Premesse per una nuova politica generale a favore del Mezzogiorno

(Relazione di Giuliano Amato)

SCHEMA DI BASE

 

Scopo di questa relazione

 

Questa giornata di studio sul Mezzogiorno si svolge nel corso della preparazione di un rapporto di aggiornamento, richiesto dalla Commissione bilancio della Camera, per riordinare i dati fondamentali in cui il problema deve reinquadrarsi nel nuovo contesto europeo.

Il Mezzogiorno nel contesto europeo

La Commissione bilancio della Camera è infatti la Commissione competente per la politica economica generale e unisce i temi della finanza pubblica a quelli dello sviluppo economico. La sua competenza è dunque tipicamente quella di regolare la distribuzione delle risorse tra tutti i settori e le politiche sulla base di un quadro generale.

Competenze della Commissione bilancio

In particolare la prossima sessione di bilancio sarà caratterizzata, secondo il documento di programmazione finanziaria di recente approvato, dalla combinazione di obiettivi di stabilità finanziaria e di sostegno dell'economia, con riferimento all'occupazione e al Mezzogiorno.

Sessione di bilancio

In preparazione di questa importante scadenza, la Commissione ha incaricato il Servizio studi della Camera di predisporre il Rapporto di aggiornamento sul problema del Mezzogiorno nel contesto europeo, avvalendosi di centri di ricerca e di studiosi esterni, da presentare prima dell’inizio della sessione di bilancio. E’ stato costituito, nell'ambito del Servizio studi, un gruppo di base guidato dal professor Giuliano Amato e costituito da esperti designati dai centri istituzionali di ricerca specializzata (Servizio studi della Banca d'Italia, Imes, Ispe, Istat, Svimez). Il gruppo di base ha quindi proceduto alla consultazione di studiosi scelti tra quelli che hanno offerto contributi recenti e innovativi e che sono risultati disponibili (vedi elenco allegato e i dossier di contributi in distribuzione).

Gruppo di ricerca

La Commissione bilancio ha inoltre ritenuto opportuno organizzare, nella fase di avvio della ricerca, questa giornata di studio per dare luogo ad un dibattito pubblico, a partire da una prima relazione ricognitiva del gruppo di lavoro, che consentisse un effettivo confronto su questi temi tra commissione europea e esponenti politici del governo e dei gruppi parlamentari, unendo testimonianze di politiche di sviluppo di altri paesi europei, con rappresentanti delle autonomie territoriali del mezzogiorno, di parti sociali e di imprese operanti con successo nelle regioni meridionali. I risultati della giornata di studio confluiranno nel rapporto che il gruppo di lavoro, predisporrà, dopo avere concluso la consultazione di studiosi ed esperti in corso e comunque entro il 30 settembre 1998, prima dell'inizio della sessione di bilancio.

 

In questa fase della ricerca, quindi non si tratta di prospettare conclusioni, ma di indicare i temi su cui il confronto può svolgersi raccogliendo diversi punti di vista e condizionandoli tutti alla esigenza di proporre una visione d'insieme.

Necessità di una visione di insieme

Scopo di questa relazione è pertanto quello di disegnare il campo delle questioni da considerare fondamentali in questo specifico e cruciale passaggio politico, all'indomani nell'ingresso nel sistema della moneta unica.

 

Dopo la lunga stagione politica dominata dall'obiettivo del risanamento finanziario secondo i cosiddetti parametri di Maastricht, oggi, occorre ridefinire i confini e la complessiva problematica di una nuova politica generale che includa l'insieme delle politiche per il mezzogiorno.

 

Da obiettivo finale della politica italiana, il risanamento finanziario diviene ora il gradino di partenza e il vincolo per raggiungere altri risultati. Considerato che i successi ottenuti nel campo finanziario sono stati ottenuti proprio quando la politica di riduzione del deficit è divenuta politica generale del Governo e del Parlamento, ossia quando l'indirizzo politico costantemente ribadito negli ultimi anni ha attribuito alla politica finanziaria la funzione di cornice in cui inserire i singoli interventi legislativi e amministrativi, occorre ripetere lo stesso procedimento anche con l'obiettivo (non solo) economico della crescita del Mezzogiorno.

 

Da qui nasce l'esigenza di individuare gli elementi da collegare tra loro per affrontare in termini evolutivi il tema meridionale e per attribuire valenza generale all’insieme degli interventi. In particolare, la ricerca in corso cercherà di tracciare un quadro di sintesi attuale (e sufficientemente condiviso) delle premesse necessarie ad una politica che abbia come obiettivo centrale lo sviluppo del Mezzogiorno.

 

La giornata di studio non dovrebbe quindi occuparsi direttamente dei temi più strettamente politici, di cui si può discutere in altre e diverse occasioni, quanto di delineare uno sfondo di analisi e di impostazione dei problemi in cui l'azione politica e parlamentare si va ad inserire. Non dovrà quindi stupire se non si farà diretto riferimento al tema dell'Agenzia per il Mezzogiorno, che pure occupa un posto rilevante nella cronaca politica anche di questi giorni, dal momento che non si parlerà dei singoli strumenti di intervento e di incentivazione dello sviluppo.

 

Si insisterà invece su una esigenza di confrontare la coerenza e la validità di singoli strumenti di incentivazione con il quadro generale delle politiche da porre in essere in questa fase nel nuovo quadro europeo.

 

Una nuova politica generale per il Mezzogiorno non è fatta necessariamente di nuove norme e nuovi strumenti, al contrario per il Governo dovrebbe significare in primo luogo impegno ad una forte e coordinata gestione degli strumenti esistenti e cioè dell’insieme delle politiche pubbliche; per il Parlamento e le opposizioni implica una verifica costante e critica delle modalità concrete di attuazione e dei risultati.

 

Una politica generale è fatta dunque di cose molto concrete: il collegamento e l’armonizzazione verso finalità unificanti delle politiche settoriali e la loro gestione pratica in termini di effettiva attuazione. E’ questo anche il senso dell’impostazione data a questa giornata di studio basata sul confronto tra gli esponenti della politica italiana e della commissione europea, autori delle politiche, con testimonianze che vengono da esperienze straniere, dalle imprese e dalle parti sociali, dagli esponenti delle autonomie e delle comunità nel Mezzogiorno.

 

 

1. L’Europa

1.1. Il cambiamento del contesto internazionale

Il raffronto tra le politiche in atto in diversi paesi dell’Unione rappresenta una condizione oramai permanente per la discussione di qualsiasi politica nazionale, che deve costantemente misurarsi con la interazione e la competizione con le altre politiche e il complessivo contesto istituzionale che esse determinano nei diversi Paesi.

Raffronto con le politiche di altri Paesi dell’Unione europea

Nell’ambito dell'Unione economica e monetaria, la questione meridionale non può più essere pensata come un problema italiano, ossia in termini di contrapposizione nord-sud, ma deve essere definitivamente collocato nel contesto europeo e rapportato con altre situazioni territoriali europee, caratterizzate da un minore sviluppo e sottoposte al medesimo quadro di regole.

 

Gli indirizzi delle politiche europee hanno oramai prodotto mutamenti irreversibili nel contesto di riferimento per l’elaborazione delle politiche nazionali. Il processo di integrazione economica, l’introduzione della moneta unica ed il rispetto del patto di stabilità comporteranno, nel medio periodo, dei vincoli stringenti alla politica economica dell’Unione Europea nel suo insieme e alle politiche che i singoli Stati membri potranno autonomamente attuare. Tuttavia, la stabilità finanziaria, che è stata - e continuerà ad essere – vincolo strutturale per le politiche nazionali, costituisce, al contempo, una condizione delle politiche di sviluppo.

Stabilità finanziaria: vincolo e condizione per lo sviluppo

Le politiche dell'Unione europea appaiono, nel loro complesso, limitate e insufficienti di fronte alle grandi conseguenze dello sviluppo dell'Unione sulle economie nazionali. Le politiche di stabilità costituiscono la base di uno sviluppo equilibrato e duraturo per l’intera area, ma richiedono una gestione non automatica. Gli Stati nazionali sono ormai privi delle possibilità di manovra monetaria, mentre il patto di stabilità impone rigorosi vincoli alle stesse politiche fiscali. Una politica efficace deve quindi assicurare, in primo luogo, un efficace coordinamento e razionalizzazione delle politiche e degli interventi nazionali. Appare dunque necessaria una riforma degli strumenti comunitari e un efficace coordinamento delle politiche, in modo da sviluppare una politica europea capace di fronteggiare i problemi di squilibrio e gli shocks economici.

Insufficienza delle politiche dell'UE

Occorre poi che siano maggiormente chiariti i confini e i reciproci rapporti tra valori potenzialmente conflittuali, come le politiche per la competitività e le politiche di intervento regionale. Se è vero che in passato si sono utilizzati gli strumenti delle politiche regionali per trasferire alle imprese nazionali sostegni camuffati, è avvertita l'esigenza che l'Unione europea detti regole – magari severe - che tuttavia consentano agli Stati membri interventi anche cospicui di riequilibrio, senza favorire le sole imprese nazionali. In ogni caso tutta questa materia non può essere regolata sulla base di automatismi e di applicazioni burocratiche. (Un esempio potrebbe essere quello dei limiti imposti all'Italia sulla fiscalizzazione degli oneri sociali che potrebbero essere riconsiderati la luce di esigenze mirate e specifiche di una politica di riequilibrio territoriale).

Competitività e politiche regionali

Processi di convergenza su modelli politici ed economici "europei" si verificano anche all’interno degli Stati membri, accompagnandosi generalmente alla tendenza verso il decentramento e all’introduzione del principio e del metodo della sussidiarietà.

 

Guardando all’esperienza degli altri Paesi per trarne insegnamento per la realtà italiana, si osserva innanzitutto che essi hanno perseguito con successo l’obiettivo di coniugare il risanamento dei deficit pubblici ed il rispetto degli altri parametri di convergenza richiesti dal trattato di Maastricht con una crescita più equilibrata dell’economia ed un’attenuazione dei divari territoriali.

Politiche regionali in altri paesi europei

Questi Paesi sono stati in grado di utilizzare gli spazi finanziari e normativi lasciati aperti dalla Comunità, in termini sia di utilizzo efficace delle risorse stanziate a livello comunitario per il finanziamento delle politiche regionali, sia di politiche nazionali di incentivazione delle attività produttive: la "mappa" degli aiuti di Stato alle imprese coincide infatti, di norma, con quella delineata per gli incentivi concessi a valere sui fondi strutturali comunitari.

 

Con riguardo a questi ultimi, è da ricordare che l’intero territorio dell’Irlanda è ricompreso nell’obiettivo 1 (aree in ritardo di sviluppo), mentre in Spagna, accanto a vaste parti del territorio ricadenti in tale obiettivo, le restanti sono comunque ricomprese negli obiettivi 2 (aree in declino industriale) e 5b (aree rurali svantaggiate). In misura sia pure diversificata quanto all’intensità di agevolazione tra le diverse zone al loro interno, questi due Paesi possono quindi attuare una politica di recupero dei divari territoriali che sostanzialmente coincide con la politica nazionale diretta allo sviluppo delle attività produttive, alla ricerca e all’innovazione, ecc.

Irlanda e Spagna

Diversa invece la situazione della Francia e del Regno Unito, dove regioni più sviluppate convivono con altre, come la Scozia, il Galles, alcune zone dell’Inghilterra e l’Irlanda del Nord, in cui sono presenti aree svantaggiate.

Francia e Regno Unito

Quanto alla Germania, essa dopo la riunificazione presenta una situazione dualistica, in qualche modo più simile a quella italiana, in quanto una parte rilevante del territorio (i Lander orientali) ricade ora nelle zone obiettivo 1.

Germania

Ovviamente le diversità tra le economie nazionali e tra i rispettivi assetti istituzionali non permettono un’automatica trasposizione delle scelte operate all’estero nel contesto italiano, ma dalle politiche dei Paesi a noi vicini si possono comunque trarre utili elementi. Uno spunto di riflessione riguarda quindi i modi con cui sono state attuate nei rispettivi Paesi le politiche regionali e quali ostacoli hanno incontrato: quale è stato il ruolo attribuito, ad esempio, alla flessibilità del mercato del lavoro, all’attrazione dei capitali stranieri, alla piccola e alla grande impresa? Quali scelte sono state operate in termini di struttura di gestione dell’intervento: è stato affidato al potere centrale o alle autonomie regionali e locali? La concessione degli incentivi si è basata prevalentemente su meccanismi automatici o si è affidata a meccanismi discrezionali? Si è verificata o meno una "concorrenza" tra le aree svantaggiate nell’attrarre risorse nazionali o straniere? Questa concorrenza va considerata come un fattore positivo o negativo?

 

Il Mezzogiorno d’Italia deve oggi confrontarsi in chiave emulativa e competitiva con tutte le altre aree meno sviluppate dell’Europa, nel quadro di una economia aperta. Il mezzogiorno presenta complessivamente tutti i fattori strutturali delle aree deboli, ma il confronto in ambito europeo comporta una ridefinizione del Mezzogiorno rispetto alla visione storica conseguente al confronto con il solo il centro nord d’Italia. Può verificarsi una perdita’ di unita’ e di omogeneità della tradizionale questione meridionale e l’accentuarsi del peso delle differenziazioni interne. Al tempo stesso si sviluppa una dinamica molto più complessa di comparazione e relazioni con altre aree europee o del sistema mediterraneo. Tutto ciò impone una attenta riconsiderazione della nuova condizione del mezzogiorno sia ai fini della definizione di una politica nazionale italiana in ambito interno e comunitario , sia ai fini della definizione di una politica dell’Unione europea verso l’intera area sud dell’Europa.

Mezzogiorno e contesto internazionale

Infine, la prospettiva dell’allargamento ad Est dell’Unione europea aggrava la complessiva insufficienza della riflessione su questi temi sia in sede italiana, sia in sede comunitaria. Si apre perciò la prospettiva di un grave aumento di conflittualità interna in assenza di un equilibrio geopolitico e strategico nella linea dell’Unione europea nelle politiche territoriali.

In questo quadro, non dovrebbe l’Italia agire rapidamente in sede di Unione Europea per rafforzare politiche strategiche rivolte verso sud (vedi punto successivo), che includano le relazioni con l'ampia area extracomunitaria contigua?

 

1.2. Il Mediterraneo

Il superamento della considerazione della questione meridionale in termini puramente nazionali introduce, oltre al contesto comunitario, anche il tema dei rapporti con i Paesi del Mediterraneo. La tradizionale contrapposizione tra Nord e Sud dell'Italia viene sostituita da una rete molto più complessa e articolata di relazioni, che comprende - oltre ai rapporti con i Paesi comunitari continentali - anche quelli con gli altri Paesi mediterranei comunitari, africani e asiatici, anche - per questi ultimi - tramite il passaggio attraverso il Canale di Suez.

Il Mezzogiorno nel Mediterraneo

Quest'insieme di relazioni non riguarda solo l'Italia, ma tutta l'Unione europea, che non può venire meno alla responsabilità di definire una strategia verso queste aree.

 

I rapporti con i Paesi del bacino del Mediterraneo sono caratterizzati da più aspetti anche contrastanti:

  • l’esistenza di un vasto mercato;
  • la questione dell’interscambio commerciale;
  • le connesse possibilità di valorizzazione del sistema portuale meridionale;
  • il massiccio fenomeno dell'immigrazione clandestina;
  • la possibilità - per ora scarsamente sfruttata - di contribuire allo sviluppo di quelle zone con le nostre imprese ad alta qualificazione tecnologica;
  • la possibile concorrenza nelle produzioni a minor valore innovativo.
 

Oggi si prospetta concretamente la possibilità di impostare , nel quadro di una politica generale, una strategia globale di sviluppo che comprenda anche il sistema delle relazioni con tutta l’area geografica che gravita verso il centro del Mediterraneo (ad esempio a cominciare dalle infrastrutture di trasporto) .

 

 

2. Il cambiamento del contesto interno

2.1. Il "nuovo corso" nelle politiche pubbliche degli anni '90

Il processo di ingresso in Europa ha provocato in Italia un radicale mutamento delle politiche nazionali, che ha inciso profondamente sulla situazione del nostro Mezzogiorno.

 

L’inversione di tendenza nelle politiche di finanza pubblica, a partire dal governo Amato in poi (contenimento del deficit attraverso politiche di riduzione e riqualificazione della spesa pubblica), ha costituito lo sfondo in cui si sono inserite le principali scelte volte alla modernizzazione del Paese secondo i trattati europei che rappresentano una vera e propria "Costituzione integrativa" . Da ciò derivano nel contesto italiano enormi trasformazioni tutte rivolte alla crescente valorizzazione della concorrenza e alla riduzione del peso dello Stato: le privatizzazioni, ivi compresa anche quella del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici e i processi di liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati. Contemporaneamente anche il fronte istituzionale è stato attraversato da grandi scelte innovative, con l’introduzione del sistema maggioritario, l’elezione diretta dei sindaci, i processi di riforma delle pubbliche amministrazioni e del bilancio dello Stato.

La modernizzazione del Paese: privatizzazioni, liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati

Per quanto riguarda il Mezzogiorno, si sono succeduti e si stanno ancora succedendo enormi mutamenti strutturali, che hanno complessivamente portato alla riduzione di un importante flusso di risorse e alla fine di una stagione in cui l’intervento pubblico ha avuto nell’economia un ruolo molto maggiore rispetto al centro-nord. I principali eventi che vanno ricordati sono:

  • la fine dell’intervento straordinario e della politica della spesa pubblica;
  • la fine del sistema delle partecipazioni statali;
  • le privatizzazioni delle società e dei grandi enti pubblici economici;
  • la crisi di grandi istituzioni economico-sociali come i banchi meridionali;
  • la tendenziale cessazione dei monopoli e la conseguente privatizzazione dei servizi di pubblica utilità;
  • la generale sottoposizione delle attività pubbliche e private alle regole della concorrenza con la decadenza delle politiche interventiste .

La fine dell’intervento straordinario e della politica della spesa pubblica

Tutto ciò ha avuto aspetti positivi, ma certamente per il mezzogiorno ha rappresentato un gigantesco e traumatico processo di integrale cambiamento, per il peso che vi giocava il complesso dell’economia pubblica. In questo quadro, viene sottolineato con particolare intensità da alcune opinioni, il peso che hanno avuto in questi anni recenti gli effetti della svalutazione della lira degli anni '90, che ha rilanciato le esportazioni, consentendo alle imprese, anche nel Mezzogiorno, di avvalersi di un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti stranieri. Ciò ha provocato negli anni passati una condizione generalizzata di vantaggio, che oggi è definitivamente venuta meno, con immediate ripercussioni negative nelle aspettative. Inoltre, mentre le altre imprese straniere si sono negli anni scorsi impegnate a fondo nella innovazione come principale strumento di superamento della difficoltà, quelle italiane hanno approfittato dei vantaggi immediati della svalutazione. Ciò determina oggi un ritardo delle imprese italiane - rispetto ai competitori stranieri - negli investimenti destinati all'innovazione, che dovrà essere colmato senza poter più ricorrere alle manovre sul cambio, cui si è più volte fatto ricorso in passato.

Svalutazione

2.2. Gli effetti "perversi" delle politiche pubbliche interventiste nel Mezzogiorno

L’intervento straordinario, concepito come un grande disegno politico di sostegno, ha certamente contribuito alla grande crescita del Mezzogiorno negli anni dal 1951 al 1992. Tuttavia, accanto agli effetti positivi, vi sono numerose analisi che documentano le ragioni per le quali lo sviluppo indotto dall'intervento pubblico non ha determinato il decollo di una crescita autonoma ed anzi ne ha compromesso in parte le possibilità. La gestione dei 15 anni finali dell’intervento straordinario ha determinato una grave erosione del "capitale sociale", inteso come sistema dei valori dominante nella società meridionale.

Risultati contrastanti dell'intervento straordinario

Infatti, l’erogazione non connessa a logiche di mercato di risorse finanziarie ingenti ha introdotto effetti pervasivi e duraturi nei comportamenti economici e sociali, scoraggiando la propensione all’impresa ed alimentando, invece, il ruolo dell’intermediazione politica nella distribuzione delle erogazioni e le aspettative di assuefazione all’assistenzialismo (Vedi punto successivo).

Distorsione politica degli interventi

 

3. La condizione del Mezzogiorno oggi

3.1. La risposta ai mutamenti delle politiche pubbliche

Le articolate reazioni del Mezzogiorno ai mutamenti del contesto nazionale e comunitario hanno determinato un quadro complesso e fortemente diversificato della realtà meridionale.

Il Mezzogiorno come realtà articolata

La fine dell’intervento straordinario e il tramonto delle altre politiche di accentuato interventismo pubblico hanno costituito per il Sud uno shock.

 

La rottura di un sistema politico-economico stabilizzatosi nel tempo è stato un trauma di grande portata, che si è riversato in termini anche drammatici in seri segnali di crisi economica (aumento del generale divario nord-sud, sensibile incremento della povertà, scomparsa di ampie fasce di preesistente vitalità economica) e nella violenta recrudescenza dei delitti di mafia a sfondo politico.

Il Mezzogiorno negli anni della crisi economica

Le politiche dell'incentivazione finanziaria dell'investimento adottate come unica sostituzione dell'intervento straordinario hanno funzionato con ritardo e in ambiti circoscritti. E' molto importante la considerazione che gli effetti più importanti e positivi per il Sud possono essere attribuiti non a politiche pubbliche, ma ad una reazione spontanea dei settori vitali della società meridionale: ad esempio numerose imprese ed aree hanno risposto alla sfida con un rapido orientamento al mercato, una maggiore proiezione internazionale, un miglioramento gestionale. Si è detto che, anzi, in alcuni casi l'economia non assistita dei distretti industriali meridionali ha mostrato tassi di crescita più vigorosi di quelli dei distretti del nord-est. Casi esemplari di sviluppo di imprese nel sud ci sono e vanno assunti come indice dei fattori di sviluppo che funzionano, ma anche dei maggiori ostacoli che permangono, in quanto anche queste imprese manifestano una condizione di crescita trattenuta. Il consolidamento competitivo delle imprese che hanno resistito alla dura prova di questi anni è dunque uno dei temi fondamentali delle politiche pubbliche.

Reazione spontanea dei settori vitali della società meridionale

Altra risposta di adattamento, vitale ma di segno più ambiguo, è certamente rappresentata dalla ripresa dell’economia sommersa, che include anche fenomeni di frode e di grave illegalità. Il progressivo risanamento e l'emersione di questo settore è un altro grande tema di questi anni, nell'ambito della politica di sostegno allo sviluppo autonomo della società meridionale.

L'economia sommersa

3.2. Quali sono oggi gli ostacoli allo sviluppo?

L’approccio economico tradizionale ha posto in luce i vincoli allo sviluppo delle regioni meridionali derivanti da carenze dei meccanismi di integrazione nel mercato (carenze di infrastrutture, perifericità, minore produttività dei fattori), ma oggi va integrato con l'analisi dei condizionamenti e del contesto sociale e culturale del Meridione. In una società caratterizzata da una storica arretratezza del tessuto civile e da una forte presenza della criminalità organizzata, le "cattive politiche" assistenziali hanno inciso con effetti disgreganti sul già fragile "capitale sociale".

Insufficienza dell'approccio economico tradizionale

La vicenda dell’intervento straordinario ha certamente indotto trasformazioni gigantesche e altrimenti non immaginabili nella vita e nella morfologia stessa dell’Italia meridionale, ma ha lasciato dietro di sé anche una grande deriva perversa, come l’enorme potere corruttore esercitato, non solo sugli individui, ma soprattutto sulle istituzioni, il deterioramento della classe dirigente, il rafforzamento della criminalità, i fenomeni di arricchimento rapido, i casi di percezione passiva di reddito che non corrispondeva ai meriti del lavoro, dell’ideazione e dell’impresa e, infine, la crisi irreversibile di molte imprese che non nascevano da necessità economiche reali o che rimanevano estranee alle tradizioni, alla cultura e al saper fare delle realtà locali. Si è dunque verificata una distorsione dei meccanismi di produzione della ricchezza e al tempo stesso una grave alterazione dell’etica pubblica, nel momento in cui venivano meno i valori di riferimento della società contadina tradizionale.

Le conseguenze negative dell'intervento straordinario

Il funzionamento scarsamente efficiente o distorto delle istituzioni ha dunque costituito, in una fase di cambiamento, forse l’ostacolo principale, generato dall’interno della società meridionale, alla capacità di risposta dell’ambiente locale alle opportunità ed ai vincoli economici esterni e ha finito per depotenziare gravemente l’efficacia stessa degli strumenti d’intervento mirati allo sviluppo economico ed all’occupazione.

Il cattivo funzionamento delle istituzioni

Per ovviare a questi problemi, occorre non tanto por mano a nuovi interventi legislativi, quanto privilegiare il funzionamento di quelli esistenti, correggendoli e semplificandoli. Occorre dunque porre al centro la questione del funzionamento delle politiche e, in concreto, dell'apparato amministrativo. L'attenzione politica deve pertanto spostarsi dall'annuncio al risultato, dando maggior spazio e risorse finanziarie alle iniziative di successo e abbandonando - o correggendo - gli strumenti che l'esperienza dimostra non adeguati alle aspettative. In questo senso, va considerata in termini negativi non solo la mancata utilizzazione di risorse disponibili, ma anche lo spreco infinito di risorse e di politiche pubbliche che nasce dall’uso automatico e non ottimale degli strumenti disponibili per finalità non rispondenti ad una logica di sviluppo. Ad esempio, si pensi alla realizzazione di opere non essenziali , che esauriscono gran parte dei loro effetti con l'esecuzione dell'opera. In questa ottica anche le procedure di utilizzo dei fondi strutturali andrebbero adeguate in modo da privilegiare non solo e comunque l’utilizzo, ma anche l’esigenza che gli investimenti siano diretti a migliorare le infrastrutture di un'area e le condizioni in cui operano le persone e i soggetti economici e non risorse da destinare al temporaneo assorbimento di manodopera altrimenti inutilizzata.

Dall'annuncio al risultato

Istituzioni inefficienti e che mostrano tolleranza per i comportamenti illegali (evasione dei tributi locali, lavoro nero o grigio, abusivismo edilizio, microcriminalità ed illegalità diffuse) costituiscono poi un ostacolo allo sviluppo non meno grave di quello rappresentato dalla criminalità organizzata. La tolleranza per l'illegalità finisce per ridurre la resistenza collettiva ai molteplici ruoli che la criminalità organizzata esercita sulla società meridionale. Del resto, non è un caso che la criminalità da sola non sempre rappresenta un ostacolo all'insediamento industriale e allo sviluppo.

Il cattivo esempio della tolleranza dei comportamenti illegali

Il tema della legalità si collega per l'altro versante alla necessità di regole e di vincoli che non mettano gli operatori nella impossibilità di rispettarle e che non mettano d'un tratto fuori legge - se non in casi estremi – la normalità dei comportamenti tenuti dalla generalità dei destinatari. Fenomeni d'illegalità diffusa sono generati a volte anche dalla complessiva inefficienza del sistema pubblico e anche dall'astrazione con cui si procede all'elaborazione di procedure e norme senza considerare le effettive condizioni della società civile e delle pubbliche amministrazioni che dovrebbero attuarle. Tuttavia non vanno sottovalutate le conseguenze negative di un atteggiamento sociale diffuso assuefatto a non rispettare regole di base della vita civile. Sarebbe perciò necessario, nello spirito di effettivo realizzazione delle politiche e funzionamento sostanziale delle norme , impegnarsi concretamente nella azione pubblica volta a far rispettare le regole esistenti alla generalità dei cittadini .

La necessità di regole attuabili

 

4. Da una analisi di questo tipo, quali politiche?

4.1. Politiche di contesto

Tutta l’analisi svolta conferma l’assunto metodologico da cui siamo partiti della necessita’ di impostare una politica generale che

  • abbia il Mezzogiorno come causa e priorità, ma sia di carattere nazionale,
  • investa il modo di essere di tutte le politiche e la loro necessaria armonizzazione intorno a forti finalità unificanti,
  • sia caratterizzata dalla propensione alla gestione attiva e alla verifica dei risultati complessivi, considerando il complesso degli strumenti e privilegiando quelli che in pratica funzionano.

 

L'obiettivo dello sviluppo del Mezzogiorno va perseguito creando una rete di procedure, interventi e strumenti che compongano un insieme ragionato e coerente di misure, che si integrano a vicenda e che coinvolgono sia l'amministrazione centrale che quella regionale e locale. Il coordinamento di queste misure deve perseguire la duplice funzione di eliminare gli ostacoli che impediscono di raggiungere gli effetti desiderati e di convogliare le risorse sugli strumenti che garantiscono, alla resa dei fatti e anche temporaneamente, risultati migliori di altri.

Le politiche per il Mezzogiorno compongono una politica generale

Diviene perciò centrale ai fini di una politica per il Mezzogiorno il seguito dei processi organici già in atto per la riforma della pubblica amministrazione, per il decentramento e per la semplificazione amministrativa nella attuazione delle leggi Bassanini. Nel caso specifico gli strumenti legislativi, sono stati approntati e sono dotati di vasto consenso, organicità e flessibilità sufficiente. La loro attuazione richiede tuttavia, come e' stato chiarito dallo stesso ministro-autore, un'azione politica molto più grande, estesa e permanente, che coinvolge tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte e la mobilitazione di energie e capacità diffuse. Occorre perseguire i risultati delle politiche con una gestione forte e attiva degli strumenti, adeguandoli progressivamente alle esigenze del loro reale funzionamento.

Lo Stato deve far bene lo Stato: bisogna andare oltre una concezione parlamentare delle politiche che le fa coincidere con la approvazione di leggi o la emanazione norme, e occorre far funzionare le leggi esistenti fornendo i servizi pubblici e dunque perseguendo innanzitutto l'efficienza dell'amministrazione. Bisogna essere consapevoli di come questo passaggio sia sempre di più quello essenziale per trasmettere rapidamente alle persone, agli operatori economici e agli altri enti interessati gli effetti delle decisioni politiche in modo conforme agli obiettivi e evitare che effetti negativi non voluti siano invece prevalenti.

In questo quadro di strumenti volti ad assicurare il funzionamento delle politiche può rientrare anche l'Agenzia di cui si parla in questi giorni come strumento prevalente a proposito di sviluppo del Meridione : tra i compiti dello Stato deve essere anche quello di fornire servizi di supporto che assicurino il funzionamento delle amministrazioni pubbliche locali o agli altri enti che sono coinvolti nella loro gestione.

Il funzionamento della amministrazione come priorità. L'agenzia.

Le politiche devono, quindi, mirare alla costruzione di un contesto favorevole al naturale sviluppo di un’economia dinamica e concorrenziale. Politiche di contesto, dunque, destinate a sortire effetti soprattutto nel lungo periodo, ma la cui validità possa essere valutata anche nel breve periodo. Infatti gli effetti positivi sulla psicologia collettiva del miglior funzionamento delle attività pubbliche più ordinarie possono essere anche nel breve periodo un lievito enorme (si consideri l'importanza assunta da alcuni sindaci).

 

Nell'ambito delle politiche di contesto, dovranno essere avviate politiche per i fattori, volte a ricostruire il capitale sociale - pre-condizione indispensabile per la formazione del capitale fisico - e politiche per i mercati.

Politiche di contesto: politiche per i fattori e politiche per i mercati

4.2. Politiche per i fattori

Se i fattori dello sviluppo risiedono in primo luogo nel contesto civile e sociale, le politiche devono focalizzarsi sulla rimozione degli ostacoli principali, quindi, in primo luogo, sul comportamento delle istituzioni. Efficienza, trasparenza e credibilità, in una parola autorevolezza delle istituzioni: questo è il fattore su cui impegnarsi al massimo grado, indirizzandosi decisamente verso grandi politiche civili di portata generale.

La pubblica amministrazione

Politiche civili, dunque, di portata generale, particolarmente urgenti nel Mezzogiorno, perché il vero nodo cruciale è quello del funzionamento delle istituzioni locali, nelle sue implicazioni non solo economiche, ma anche socio-culturali.

Le istituzioni locali

Dunque: promozione della responsabilizzazione e dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni e del ceto politico, lotta alla criminalità e contrasto effettivo dell’illegalità diffusa, valorizzazione del rispetto dell’obbligo scolastico ed elevazione del livello generale dell’offerta formativa in tutti i gradi dell’istruzione.

La lotta alla criminalità e l'istruzione

Un discorso a parte merita l'individuazione di attività che lo Stato deve saper svolgere appieno per assecondare la crescita economica. La ricerca, innovazione e la sua trasformazione in attività economica, richiedono, nella esperienza dei paesi più avanzati, un ruolo importante dello Stato e delle istituzioni pubbliche ai fini della promozione e del sostegno, sia conducendola in proprio che finanziandola o acquistandola.

La ricerca

L’enfasi particolare che occorre dare a queste politiche quando siano rivolte al Mezzogiorno richiede la messa a punto di interventi capaci di accelerarne gli effetti virtuosi: orientare le istituzioni e gli operatori su politiche di missione con forte effetto di stimolo sociale, come ad esempio il recupero ai tributi locali evasi, il contrasto all’abusivismo edilizio, la lotta all’abbandono scolastico. In ogni caso, occorre dare concretezza alle scelte politiche: a questo scopo, le modifiche legislative dovranno essere commisurate alle reali capacità e possibilità delle amministrazioni. Lo stesso ricorso allo strumento legislativo dovrebbe divenire più limitato e selettivo, mentre maggior attenzione dovrebbe essere rivolta ad una verifica realistica dell'attuazione degli strumenti previsti dalla legge e ai mezzi ulteriori per sostenere e perseguire le finalità pubbliche .

La necessità di politiche di missione

Il decentramento amministrativo rischia di essere un fattore di aggravamento dei differenziali interni, se non viene accompagnato da forti misure di riqualificazione del personale (formazione mirata, inserimento di manager, meccanismi di premio per le performance positive), ma può essere un’occasione da non mancare per la responsabilizzazione della classe dirigente locale. Forse occorre evitare di legarsi in maniera rigida a scelte preventive sul livello istituzionale competente: un criterio di massima efficienza ed economicità, che unisca pragmatismo, monitoraggio e valutazione degli effetti sembra più consono a padroneggiare una realtà complessa e problematica come questa.

Il decentramento amministrativo come fattore di responsabilizzazione della classe dirigente locale

La prospettiva di una maggiore autonomia può essere un potente fattore di maturazione e di crescita per il ceto politico locale, chiamato ad assumere, anche grazie alla legge elettorale che attribuisce ai sindaci una maggiore responsabilità personale, un ruolo centrale nello sviluppo dell’area. Anche nella prospettiva di un federalismo più o meno accentuato o di un decentramento comunque in corso, bisogna considerare che le autonomie locali hanno indiscutibili vantaggi di informazione rispetto al centro, per cui gli va dunque riconosciuto un ruolo decisivo nella politica di sviluppo. Tuttavia, gli enti locali sono anche esposti al rischio di distorcere le politiche di sviluppo dirette ad obiettivi conseguibili solo nel medio- lungo termine verso risultati di immediata resa elettorale. Di qui l’esigenza che il decentramento si accompagni a un sistema di incentivi-disincentivi che garantisca da questo rischio. I soggetti locali - specie nell'ottica di uno sviluppo non provocato del Mezzogiorno - rivestono un ruolo strategico evidente. Per assecondare il funzionamento delle istituzioni locali, lo Stato può organizzare una struttura di consulenza destinata sia a diffondere sul territorio l'utilizzo di strumenti di successo che a rimuovere ostacoli che le singole amministrazioni dovessero segnalare.

 

4.3. Politiche per i mercati

Se nel Mezzogiorno si sono sviluppate dinamiche produttive vitali, anche in presenza delle note pesanti diseconomie ambientali (mancanza di infrastrutture, criminalità, crisi del mercato creditizio meridionale, debole efficienza tecnica, ecc.), occorre proseguire a grandi passi sulla strada delle politiche generali che accrescono la funzionalità e la flessibilità dei mercati (del lavoro, dei capitali, dei beni) ed i cui effetti sono particolarmente benefici nel Mezzogiorno, dove va stimolata la creazione di tutto ciò che serve a fare impresa. La riforma del commercio è un potente grimaldello, che rompe equilibri consolidati nel Mezzogiorno. Quando le banche diventano imprese, anziché centri di pura e semplice gestione politica, si producono effetti estremamente importanti. Importante è anche il ruolo dei servizi pubblici: tra i più importanti interventi recenti per il Mezzogiorno sono stati - forse - la caduta del costo delle telefonate interurbane e la caduta dei costi dei collegamenti aerei sulle tratte in cui l'Alitalia ha subito la concorrenza di altre compagnie. In altri termini, la riduzione dei costi produttivi generata dalla concorrenza diviene indispensabile e assume un ruolo particolarmente benefico per imprese gravate da esternalità negative generalmente superiori alla media nazionale.

Le politiche generali favoriscono il Mezzogiorno

Anche la riforma del welfare può far bene al Mezzogiorno. Si deve in proposito tener presente che il Sud è destinato a sostenere in modo prevalente i costi del sistema previdenziale, in quanto l’andamento demografico determinerà una consistente redistribuzione del reddito verso l’area del centro-nord, dov’è maggiormente presente la popolazione anziana.

 

4.4. Cornici grandi e cornici piccole

Le politiche generali rappresentano le "cornici grandi" (o macropolitiche), il riferimento al modello europeo rispetto al quale vanno orientate anche le politiche mirate alle specifiche esigenze delle singole aree, dei tanti Mezzogiorni diversi per i quali bisogna ricorrere alle "cornici piccole" (o micropolitiche).

Le micropolitiche per i tanti Mezzogiorni

Per gli strumenti di incentivazione esistenti si impone un passaggio complessivo di verifica, per decidere quali conservare. Si impone sopra ogni altro l’obiettivo di una drastica semplificazione delle procedure che devono adeguarsi alle esigenze di funzionalità delle imprese. Il ricorso al metodo valutativo delle politiche è condizione imprescindibile per garantire scelte selettive, efficaci ed una gestione delle risorse pubbliche nella quale la discrezionalità sia coniugata con l’assunzione di responsabilità e con la verifica periodica dei risultati ispirata a criteri di qualità.

Verifica degli strumenti di incentivazione esistenti

Le politiche generali non saranno limitate al Mezzogiorno, ma lo assumeranno come destinatario prioritario da trattare con urgenza. I problemi di efficienza delle politiche pubbliche, pur comuni a tutta l’Italia, sono solo più gravi nel Mezzogiorno: il loro miglioramento gioverà comunque all’intero Paese, che ha in esse la principale ragione di inferiorità competitiva con le parti più avanzate dell’Europa.

 

Politiche generali e politiche mirate saranno utili se orientate all’obiettivo di restituire a tutte le comunità del Mezzogiorno la piena consapevolezza di essere regione d'Europa senza complessi d’inferiorità. A questa condizione lo sarà veramente anche l’Italia. Si avvererà così la profezia di Mazzini: "L’Italia sarà quello che sarà il suo Mezzogiorno".

Il Mezzogiorno regione d'Europa