitalità in questa istituzione e consente a voi che siete qui di incontrare un luogo in cui si è formata la Repubblica nella quale viviamo. L'atto fondamentale che la costituisce, la Costituzione, nata da quel grande fenomeno di popolo che è stata la Resistenza, che ha consentito la vittoria contro il nazismo ed il fascismo e la nascita di un nuovo ordine democratico in Italia, ha avuto in questo luogo un appuntamento solenne.
Oggi fatichiamo tutti di più a lavorare in questo stesso luogo. La vostra presenza ci induce a guardare con sempre maggiore attenzione al paese ed al suo futuro.
Appartenete ad una generazione difficile. Forse per la prima volta in Italia a partire dal dopoguerra una generazione non si vede più passato, da quelle precedenti, il testimone di un'attesa di miglioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita. La prospettiva per la vostra generazione è più difficile. Rischiate di stare peggio di quelli che sono venuti prima. Grandi processi di riorganizzazione investono il mondo, l'Europa, l'Italia. La disoccupazione è la manifestazione più drammatica di una società che non è in grado ancora di inventare un futuro adeguato.
La vostra presenza, la vostra partecipazione - non solo qui ma nel paese - sia la speranza che questo mondo può cambiare. Auguri (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 005 di Donatella VACCARO, Monica PEPE, Chiara PIROZZI, Daniela SCAVULLO, Davide SABIA dell'Istituto tecnico commerciale «F.S. Nitti» di Potenza (Basilicata) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Monica Pepe ha facoltà di illustrare il suo quesito.


MONICA PEPE (Istituto tecnico commerciale «Nitti» di Potenza, Basilicata). Signor Presidente, signor ministro, colleghi, l'articolo 53 della Costituzione stabilisce che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro

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capacità contributiva»: un principio che - viste le cifre dell'evasione - è ben lungi dall'essere attuato.
Cosa intende fare il Governo, ed in quali tempi, per combattere con mezzi efficaci l'evasione, affinché fra i cittadini onesti non si radichi la convinzione che le istituzioni premino solo i furbi?


PRESIDENTE. Il ministro delle finanze, onorevole Visco, ha facoltà di rispondere al quesito.


VINCENZO VISCO, Ministro delle finanze. Signor Presidente, è una domanda chiara e giusta; desidero rispondere in modo che si possa comprendere la serietà dell'impegno del Governo per ricostruire il patto tra Stato e cittadini che è alla base di ogni convivenza civile.
La legittimità dello Stato e delle sue istituzioni in una moderna democrazia poggia infatti sull'adesione dei cittadini che in essa si riconoscono. Ogni forma di illegalità rappresenta una negazione dello Stato ed un modo di collocarsi al di fuori di esso. Perciò lo Stato deve anche possedere la capacità di punire chi viola le sue regole, le regole che l'intera collettività si è data e che servono a tutti per garantire la convivenza civile.
In questo senso l'atto di versare allo Stato una parte dei propri guadagni rappresenta, anche simbolicamente, l'atto più diretto con il quale viene ribadita l'appartenenza di ognuno alla collettività nazionale. Contribuire al funzionamento di tutto l'apparato necessario alla collettività è - ad un tempo - un dovere ed uno strumento per affermare il proprio diritto di cittadinanza.
In primo luogo, quindi, vorrei che dell'articolo della Costituzione citato nella domanda non venisse data una lettura restrittiva: «Tutti sono tenuti ...» non deve essere interpretato solo come un dovere sancito dalla legge, ma appunto come lo strumento per l'esercizio del diritto di appartenenza alla collettività.
Ma questi sono principi. La domanda, invece, è molto concreta e richiede risposte altrettanto precise e concrete, che voglio tuttavia collegare ad una concezione dello Stato che è propria della tradizione democratica della quale noi tutti siamo eredi. Perché proprio nella formulazione della domanda, che rinvia al testo della Carta costituzionale, sta il senso dell'opera complessiva nella quale siamo impegnati con tutte le nostre energie: ricostruire il sistema fiscale secondo equità, giustizia ed efficienza, in modo da renderlo corrispondente alla natura che esso deve avere in uno Stato democratico.
Ciò vuol dire che la lotta all'evasione fiscale, a cui la domanda fa riferimento, non deve essere concepita come pura strategia repressiva, ma deve far parte di una strategia complessiva che restituisca ai cittadini la certezza che pagare le tasse è nell'interesse collettivo e che chi non lo fa reca un danno a tutti i membri della collettività.
È vero: oggi al concorso alle spese dello Stato previsto dalla Costituzione molti si sottraggono; moltissimi sottraggono una parte del dovuto. Ciò perché sempre, in tutte le società ed in tutte le epoche, esistono molti che - quando possono - cercano di far prevalere il proprio interesse personale su quello della collettività, anche a costo di violare la legge.
E tanto più diffusi sono questi comportamenti, quanto più forte è la probabilità di farla franca. Questa è una prima ragione per la quale in Italia l'evasione fiscale è più alta che altrove.
Nel nostro paese, infatti, l'evasione fiscale è stata ampiamente tollerata per moltissimo tempo, anzi, la tolleranza dell'evasione è diventata di fatto implicitamente parte integrante di un patto reciproco tra potere politico e società civile, secondo cui la tolleranza dell'evasione si è trasformata in base di consenso.
C'è poi probabilmente un altro ordine di ragioni più indirette e lontane: la storia breve della nostra unità nazionale, la sostanziale estraneità di vaste aree del paese nei confronti del potere che realizzava quell'unità, il forte individualismo diffuso nel nostro popolo, che è stato del resto anche una grande risorsa nazionale.

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Vedo, infine, una terza ragione: pagare le tasse in Italia è diventato non solo molto, troppo oneroso, ma anche complicato, incerto, faticoso e dispendioso. L'amministrazione ha edificato con gli anni tali apparecchiature burocratiche che i cittadini, invece di essere agevolati il più possibile nell'adempimento dei loro compiti, sono costantemente intralciati e scoraggiati e chi può sottrarsi sembra quasi spinto a farlo.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Monica Pepe.


MONICA PEPE (Istituto tecnico commerciale «Nitti» di Potenza, Basilicata). Ringrazio il signor ministro della risposta e ci auguriamo tutti che il problema, che si trascina da troppi anni, venga affrontato con decisione ed efficacia.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 011 di Ermelinda CASCAS, Maria SCICCHITANO, Maria R. LO BIANCO, Sebastiano LEBRINO e Francesco SIMIELE dell'Istituto professionale per il commercio ed il turismo di Vibo Valentia (Calabria) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Ermelinda Cascas ha facoltà di illustrare il suo quesito.


ERMELINDA CASCAS (Istituto professionale per il commercio ed il turismo di Vibo Valentia, Calabria). Signor Presidente, signor ministro, le recenti notizie relative alle manipolazioni genetiche che consentono di «clonare» animali o esseri umani sconcertano le coscienze e aprono scenari che investono la morale e fanno venir meno alcuni capisaldi etico-religiosi in cui, da sempre, ha trovato certezza l'intero sistema della riproduzione. Quali provvedimenti intende assumere il Governo per regolare la materia?


PRESIDENTE. Il ministro della sanità, onorevole Bindi, ha facoltà di rispondere al quesito.


ROSY BINDI, Ministro della sanità. Un grande pensatore di questo secolo ha affermato che ogni epoca in fondo ha una sola cosa da pensare. Credo che questa fine di secolo deve pensare e riflettere a lungo sul problema della riproduzione della vita, sulla sua originalità, sulla sua irripetibilità, sulla sua unità. A questa riflessione siamo stati costretti dalle nuove frontiere della scienza e dalle sfide inedite che ha aperto sulle possibilità che le nuove tecnologie hanno nei confronti della vita e della persona umana.
Quando è nata la nostra Repubblica, quando è stata scritta la Carta costituzionale, noi non eravamo sottoposti a queste sfide. Ci hanno raggiunti e ci hanno trovato in parte anche disarmati, impreparati. In maniera particolare, la vicenda legata alla pecora Dolly sulla clonazione ha sconvolto non soltanto la coscienza del nostro paese ma anche quella del mondo intero. In quella circostanza ci sono state prese di posizione molto chiare e nette, di rifiuto nei confronti della clonazione della vita umana, del metodo della riproduzione della vita umana attraverso la clonazione; c'è stato invece un atteggiamento di ricerca e ci si è profondamente interrogati sul tema della clonazione animale. Ma quella circostanza è stata anche l'occasione per ricordare a questo Parlamento e a questo Governo che l'Italia forse è l'unico paese europeo che oggi non ha una legge per regolamentare la fecondazione umana assistita.
Il Governo ha già preso delle iniziative adottando due ordinanze. Con una ordinanza ha impedito ogni forma di ricerca e di sperimentazione volta alla clonazione umana e animale, in attesa di predisporre un disegno di legge. D'altra parte ha sollecitato in maniera forte, attraverso un'altra ordinanza che ha proibito ogni possibilità di pubblicità sul tema della riproduzione umana e soprattutto sullo scambio di denaro, il Parlamento sulla questione della bioetica e della riproduzione umana.
Oggi il Parlamento sta riflettendo e lavorando attorno alle problematiche inerenti alla riproduzione umana attraverso

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un confronto forte e serio delle diverse impostazioni culturali, perché questo è un tema che coinvolge il fondamento stesso della nostra democrazia e di alcuni valori fondamentali. Si registra un atteggiamento pluralista di tutte le forze culturali e politiche ed è giusto che il Governo si rimetta a questa ricerca che investe la nostra coscienza e che va ben oltre i confini delle appartenenze politiche delle maggioranze che sostengono il Governo.
Per quanto riguarda invece il tema della clonazione, il disegno di legge in materia verrà quanto prima approvato dal Consiglio dei ministri e sottoposto all'esame delle Assemblee parlamentari. Esso ovviamente prescrive il divieto ad ogni tentativo di clonazione umana regolamentando, contemporaneamente, le sperimentazioni per la clonazione animale.


PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bindi.


ROSY BINDI, Ministro della sanità. Tali regole saranno sottoposte ad una Commissione scientifica che le valuterà.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Ermelinda Cascas.


ERMELINDA CASCAS (Istituto professionale per il commercio ed il turismo di Vibo Valentia, Calabria). La ringrazio, signor ministro, per la risposta che ci ha dato e che ritengo soddisfacente.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 016 di Rosa GRANATO, Lucia BUNIZIO, Lucia BRUSCO, Ilaria GUIDA e Pietro LATERZA del liceo ginnasio «Pisacane» di Sapri, Salerno (Campania) (per il testo del quesito vedi l'allegato l'allegato).
La studentessa Ilaria Guida ha facoltà di illustrare il suo quesito.


ILARIA GUIDA (Liceo ginnasio «Pisacane» di Sapri-Salerno, Campania). Signor Presidente, signor ministro, la legalizzazione delle droghe leggere ha lo scopo di ridurre lo spaccio clandestino, ma quest'ultimo abbasserà i prezzi e continuerà ad essere punto di riferimento per una larga fascia di consumatori. Quanto grande è il rischio che le droghe illegali diventino più pericolose, perché di qualità più scadente? Potrebbe il mercato clandestino puntare su una maggiore diffusione di droghe pesanti?


PRESIDENTE. Il ministro per la solidarietà sociale, onorevole Turco, ha facoltà di rispondere al quesito.


LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Sul tema del rapporto con il mercato delle droghe si confrontano in Europa e in tutto il mondo due tesi, quella antiproibizionista e quella proibizionista. La tesi antiproibizionista ritiene che la legalizzazione sia necessaria per separare il mercato delle droghe leggere da quello delle droghe pesanti e per sottrarre i consumatori dalla condizione della clandestinità che porta al carcere, alle droghe tagliate, alla morte per overdose. La tesi proibizionista si motiva, invece, sulla base della constatazione della nocività delle droghe leggere e della inevitabilità del passaggio da droghe leggere a droghe pesanti.
Su questo tema il Governo ha scelto la libertà di coscienza, nel senso di affidare al Parlamento il compito di legiferare, assumendosi però alcuni impegni concreti nella lotta contro le droghe. Ciò è avvenuto nella Conferenza di Napoli (recante il titolo «Contro le droghe cura la vita»), alla quale hanno partecipato circa duemila operatori. Gli impegni che il Governo ha assunto in quella sede sono diversi, in primo luogo quello di prevenire, offrendo ai giovani opportunità formative, lavorative e per il tempo libero. Il secondo impegno è quello di educare e non punire; quindi un «no» netto al carcere anche perché sono troppi oggi i tossicodipendenti nelle carceri. Il terzo impegno è quello dell'accoglienza, della presa in carico di tutti i tossicodipendenti, anche quelli che non hanno ancora scelto di uscire da questo tunnel. Per fare ciò occorre potenziare i servizi pubblici,

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estendendoli a tutto il territorio nazionale, poiché ancora oggi si registra una grande disparità di servizi tra il centro-nord e il sud, sostenere le comunità e dedicare particolare attenzione a quei tossicodipendenti più soli, più emarginati, che non hanno ancora scelto di uscire dalla tossicodipendenza, di rivolgersi ad un servizio o a una comunità, affinché anche per costoro si apra, attraverso il rapporto umano dell'operatore, una strada per uscire da questa schiavitù.
L'altro impegno che ci siamo assunti, è quello dell'inserimento lavorativo di chi è stato tossicodipendente. Un aspetto, questo, troppo trascurato, però molto importante, proprio perché la tossicodipendenza non debba essere più elemento di emarginazione, ma elemento di «presa in carico» di accoglienza per contrastarla e combatterla davvero.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Ilaria Guida.


ILARIA GUIDA, (Liceo ginnasio «Pisacane» di Sapri-Salerno, Campania). Vorrei porre un'altra domanda.


PRESIDENTE. Questo in genere non sarebbe ammesso. Tuttavia, lei ponga la domanda e poi magari il ministro risponderà alla scuola.


ILARIA GUIDA (Liceo ginnasio «Pisacane» di Sapri-Salerno, Campania). Che tipo di controllo verrà fatto per una «diffusione» - e lo dico tra virgolette - regolamentata delle droghe legali?


PRESIDENTE. Su tale quesito poi risponderà il ministro, al quale daremo l'indirizzo della scuola a cui appartiene la studentessa.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Pier Ferdinando Casini, per il gruppo del centro cristiano democratico. Ne hafacoltà.


PIER FERDINANDO CASINI (Gruppo CCD). Signor Presidente, anch'io rivolgo i miei saluti a tutti voi, cari ragazzi. Credo che vi sarebbero tante cose da dire. Voi potreste rivolgerci tanti quesiti (sulla sanità, sulla finanza, sulla scuola, sulla tossicodipendenza e su altro) e noi, forse, dovremmo fare tanti mea culpa.
Però quella odierna è un'occasione particolare. Dobbiamo trovare anche i valori positivi che ci uniscono. Oggi, non litighiamo nemmeno tra di noi, dell'opposizione e del Governo; siamo in un clima di concordia perché è una giornata particolare.
Voglio già fare una prima considerazione: voi venite da tutte le scuole d'Italia. Il primo valore che in quest'aula ci accomuna, magari nella contrapposizione politica che è il sale di ogni democrazia, è il valore dell'unità nazionale, è il riconoscimento dell'unità della nostra patria (Generali applausi). Credo che voi sentiate profondamente questo valore che vi unisce, questo sentimento comune che è il grande cordone che lega tutti gli italiani.
Noi ci sentiamo responsabili di dare risposte soprattutto ad alcuni dei vostri quesiti. Siamo impegnati in Parlamento in una grande e difficile missione: quella di trasformare uno Stato, che è diventato assistenziale, che ha dato benefici a tutti, anche a chi non ne aveva bisogno, in uno Stato sociale moderno, che sappia fare la selezione dei bisogni e che dia ai meritevoli di solidarietà, a coloro che davvero hanno bisogno.
Siamo impegnati in una grande discussione sulla scuola. Dobbiamo considerare la scuola un investimento nazionale primario e uscire da una logica che l'ha considerata per troppi anni residuale. Abbiamo la responsabilità di darvi una prospettiva di lavoro; lo ha detto prima anche Bertinotti. Quello di uno Stato che non dà la prospettiva del lavoro, dopo che milioni di famiglie si sono sacrificate per mandare a studiare i propri figli, magari «stringendo la cinghia», per riuscire a mantenerli agli studi, e si trovano in casa ragazzi frustrati che non lavorano e che non hanno questa prospettiva (e magari qualcuno più anziano vive tale problema sulla propria pelle), è un grande problema di democrazia!

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Prima di tutto bisogna chiedersi, e ce lo dobbiamo chiedere noi nel Palazzo, se abbia senso riflettere su alcuni episodi che sono capitati e che forse a prima vista qualcuno, in maniera superficiale, potrebbe ritenere non meritevoli di valutazione politica. Ha un senso per la politica, ha un senso per questo Palazzo ragionare sul perché vi siano giovani di sedici, diciassette o venti anni che gettano dei sassi da un cavalcavia giocando a «bingo» con la vita delle persone? Credo che questo non sia un problema estraneo alla politica: questa è la politica!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA ALFREDO BIONDI (ore 9,58)


PIER FERDINANDO CASINI. Dare la risposta a motivazioni e a domande di questo tipo significa affrontare alla radice la grande questione politica che vi è oggi nel paese: è una crisi di valori; è una crisi di motivazioni ideali ed è un processo di inaridimento culturale e ideale dei giovani, ma con una grande responsabilità in questo processo da parte di tutti noi, da parte di coloro i quali hanno maggiori responsabilità, o magari degli anziani.
Diamoci una mano assieme: voi dovete dare una mano a noi a farci capire il perché di questa grande crisi di valori, di questa «desertificazione» profonda; e noi dobbiamo sentire la responsabilità in quest'aula - anche domani quando voi non ci sarete - di rappresentare le vostre attese per un'Italia del domani pulita, serena e seria.
Spesso molti di voi, come tanti altri giovani, avvertono che i nostri Palazzi sono distanti e ritengono che la politica non li riguardi. Ebbene, termino ricordandovi una frase bellissima, di un piccolo, grande prete, Don Milani: «Che serve avere le mani pulite, se si tengono in tasca?». Ecco, noi vi chiediamo di non tenerle in tasca, e vogliamo simbolicamente che una giornata come quella di oggi segni una grande riconciliazione tra i giovani, i cittadini e le istituzioni e, soprattutto, faccia crescere in voi la voglia di cambiare le cose nelle istituzioni e non contro di esse (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 017 di Roberto CARLETTI, Stefano FARACI, Michele MOROTTI, Laura CAVINI e Alice SALIERI del liceo scientifico «Rambaldi-Valeriani» di Imola, Bologna (Emilia-Romagna) (per il testo del quesito vedi l'allegato l'allegato).
Lo studente Roberto Carletti ha facoltà di illustrare il suo quesito.


ROBERTO CARLETTI (Liceo scientifico «Rambaldi-Valeriani» di Imola-Bologna, Emilia Romagna). Signor Presidente, signor ministro, l'Italia è un paese con risorse incalcolabili dal punto di vista culturale ed artistico che, tuttavia, sono mal valorizzate o abbandonate all'incuria. Molti infatti sono i casi di musei che praticano orari impossibili o che osservano la chiusura in giorni in cui l'affluenza turistica sarebbe alta. Si farà mai qualcosa per valorizzare il nostro patrimonio artistico? Si potrebbero così creare molti nuovi posti di lavoro. Ma quali sono le iniziative del Governo in merito?


PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per i beni culturali ed ambientali, onorevole Veltroni, ha facoltà di rispondere al quesito.


VALTER VELTRONI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per i beni culturali e ambientali. Vedi, Roberto, hai ragione: la situazione dei musei italiani ha anche questa caratteristica. In verità però noi quest'anno abbiamo registrato un fatto positivo, vale a dire un incremento del numero dei visitatori dei musei, che ci porta a considerare con ragione e con speranza la possibilità di un ulteriore incremento per l'anno venturo, in misura di una serie di interventi che stiamo predisponendo, uno dei quali mi fa piacere annunciare proprio oggi, rispondendo alla tua domanda.
D'intesa con le organizzazioni sindacali, infatti, a partire dal 15 giugno e fino

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al 15 settembre, cioè nei mesi in cui particolarmente forte è l'afflusso nei musei da parte dei turisti, italiani e stranieri, alcuni dei musei italiani più importanti saranno aperti fino alle ore 22, proprio per consentire un afflusso massimo e per garantire la massima utilizzazione di questo immenso patrimonio di cui noi disponiamo.
Tale intervento fa parte di un tentativo, che più in generale stiamo facendo, di ammodernare il nostro sistema museale. Per esempio, attraverso l'applicazione, con un nuovo regolamento, della legge che fu approvata qualche anno fa, nei nostri musei ci saranno i servizi aggiuntivi - book shop, caffetterie e via dicendo - che sono disponibili negli altri paesi.
Per effetto di una legge che abbiamo approvato un mese fa e che - pensa - abroga una norma del 1885, in vigore fino a qualche settimana or sono, i biglietti dei musei - che non saranno più una tassa - potranno essere venduti non più solamente nei musei ma anche negli alberghi, nelle edicole e negli uffici del turismo. Ci prepariamo in sostanza a dare al nostro sistema museale un assetto moderno, che corrisponda ad una politica di valorizzazione, rispetto alla quale voglio soltanto fare una considerazione finale.
Sia la politica che perseguiamo per i musei sia la politica di riduzione del costo per il cinema sia la politica che stiamo portando avanti per la scuola e per l'informatizzazione della scuola stessa sia quello che facciamo per il teatro, cercando di aprirne tanti altri, ristrutturandoli in città e in comuni dove non c'erano più, rappresentano l'obiettivo di questo Governo di cercare di restituire alla cultura il peso ed il rilievo che merita.
Credo che ciò sia importante soprattutto per voi, che vivete un tempo della vita in cui c'è particolare bisogno di usare la fantasia, di ascoltare e di raccontare delle storie, di comunicare. Dunque, se la vita culturale del paese è ricca, se ci sono tante opportunità di conoscere cultura e di fare cultura, di fare musica, teatro, cinema, di andare nei musei e di conoscerli, allora ritengo che questo in paese si respiri meglio: così come se ci sono più alberi si respira meglio, allo stesso modo se ci sono teatri aperti, schermi cinematografici aperti, musei funzionanti, l'ossigeno di cui il paese ha bisogno credo circoli meglio.
Questo è il senso e l'impegno del lavoro del Governo.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Roberto Carletti.


ROBERTO CARLETTI (Liceo scientifico «Rambaldi-Valeriani» di Imola-Bologna, Emilia-Romagna). Sono soddisfatto della sua risposta, signor ministro. Siamo quindi in attesa di iniziative ancora più incisive, che sicuramente rivaluterebbero l'immagine dell'Italia anche all'estero, in vista del nostro ingresso in Europa. Grazie.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 029 di Simone BELLO, Marco DE COLLE, Luca PUJATTI, Irene VIVAN e Matteo ZAINA dell'Istituto tecnico agrario di Spilimbergo, Pordenone (Friuli-Venezia Giulia) (per il testo del quesito vedi l'allegato l'allegato).
Lo studente Marco De Colle ha facoltà di illustrare il suo quesito.


MARCO DE COLLE (Istituto tecnico agrario di Spilimbergo-Pordenone, Friuli-Venezia Giulia). Signor Presidente, signor ministro, io e i miei compagni frequentiamo l'Istituto tecnico agrario di Spilimbergo, in provincia di Pordenone, e vorremo svolgere in futuro la nostra attività lavorativa nel settore agricolo. Sono note le difficoltà in cui si trova questo settore. Alcuni mesi fa è trapelata la notizia sui giornali che 50 mila miliardi stanziati dall'Unione europea non sono stati utilizzati dal Governo italiano. Come il Governo intende rilanciare la giovane agricoltura?


PRESIDENTE. Il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dottor Ciampi, ha facoltà di rispondere al quesito.



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CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La notizia di stampa alla quale lei fa riferimento attiene all'utilizzo dei fondi comunitari. Globalmente l'Unione europea, nel quadro comunitario di sostegno, ha assegnato all'Italia, per il quinquennio 1994-1999, una somma di 42 mila miliardi. Poiché ad ogni lira stanziata dalla Comunità deve corrispondere un pari importo di fondi sul bilancio dello Stato italiano, di fatto si sono resi disponibili per investimenti di carattere strutturale nelle aree depresse del nostro paese, quindi prevalentemente nel Mezzogiorno, circa 82 mila miliardi. Questo ha dato luogo all'avvio delle procedure per l'utilizzo dei fondi, che all'inizio ha avuto una sua laboriosità. Ciò ha significato, infatti, chiedere alle regioni e alle altre autorità locali la preparazione di progetti, che devono poi essere sottoposti al Governo (comitato interministeriale per la programmazione economica) e successivamente alla Commissione europea.
Al 30 giugno 1996, degli 82 mila miliardi complessivi era stato impegnato circa il 21 per cento e speso, man mano che le opere si realizzavano, l'8 per cento. Abbiamo accelerato l'utilizzo dei fondi, talché alla fine dell'anno la percentuale degli impegni era salita a quasi il 40 per cento e quella dei pagamenti al 15 per cento. Il nostro intendimento, il nostro sforzo, è di arrivare ad utilizzare, entro la fine dell'anno corrente, circa il 38 per cento dei fondi stessi, cioè ad avere pagamenti di opere seguite pari al 38 per cento. Evidentemente il 100 per cento si dovrà raggiungere entro il 1999.
Tra le iniziative di intervento sul territorio delle aree più svantaggiate vi sono quelle a favore dell'agricoltura: sul totale di 82 mila miliardi che ho citato, 11 mila miliardi sono indirizzati all'agricoltura ed hanno per oggetto lo sviluppo agricolo e la diversificazione delle attività nelle aree rurali.
Più in generale, su come il Governo intende rilanciare la giovane agricoltura, ribadisco l'importanza che il Governo attribuisce al settore - ne è conferma il paragrafo che è stato incluso nel documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Governo venerdì scorso - ed anche l'intento di realizzare tutte le interconnessioni tra agricoltura e tutela del territorio e dell'ambiente.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Marco De Colle.


MARCO DE COLLE (Istituto tecnico agrario di Spilimbergo-Pordenone, Friuli-Venezia Giulia). Vorrei rivolgere altre due domande al ministro.


PRESIDENTE. Può intanto esprimere un suo commento e successivamente il ministro o altri membri del Governo si riserveranno di rispondere.


MARCO DE COLLE (Istituto tecnico agrario di Spilimbergo-Pordenone, Friuli-Venezia Giulia). Ritengo che la risposta sia stata esauriente e perciò ringrazio il ministro. Chiedo se, in altra sede, potrà rispondere ad altri due quesiti.
Vorrei sapere come il cittadino possa essere aiutato a venire a conoscenza delle eventuali possibilità di finanziamento, ed a chi debba rivolgersi per essere assistito nelle procedure burocratiche, non sempre semplici e chiare.


PRESIDENTE. La ringrazio, il ministro farà pervenire una risposta.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Franco Marini, per il gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo. Ne ha facoltà.
C'è qualche problema con il microfono? Anche la tecnologia ha i suoi limiti!


FRANCO MARINI (Gruppo popolari e democratici-l'Ulivo). Signor Presidente, noi parlamentari siamo qui tutti i giorni per svolgere la nostra funzione di rappresentanti del popolo; tuttavia debbo confessare che questa mattina prendo la parola con una qualche emozione nel vedere questi banchi pieni di giovani, forse perché - come tutti noi, spero - ho la consapevolezza che l'impegno, il lavoro e le decisioni che noi assumiamo come parlamentari

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hanno un ruolo, se non esclusivo, certamente rilevante rispetto al futuro del paese e dei giovani che oggi ospitiamo in Parlamento.
Una delle cose che credo a tutti noi impegnati in tale responsabilità non piace è ascoltare spesso commenti circa l'inadeguatezza dell'impegno del Parlamento, della politica del nostro paese rispetto alle grandi questioni che riguardano il futuro dei giovani e la vita delle famiglie italiane.
Certo, non sta a noi - lo dico a voi giovani - esprimere un giudizio sulla congruità, sulla sufficienza del nostro lavoro; questo spetta a voi, al paese. Un fatto però è certo: per esempio, qui, in queste settimane ed in questi mesi stiamo discutendo e stiamo cercando di decidere al meglio possibile nell'ambito della dialettica parlamentare, circa le grandi questioni che riguardano il futuro del paese e quindi il vostro futuro. Ve ne voglio ricordare tre che impegneranno ancora il Parlamento nei prossimi mesi.
La prima concerne l'aggiornamento delle nostre istituzioni. Vedete, il discorso sarebbe molto complesso e lungo; dobbiamo mettere insieme due esigenze fondamentali per il destino dell'Italia. Innanzitutto occorre rendere le nostre istituzioni più stabili, perché le vostre domande - tutte assolutamente importanti - richiedono strutture dello Stato, istituzioni che abbiano una maggiore stabilità rispetto a quella che attualmente esse hanno nel nostro paese. Bisogna coinvolgere maggiormente il cittadino nel decidere ovviamente l'elezione del Parlamento, ma anche la coalizione, il leader, il premier o chi deve governare il paese. Ciò in un quadro di risposte positive anche più articolate, che responsabilizzino le autonomie locali e, prima ancora che per ragioni economiche, per ragioni storiche e culturali, di difesa dell'unità del paese.
La seconda questione riguarda forse più direttamente il vostro futuro. In questi giorni saremo impegnati per l'arrivo in Parlamento di un documento importante del Governo che si chiama di programmazione economico-finanziaria, concernente anche l'ingresso in Europa. Si tratta di trovare un punto di sintesi su due questioni rilevantissime ma non sempre facili da conciliare, questioni in merito alle quali voi leggete suigiornali: come difendere i diritti conquistati, in tanti anni di democrazia, per chi lavora, per gli anziani, per tutto il paese, e farsi carico però della flessibilità e di una maggiore attenzione per lo sviluppo, per l'aumento della produzione e dell'occupazione. Questo problema riguarda peraltro tutta l'Europa è non è sempre facile da affrontare. A volte sui giornali leggete di polemiche dure verso chi ritiene si debba intervenire su diritti e conquiste consolidate; noi riteniamo che bisogna difendere quei diritti, ma non a prezzo di bloccare l'economia e la possibilità per voi, per i giovani del paese, di avere un futuro. Si tratta di un'operazione difficile, che in quest'aula dobbiamo portare avanti con grande determinazione, senza mai dimenticare il futuro del paese e la necessità di non rompere il rapporto tra le vecchie e le nuove generazioni.
La terza questione vi riguarda più da vicino, o probabilmente come le altre. Il ministro Berlinguer, credo come parlamentare ed esponente politico, nelle prossime settimane, nei prossimi giorni, proporrà in Parlamento alcune riforme importanti sulla scuola, sui cicli scolastici, sulla parità scolastica.
Vedete, cari giovani, lo dico a mio figlio e lo dico a voi: quale sarà la difficoltà del prossimo futuro per i giovani? Intorno a noi, nel mondo, in Italia, in Europa, dove dobbiamo entrare, nulla è immobile: la modernità drammatica di questa fase è caratterizzata non dal cambiamento in sé, che ha riguardato anche altri momenti della storia dell'uomo, ma dalla sua velocità nel campo del lavoro, dell'economia, dei rapporti sociali ed in quelli tra gli Stati. L'istruzione, allora, la preparazione, lo studio, sono l'unico strumento che vi possono mettere in condizione di cambiare lavoro, di guardare a tutto quello che vi muta intorno, di essere più adeguati per costruirvi una professione nell'ambito della moderna economia.

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Voglio, al riguardo, anticipare una raccomandazione al ministro della pubblica istruzione, e voglio farlo in questa occasione. È aperta una grande questione nel rapporto tra tecnicismo e studi classici. Vi è bisogno di superare lo storico ritardo della scuola italiana...


PRESIDENTE. Onorevole Marini, la prego di concludere.


FRANCO MARINI (Gruppo popolari e democratici-l'Ulivo). Lo farò subito, signor Presidente. Dicevo che vi è uno storico ritardo nel mondo della scuola rispetto a quello del lavoro, ma poiché vi è bisogno di capire la vita e di sapersi adeguare, non si possono nemmeno abbandonare gli studi classici. Anche questo è un punto di equilibrio che, per il bene del nostro paese e dei nostri giovani, dobbiamo trovare dentro quest'aula che oggi li ospita (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 031 di Serena BRUNI, Lucilla FERRANTE CARRANTE, Elisa GIAMMATTEO, Patrizio Ivo D'ANDREA e Iacopo IADAROLA del liceo classico «A. Mancinelli» di Velletri, Roma (Lazio) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Elisa Giammatteo ha facoltà di illustrare il suo quesito.


ELISA GIAMMATTEO (Liceo classico «A. Mancinelli» di Velletri-Roma, Lazio). Signor Presidente, signor ministro, tra pochi anni parteciperemo anche noi, come elettori, al dibattito politico, ma spesso il linguaggio dei politici, parlamentari, uomini di partito, ministri, ci appare difficile ed oscuro. È ipotizzabile un'azione del Governo tesa ad informare i giovani della nostra età sull'attività del Parlamento e del Governo?


PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Prodi, ha facoltà di rispondere al quesito.


ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Credo che le difficoltà di cui parli, siano le difficoltà di tutti, anche le nostre. Non è solo questione di linguaggio oscuro, di «politichese», perché - ripeto - ciò vale per tutti. Ci sono i professori che si sanno far capire e quelli che non ci riescono. Ci sono politici che sanno parlare chiaro e quelli che sono oscuri. Il problema è che ormai la politica è diventata complicata. Il linguaggio cambia quando si parla degli aspetti economici, istituzionali o degli aspetti che riguardano la politica estera. Si tratta di linguaggi molto complessi e le difficoltà non sono - ripeto - solo dei giovani, ma di tutti. Mi accorgo che spesso alcune parole, usate normalmente nei servizi del telegiornale, non sono comprese dalla maggioranza degli italiani, anche perché vi sono concetti oggettivamente difficili. In questi giorni, per esempio, è complicato spiegare come sia più conveniente investire in BOT che rendono il 5 per cento, quando l'inflazione è all'1 per cento, piuttosto che in BOT che rendono il 10 per cento con un'inflazione al 7 per cento. Diventa complicato, perché bisogna sapere che cos'è un BOT, che cos'è l'inflazione, come i singoli agiscono, come i cittadini si comportano in queste situazioni, quali problemi vi sono nelle previsioni. Bisogna spiegare tanti concetti complicati per comprendere qualcosa di estremamente semplice. Certo, il Governo deve aiutare questo processo di comprensione: più si complica il linguaggio della politica e più diventano difficili i problemi, più bisogna spiegarli.
In parte vi è coscienza di questo; in tante città italiane sono stati attivati lo sportello per i cittadini e i numeri verdi, la televisione ha moltiplicato le trasmissioni (anche se in orari a volte impossibili; ad esempio, Oggi al Parlamento viene trasmesso in ore notturne) con le quali si cerca di spiegare che cosa è successo nelle aule parlamentari. Vi assicuro, però, che non è facile nemmeno per noi, nemmeno per me che faccio questo mestiere.
Il Presidente del Consiglio ha preso delle decisioni, dei provvedimenti specifici

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per rendere più facile tutto questo. Come avrete visto, abbiamo fatto trasmettere tanti spot sui problemi più gravi, sui problemi della vita di ogni giorno, sull'handicap, sulla droga; questi spot certamente servono, ma per rispondere alla domanda vera che mi è stata rivolta, cioè come dare ai cittadini la consapevolezza di prendere parte ad un dibattito, bisogna dare loro le armi per capirlo, attraverso la scuola, studiando tanta storia e, se si può (ma credo si possa), anche un po' di educazione civica.
Noi dobbiamo essere più chiari; vi assicuro che se partecipaste alle nostre discussioni vi rendereste conto che molte volte ci confondiamo gli uni con gli altri, usiamo anche noi il linguaggio tecnico come strumento di potere, come si diceva un tempo. Il fatto vero è che a questo si pone rimedio soltanto aumentando la vostra capacità di conoscenza, e quindi aumentando ciò che viene insegnato nella scuola su questi temi.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Elisa Giammatteo.


ELISA GIAMMATTEO (Liceo classico «A. Mancinelli», Velletri-Roma, Lazio). Ringrazio il Presidente del Consiglio dei ministri per la risposta data, che ritengo soddisfacente.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA LORENZO ACQUARONE (ore 10,22)


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 036 di Stefano ARNULFO, Marisol CAPRILE, Paola CAVASSA, Silvia DI CRISTOFANO e Elham JAVADI del liceo classico «G. Da Vigo» di Rapallo, Genova (Liguria) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Stefano Arnulfo ha facoltà di illustrare il suo quesito.


STEFANO ARNULFO, (Liceo classico «G. Da Vigo» di Rapallo-Genova, Liguria). Onorevole Presidente e onorevole ministro, in merito alla questione della riforma dello Stato sociale, vorrei sapere in quale misura essa intaccherà il livello di assistenza e come il Governo intenda portarla avanti visto l'impedimento causato da alcune parti della maggioranza.


PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, onorevole Treu, ha facoltà di rispondere al quesito.


TIZIANO TREU, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Il Governo non intende intaccare il livello dell'assistenza, vuole riformare il sistema di welfare, come si dice, perché i bisogni sono cambiati rispetto al tempo in cui è stato fondato il sistema ed a pochi anni fa. Per cambiare noi vorremmo seguire tre principi fondamentali. Il primo è che dobbiamo non tagliare la spesa sociale, come si dice troppo spesso, ma contenerla; dobbiamo fare in modo che essa cresca non in modo incontrollato, ma come cresce il prodotto interno lordo, cioè la ricchezza nazionale, perché se spendiamo troppo, adesso rischiamo di non avere più risorse per il futuro, per le generazioni future, cioè anche per voi. Questi calcoli occorre farli nel tempo, non oggi su domani, ma nel medio periodo.
Il secondo principio è quello che riguarda il riequilibrio della spesa. Ci sono bisogni nuovi che crescono e che richiedono più risorse, per cui dobbiamo riequilibrare la spesa. Attualmente, la spesa che cresce troppo, che cresce cioè più del prodotto interno lordo, è quella per le pensioni. Abbiamo ancora aree di pensioni privilegiate, nonché il problema delle pensioni cosiddette di anzianità, ma che invece sono destinate a persone ancora relativamente giovani. Su queste dobbiamo svolgere una riflessione per cercare di contenere la spesa. Abbiamo poi bisogni nuovi che crescono: quelli della formazione di base e professionale, quelli di assistenza alle famiglie e, in generale, alle persone bisognose ed agli anziani ed abbiamo anche l'esigenza di investire di più nelle politiche attive del lavoro.

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Il terzo principio è legato alla necessità di rendere più attivo il sistema di welfare. Quest'ultimo è nato ed è cresciuto un po' troppo «appoggiato» allo Stato, alle erogazioni che quest'ultimo e le istituzioni destinano ai cittadini. C'è il rischio che ciò riduca la capacità dei singoli di fare da sé, di contribuire in parte al soddisfacimento dei bisogni. La società ha molte capacità di organizzarsi; le associazioni non profit ed altre debbono contribuire al futuro del welfare in modo complementare ma importante. Più in generale, dobbiamo fare in modo che il livello delle prestazioni offerte dal sistema non sia tale da deprimere l'iniziativa dei singoli, i quali debbono darsi da fare soprattutto per cercare lavoro e per partecipare alla vita civile.
L'ultimo aspetto sul quale vorrei soffermarmi riguarda il metodo. Per affrontare questioni così importanti, che coinvolgono milioni di persone, che toccano un sistema costruito da decine di anni, non c'è che un metodo: quello della pazienza, della ricerca del consenso e - come diciamo noi - della concertazione, che vuol dire proprio questo. In questo senso opereremo nei confronti delle forze politiche, anche di quelle un po' resistenti, magari perché hanno timori eccessivi su qualche punto, e nei confronti delle forze sociali.
Come avete letto sui giornali, questa ricerca del consenso comincerà con una trattativa che si avvierà il 18 giugno, ma che continuerà pazientemente, perché questo è l'unico modo per affrontare le questioni.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Stefano Arnulfo, al quale chiedo se intenda rivolgere al ministro richieste di chiarimento o di precisazioni, alle quali il ministro stesso risponderà per iscritto.


STEFANO ARNULFO (Liceo classico «G. Da Vigo» di Rapallo-Genova, Liguria). Non ho altre richieste da rivolgere e ringrazio il ministro per la sua risposta.


PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Luciano Caveri, per la componente della Vallée d'Aoste del gruppo misto. Ne ha facoltà.


LUCIANO CAVERI (Gruppo misto-Vallée d'Aoste). Signor Presidente, fa abbastanza impressione vedere questa Assemblea improvvisamente ringiovanita e credo che quella di oggi dovrebbe essere una lezione, un avvertimento anche per la Commissione bicamerale per le riforme. Oggi, per entrare in questa Camera, sono necessari venticinque anni e per entrare nel Senato della Repubblica ne occorrono quaranta. Chissà che non si tenga conto anche della necessità di ridurre l'età per entrare a far parte delle Assemblee parlamentari!
Ragazzi e ragazze, vi porto il saluto di una piccolissima componente parlamentare di questa Camera dei deputati. Siamo popolazioni di montagna - e sarà forse anche per questo che ci fanno sedere quassù in cima! - e cioè le popolazioni valdostana, sudtirolese, ladina, con lingue diverse dall'italiano, che concepiscono la politica e le istituzioni attraverso la chiave del federalismo. Farò un esempio che credo sia molto chiaro. Quando qualcuno visita un campo di golf, rimane abbastanza impressionato dalla bellezza del green, il campo tutto verde sul quale quello sport viene praticato. Ebbene, noi crediamo che la politica e le istituzioni, in Italia ed in Europa, non debbano essere così, ma debbano invece essere come un prato in fiore, all'interno del quale vi sono piante, erbe e fiori diversi tra di loro, ma che consentono a quello stesso prato un'uguaglianza, nel rispetto della diversità. Si tratta di un aspetto che sarà molto importante nella politica del futuro.
Un politico francese scriveva questa frase, molto interessante: «ce que nous cherchons c'est de ne pas faire honte à l'adolescent que nous avons été», cioè: «Quello che noi cerchiamo è di non far vergogna all'adolescente che siamo stati, che eravamo». Ciascuno di noi è stato ragazzo come voi, ha frequentato le scuole.
Sarebbe triste se al grigiore che compare, con il tempo che passa, nei nostri

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capelli, corrispondesse un grigiore ed un conformismo nella politica, cioè se non fossimo più capaci di renderci conto che dobbiamo, da un lato, mantenere l'idealismo che avevamo quando eravamo ragazzi - e quindi la capacità di entusiasmarci e di indignarci - e, dall'altro, avere la capacità di restare in ascolto di tutte le richieste che i giovani avanzano in questo momento, osservando quel fenomeno chiamato in termini generali la condizione giovanile.
La società in cui voi vivrete e in cui la mia generazione ha già parzialmente vissuto è diversa da quella del passato. In passato la società era una specie di piramide: moltissimi giovani, pochissimi anziani. Questa piramide verrà completamente rovesciata: è già rovesciata. Quindi vi saranno moltissimi anziani e pochi giovani. I giovani diventeranno una minoranza. La capacità del Parlamento e dei parlamenti in Italia ed in Europa sarà quella di considerare, così come dovuto, questa minoranza: una minoranza da ascoltare, da rispettare, a cui dare voce (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 042 di Alberto MESAR, Stefano BROGNOLI, Stefano BOGLIONI, Loris PEZZO e Alessio FARINELLI dell'I.T.I.S. «Cerebotani» di Lonato, Brescia (Lombardia) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Alberto Mesar ha facoltà di illustrare il suo quesito.


ALBERTO MESAR (Istituto tecnico industriale «Cerebotani» di Lonato-Brescia, Lombardia). Signor Presidente, signor ministro, partendo dalla premessa che la violenza nei confronti dei minori ha raggiunto livelli così elevati, come dimostrano i recenti drammatici e numerosi casi di pedofilia, si chiede se non sia opportuno e necessario intervenire con una riforma globale del sistema processuale e penale, tenendo conto dei contributi forniti e dei pareri espressi dalle organizzazioni di tutela dei minori e dai rappresentanti dei gruppi giovanili.


PRESIDENTE. Il ministro per le pari opportunità, onorevole Finocchiaro Fidelbo, ha facoltà di rispondere al quesito.


ANNA FINOCCHIARO FIDELBO, Ministro per le pari opportunità. Il fenomeno dello sfruttamento sessuale di minorenni ha purtroppo assunto ormai caratteri di allarme straordinario; io direi per tre ragioni sostanziali: innanzitutto, per la quantità di minori sfruttati in tutto il mondo; poi perché lo sfruttamento ha i caratteri della riduzione in schiavitù; inoltre perché viene esercitato normalmente da organizzazioni criminali e, forse, potrebbe aggiungersi, perché evoca con una drammaticità straordinaria il rapporto tra i paesi del nord e quelli del sud del mondo. I bambini e le bambine sfruttati vengono tutti dal sud del mondo.
C'è quindi la necessità di una riforma. Il Parlamento la sta affrontando ed il Governo sta appoggiando con grande vigore questa iniziativa con una proposta di legge intitolata: «Norme contro lo sfruttamento sessuale dei minori quale nuova forma di riduzione in schiavitù». C'è già un testo unificato che raccoglie, per un primo esame, il senso delle diverse proposte presentate dai gruppi parlamentari. La proposta di legge afferma l'intangibilità delle persone dei bambini e delle bambine e, in aderenza al testo di dichiarazioni di numerosissimi atti internazionali - da ultima la dichiarazione finale di Stoccolma -, afferma che lo sfruttamento sessuale dei bambini e delle bambine a fini commerciali rappresenta una forma di coercizione e di violenza esercitate nei loro confronti ed equivale ai lavori forzati e ad una forma di schiavitù contemporanea. Afferma, ancora, che l'unità corpo-mente dei bambini e delle bambine deve essere oggetto della tutela del diritto penale. Quindi è la personalità intera del minorenne oggetto della tutela penale. Introduce tre reati nuovi per il nostro ordinamento: lo sfruttamento della prostituzione minorile, il turismo sessuale e la pornografia minorile.
Io credo tuttavia che la vera prevenzione dell'abuso sui minori ed una efficace

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barriera allo sfruttamento sessuale derivino certamente da una tutela penale, ma forse ancora di più dal modo in cui la civiltà occidentale saprà rispondere agli sconvolgimenti che derivano da una nuova definizione dei ruoli tra nord e sud del mondo ed io direi anche tra donne e uomini, dalla necessità di affermare nuovi valori ed una nuova cultura dell'infanzia.
Anche in questo senso il Governo sta lavorando: è stato adottato il piano nazionale per l'infanzia e per l'adolescenza ed è stato presentato un disegno di legge che contiene norme per la promozione dei diritti e delle opportunità per l'infanzia e per l'adolescenza. Anche in campo internazionale vi è una iniziativa del Governo italiano, seppure ancora episodica: si tratta di progetti di cooperazione bilaterale in America latina ed in Centroamerica e del sostegno offerto ad alcune coraggiose organizzazioni non governative che operano in Brasile. Sono peraltro noti gli sforzi in atto rispetto ai bambini della ex Iugoslavia e dell'Albania.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Alberto Mesar.


ALBERTO MESAR, (Istituto tecnico industriale «Cerebotani» di Lonato-Brescia, Lombardia). Signor ministro, mi ritengo soddisfatto della sua risposta e mi auguro che il disegno di legge per l'infanzia divenga al più presto legge.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 054 di Laura BONCI, Agnese PIERLEONI, Beatrice BERTONI, Gianluca ILARI e Marco CANESTRARI del liceo scientifico «G. Torelli» di Fano, Pesaro (Marche) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Laura Bonci ha facoltà di illustrare il suo quesito.


LAURA BONCI (Liceo scientifico «G. Torelli» di Fano-Pesaro, Marche). Signor Presidente, signor ministro, non crede il Governo che, come in natura, anche nella scuola debba attuarsi quella selezione che, assicurando il riconoscimento e la valorizzazione della capacità, dell'impegno e del sacrificio, offra sollecitazioni e motivazioni a migliorarsi di continuo e ad altri di intraprendere senza frustrazioni e/o mortificazioni percorsi alternativi ugualmente importanti ed appaganti?


PRESIDENTE. Il ministro della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, onorevole Berlinguer, ha facoltà di rispondere al quesito.


LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Sul primo inciso del quesito della studentessa interrogante - «come in natura, anche nella scuola» - devo dire che le leggi della società non sono le leggi della natura. Il Governo è impegnato a che nella società non prevalga il principio homo homini lupus. La Costituzione scolpisce il grande principio di uguaglianza. Per questo, si parla di obbligo scolastico ed è nostro impegno che la scolarizzazione aumenti obbligatoriamente di altri due anni ed è impegno del Governo che si affermi, non come obbligo ma come diritto, il diritto all'istruzione e alla formazione per tutti fino a diciotto anni.
Il principio di uguaglianza è il principio delle pari opportunità di uguaglianza. Esso serve sicuramente alla società, ma prima di tutto è un grande principio per la formazione della persona: la cultura è un bene essenziale della persona e la società ha creato la scuola per rendere meno barbara la competizione nella vita.
Tuttavia, il principio di uguaglianza non è uguaglianza nell'approdo, non è appiattimento nel punto di arrivo. Tutti i mestieri hanno pari dignità; tutti oggi hanno bisogno di cultura. Ma sono diverse le forme di cultura e diversi i percorsi di studio, i percorsi formativi. E qui sovviene il quesito e il suo valore, a cui rispondo positivamente: quello di valorizzare le attitudini diverse, il diverso impegno e il diverso sacrificio.
E qui sovviene - giustamente - il concetto di selezione. Sono molto belle le

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due parole «impegno» e «sacrificio». La scuola è una comunità in cui ragazzi e ragazze stanno insieme ai loro docenti; si conoscono nuove ragazze e nuovi ragazzi; si diventa compagni di scuola («compagni di scuola»: è molto bello questo); si creano amicizie che durano poi tutta la vita. Ma la scuola è anche il luogo del sacrificio, della fatica, dell'impegno, ed esso va riconosciuto e valorizzato. È il luogo dove chi studia deve essere promosso, chi ha difficoltà di studio va aiutato, ma chi non studia e non si impegna non può essere promosso. Anche questa è equità, anche questa è giustizia: la valorizzazione di chi si impegna di più. E in questa cornice io rispondo «sì» alla studentessa interrogante (Applausi).


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Laura Bonci.


LAURA BONCI, (Liceo scientifico «G. Torelli» di Fano-Pesaro, Marche). Ringraziandola per la sua cortese attenzione al quesito da noi presentato e soddisfatta dalla sua risposta, tengo a ribadirle la necessità di chiarezza progettuale, nonché di un'espressione semplice ma corretta ed in linea con la nostra tradizione culturale, nazionale ed europea, onde consentire a noi giovani di essere parte attiva nel rinnovamento della nostra scuola. Grazie.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 055 di Fabio CALABRESE, Barbara PAIANO, Gloria PICCIANO, Roberto VALENTE e Nicola VITI dell'Istituto tecnico commerciale di Boiano, Campobasso (Molise) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Barbara Paiano ha facoltà di illustrare il suo quesito.


BARBARA PAIANO (Istituto tecnico commerciale di Boiano-Campobasso, Molise). Signor Presidente, onorevole signor ministro, sono Barbara Paiano della classe 2^ A dell'Istituto tecnico commerciale di Boiano, in provincia di Campobasso; la domanda che intendo rivolgerle è la seguente: il Governo pensa che le riforme, in programma in tema di giustizia, riusciranno a risolvere i grossi problemi che da decenni, nonostante i numerosi sforzi, non sono stati mai risolti? Ci saranno, finalmente, processi civili, penali ed amministrativi più snelli e soprattutto più celeri?


PRESIDENTE. Il ministro di grazia e giustizia, professor Flick, ha facoltà di rispondere al quesito.


GIOVANNI MARIA FLICK, Ministro di grazia e giustizia. Il Governo pensa che saper dare una risposta di giustizia al paese ed ai cittadini sia una sfida essenziale per la credibilità dello Stato, perché la gente possa aver fiducia nello Stato, per la nostra democrazia e per l'attuazione della solidarietà.
I grossi problemi, a cui lei fa cenno, in passato non sono stati risolti; di fronte ad una grossa crescita della domanda di giustizia di questo paese, vi sono stati soltanto degli interventi settoriali, di emergenza, su singoli problemi.
Da qualche tempo, come lei sa, uno scontro o un confronto politico molto acceso su alcuni temi di fondo della giustizia distoglie l'attenzione dai problemi concreti di essa. Ora, forse per la prima volta, stiamo cercando di fare uno sforzo di intervento globale. Sappiamo che la giustizia ritardata è peggio della giustizia negata perché è un inganno in più. Stiamo cercando di lavorare non solo per semplificare i processi ma, prima di essi, di «lavorare» sugli uomini (cioè sui giudici), sulle strutture (cioè sugli uffici giudiziari) e sui processi. Occorre questo impegno; abbiamo sottoposto al Parlamento un piano molto articolato e molto ampio che interviene su questi tre profili; stiamo anche lavorando per riorganizzare la giustizia sul piano dell'informatica. Vede, la giustizia ha poche risorse, ma quelle poche almeno non le deve sprecare e deve saperle usare al meglio!
Credo che si debba superare la logica dell'emergenza, la logica degli interventi «tampone» e settoriali perché questo è l'unico modo per cercare di consegnarvi

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un sistema di giustizia, che sarete voi a saper far funzionare, di giustizia giusta ed efficiente ed è l'unico modo per evitare i colpi di spugna delle sentenze che non arrivano o per evitare la denegata giustizia di fronte ad una domanda di giustizia di cui il paese ha estremo bisogno.
Il Governo si sente impegnato in questo e sta lavorando. Grazie.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Barbara Paiano.


BARBARA PAIANO (Istituto tecnico commerciale di Boiano-Campobasso, Molise). Non ho altro da aggiungere e ringrazio il signor ministro della risposta, che ritengo soddisfacente. Grazie.


PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Rocco Buttiglione, per la componente del CDU del gruppo misto. Ne ha facoltà.


ROCCO BUTTIGLIONE (Gruppo misto-CDU). Signor Presidente, onorevoli colleghi, cari studenti, questo è per voi un giorno di scuola; un giorno di scuola a Roma, in un giorno di domenica, che dovrebbe essere dedicato al riposo: ma il ministro Berlinguer potrebbe ricordare a tutti noi che il significato originario della parola «scuola» è proprio quello di «riposo». Il tempo nel quale, liberati dall'affanno di procurarsi il proprio nutrimento materiale, ci si domanda quale sia il senso della propria vita e quale sia l'arte del vivere bene; il tempo in cui si ha cura della propria umanità in ciò che ha di specifico. Gli uomini mangiano, dormono, come tutti gli altri animali, ma hanno qualcosa che gli altri animali non hanno: la capacità di interrogarsi sulla verità e sul bene, la capacità di dirigere la propria vita secondo la verità e il bene. Questa capacità ci porta ad incontrare i valori, e il valore più alto è la persona umana. Che cos'è il valore? Ciò per cui vale la pena vivere. E per che cosa vale - supremamente - la pena di vivere? Per le persone che amiamo.
Incontrare altre persone, permettere che esse diventino parte di noi, cominciando dalla cerchia della famiglia; poi ci si innamora e ci si avvia a fondare un'altra famiglia; poi si incontrano amici e tante altre persone, con le quali si è obbligati dalla vita a lavorare insieme: sono i nostri vicini, coloro con i quali insieme portiamo avanti interessi comuni. Nasce la realtà locale della città, nasce la realtà della nazione.
Questo luogo rappresenta la nazione italiana. Non credete a quelli che diffamano la nazione italiana. È una nazione che ha una grande storia, grandi valori. Voi siete fatti di quella storia. Non troverete la verità sulla vostra persona lontano da quella storia.
Come in ogni storia, certo, ci sono pagine buie, errori, colpe. Ognuno di voi raccoglie l'eredità della generazione che l'ha preceduto. L'accoglie criticamente; come accogliete criticamente l'eredità dei vostri genitori, così accogliete criticamente anche l'eredità della nazione italiana. Ma, come non cesserete mai di essere figli dei vostri genitori, così non cesserete mai di essere figli della nazione italiana (Applausi).
Quest'Aula partecipa alla vita della nazione, portando avanti il processo di cui voi vivete ogni giorno: tanti interessi diversi; la necessità, la volontà di scontrarsi, di affermare i propri interessi, di dire e qualche volta di urlare le proprie ragioni; tuttavia anche la necessità, la disponibilità a superare gli interessi particolari del momento in nome di valori più alti.
Ha scritto Giovanni Paolo II: «Anche per difendere intelligentemente i propri interessi, bisogna alzare lo sguardo al cielo dei grandi valori ed orientarsi secondo i grandi valori». I grandi valori sono, prima di tutto, il rispetto dell'altro, la voglia di comprendere le sue ragioni; sono la capacità di formulare le mie proposte, le mie domande, le mie ragioni, in modo da non offendere le ragioni dell'altro, in modo da ricomprendere anche quel tanto di verità che c'è nelle posizioni dell'altro, in modo da riuscire a costruire insieme una comunità in cui il

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valore della persona, dell'altro, sia riconosciuto ed accettato. Non vale la pena far trionfare le proprie ragioni se questo significa perdere l'amicizia, la presenza, il valore della persona e dell'altro: dell'altro uomo, dell'altra città, dell'altra regione, dell'altra nazione del mondo.
Questo è ciò che tentiamo di fare in quest'aula, con mille difetti di cui siamo consapevoli, ma senza rinunciare alla speranza di non essere troppo inadeguati al compito che voi ci avete affidato. Questa è la democrazia (Applausi).


PRESIDENTE. I lavori proseguiranno sotto la Presidenza del collega Vicepresidente, onorevole Petrini.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA PIERLUIGI PETRINI (ore 10,47)


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 094 di Rainer EGGER, Thomas FONTANA, Sasha HOFER dell'Istituto tecnico industriale «Max Valier» di Bolzano (Trentino-Alto Adige) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Thomas Fontana ha facoltà di illustrare il suo quesito.


THOMAS FONTANA (Istituto tecnico industriale «Max Valier» di Bolzano, Trentino-Alto Adige). Signor Presidente, signor ministro, come cerca l'Italia di risolvere il problema della disoccupazione? L'Italia crede che l'ingresso nell'Unione monetaria potrebbe contribuire alla diminuzione della disoccupazione? In questo caso, l'Italia rispetterà i criteri di Maastricht e come riuscirà a farlo?


PRESIDENTE. Il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dottor Ciampi, ha facoltà di rispondere al quesito.


CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La domanda posta è complessa e richiede, quindi, risposte piuttosto telegrafiche.
Primo punto: disoccupazione. È il male dell'intera Europa, il male che attanaglia il nostro paese. Disoccupazione significa insufficiente utilizzo delle capacità di un paese. Quindi, la prima cura è sollecitare lo sviluppo; e per potere avere una più elevata crescita, occorre avere una forte competitività.
Le direttrici del Governo in questo campo sono, per quanto riguarda il mercato del lavoro, due. La prima è quella di dare la massima importanza al problema dell'istruzione e della formazione; formazione intesa non solo come istruzione e formazione iniziale, ma anche come formazione permanente per l'intero arco di vita del lavoratore. La seconda è quella di accrescere la flessibilità e gli strumenti di operatività del mercato del lavoro; inoltre, si vuole stimolare l'imprenditorialità, soprattutto favorendo la crescita e la nascita di nuove imprese, piccole e medie imprese che sono la base della struttura produttiva dell'Italia. Infine, si reputa necessario l'intervento dello Stato soprattutto nella creazione di infrastrutture, non solamente di quelle di base, tradizionali, ma anche delle infrastrutture innovative.
Il tutto ovviamente, trattandosi di lotta alla disoccupazione, deve aver luogo con particolare riguardo a quelle zone del paese dove si concentra la disoccupazione, in special modo il Mezzogiorno.
Il secondo quesito riguarda la disoccupazione e l'Europa. Ricordiamo, in primo luogo, che l'Unione monetaria europea che intendiamo realizzare con gli altri paesi alla scadenza prevista fa parte di un grande disegno, il disegno politico e civile di una Europa unita. E questo è fondamentale perché non possa più avvenire ciò che accadde nella prima metà del secolo: in trent'anni, dal 1915 al 1945, dieci anni di guerre.
La creazione di un grande mercato europeo è la via migliore per accelerare la crescita dell'Europa e quindi anche del nostro paese; per mercato europeo si intende non solamente libero scambio di

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merci, ma anche libero scambio dei fattori della produzione, cioè del lavoro e del capitale.
Il terzo quesito riguarda l'Unione monetaria europea ed i criteri per raggiungerla. Come voi sapete, il nostro paese ha fatto importanti passi avanti per il rispetto dei tre dei criteri che sono la lotta all'inflazione, la riduzione dei tassi di interesse, la stabilità della nostra moneta. Stiamo ora operando attivamente per raggiungere il quarto criterio, quello di ridurre il rapporto disavanzo-prodotto interno lordo, e successivamente di rallentare e ridurre la crescita del rapporto debito-PIL.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Thomas Fontana.


THOMAS FONTANA (Istituto tecnico industriale «Max Valier» di Bolzano, Trentino-Alto Adige). Sono soddisfatto della risposta data e non ho altri dubbi in proposito, grazie.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 065 di Marina DALTERA, Marina MONTENEGRO, Rosario MILANO, Tiziana MILANO e Fedele BRUNO dell'Istituto tecnico commerciale «Colamonico» di Acquaviva delle Fonti, Bari (Puglia) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Marina Montenegro ha facoltà di illustrare il suo quesito.


MARINA MONTENEGRO (Istituto tecnico commerciale «Colamonico» di Acquaviva delle Fonti-Bari, Puglia). Signor Presidente, signori ministri, questo è il nostro quesito: l'Italia è uno Stato fondamentalmente nazionale. Extracomunitari e albanesi pongono ora il problema di organizzare un modello sociale ed istituzionale di convivenza di uomini di diverse nazionalità, tradizioni, cultura, eccetera. Quale scenario intravede il Governo nei prossimi anni, quale modello sociale immagina di gestire col minor trauma possibile questa difficile situazione sociale?


PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, onorevole Napolitano, ha facoltà di rispondere al quesito.


GIORGIO NAPOLITANO, Ministro dell'interno. Quel che intravediamo per i prossimi anni è che il fenomeno crescerà. Viviamo in un mondo caratterizzato da profondi squilibri. Nei paesi in cui si vive in condizioni di arretratezza, di povertà e anche di pericolo cresce la spinta ad emigrare verso i paesi più progrediti e ricchi, in particolare quelli dell'Unione europea.
In Francia e in Germania gli stranieri sono già molto più numerosi che in Italia e d'altronde le nostre società invecchiano ed avranno bisogno di lavoratori giovani provenienti dai paesi più popolosi.
Il problema è allora davvero quello di affrontare la situazione con realismo, lungimiranza e spirito di solidarietà, di gestire la situazione, come è detto nel quesito che mi è stato rivolto, con il minor trauma possibile.
Il Governo ritiene (questo è il senso ed il contenuto del disegno di legge che ha presentato al Parlamento) che si debbano fissare regole chiare, distinguere nettamente l'immigrazione legale da quella clandestina, accogliere ogni anno legalmente nel nostro paese gli immigrati di cui esso ha bisogno e a cui è in grado di assicurare l'indispensabile; respingere chi cerca di entrare illegalmente in Italia e chi delinque, chi viola le leggi.
Per gestire con il minor trauma possibile la situazione è essenziale non avere paura dello straniero e non circondarlo di ostilità, comprenderne e rispettarne la diversità, farlo sentire a suo agio, riconoscerne i diritti purché rispetti i doveri che la Costituzione e le leggi prevedono. Il modello che immaginiamo è uno Stato integrato in Europa, una società multietnica in cui convivano uomini e donne di diverse etnie e culture, integrati nella realtà italiana senza che venga cancellata l'identità di nessun gruppo. In definitiva dobbiamo far loro amare l'Italia, perché questa è la migliore garanzia per la nostra convivenza civile.



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PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Marina Montenegro.


MARINA MONTENEGRO, (Istituto tecnico commerciale «Colamonico» di Acquaviva delle Fonti-Bari, Puglia). Ringrazio il ministro che ha fornito una risposta soddisfacente.


PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Rino Piscitello, per la componente della rete-l'Ulivo del gruppo misto. Ne ha facoltà.


RINO PISCITELLO (Gruppo misto-rete-l'Ulivo). Care ragazze e cari ragazzi, vi do il benvenuto a nome mio e dei parlamentari della Rete. Penso sia utile, piuttosto che rivolgere un saluto formale, fare riferimento ad una questione concreta e specifica sulla quale l'impegno di ognuno di voi potrebbe risultare prezioso. Vorrei parlarvi di un grave problema e di un ragazzo pakistano all'incirca della vostra età. Nel mondo, e soprattutto nelle zone più povere, è drammaticamente diffuso lo sfruttamento selvaggio di forza lavoro minorile. Quante di queste giacche, di queste camicie, dei vestiti che indossiamo sono realizzati sfruttando il lavoro di bambini! Secondo le stime dell'UNICEF, 230 milioni di bambini vivono in condizioni di parziale o totale schiavitù, ammazzati in fabbriche lager, sfruttati per produrre per i nostri mercati.
Nei prossimi giorni sarà lanciata una imponente raccolta di firme da consegnare al Parlamento europeo affinché venga proibita in Europa la vendita di merci che non certifichino di non aver impiegato, per la loro produzione, forza lavoro minorile, un vero e proprio marchio di garanzia a tutela dei minori. Questa campagna è denominata «Il soffio di Iqbal» perché Iqbal Masil, un ragazzo pakistano di tredici anni, sfruttato nel suo paese insieme a tanti altri, si è ribellato e ha fondato un sindacato di ragazzi che hanno cominciato a denunciare le condizioni di schiavitù del lavoro minorile. Per tale motivo è stato ucciso ma oggi, grazie a lui, questo problema è più conosciuto e ognuno di noi può fare qualcosa per debellarlo, cominciando con il parlarne a scuola ed in ogni luogo di incontro, con la consapevolezza che non tutti i giovani del mondo godono degli stessi diritti e che alcuni non ne hanno affatto.
Potrebbe sembrarvi che ho parlato d'altro, io credo che non sia così. Fare politica è impegnarsi per cercare di cambiare il mondo e renderlo migliore. Questo è un dovere per ognuno di noi, ovunque ci si schieri, e certamente, finché vi saranno minori in schiavitù, il mondo avrà bisogno di essere cambiato nel profondo. Grazie (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 070 di Davide SALARIS, Daniele CADELANO, Claudio CARLONE, Giorgia IAIA e Mauro PILUDU dell'Istituto parificato tecnico commerciale per geometri «Galileo Galilei» di Cagliari (Sardegna) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Claudio Carlone ha facoltà di illustrare il suo quesito.


CLAUDIO CARLONE (Istituto parificato tecnico commerciale per geometri «Galileo Galilei» di Cagliari, Sardegna). Signor Presidente, la Costituzione (articolo 19) garantisce in linea di principio la libertà di associazione. L'associazionismo per fini culturali e sociali ha un ruolo assai importante nel mondo giovanile.
L'Italia avrà una legge che regoli in modo organico l'esercizio del diritto di associazione?


PRESIDENTE. Il ministro per la solidarietà sociale, onorevole Turco, ha facoltà di rispondere al quesito.


LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. È vero, l'associazionismo in Italia è una realtà importante e straordinaria per il suo radicamento, il suo impegno a favore dei più deboli e per la promozione culturale. La nostra legislazione già riconosce il ruolo del volontariato, della cooperazione sociale, e questo Governo ha promosso una riforma fiscale

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con la quale ci si prefigge di aiutare, appunto, chi svolge attività non lucrative. Tuttavia è necessaria una legge sull'associazionismo, che ancora manca. Sono contenta di poter dire che nella Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati si è avviato l'iter legislativo per discutere ed approvare - spero in tempi rapidi - una legge sull'associazionismo, per riconoscerne il valore sociale, per promuoverne lo sviluppo e la sua autonomia e per fare in modo che l'associazionismo possa dare il suo apporto alla vita democratica del nostro paese (la relatrice su questa legge è l'onorevole Rosa Jervolino Russo).
A proposito di associazionismo, vorrei dire che alcuni mesi fa alcune associazioni giovanili hanno interpellato il ministro per la solidarietà sociale, chiedendogli se avrebbe potuto aiutarli ad elaborare il testo di un progetto di legge per istituire anche in Italia - come in tutti i paesi europei - un organismo che si chiama consiglio nazionale dei giovani, in cui le associazioni giovanili che lo vogliano ne possano far parte, con l'intento di dare un contributo al Governo e alle istituzioni nella elaborazione delle proposte che riguardano i giovani e, più in complesso, la vita democratica di questo paese.
Questo progetto di legge - sollecitato da alcune associazioni giovanili - credo sarà un altro contributo per il riconoscimento del ruolo dell'associazionismo (in questo caso di quello giovanile) nel nostro paese.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Claudio Carlone.


CLAUDIO CARLONE, (Istituto parificato tecnico commerciale per geometri «Galileo Galilei» di Cagliari, Sardegna). Non ho da chiedere ulteriori chiarimenti e ringrazio il ministro per la risposta.


PRESIDENTE. Cedo ora la Presidenza all'onorevole Mastella.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 11,02)


PRESIDENTE. Come vedete, questo è il modo con il quale, non soltanto oggi ma anche quando si svolgono i lavori parlamentari, si verifica quel tourbillon di Vicepresidenti che si alternano al banco della Presidenza.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Paolo Manca, per il gruppo di rinnovamento italiano. Ne ha facoltà.


PAOLO MANCA (Gruppo rinnovamento italiano). Signor Presidente, saluto tutti i ragazzi che sono venuti qui dalle regioni più lontane dell'Italia, compresa la mia terra, che è la Sardegna.
Credo che questa manifestazione abbia un profondissimo significato: intanto quello di dire che l'opera di tante persone svolta in moltissimi anni - e che noi possiamo vedere specchiata in quei quadri sulla parete dell'Aula - non sia stata vana; e vi è quindi un profondo significato di unità d'Italia.
Questa è una festa, è una festa della nostra Repubblica, ma deve essere valutata anche come un impegno da parte del Governo, di tutti noi deputati e pure di voi alunni, nello svolgere in pieno il vostro dovere di studenti. Negli interventi precedenti si è parlato dei problemi esistenti e certamente noi deputati avvertiamo una grande responsabilità quando tutti i giorni ci sforziamo con il nostro lavoro di far sì che l'Italia, che noi amiamo, sia consegnata nelle vostre mani il più possibile risanata e competitiva. Questo risanamento e questa competitività non arrivano di certo gratuitamente, ma sono il risultato di uno sforzo e di un impegno continui. E questo deve essere quindi il vostro impegno perché, da quello che si è detto anche prima, si è constatato che per le prossime generazioni non vi sarà spazio per le persone che non si saranno sforzate di qualificarsi e che non si saranno qualificate. Quelli che faranno ciò o, meglio, che non si qualificheranno, che

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non studieranno, che non impareranno, che non si specializzeranno, dovranno accontentarsi di quello che verrà lasciato dagli altri. Gli italiani nel passato purtroppo spesso si sono dovuti accontentare di quello che veniva lasciato dagli altri: il vostro impegno quindi deve essere tale per cui ciò non avvenga più.
Voglio porgervi gli auguri di buon lavoro, di buono studio, di credere in questa scuola, che presto verrà profondamente riformata dal nostro ministro Berlinguer, affinché il vostro sia un impegno fattivo che, con i nostri sforzi odierni e poi con il vostro lavoro, possa finalmente produrre dei risultati che diano una speranza per il futuro. Il dovere principale di noi parlamentari è quello di dare agli italiani, ma soprattutto alle giovani generazioni, una speranza per il futuro. Noi ci impegneremo con l'opera e con l'esempio, che è altrettanto importante dell'opera, affinché quanto auspicato prima si verifichi.
Vi ringrazio per essere venuti qui, vi saluto a nome del gruppo parlamentare di rinnovamento italiano e vi auguro buon lavoro (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 082 di Eliana DI PRIMA, Mariangela ADRAGNA, William GRILLO, Piero RANDAZZO e Annalisa CUSUMANO del Liceo classico «C. D'Alcamo» di Alcamo-Trapani (Sicilia) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Annalisa Cusumano ha facoltà di illustrare il suo quesito.


ANNALISA CUSUMANO (Liceo classico «C. D'Alcamo» di Alcamo-Trapani, Sicilia). Signor Presidente, signor ministro, il Meridione, nel Risorgimento, nutrì la speranza che «l'entrata in Italia» rappresentasse l'inizio del riscatto e dello sviluppo. Che cosa oggi ci può far sperare che «l'entrata in Europa» non sarà, per il Meridione, una nuova delusione?


PRESIDENTE. Il ministro dei lavori pubblici, professor Costa, ha facoltà di rispondere al quesito.


PAOLO COSTA, Ministro dei lavori pubblici. Si può convenire che, negli oltre 130 anni di unità nazionale, il Mezzogiorno avrebbe potuto ottenere di più in termini di riduzione del divario di sviluppo dal centro-nord; non si possono però dimenticare i notevoli progressi che si sono comunque ottenuti, e credo quindi che una pacata valutazione della storia dello sviluppo di tutte le regioni d'Italia, del nord e del sud, non possa giustificare un sentimento complessivo di delusione, se non per le occasioni perdute e per gli errori, anche politici, compiuti.
Ma le delusioni si misurano sulle speranze, e la fondatezza delle speranze si misura sulla fondatezza degli obiettivi. Il Governo considera obiettivo primario, tra le priorità più alte, il completamento del processo di riscatto e di sviluppo del Mezzogiorno; il Governo è cosciente dell'importanza e della difficoltà dell'obiettivo, perché sa che un paese non può permettersi di confrontare una disoccupazione del 7,7 per cento nel centro-nord con una del 21,7 per cento nel sud.
L'entrata in Europa può aiutarci a raggiungere questo obiettivo; ci può aiutare anche l'Europa delle monete, l'Europa dei parametri di Maastricht, quella che sicuramente vi è molto nota per i dibattiti di questi tempi. Nessun paese, infatti, può sostenere a lungo una politica di sviluppo se non si è abituato a condizioni di rigore, di responsabilità, di capacità di non sprecare nella spesa pubblica quelle risorse che i cittadini, con molta fatica, gli mettono a disposizione.
L'Europa ci può dare molto di più, perché l'articolo 130 del Trattato impegna la Comunità a promuovere uno sviluppo armonioso della stessa e a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite.
Ricordo all'interrogante che il Trattato di Roma aveva un protocollo aggiuntivo relativo al programma di espansione economica del Mezzogiorno e delle isole, che destinava fin dall'inizio parte delle risorse della Comunità a questo obiettivo. Forse il nostro paese non è sempre stato capace di

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approfittare, di utilizzare fino in fondo queste occasioni; ma queste occasioni si sono ripresentate e si ripresentano ed è anche utilizzando tali risorse che sarà possibile portare avanti e completare quel progetto di infrastrutturazione di base innovativa - come diceva poco fa il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - che, assieme a un aumento del livello della legalità nel paese, consentirà di creare le condizioni entro le quali i cittadini domani potranno, come imprenditori o come consumatori, contribuire al vero riscatto del Mezzogiorno.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Annalisa Cusumano.


ANNALISA CUSUMANO, (Liceo classico «C. D'Alcamo» di Alcamo-Trapani, Sicilia). Non ho altre richieste e ringrazio il ministro per la risposta data.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 083 di Filippo AMIDEI, Alessandro BIANCHINI, Lelia BARCATTA, Camilla BARONCELLI ed Eleonora GAUDENZI del Liceo ginnasio statale «Michelangiolo» di Firenze (Toscana) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Filippo Amidei ha facoltà di illustrare il suo quesito.


FILIPPO AMIDEI (Liceo ginnasio statale «Michelangiolo» di Firenze, Toscana). Signor Presidente, onorevole ministro, recentemente si è celebrato il duecentenario del Tricolore italiano. Questa ricorrenza è caduta in un periodo in cui più di sempre sono messi in dubbio i grandi ideali che hanno determinato l'unità del nostro paese. Si è infatti accentuato il profondo divario tra il nord e il sud dell'Italia. Cosa pensa di fare il Governo per attenuare tale divario, per dare ai giovani del nord e del sud uguali opportunità e ridare agli italiani un sentimento nazionale?


PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Prodi, ha facoltà di rispondere.


ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. La mia risposta continua quella data dal ministro Costa, proprio per sottolineare come il problema del Mezzogiorno sia, con la disoccupazione, il problema più grave da affrontare e da risolvere. Abbiamo dei dati impressionanti: in alcune province del nord in tanti settori non si trova manodopera, non si trovano operai, non si trovano giovani da avviare al lavoro, mentre nel Mezzogiorno si registrano indici di disoccupazione terribili. Se pensate che la disoccupazione in gran parte dell'Italia è uguale a quella tedesca o francese, ma quella del Mezzogiorno è tre volte superiore a quella di quei paesi, avete un'idea di cosa sia il nostro Mezzogiorno.
Dobbiamo però fare una considerazione. È vero quanto ha detto il ministro Costa, che vi sono state molte delusioni in questi 130 anni; tuttavia lo sviluppo economico italiano si è spostato molto verso sud: prima l'Emilia, poi le Marche, poi l'Abruzzo, poi il Molise, poi una parte delle Puglie. Tante zone si sono mosse in direzione dello sviluppo. Quindi, si può fare, si può fare! Il problema, adesso, è la Campania, una grande parte della Puglia, la Sicilia, la Calabria e la Sardegna.
Abbiamo isolato il problema, ed ora dobbiamo affrontarlo; purtroppo i mezzi usati dalle ultime generazioni non hanno dato risultati soddisfacenti, a causa della burocrazia e dell'insufficienza della classe politica. I mezzi sono stati enormi, ma in molta parte non hanno dato i frutti sperati. Adesso noi tentiamo una via nuova, quella di incidere con efficacia utilizzando gli stessi metodi con cui si è ottenuto lo sviluppo delle regioni che hanno avuto successo e cioè: creazione di nuova imprenditorialità e supporto alle imprese attraverso sgravi fiscali e incentivi alla manodopera, in modo che siano i nuovi imprenditori del sud a portare avanti il Mezzogiorno. Cerchiamo in sostanza di usare la ricetta che ha avuto successo, non quella che ha avuto insuccesso; questo è quello che cerchiamo di fare.

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Poi - ma qui la spiegazione diventa difficile, richiede il ricorso a tanti concetti difficili - usiamo i cosiddetti contratti d'area e i patti territoriali. Cosa significa? Significa intervenire nelle zone più povere con gli incentivi più forti, in modo che lì nascano più imprese. Questo è il tentativo. Inoltre vogliamo aiutare i giovani a «metter su», come si dice nel gergo familiare, nuove imprese. In relazione alla normativa sul prestito d'onore sono già 34 mila le domande di giovani; questo è un fatto importantissimo, perché vuol dire che ci sono 34 mila ragazzi che hanno delle idee e che rischiano, perché devono anche rischiare in proprio.
Questo è quanto si deve fare per il Mezzogiorno. La strada deve essere quella di far nascere nuova imprenditorialità, quindi distretti industriali come ci sono al nord, da Voghera a Sassuolo, a Vicenza, a Treviso.
Infine, e faccio sempre riferimento alle risposte che vi sono già state date, bisogna approfittare del fatto che nell'Europa futura vi sarà la marcia verso quella che in America viene chiamata la «fascia del sole». L'Europa sarà un continente di 400 milioni di persone, una buona parte delle quali ricca. Vi è una tendenza ad andare verso il «sole»; ne approfitterà o il Mezzogiorno d'Italia o la Spagna o la Grecia. Dobbiamo approfittarne noi (Applausi).


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Filippo Amidei.


FILIPPO AMIDEI (Liceo ginnasio statale «Michelangiolo» di Firenze, Toscana). Ringrazio il Presidente del Consiglio per la risposta, che giudico esauriente, e mi auguro che il Governo e tutto il popolo italiano abbiano la forza di agire contro tutti coloro che mettono in dubbio i valori della patria (Generali applausi).


PRESIDENTE. Non so se sia lecito, ma anche la Presidenza si associa.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Mauro Paissan, per la componente dei verdi-l'Ulivo del gruppo misto. Ne ha facoltà.


MAURO PAISSAN (Gruppo misto-verdi-l'Ulivo). Signor Presidente, innanzitutto un cordiale saluto alle ragazze ed ai ragazzi di tutta Italia che sono oggi qui, in quest'aula. È un saluto che rivolgo con particolare piacere e con particolare interesse a nome dei verdi, un gruppo politico che ha come suo obiettivo primario quello di curare, di tutelare l'ambiente, il territorio, la qualità della vita; dunque, il nostro presente, ma soprattutto il vostro futuro, il futuro delle giovani generazioni. Sarete infatti soprattutto voi i maggiori beneficiari di tutto ciò che noi tutti parlamentari sapremo fare per mantenere bello e rendere vivibile questo paese, per migliorare la nostra società rendendola più giusta e per rafforzare questa nostra democrazia.
Forse voi non lo credete, ma in quest'aula spesso si parla di voi, magari anche quando non vi si cita. Quando discutiamo o decidiamo in merito alla scuola, al lavoro, alla pace, all'obiezione di coscienza, alla tutela dell'ambiente, il riferimento è soprattutto a voi giovani, alla vostra vita, alla vita di voi che siete qui, ma anche dei vostri coetanei meno fortunati di voi, di cui oggi forse abbiamo parlato troppo poco; quei vostri coetanei che sono già al lavoro o che sono per strada in attesa o alla ricerca di un lavoro che spesso non c'è.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA LUCIANO VIOLANTE (ore 11,18)


MAURO PAISSAN. Di tutti questi problemi, noi, in quest'aula, discutiamo confrontando posizioni, proposte ed anche valori diversi; cioè con un dibattito politico che talvolta diventa confronto aspro ed anche scontro politico. Ma questo, se permettete, è anche il bello della politica, che non è e non può essere quella «roba» un po' sporca di cui avete letto e sentito molto, purtroppo, in questi anni. La politica ed il suo realizzarsi nel Parlamento, in questa Assemblea, nel Governo, nelle istituzioni, ma anche nel paese, deve

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essere un impegno di molti. Io spero che voi vogliate essere tra costoro, anche perché, se non sarete voi a fare politica, a decidere, a contribuire a decidere circa il futuro del paese, ci sarà sempre qualcun altro che lo farà al posto vostro e magari a vostro danno ed a danno dei vostri interessi e dei vostri valori.
Con questo augurio, che rivolgo a voi ma anche a tutti noi, torno a salutarvi (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 093 di Loris DALLACOSTA, Luca CASAGRANDA, Romina CARLI, Pamela CAMPESTRIN e Leonardo PEGORETTI dell'Istituto «Oxford» di Civezzano, Trento (Trentino-Alto Adige) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Loris Dallacosta ha facoltà di illustrare il suo quesito.


LORIS DALLACOSTA, (Istituto «Oxford» di Civezzano-Trento, Trentino-Alto Adige). Signor Presidente, signor ministro, vorrei sapere in che modo si possano conciliare le esigenze autonomistiche espresse dalle regioni e l'apertura delle frontiere prospettata dall'entrata in Europa.


PRESIDENTE. Il ministro degli affari esteri, onorevole Dini, ha facoltà di rispondere al quesito.


LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Le democrazie europee, nel momento stesso in cui cercano di darsi dimensioni continentali per rispondere alle sfide globali sul piano della sicurezza politico-militare, dello sviluppo economico, della libertà dal bisogno, della difesa dell'ambiente, della lotta alla criminalità organizzata, ricevono istanze di maggiore autonomia locale. Dobbiamo assecondare quelle istanze, portando a livello dei cittadini tutte quelle decisioni che più efficacemente possono essere prese a quel livello secondo il noto principio di sussidiarietà.
L'Europa dei prossimi anni avrà dunque una struttura complessa: coesisteranno sullo stesso territorio, allo stesso tempo, sovranità diverse, destinate non ad escludersi, ma a sovrapporsi in una certa parte. Infatti, gli Stati nazionali trasferiranno in misura crescente sovranità all'Europa, alle sue istituzioni e delegheranno funzioni alle istituzioni della società civile. Tuttavia, la partecipazione all'Europa non consente la frammentazione in un mosaico di regioni, non tollera egoismi geograficamente limitati. L'Europa è forte, a beneficio dei cittadini europei, se ne fanno parte Stati forti, se è composta da sistemi e paesi efficienti. Lo sviluppo dell'Unione europea impone pertanto agli Stati nazionali uno sforzo accentuato per rendere più efficienti le loro strutture e per poter beneficiare all'interno di ciascun paese dei vantaggi che deriveranno dalla moneta unica, dall'apertura delle frontiere, dalla crescita della concorrenza e dallo sviluppo dell'area di libera circolazione di persone, beni e capitali.
Dobbiamo ricercare, quindi, un decentramento, dove la distribuzione delle competenze dal centro alle regioni non danneggi, ma contribuisca ad accentuare l'efficienza complessiva del sistema. Dobbiamo pertanto puntare su un federalismo forte e consensuale, che dia il massimo rilievo possibile alle competenze ed alle responsabilità locali. Questo è un modo coerente - credo - di partecipare al grande disegno dell'integrazione europea.
In Italia, il compito di ricercare soluzioni più idonee è stato affidato alla Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, che ora è impegnata ad individuare gli strumenti adeguati ai compiti che ci attendono e garantire che ogni scelta rispetti quanto più possibile le esigenze reali delle singole collettività. Per le materie che diverranno esclusiva competenza delle regioni, sarà necessario stabilire un meccanismo di raccordo tra le regioni stesse ed il Governo centrale, il quale sarà chiamato a dialogare con le istanze europee e con la Comunità europea.



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PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Loris Dallacosta.


LORIS DALLACOSTA (Istituto «Oxford» di Civezzano-Trento, Trentino-Alto Adige). Ringrazio il signor ministro, perché ritengo la sua risposta soddisfacente.


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 058 di Elena CARNIGLIA, Cinzia PROTTO, Riccardo SILANO, Daniele D'ALOJA, Diego MEDICINA dell'Istituto tecnico industriale «G. Marconi» di Tortona, Alessandria (Piemonte) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Daniele D'Aloja ha facoltà di illustrare il suo quesito.


DANIELE D'ALOJA (Istituto tecnico industriale «G. Marconi» di Tortona-Alessandria, Piemonte). Signor Presidente, signor ministro, rappresento la classe I C, del corso scientifico-tecnologico dell'ITIS Marconi di Tortona.
Nel nostro paese un parco nazionale quasi sempre è sinonimo di vincoli e divieti, di freni imposti allo sviluppo economico di una regione. Perché non abbandonare questa filosofia antiquata e ricercare nei parchi un'opportunità di occupazione, soprattutto per i giovani, e un'occasione di rilancio delle zone più depresse?


PRESIDENTE. Il ministro dell'ambiente, senatore Ronchi, ha facoltà di rispondere al quesito.


EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. Non ci sono solo vincoli e divieti rispetto ai parchi nazionali. L'Italia è un paese che, nonostante i problemi ambientali (che non mancano), ha un patrimonio ambientale e naturale tra i più importanti d'Europa e del mondo. I parchi servono a difendere questo patrimonio del nostro paese.
L'Italia dispone del più alto numero di specie animali e vegetali d'Europa; ha quindi un patrimonio, che si chiama biodiversità, importantissimo sia per voi giovani delle nuove generazioni sia per le future generazioni. Il problema è come mantenere questo patrimonio naturale valorizzandolo, facendo in modo che diventi anche occasione di lavoro.
L'anno scorso abbiamo varato un programma che per la prima volta prevede di utilizzare, in due anni, circa 450 miliardi tra fondi italiani e fondi europei in progetti di valorizzazione ambientale e turistica dell'agricoltura e dell'artigianato, che dovrebbero portare, tra quest'anno e il prossimo, dai 5 ai 7 mila posti di lavoro aggiuntivi. Cerchiamo quindi, in buona sostanza, di creare lavoro valorizzando e difendendo l'ambiente, anziché distruggendolo. Questa è la scommessa. Non sottovalutiamo quindi il grande patrimonio ambientale e naturale che l'Italia, per fortuna, ancora ha, ma anzi cerchiamo di difenderlo.
Spero che voi visitiate i nostri parchi nazionali; vi troverete boschi bellissimi, alberi che sono un vero monumento della natura. In Italia abbiamo l'orso, i lupi, gli stambecchi, i caprioli, abbiamo un grande patrimonio e grandi bellezze naturali. Valorizziamoli e difendiamoli: ci daranno posti di lavoro, ma anche la possibilità di vivere in un paese sempre più bello (Applausi).


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Daniele D'Aloja.


DANIELE D'ALOJA (Istituto tecnico industriale «G. Marconi» di Tortona-Alessandria, Piemonte). Non ho altro da aggiungere e ritengo esauriente la risposta del ministro. Spero comunque che il progetto di rivalutazione dei parchi si possa attuare in un arco di tempo molto breve.


PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Gustavo Selva, per il gruppo di alleanza nazionale. Ne ha facoltà.


GUSTAVO SELVA (Gruppo alleanza nazionale). Grazie, onorevole Presidente, e

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grazie, si dice, onorevoli colleghi, quali questa mattina voi siete per alcune ore come interroganti. Voi state infatti interrogando in diretta televisiva, come facciamo noi durante il question time, il Presidente del Consiglio ed i suoi ministri perché così il Presidente Violante ha giustamente stabilito. Ma credo che voi sareste anche curiosi di interrogare con altrettanta legittima forza l'opposizione, di cui alleanza nazionale è parte rilevante.
Ho scelto per voi due domande, che avreste potuto porre all'opposizione, una riguardante la scuola, tema di particolare interesse per voi, e una riguardante la Commissione bicamerale, di cui sicuramente avete sentito parlare molto anche nella preparazione di questo incontro. Credo che la vostra rivendicazione per la scuola sia quella di avere a disposizione docenti, programmi e tecnologie moderni, avanzati, che vi preparino per la vita professionale e per il non facile incontro con il mondo del lavoro. Per inciso, sottolineo che vi è una concorrenza che si stabilisce in un'economia mondializzata soprattutto con i paesi d'Europa. Per questo noi lavoriamo per darvi il massimo di libertà, di autonomia e di mezzi, in una libera concorrenza tra scuola pubblica e scuola privata, secondo la scelta che i vostri genitori e voi stessi potrete fare, con maggiori possibilità a parità di condizioni economiche.
Trentacinque deputati, tra i quali io stesso, e trentacinque senatori fanno parte della Commissione bicamerale per la riforma della seconda parte della Costituzione, i cui principi fondamentali, fissati nel 1948, sono ancora validi, ma che ha bisogno di un aggiornamento per quanto riguarda la parte normativa. Noi avremmo voluto un'Assemblea costituente, ma lavoriamo con lo stesso impegno anche nella bicamerale per questi obiettivi. Anzitutto, una nuova forma di Stato.
Siamo per l'unità della nazione, contro ogni forma di secessionismo, e vogliamo introdurre istituzioni moderne ed agili, di tipo federale, perché i cittadini possano sentire queste istituzioni più vicine a loro.
Vogliamo anche una nuova forma di Governo, che sia capace di rispondere, con pienezza di responsabilità, alle esigenze della gente. In questo vediamo un capo dell'esecutivo (Presidente della Repubblica, secondo il nostro progetto) che sia eletto direttamente dal popolo a suffragio universale.
Voi ritornerete nelle vostre aule - e fin d'ora vi saluto caramente - e dovrete partecipare la vostra esperienza ad altri giovani. Come sapete, la democrazia vive di informazioni, di discussioni e anche - perché no? - di contrapposizioni. Il sale della democrazia è il confronto che si stabilisce poi nel libero Parlamento, quale noi siamo, attraverso il dibattito tra la maggioranza e l'opposizione, entrambe con un loro specifico ruolo che spetta sempre all'elettorato assegnare, confermando o prevedendo l'alternanza, come avviene nelle grandi democrazie. Un giorno qualcuno di voi (rivolgo in tal senso gli auguri a coloro i quali ne avessero la speranza e l'aspettativa) potrà sedere, come eletto dal popolo, in uno dei banchi che questa mattina occupate come ospiti. Sicuramente fra pochi anni voi sarete elettori. Eletti ed elettori costituiscono - ricordatelo sempre! - un corpo unitario, legato dal vincolo della reciproca fiducia e del reciproco spirito democratico. John Fitzgerald Kennedy disse un giorno (ed è un'affermazione che mi ha sempre molto impressionato): non chiedete cosa l'America può fare per voi, ma chiedetevi cosa voi potete fare per l'America. Assumo come responsabilità quello che si chiede a noi; assumete come responsabilità quello che si chiede a voi! (Applausi)


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 096 di Marco PUPITA, Lorenzo SAGGINI, Marco CERBINI, Federico TRINARI e Costantino PUCCI dell'Istituto tecnico industriale «Franchetti» di Città di Castello, Perugia (Umbria) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
Lo studente Marco Pupita ha facoltà di illustrare il suo quesito.



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MARCO PUPITA (Istituto tecnico industriale «Franchetti» di Città di Castello-Perugia, Umbria). Signor Presidente, signor ministro, il nostro paese è stato teatro negli ultimi decenni di sanguinose stragi. Ci risulta che, in diversi casi, i precedenti Capi di Governo abbiano opposto il segreto di Stato ai magistrati che indagavano sulle stesse, come peraltro consente la legge n. 801 del 1977. L'opinione pubblica è rimasta sconcertata da un tale atteggiamento; la giustizia e la ricerca della verità, mortificate. Torquato Secci, un uomo dell'Umbria, un uomo della nostra terra, presidente dell'associazione familiari vittime della strage alla stazione di Bologna, si è molto battuto per l'abolizione del segreto di Stato nei procedimenti per strage, ma si è sempre trovato dinanzi ad un muro.
È noto, ad esempio, che una proposta di legge di iniziativa popolare in materia, presentata al Senato nel 1984, non è mai stata nemmeno discussa. Torquato Secci è morto lo scorso anno senza che il suo desiderio si fosse realizzato. Ci risulta che nel programma elettorale della coalizione che regge l'attuale Governo sia stata espressa l'intenzione di intervenire in materia. Si chiede di sapere cosa effettivamente sia stato fatto e cosa si intenda fare in tal senso.


PRESIDENTE. Il ministro di grazia e giustizia, professor Flick, ha facoltà di rispondere al quesito.


GIOVANNI MARIA FLICK, Ministro di grazia e giustizia. Come lei sa, è stato scritto, sia in atti giudiziari (la sentenza-ordinanza relativa alla strage di Bologna) sia in atti politici (la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi), che lo stragismo è non solo un fatto di cronaca o un evento giudiziario ma rappresenta, purtroppo, anche un pezzo della storia della nostra democrazia. Come tutti sappiamo, le stragi sono state una costante brutale del nostro sistema, che ha mantenuto continuità e protervia per decenni.
Come lei sa, e come noi sappiamo, l'innesco di ogni strage trova molteplici cause: in un'unica tragedia confluivano lo scopo di propagare tensione ed insicurezza, di piegare le istituzioni verso un possibile sbocco autoritario, di ricattare gruppi di potere avversi e di consolidare nell'opinione pubblica l'immagine di uno Stato incapace di fare giustizia.
Proprio per questo, la necessità della chiarezza giudiziaria prima e della chiarezza politica sulle stragi ha ispirato la condotta degli organismi istituzionali in questo Governo alla massima trasparenza. Occorre evitare che si possa anche soltanto pensare che organi dello Stato intendano proteggere gli autori di crimini gravissimi.
Per questo e per pervenire alla verità il Governo è concretamente impegnato ad impedire - ed è già stato ribadito dal Presidente del Consiglio e dal Vicepresidente del Consiglio - che sui fatti di strage possa essere opposto il segreto di Stato.
D'altronde, i fatti, le notizie ed i documenti concernenti reati di strage o reati di eversione dell'ordinamento costituzionale già oggi non possono formare oggetto di segreto di Stato.
Negli ultimi anni si sono verificati due casi soli di opposizione del segreto di Stato: il primo è stato rimosso e per il secondo non è ancora decorso il relativo termine ed esso non riguarda fatti di strage.
Voglio solo completare il discorso, sottolineando che al tema delle stragi e del segreto di Stato è collegato il tema dei servizi di informazione e di sicurezza. È stata istituita due mesi or sono una commissione presso la Presidenza del Consiglio per l'individuazione di nuovi moduli organizzativi dei servizi di informazione che tenga conto dei mutati scenari internazionali e delle possibili nuove forme di aggressione alla sicurezza dello Stato.
Nell'augurio che la commissione riesca a fare presto un lavoro che possa - presto: lo sottolineo - essere portato in Parlamento, posso dirle solo una cosa: la lunga marcia verso la trasparenza economica, istituzionale e politica di questo

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paese parte dall'abbandono e dal rifiuto del segreto. Questo è il nostro impegno e questo deve essere l'impegno di tutti (Applausi).


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare lo studente Marco Pupita.


MARCO PUPITA (Istituto tecnico industriale «Franchetti» di Città di Castello-Perugia, Umbria). Signor ministro, mi dispiace ma non posso dichiararmi soddisfatto della sua risposta.


PRESIDENTE. Finalmente uno!


MARCO PUPITA (Istituto tecnico industriale «Franchetti» di Città di Castello-Perugia, Umbria). Purtroppo di dichiarazioni di intenti i cittadini italiani ne hanno sentite fin troppe. Nulla lei ha detto sui tempi di attuazione di tali intenti.
Nei giorni scorsi abbiamo interpellato il presidente dell'associazione dei familiari delle vittime di Bologna, Paolo Bolognesi, il quale ci ha crudamente detto che sull'abolizione del segreto di Stato questo Governo nulla ha fatto finora e nulla ha manifestato di voler fare in futuro in tempi rapidi, per cui è da valutare alla stregua di tutti i Governi che lo hanno preceduto.
Noi vogliamo sperare che così non sia. Vogliamo sperare, signor ministro, che alle sue parole stavolta seguano davvero i fatti.
Io sono un ragazzo di 15 anni e forse non capisco la ragion di Stato. Io so soltanto che sulle stragi c'erano e ci sono dei giudici ad indagare e che spesso a questi giudici è stato opposto un segreto di Stato. Io so soltanto che lei, signor ministro, è nelle stanze in cui quel segreto è custodito: se fossi al suo posto, mi permetto di dirle che correrei subito ad aprire tutti quei cassetti che a suo tempo e per troppo tempo sono rimasti chiusi.
In ogni caso la ringrazio molto e le faccio i migliori auguri per il suo lavoro (Vivi, prolungati applausi).


PRESIDENTE. Vorrei solo informare che dalle tribune non è possibile applaudire.
Il ministro Flick ha chiesto di intervenire per una precisazione. Ha però a sua disposizione 30 secondi.
Il Governo in Aula può sempre prendere la parola.


GIOVANNI MARIA FLICK, Ministro di grazia e giustizia. Ho chiesto di intervenire per una replica telegrafica, perché il segreto di Stato per la materia delle stragi già non esiste. Negli obiettivi delle organizzazioni dei servizi previsti dalla commissione istituita, che sta operando, vi è un oggetto specifico su questa materia.
Desidero poi confermarle che il segreto di Stato non è stato opposto e non verrà opposto da questo Governo e che esso non è consentito per la tematica delle stragi. Mi riservo di incontrarla per discutere ulteriormente l'argomento: con lei (Applausi)!


PRESIDENTE. Marco Pupita, visto che è l'interrogante, se vuole, ha l'ultima parola: non so se abbia qualcosa da aggiungere.
Sul suo foglio, a questo punto, non credo vi sia scritto niente!


MARCO PUPITA (Istituto tecnico industriale «Franchetti» di Città di Castello-Perugia, Umbria). Ho scritto alcuni appunti!
Mi dispiace doverla contraddire, ma non è affatto vero che il segreto di Stato nei procedimenti per strage non esiste. Si tratta di una interpretazione estensiva di alcuni giuristi, che purtroppo si scontra con il fatto inoppugnabile che tale segreto è stato opposto dal Governo ai magistrati che indagavano sulle stragi. E contro la decisione del Governo non vi è possibilità di ricorso.


PRESIDENTE. Bene, lei è munito di argomenti. Poi, sarà il ministro ad incontrarla e a dire qual è la sua opinione. Grazie, Pupita.

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Ha chiesto di intervenire l'onorevole Fabio Mussi, per il gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo. Ne ha facoltà.


FABIO MUSSI (Gruppo sinistra democratica-l'Ulivo). Cari più giovani amici, con il passare del tempo la memoria di tanti eventi storici si indebolisce o si perde. Noi qui siamo stamane, in questo importante incontro voluto fortemente dal Presidente della Camera, innanzitutto a ricordare una data: questo 2 giugno che non deve essere dimenticato mai - è la data della Costituzione - perché dal passo allora compiuto non si deve e non si può tornare indietro. Si può andare avanti, ma non si può tornare indietro. Non si può tornare indietro dalla Repubblica, dalla democrazia, dall'Italia una e indivisibile. Qui tutti applaudiamo, ma fuori c'è qualcuno che fischia quando si invoca questo valore. Non si torna indietro dalla libertà.
Ci vuole quindi il coraggio di grandi cambiamenti. Il coraggio non è solo quello di quest'Assemblea, di chi conduce in quest'Aula le sue battaglie, ma è il coraggio di un paese, di un popolo. Grandi cambiamenti chiedono coraggio, ma io penso che bisognerebbe essere addirittura temerari a non volerli o ad opporvisi. E, vedete, quando si ingaggiano le battaglie dei grandi cambiamenti, come voi sapete bene, le cose sono più dure e difficili, persino cattive, di quanto appaia stamane in quest'aula in questa discussione: c'è conflitto, c'è lotta. Non bisogna avere paura, però bisogna trovare la forza per andare avanti.
Qui ci sono state tante citazioni di miei colleghi. Mentre vi guardavo - ed è un bello spettacolo anche guardarvi, perché spero che siate voi tra qualche anno a prendere nelle vostre mani le redini di una situazione che spero a quel punto sarà più ordinata, più sicura di quanto sia oggi - anche a me è venuta in menta la citazione di un americano, che non è il grande Kennedy citato da Selva, ma un indiano, un capo pellerossa. È una citazione bellissima, folgorante, trovata in un libro, che dice: «Il mondo noi non lo abbiamo in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli». È bellissima. Devo dire che il prestito che la mia e le generazioni precedenti hanno ricevuto non è stato ben remunerato. L'immenso debito pubblico vuol dire che questo paese è vissuto a spese vostre a lungo e la mancanza di lavoro idem, vuol dire la stessa cosa.
Allora, le riforme. Tre grandi ne abbiamo sul tavolo, tre grandi, straordinarie, da far tremare le vene ai polsi, ma non possiamo permetterci di fare passi indietro.
Quando parliamo di Stato sociale, vuol dire nuovo patto sociale, prima ancora che tra classi, tra generazioni.
Quando parliamo di nuova Costituzione - quei testi base sui quali cominceremo a votare domani l'altro in bicamerale; siamo alla prova della verità - parliamo di una radicale riorganizzazione dello Stato e dei suoi poteri per molti decenni; per molti decenni, non per qualche mese.
E quando parliamo di Europa - ecco la terza grande questione che abbiamo sul tavolo - non parliamo solo di una moneta, ma di una grande idea per il futuro nostro e vostro.
Quindi, vi assicuro che stiamo lavorando con la consapevolezza che decidiamo della nostra e della vostra vita. Voi - vi prego - tenete accesi i riflettori, siate attivi, tenete la parola. La politica, quando non è imbroglio e corruzione, è una grandissima cosa: afferratela. Ogni generazione lo fa a modo suo: trovate il vostro (Applausi).


PRESIDENTE. Passiamo al quesito n. 098 di Christine BARILLARO, Alessandra BLESSENT, Ilenia PERACCHIA, Claudio RAPELLI e Matteo PAGLIARO dell'Istituto d'arte di Aosta (Valle d'Aosta) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Christine Barillaro, ha facoltà di illustrare il suo quesito.


CHRISTINE BARILLARO (Istituto d'arte di Aosta, Valle d'Aosta). Signor Presidente della Camera, signore e signori del

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Governo, onorevoli deputati, amiche, amici, ragazzi, è con grande emozione che, a nome degli studenti della Valle d'Aosta, partecipo a questa sessione parlamentare così originale e che consente anche a dei giovanissimi come noi di esprimerci in quest'aula.
Siamo molto grati al Presidente Violante e all'Ufficio di Presidenza della Camera di averci invitato.
Nous savons, monsieur le President, que vous aimez n|f.tre Val d'Aoste et ses montagnes, vous connaissez très bien les raisons profondes de l'autonomie speciale de n|f.tre vallée.
Non è un caso che la nostra domanda rivolta al ministro Giorgio Bogi riguardi le riforme istituzionali. Nella nostra piccola valle questo è da sempre un tema molto discusso e ci sembrava utile, a pochi giorni dalla conclusione dei lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, avere un quadro della situazione e capire come stanno andando le cose, naturalmente sapendo che il punto di vista da cui noi vediamo il problema riguarda una piccola regione a statuto speciale situata nel cuore delle Alpi e una comunità bilingue fiera del proprio particolarismo.
Il nostro quesito dice esattamente: l'attuazione dell'ordinamento costituzionale dello Stato italiano ha richiesto tempi lunghi, lasciando tuttora aperti alcuni problemi; infatti si constata una diffusa crisi del funzionamento delle istituzioni pubbliche (Governo debole, Parlamento lento, magistratura inadeguata, nei mezzi, a fronteggiare l'illegalità). È possibile avere un quadro dell'attuale dibattito parlamentare sulle riforme istituzionali?
Sin qui, come dicevo, la domanda. Vorrei però aggiungere una considerazione. Quando si dice che il nostro futuro è nelle vostre mani, non è un'espressione retorica; si tratta di prendere atto che le decisioni che devono essere assunte oggi si rifletteranno in negativo o in positivo sulle nostre generazioni. Ogni ritardo, ogni incertezza peserà sul nostro futuro. Ci sembra di capire che esiste un ampio accordo di tutte le forze politiche sulla necessità di riscrivere alcune parti della Costituzione, ma vi è il rischio reale che dalla discussione non si passi mai ad una fase attuativa che ci consenta di cambiare tutto quello che non funziona.
Sappiate dunque che anche noi, per quanto ragazzi, seguiamo tutto quello che avviene perché ne capiamo l'importanza. Grazie per avermi ascoltata e seguirò con attenzione la risposta del Governo.


PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Bogi, ha facoltà di rispondere al quesito.


GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Per corrispondere a quanto detto anche dall'interrogante, è stata istituita la Commissione bicamerale, di cui ripetutamente si è parlato stamane in aula, la cui attività è basata su procedure predeterminate anche nei tempi.
Trattandosi di definire le regole fondamentali di convivenza della società, il Governo ha deciso di non interferire in alcun modo nelle decisioni che dovranno essere prese dalle due Camere, istituzioni direttamente rappresentative della società in quanto elette dal popolo. Per questo motivo non entrerò nel merito dei temi in discussione.
La Commissione bicamerale ha iniziato i suoi lavori in febbraio e li ha articolati per temi distinti in quattro Comitati. Ad oggi, il dibattito si è focalizzato sulla forma di Stato, ovviamente nel trasferimento di poteri dallo Stato alle regioni o agli enti locali, e nell'ambito di questo Comitato si è posto anche il problema della tutela dei gruppi linguistici minoritari.
Il problema successivo è stato quello del Parlamento e delle fonti normative. Ad oggi il dibattito si concentra sul numero dei parlamentari costituenti le due Assemblee, sulla composizione delle Assemblee in relazione anche alla rappresentanza eventuale di regioni od enti locali e si concentra poi, in ordine, certamente in maniera indiretta, anche ai tempi di deliberazione, sulla funzione paritaria oppure no delle due Camere. In questo

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momento, come voi sapete, le Camere hanno una funzione affatto paritaria.
Il problema, assai rilevante nella pubblicistica quotidiana, è stato quello della forma di Governo e si è centrato, come è in questo momento, sul più diretto collegamento della nomina del responsabile dell'Esecutivo con il voto popolare. Questo problema attiene certamente all'equilibrio fra la Presidenza della Repubblica, il Parlamento e lo stesso Governo in relazione all'indirizzo politico nazionale e rappresenta uno dei dati di quella che l'interrogante indica come debolezza del Governo.
Tutte queste soluzioni tendono ad accelerare la capacità di decisione dello Stato nei suoi vari organi e portano anche a considerare un aspetto recentissimo - evidenziato in precedenza, per esempio, dal ministro Dini - e cioè la costituzionalizzazione dei rapporti tra l'Italia e l'Unione europea, uno dei fatti fortemente innovativi (anche se non è il più importante) del lavoro che sta compiendo la Commissione bicamerale.
In ordine al cosiddetto problema delle garanzie, la Commissione esamina l'assetto della magistratura nel suo complesso (ordinaria, amministrativa, contabile) nel quadro dell'ordinamento complessivo; naturalmente emergono anche i problemi del rapporto tra il potere politico e la magistratura.
La Commissione dovrebbe iniziare a votare martedì 3 giugno, decidendo a maggioranza semplice e corrispondendo all'impegno della legge istitutiva, che vuole che la prima parte dei suoi lavori sia conclusa entro il 30 giugno.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Christine Barillaro.


CHRISTINE BARILLARO (Istituto d'arte di Aosta, Valle d'Aosta). La ringrazio, ministro Bogi, a nome mio e degli studenti della Valle d'Aosta, per la sua cortese risposta. Speriamo davvero che il Parlamento abbia la possibilità di avviare sin dai prossimi mesi le necessarie riforme istituzionali.
Nel 1998 la mia piccola regione autonoma ricorderà i cinquant'anni dello statuto di autonomia speciale, che fu varato con una legge costituzionale proprio dall'Assemblea costituente. Chissà che l'anno prossimo non coincida con la discussione di nuovi assetti istituzionali che tengano conto delle richieste di maggiore democrazia, di più partecipazione, di più attenzione al sistema delle autonomie locali, anche attraverso il federalismo.
Non so come saranno l'Italia e l'Europa di domani. L'unica certezza è che noi ci auguriamo che la pace, il dialogo, l'amicizia fra i popoli possano caratterizzare il prossimo millennio. Il secolo che sta per finire è stato caratterizzato dagli orrori delle guerre mondiali. Mi auguro sinceramente che gli anni duemila siano invece nel segno della concordia e dell'amore, del rispetto di ogni differenza e di ogni idea, senza distinzioni di lingua o di razza.
Grazie ancora per questa occasione che ci è stata data. Merci, monsieur le Président, pour cette inoubliable journée, et au revoir dans notre vallée (Applausi).


PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Beppe Pisanu, per il gruppo di forza Italia. Ne ha facoltà.


BEPPE PISANU (Gruppo forza Italia). Signor Presidente, cari ragazzi e ragazze, una volta chiesero ad un grande intellettuale italiano - allora membro di questo Parlamento - come fossero i deputati. Lui rispose testualmente così: il 10 per cento è la crema del paese, un altro 10 per cento è la feccia del paese; il restante 80 per cento è come il resto del paese. Era un modo mordace ma intelligente di dire che questa è davvero la casa degli italiani, di tutti gli italiani, con i loro difetti, le loro virtù, i loro problemi, le loro speranze, le loro passioni.
Non sempre noi, qua dentro, riusciamo ad essere all'altezza di tutti gli italiani, per diverse ragioni. Una - me lo suggeriva la ragazza della Valle d'Aosta che ha parlato poco fa - è che in questo Parlamento pesa troppo il passato e pesa meno il

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futuro; pesa troppo questo novecento che se ne sta andando, carico di divisioni, di lacerazioni che ogni tanto tornano facendo perdere di vista il valore dell'interesse generale, perfino l'amor di patria.
Oggi voi avete portato qui una ventata di futuro, ma la solennità del luogo, della circostanza vi ha indotti a farlo in maniera forse un po' troppo formale e mediata. È chiaro che, se voi fate domande preannunziate, i ministri vi danno risposte preconfezionate. Allora voi siete quasi obbligati a dichiararvi soddisfatti e ci rimettiamo un po' tutti e ci rimette in parte anche la verità.
Vorrei che voi vi convinceste che in questo libero Parlamento c'è spazio per tutto, anche per le vostre insoddisfazioni, per le vostre inquietudini e per le vostre ribellioni.
Allora, signor Presidente della Camera, concludo con una proposta: la prossima volta, il prossimo 1^ giugno, i ragazzi d'Italia vengano qui non con domande preconfezionate, ma con domande spontanee, da fare alla sprovvista, avendole concordate soltanto - e sottolineo la parola «soltanto» - con i loro compagni di classe. Sono certo che allora qui entreranno più futuro e più verità (Applausi).


PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, come lei sa bene, la seduta, anche quando concerne la trattazione delle interrogazioni che facciamo abitualmente alla Camera, si svolge sulla base di domande già stampate che i ministri conoscono per potersi documentare per la risposta. Se mi permette, per la vecchia amicizia che ci lega, vorrei rilevare che anche lei ha letto parte del suo testo (Applausi).


BEPPE PISANU. No, no.


PRESIDENTE. È bene avere una scaletta, ha ragione.
Comunque valuteremo con attenzione questa proposta. Grazie, presidente Pisanu.
Passiamo al quesito n. 102 di Giulia MANTOVANI, Laura FINOTELLO, Valentina VAROLO, Greta GIOLO e Claudia BRESSAN dell'Istituto magistrale «G. Badini» di Adria, Rovigo (Veneto) (per il testo del quesito vedi l'allegato).
La studentessa Greta Giolo, ha facoltà di illustrare il suo quesito.


GRETA GIOLO (Istituto magistrale «G. Badini» di Adria-Rovigo, Veneto). Signor Presidente, signori ministri, come possono il Consiglio dei ministri e il ministro delle poste e delle telecomunicazioni intervenire per proteggere i giovani da una pubblicità televisiva sempre più invadente e irrispettosa delle coscienze?


PRESIDENTE. Il ministro delle poste e delle telecomunicazioni, onorevole Maccanico, ha facoltà di rispondere al quesito.


ANTONIO MACCANICO, Ministro delle poste e delle telecomunicazioni. La questione posta da questo quesito è più importante di quanto comunemente si ritiene. Ricordo di aver visto su un giornale americano tempo fa una vignetta nella quale vi erano un padre ed un bambino che guardavano un programma televisivo ed il bambino ad un certo punto chiedeva: papà, quanto tempo dobbiamo aspettare per avere un bello spot pubblicitario? Ebbene, questa vignetta dimostra la presa che la pubblicità televisiva ha sui minori.
Il Governo ha presente il problema ed ha istituito presso la Presidenza del Consiglio un comitato che ha il compito di elaborare un codice di comportamento degli operatori televisivi nei riguardi dei giovani e dei bambini. Lo scopo è quello di migliorare ed elevare la qualità delle trasmissioni televisive, non solo della pubblicità, anche, ad esempio, di quelle di intrattenimento, per evitare che venga enfatizzata la violenza e che ricorrano gratuite volgarità o banalizzazioni della vita e dei rapporti personali.
Il comitato è composto da esperti ed ha il compito di definire un codice di

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autoregolamentazione per le emittenti televisive. La scelta del codice di autoregolamentazione, al cui rispetto sono liberamente tenuti gli operatori, nasce dalla necessità di evitare che si adottino norme che possano risultare in qualche modo censorie della libertà di espressione. In questa materia, infatti, è indispensabile porre regole precise, ma è anche utile richiamate ciascuno degli operatori ad un maggior senso di responsabilità nell'uso di un mezzo così delicato come la televisione.
Quanto alle regole, come ministro delle poste e delle telecomunicazioni, con il sostegno del Governo ho presentato un disegno di legge che contiene una serie di disposizioni soprattutto sulla pubblicità rivolta ad un pubblico di giovani e di minori. È espressamente previsto il divieto di trasmettere pubblicità radiotelevisiva che proponga o evochi rappresentazioni discriminatorie o comunque offensive delle differenze di sesso, di razza, di nazionalità, di convinzioni religiose e di ideali o che induca a comportamenti pericolosi per la salute, per la sicurezza o l'ambiente o arrechi pregiudizio ai minori (mi riferisco all'articolo 11 del disegno di legge n. 1138 presentato al Senato). Insomma, una serie di disposizioni che tendono a rendere molto più severa la disciplina oggi vigente sulla pubblicità. In effetti attualmente esistono norme che tendono ad evitare che la pubblicità televisiva esorti i giovani ad acquistare un prodotto sfruttandone l'inesperienza oppure a mostrare, senza motivo, minorenni in situazioni pericolose.
Queste regole sono contenute, tra l'altro, in una direttiva dell'Unione europea del 1989. La legge prevede che il compito di controllare l'applicazione delle norme sulla tutela dei minori dai messaggi pubblicitari spetti al Garante della radiodiffusione.
Il Ministero delle poste, tuttavia, attraverso i propri uffici sparsi sul territorio, effettua un costante monitoraggio delle trasmissioni televisive per segnalare al Garante le eventuali violazioni. Questi compiti in futuro saranno affidati all'istituenda Autorità per le garanzie delle comunicazioni, che sarà chiamata con ampi poteri a verificare il rispetto del settore radiotelevisivo delle norme in materia, anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori.
Un ulteriore sforzo è stato compiuto dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni per quanto riguarda la produzione e trasmissione di programmi per i ragazzi. Nel prossimo contratto di servizio con la RAI sono contenute una serie di regole che impongono alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di dedicare un'apposita linea di produzione a questo tipo di programmi anche per quel che riguarda la parte informativa, per esempio con un telegiornale esclusivamente dedicato ai ragazzi.
Mi auguro che il Parlamento possa in tempi rapidi approvare le proposte presentate dal Governo in modo che questa materia abbia quanto prima regole più certe delle attuali.


PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la studentessa Greta Giolo.


GRETA GIOLO (Istituto magistrale «G. Badini» di Adria-Rovigo, Veneto). Ringrazio il ministro per l'esauriente risposta e spero che tra giovani e pubblicità si crei presto un giusto equilibrio.


PRESIDENTE. Forse anche per raccogliere un invito fatto dal presidente Pisanu, c'è un piccolo fuori programma al quale aderisce il Presidente del Consiglio, nel senso che uno studente della scuola Colombini di Piacenza ha chiesto di porre «fuori sacco» un quesito al Presidente del Consiglio.
Le ricordo che ha un solo minuto a disposizione invece che tre.
Passiamo al quesito n. 022 di Davide CHIESA, Jacopo GAZZOLA, Silvia PICCOLI, Paola VALLA e Calogero SCIASCIA dell'Istituto «G. Molino Colombini» di Piacenza (Emilia-Romagna) (per il testo del quesito vedi l'allegato).

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Lo studente Jacopo Gazzola ha facoltà di illustrare il suo quesito.


JACOPO GAZZOLA (Istituto «G. Molino Colombini» di Piacenza, Emilia-Romagna). Signor Presidente, il Parlamento viene accusato spesso di lentezza e di scarsa produttività. Una sola Camera non potrebbe svolgere il suo compito in modo più agile e più economico? Se entrambe le Camere esprimono la stessa rappresentanza, perché non si è mai attuata questa semplificazione? Che limiti avrebbe?


PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Prodi, ha facoltà di rispondere al quesito.


ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Questo è proprio uno dei temi forti sui quali è impegnata la Commissione bicamerale, quello cioè di snellire i lavori parlamentari e verificare se, proprio come lei si chiede, una sola Camera sia sufficiente o se la garanzia offerta dalla doppia Camera sia essenziale, com'è nella tradizione del nostro paese. Tuttavia, c'è già qualcosa che si può far subito e che i Presidenti della Camera e del Senato hanno cominciato ad esaminare: mi riferisco allo snellimento dei regolamenti che presiedono ai lavori delle due Camere, in modo che il bicameralismo perfetto, che oggi abbiamo, non sia di ostacolo all'efficienza della vita del Parlamento.


PRESIDENTE. Intende replicare?


JACOPO GAZZOLA, (Istituto «G. Molino Colombini» di Piacenza, Emilia-Romagna). No, il Presidente del Consiglio ha risposto pienamente al quesito che gli ho posto.


PRESIDENTE. Signor Presidente del Consiglio, signori ministri, ragazze e ragazzi, la giornata è così terminata.
Vi chiedo ora un minuto soltanto per fare alcuni ringraziamenti ed un saluto finale. Rivolgo innanzitutto un ringraziamento a voi studenti e ai vostri compagni che hanno collaborato con voi nel preparare i quesiti (e che forse hanno seguito da casa la discussione odierna) e agli studenti e alle persone che ci hanno seguito per televisione. Rivolgo inoltre un ringraziamento agli insegnanti, sia a quelli presenti nelle tribune sia a quelli che vi hanno guidati sia a quelli che sono a casa.
Gli insegnanti danno al paese molto di più di quello che il paese dà loro (questo lo sappiamo). Esprimo quindi l'auspicio che il Parlamento ed il Governo possano dare agli insegnanti ciò a cui loro hanno diritto per il compito straordinario che hanno di educarvi e di formarvi ai valori civili.
Rivolgo altresì un ringraziamento al Ministero della pubblica istruzione e ai provveditorati italiani, che hanno collaborato con grande disponibilità, ai colleghi che hanno selezionato i quesiti e che hanno lavorato con noi, ai commessi, agli stenografi e a tutto quanto l'apparato dell'Amministrazione della Camera, i funzionari, gli impiegati, i dirigenti e il Segretario generale, che hanno organizzato questa seduta.
In quest'Aula si sono sentiti accenti molto diversi. È stato consentito di parlare in lingua non italiana a una vostra compagna, anche se in genere qui non è consentito perché, appunto, si parla soltanto in lingua italiana; tuttavia, la seduta era in qualche modo straordinaria! Abbiamo sentito accenti francesi, accenti un po' tedeschi, accenti siciliani, sardi, toscani e da questa discussione è venuta fuori un'Italia diversa ma unita; e in questa Camera, che è diversa, ma rappresenta l'unità nazionale, oggi, grazie al vostro lavoro, credo sia stata rappresentata, così come vorremmo che accadesse ogni giorno, l'unità nazionale. Siamo differenti nelle varie parti del paese, ma l'Italia è già stata separata per molti secoli, divisa, frantumata e perciò è stata schiava di altri! L'impegno che tutti noi abbiamo è che,

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rispettando le differenze, questa Repubblica che oggi celebriamo, questo paese sia unito per dare più forza a ciascuno di noi.
Io credo, ragazzi, che ciascuno di voi abbia un sogno per la sua vita e per il suo futuro. Il mio augurio è che ciascuno di voi possa realizzarlo e che possa trovare nella sua vita una Repubblica amica, che lo aiuti a realizzarlo. Il nostro sforzo è realizzare questa Repubblica amica; voi, oggi, l'avete onorata con la vostra compostezza, il vostro rigore e la vostra lucidità. Vi assicuro che è stato molto più facile presiedere questa seduta che un'ordinaria seduta della Camera (come ben sanno i ministri, il Presidente del Consiglio e i colleghi deputati presenti).
Vi ringrazio molto e ringrazio i colleghi deputati. Rivolgo un saluto finale a voi, ai vostri insegnanti e alle vostre famiglie (Generali applausi).
Di nuovo grazie.
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 12,07.