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60° Anniversario del diritto di voto alle donne

Intervento dell’On. Paola Manzini, Questore della Camera

Nella seduta del 21 settembre 2005, l’Ufficio di Presidenza della Camera ha voluto affidarmi il compito di coordinare le attività relative alla pubblicazione del volume celebrativo del 60° anniversario del voto alle donne, curato da Miriam Mafai per i tipi dalla Leonardo International, che ringrazio personalmente per la preziosa collaborazione.

Ringrazio altresì i funzionari e gli uffici della Camera che hanno contribuito con scrupolo e competenza alla realizzazione della pubblicazione.

Ho considerato l’incarico ricevuto e questo appuntamento non formali.

In primo luogo perché l’estensione del diritto di voto alle donne realizzò 60 anni fa e per la prima volta nel nostro paese il suffragio universale.

Fu un atto epocale che segnò più di ogni altro il rinnovamento dell’Italia e la nettissima discontinuità tra la nascente democrazia ed il precedente regime fascista.

Quell’atto non fu una concessione, ma il riconoscimento di un diritto che migliaia di donne italiane avevano già conquistato combattendo nella Resistenza contro il nazifascismo.

Il mio primo pensiero va, per questa ragione, alle donne che 60 anni fa lottarono per dare libertà e democrazia a tutti gli italiani.

Il nostro omaggio va inoltre, anche per la sede nella quale ci troviamo oggi, a Nilde Iotti, partigiana, costituente, deputata per 51 anni ed indimenticata Presidente della Camera dei deputati.

In questa legislatura la Camera ha fatto molto per ricordarne la figura politica e istituzionale e per diffondere, in primo luogo nelle giovani generazioni, la conoscenza della sua opera.

E di questo va dato merito anzitutto al Presidente Pier Ferdinando Casini.

Oggi avremmo voluto dedicare a lei l’emissione del francobollo celebrativo del 60° Anniversario del voto alle donne.
Così non è potuto essere - il francobollo sarà emesso il 2 giugno prossimo - ma voglio qui testimoniare l’impegno e la volontà della Camera di onorare anche in questo modo la memoria di una donna esemplare, della prima donna Presidente della Camera e della più lunga presidenza nella storia del Parlamento italiano.

La seconda ragione per la quale ho inteso questo mio incarico come un impegno importante è che il voto alle donne, prima e fondamentale affermazione della loro cittadinanza, è stato alla base dei traguardi raggiunti in questi 60 anni dall’Italia.

Il volume che oggi presentiamo serve anche a questo: a dare il senso dello straordinario cammino percorso dal nostro Paese grazie al lavoro, all’ingegno, alla passione civile delle donne.

Alle ventisette di loro ritratte nel nostro volume dalle fotografe Casimirra, Lovino e Sforza va tutta la mia ammirazione ed il mio caloroso ringraziamento per avere accettato di farsi testimoni, con i loro bellissimi volti, del tragitto compiuto dall’Italia e dell’impegno per la piena affermazione dei diritti delle donne.

La terza ragione del mio impegno sta nella consapevolezza, diffusa peraltro tra tutte le colleghe deputate, che così come quella conquista non si tradusse immediatamente nella parità, allo stesso modo essa non fu, e quindi non è, per sempre.

Solo a metà degli anni ’50 un giudice riconobbe che il marito non poteva picchiare la moglie; solo negli anni ‘60 le donne italiane furono ammesse ai concorsi per la magistratura; solo negli anni ‘70 le madri ebbero riconosciuta la parità nell’esercizio della potestà genitoriale sui figli.

Sembrano fatti e storie di un tempo antico e in effetti lo sono.

Tuttavia, l’uguale diritto delle donne ad essere protagoniste insieme agli uomini della vita del Paese rappresenta ancora una questione viva.

Resta inalterata in Italia, rispetto agli anni lontani della costruzione della Repubblica, la questione della presenza esigua delle donne nelle istituzioni e nei posti decisionali.

In Parlamento, prima che in ogni altro luogo della politica, registriamo con amarezza una presenza femminile del tutto inadeguata, e non certo per colpa degli elettori, ad esprimere la ricchezza e la forza delle donne italiane.

In questi anni e in questi mesi, si è molto parlato, e a volte con superficialità, di quote-rosa.
Vi sono luoghi comuni deleteri che tendono a rappresentare le donne come persone che rifuggono gli impegni extrafamiliari, ovvero che mettono in dubbio che ci siano abbastanza donne capaci di assumere pubbliche responsabilità.

Il volume che presentiamo oggi è un utile strumento di critica di questi luoghi comuni.

Ma al di là di questo, le donne per prime sono consapevoli della straordinarietà di azioni positive come le quote-rosa, tanto è vero che chi le sostiene:

- lo fa sulla base del dato oggettivo della scarsa efficacia fin qui dimostrata dalle misure per le pari opportunità, penso agli incerti risultati degli incentivi finanziari ai partiti per la promozione di candidature femminili;

- guarda ad esse non come misure permanenti ma come misure transitorie, unicamente finalizzare al riequilibrio della rappresentanza politica.

La verità è che il problema che abbiamo davanti non sono le quote-rosa ma l’oggettiva resistenza della politica italiana, tradizionalmente gestita da uomini, ad accettare una paritaria presenza delle donne all’interno dei partiti e delle istituzioni.

Prima che quote-rosa da affermare c’è da rimuovere l’ostacolo della quota maschile del 90% in politica: questa quota maschile del 90% è uno dei simboli negativi di una politica che non riesce ancora ad uscire da una difficile transizione.

Infine, parlando della presenza delle donne nella politica e nei posti decisionali, non dobbiamo mai perdere di vista lo stretto legame che esiste tra diritti politici e diritti sociali e civili, perché tutti e tre insieme sono la cittadinanza.

In particolare partecipazione femminile al mondo del lavoro e partecipazione femminile al mondo della politica sono due facce della stessa medaglia.

In questi 60 anni, sono stai conseguiti risultati importanti: lo testimonia la vita esemplare delle donne ritratte nel nostro volume e lo dimostrano i dati più recenti: dall’inizio degli anni ’90 le donne imprenditrici sono passate in Italia dal 15 al 22%, le libere professioniste dal 19 al 26%, le dirigenti del settore servizi dal 15 al 25%, i magistrati donne di Cassazione a Corti d’Appello dal 10 al 25%, il 35% delle funzionarie della Camera sono oggi donne.

Ma stiamo attenti.

In primo luogo questi dati riguardano i piani “alti” del lavoro e della società: ed anche qui occorre distinguere i semplici numeri dalla effettiva parità e dalla concreta possibilità delle donne di incidere e di contare nelle scelte e nelle decisioni.

In secondo luogo, occorre sempre tenere presente che sotto questo livello “alto” c’è un mondo, molto più vasto, fatto di difficoltà e spesso di ingiustizia.

Da noi lavora oltre l’80% delle ragazze, ma tale dato crolla al di sotto del 50% per le donne sposate e con figli.

Solo il 6% delle famiglie e delle donne lavoratrici del Sud possono contare su un asilo nido pubblico ed anche il Nord, con il suo 15%, resta drammaticamente al di sotto dei bisogni delle famiglie e delle donne lavoratrici.

Più in generale, c’è, o meglio torna ad affacciarsi in Italia, una inaccettabile condizione di disuguaglianza della donna nella società e nel mondo del lavoro.

Per la prima volta dalla nascita della Repubblica, dopo una fase pluridecennale di espansione del ruolo e dei diritti civili e sociali delle donne, assistiamo oggi alla messa in discussione e alla compressione, di fatto se non di diritto, di alcuni spazi civili e sociali delle donne.

La crisi economica e del vecchio modello di welfare rischia di scaricare su di loro il peso gravoso delle attività di cura e assistenza all’interno delle famiglie; la precarizzazione crescente dei rapporti di lavoro rischia di tradursi per le giovani donne nell’alternativa secca ed intollerabile tra maternità e posto di lavoro, e quindi tra dimensione di vita domestica e dimensione di vita pubblica.

Ecco, volere più donne in politica, quote-rosa a parte, significa impegnarsi davvero e fino in fondo per dare alle famiglie italiane servizi e diritti che permettano alle donne di non essere schiacciate nella sfera domestica, di partecipare a pieno titolo nel mondo del lavoro, di essere libere di impegnarsi nella società e nella sfera pubblica.

Un’ultima riflessione. La conquista del diritto di voto alle donne in Italia fu tutt’uno con la sconfitta del regime fascista e la rinascita della democrazia, emblematicamente rappresentata dall’elezione dell’Assemblea Costituente a cui è dedicata la bellissima mostra voluta dalla Fondazione Camera e dalla Camera dei deputati, in questi giorni ospitata a Palazzo Montecitorio.
Fu il disastro della seconda guerra mondiale, la lotta di liberazione dal nazifascismo, la volontà di rinnovamento di cambiamento della società che allora si espresse a far emergere una nuova figura di donna: fu in quel clima che la società italiana diede fiducia alle donne.

Io sono convinta che, oggi come allora, nel cambiamento sociale le donne abbiano la loro più grande opportunità.

Le società che cambiano danno fiducia alle donne, chiedono loro di diventare protagoniste.

Fuori dall’Italia, questo ci hanno detto le recenti elezioni in Germania, in Cile, in Liberia.

Sta a noi donne cogliere anche in Italia l’opportunità che viene dalla richiesta di cambiamento.

È oggi tempo per tutte noi di tornare a pronunciare le parole dette 60 anni fa in Aula dalla più giovane delle costituenti, Teresa Mattei, che saluto e ringrazio di cuore per essere oggi qui con noi.

Aiutateci - disse - a sciogliere veramente e completamente tutti i legami che ancora avvincono le mani delle nostre donne e avrete nuove braccia, liberamente operose” per costruire il futuro dell’Italia.

È oggi il tempo ed è questo il luogo di tornare a rivendicare con forza che spetta a tutti gli uomini e a tutte le donne la responsabilità della cosa pubblica perché sia effettiva e piena la sovranità popolare.