HomePage\Altre Pagine\I Presidenti della Camera\Dal 1848 al 1943\Grandi...
Altre Pagine Sei in:

I Presidenti della Camera dal 1848 al 1943
Il Presidente Dino Grandi


Dino Grandi
Ingrandisci l'immagine (22 Kb)
DINO GRANDI è nato a Mordano il 4 giugno 1895 ed è morto a Bologna il 21 maggio 1988

Si iscrive nel 1913 alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Bologna, ma si laureerà solo nel 1919, a guerra finita ma ancora sotto le armi, con una tesi in economia politica: La Società delle Nazioni e il libero scambio. Dal 1913 al 1915 collabora al Corriere di Romagna e al Resto del Carlino e cura la redazione del settimanale L'Azione; assiste come giornalista alla condanna di Mussolini, ormai interventista, da parte della direzione socialista a Bologna il 20 ottobre 1914. Il 4 giugno 1915 veste l'uniforme, sottotenente negli alpini, più volte decorato, è al termine del conflitto capitano. Congedato, frequenta dopo la laurea uno studio di avvocato penalista ad Imola ma è sempre più portato all'attività politica ed alla fine del 1920 aderisce al fascismo. Nell'aprile del 1921 è eletto segretario regionale dei Fasci dell'Emilia Romagna; deputato nella XXVI legislatura, si vede annullata l'elezione perché non ha l'età minima richiesta per entrare alla Camera. ]Deputato nella XXVII legislatura, parla, per volere di Mussolini, a nome della maggioranza fascista nella seduta di apertura dei lavori, il 29 maggio 1924. Nel luglio 1924 (dopo il delitto Matteotti) è sottosegretario agli Interni ed attua una politica «normalizzatrice» nei confronti delle squadre fasciste, ma nel maggio del 1925 è trasferito al sottosegretariato agli Esteri. Nel settembre 1929 diventa ministro degli Esteri e quando, nel 1932, Mussolini riassume l'interim di quel dicastero, è inviato a Londra come ambasciatore; vi rimarrà per sette anni.

Dino Grandi
Ingrandisci l'immagine (68 Kb)

Dopo il definitivo consolidamento dell'alleanza italo-tedesca, che aveva sempre avversato, è richiamato in patria nell'estate del 1939. Succede a Costanzo Ciano alla presidenza della Camera fascista ed è ministro di Grazia e Giustizia sino al febbraio 1943. Avvalendosi della collaborazione dei maggiori esperti di diritto procede alla riforma dei codici di Procedura Civile, del Codice di Navigazione e del Codice Civile; si rifiuta d'inserire le leggi razziali nel codice civile e si adopera per salvaguardare la magistratura dalle ingerenze del PNF. Viene insignito nel marzo del 1943 del Collare dell'Annunziata e redige l'ordine del giorno che determina la caduta del regime nel luglio del 1943. Successivamente si ritira a vita privata.