Seduta n. 422 del 9/10/1998

Index Forward


Pag. 1


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 9,30.

ALBERTA DE SIMONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

PRESIDENTE. Comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.
Ricordo che nella seduta di ieri il Presidente del Consiglio dei ministri ha posto la questione di fiducia sull'approvazione della
risoluzione Mussi ed altri n. 6-00065 (vedi l'allegato al resoconto della seduta di ieri - Risoluzione sezione 1).
Ricordo inoltre che nella riunione di ieri della Conferenza dei presidenti di gruppo si è unanimemente stabilito, in relazione alle particolare circostanze del dibattito, di consentire a ciascun gruppo, ove richiesto, di ripartire il tempo della dichiarazione di voto (12 minuti) tra due interventi. Il tempo per interventi a titolo personale è di 30 minuti complessivi.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scozzari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE SCOZZARI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, i deputati della rete voteranno la fiducia al Governo Prodi. Noi diamo un giudizio positivo sull'operato del Governo anche se, come è ovvio, si sarebbe potuto fare di più. In questo momento crediamo che sia opportuno e responsabile continuare l'azione intrapresa per far sì che i sacrifici sostenuti dai cittadini negli ultimi due anni per consentire all'Italia di entrare in Europa non vadano persi e vanificati. Dispiace infatti che parte di una forza della maggioranza non abbia capito che la via della crisi è irresponsabile, ma soprattutto tradisce le aspettative di quanti oggi non hanno lavoro e attendono le misure economiche previste dalla legge finanziaria che, per la prima volta, appare equa ed avvia un percorso di sviluppo nelle aree più deboli del paese.
La difesa dei lavoratori e delle classi più deboli, se fine a se stessa o strumentale a meri interessi di partito, non corrisponde ai valori che ci siamo impegnati a difendere, a ciò che abbiamo sottoscritto e contratto con gli elettori nel 1996.
Gli italiani non hanno capito questa crisi che, se si fosse risolta in modo negativo, avrebbe reso il palazzo ancora più lontano dagli interessi della gente; per fortuna pare abbia prevalso il senso dello Stato e di responsabilità. Certamente si poteva e si può fare di più. Rispetto alla legge finanziaria che ci apprestiamo a votare in questa sessione di bilancio la rete si impegnerà per migliorarne il testo e renderlo più attento ai problemi del sud.


Pag. 2


Occorre continuare sulle via delle incentivazioni alle piccole e medie imprese e non dell'assistenzialismo, finanziando i patti territoriali, i contratti d'area e tutte le altre misure importanti per la ripresa economica, recuperando una cultura d'impresa e valorizzando le risorse locali sia territoriali sia umane. Tutto ciò si può realizzare se siamo in grado di attuare una politica del dialogo, del confronto, anche duro e serrato, e non della rottura. Gli italiani hanno bisogno di stabilità: consegnare il paese alle destre sarebbe un grave ed imperdonabile errore (Applausi dei deputati del gruppo misto rete-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi, abbiamo seguito con attenzione le dichiarazioni programmatiche del Presidente Prodi. Abbiamo apprezzato molto la coerenza del Presidente del Consiglio che si è presentato al Parlamento per la conferma della fiducia da parte della maggioranza che ha vinto le elezioni del 1996; voglio però dire chiaramente che siamo contro ogni spostamento dell'asse della maggioranza verso sinistra. Riteniamo che il Governo abbia operato bene e che non vi sia motivo di negare la fiducia ad un esecutivo che ha portato l'Italia in Europa: dopo tutti gli sforzi compiuti e due finanziarie pesanti ci troveremo di fronte ad una finanziaria che, per la prima volta, non contiene un significativo aumento della pressione fiscale.
Certamente restano tante cose da fare, in particolare va combattuto il flagello della disoccupazione e va rilanciata l'economia. Appare in questo senso più che dubbia una tesi miracolistica nei confronti delle 35 ore. La nostra posizione favorevole al voto di fiducia deriva dalla consapevolezza che una crisi politica inserita in un contesto di difficoltà economica mondiale risulterebbe pericolosa ed incomprensibile per l'opinione pubblica, mentre c'è bisogno di stabilità.
Signor Presidente, abbiamo potuto apprezzare la particolare attenzione di questo Governo nei confronti delle minoranze linguistiche. Alcuni problemi, infatti, sono già stati risolti; altri, come le norme di attuazione degli statuti, richiedono un cambio di velocità da parte del Governo.
La nostra popolazione chiede che venga ulteriormente migliorata la qualità dell'autonomia speciale; è una richiesta che intendiamo portare avanti con grande determinazione, in accordo con i valdostani e con il rappresentante dei ladini. In questo senso, chiediamo il varo immediato delle norme di attuazione già pronte e in particolare, per quel che ci riguarda, di quella in materia di trasferimento dei beni demaniali inutilizzati alla provincia di Bolzano. Attendiamo a breve anche il varo della norma in materia di energia elettrica per risolvere il problema, molto sentito dalla nostra gente, delle grandi derivazioni idroelettriche.
Abbiamo ricevuto rassicurazioni da parte del Governo sul fatto che queste nostre richieste verranno soddisfatte. Anche per queste motivazioni esprimiamo il nostro voto favorevole sulla risoluzione Mussi ed altri n. 6-00065.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il centro cristiano democratico dirà «no» alla sua richiesta di fiducia per cinque ragioni.
La prima: se questo Governo vivrà, lo potrà fare grazie ai voti determinanti di sei o sette transfughi eletti dagli elettori del centro-destra e acquisiti al centro-sinistra e all'Ulivo. Quindi, se vivrà, lo farà attraverso una operazione di trasformismo parlamentare, di compravendita effettuata nel passato di eletti in un sistema bipolare da chi guarda all'opposizione e non alla maggioranza.
La seconda: è un Governo che, se vivrà, lo potrà fare perché dalla desistenza di rifondazione comunista si passerebbe all'appoggio


Pag. 3

di una parte di quel partito, dei comunisti di quel partito che entreranno a far parte organica di questa maggioranza; cambierà quindi la natura di questo Governo! Il collega della SVP temeva e dice di non essere d'accordo per una svolta a sinistra ma, obiettivamente, i «paletti» che perimetrano questa maggioranza con il voto di oggi - se il Governo vivrà - si sono spostati.
La terza ragione è legata alle conseguenze negative di questa situazione nella nostra politica interna e nella politica economica. Abbiamo visto che il Presidente del Consiglio nel suo intervento ha dovuto enfatizzare l'accelerazione della legge sulle 35 ore, che tutti sanno essere una iattura per la nostra economia ed un pedaggio che l'onorevole Prodi deve pagare a quella parte dei comunisti che ne fanno la condizione essenziale per appoggiare il suo Governo. È un'altra svolta a sinistra, onorevole Zeller, che è evidente a tutto il paese!
La quarta ragione consiste nelle disastrose conseguenze sul piano internazionale delle dichiarazioni fatte in questa sede dal Presidente del Consiglio che, per ragioni soltanto di politica interna, ha messo a rischio la credibilità del nostro paese a livello internazionale e ha fatto un oggettivo regalo ai serbo-comunisti di Milosevic che, in maniera insperata, hanno trovato in un Presidente del Consiglio di un paese della NATO, nel momento più grande della crisi fra la NATO stessa e la Serbia, parole se non di comprensione comunque certamente non di ammonimento grave. Questo è stato fatto non certo perché io ritenga che il Presidente Prodi creda veramente in questa posizione, ma perché non parlava a Milosevic o agli alleati, bensì all'onorevole Cossutta! Questo svilimento del nostro dibattito politico vuol dire giocarsi le grandi ragioni di collocazione internazionale per problemi di «bassa cucina» interna.
La quinta ragione del nostro voto contrario è la seguente: crediamo nel bipolarismo e che l'Italia debba diventare una democrazia matura e normale, dove si alternano Governi moderati o progressisti. Questo discorso vale se vi è il rispetto per il voto degli elettori. Noi stiamo assistendo oggi, invece, ad una pagina di vergognoso trasformismo parlamentare di una fiducia ad un Governo che, se vivrà, lo potrà fare per il voto dei transfughi e per il voto di una parte contrattata di un partito che aveva tolto la fiducia all'esecutivo. È chiaro che non andiamo verso un paese normale, dove si rispettino i ruoli tra maggioranza e opposizione; andiamo invece verso un'ulteriore riscrittura della nostra storia, quella peggiore, quella del trasformismo. Quindi, anche se il Governo dovesse avere la fiducia in questo modo, è chiaro che la maggioranza del popolo italiano a questo Governo non dà più fiducia (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente della Camera,...

PRESIDENTE. Onorevole Paissan, sta parlando l'onorevole Crema alle sue spalle!

GIOVANNI CREMA. ...signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, l'iniziativa dell'onorevole Bertinotti di togliere la fiducia al Governo ha creato una situazione di crisi nella maggioranza che noi non condividiamo e non giustifichiamo; come francamente non giustifichiamo e non condividiamo i toni da caccia alle streghe che vengono usati contro l'attuale segretario di rifondazione comunista da parte di chi, in precedenza, non perdeva occasione per riservargli delle attenzioni altrettanto interessate. Noi socialisti democratici rispettiamo il travaglio di questo partito e le sue lacerazioni interne; rispettiamo le scelte, tanto dell'onorevole Bertinotti, che quelle del presidente, onorevole Cossutta.
Questa situazione di grave difficoltà per l'esecutivo Prodi si verifica alla vigilia di importanti appuntamenti e scadenze che attendono il paese, quali: la legge


Pag. 4

finanziaria, che deve essere approvata entro il 31 dicembre per evitare l'esercizio provvisorio che vanificherebbe in parte i sacrifici fatti dai cittadini negli ultimi anni; la fissazione a fine anno del valore di cambio della lira per l'avvio dell'euro il 1 gennaio del 1999; e l'aggravamento della crisi del Kosovo che inasprirà i rapporti con la Federazione jugoslava.
Se oggi il centro-sinistra supererà il voto di fiducia, come noi auspichiamo, si dovrà procedere all'approvazione della legge finanziaria, nell'interesse del paese, che accomuna il mondo del lavoro a quello dell'impresa. Abbiamo bisogno di una finanziaria che finalmente coniughi il risanamento e lo sviluppo e che privilegi il sostegno alle famiglie, allo studio, alla cultura, la cura del territorio, delle città, il miglioramento della qualità della vita e che crei nuovi posti di lavoro. Per tutto questo, l'avversione dell'onorevole Bertinotti e del suo partito a questa finanziaria a noi pare inspiegabile. Ancor più inspiegabile appare dopo che l'onorevole Bertinotti e il suo partito hanno approvato la manovra di bilancio degli ultimi due anni, che ha rappresentato un duro salasso per gli italiani.
La sfiducia e la rottura della maggioranza avrebbe come unico risultato quello di bloccare il primo consistente tentativo di rilanciare lo sviluppo. La crisi, quindi, va respinta, al fine di permettere la ripresa produttiva, con forti investimenti nel Mezzogiorno a favore dell'occupazione e al riparo da pericoli inflazionistici ed innalzamento dei tassi di interesse. Per far questo è necessario ridurre la pressione fiscale, attraverso un alleggerimento graduale del peso del fisco sul reddito delle famiglie.
Come primo passo i parlamentari socialisti rinnovano la richiesta di inserire nella finanziaria per l'anno 1999 l'abolizione dell'IRPEF sulla prima casa, poiché il proprietario residente nella sua abitazione non consegue alcun reddito reale. A tal fine siamo impegnati ad attuare le necessarie iniziative di carattere parlamentare. Senza finanziaria, oltre che un danno consistente ai nostri cittadini, si arrecherebbe anche un duro colpo alla riacquistata credibilità internazionale del nostro paese. Peraltro, anche se il centro-sinistra, l'Ulivo, supererà la prova del voto di fiducia al Governo Prodi, ne uscirà certamente indebolito. La responsabilità sarà certo di rifondazione comunista e dell'onorevole Bertinotti, ma anche della risultanza complessiva dei rapporti politici e parlamentari.
È per questo che noi socialisti ribadiamo che è stato un errore grave non aver capito che il fallimento della bicamerale avrebbe inevitabilmente indebolito la maggioranza ed il Governo. È stato un errore non aver favorito la ripresa del dialogo tra la maggioranza e le opposizioni sul tema della Commissione parlamentare di inchiesta su Tangentopoli. Non c'era bisogno che il Governo si pronunciasse contro, trattandosi di materia squisitamente di competenza parlamentare e comunque estranea al programma di Governo.
Così come è stato un errore introdurre elementi di divisione e contrasto tra chi vuole l'Ulivo come un nuovo soggetto politico e chi come un'alleanza tra la sinistra, i popolari e gli ambientalisti. E in politica, come nella vita, si sa che gli errori si pagano. Lo dirà il futuro se saremo capaci di riacquistare la tensione ideale e politica per il rilancio del progetto di un centro-sinistra riformatore.
Appare a tutti chiaro che, comunque, con il voto di oggi si apre una nuova fase politica.
Con l'intervento nella discussione generale del presidente del mio partito, onorevole Boselli, sono state approfondite le nostre valutazioni politiche. Io, ora, a nome dei deputati socialisti democratici, dichiaro il voto favorevole sulla fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scalia. Ne ha facoltà.

MASSIMO SCALIA. Signor Presidente del Consiglio, colleghi, i verdi voteranno la


Pag. 5

fiducia al Governo Prodi, perché ritengono che esso abbia assolto un compito di portata storica e perché valutano che la legge finanziaria che da esso è stata presentata alle Camere costituisca un passaggio significativo, ancorché migliorabile, per quel nuovo ciclo riformatore da noi costantemente sollecitato e per il quale il Governo Prodi si è ormai da tempo impegnato.
I verdi voteranno la fiducia perché, nonostante una certa sua riluttanza, signor Presidente del Consiglio, a ricordare la priorità ambientale, che pure il Governo ha assunto, e a valorizzare i pur significativi risultati ottenuti in questi due anni e mezzo in campo ambientale, questi risultati ci sono stati. Di più: questa legge finanziaria alla quale i verdi hanno contribuito positivamente fin dalla sua preparazione, conferma una tendenza ed una possibilità che avanza, seppur con molto sforzo e per nostra quotidiana e preponderante insistenza: la possibilità di una riconversione ecologica dell'economia, ancora esitante, ma esistente, che affianchi quella spinta riformatrice che il Governo ha dispiegato sul terreno amministrativo, che inizia a coinvolgere il terreno sociale, mentre si è purtroppo arenata, per precisa volontà del leader dell'opposizione e per l'umiliante piegare della testa del presidente di alleanza nazionale sul terreno delle grandi riforme istituzionali.
Dicevo di un compito storico assolto dal suo Governo, signor Presidente del Consiglio, perché chi riguarderà ai fatti che in un anno e mezzo hanno avviato al risanamento della finanza pubblica, alla riduzione dell'inflazione e del costo del denaro, al conseguimento della convergenza di Maastricht ed all'ingresso nell'euro, al grande recupero di credibilità del nostro paese nella comunità internazionale, non potrà valutare tutto ciò, che ancora pochi mesi fa veniva messo in dubbio dai banchi dell'opposizione, pur contro l'evidenza dei fatti, se non come un enorme sforzo collettivo di tutto il paese, di tutti gli italiani nella direzione individuata con determinazione e coraggio dal suo Governo.
Uno sforzo, un'azione di Governo, una capacità di ripresa del paese e dei suoi cittadini che hanno, appunto, una rilevanza storica ed un analogo storico nell'azione dei Governi De Gasperi. E ci piace ricordare che quell'azione di risanamento della finanza che è costata tanti sacrifici a tutti gli italiani è avvenuto con sostanziale equilibrio ed equità ed ha avuto una grande rilevanza sociale. Ad essa è infatti corrisposta una redistribuzione del reddito di grandissimo rilievo: basti pensare alle conseguenze del calo impressionante del rendimento dei titoli di Stato per la maggioranza dei detentori della fascia sociale medio-alta e alta.
Ma oggi il Governo deve affrontare quella nuova Maastricht posta in tutta l'Unione europea e nei paesi industriali che è l'occupazione, la creazione di lavoro.
Questa finanziaria può e deve essere l'occasione per una risposta al dramma occupazione del sud del paese, ai giovani, alle donne, a chi vede nel lavoro non solo la sussistenza, ma anche l'identità e il valore sociale. Il nostro impegno sarà diretto, signor Presidente del Consiglio, a qualificare la pur rilevante mole di investimenti pubblici previsti dalla legge finanziaria - oltre 46 mila miliardi - nella direzione del lavoro verde, dei progetti ad alta valenza ambientale, del binomio occupazione-ambiente. Ci sono gli spazi per farlo e riteniamo che sia interesse del paese indirizzare la spesa verso i settori labour intensive, tipici di una moderna concezione dei rapporti tra economia ed ecologia. Gli stessi strumenti di programmazione negoziata, dai patti territoriali agli accordi di programma, potranno, nel provvedimento collegato alla legge finanziaria, essere corredati di una più forte incisività ecologica.
La manutenzione del paese è iniziata, bisogna perseguirla con determinazione: dalla difesa del suolo, che trova in questa finanziaria 600 miliardi in più, al 41 per cento di detrazione dell'IRPEF per la ristrutturazione delle abitazioni. Tuttavia, per rispondere all'esigenza di creazione di lavoro crediamo che al mercato tradizionale,


Pag. 6

quello della globalizzazione, vada affiancato un mercato «sociale», quello che, a partire dal settore non profit, dai giovani e dalle donne che operano in esso, consenta di superare i limiti degli interventi assistenzialistici per costruire l'impresa sociale: cura delle persone, servizi di informazione e gestione, artigianato locale, produzioni agricole pulite, turismo sostenibile, fonti energetiche rinnovabili, servizi urbani, custodia e valorizzazione dei beni artistici e museali.
Signor Presidente del Consiglio, i verdi voteranno la fiducia al suo Governo, al nostro Governo, anche con un occhio ai verdi tedeschi, ai punti della trattativa in atto con il neo Cancelliere Schroeder. Il nucleare abbiamo già pensato noi verdi - proprio in quest'aula - ad eliminarlo in Italia, ormai otto anni fa. La carbon tax, con i suoi positivi effetti, non solo ambientali, ma anche in termini di riduzione del costo del lavoro, è stata proposta proprio in questa finanziaria.
Le linee di politica estera, i delicati passaggi (li ricordiamo: l'Albania, la crisi irachena) sono stati affrontati secondo i criteri dell'ingerenza umanitaria, della difesa della pace, dell'inderogabile ruolo dell'ONU. Così dovrà essere anche per il Kosovo, come ella ieri ci ha esposto, signor Presidente.
Buon lavoro, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, di fronte alla decisione di un partito della maggioranza di ritirare la fiducia al Governo, il Presidente del Consiglio non poteva far altro, secondo il nostro avviso, che quello che egli ha fatto, cioè ribadire gli impegni programmatici e le linee di azione del Governo e chiedere al Parlamento di rinnovargli la fiducia, come io mi auguro avvenga con il voto di questa mattina.
Le opposizioni, anzi una parte delle opposizioni, chiede invece espressamente la convocazione di elezioni politiche: la richiesta è legittima in sé, ma, se è possibile, è bene oggi evitare le elezioni. Ciò non per la preoccupazione circa il loro esito (nella vita democratica ogni verdetto dei cittadini è di per sé valido), ma per la gravità dei problemi aperti, che una lunga pausa elettorale non farebbe che aggravare. Dobbiamo approvare il bilancio dello Stato e la legge finanziaria, oltretutto la prima dopo l'ingresso difficile nell'unione monetaria europea; dobbiamo fronteggiare una crisi internazionale, quella del Kosovo, che ci riguarda direttamente per la vicinanza di quell'area e per le conseguenze di ogni genere che essa può determinare; dobbiamo tener conto di una situazione economica internazionale che sta divenendo e che può divenire più grave nelle prossime settimane, come hanno detto il Fondo monetario, la Banca mondiale e molti banchieri centrali, fra cui il signor Greenspan che è sempre molto misurato nelle sue valutazioni.
Sono troppi i problemi aperti per non cercare di evitare le elezioni anticipate. Ed anche il tentativo di integrare nella maggioranza altre forze distaccatesi dal grosso dell'opposizione richiederebbe un negoziato approfondito ed una ridefinizione di aspetti politici che oggi non sarebbe facile affrontare. È una situazione difficile ed io non mi sento di condividere l'affermazione che la maggioranza sia divenuta più coesa per la rottura con rifondazione e di rifondazione. Il frantumarsi dei partiti non è in alcun caso un fatto positivo. I partiti mantengono un certo ordine nel dibattito politico. Più essi si indeboliscono, più la vita politica si divide in interessi di gruppi e di persone, come si è visto ieri quando un esponente che si appresta a lasciare rifondazione (se non l'ha ancora fatto), ha subito accennato all'ipotesi di ottenere per sé o per il proprio gruppo una qualche posizione nel Governo o nelle sue vicinanze. Sono i difetti del maggioritario e del trasformismo (Applausi dei deputati Biondi e Conti): l'uno accresce l'altro, come si vede tra l'altro nella vicina Francia, dove vi è un ininterrotto fiorire e rompersi di partiti


Pag. 7

personali. Mi auguro che l'urgenza di altre questioni eviti di trattare affrettatamente queste materie.
In questa situazione, i repubblicani considerano bene accetti ed utili tutti i voti che in Parlamento ci consentano di portare avanti i nostri impegni e i nostri doveri verso il paese, l'Europa e la comunità della sicurezza e della difesa cui l'Italia appartiene e alle cui decisioni siamo vincolati. Questo vale tanto per l'odierna mozione di fiducia quanto per tutto l'iter di leggi, di mozioni e quant'altro possa nei prossimi mesi venire all'esame del Parlamento. Non rivolgo appelli in questo senso che altri nel Governo o nella maggioranza ha più titolo per lanciare, ma dico che un sostegno esplicito, motivato dal consenso per queste scelte e per questi doveri dell'Italia, sarebbe positivo e da noi benvenuto e ben accolto.
Circa gli impegni programmatici, due essenziali precisazioni. Il Kosovo. Noi consideriamo pienamente adeguata la posizione espressa dal Presidente del Consiglio ieri in aula. Speriamo, con lui, che non sia necessario un intervento militare, anche se, alla luce dell'esperienza di questi anni, temiamo che solo un'azione militare possa fermare Milosevic. Sappiamo che, se la NATO deciderà un'azione militare, che ha già una deliberazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU come presupposto e come fondamento, il Governo italiano farà la sua parte. Non vi è d'altra parte necessità alcuna per me di dire che cosa avverrebbe alla maggioranza se l'Italia rifiutasse i suoi impegni con la NATO. Sono altrettanto certo che l'onorevole Cossutta, che ha dichiarato di rompere con l'onorevole Bertinotti giudicandone avventuristiche le pretese, comprenderà bene che egli non è nelle condizioni di chiedere e di ottenere ciò che a Bertinotti è stato negato e dunque, con il suo indubbio realismo, si acconcerà alla situazione.
Le 35 ore. Si tratta di una misura controversa, da introdurre soltanto in via sperimentale e senza fretta, accettata dalla maggioranza di Governo solo per la richiesta di rifondazione: noi, signor Presidente, non accettiamo che essa debba prendere oggi - non ne vediamo le ragioni - una corsa particolare.
In ogni caso - e mi avvio a concludere -, al di là delle questioni di Governo da affrontare subito, alle quali ho fatto cenno, è chiaro che si pone il problema che è venuta meno l'autosufficienza della maggioranza eletta nel 1996.
A me pare molto difficile che si possa continuare, al di là delle scadenze urgenti, senza un'integrazione del consenso parlamentare.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole La Malfa.

GIORGIO LA MALFA. Ho finito, Presidente. Mi pare altrettanto difficile, però, che la partecipazione di gruppi come quello del senatore Cossiga possa avvenire senza una ridefinizione del quadro politico e senza una modificazione del patto politico su cui sono nati questa maggioranza e questo Governo. Comprendo e apprezzo che il Presidente del Consiglio, che è stato l'iniziatore del progetto dell'Ulivo, si dichiari non disponibile, né ora né poi a queste trasformazioni politiche, ma in questo senso la rottura di rifondazione pone problemi complessi che dovremo affrontare nel momento opportuno nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manca. Ne ha facoltà. Onorevole Manca, lei dovrà contrarre di molto il suo intervento, perché l'onorevole La Malfa ha parlato il doppio del tempo stabilito.

PAOLO MANCA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi deputati, il momento di crisi che stiamo attraversando ha avuto in questi giorni numerose interpretazioni, delle quali il pensiero comune a tutte è sulle conseguenze che essa innescherebbe, con una incontrollata spirale negativa, a cominciare dalla mancata approvazione della legge finanziaria: siamo pienamente d'accordo.


Pag. 8


Si sono date invece diverse interpretazioni sulle cause che l'hanno innescata. È stata definita inspiegabile, assurda, non ragionevole, pazzesca, pericolosa, irresponsabile, e via dicendo. Noi rispettiamo troppo l'intelligenza dell'onorevole Bertinotti per credere alle ragioni che egli ha addotto per giustificarla. Troppo inconsistenti sono i motivi che egli ha elencato, a fronte delle gravissime conseguenze che determinerebbero. Crediamo che abbiano avuto buon gioco ragioni di prevalenza personale all'interno del suo partito, che hanno sovrastato ogni altra variabile.
Ci siamo così trovati davanti ad un imperativo categorico, che è andato avanti contro ogni ostacolo. Ma se l'imperativo categorico di Kant ha, nella sua essenza ed inesorabilità, una fondamentale pulsione morale, francamente troviamo molta difficoltà, viste le terribili conseguenze che ciò porterebbe all'Italia e agli italiani, a vedere dove sia individuabile una questione morale in tutto ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in questi ultimi giorni.
Sono state portate avanti ragioni risibili e di entità estremamente limitata contro una finanziaria che sicuramente è la meno onerosa da moltissimi anni a questa parte. Si è completamente trascurato che ormai noi facciamo parte dell'Europa. Abbiamo fatto ogni sforzo per entrare in questa famiglia con i sacrifici di tutti gli italiani e ci siamo riusciti. Siamo quindi diventati compartecipi, ma anche corresponsabili, non solo del nostro destino politico e monetario, ma anche nel riguardo al dovere che noi abbiamo, una volta entrati in Europa, di restarci e di restarci con dignità, coerenza, autorevolezza e rispetto per gli altri paesi membri.
Ciò può essere assicurato solamente da una stabilità che è garanzia...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Manca. Colleghi, per cortesia! Onorevole Palma, per cortesia, può prendere posto! Prego, onorevole Manca.

PAOLO MANCA. Ciò, dicevo, può essere assicurato solamente da una stabilità che è garanzia di serietà e di affidabilità.
Già nell'intervento dell'onorevole D'Amico nel dibattito sulla fiducia abbiamo elencato i perché della validità di questa legge finanziaria. Si è visto che c'è una coerenza degli impegni nei confronti dei partner comunitari. C'è una restituzione di parte della tassa per l'Europa. Ci sono interventi in favore delle famiglie numerose a basso reddito. C'è un innalzamento delle pensioni minime. C'è una politica a favore dello sviluppo e dell'occupazione. C'è un rilancio delle opere pubbliche. C'è un prolungamento della fiscalizzazione degli oneri sociali per le aree depresse. C'è un'esenzione totale degli oneri sociali per i nuovi occupati.
Ora, mi preme dire che dopo aver faticosamente ottenuto il compromesso su una finanziaria che, contemperando le nuove esigenze, fa sicuramente gli interessi del paese, noi componenti della maggioranza abbiamo il dovere di tenerlo fermo e di procedere rapidamente all'approvazione della legge. Noi di rinnovamento italiano dichiariamo con fermezza che alterandola si può mettere a repentaglio la tenuta dell'equilibrio della maggioranza.
In questa finanziaria naturalmente ci sono anche motivi di parziale insoddisfazione. Crediamo si debba dare una maggiore incisività alle privatizzazioni ed al mercato del lavoro, rendendolo più moderno e flessibile; c'è necessità di una maggiore liberalizzazione dei mercati; ci vuole una più celere riduzione della pressione fiscale; soprattutto, noi riteniamo siano indispensabili maggiori segnali per le piccole e medie imprese. Riguardo alle 35 ore, riteniamo che l'iter legislativo su cui il Governo si è impegnato a suo tempo sia sufficiente e lo accettiamo, pur rimarcando la nostra posizione che non ha mai individuato nelle 35 ore un rimedio per la disoccupazione. Si dovrà dunque discuterne bene e con ponderazione, senza brusche ed inspiegabili accelerazioni.
Abbiamo apprezzato l'atteggiamento responsabile dei colleghi deputati di rifondazione che hanno deciso di votare la fiducia. Abbiamo capito l'importanza e la gravità del travaglio interno che ha portato


Pag. 9

alla loro decisione. Abbiamo intravisto momenti di tensione massima ed anche di umana commozione; d'altra parte le grandi decisioni si prendono anche a costo di grandi sacrifici. Ci auguriamo però che questo atteggiamento responsabile continui, senza trovare lungo la strada motivi di dissenso che vanifichino il sacrificio compiuto, portando a sbocchi che rimettano in pericolo la finanziaria. In tal caso sarebbe stato veramente un grande e grave sacrificio inutile.
Uno di questi passaggi potrebbe essere per esempio quello sul Kosovo. Riteniamo che per l'Italia rimanga ferma la fedeltà alla NATO ed ai patti già firmati e votati. Su questo argomento per rinnovamento italiano non esistono discussioni.
Signor Presidente del Consiglio, noi di rinnovamento italiano le riconfermiamo la nostra fiducia con un voto positivo. Nel rispetto delle precisazioni svolte saremo al suo fianco fattivamente per l'approvazione di questa legge così essenziale per il nostro paese. Andremo anche oltre nel prosieguo del lavoro suo e del Governo, che abbiamo finora permesso e condiviso lealmente ed incisivamente.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Manca, anche per la correttezza con la quale si è mantenuto nei tempi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le voci di corridoio dicono che anche questa volta il Governo riuscirà ad ottenere la fiducia. La scissione di rifondazione comunista, qualche provvidenziale infreddatura, qualche coscienza troppo delicata e qualche coscienza troppo cinica, unite ad una buona dose di manovre di corridoio, dovrebbe portare anche questa volta il Governo ad di là dell'ostacolo. Bisogna sempre prestare grande attenzione a quello che dicono le voci di corridoio.
Non direi, però, che il Governo esca da questa vicenda rafforzato, come sostiene l'onorevole Manconi. Tutti sappiamo che l'appuntamento è solo rimandato al momento in cui si dovrà tornare a parlare di contenuti: rinviato alla discussione sulla legge finanziaria ed alla discussione del drammatico problema del Kosovo. Non si approva una legge finanziaria con una maggioranza così risicata ed eterogenea e non si governa l'Italia in questo modo in una fase difficile come quella che stiamo affrontando.
Ma ciò che stiamo vivendo non è solo la crisi di un Governo, è anche la crisi di una formula politica: la crisi della formula politica dell'Ulivo.
Bisogna dare atto a Massimo D'Alema di aver formulato con il massimo di nettezza e di onestà che la prudenza politica rende tollerabili questo problema nel suo recente intervento in aula. D'Alema non ci ha detto cosa egli veda oltre l'Ulivo, cosa egli veda dopo l'Ulivo, ma ha posto il centro-sinistra davanti alla necessità di iniziare una ricerca in vista di una nuova formula politica con la quale presentarsi poi alle prossime scadenze elettorali.
Non è emersa, fino ad ora, eguale chiarezza dai banchi della opposizione di centro-destra. Forza Italia, alleanza nazionale ed il CCD sembrano bloccati su di una posizione più propagandistica che politica, con il rischio di ripetere, ancora una volta, gli stessi errori che hanno regalato alla sinistra la vittoria nelle elezioni del 1996. Sembra di vedere ripetere quasi il medesimo scenario.
Polo ed Ulivo sono due formule politiche consunte. Si sostenevano a vicenda e compensavano le proprie interne contraddizioni, ma lo facevano bloccando il dialogo politico e sostituendolo con la guerra delle opposte propagande. Condizione penosa, questa del bipolarismo all'italiana, in cui si riesce a mantenere la compattezza degli schieramenti soltanto mantenendo un clima di scontro permanente e quasi di guerra civile, per fortuna soltanto mimata.
È bastato che l'UDR ricominciasse a far parlare le ragioni della politica perché diventassero evidenti le debolezze di ambedue


Pag. 10

gli schieramenti. E noi oggi ne registriamo con soddisfazione la crisi.
Il nostro progetto strategico è chiaro: noi vogliamo un nuovo bipolarismo italiano e vediamo come perno di questo bipolarismo un centro forte alternativo alla sinistra. Per questo guardiamo alle forze che sono parte del partito popolare italiano; guardiamo al gruppo di deputati riunito attorno al ministro Dini; guardiamo al partito popolare italiano; guardiamo a forza Italia, perché un progetto così ha bisogno dell'apporto convinto, deciso, propositivo, forte di forza Italia. Non abbiamo ancora capito cosa forza Italia intenda fare a questo proposito, quale sia il progetto strategico di forza Italia, come forza Italia si avvii ad affrontare un tempo che viene dopo il tempo del Polo e dell'Ulivo.
In questo momento noi osserviamo con umana e politica partecipazione il dramma dei comunisti italiani. Siamo davanti alla seconda scissione di rifondazione comunista. Sembra che il progetto politico della sinistra di Governo possa reggersi solo al prezzo di una scissione di rifondazione comunista per ogni legislatura. È un segnale profondo questo della difficoltà di tutta la democrazia italiana a ricostruire, come peraltro è indispensabile, un rapporto trasparente, limpido, corretto con il proprio passato.
Noi che abbiamo vissuto, e per certi aspetti viviamo, un analogo problema ed una analoga difficoltà ci sentiamo in questo momento umanamente vicini all'onorevole Bertinotti ed anche all'onorevole Cossutta.
Il dramma dei comunisti, però, che riguarda tutta la democrazia italiana, riguarda in modo particolare la sinistra e tocca anche l'onorevole D'Alema.
È possibile oggi ricomporre un progetto di Governo che faccia salva la fedeltà della sinistra ad un ideale e ad una storia con la fatica e la responsabilità di governare una società occidentale matura? Perché il dramma è proprio questo: che ciò che alcuni chiamano responsabilità altri lo chiamano omologazione.
Questo problema non si risolve con le scissione periodiche di rifondazione, ed anche e soprattutto su questo l'onorevole D'Alema deve riflettere nel momento in cui pensa a ciò che viene dopo l'Ulivo. Oggi il margine numerico della maggioranza si assottiglia paurosamente senza che peraltro si accrescano la sua interna coerenza e la sua coesione. Prodi offre a Cossutta un provvedimento a cui interiormente non crede, come quello sulle 35 ore, e si libera con un giro di parole di una questione scottante come quella del Kosovo.
Il Presidente del Consiglio ci ha detto che non parteciperemo ad azioni militari che non abbiano un'autorizzazione delle Nazioni Unite: è un'affermazione ineccepibile che tutti o quasi in quest'aula sottoscriviamo. Egli ha però omesso di dire che il nostro principale alleato al quale ci legano non solo la NATO ma anche un sistema di accordi bilaterali per l'uso di basi sul nostro territorio, questo principale alleato - gli Stati Uniti d'America - è convinto che l'ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1199 autorizzi già un'azione militare se il Governo serbo non ottemperi alle ingiunzioni concernenti il ritiro delle truppe e la cessazione delle atrocità contro la popolazione civile albanese. È una risoluzione che autorizza un intervento sotto condizione.
Il Governo degli Stati Uniti è inoltre convinto del fatto che il rapporto di Kofi Annan allo stesso Consiglio di sicurezza confermi che il Governo serbo non ha ottemperato alle ingiunzioni delle Nazioni Unite e che quindi l'intervento militare può essere realizzato con sufficienti presupposti di carattere giuridico. Questa convinzione del Governo degli Stati Uniti sembra essere condivisa dal Governo francese, dal Governo inglese, dal Governo tedesco, dal Governo spagnolo, e mi fermo anche se potrei continuare con tutti gli altri Governi che partecipano alla NATO.
Noi vogliamo sapere cosa pensi il Governo italiano: ritiene che questa condizione sia realizzata oppure no? Cosa farà il Governo italiano se gli verrà chiesto di partecipare ad un'azione militare


Pag. 11

su questa base giuridica, non su di un'altra? Aspettiamo e vogliamo una ulteriore autorizzazione del Consiglio di sicurezza? Detto in un modo più elegante: aspettiamo l'autorizzazione del Governo russo? Vogliamo che il Consiglio di sicurezza si riunisca per dare al Governo russo l'occasione di esercitare quel potere di veto che non ha esercitato in occasione della risoluzione n. 1199?
Inoltre, quali misure stiamo prendendo per difendere il nostro spazio aereo e le nostre città da possibili ritorsioni serbe, visto che le nostre coste distano meno di 200 miglia dal possibile teatro di operazioni? Bastano a questo fine le nostre risorse militari? Abbiamo chiesto, se necessario, il concorso dei nostri alleati. Cosa avverrà di questa maggioranza se saremo chiamati a decidere di queste cose nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore?
È per questo che l'onorevole Manconi non convince quando dice che il Governo esce rafforzato. La maggioranza si rimpicciolisce, ma non guadagna in interna coerenza.
Fra l'esaurimento delle coalizioni che ci hanno portato alle elezioni passate e la formazione delle nuove coalizioni che ci accompagneranno nella fase futura della storia italiana c'è una terra di nessuno. In questa terra il primo appuntamento che ci aspetta è quello della legge finanziaria.
Noi siamo una forza di opposizione...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROCCO BUTTIGLIONE. ...anche se cerchiamo di essere una forza di opposizione responsabile. Noi potremo votare la legge finanziaria se questa maggioranza non sarà in grado di approvarla. Poniamo due condizioni: non deve essere appesantita con concessioni inutili e sbagliate all'onorevole Cossutta e il Governo Prodi subito dopo deve dare le dimissioni. In quel momento ci ritroveremo per un dibattito in cui ognuno dovrà assumere le proprie responsabilità: l'onorevole D'Alema, prima di tutto, e l'onorevole Berlusconi, i capi delle due forze maggiori di questo Parlamento. Noi sapremo prendere le nostre responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.

FAUSTO BERTINOTTI. Signori Presidenti, signore e signori deputati, il partito della rifondazione comunista ha chiesto ai suoi parlamentari di ritirare la fiducia al Governo e di votare contro questa finanziaria e contro l'operazione politica che oggi si rende più evidente con la rottura a sinistra. La decisione è stata presa in piena democrazia dal massimo organo dirigente del mio partito con una maggioranza assoluta. In quell'organismo dirigente solo il 30 per cento ha chiesto di continuare ad appoggiare il Governo. Tante assemblee e tanta partecipazione hanno confermato questa scelta che noi confermiamo qui dopo il discorso di Prodi, un discorso fondamentalista. Il Presidente del Consiglio ha inventato un integralismo della finanziaria e così si è confermato il «signor no» alle nostre richieste dopo mesi di non ascolto.
Ha detto il Presidente del Consiglio che sarebbe incomprensibile il nostro ragionamento. In realtà è un ragionamento chiarissimo: dopo più di due anni di sacrifici abbiamo chiesto un risarcimento sociale per il paese e per il suo popolo, un atto di giustizia sociale, l'avvio di una politica di riforme. Abbiamo chiesto la svolta. Di fronte al pericolo della recessione che è stato troppo poco presente in questo dibattito, abbiamo proposto una terapia d'urto. Questa è stata rifiutata e questa finanziaria è un castello sulla sabbia che potrebbe essere disintegrato dal vento della recessione in una condizione in cui pioverebbe sul bagnato, sul terreno proprio della disoccupazione.
Abbiamo chiesto di cambiare strada sull'occupazione di fronte al fallimento delle politiche occupazionali che vedono la disoccupazione ancora aumentare e abbiamo sentito come incredibile l'ottimismo


Pag. 12

ripropostoci dal Presidente del Consiglio nei suoi discorsi qui.
Abbiamo chiesto un intervento sulla condizione sociale che proponesse il terreno della giustizia. In pochi anni il reddito dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi è sceso dal 66 al 64 per cento: due punti sul PIL sono 40 mila miliardi in un anno. Abbiamo chiesto che una parte di questi tornassero in pensioni, riduzione dei ticket, riduzione del costo dei libri di testo, riduzione della tassa sulla prima casa, protezione per il giovani in lunga disoccupazione. Avete risposto quasi niente.
Ma in generale non è che questa finanziaria ha dato poco, non è che è stata solo insufficiente, è che è sbagliata, che muove su una strada completamente diversa da quella che chiederebbe una politica riformatrice.
L'onorevole Marini ha rivendicato qui la continuità di questa finanziaria con i Governi di questi 50 anni. Usciamo dall'eufemismo: sì, la continuità con le politiche democristiane.
Avete usato delle parole forti e fate il contrario: dite «programmazione» e fate e dite «concertazione», quella concertazione che dal 1992 al 1993, proposta in nome della riduzione della disoccupazione, ha lasciato inalterata la disoccupazione ed ha visto gravemente peggiorata la condizione di salario e di lavoro della gente...

SALVATORE BUGLIO. Non è vero!

FAUSTO BERTINOTTI. ...come chiunque può imparare osservando quello che accade in una fabbrica e osservando la differenza, la divisione e la distanza tra i lavoratori ed il sindacato (Applausi di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).
Avete detto «occupazione» e date soldi alle imprese, riducendo il costo del lavoro, senza guadagnare delle condizioni sociali, come dimostra clamorosamente il caso FIAT, alla quale è arrivato il regalo della rottamazione e che ha risposto con il regalo ai lavoratori della cassa integrazione (Applausi dei deputati dei gruppi di rifondazione comunista-progressisti, di forza Italia, di alleanza nazionale, della lega nord per l'indipendenza della Padania e dell'UDR).
È venuta confermata questa vostra posizione. Le risposte negative alle nostre domande, esemplari: vi abbiamo chiesto di occupare dei giovani e i lavoratori socialmente utili nel Mezzogiorno, anche tramite un'agenzia pubblica; fate un'agenzia senza occupare questi giovani ed i lavoratori socialmente utili e ieri è di nuovo esplosa la piazza a Napoli. Oppure penso alla vostra risposta sull'orario: ancora una volta le stesse parole che abbiamo già sentito, senza neanche mettere la relativa proposta - come qualcuno vi aveva chiesto - nel collegato, dopo che vi eravate impegnati a votarla rapidamente. E invece votate il decreto per aumentare gli straordinari: una beffa, come una beffa è la vostra risposta sul terreno sociale.
Sui ticket il grosso della popolazione continuerà a pagare tutto e persino gli esenti pagheranno ancora il ticket sui medicinali. I pensionati non otterranno neanche quello che è stato loro tolto l'anno scorso. Presidente del Consiglio, lei ha detto: uscita dall'indigenza. Ma quale uscita dall'indigenza, se la grande massa dei lavoratori e dei pensionati (che prendono 697 mila lire al mese di pensione) non ha avuto niente? Niente sui libri di testo: penso che dovrebbe essere un dolore per tutte le forze progressiste dover constatare che anche quest'anno ci saranno dei ragazzi che non potranno andare a scuola perché le loro famiglie non hanno i soldi per pagare i libri di testo (Applausi di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).
Dopo tanti sacrifici vi chiedevamo di cambiare ora: non avete cambiato. Se ne è accorto qualcuno che se ne intende degli equilibri sociali come la Confindustria, che l'anno scorso urlava contro la finanziaria cosiddetta «pesante» ed oggi plaude alla finanziaria cosiddetta «leggera». Vedete? Non ci avete ascoltato.
Per questo siamo costretti a votarvi contro. Faremo l'opposizione a questa


Pag. 13

maggioranza e a questa finanziaria, a questa maggioranza modellata su un impianto moderato che oggi paga un prezzo impagabile di una rottura di una forza di sinistra, e non c'è Governo che valga una scissione di una forza di sinistra (Applausi di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Onorevole Bertinotti, deve concludere.

FAUSTO BERTINOTTI. Ho finito. Abbiamo scelto di fare l'opposizione al vostro Governo e a questa maggioranza: noi vorremmo poter essere eredi di Marx; certamente siamo coerenti con il lascito di Kant, quello di camminare eretti. Ci volevate piegare, non ci avete piegato: la coerenza di oggi lavora per l'alternativa di domani (Applausi di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti - Molte congratulazioni).

RAMON MANTOVANI. Andate a casa!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, colleghi, nella serata di mercoledì scorso, dopo il dibattito in aula, segretari regionali, provinciali, di circolo di rifondazione comunista, autoconvocati a Roma, hanno raccolto attorno a sé quasi mille tra dirigenti e militanti del nostro partito: lavoratori, partigiani, singole personalità democratiche e del mondo della cultura.
In quella sede è stato lanciato al gruppo parlamentare, e comunque alla sua maggioranza, un appello teso innanzitutto a raggiungere un obiettivo, quello di impedire che le destre, grazie alla caduta del Governo, ottenessero un successo insperato e cioè tornassero loro a governare. La maggioranza del gruppo (Commenti del deputato Giovanni Pace), quella stessa che mi ha dato mandato di parlare in aula, ha aderito a quell'appello: voteremo pertanto, noi deputati comunisti che ci richiamiamo a quelle posizioni, a favore della fiducia.
Cambia quindi la composizione della maggioranza, pur restando essa, come era giusto e come riteniamo debba essere anche per il futuro, all'interno della coalizione del 21 aprile; una maggioranza certamente meno forte numericamente ma, per paradosso, forze più coesa e rinvigorita sul piano politico. Cercheremo, a partire dalla legge finanziaria, di costruire con il Governo un rapporto non episodico, non fondato su logiche contrattualistiche ma capace di far recepire, entro la finanziaria e nel programma complessivo del Governo, le nostre opinioni, le nostre richieste, i nostri temi; cercheremo, come il Presidente Prodi ha solennemente dichiarato ieri in aula, di migliorare, integrare e correggere insieme la finanziaria restando appunto «in maggioranza», cosa che non avremmo potuto fare rompendo con il Governo.
Ancora molto, moltissimo c'è da fare sul terreno programmatico e politico ma - lasciatemelo dire, cari colleghi - se il quadro del paese fosse così fosco come lo ha descritto pochi minuti fa il compagno Bertinotti, se le condizioni di vita dei lavoratori fossero peggiorate durante il Governo Prodi, che abbiamo sostenuto fino ad oggi, credo che dovremmo - io e il compagno Bertinotti - fare anche una severa autocritica perché vorrebbe dire che abbiamo sbagliato tutto in questi due anni (Applausi di deputati dei gruppi di rifondazione comunista-progressisti, dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo)!
Io non credo che sia così. Noi siamo consapevoli che occorra ancora una svolta nell'azione del Governo - il tema non è mutato - ma bisogna costruirla e senza l'apporto, le idee, i programmi, la passione politica dei comunisti il quadro regredirebbe invece di migliorare. Noi ci cimenteremo in questo percorso, in questo processo politico che si è aperto oggi: l'occupazione, le 35 ore, i salari, le pensioni, la casa, la sanità pubblica (cui teniamo molto e che va corretta in modo


Pag. 14

profondo), la scuola e la formazione, la difesa del territorio, la pace, il tutto legato sul piano della politica economica al concetto, assunto positivamente dal Presidente Prodi, della programmazione in politica economica. È un confronto a tutto campo. Noi, che votiamo la fiducia, affronteremo questo confronto esercitando con pari intensità l'autonomia politica ed organizzativa dei comunisti e lo spirito unitario che è insito nella scelta odierna. Senza l'autonomia saremmo solo subalterni e noi, che non aderiamo all'Ulivo, non intendiamo essere considerati appendice di nessuno ma senza l'unità tra le forze democratica, senza l'unità tra le forze della sinistra, la nostra autonomia diventerebbe inevitabilmente un vano sforzo declamatorio senza capacità di incidere, di ottenere risultati, di contare. Non basta protestare, occorre anche costruire!
Si apre dunque una fase nuova, una fase dolorosa perché è legata ad una separazione da tanti compagni ed amici che non riesco - né voglio - a considerare avversari ma solo miei compagni. È una fase amara perché segna - comunque la vogliamo leggere noi che dentro questo partito la pensiamo diversamente - la sconfitta di un progetto che aveva tenuto tutti noi insieme all'interno di rifondazione comunista. Noi ci batteremo oggi e domani affinché le ragioni dei comunisti italiani, la loro storia, la loro tradizione, le loro idee, i valori e soprattutto la prospettiva futura non vadano dispersi ma si vivifichino in un progetto nuovo che sappia essere all'altezza dello scontro e delle grandi difficoltà che - non mi nascondo - ci attendono.
È una responsabilità grande, cari colleghi, e chi vi parla in questi momenti è quasi schiacciato da essa. Ma una sola cosa posso promettervi: nessuno di noi si tirerà indietro (Applausi di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti e dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rinnovamento italiano, misto verdi-l'Ulivo e misto-socialisti democratici italiani - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bossi. Ne ha facoltà.

UMBERTO BOSSI. Onorevole Presidente, il suo Governo verrà ricordato soprattutto per i quattrini che ha saputo spillare ai cittadini: tasse in tutte le varianti e con tutte le improvvisazioni per svuotare i portafogli. Il tutto è stato condito con la promessa del paradiso che non c'è, ovvero dell'ingresso nell'Europa di Maastricht, che lei vanta quale risultato eclatante dell'azione del suo Governo. In realtà, tutto quello che è stato realizzato è di natura restauratrice sia nei metodi dilapidatori dell'ideologia meridionalista (che il suo Governo ha rimesso in auge), sia per la grande scorrettezza in merito all'ingresso in Europa, quando il Governo si è arrogato il diritto di sottoscrivere per la sua sola volontà la perdita di grandi pezzi di sovranità dello Stato senza passare prima attraverso un referendum popolare. Inoltre, ha dissipato le speranze di cambiamento che negli anni precedenti erano maturate; con il suo Governo sono finite nel nulla le riforme costituzionali, le norme antitrust contro gli oligopoli dell'informazione, i referendum per ridurre le reti televisive e via dicendo.
La politica, evidentemente, per il meridione, il grande buco nero, che il nord e la Padania hanno rivestito d'oro, è la stessa di prima; ha soltanto cambiato nome. È dal 1904 che si fanno leggi speciali con interventi dello Stato a favore dello sviluppo delle aree depresse dei vari settori fino alla cosiddetta Cassa per il Mezzogiorno, che è durata un sacco di anni fino a quando, per decisioni comunitarie, lo Stato ha dovuto chiudere l'intervento straordinario (la legge n. 488 del 1992).
Il suo Governo ha dimostrato che in realtà le modifiche sono solo formali, perché il riferimento al Mezzogiorno è stato sostituito da quello alle aree depresse, a lenta crescita. Si è quindi cambiato solo il nome ed il contenuto, al limite la metodologia che sono diventati quelli delle politiche regionali comunitarie,


Pag. 15

ma evidentemente il resto è rimasto uguale.
Nel campo economico brillano le soluzioni di questo Governo che cerca di creare lavoro: il lavoro socialmente utile che, a dirla francamente, è un lavoro di tipo assistenziale o comunque assistito; le 35 ore, che aumentano il costo del lavoro orario del 14 per cento circa. Al nord, dove vi sono aree a piena occupazione, la riduzione dell'orario di lavoro si trasformerebbe solo nell'aumento del lavoro straordinario, con l'aumento ulteriore del costo del lavoro; al sud, dove il sistema imprenditoriale è fragile, aumenterebbe semplicemente il lavoro sommerso. Bisogna inoltre sottolineare, anche in questo caso alla sinistra, che gli uomini sono soggetti importanti nel lavoro, che non sono facilmente sostituibili oggi come ai tempi della catena di montaggio.
Per l'Europa, abbiamo detto che l'Italia è l'unico paese che non ha fatto il referendum, ma il Governo ha utilizzato il sistema savoiardo dello slancio annessionista; evidentemente, il popolo bue deve essere messo davanti ai fatti compiuti, non deve sapere che cosa è l'Europa in realtà e in quale difficoltà al limite rischia di essersi andato a ficcare! Penso alle conseguenze che ne deriveranno per le nostre imprese, che sono molto diverse da quelle francesi e tedesche, ai gravi squilibri nel mondo agricolo, che accentueranno quelli già esistenti a causa sia dell'adesione al sistema delle quote di produzione in sede eurocomunitaria, sia della concorrenza dei paesi extracomunitari. Penso, ad esempio, alla crisi di proporzioni epocali per il riso che viene prodotto in Padania, e che rappresenta il 50 per cento della produzione europea, a seguito dell'applicazione degli accordi dell'Uruguay-round, che stabiliscono il prezzo del riso in Europa sulla base della fattura dell'importatore. Penso al problema delle quote latte, su cui si è stratificato l'imbroglio politico ed al fatto che la magistratura processa quelli che lo Stato ha truffato e non processa i truffatori (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Penso, in definitiva, che il Governo non ha mosso una virgola per preparare il paese alle ripercussioni della libera circolazione dei capitali, che facilita l'esplodere nell'economia legale dei fenomeni del riciclaggio, dell'usura, dell'abusivismo finanziario, di frodi e truffe, e gli effetti si vedono nel paese. È inesistente qualsiasi controllo; dal 1997 la legge prevede che sia l'ufficio italiano cambi, invece che la questura e i carabinieri, a ricevere le segnalazioni di transazioni sospette. Sembrano scelte fatte per facilitare, più che per fermare «cosa nostra».
Il paese manca degli strumenti necessari per affrontare la modernità con adeguate garanzie. Oggi c'è un mondo senza più riferimenti certi. Il fenomeno della speculazione è a livelli colossali, perché è possibile acquistare senza pagare, vendere senza possedere. Si è passati all'immateriale, che però non è certo spirituale, ma che è il nulla, il vuoto dell'economia illegale che si espande e che può mimetizzarsi facilmente nei mercati della speculazione.
Dare risposte, anche minime, a questa situazione, a queste urgenze, significava perlomeno andare in motorino, anziché in bicicletta, caro Presidente! Né si tratta di esultare quando la borsa è in salita, perché se l'economia reale resta stagnante, significa che la crescita finanziaria del mercato è artificiosa e speculativa.
Nel suo programma di Governo era manifestata anche la ferma - così era detto - volontà di fare le riforme della democrazia. Invece niente. Sappiamo tutti che la corruzione è il vero male del nostro tempo per tutti i paesi, ma arrivare al punto che il cosiddetto capo dell'opposizione - in realtà della finta opposizione - nasconda al garante dell'editoria il vero assetto societario della Fininvest, cui lo Stato concede l'utilizzo di un mucchio di frequenze televisive, francamente non è accettabile. Ben sedici holding occulte, con finanziarie, immobiliari, centri commerciali, altre televisioni e chi più ne ha più ne metta - cose create dai soliti palermitani - sarebbero le prove nelle mani della procura di Palermo. Spero che si


Pag. 16

possa andare fino in fondo, senza interferenze politiche, senza scambi di cui però si avverte il brutto odore.
Con questo Governo c'è stato il buonismo, il minimalismo, la bicamerale; ebbene, sono solo nomi differenti di un gattopardismo che è antidemocratico. Occorre il cambiamento vero, profondo, la libertà del paese, la libertà della Padania, che la cerca, del meridione, che non la vuole. Per tutto questo il nostro voto è contro il suo Governo (Vivi applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo che rappresento. Noi confermiamo la fiducia nel suo Governo, onorevole Prodi, per ciò che ha fatto fin qui, per ciò che intende fare e potrà fare da oggi in avanti. Vi è un nesso, e insieme una distinsione, tra questi due periodi del suo Governo, del Governo di centro-sinistra.
Il lavoro svolto e i risultati ottenuti per entrare in Europa consentono anche di raggiungere gli obiettivi della manovra finanziaria presentata dal Governo e dell'azione futura del Governo: lo sviluppo e la più ampia occupazione nel nostro paese.
Aver reso forte la nostra moneta, rafforzandola ulteriormente con l'ingresso nell'euro, aver sconfitto l'inflazione, difendendo così il valore di salari, pensioni e stipendi, la forte e continua discesa del costo del denaro: questi risultati, già conseguiti e non contestabili, perché fatti innegabili, consentono di promuovere sviluppo ed occupazione. Sono gli elementi senza i quali non si creano condizioni di sviluppo ed occupazione. Sarebbe strano se proprio adesso, al momento di iniziare a raccogliere i frutti di quanto fatto, del lavoro compiuto in questi due anni e mezzo, si dovesse interrompere l'azione di questo Governo.
Per questo è per noi incomprensibile la posizione assunta e qui espressa dall'onorevole Bertinotti e dagli organi di partito di rifondazione comunista. Due finanziarie di sacrifici, fatte comunque salvaguardando le posizioni dei più deboli, ma di sacrifici, hanno creato le condizioni che consentono concretamente e con efficacia di far crescere oggi il lavoro nel nostro paese e proprio adesso che è possibile, che è il momento di sviluppo ed occupazione, ci si disimpegna. Decisione questa grave tanto più se si teme davvero una recessione in arrivo.
Noi abbiamo guardato e guardiamo, signor Presidente, con rispetto a ciò che avviene dentro rifondazione comunista, sapendo che una crisi che attraversa un partito della maggioranza indebolisce l'intera maggioranza, ne aumenta le difficoltà.
Certo, questa vicenda difficile ha manifestato la forte convinzione, che vi è nella maggioranza, del valore del proprio impegno di Governo; è stata ed è comunque una prova di tenuta del centro-sinistra e dell'Ulivo. Ma non siamo, ovviamente, né potremmo essere lieti di ciò che avviene ed è avvenuto, sapendo quale travaglio vi è stato, la sofferenza delle decisioni assunte dai colleghi del gruppo di rifondazione.
Siamo ben consapevoli - e lo sottolineiamo - che la maggioranza di quel gruppo compie una scelta coraggiosa, che consente di mantenere e sviluppare la sfida di Governo raccolta ed assunta dal centro-sinistra due anni e mezzo addietro; quella sfida di Governo che sarebbe dissennato interrompere e far fallire.
Non c'è nel nostro paese, onorevole Bertinotti, l'ipotesi di un Governo spostato a sinistra, mentre in tutta Europa, dalla Gran Bretagna alla Germania, si afferma la ricerca del centro-sinistra. Può esservene la rivendicazione, la ricerca, cui noi comunque ci opporremmo, ma questa ricerca sarebbe pagata con il ritorno della destra al Governo di questo paese.
Il centro-sinistra vuole continuare, al contrario, a misurarsi con i problemi del paese. In questa epoca di trasformazioni,


Pag. 17

in cui l'apertura alle novità, la ricerca di soluzioni moderne va accompagnata dai valori della solidarietà, vogliamo assicurare all'Italia stabilità di Governo.
Sosteniamo l'azione di questo Governo, nei cui risultati crediamo e che già in questa finanziaria trova lo sforzo di concreti, grandi stanziamenti per l'occupazione; la finanziaria: strumento che è ulteriormente oggetto di confronto nella maggioranza con il Governo, in questo Parlamento, nel corso dei suoi lavori.
Vogliamo evitare al nostro paese il rischio della precarietà che ne minerebbe l'economia e colpirebbe i più deboli.
Questa volontà di continuare in questo sforzo di Governo, in questo impegno di Governo, in questa sfida che il centro-sinistra ha raccolto due anni e mezzo fa, era giusto che si realizzasse con le forze del centro-sinistra, tra i gruppi che hanno fatto nascere questa maggioranza.
Quello di avere un'autosufficienza nella maggioranza non è stato un gesto di arroccamento o di superbia e neppure di disinteresse verso altri gruppi. Si tratta, al contrario, di una scelta di lealtà istituzionale, di chiarezza politica, di conferma del bipolarismo.
Certo, avremmo apprezzato, e apprezzeremmo, se altri si aggiungesse in questa azione di stabilità, nell'interesse del nostro paese. Il gruppo dell'UDR ha scelto di non scegliere, di restare nell'incertezza di una posizione non definita. A nostro avviso, ha perduto un'occasione, rifugiandosi dietro un rifiuto che, in realtà, appare a noi come un rifuggire dal problema politico che gli sta davanti. Mi auguro sinceramente che non perda anche occasioni di recupero.
Erano stati sì offerti voti per approvare la finanziaria, a condizione che il Governo oggi annunziasse le proprie dimissioni a finanziaria approvata, cioè a gennaio. Ma, colleghi, accantonando per un istante - ciò che non faremmo mai - la nostra piena fiducia in questo Governo, vi chiediamo con quale senso di responsabilità si sarebbe dovuto decidere di tenere in piedi per tre mesi un Governo di fatto delegittimato, dimissionario, destinato ad un logoramento irrecuperabile, privo di autorevolezza all'interno e nei rapporti internazionali. Ciò non sarebbe stato responsabile (a parte, ripeto, la fiducia piena che confermiamo nel lavoro di questo Governo). Abbiamo scelto, invece, anche il rischio della sconfitta in quest'aula, per cercare con chiarezza la stabilità e la conferma di questo Governo. Credo che oggi il voto di fiducia darà ragione a questa scelta, ci confermerà nell'impegno di guidare il nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tatarella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, recentemente in Francia un Presidente della Repubblica di centro-destra ha sciolto le Camere per consentire al popolo francese di esprimere un giudizio ravvicinato rispetto alla decisione sull'euro. In Italia è stato e sarà difficile convincervi a chiamare il corpo elettorale al giudizio finale, malgrado sia cambiata, signor Presidente, la formula di investitura del suo Governo, malgrado si sappia fin d'ora che la formula per le prossime elezioni sarà diversa da quella dell'Ulivo, malgrado si sappia fin d'ora che a guidare quella formula non sarà più il Presidente Prodi.
Vi sono, cioè, tre condizioni oggettive per investire subito della questione il corpo elettorale. Invece, questa maggioranza di mutuo soccorso, questa maggioranza che si divide il caso politico e casi non politici, per la parte non politica ricorda il giudizio che espresse De Gasperi nei confronti dei movimenti di destra dell'immediato dopoguerra, quando si riferiva all'uomo qualunque, ai monarchici, ai liberali, al movimento sociale italiano. Diceva De Gasperi che si trattava di un insieme di casi personali: oggi, riprendendo quel giudizio, diciamo che questa maggioranza di mutuo soccorso è un insieme di casi personali (Applausi dei


Pag. 18

deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Oltre, però, ai casi personali legittimi (come piazzare sette candidati alla Presidenza della Repubblica per una sola poltrona, come far conciliare la rivendicazione della candidatura dei DS alla guida del Governo con eguale candidatura alla guida del Colle), c'è il dato politico, costituito dall'intervento dell'onorevole D'Alema. Egli ha datato la sua guida «timoniera» - non da velista, ma da uomo politico - dal 1995, da quando c'è stato il ribaltone, che è il contrario dell'alternanza, il contrario dell'alternativa, il contrario del bipolarismo. D'Alema lo avrà fatto per mettere in pista, fra i sette, l'onorevole Dini. E questo è un problema non politico. Il problema politico è, però, che l'onorevole D'Alema ha posto con forza la questione della guida politica della futura coalizione. Di conseguenza nasce il grande problema che ci sta a cuore: quello della differenza, amici del centro, tra il «centro» e la «centralità». Si può essere di centro e non essere centrali: il centro oggi è centro, ma, appunto, non è centrale.
Noi della destra democratica vogliamo un centro che sia centrale. Per i centristi, il problema è solo questo: stabilire se vogliono essere una parte che si accoda al timoniere, alle «mani di chi guida» la politica dal 1995, cioè D'Alema oppure se vogliono essere centrali. Noi vogliamo un centro che sia centrale, in Europa e in Italia. Questa è una posizione chiara. Ecco perché al discorso politico dell'onorevole D'Alema, il quale indica la formazione di un nuovo progetto politico in sostituzione dell'Ulivo, noi opponiamo un altro progetto politico. È il progetto politico, onorevole D'Alema, di creare finalmente in Italia la casa omogenea di tutti coloro che la pensano allo stesso modo su uno stesso programma. Noi non siamo un insieme di casi personali! Non siamo una società di mutuo soccorso! Siamo la fotografia della maggioranza degli italiani che sta all'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia), come lei ha dichiarato spesso nei suoi interventi. Quindi l'appello è a coloro che ragionano, ai centristi, che non devono rafforzare la parte moderata dell'Ulivo. Rafforzare la parte moderata dell'Ulivo significa non essere centrali: mai nessuno al mondo è centrale se è minoritario! Nel centro-destra la destra è minoritaria rispetto al centro, la destra non è arrogante, la destra non è antidemocratica, vuole collaborare in Italia e in Europa. Dopo la vittoria delle sinistre in Germania, si apre il grande problema del collegamento fra centro e destra in tutta Europa. E lo sforzo che noi faremo in Italia e in Europa è di far capire, da Kohl in giù, che il centro-destra è utile all'alternanza e all'alternativa.
Per quanto riguarda l'altro problema, quello delle manovre sottobanco, ridicole, patetiche, volte a isolare alleanza nazionale, siamo di fronte ad un tentativo non tanto contro di noi quanto contro l'alternanza, contro l'alternativa, contro il bipolarismo. Tutti siamo legittimati a governare! Tutti siamo legittimati a fare l'opposizione isolare una parte, significa indebolire un'area e rafforzare il trasformismo.
Questo dibattito segna quindi la fine di Prodi come Primo ministro (la fine non in senso materiale ma in senso politico, del suo esperimento di Ulivo). Oggi Prodi è soltanto un effetto ottico, è un «gratta e perdi» della politica dell'Ulivo (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
In questa situazione politica, noi lanciamo la sfida per «la casa omogenea» di tutti coloro che rappresentano in Italia la via e la vita moderata. Attraverso il sistema degli interventi in diretta in televisione, noi facciamo appello a tutto il mondo della cultura, che è stanco dei veri cossuttiani DOC che stanno nel Governo, come il ministro dell'università contro l'autonomia che è Berlinguer, che è stanco dell'accentratore in materia di cultura, di teatro e di sport che è Veltroni. Noi vogliamo unire tutti gli uomini che hanno come desiderio la libertà delle posizioni, la libertà della cultura e il decentramento nelle sedi reali legate al territorio.


Pag. 19


Noi lanciamo una grande sfida per «la casa omogenea» che noi le vogliamo opporre, onorevole D'Alema, alla casa del programma, la casa del contributo delle idee di tutti coloro che vogliono collaborare per formare il programma comune da offrire come «contratto agli elettori» nelle prossime elezioni. E agli elettori del Polo che ci ascoltano, che erano già mobilitati per la campagna elettorale, noi diciamo che devono avere la stessa pazienza che hanno avuto gli inglesi e i tedeschi nell'aspettare le elezioni per fare la svolta, anche se per opposti motivi. Le elezioni un giorno ci saranno! E da oggi incomincia la grande campagna per «la casa omogenea» di tutti gli uomini liberi e di cultura.
E all'onorevole D'Alema, che nel bene e nel male è ed è stato il nostro interlocutore, a risarcimento di tutta la fiducia che abbiamo posto nel sistema bipolare attraverso la sua azione come segretario di partito e come presidente della Commissione bicamerale, noi chiediamo, poiché è in vista una sua candidatura legittima, come leader del maggior partito oggi esistente in Italia, di presentarsi nella sua leadership di fronte al popolo italiano insieme a Cossutta. Così sarà un omaggio alla verità e un omaggio alla nostra vittoria (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il presidente Berlusconi e gli altri due leader del Polo delle libertà, gli onorevoli Fini e Casini, hanno esposto avant'ieri nella maniera più autorevole le ragioni sociali, economiche e politico generali del nostro prevedibile «no» alla prevista richiesta di fiducia avanzata ieri dall'onorevole Prodi.
Io mi limiterò perciò, come del resto ha fatto anche il collega Tatarella, a qualche considerazione sui più recenti sviluppi di questa contorta vicenda, che si concluderà forse con il severo ridimensionamento politico e numerico del Governo Prodi.
Le cronache di questi ultimi giorni erano già scritte da almeno una settimana in tutti i loro passaggi e proprio per questo il dramma politico di rifondazione comunista ha rischiato di tramutarsi in commedia, in colorita commedia all'italiana. Sarebbe facile fare dell'ironia su questa vicenda, ma noi non ne facciamo. Non ne facciamo perché, se la regia di chi doveva trarre vantaggio dalla commedia è stata poco seria, serio e autentico invece è stato il dramma che hanno vissuto uomini e donne della sinistra italiana. Nel comitato politico di rifondazione comunista e avant'ieri nell'assemblea dei seguaci dell'onorevole Cossutta noi abbiamo ascoltato parole e visto lacrime che meritano rispetto. Certo, questa scissione non sembra avere le dimensioni e lo spessore di altri storici momenti della litigiosa sinistra italiana - si pensi a Livorno, a palazzo Barberini, alla Bolognina - e tuttavia essa è destinata a produrre effetti non effimeri sull'evoluzione complessiva del quadro politico italiano e in particolare del nostro bipolarismo. Innanzitutto, perché questa scissione porta a tre gli eredi della vecchia famiglia comunista e induce nuovi processi. Poi, perché essa ha ripercussioni profonde nel maggior partito, dei democratici di sinistra, ormai avviati ad un importante congresso nazionale. Infine e direi soprattutto perché essa farà riemergere con forza le ragioni della controversia ancora aperta tra la sinistra riformista dell'onorevole D'Alema e quello strano cavaliere inesistente politico che è l'Ulivo dell'onorevole Prodi; una controversia che non solo tormenta il centro-sinistra, ma è motivo di instabilità dell'intero quadro politico nazionale.
Noi non cerchiamo vantaggi dalle divisioni della sinistra; anzi, proprio perché ci inquieta una sinistra divisa, incerta, arraffona, pronta a titillare il trasformismo parlamentare e a servirsene, proprio per questo auspichiamo una sinistra ricomposta, unita nella sua storia, nella sua cultura, nei suoi programmi: una sinistra, insomma, riconoscibile per quello che è


Pag. 20

realmente e per quelli che sono i suoi legami, ormai organici, con l'altra sinistra, quella di ispirazione cristiana. Lo auspichiamo perché questa è una condizione fondamentale - lo ha già detto il collega Tatarella - per consolidare il bipolarismo e far crescere la democrazia dell'alternanza. Questo è il punto.
Forza Italia e il Polo avanzano senza esitazione su questa strada. È vero, abbiamo perso per strada alcuni parlamentari, alcuni eletti; ma abbiamo conquistato elettori, molti elettori, perché la coerenza e la chiarezza pagano (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Oggi il centro-destra è unito come non mai: nella scelta dell'opposizione a tutto campo, nella proposta e nella costruzione dell'alternativa al Governo delle sinistre, nella aule parlamentari ma anche nel paese. Chi vuole conferme venga a Roma il 24 ottobre (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Se il centro-sinistra fosse ugualmente unito, ne guadagnerebbero il bipolarismo e la democrazia. Ma non è così: l'asse rifondazione-Ulivo è definitivamente spezzato. L'Ulivo avvizzisce nell'irrisolto dualismo Prodi-D'Alema. Il Governo per sopravvivere, pur di tirare a campare, cede a oggi a Cossutta quello che ieri ha negato a Bertinotti. Ma fino a quando può durare?
Avant'ieri l'onorevole D'Alema ha accennato alla possibilità di irrobustire, consolidare e rilanciare - cito le parole testuali - la coalizione di centro-sinistra tra un paio di mesi, subito dopo la finanziaria. È facile immaginare come: con l'apertura del Governo alle anime in pena dell'UDR. Ma, colleghi della sinistra, se il bipolarismo è una scelta comune ed irreversibile, credete davvero che l'assunzione di un manipolo di transfughi del Polo possa giovare a questa causa e dare stabilità ad un Governo già svuotato politicamente? Mi chiedo se Cossutta, i verdi e molti dei DS potrebbero accettare fra due mesi una compagnia che oggi fieramente rifiutano. E se la cosa passasse, si tratterebbe comunque di un plateale scambio di maggioranza. Dove finirebbe allora l'inflessibile coerenza che ha portato Prodi e Veltroni a porre ieri la questione di fiducia pur di mantenere inalterata - seppure severamente ridimensionata - questa formula di Governo?
Certo non gioverebbe né al bipolarismo né al chiarimento generale un Governo, come ho già detto, politicamente svuotato, ridimensionato nei numeri ed accecato - letteralmente accecato - dall'istinto di sopravvivenza. Come si spiegherebbero altrimenti, colleghi del Parlamento, i miserabili maneggi di questi giorni? Che tristezza, che tristezza leggere sul più importante quotidiano italiano della task force acchiappavoti installata a Palazzo Chigi! (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD). Non vedo sui banchi del Governo - che pena! - quell'ex regina delle massaie italiane che fino a ieri dal suo scranno di sottosegretario per il lavoro prometteva ricompense pietendo un voto, almeno un voto: e, se non un voto, almeno un'assenza, un'assenza per oggi, una tantum, come un prestito! Un prestito, già: cromosoma dell'Italia dei valori... (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
Ieri il Presidente del Consiglio ha pagato all'onorevole Cossutta, in cambio dei voti che gli porta, un pesante pedaggio. Innanzitutto gli ha dato l'accelerazione della legge scellerata sulle 35 ore settimanali. Bene, accelerate pure, vuol dire che daremo anche noi un'accelerata ai preparativi del referendum abrogativo di quella legge (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
Poi gli ha dato la revisione della finanziaria, fino a ieri massima intoccabile espressione della politica economica del Governo ed oggi, «a babbo morto», a voti consegnati, pascolo abusivo per le incursioni, non certo liberiste, dell'onorevole Cossutta. Sarà come voi dite, signori del Governo, una finanziaria leggera: leggera


Pag. 21

e di facili costumi (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)!
Infine il Kosovo. Qui, onorevole Cossutta, lei ha ricevuto assicurazioni che il Presidente del Consiglio non poteva darle. Anzi, come si sarebbe detto in altri tempi, un mezzo bidone: non solo perché la risoluzione recente delle Nazioni Unite rende possibili le azioni militari nel Kosovo, non solo perché l'Europa e gli Stati Uniti sono già pronti a fermare con le armi della Nato (giustamente) il macellaio dei Balcani, ma anche perché il Parlamento italiano ha già autorizzato l'uso delle basi italiane per le missioni in Kosovo. Lo ha fatto votando un ordine del giorno presentato dal Polo delle libertà ed approvato a stragrande maggioranza da questo Parlamento, esclusi - lo riconosco - voi, colleghi di rifondazione comunista.
Allora, onorevole Cossutta - e concludo -, delle due l'una: il Presidente del Consiglio si è distratto o il 23 giugno o ieri, 8 ottobre, nel dare assicurazioni a lei. Speriamo che non si distragga anche in questi giorni con i nostri alleati, lasciando in tutti il vago sospetto del raggiro.
Comunque, stia in campana, onorevole Cossutta, perché quando sarà il momento le diranno che c'è l'ordine del giorno del Polo e non c'è bisogno di votare, e magari si troverà anche lei con l'elmetto per il Kosovo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, deve concludere.

BEPPE PISANU. Ho concluso, Presidente.
Colleghi della sinistra, se questo «governicchio» passa, vi porterà certamente al semestre bianco, mettendovi al riparo dal rischio delle elezioni anticipate, ma dopo, quando crescerà il rischio di una crisi finanziaria mondiale dagli esiti imprevedibili; quando il rapporto parlamentare tra maggioranza ed opposizione, già avvelenato dagli acchiappavoti di palazzo Chigi, si inasprirà in vista dei prossimi confronti elettorali; quando il congresso dei democratici di sinistra rifarà i conti con la sinistra e con l'Ulivo; quando il tratto finale della corsa al Quirinale darà scosse terribili all'Ulivo languente: ecco, dopo non basteranno più, a questo governicchio, né le astuzie di chi lo presiede, né il soccorso delle anime in pena del centro mobile. Allora sarà la forza delle cose a farvi fare ciò che l'intelligenza politica avrebbe suggerito di fare oggi: rassegnare le dimissioni (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, concluda, per cortesia.

BEPPE PISANU. ...per favorire un chiarimento vero con un chiarimento parlamentare vero o con una consultazione elettorale vera, come vi ha suggerito avantieri il presidente Berlusconi (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD - Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussi. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Signor Presidente del Consiglio, il nostro sarà un voto convinto e sarà un voto preoccupato.
Sul voto convinto le ragioni le ha già espresse qui, ieri, per il nostro gruppo, l'onorevole D'Alema perché pensiamo che questo Governo meriti la fiducia. È un Governo che ha fatto bene pur disponendo di una limitata maggioranza e di una maggioranza non coesa esattamente perché alle elezioni non si era presentata tutta con lo stesso programma, per il patto di desistenza, inevitabile data l'attuale legge elettorale.
Ho visto che molti uomini del centro-destra hanno puntato il dito contro il patto di desistenza alle elezioni del 1996; certamente l'onorevole Fini e l'onorevole Berlusconi con il loro Polo delle libertà e Polo del buon Governo, nel 1994, che portò quel Governo a durare pochi mesi, sono i meno adatti ad elevare una protesta.


Pag. 22

VALENTINA APREA. Infatti, ci furono nuove elezioni!

FABIO MUSSI. L'onorevole Berlusconi ieri ha detto a noi, al Governo, alla maggioranza: avete usato carte false!

ANGELO SANTORI. «Truccate», è uguale.

FABIO MUSSI. Capisco che la lingua ogni tanto batta dove il dente duole, ma le carte sono state o sono tutte vere. Veri, onorevole Berlusconi, i 125 mila miliardi di manovra in due anni: uno sforzo straordinario di un paese che ha voluto, fortissimamente voluto l'Europa. E lo abbiamo fatto insieme, onorevole Bertinotti! Certamente non con il contributo delle opposizioni che hanno persino abbandonato quest'aula durante la discussione sulla finanziaria per il 1997 (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo). Un successo vero, onorevole Fini! Lei non è sereno nel giudizio quando parla di due finanziarie sbagliate e una inutile. No, questa è davvero propaganda! La smentiscono i risultati di questi due anni e mezzo (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia).

MARIO LANDOLFI. Vai a Napoli!

FABIO MUSSI. La smentisce il testo di questa legge finanziaria su cui si è aperta la crisi con rifondazione comunista, orientato, più orientato che nel passato al lavoro, allo sviluppo, all'equità sociale. Certo, niente demagogie: ci sono enormi problemi aperti e irrisolti nel nostro paese, lo sappiamo tutti dentro quest'aula, e non tutti di facile soluzione ma c'è un cambio di marcia. Lei, onorevole Berlusconi, ha detto che è una finanziaria contro il ceto medio, la piccola e media industria, i bisognosi.

VALENTINA APREA. Sì!

FABIO MUSSI. Cattiva propaganda! Nella finanziaria c'è l'estensione della dual income tax alle piccole e medie imprese, c'è l'aliquota ridotta con un massimo del 37 per cento per gli utili reinvestiti, ci sono agevolazioni per le famiglie numerose, ci sono 1.200 miliardi in più per le pensioni più basse, c'è meno fisco per le famiglie monoreddito con due o più figli, c'è la restituzione dell'eurotassa, ci sono una diminuzione della pressione sulla prima casa e agevolazioni per gli affitti. Un solo limite, insuperabile: il patto di stabilità che abbiamo sottoscritto e che non può essere rimesso in discussione! L'Europa è la nostra forza e in Europa oggi abbiamo voce e lì possiamo con altri Governi ed altri paesi condividere o proporre idee importanti e soluzioni nuove, come l'idea, che si sta discutendo in questo momento e che ha qui riproposto il Presidente Prodi nella sua replica, di un uso, per lo sviluppo e per il lavoro, delle eccedenze bancarie dopo che scatti l'euro...

NICOLA BONO. Solo Prodi poteva pensare una cosa del genere!

FABIO MUSSI. ... o l'idea, che già questo Governo sottopose all'attenzione degli altri paesi nell'incontro di Amsterdam e che oggi troviamo ripresa da grandi leader come Jospin e Schroeder, di una Maastricht del lavoro, di nuovi indicatori di convergenza che riguardino il lavoro e lo sviluppo. E davvero noi troviamo del tutto condivisibili le cose dette sull'Europa, la nostra funzione, le nostre possibili proposte indicate nella replica del Presidente, così come abbiamo trovato condivisibili le parole espresse sulla difficile, complicata questione del Kosovo.
Questa è la finanziaria di un paese il quale, onorevoli colleghi, risente certo della crisi economica mondiale, che rischia un rallentamento ed un arresto dello sviluppo e che raddoppia i suoi rischi rispetto a quelli di altri paesi anche a causa delle incertezze politiche che ci stanno portando in quest'aula oggi a questa discussione. Ma è anche un paese che non può riconoscersi né nella sfigurata rappresentazione delle destre (Commenti


Pag. 23

del deputato Aprea) come un lager fiscale o un gulag politico - cattiva propaganda! - né nella apocalittica descrizione che anche stamani è stata fatta da Bertinotti: un paese che assomiglia ad un vaso di ingiustizie, tutto dominato da interessi capitalistici che il Governo asseconda (Commenti del deputato Bono).
È un paese attraversato da grandi problemi e che affronta grandi questioni, ma la realtà è più complessa e la realtà si ribella se viene manipolata. Il nostro dovere è conoscerla, individuare i problemi, trovare le soluzioni, indicare le strade che mostriamo al nostro paese e a tutti i suoi cittadini. Ed è a questa fatica che si è sottratto l'onorevole Bertinotti. Noi lo rispettiamo, lo abbiamo sempre fatto, anche nei momenti di polemica più aspra, anche in questo momento, ma non possiamo non dico condividere, ma scusare il suo gesto di rottura.
Dare, Fausto, a Prodi del fondamentalista, accusarlo di non averti mai ascoltato, questo francamente è veramente troppo! Non corrisponde alla realtà.
Tu hai fatto una scelta politica pura, che ha rischiato e rischia di gettare il paese in un labirinto alla vigilia del semestre bianco. Hai adottato questa scelta per aprire una crisi di Governo e del centro-sinistra e il primo effetto è stato quello di aprire un crisi nel tuo partito, in rifondazione comunista. E per chi è di sinistra - voglio dirlo a tutti i compagni di rifondazione, quelli che hanno fatto una scelta e quelli che l'hanno contrastata - non c'è di che esultare. Certo, quante divisioni, quante scissioni nella storia pur grande e nobile della sinistra italiana! Quante volte si è ripetuto il rito del cambio delle serrature! Ma la posta in gioco era ed è oggi troppo alta e non possiamo non apprezzare e non condividere le ragioni di quei nostri compagni e colleghi che, con una decisione che certamente è costata loro, hanno deciso di far prevalere su tutto gli interessi del paese, quelli concreti dei lavoratori, quelli di un'alleanza di centro-sinistra che oggi non ha alternative, quelli di un Governo che oggi in questo paese non ha alternative,...

ANGELO SANTORI. Elezioni!

FABIO MUSSI. ...le ragioni di una sinistra che vuol governare e non solo protestare, che vuole cioè assumersi le proprie responsabilità e far fronte ai doveri che le hanno assegnato gli elettori.
Un voto convinto, Presidente, un voto preoccupato però. Il nostro augurio è che la maggioranza ci sia stamani; una maggioranza cercata nell'ambito di quella che ha ricevuto il mandato a governare il 21 aprile 1996 a tutela anche di quel tanto di bipolarismo che la lunga, incompiuta transizione italiana ci consegna, perché, rovinato questo e dopo che sono stati affondati con un gesto politico delittuoso per il nostro paese la bicamerale ed i suoi lavori, il rischio di una pura e semplice restaurazione dello status quo ante è molto, molto elevato, cari colleghi, e dovrebbe preoccupare tutti, o almeno i più di coloro che stanno in quest'aula e che pensano, anche da postazioni diverse, che il nostro paese abbia bisogno di innovazione, di modernizzazione, di riforma.

ALESSANDRA MUSSOLINI. I disoccupati di Napoli!

GIOVANNI MARRAS. I disoccupati di Napoli!

VITTORIO TARDITI. I disoccupati di Napoli!

FABIO MUSSI. Però questa maggioranza sarà senza dubbio ristretta, risicata, sul filo del rasoio. È vero, si governa anche con un voto di scarto: Kohl in Germania l'ha fatto per diversi anni. Speriamo che più voti di scarto ci siano; forse, però, in Italia è comunque più difficile che altrove. Per questo sappiamo che il nostro cammino non sarà una passeggiata: ne siamo consapevoli.
Le difficoltà aumentano, ed è per questo che raddoppieremo gli sforzi per


Pag. 24

garantire all'Italia una guida autorevole ed una prospettiva sicura (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Dunque, preoccupati ma convinti, convinti della giustezza del voto di fiducia al Governo che il gruppo dei democratici di sinistra si appresta compattamente a dare (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo - Commenti dei deputati Cito, Marras, Mussolini e Tarditi).

PRESIDENTE. Avverto che avranno ora luogo sei dichiarazioni di voto a titolo personale. Ciascuno dei colleghi potrà parlare per cinque minuti. Si tratta degli onorevoli Pisapia, Sgarbi, Malavenda, Guidi, Colletti, Liotta. Dopo si passerà al voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, se in questo momento per molti così drammatico dal punto di vista umano e politico penso alle prime sedute di questa Assemblea mi viene un nodo alla gola.
Tante erano le speranze ma anche gli impegni; forte era la volontà ma anche la possibilità di effettivo cambiamento. Certo, eravamo tutti consapevoli che, di fronte alla disoccupazione dilagante, ad un'economia disastrata, alla richiesta di maggiore giustizia sociale i tempi, dopo decenni di malgoverno, non potevano essere brevi; ma eravamo anche convinti che era possibile, anzi era necessario, dare fin da subito segnali forti che tramutassero i bisogni e le speranze in riforme e prospettive concrete di rinnovamento.
Era possibile insieme, tutti - centro-sinistra e sinistra, Ulivo e rifondazione, con le nostre anime diverse, con il nostro rappresentare segmenti diversi della società -, far crescere il paese e la fiducia degli italiani nella possibilità di un vero cambiamento riformatore. È dunque con un crescente senso di angoscia che oggi mi ritrovo a prendere atto di un'amara realtà. Meno di trenta mesi sono bastati a dissipare un patrimonio che aveva valore inestimabile, quello costituito dalla fiducia che la gente ci aveva accordato.
Certo, in questo periodo difficile e travagliato siamo riusciti ad entrare in Europa, a raggiungere importanti obiettivi economico-finanziari; non è poco, e rifondazione comunista, tutta e unita, ha fatto la sua parte per raggiungere questo obiettivo. Ma questo non poteva e non può bastare. La gente, la nostra gente, l'Italia che lavora, i giovani che meritano una scuola migliore e una prospettiva per il futuro, i disoccupati che da noi aspettavano delle soluzioni, i malati non abbienti che ancora pagano il ticket sul loro sacrosanto diritto ad avere garantita la salute, sono scontenti; peggio, sono disillusi: troppo poco è cambiato, troppo poco ha inciso nella vita di tutti i giorni un Governo che voleva dare forti segnali di cambiamento.
Il Governo non è riuscito a dare spazio alla grande progettualità. Ha rinchiuso se stesso dentro la gabbia di una buona, onesta ma modesta amministrazione. E non è vero, cari colleghi e amici, quello che molti cercano di addebitare a rifondazione comunista. Non è vero che non abbiamo compreso che la strada della sinistra in questo contesto, ad un passo dal 2000, dall'integrazione europea, dalla globalizzazione mondiale, non poteva oggi che essere la strada di un vero e sano riformismo.
Per questo, al di là del nostro programma, ci siamo limitati a richiedere una seria politica di riforme, non solo economiche e monetarie ma anche politiche e sociali. Non è stata dunque rifondazione a non aver fatto la sua parte. Se oggi ci troviamo qui con l'angoscia per quello che sarà, con la consapevolezza della possibilità di una lacerazione tra le forze di sinistra, con la paura di una virata a destra della politica italiana, la responsabilità non è dei parlamentari di rifondazione comunista, che hanno mostrato per oltre due anni ragionevolezza, pazienza, prudenza. Altri hanno deluso le speranze.


Pag. 25


Oggi, però, siamo di fronte ad una scelta difficile dopo una divisione dolorosa, una scelta forse decisiva per il paese: che cosa accadrà - mi chiedo e mi chiedono - se cade questo Governo, che ne sarà di quei modesti passi che comunque abbiamo fatto? Che ne sarà della speranza di cambiamento di quanti ci hanno dato fiducia?
Prima di decidere come votare, ho parlato con quanta più gente ho potuto, con molti di coloro con cui, soprattutto nell'associazionismo e nel volontariato laico e cattolico, ho lavorato per tanti anni, persone che, insieme ai militanti di rifondazione comunista, hanno voluto che li rappresentassi in questo Parlamento. Il messaggio che ho recepito, pur con forti dubbi e con ancor più forte rabbia, è che in questo momento non si può disperdere il mandato che la maggioranza degli italiani ci ha voluto affidare.
È con grande sofferenza e con il massimo rispetto per l'analoga sofferenza di chi ha maturato scelte differenti alle mie che mi accingo ad un gesto ispirato al senso di responsabilità e alla volontà di impedire che le lacerazioni a sinistra e tra sinistra e centro-sinistra diventino insanabili. Voterò quindi la risoluzione della maggioranza ma, per quanto mi riguarda, questo voto non significa, non può significare, non significherà mai un appoggio a chi vuole dividere la sinistra, a chi pensa e spera di isolare chi intende rappresentare le stanze e i bisogni degli emarginati, degli strati più poveri e della società. Cari colleghi, si poteva e si doveva fare di più; per quanto mi riguarda, non intendo arrendermi (Applausi di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti e dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rinnovamento italiano e misto-rete-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ministri avviati verso una disonorevole uscita da questo Governo, io ho assistito in queste ore - con un certo divertimento - a quanto si è visto non soltanto in quest'aula ma anche fuori di qui nel tentativo di raccattare, come fanno i mendicanti, le cicche, un voto, due voti. La giornata odierna, come quella precedente, è divertente per lo spirito di gioco, la scommessa, il timore di perdere o di vincere per un punto ed è triste per le stesse ragioni. Ritenere che la politica debba essere fatta su un voto o un voto in più e senza avere compiutamente i numeri della maggioranza (perché i 313 fatidici voti non ci sono) mi fa pensare a chi l'abbia tanto mal consigliata di venire a questo patibolo, come un san Sebastiano gay che venga colpito per divertimento di quelli che vorrebbero vederla, alla fine, vincere. Lei, però, è stato forte, beffardo, insolente: con rigore non ha chiesto voti al centro-destra - forse perché non li avrebbe avuti, neppure da Cossiga - e oggi è patetico, fragile, intenerito e chiede pietà. Ecco, un Presidente del Consiglio che chiede pietà di un voto alla Pozza Tasca - per dire un nome -, un Presidente del Consiglio che attende che una signora incinta possa cambiare il suo stato fisico ed arrivare qui a votare non è un Presidente del Consiglio autorevole come lo immagine l'amico Mussi, è un Presidente del Consiglio patetico. Quindi io guardo con tenerezza a questa sua condizione, anche se la fortuna (che si può chiamare anche in altro modo, riferendosi alla parte posteriore del suo corpo) dovesse indurla alla vittoria. Questa, però, sarebbe una sconfitta perché il suo discorso è stato, come mai prima, vile, inginocchiato davanti al compagno Cossutta: lei, cattolico, democristiano, uomo legato a Calogero Mannino, a Prandini, a Cirino Pomicino, Andreotti, ai suoi veri compagni di partito (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e di deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania), si è inginocchiato davanti a Cossutta!


Pag. 26


Poi c'è l'indifferenza per i morti: il Kosovo non è il suo gioco, ma è l'Europa nella quale lei è entrato come «re travicello».
L'Europa va nel Kosovo per difendere quegli uomini che lei vuole abbandonare alle stragi e alle violenze!
Ed allora, di fronte a crimini contro l'umanità e ai bambini che muoiono, si sente lei che dice: non è ancora ora di andare; aspettiamo che Cossutta si decida a venire con noi! Ebbene, sono già in pista 430 aerei anche nelle basi italiane: lei non può avere il voto di Cossutta oggi; lei sa che la NATO partirà di qua! Lei mente quando garantisce che non potranno partire di qua, perché lei deve obbedire anche alla logica di Schroeder, pur essendo un popolare!
Quindi, l'hanno ingannata nel farle credere che avrebbe vinto oggi: lei ha già perso, perché lei non è un Presidente del Consiglio, ma un uomo che ha paura di abbandonare quella modesta sedia nella quale sta con uomini che hanno più valore di lei - a sinistra e a destra - e vuole rimanere a tutti i costi.
In questo caso credo che lo spettacolo osceno al quale assisteremo della sua vittoria per un voto o della sua sconfitta per un voto, non cambi la sostanza di questo Governo, né come lo vuole D'Alema più robusto e più forte: non è più un Governo! Lei è già a casa senza saperlo e senza volerlo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del misto-CCD).

NICOLÒ ANTONIO CUSCUNÀ. Non fiori, ma opere di bene!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Malavenda. Ne ha facoltà.

MARA MALAVENDA. Presidente, colleghi, due anni e mezzo fa lo sciagurato insediamento di questo Governo fu salutato dallo sventolio delle bandiere rosse e dagli applausi della Confindustria e di CGIL, CISL e UIL. Non si unirono al coro gli operai dell'Alfa Romeo, di Pomigliano ed Arese, che quello stesso giorno manifestarono in piazza Montecitorio e in quest'aula una durissima opposizione alla nascita di quello che già denunciarono come un Governo antioperaio e antipopolare; un Governo dal quale tutta la povera gente non poteva aspettarsi niente di buono, che ci ha portati indietro di cinquant'anni con il crollo dei livelli occupazionali, il lavoro in affitto, con la svendita ai privati di tutti i servizi di pubblica utilità (basta pensare alla sanità, alle pensioni e alla scuola). Con la scusa della legge sulla rappresentanza, si appresta a cancellare oggi lo statuto stesso dei lavoratori; mentre fate finta di litigare sulle 35 ore, giù ampiamente ridicolizzate dal regalo fatto ai padroni di 250 ore di straordinario obbligatorio: un posto di lavoro in meno per ogni undici lavoratori occupati!
Avete osato fare quello che nessun Governo - né democristiano, né craxiano e né di destra - aveva mai osato fare! Ed oggi ogni finta crisi serve solo a rilanciarvi.
L'apparente conflittualità presente anche oggi in quest'aula è solo dettata dalla comune necessità sia del Polo che dell'Ulivo di costruire insieme l'uscita indolore da Tangentopoli. È questa la vera spada di Damocle che pende sulla testa di Berlusconi, ma anche su questo Governo e l'insieme di questo Parlamento.
Il vostro Governo mostra l'impossibilità di qualsiasi uscita riformista dalla crisi e di qualsiasi ingresso indolore per i lavoratori, i disoccupati e i pensionati nell'Europa di Maastricht. Per questi motivi, non ci convincono le giravolte e i finti pentimenti di una sinistra istituzionale, ormai fallita!
A questo punto, la necessità di una rappresentanza politica, autonoma e autorganizzata, della classe operaia e dei proletari si pone in maniera irrinunciabile e il nostro voto contrario è ben diverso da quelli dell'ex cantastorie di questo Governo!
Presidente, in questi giorni altri 5 mila lavoratori ed oltre saranno «terziarizzati»


Pag. 27

nella FIAT; per molti di loro ciò significherà la perdita del posto di lavoro, mentre continuate a regalare ai padroni ogni anno più di 95 mila miliardi senza che diano un solo posto di lavoro!
Presidente Prodi, io con loro e finché resterò in quest'aula continuerò a chiedere chiarezza sull'Italia delle mazzette, su quando lei, presidente dell'IRI, insieme a quelli di quell'epoca (Craxi, Darida, Nicolazzi, De Michelis, De Vito, De Lorenzo, Zanone, Goria) governavano l'Italia delle mazzette, di quando lei, presidente dell'IRI, ha regalato l'Alfa Romeo alla FIAT! È su questo, Presidente, che aspettiamo chiarezza. Io, insieme ai lavoratori, ai disoccupati, ai cassintegrati, a quelli che presto perderanno il posto di lavoro, non mi arrenderò e finché sarò qui starò sempre a ricordarle e a chiederle chiarezza (Applausi di deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.
Colleghi, per cortesia! Onorevole Sgarbi, la prego!

ANTONIO GUIDI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, credo che quando in una crisi così profonda non si cerchi la strada delle dimissioni, si può anche vincere in aula, ma di fatto la fiducia che si chiede provoca una sfiducia profonda nella cittadinanza italiana.
Bisogna avere il coraggio delle proprie azioni, Presidente Prodi, con tutto il rispetto. Ci sono stati Governi che per molto meno, per errori molto minori, hanno visto ministri che si sono dimessi. Qui non è successo mai. Per crisi meno importanti di questa, ripeto, ci sono stati Governi che si sono dimessi, questo no. Con la scusa della responsabilità si è dimostrata la gravissima irresponsabilità e disprezzo per la volontà degli italiani. Ma la crisi in aula può servire lo stesso, non certo a scambiarsi insulti, non certo a fare professione di rispetto del bipolarismo, demonizzando l'avversario; le crisi in aula possono servire a parlare, a chiarirsi, a chiarire. A me sembra che una cosa sia chiara, cioè che nulla in questo Governo è chiaro e limpido. A me non interessa quella «truppa d'accatto», che, tradendo i voti dell'uninominale, passa di là. A mio avviso ci possono essere due motivi: potere estremamente effimero, o non esser d'accordo con chi è stato eletto, e allora ci si dimette. Queste persone non mi interessano, a me interessano altre questioni.
Si parla tanto d'Europa, Presidente, ed è un'Europa a sinistra, ma non comunista. Questo è il primo punto. Io vivo in Europa da anni e dico che se parliamo di Blair e di altri, certo comunisti non sono. Arriviamo allora alle questioni fondamentali. Gentile Bertinotti, con molta tranquillità le chiedo - io vivo abbastanza in quest'aula - come si faccia a camminare forti ed eretti! Non so con quale «Viagra» psicologico si possa camminare eretti! Il Governo non è nato oggi, quante migliaia di voti rifondazione comunista ha dato in quest'aula al Governo, a questi progetti? Migliaia. Lei dove era? Io non sarei molto eretto!
Pongo all'onorevole Prodi una domanda importante. Ci può essere tattica, appartenenza partitica e politica (io spero che oggi si parli di politica). Presidente, lei che ha una lunga appartenenza, deve chiarire, essendo questa appartenenza tipicizzata da una forte valenza anticomunista, la democrazia cristiana questo era, e lei ne era parte fondamentale e non certo residuale nei poteri e nella rappresentanza, come fa...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Guidi.

ANTONIO GUIDI. ...a non sussultare quando chiede aiuto a chi si definisce trotzkista? Come fa a non sussultare, perché si parla di valori, quando si rivendica l'orgoglio comunista? Come lo concilia, come concilierà la bioetica, le scelte economiche, la NATO, con appartenenze così diverse? Lei vincerà ma l'Ulivo non c'è più (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)!


Pag. 28

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

LUCIO COLLETTI. Signor Presidente, parlo non solo a titolo personale, ma anche a nome di una sparuta e microscopica pattuglia di parlamentari di forza Italia, di cui ritengo anche di poter fare i nomi: Calderisi, Melograni, Rebuffa, Taradash e, come è ovvio, il sottoscritto; aggiungo - ma siede al Senato - Saverio Vertone. È evidente che l'ingresso è libero (Commenti).
Ritengo che la crisi dell'Ulivo, come già è stato detto, sia, se non definitivamente consumata, certamente assai progredita sulla via del tramonto e penso...

Una voce: Meno male che c'è il Viagra!

LUCIO COLLETTI. Sento il nord particolarmente spiritoso (Si ride)!

PRESIDENTE. È una buona notizia, onorevole Colletti (Applausi)!

LUCIO COLLETTI. Ritengo che questa crisi dell'Ulivo rappresenti una crisi del sistema politico italiano così come si è venuto configurando, per lo meno dal 21 aprile 1996 in poi; una crisi complessiva che, in qualche modo, ha lambito la stessa opposizione.
L'opposizione esprime, come è stato ripetuto infinite volte, una maggioranza reale nel paese. Malgrado ciò noi lamentiamo - ed è in vista della correzione e del superamento di questo difetto che vorremmo dare la nostra opera - che il Polo non abbia sempre manifestato la coscienza adeguata di come potesse essere forza di accerchiamento della minoranza del paese, che trova espressione nel vostro Governo, e come, al contrario, si sia barricato, chiuso in una fortezza, rinunciando in qualche modo a farsi protagonista dei prodromi di questa crisi, che hanno avuto come attori soltanto esponenti della maggioranza, come se l'opposizione stesse alla finestra.
Noi pensiamo che l'opposizione abbia in sé la forza e la qualità per uscire da questo stato di blocco, di stallo, di isolamento difensivo ed a tratti narcisistico. Riteniamo che una serie di grandi questioni oscurino l'orizzonte del paese, per motivi non soltanto interni, ma che coinvolgono l'intera cornice internazionale.
C'è una crisi della mondializzazione; si profila il ritorno di politiche protezioniste e di intervento dello Stato nell'economia. In queste circostanze io ritengo che il Polo potrà adempiere fino in fondo la sua funzione solo riattivando i canali di un confronto ideale e politico al proprio interno e sviluppando un'iniziativa, che non sia solo di agitazione e di propaganda, nel paese (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Liotta. Ne ha facoltà.

SILVIO LIOTTA. Signor Presidente, onorevoli deputati, i problemi aperti dal «no» di rifondazione comunista al Governo e alla finanziaria stanno per essere risolti attraverso la nascita di un nuovo partito, i comunisti italiani, e la ricerca da parte del Presidente Prodi di alcuni voti sparsi. Non si è voluto dare spazio, quindi, al disegno di maggiore visibilità e di rafforzamento del centro che tanti di noi hanno condiviso e perseguito, anche con scelte personali difficili e sofferte.
Questo disegno avrebbe dovuto costituire la strada maestra per la soluzione della crisi, ma così non è stato: anzi, si marcia in direzione opposta. Si realizza, infatti, un nuovo e più stretto asse a sinistra, tra PDS e comunisti italiani, mentre non viene compiuto alcun serio tentativo per coinvolgere nella coalizione altre forze di centro presenti nel Parlamento; anzi, non si è scelto il necessario chiarimento politico, costituzionalmente corretto, ma si è fatto appello unicamente alla maggioranza uscita dalle urne nel 1996, maggioranza che allora non mi vedeva partecipe e che oggi, con il «no»


Pag. 29

di rifondazione comunista come partito politico che allora aveva sottoscritto quell'accordo, non esiste più.
Ritengo che rinnovamento italiano al riguardo non abbia sperimentato fino in fondo tutte le opportunità che il momento politico presentava e non abbia speso tutte le energie necessarie affinché nella maggioranza crescesse il peso delle componenti cattolico-democratiche e liberaldemocratiche, unica condizione per evitare il permanere di uno stato di fatto imperniato sull'assoluta preminenza e sulla leadership della sinistra.
Nel momento attuale ritengo non sussistano più le premesse per un voto che consolidi i presenti assetti e annunzio, pertanto, che in dissenso dal gruppo di rinnovamento italiano, dal quale oggi mi dimetto, negherò la fiducia al Presidente Prodi (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Index Forward