HomePage\Altre Pagine\I Presidenti della Camera\Dal 1848 al 1943\Rocco...
Altre Pagine Sei in:

I Presidenti della Camera dal 1848 al 1943
Il Presidente Alfredo Rocco


Alfredo Rocco
Ingrandisci l'immagine (24 Kb)

ALFREDO ROCCO è nato a Napoli il 9 settembre 1875 ed è morto a Roma il 28 agosto 1935.

Libero docente di diritto commerciale nell'Università di Parma nel 1899, prima straordinario e poi ordinario della stessa materia nell'Università di Urbino dal 1899 al 1902 e successivamente nell'Università di Macerata sino al 1905. Nel 1907 diviene ordinario di procedura civile nell'Università di Parma e l'anno successivo in quella di Palermo: dal 1910 al 1925 è ordinario di diritto commerciale nell'Università di Padova ed in seguito ordinario di legislazione economica e del lavoro nell'Università di Roma di cui diventa rettore dal 1932 al 1935. La prima manifestazione significativa del suo pensiero politico si ha a Bologna nel 1907 quando presenta al terzo congresso nazionale del partito radicale una mozione per trasformare quel movimento in un'organizzazione politica delle classi medie. Nel 1913 in un articolo su La Tribuna auspica che il partito liberale si rinnovi in senso più marcatamente nazionale e nel dicembre dello stesso anno diventa presidente del gruppo nazionalista di Padova.

Alfredo Rocco
Ingrandisci l'immagine (76 Kb)

Nel dopoguerra guarda con interesse al nuovo fenomeno fascista ed è uno dei primi nazionalisti a cogliere nel movimento delle camicie nere la possibilità di restaurare e riorganizzare lo Stato nel senso voluto. Nel 1921 è eletto deputato a Roma nella lista dei blocchi nazionali e dopo la marcia su Roma è nominato prima sottosegretario al ministero del Tesoro e, dopo il 31 dicembre 1922, al ministero delle Finanze, sino al marzo 1929. Dal marzo al settembre dello stesso anno è sottosegretario per l'assistenza militare e le Pensioni di guerra. Riconfermato deputato alla XXVII legislatura è eletto, il 27 maggio 1924, presidente della Camera e resta in carica sino al 5 gennaio 1925, quando diventa ministro di Grazia e Giustizia. Da questo momento sino al 1932, quando lascia il dicastero, la sua attività si concretizza in una serie di leggi e di provvedimenti che segnano da un lato la fine dello Stato liberale e dall'altro la formazione del regime fascista: dalle leggi fondamentali sulle prerogative del capo del governo alla facoltà per l'esecutivo di emanare norme giuridiche, dalla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro alla riforma generale dei codici. Quando nel 1934 è nominato senatore si può dire che la sua opera sia ormai conclusa.