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Seduta del 27/10/2005


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Si riprende l'esame testimoniale di Carmine Fiore.

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame testimoniale di Carmine Fiore.
Generale Fiore, ci può parlare dei suoi rapporti con Giancarlo Marocchino? Come lo ha conosciuto? Che tipo di frequentazioni e di rapporti ha intrattenuto con lui?


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CARMINE FIORE. Come ho già detto, sono arrivato in Somalia il 6 settembre e, in quel paese, Marocchino rappresentava l'italiano di punta, un personaggio che, anche se non lo si va a cercare, si nota.
Verso la fine di settembre lui fu arrestato dall'ONU e io non ho mai conosciuto i capi di imputazione che gli vennero addebitati. Dopo alcuni giorni, il consigliere d'ambasciata, il dottor De Chiara, mi chiese di ospitare Marocchino sull'aereo in partenza per l'Italia, precisandomi che il soggetto viaggiava senza passaporto e documenti. Feci rilevare al consigliere d'ambasciata che viaggiare senza documenti e senza passaporto mi sembrava un po' strano; tra l'altro, volevo sapere la qualificazione giuridica di questo personaggio poiché non potevano far giungere un clandestino nel nostro paese. Egli mi disse che, una volta giunti a Pisa, mi sarebbero state date tutte le informazioni del caso. Nel dubbio, poiché c'era Coppola, un tenente colonnello dei carabinieri che rientrava in Italia lo stesso giorno, l'ho affiancato a Marocchino per assicurarmi che quest'ultimo rientrasse in Italia. Dopodiché Marocchino è stato in Italia per un certo periodo; in seguito ho saputo che si era spostato a Nairobi, da dove continuava a dirigere le sue operazioni tramite la moglie, ed infine, verso la fine di gennaio è rientrato.
Ho con me la lettera che l'ammiraglio Howe ha inviato alla signora Faduma, moglie di Marocchino. Egli, così si esprime: «Desidero informarla che l'ordine di deportazione che riguarda suo marito, mister Giancarlo Marocchino, è stato revocato, con effetto dal 18 gennaio. Spero che suo marito vorrà fare maggiori sforzi per contribuire al processo di pace che adesso, così fortemente, si sta sviluppando in Somalia». Non so se la Commissione è a conoscenza di questa lettera che, comunque, posso consegnarvi. A questo punto, per quanto mi riguarda, Marocchino, come persona, è stato completamente riqualificato tornando ad essere un soggetto assolutamente affidabile. Credo che, almeno per quanto riguarda i rapporti con il contingente - di carattere lavorativo, per i quali veniva pagato, e soprattutto di carattere informativo - Marocchino si sia rivelato estremamente affidabile.
A questo punto, signor presidente, le chiederei di procedere in seduta segreta.

PRESIDENTE. Sta bene. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Muoviamo dal racconto delle vicende relative ai due soldati uccisi, Righetti e Visioli: lei aveva dato conto degli accertamenti svolti. La mia domanda è la seguente: che lei sappia, vi è stata un'inchiesta di carattere amministrativo o di carattere penale oppure le sue conoscenze rimangono ferme agli atti ai quali ha fatto riferimento e che ha consegnato alla Commissione?

CARMINE FIORE. Le mie conoscenze rimangono ferme a tali atti.

PRESIDENTE. Quindi non sa dell'inchiesta amministrativa. Ad esempio, il generale Buscemi ha fatto presente che l'accertamento si sarebbe concluso con la decisione di parlare, al riguardo, di casualità. Infatti, si riteneva che non fossero italiani, ma che fossero dei pakistani, a cagione della maglietta verde con la quale stavano facendo jogging. La casualità avrebbe dunque governato, rispetto all'uccisione dei militari italiani, questa vicenda. Le risulta tutto questo?

CARMINE FIORE. Questo è vero, perché, come si potrà evincere dalla documentazione che ho presentato, questi ragazzi erano in abbigliamento estremamente sportivo. In genere, tutte le divise


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militari si somigliano. Questi ragazzi avevano magliette verdi e pantaloncini colorati. Erano in abbigliamento «sciolto» e sportivo.
Tenga inoltre presente che l'evento è accaduto di sera. Se vi era dunque la volontà di colpire qualcuno in particolare, la possibilità era altamente improbabile. Si è trattato dunque di un evento assolutamente casuale: hanno voluto produrre danni all'Unosom ed hanno preso i primi che capitavano nel porto.

PRESIDENTE. Per quale ragione si volevano produrre danni nei riguardi di Unosom?

CARMINE FIORE. Vi erano parecchie cose che non andavano nei riguardi del comando Unosom. Da questo punto di vista, il porto nuovo era una sorta di coagulo di diversi contingenti: vi erano un mare di persone. Ogni contingente aveva presso il porto nuovo una sua cellula. Noi, ad esempio, avevamo i nostri ragazzi per caricare e scaricare le navi. Allo stesso modo, tutti i contingenti erano presenti. Abbiamo dunque escluso l'intenzionalità di colpire gli italiani.

PRESIDENTE. Ha notizie sull'omicidio del maresciallo Li Causi?

CARMINE FIORE. Il maresciallo Li Causi è stato ucciso nelle vicinanze di Balad, dove era il nostro comando. Il maresciallo Li Causi, un altro agente del Sismi, un nostro capitano e due nostri sottufficiali erano usciti. Hanno superato l'abitato di quel paese e sono andati verso nord; nel tornare hanno assistito ad un attacco da parte di banditi somali contro un autobus che trasportava somali. Ne è nato uno scontro a fuoco, a seguito del quale il maresciallo Li Causi è stato colpito da un solo colpo al fianco. Rapidamente, gli altri colleghi si sono sganciati e lo hanno portato a Balad. Quando è arrivato a Balad era ancora vivo. Lì è stato soccorso da un nostro medico e da una crocerossina, anch'ella un medico. Ho assistito agli ultimi istanti di vita di questo sottufficiale, che dopo poco è deceduto.

PRESIDENTE. Sulle ragioni di questa morte, come sa, le correnti di pensiero sono quanto meno due: da alcuni si ritiene che si sia trattato di un colpo fuoriuscito senza l'intenzionalità di uccidere; altri ritengono valida una certa ricostruzione sulla persona di Vincenzo Li Causi, che sarebbe stata la persona che curava il traffico di armi, partendo da Trapani ed andando verso la Somalia. Notizie di queste genere sono state da lei vagliate?

CARMINE FIORE. No, notizie di questo genere non le abbiamo vagliate. Per me, l'evento è stato assolutamente casuale: lo possono testimoniare anche le altre quattro persone che erano con Li Causi. Ripeto: uno era un suo collega, un certo Ivo, gli altri tre erano un capitano e due sottufficiali del mio comando. Ho qui i nomi, che ho peraltro fornito all'epoca ai magistrati quando mi hanno interrogato.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda Maria Cristina Luinetti - la crocerossina della quale parlava prima -, ad indagini completate sono stati trasmessi gli atti all'autorità giudiziaria somala?

CARMINE FIORE. Sì.

PRESIDENTE. In Italia ha indagato qualcuno, che lei sappia?

CARMINE FIORE. In Italia ha indagato la procura di Milano, perché la ragazza viveva in quelle prossimità: mi sembra a Varese. In particolare, sul caso ha indagato il procuratore Nocerino, con il quale, avendo a cuore che questa vicenda si risolvesse in maniera positiva, anche per confortare la madre con la quale ero in contatto, ero in stretto contatto. Le ultime informazioni ricevute dal dottor Nocerino, che mi sembravano alquanto non condivisibili, erano le seguenti (posso lasciare fotocopia di questo mio scritto): l'omicidio è stato qualificato - la mia cultura giuridica è estremamente limitata, soprattutto


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in questo consesso - come soggettivamente politico ed in tale quadro è stata emessa l'ordinanza di custodia cautelare dal giudice delle indagini preliminari.
In data 8 marzo 1994, la procura di Milano ha inoltrato al Ministero degli affari esteri la richiesta di estradizione. Con una nota del 5 ottobre 1994 il Ministero degli affari esteri ha comunicato l'impossibilità di inoltrare la domanda di estradizione, stante l'assenza di una autorità riconosciuta. Sul punto nutro personalmente alcuni dubbi, perché in data 5 ottobre 1994 vi era ancora l'Unosom (perché l'Italia viene via nel marzo del 1994, mentre l'Unosom lascia nel marzo del 1995). Per questo, nell'ottobre del 1994, l'autorità riconosciuta è l'Unosom, presente in Somalia.
Copia di tutti gli atti è stata data al procuratore di Mogadiscio; sono quindi state effettuate l'autopsia e la perizia balistica collettiva, perché un'ipotesi che fu formulata fu quella che questa ragazza fosse stata attentata da colpi sparati dai nostri carabinieri che erano intervenuti. Questa perizia ha escluso tale eventualità.
L'ordinanza di estradizione nei riguardi di questo somalo non è soltanto per l'omicidio di Maria Cristina Luinetti, ma anche per il tentato omicidio dei carabinieri. Quando infatti i carabinieri sono intervenuti, lui ha sparato anche contro questi ultimi. Vi è stato uno scontro a fuoco ed egli è stato soltanto ferito.
Queste informazioni possono essere lasciate agli atti della Commissione: le ho attinte dal procuratore Nocerino o dal suo collaboratore, un ufficiale dei carabinieri, maggiore La Forgia.

PRESIDENTE. L'onorevole Fragalà, che è attento politico e, al tempo stesso, giurista, non sa che stamane il generale Fiore ci ha reso nota una realtà totalmente divergente rispetto a quella che abbiamo raccolto ai nostri atti. Infatti, a Mogadiscio vi era una polizia giudiziaria che faceva capo ad Unosom e vi era una magistratura di Mogadiscio che esercitava la giurisdizione. Pertanto, quando il capitano Salvati, oggi colonnello - così succede in Italia - e il colonnello Vezzalini ci hanno detto che lì non esisteva nulla e che non si poteva fare niente, si trattava di un'affermazione assolutamente non fondata.
Sarebbe opportuno che lei traducesse in atto pubblico quanto stava informalmente dicendo a proposito delle modalità di sostegno, anche economico, nei riguardi, all'epoca, della polizia e della magistratura in Somalia, e precisamente a Mogadiscio.

CARMINE FIORE. I poliziotti somali venivano da noi addestrati; una volta superato il corso, erano poliziotti a tutti gli effetti ed essi avevano diritto ad uno stipendio che era pagato da Unosom.
Noi, come contingente, avevamo il compito di recarci, una volta al mese, presso il comando Unosom, per prendere i soldi da dare ai poliziotti nelle diverse stazioni che avevamo attivato nel nostro territorio. La cosa mi ha impressionato perché quando andavamo a prendere questi soldi tornavamo con sacchi di dimensioni spaventose, a causa della svalutazione esistente. Mi sembra di ricordare che si trattasse del dinaro somalo, la vecchia moneta locale. Per la svalutazione che vi era, un poliziotto somalo prendeva una quantità di denaro enorme, da fare invidia al migliore italiano.
Il fatto che vi fossero poliziotti somali lo comprova il fatto che lavorassero accanto a noi nei posti di blocco; lo comprova inoltre il fatto che abbiamo ceduto loro la responsabilità dei posti di blocco. Lo comprova soprattutto il fatto che ho consegnato l'assassino di Maria Cristina Luinetti ad un magistrato somalo. Abbiamo arrestato l'assassino di quest'ultimo dopo uno scontro a fuoco con i carabinieri e ci siamo posti il problema della sua sorte: lo portiamo in Italia? In virtù di quale normativa giuridica possiamo portarlo in Italia, considerato che esiste una magistratura somala sul posto? Dal momento che si intende enfatizzare il ruolo di questa magistratura somala, abbiamo inteso attribuirgli questa competenza. Ovviamente abbiamo seguito molto da vicino il caso, ma anche da lontano. Lo dimostra che quello del quale ho parlato è un


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appunto del 10 luglio del 1995. Io sono rientrato in Italia il 22 marzo 1994.

PRESIDENTE. Mi interessa un ulteriore aspetto: cosa è accaduto sulla nave Garibaldi a proposito del «concentramento» dei bagagli dei due giornalisti uccisi e delle rilevazioni che furono in quel contesto effettuate? È vero che il recupero dei bagagli fu effettuato dai due giornalisti Simoni e Porzio?

CARMINE FIORE. Sì.

PRESIDENTE. Chi dette loro l'incarico? Fu una loro iniziativa? Anche perché poteva essere pericoloso andare in giro per Mogadiscio, tenuto conto della situazione che lei ci ha descritto, per rintracciare nell'hotel Sahafi, dove alloggiavano i due giornalisti, i loro bagagli.

CARMINE FIORE. È vero che i bagagli sono stati materialmente recuperati nelle stanze dell'albergo Sahafi dai giornalisti Giovanni Porzio e Gabriella Simoni. Porzio e Simoni erano alloggiati presso la casa di Marocchino (molti giornalisti italiani usavano farlo).
Quando è accaduto tale evento, essi lo hanno appreso sulla famosa rete radio delle ONG e si sono precipitati sull'evento. Hanno recuperato, insieme al Marocchino, i corpi; li hanno portati al porto vecchio e con un elicottero sono stati portati sulla nostra nave. Sono poi andati, con la scorta di Marocchino, all'hotel Sahafi a recuperare i bagagli.
Questa è stata una operazione coordinata tra loro ed il sottoscritto e si deduce anche dal diario di avvenimento: 17,20, Falco due, che sarebbe il generale Cantone, il mio vice, che ha concordato il recupero dei materiali e dei documenti dei giornalisti uccisi.
Tale accordo era stato fatto tramite Marocchino, che a questo punto era l'unico elemento che ci assicurava una qualche continuità di collegamento con questi signori. Gli è stato detto di recuperare i bagagli e di venire verso il porto vecchio. Verso le diciotto, Giovanni Porzio e Gabriella Simoni sono arrivati al porto vecchio con i bagagli e noi li abbiamo portati sulla nave Garibaldi. Il contingente si è dunque preoccupato di questo problema, risolvendolo in tal modo.

PRESIDENTE. Non è stata dunque un'iniziativa spontanea dei due giornalisti?

CARMINE FIORE. È stata una iniziativa concordata da parte dei giornalisti e da parte nostra.

PRESIDENTE. Con la necessaria tutela della sicurezza dei due giornalisti.

CARMINE FIORE. La tutela veniva accordata dalla scorta di Marocchino, della quale usufruivano normalmente.

PRESIDENTE. Benissimo. Nell'esame effettuato il 5 luglio nella Commissione sulla cooperazione, alla Camera, lei disse che erano state visionate di notte le cassette sulla nave Garibaldi, ai fini di acquisire le prime indicazioni sul movente dell'omicidio. Disse poi che non erano risultati né immagini né nomi che potessero suggerire una pista. Può dirci come avete organizzato la visione di queste cose? È stato qualcosa di programmato o invece si è trattato di un'iniziativa spontanea? Tutto questo è stato fatto alla sua presenza?

CARMINE FIORE. Fu un'iniziativa concordata fra noi ed i giornalisti. Alcuni giornalisti avevano voglia di sapere qualcosa di più, avendo sottomano bagagli e quant'altro. I block notes furono materialmente guardati da Gabriella Simoni; le videocassette furono materialmente guardate da Romolo Paradisi, l'operatore di Carmen Lasorella. Carmen Lasorella era partita qualche giorno prima per l'Italia, mentre il suo operatore era rimasto lì.
Per problemi tecnici legati all'inserimento di questa videocassetta in un videoregistratore professionale, la visione della cassetta stessa è stata fatta guardando nell'oculare. Personalmente, non ho


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assistito a questa operazione, contrariamente a quanto dice il giornalista Giovanni Porzio nel rapporto che ha diffuso. Presente a questa operazione era il generale Cantoni. Mi hanno riferito l'esito di questa attività di verifica sostenendo che non era successo alcunché.

PRESIDENTE. Glielo ha riferito il generale Cantoni?

CARMINE FIORE. Ma anche i giornalisti, perché verso mezzanotte o l'una, i giornalisti Porzio e Simoni, che non avevo mai visto in precedenza, si sono recati nella mia camera per riferirmi che non era successo alcunché. Hanno approfittato poi per mettersi in collegamento con qualche testata giornalistica e mi hanno regalato un loro libro, con una dedica particolare, tutto sommato alquanto cordiale.

PRESIDENTE. Che fine fanno questi materiali?

CARMINE FIORE. Una volta arrivati lì, vengono inventariati dal commissario e dal comandante della nave Garibaldi. Vengono inventariati e compilati elenchi molto precisi e minuziosi di questi bagagli; rimangono in plancia fino all'indomani mattina, quando noi ci rechiamo a Mogadiscio (durante la notte i corpi sono stati portati all'aeroporto di Mogadiscio per un problema di refrigerazione).
L'indomani mattina, alle ore 9, è arrivato un velivolo da Mombasa per prendere i corpi. Siamo andati all'aeroporto e nell'elicottero nel quale ero anche io presente vi erano questi bagagli: è stato composto un elenco molto dettagliato, che ha seguito le salme e del quale si è persa stranamente copia durante questi viaggi.

PRESIDENTE. A chi è stato dato in consegna?

CARMINE FIORE. Sul velivolo, se non vi sono responsabili dei bagagli, questi vengono dati ad un soggetto che si definisce il direttore di carico: in questo caso si trattava di un maresciallo.
Questo velivolo è andato a Mombasa, dove ha caricato altre persone dell'Aeronautica. Con queste persone è poi arrivato a Luxor. Durante questo giro la documentazione è stata nella disponibilità di due marescialli che hanno avuto la responsabilità di questi bagagli.
Sono arrivati a Luxor; con una procedura che purtroppo avevamo già avviato in precedenza per analoghi eventi luttuosi e mentre il nostro velivolo partiva da Mogadiscio ed arrivava a Luxor, un altro velivolo partiva dall'Italia e, più velocemente, arrivava a Luxor. Lì, con questo DC 9 arrivato dall'Italia, sono arrivati anche i dirigenti RAI, fra i quali il dottor Locatelli, allora direttore generale, ed anche il professor Demattè, che, se non sbaglio, era il presidente. Ovviamente, insieme a loro vi erano alcuni giornalisti, tra i quali Pucci Buonavolontà.
Questo maresciallo, molto lodevolmente, al momento di trasferire questi bagagli dal velivolo del quale era direttore di carico al DC 9, si è fatto sottoscrivere dal dottor Locatelli una ricevuta, che credo sia agli atti della Commissione, con la quale ha ricevuto quattordici colli, due buste e una borsetta nera, che seguono le bare. Stranamente, questi elenchi sono spariti.

PRESIDENTE Non ho compreso un aspetto: perché questi materiali sono stati dati a Locatelli? Erano materiali sostanzialmente sequestrati, anche se formalmente poteva mancare un provvedimento che l'autorizzasse.
Vi era stato l'omicidio delle due persone e quindi la previsione di un procedimento penale per questa vicenda era assolutamente doverosa. Per quale ragione questi materiali sono stati consegnati al dottor Locatelli, che era direttore generale della RAI, ma comunque un privato cittadino? Perché non si è pensato di affidarli ad un carabiniere o ad un ufficiale di polizia giudiziaria perché ne facessero consegna all'autorità giudiziaria italiana?

CARMINE FIORE. Sul velivolo non vi erano ufficiali di polizia giudiziaria.


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PRESIDENTE. Ma poteva essere anche...

CARMINE FIORE. Il maresciallo ha consegnato questi materiali a Locatelli perché, essendo questi due giornalisti RAI, egli ha in un certo senso pensato che fosse in termini impropri il datore di lavoro.

PRESIDENTE. In tutti questi passaggi che ha descritto, premesso che lei, come dichiarato, non vi ha partecipato, vi sono stati momenti nei quali, in relazione a questi materiali, può essere andata dispersa la descrizione o l'esistenza fisica?

CARMINE FIORE. No. Ripeto: sulla nave hanno operato con molta pignoleria, come si può vedere da questi elenchi compilati.

PRESIDENTE Quando è stato compilato l'elenco? Appena arrivati i materiali? La sera del 20?

CARMINE FIORE. Esattamente: mi sembra di ricordare che il comandante della nave ed i giornalisti Porzio e Simoni abbiano riferito di aver completato l'attività verso l'una o le due di notte. Non vi erano poi motivi contingenti... Stranamente poi questi elenchi...

PRESIDENTE. Qualcosa è stata portata via da qualche giornalista. Lo abbiamo accertato. Per esempio, a Fiumicino abbiamo saputo che qualcosa è venuta meno.

CARMINE FIORE. Non mi interessano le cose strane.

PRESIDENTE. Dagli atti risulta...

CARMINE FIORE. Questi elenchi che adesso circolano sono elementi che ho dato al dottor Torrealta, giornalista RAI. Egli mi ha telefonato (siamo nel maggio, vale a dire due mesi dopo i fatti), dicendomi che era... Ho detto: vi abbiamo dato gli elenchi. Io avevo copia di questi elenchi e l'ho inviata via fax quel giorno stesso. Se vi fosse stato un retropensiero in questa storia, potevo tranquillamente dire che gli elenchi... Gli elenchi che girano sono quelli che ho dato al dottor Torrealta. Sono personaggi strani, questo non interessa la Commissione...
Lei mi ha chiesto in precedenza la storia di Bosaso: ho detto in cinquantamila lingue che noi non eravamo andati. Il dottor Torrealta, mesi dopo, intervista il capo dei miliziani che avevano sequestrato quella nave e, trasmettendo in televisione questo servizio, nel quale dice che quel signore ha visto casse di armi, non gli chiede stranamente come si sia risolto il sequestro, ovvero non chiede se siano o meno arrivati gli italiani. Allora o si tratta di un giornalista che non sa fare il proprio mestiere o il giornalista ha avuto una risposta che non piaceva e non l'ha trasmessa.

PRESIDENTE. Ho capito. Sempre alla Commissione sulla cooperazione, in data 5 luglio, lei ha detto: una volta che i corpi sono stati imbarcati sull'elicottero, i carabinieri sono tornati sul luogo dell'evento per svolgere le prime indagini. Lei fa riferimento perfino all'orario, vale a dire le ore sedici del giorno venti. Cosa significa questa affermazione?

CARMINE FIORE. Il maggiore Tunzi è arrivato con cinque o sei carabinieri sul luogo dell'eccidio, un minuto dopo. Dopodiché è arrivato al porto vecchio ed ha collaborato.
A questo punto il maggiore Tunzi monta sull'elicottero e viene sulla nave per riferire. Non si disinteressa del problema perché altri carabinieri restano sul posto: il tenente, che credo oggi sia capitano, Orsini, comandante dei carabinieri di scorta all'ambasciatore e l'allora capitano Salvati. Tunzi disse loro di andare a dare un'occhiata per vedere cosa poteva essere reperito. Come sempre succedeva in Somalia, dopo un minuto non si vede alcunché. Orsini e Salvati sono ritornati sul luogo dell'eccidio ed hanno riferito di non aver acquisito alcun elemento di rilievo. Credo di avere anche la deposizione del maggiore Tunzi. Se è necessaria...


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PRESIDENTE. Lo abbiamo sentito anche noi. Se non vi sono domande da parte dei componenti della Commissione, ringrazierei il generale Fiore. Se vi sarà la necessità di ascoltarla nuovamente, ci affideremo alla sua cortesia.
Noi la ringraziamo non soltanto formalmente, ma anche per la sostanza delle sue dichiarazioni che, come già ho annunciato nel corso della sua audizione, sono per noi un punto di svolta. Esse per la prima volta ci consentono di sapere che, a fronte di precise negazioni dei diretti responsabili, in Somalia, o quanto meno a Mogadiscio, vi erano una polizia giudiziaria ed una magistratura alla quale, persino da parte vostra, sono stati consegnati gli assassini autori di un altro omicidio. Queste ed altre sono le parti salienti della sua deposizione, che per la Commissione rappresentano un autentico traguardo.

CARMINE FIORE. Vorrei ringraziarla, svolgendo altresì una considerazione rivolta a tutti i componenti della Commissione: io non ho alcuna remora a ritornare in questa sede per rendermi utile nell'operazione rivolta all'accertamento della verità. Credo infatti che, dopo i genitori ai quali va il mio enorme rispetto, la persona più interessata a che questa vicenda si concluda riaffermando la verità, probabilmente, e senza presunzione, è il sottoscritto. In questa vicenda, sul sottoscritto si sono riversate molte infamie e cattiverie. Questo non interessa la Commissione: vi prego soltanto di raccogliere il sentimento di verità, che anima la Commissione, ma anche il sottoscritto.

PRESIDENTE. Anche la Commissione si unisce a questa notazione da lei formulata sulla ovvia, ma non di circostanza, vicinanza ai genitori di Ilaria Alpi. Anche noi, che seguiamo le cronache, giudiziarie e non, sappiamo che la sua persona è stata in qualche modo toccata da osservazioni e rilevazioni. La Commissione, a mio avviso, ha svolto un lavoro certosino, ma anche intelligente - non soltanto diligente - che potrà dare ad ognuno ciò che gli spetta. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.

La seduta termina alle 14.

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