COMMISSIONI RIUNITE
VIII (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI) E IX (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 11 ottobre 2005


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VIII COMMISSIONE PIETRO ARMANI

La seduta comincia alle 9,20.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Cassa depositi e prestiti e di Infrastrutture SpA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato e sulle prospettive di sviluppo del settore autostradale, deliberata dalle Commissioni riunite VIII e IX nella seduta del 25 febbraio 2004, l'audizione di rappresentanti di Cassa depositi e prestiti e di Infrastrutture SpA.
Sono presenti il professor Andrea Monorchio e il dottor Andrea Ripa di Meana, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Infrastrutture SpA, che rappresentano in questa sede, secondo quanto comunicato dalla stessa società, anche la Cassa depositi e prestiti, considerato che quest'ultima controlla il 100 per cento di Infrastrutture SpA.
Ringrazio i nostri ospiti per la loro partecipazione e do la parola al presidente Monorchio per la sua relazione.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. La ringrazio molto, signor presidente. Come lei ha detto, dato che la Cassa depositi e prestiti, azionista unico di Infrastrutture SpA, non ha svolto attività rilevanti nel settore autostradale, ha ritenuto che gli amministratori della controllata potessero rappresentare l'intero gruppo nella odierna audizione parlamentare.
Sono molto grato a lei, signor presidente, ed alla Camera dei deputati per averci invitato all'odierna audizione. In tutte le sedute cui ho partecipato - e sono molte decine - ho sempre inteso ringraziare il Parlamento per il privilegio che ci concede di intervenire in una sede così prestigiosa.
Questa occasione mi consente anche di smentire una notizia apparsa sui giornali di domenica. La mia iniziativa sollecitava soltanto grande ponderazione per le questioni che riguardano il paese: modificare le norme in modo estemporaneo, infatti, può avere gravi conseguenze. Solo per fare un esempio, nei nostri contratti abbiamo previsto che una modifica dell'articolo 75 della legge finanziaria - quello che affida ad ISPA, prioritariamente, il compito di finanziare l'alta velocità - potrebbe comportare l'immediata richiesta, da parte dei creditori, del rimborso del prestito. Poiché abbiamo emesso obbligazioni per 13 miliardi di euro, i creditori potrebbero richiedere immediatamente il pagamento di 26 miliardi di euro. Pertanto, ogni qual volta si parla di eventuali modifiche di ISPA, bisogna tener presente che si tratta di una società costituita dal Parlamento e solo quest'ultimo ha la facoltà di prendere decisioni in merito ad essa, tenendo conto dei compiti della Cassa depositi e prestiti.


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Detto questo, sono molto orgoglioso di rappresentare in questa sede ISPA e il gruppo Cassa depositi e prestiti. Si pensi che noi abbiamo tenuto la prima seduta del consiglio di amministrazione di Infrastrutture SpA il 7 gennaio 2003. Da allora abbiamo finanziato l'alta velocità per 13 miliardi di euro. In più, abbiamo realizzato una serie di attività, alcune delle quali finanziate dalla controllante Cassa depositi e prestiti - nel frattempo divenuta società per azioni -, altre finanziate da noi.
Nel settore autostradale abbiamo finanziato il macrolotto n. 5 (il cosiddetto maxilotto) dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. È un finanziamento particolare, fatto al contraente generale, per un totale di debito di oltre 300 milioni di euro, di cui 150 milioni impiegati da ISPA e 150 milioni da Depfa. Si tratta di un finanziamento particolare perché è dato al contraente generale per il progetto da realizzare e prescinde dalla sua posizione e situazione.

PRESIDENTE. Il contraente generale dovrebbe dare un anticipo del 20 o del 30 per cento sul finanziamento.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Sì, è stabilito dalla legge.
Veniamo al passante autostradale di Mestre. In questo caso Infrastrutture SpA ha strutturato interamente l'operazione, che ha un importo di 780 milioni di euro (IVA compresa), realizzando, forse per la prima volta in Italia, una condizione di project financing, nel senso che il contributo pubblico per l'operazione è limitato alla somma stanziata dal CIPE per il passante - che ammonta, se non ricordo male, a circa 113 milioni di euro -, mentre la restante parte viene interamente finanziata con i flussi di cassa...

PRESIDENTE. Che proverranno dagli introiti derivanti dai pedaggi una volta completato il passante.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. In questo senso, ci siamo garantiti sotto molteplici aspetti. Gli advisor hanno infatti stimato che il traffico si ripartirà in maniera pressoché uguale fra l'attuale tangenziale e il passante autostradale.
Vorrei sottolineare un aspetto importante che riguarda il passante di Mestre: nonostante la strutturazione del progetto sia stata realizzata interamente da Infrastrutture SpA, questa non finanzierà in toto l'opera, ma attiverà un cofinanziamento con altri soggetti. In proposito, ISPA ha incaricato ANAS di bandire la gara per altri cofinanziamenti. ISPA garantirà comunque un finanziamento di 200 milioni di euro. Questa procedura risponde ad una precisa indicazione, espressa sia dalla legge istitutiva di ISPA, sia dalle linee strategiche approvate dal ministro dell'economia, che prevedono che ISPA sia un soggetto cofinanziatore e non finanziatore in assoluto.
Questo è uno dei motivi per i quali non abbiamo conflitti con gli istituti di credito e con l'ABI: tutte le operazioni che facciamo sono sempre in cofinanziamento. Anche per quanto riguarda l'alta velocità, dove potremmo essere i soli finanziatori, di fatto coinvolgiamo gli altri istituti di credito. Per quanto riguarda il tratto Asti-Cuneo è stata inserita, nella lettera di invito alla gara per la concessione, la disponibilità di ISPA al finanziamento.
Abbiamo svolto, inoltre, una serie di operazioni di consulenza e di strutturazione finanziaria per la pedemontana veneta. Su proposta della regione Veneto, ci siamo occupati della valutazione economico-finanziaria formulata da un soggetto promotore e, anche in questo caso, abbiamo proposto un'innovativa strutturazione finanziaria, accettata sia dalla regione Veneto sia dal promotore, in modo da assicurare il proseguimento dell'operazione.
Abbiamo strutturato il finanziamento (circa 350 milioni di euro) della tangenziale di Brescia e del raccordo autostradale di Cremona ed abbiamo da poco avviato una collaborazione con la regione Veneto per l'autostrada a pedaggio Nogara-Mare.


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Queste sono le principali realizzazioni in materia autostradale, sia come finanziamento sia come ristrutturazione.
Prima di lasciare la parola al dottor Ripa di Meana, vorrei ricordare che ISPA si è impegnata a fondo per rispondere alla missione assegnatale dall'articolo 1, comma 450, della legge finanziaria per l'anno 2005 (legge n. 311 del 2004), che disponeva che ISPA dovesse acquistare da ANAS un certo chilometraggio di strade, per un totale che, nella relazione tecnica di accompagno alla legge finanziaria, veniva indicato in 3 miliardi di euro.
Ci siamo impegnati in questa operazione di acquisizione di strade ma, come voi comprenderete perfettamente, tutto è risultato estremamente complesso perché, per la prima volta, si parlava di acquisire beni demaniali, disciplinati dagli articoli 823 e seguenti del codice civile, oltre che dalla legge speciale sul demanio. I pareri espressi da giuristi di chiara fama ci hanno indotto a non portare a termine l'operazione: dal mercato, infatti, non avremmo preso nemmeno una lira, dal momento che non vi erano garanzie sufficienti. Abbiamo quindi comunicato all'azionista che non si poteva concludere l'operazione, in quanto, giuridicamente, essa presentava profili di estrema criticità.

PRESIDENTE. Mi pare che poi il decreto sulle infrastrutture risolva il problema, nel senso che attribuisce all'ANAS tutta un'altra configurazione.
Do quindi la parola al dottor Andrea Ripa di Meana, amministratore delegato di Infrastrutture SpA.

ANDREA RIPA DI MEANA, Amministratore delegato di Infrastrutture SpA. Vorrei formulare solo qualche osservazione sui quattro temi proposti dall'indagine conoscitiva: stato di attuazione degli investimenti ex legge obiettivo e nuovi strumenti giuridici; struttura del mercato; controlli e vigilanza sui concessionari; sistemi di tariffazione.
Per quanto riguarda il primo punto, ricordo che il contraente generale è l'istituto più nuovo varato negli ultimi anni e se ne può dare una valutazione nel complesso positiva. In precedenza i rischi connessi al finanziamento di un contraente generale erano diluiti nel bilancio del costruttore e spesso si finiva per finanziare l'ANAS, anticipando somme corrisposte dallo Stato.
I rischi adesso sono più rilevanti e sono connessi al finanziamento del contraente generale, il quale deve fornire un anticipo all'appaltante, perché evidentemente sussiste il rischio di una ripetizione delle somme dovute al contraente generale per effetto della riassegnazione o della risoluzione del contratto, o per altre penali pagate dal contraente. Esiste, quindi, il rischio di risoluzione del contratto ed anche il rischio prestazionale è più elevato perché i lotti e le opere sono di maggiore importo.
Il mercato finanziario, dunque, con il contraente generale si è trovato di fronte ad un nuovo istituto. Dal momento che ci siamo adoperati nell'operazione di finanziamento della quota di anticipo che il contraente generale deve all'appaltante - la prima che si è chiusa in Italia -, possiamo dire di aver fatto da apripista e che l'istituto è ormai ben recepito. Infatti, i contraenti generali per le grandi opere - non sono moltissimi i casi, ma ce sono alcuni anche successivi al nostro - possono adesso ricevere finanziamenti. Come diceva il presidente Monorchio, si cerca non di affidare il bilancio del costruttore, così caricando tutto il rischio del credito sull'impresa, bensì di costruire delle strutture finanziarie tagliate maggiormente sul rischio della specifica commessa.
In merito alla struttura del mercato autostradale e ad eventuali nuove concessioni, desidero formulare due osservazioni. Innanzitutto la questione dipende da quali sono gli obiettivi di politica pubblica. Se l'auspicio fosse quello di conseguire un oligopolio dei concessionari autostradali non troppo concentrato - come sembra essere il caso dei paesi europei che hanno adottato ampiamente il modello della concessione, cioè di costruzione e gestione -, si potrebbe pensare di riservare le nuove concessioni autostradali, alcune o tutte, a


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operatori diversi da quelli esistenti. Questi ultimi, infatti, una volta in gara, godono di rilevanti vantaggi competitivi, dovuti al fatto che hanno già ampie tariffe disponibili - quindi, minor costo dei fondi -, possono diluire il rischio di traffico della nuova opera su tutta la rete che già possiedono, hanno economie di scala nella manutenzione, negli appalti, e così via. Di conseguenza, hanno dei vantaggi competitivi in gara che evidentemente li favoriscono e, quindi, tendono a perpetuare una situazione di oligopolio più concentrato.
La seconda osservazione sulla struttura del mercato riguarda i rischi nelle concessioni: probabilmente, anche in questo ambito si pone una scelta. Se dovesse consolidarsi la tendenza, che appare per qualche verso emergere, a trasferire sempre minori rischi di traffico al concessionario - in quanto questi viene ristorato ex post, anche a fronte di traffico non inferiore a quello previsto dal piano economico-finanziario -, forse si dovrebbe optare per una diversa configurazione della concessione, nonché introdurre meccanismi di disponibilità dell'autostrada e di rischio connesso alla natura e alla qualità del servizio reso, come si fa in altri paesi.
In alternativa, si potrebbe invertire la tendenza osservata e fare, ad esempio, come la regione Veneto, limitando i casi di riequilibrio del piano economico-finanziario del concedente a fatti del concedente, vale a dire a nuove opere che, effettivamente, interferiscano in maniera massiccia con le prospettive economiche della concessione.
In merito ai controlli e alla vigilanza sui concessionari, dipende da quello che si vuole fare sia per l'ANAS sia per i concessionari privati. Se si volesse configurare una parte maggiore di ricavi - eventualmente quelli corrisposti dalla parte pubblica a fronte della qualità del servizio, in termini di pagamenti per la disponibilità del servizio - visto che questi sarebbero commisurati a parametri osservabili, occorrerebbe ridefinirli parzialmente e comunque rafforzare la struttura dei controlli. È evidente, infatti, che chi riceve pagamenti commisurati alla qualità dei servizi che rende deve sottoporsi a controlli di verifica dell'adeguatezza del servizio reso, visto che questo elemento ha un impatto sul suo conto economico.
L'ultimo punto riguarda il sistema di tariffazione e di pedaggio. Ricordo che in altri paesi europei è disponibile una gamma di soluzioni in aggiunta al pedaggio reale: ad esempio, il «pedaggio-ombra» è un modo per trasferire dosi moderate di rischio di traffico sui concessionari privati. Moderate perché si può strutturare il «pedaggio-ombra» in modo che non ci sia un profitto eccessivo, a fronte anche di livelli di traffico molto più alti del previsto e, viceversa, che non ci siano neanche esiti catastrofici: bastano poche macchine per dare la maggior parte di quello che ci si aspetta di ottenere.
Invece, i pagamenti collegati alla disponibilità dell'autostrada e alla sua qualità sono in generale strutturati, soprattutto dove vengono usati maggiormente, come in Inghilterra, per far fronte a problemi particolari come la congestione dei tratti stradali e autostradali vicini alle città in cui ci sono problemi molto accentuati di tempi e di sicurezza della percorrenza. In quel caso i pagamenti per la disponibilità si strutturano riferendosi a parametri complessi.
In entrambi i casi, «pedaggio-ombra» o pagamento per la disponibilità, occorre definire una serie di parametri osservabili e misurarli.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.

FRANCO RAFFALDINI. Vorrei formulare due domande. Nell'analisi svolta attraverso le varie audizioni, è emerso che nel comparto delle costruzioni generali, da un punto di vista industriale, abbiamo ancora - è una delle nostre caratteristiche - dei soggetti piccoli, una sorta di «nani» che non hanno una struttura adeguata per competere a livello internazionale. D'altra parte, però, esiste il problema evidente e serio, al quale lei accennava, degli oligopoli, che di volta in volta, per le condizioni


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di partenza o di arrivo che hanno sul sistema delle manutenzioni, godono di vantaggi rilevanti e tendono a perpetuarsi. Bisognerebbe capire, dunque, come far entrare altri soggetti nel mercato, anche se abbiamo una struttura che non è da giganti. Come possiamo quindi assecondare l'esigenza di una libera concorrenza che veda il superamento e il contenimento degli oligopoli e, allo stesso tempo, far crescere strutture che abbiano una dimensione sempre più competitiva a livello internazionale?

ANDREA RIPA DI MEANA, Amministratore delegato di Infrastrutture SpA. Si riferisce ai costruttori o ai concessionari?

FRANCO RAFFALDINI. Lei ha parlato dei concessionari, io parlo dei costruttori e anche dei concessionari. Inoltre, nelle aule parlamentari stiamo discutendo la questione ISPA-Alta velocità. In proposito, qualche settimana fa circolava una bozza relativa alla finanziaria che, in modo esplicito, affermava: «Alta velocità esce da ISPA». Adesso, con l'articolo 17 la questione si è un po' modificata ma, in fondo, l'attenzione è sempre su quel punto. Infatti, con il finanziamento previsto di 100 milioni più altri 100 in 15 anni, con i lavori non si va oltre giugno, pur essendovi la definizione per la Milano-Genova.
Vorrei avere chiarimenti su questo tema, che fu anche oggetto di riflessione nel passato, in relazione al meccanismo delle opere economicamente sostenibili, cioè sull'idea di togliere Alta velocità da ISPA. A questo punto, cosa succederà? Crescerà l'onere a carico dello Stato o si fermeranno le opere? Cosa pensate di questo problema, come valutate questa situazione alla luce della formulazione ambigua o, quantomeno, non precisa, contenuta nella pre-bozza di 15 giorni fa?

EUGENIO DUCA. Dal riepilogo mi è parso di capire che, dalla costituzione di ISPA nel 2002, nel settore stradale ed autostradale siano stati attuati sei interventi sul territorio nazionale.
Nel caso delle autostrade è probabile che il debito che contrae ISPA venga restituito dal pedaggio? A proposito della pedemontana veneta, quando si dice che «ha proposto un'innovativa rimodulazione del contributo», vorrei sapere in cosa consista. Infatti, innovativo è bello, ma non vorrei che si trattasse di una fantasiosa rimodulazione sullo stile di quella delle ferrovie, con la previsione del solo rimborso degli interessi ma non del capitale investito. Una proposta del genere può essere anche innovativa, ma significa agire - come si dice dalle mie parti - da «buffaroli», cioè da persone che contraggono i debiti ma non li onorano. Vorrei capire qual è questo meccanismo innovativo, vale a dire se il debito viene pagato oppure se lo si lascia in eredità ai nostri nipoti, magari tra 25-30 anni, a seconda di come viene emesso il bond.
In relazione poi a quella che doveva essere la principale attività di ISPA, cioè il sistema alta velocità-alta capacità, mi pare di capire che vi sia un'uscita, come pubblicato anche da Il Sole 24 ore. Ritengo d'interesse delle due Commissioni conoscere cosa stia accadendo.

PRESIDENTE. Vorrei aggiungere una considerazione personale. Il nostro compito è quello di costruire le opere. Preoccuparsi del mercato, degli oligopoli, dei monopoli, della concorrenza perfetta è un problema secondario. Bisogna innanzitutto realizzare le infrastrutture e completarle, dopodiché si passerà a considerare il problema delle tariffe, degli oligopoli con più o con meno operatori e via dicendo. Secondo me questa è la politica che fu adottata quando, dopo l'unità, furono date in concessione le ferrovie a moltissime aziende, anche belghe, svizzere. Furono emanate alcune leggi agevolative e, di conseguenza, talune ferrovie aggiunsero molte curve per raggiungere il chilometraggio oltre il quale scattavano i contributi. Comunque, tali operazioni servirono a generare la rete ferroviaria italiana, che poi, con la nazionalizzazione, è stata migliorata,


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perfezionata, razionalizzata. La realtà è che il primo problema è quello di finanziare e di realizzare le opere.

EUGENIO DUCA. In aggiunta ai quesiti da me già posti, vorrei chiedere al dottor Monorchio quanto costa la struttura di ISPA. Paga la Cassa depositi e prestiti? Viene pagata una quota in percentuale sui lavori che vengono effettuati? In sostanza, quali sono le modalità di finanziamento e il costo operativo di ISPA?

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Rispondo prima alla questione dell'alta velocità. Il Parlamento ha votato la legge istitutiva di ISPA, che quindi è una società legale; di conseguenza, per il principio della gerarchia delle fonti, questa può essere sciolta solo se il Parlamento interviene con un'altra legge.
ISPA ha avuto come compito quello di finanziare prioritariamente l'alta velocità; così recita l'articolo 75 della legge finanziaria per il 2003. Come ho detto in esordio di questa audizione, abbiamo tenuto il primo consiglio di amministrazione il 7 gennaio 2003. La costituzione della società è avvenuta per atto di un notaio del distretto di Milano il 9 dicembre 2002. Fino alla fine di giugno 2003, se mi consentite una piccola battuta, siamo stati «padre, figliolo e spirito santo» (il padre ero io, che ero il più vecchio, il figliolo era Ripa di Meana, che era il più giovane, e lo spirito santo era Turicchi, che, essendo direttore generale della Cassa depositi e prestiti, era quello che metteva i quattrini).
Dopo il mese di giugno abbiamo cominciato ad assumere qualche segretaria. La struttura di ISPA, al massimo, ha raggiunto 10-11 addetti, mentre adesso siamo ridotti a 7 unità. Posso anche riferire dei costi, ma le cifre sono assolutamente irrisorie. Si tenga conto che queste 7 persone hanno prodotto, tra il 2004 e il 2005, emissioni per 13 miliardi di euro, che possono sembrare pochi, ma sono la ragguardevole cifra di 26 mila miliardi di lire. Abbiamo quindi finanziato le Ferrovie dello Stato, che hanno proceduto rapidamente e sollecitamente nel loro lavoro, tanto che il tratto dell'alta velocità Torino-Novara è già in pre-esercizio - mi hanno detto che l'altro giorno il treno ha raggiunto la velocità di 350 chilometri orari -, mentre i lavori procedono verso Milano. Inoltre, procedono su tutta la linea che abbiamo finanziato: Torino-Milano-Roma-Napoli. Peraltro, la tratta Roma-Napoli, da notizie di stampa, entrerà in esercizio il 12 dicembre prossimo.
Premetto che nel momento in cui ISPA si apprestava ad operare, abbiamo inviato le carte ad Eurostat. Ad un certo momento il nostro ISTAT ci ha avvertiti che Eurostat intendeva considerarci al di fuori del perimetro pubblico e pertanto il debito di ISPA non sarebbe stato consolidato nel debito pubblico. Nel corso di quest'anno la situazione è stata riconsiderata ed Eurostat ha stabilito che il debito emesso da ISPA è parte di quello delle pubbliche amministrazioni italiane, ma non contribuisce all'indebitamento netto, cioè al famoso rapporto deficil/PIL.
Per finanziare l'alta velocità, per la prima volta in Italia abbiamo impiegato la modalità - concessaci dalla legge - della costituzione del patrimonio separato e, quindi, abbiamo segregato tutti i ricavi che l'alta velocità Torino-Milano-Roma-Napoli avrebbe portato alle Ferrovie dello Stato.
Questa operazione fa sì che il gruppo Ferrovie dello Stato (FS, RFI, TAV e quant'altro) non abbia alcuna capacità di indebitamento. Se per caso si dovesse dire che ISPA deve uscire, occorrerebbe contemporaneamente individuare qualcun altro che finanzi l'alta velocità, magari utilizzando stanziamenti del bilancio dello Stato. Le ferrovie, infatti, non possono andare sul mercato in quanto non hanno alcuna capacità di indebitamento, che dipende dalle rate di ammortamento e dai contributi dello Stato.
Ora, anche immaginando che le Ferrovie dello Stato vadano sul mercato e riescano a spuntare lo stesso tasso praticato dalla Cassa depositi e prestiti (che attualmente è del 3,25 per cento ed è il migliore sul mercato finanziario), 100 milioni


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di euro di contributo quindicennale genererebbero risorse annue per 1.178.962,93 euro, di gran lunga inferiori al fabbisogno dell'alta velocità che s'aggira all'incirca tra 3,5 e 4 miliardi; poi devono aspettare il 2007 per l'altro miliardo e via dicendo. Nel frattempo che fanno? Stanno fermi? Siccome questo paese ha una crescita impetuosa, dovrà essere il Parlamento a decidere al riguardo.
Occorre, dunque, fare qualche altra cosa. Credo che quei fondi siano stati stanziati effettivamente per la Genova-Milano perché questa tratta non è finanziabile con il nostro programma: infatti, la Genova-Milano ha un livello di ricavi non in grado di ripagare il debito. La Genova-Milano è una decisione politico-strategica del Governo - e, quindi, del Parlamento - che riguarda il corridoio Genova-Rotterdam. Probabilmente questo corridoio ha un grande futuro perché gli olandesi hanno insistito per averlo (l'opera è cofinanziata al 20 per cento dall'Unione europea) in quanto hanno il problema dei container che, transitando dal porto di Genova, non farebbero più il periplo d'Europa.

FRANCO RAFFALDINI. Nella relazione tecnica c'era anche la Milano-Verona.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Anche per il tratto alta velocità Milano-Verona, nodo di Verona compreso, esiste il problema della galleria di Vicenza, che deve essere costruita dallo Stato, altrimenti il sistema che abbiamo strutturato per l'alta velocità Torino-Milano-Napoli non regge. Lo ripeto, la galleria di Vicenza dev'essere costruita dallo Stato, mentre tutto il resto può essere finanziato da ISPA con le modalità precedenti, salvo individuare successivamente qualche aggiustamento che possa consentire di escludere il programma dal debito pubblico.
È stato detto che chi vi parla si è interessato per la soppressione di ISPA. Io ho molte cose da fare (sono docente universitario, sono presidente di varie società, svolgo tanti altri lavori) e, quindi, non sono spasmodicamente attaccato alla poltrona di ISPA, né la difendo per interesse. Io difendo il mio paese, i miei figli ed i miei nipoti! Ritengo l'alta velocità un'opera strategica, che non può subire ostacoli o interruzioni. Fino ad oggi ISPA ha garantito che l'alta velocità venisse eseguita. Se poi si trovasse un'altra soluzione, questa sarebbe ben accetta: si può mettere a carico del bilancio dello Stato, si può seguire il canale della Cassa depositi e prestiti e si possono utilizzare tanti altri istituti per finanziare le opere. Comunque, fino ad ora - e lo voglio sottolineare dinanzi a voi che rappresentate il Parlamento italiano -, ISPA ha garantito il finanziamento all'alta velocità.

ANGELO SANZA, Presidente della IX Commissione. Vorrei capire la questione della galleria di Vicenza.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Nella tratta Milano-Verona occorre effettuare un intervento in galleria; poiché il costo della galleria è molto alto - non ricordo bene il dato effettivo, ma supponiamo che sia di un miliardo e che il costo dell'intero progetto ammonti a 5 miliardi -, se questa venisse realizzata dallo Stato, i ricavi andrebbero ammortizzati su 4 miliardi e non su 5. Questo è il senso della questione.

EUGENIO DUCA. Vicenza è dopo Verona!

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Non so se sia prima o dopo, comunque c'è una galleria che viene a costare parecchio.

EUGENIO DUCA. C'è una galleria che costa troppo e che, quindi, va espunta.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Esatto, ma su questo specifico aspetto dopo di me il dottor Ripa di Meana potrà scendere ancora più in dettaglio.
Tornando specificamente ad ISPA, sottolineo che essa è una società con una personalità


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giuridica autonoma rispetto alla Cassa depositi e prestiti, ancorché partecipata da quest'ultima al 100 per cento.
Personalmente non ho seguito con attenzione la vicenda del consolidamento del debito, anche perché ISPA era nata con una diversa missione, che in seguito si è andata modificando fino a sovrapporsi a quella della Cassa depositi e prestiti. Oggi, in sostanza, la missione della Cassa depositi e prestiti è sovrapponibile a quella di ISPA, differendo per soli due aspetti: ISPA ha la garanzia dello Stato, cosa che manca alla Cassa depositi e prestiti (ed è un elemento importantissimo), e può finanziare le piccole e medie imprese, possibilità che non è permessa alla Cassa.
Considerato che la Cassa depositi e prestiti ritiene che ISPA sia utile alla propria strategia, è curioso che non abbia ancora stabilito quale sia, in modo preciso, il ruolo della stessa ISPA. La Cassa depositi e prestiti, ad esempio, potrebbe tranquillamente dire che ISPA finanzia le grandi opere, quelle al di sopra dei 500 milioni di euro, mentre la Cassa finanzia il resto.
Ricordo che eravamo partiti con un capitale di 3 miliardi e 200 milioni di euro, che oggi è di 10 milioni di euro. Non c'è stato più bisogno di fare aumenti di capitale a 3.200 milioni, perché possiamo contare sulla Cassa depositi e prestiti, che dispone di una potenza finanziaria incredibile: anche questo fattore ha avuto il suo peso.
ISPA, in effetti, era stata disegnata dal ministro Tremonti in maniera molto intelligente. Egli aveva preso la legge istitutiva e lo statuto della tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), riportando in italiano anche le virgole. Tutta la ricostruzione della Germania Est è avvenuta attraverso questa società di diritto pubblico, sulla cui traccia ha preso vita ISPA. Solo che in quel momento Eurostat non ha ritenuto che le operazioni fossero consolidabili, nonostante le garanzie, ma successivamente ha deciso che si potessero consolidare.
Quello che mi preme sottolineare è l'importanza di definire il ruolo di ISPA. Attualmente, ad esempio, in service per la Cassa depositi e prestiti, strutturiamo le operazioni che poi la Cassa finanzia (in Sicilia i termoconvertitori sono stati finanziati dalla Cassa dopo l'istruzione da parte di ISPA).
L'aspirazione di ISPA rimane quella di avere un perimetro esatto all'interno del quale operare; peraltro, siamo soddisfatti per l'attività svolta in questi due anni. Grazie ad un lavoro molto intenso, abbiamo registrato il solo primo bilancio in rosso: lo start-up, dunque, è durato solo un anno. L'anno scorso abbiamo chiuso in avanzo e quest'anno chiuderemo, presumibilmente, con un pareggio o con un modesto avanzo, ma solo perché non abbiamo ancora una traccia precisa lungo la quale muoverci.
Personalmente, ho già avuto modo di dire di non essere inchiavardato alla poltrona. La mia aspirazione, come presidente di ISPA, è quella di avere una linea guida sulla quale operare, mentre l'indeterminatezza non può che portare difficoltà.

ANDREA RIPA DI MEANA, Amministratore delegato di Infrastrutture SpA. Vorrei solo esprimere due osservazioni. La prima integra quello che ha detto or ora il presidente Monorchio, in relazione alla complementarietà con l'azionista: ISPA ha il vincolo, sancito dal decreto del giugno 2003, di essere complementare al mercato finanziario e non distorsiva.
Considerato che Infrastrutture SpA è stata creata per il particolare segmento delle grandi opere, l'idea era quella di non finanziare in modo esclusivo l'opera, per non essere invasiva in rapporto al mercato finanziario. La Cassa depositi e prestiti non ha questo vincolo, anche perché, dovendo finanziare sia gli enti locali, sia le migliaia di società partecipate dagli stessi enti locali, non può, ogni volta, porsi il problema del rapporto tra il proprio finanziamento e quello degli altri soggetti: quindi, può agire più liberamente in concorrenza con il sistema.
Pertanto, mirando per legge al più ristretto segmento di pochi grandi finanziamenti,


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ISPA deve essere necessariamente complementare al sistema. Questa diversità di modelli di intervento crea anche una diversità nelle modalità di approccio, consentendoci di essere, in una prima fase, consulenti dell'amministrazione che aggiudica un'opera e poi cofinanziatori, proprio perché non siamo concorrenti di nessuno. Questa modalità, se non venisse adottata una autolimitazione dal punto di vista della concorrenza, non si potrebbe dispiegare.
La seconda osservazione riguarda il modello di soluzione per la pedemontana veneta. Premetto che nel materiale preliminare prodotto in questo semestre di Presidenza inglese dell'Unione Europea - che, tra l'altro, sta organizzando una conferenza per il 20 ottobre prossimo sul partenariato pubblico-privato nel settore dei trasporti in Europa - si ricorda, come cosa ovvia, che il contributo pubblico ad un'opera, per la parte che non si ripaga con le somme corrisposte dagli utenti, non deve necessariamente essere corrisposto in fase di costruzione, ma si può ben corrispondere in fase di gestione. È una cosa del tutto normale, anzi, è uno dei vantaggi che, in senso molto generale, si attribuiscono alle concessioni o ai partenariati pubblico-privati (PPP).
Fatta questa premessa, rilevo che sulla pedemontana veneta c'era un problema di finanza relativamente a 280 milioni di euro di contributo pubblico, una parte del denaro che il promotore aveva richiesto al concedente (la regione Veneto) in fase di costruzione. Per questi 280 milioni di euro non esisteva copertura, cosa che avrebbe determinato una posticipazione di molti anni del processo approvativo dell'opera. La soluzione l'abbiamo trovata sulla base di un presupposto trasportistico: la regione Veneto ha dichiarato l'opera fondamentale e ha sostenuto che il traffico associato all'opera sarebbe stato considerevolmente più elevato di quello previsto dal promotore. Di conseguenza, il meccanismo è stato il seguente: la regione non concederà, in fase di costruzione, i 280 milioni di euro in più di contributo pubblico come aveva richiesto il promotore e quest'ultimo accenderà un debito per una somma corrispondente: insomma, l'extradebito lo abbiamo accollato al promotore.
In fase di gestione si determinerà, per esclusione, una delle due ipotesi: se le previsioni della regione si rivelassero esatte ed effettivamente il traffico dovesse essere più elevato del previsto, ci sarebbe un maggior ricavo per la concessionaria tale da estinguere l'extradebito; il concedente, quindi, non sborserebbe nemmeno una lira. Diversamente, qualora le previsioni della regione si rivelassero troppo o parzialmente ottimistiche, si andrebbe, in fase di gestione, verso la corresponsione da parte del concedente del contributo strettamente necessario ad estinguere l'extradebito nel frattempo accollato al costruttore.
Come potete notare, è una forma di applicazione pura del concetto di partenariato pubblico-privato, con un alleggerimento tendenziale degli oneri per il concedente, che diventerebbe totale - nella misura cioè di 280 milioni di euro - ove le previsioni trasportistiche della regione si rivelassero pienamente fondate.
Evidentemente qualcuno deve pagare le opere pubbliche, ma il problema è capire se lo debbano fare i contribuenti o gli utenti. Con questo meccanismo, posto che si tratti di un'opera a pedaggio, il problema si collega a quanto significativo sarà il flusso di ricavi autonomi. Questo consente di separare la cassa, il contributo di oggi, dal rischio di domani. Peraltro, si tratta di un meccanismo recepito dalla regione e dal promotore; e quindi, difficilmente si può pensare che sia fantasioso.

GRAZIANO MAZZARELLO. A proposito di alcune questioni, mi sono informato sull'articolo della finanziaria per il 2003 che, su due opere in particolare, la Milano-Genova e la Milano-Verona, si esprime in maniera piuttosto contorta.
Il presidente Monorchio ha già risposto, dicendo che ISPA per quanto riguarda la Milano-Genova non intraprenderà nessuna azione in quanto non è redditiva. A mio avviso, questa è una novità piuttosto significativa. Siccome vorrei capire meglio,


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le chiedo: quando è intervenuta questa decisione di ISPA? Governo, regione e CIPE, infatti, hanno sempre sostenuto che la Milano-Genova, come del resto la Milano-Verona, sarebbe stata finanziata da ISPA con il meccanismo introdotto con la legge finanziaria di cui abbiamo parlato.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Da sempre era noto che la Milano-Genova non era finanziabile con le stesse modalità del programma dell'alta velocità Torino-Milano-Roma-Napoli, per il semplice motivo che è totalmente da costruire in galleria. In cifra tonda, il costo complessivo della Milano-Genova è di 5 miliardi di euro, esattamente quanto il ponte sullo Stretto di Messina. Tuttavia, questa opera può essere finanziata da ISPA, ma non poteva essere inclusa nel programma dell'alta velocità, poiché avrebbe pregiudicato la validità della strutturazione della Milano-Torino-Genova.
La norma contenuta nella legge finanziaria - se non erro, si tratta dell'articolo 14 - è un modo corretto per finanziare la Milano-Genova: lo Stato eroga contributi quindicennali alle ferrovie e noi possiamo tranquillamente accendere il relativo mutuo per finanziare l'opera. In un primo tempo si era pensato, in attesa di una norma che disponesse la presa in carico da parte dello Stato della Genova-Milano, di includerla comunque nell'emissione del programma, salvo poi escluderla nell'eventualità in cui la norma non sarebbe stata varata.
Abbiamo una corrispondenza con il Ministero dell'economia che ci autorizzava ad ampliare il programma dell'alta velocità, includendo la Genova-Milano, con la riserva che si sarebbe intervenuti con una norma di legge per finanziarla insieme ad una parte della Milano-Verona, incluso il nodo di Verona. Si badi bene che non stiamo parlando di cose nuove: era noto a tutti, infatti, che i ricavi della Genova-Milano corrispondevano, nella migliore delle ipotesi, a circa il 15 per cento del costo dell'opera.

GRAZIANO MAZZARELLO. Questa era anche una nostra obiezione!

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Il fatto che noi abbiamo manifestato la disponibilità al finanziamento della Genova-Milano non presupponeva l'inclusione nel programma della Torino-Milano-Genova. Infatti, mentre quest'ultima garantisce un volume di ricavi che consente, sia pure in un periodo molto lungo, il ristoro del capitale impiegato, per la Milano-Genova tale condizione non esiste o, se esiste, è lontana nel tempo e, per di più, si basa sull'ipotesi di trarre benefici dallo sviluppo del corridoio Genova-Rotterdam.
Questa storia è molto importante perché Ferrovie dello Stato è fuori dal perimetro pubblico. Per essere fuori da tale perimetro vi devono essere dei parametri riportati nei manuali dell'Eurostat, tra cui quello di avere ricavi per oltre il 51 per cento dei propri costi e di non avere bilanci in rosso: solo così si è in presenza di una società di mercato. Faccio notare che, se si inserisse l'ammortamento della galleria Genova-Milano nel bilancio di FS, di RFI o di TAV, si andrebbe in rosso in quanto la spesa non risulterebbe sostenibile dal gruppo Ferrovie dello Stato: questo investimento, dunque, dove essere per forza a carico dello Stato.
La formula che il Governo ha proposto nell'articolo 14 della legge finanziaria presentata al Senato destina due contributi per questa opera. Credo che ci saranno delle difficoltà, a meno che non si intenda utilizzare il finanziamento soltanto per le prime opere di cantierizzazione. Diversamente, sarà necessario aggiungere, sull'esercizio 2008, qualche altra risorsa; in caso contrario RFI non potrà stipulare il contratto con il general contractor. Questo, infatti, deve riguardare l'intero importo stabilito dal CIPE, che ammonta a oltre 4 miliardi di euro. Ora, tenuto conto che il 20 per cento è finanziato dall'Unione Europea (un miliardo circa), la restante parte deve essere finanziata. Per tale motivo, oltre alle risorse stanziate per il 2006 e il 2007, ne dovranno necessariamente essere


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stanziate altre a valere sul 2008. Se ci si dovesse limitare soltanto alle prime opere di cantierizzazione le risorse previste sarebbero anche eccessive, ma, a questo punto, con un piccolo sforzo si potrebbe giungere a finanziare la Milano-Genova. Lo stesso discorso non vale per la Milano-Verona, per la quale ci vorrebbero altre risorse da inserire in finanziaria.

GRAZIANO MAZZARELLO. Quindi, la formula dell'articolo sulla Milano-Genova non sarebbe vera.

ANDREA MONORCHIO, Presidente di Infrastrutture SpA. Dipende da cosa si vuole fare. Per quanto mi risulta, basandomi sulle mie reminiscenze da Ragioniere generale, RFI può stipulare il contratto solo se ha la disponibilità dell'intera somma, né credo che possa trovare un'impresa disponibile a stipulare il contratto soltanto per un tratto di ferrovia. Ritornando all'esempio della Torino-Milano-Roma-Napoli, nel momento in cui abbiamo assunto l'obbligo di finanziare l'opera, noi abbiamo garantito a Ferrovie dello Stato la disponibilità completa e totale di tutti gli stanziamenti occorrenti per bandire le gare d'appalto.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per la loro partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,15.