PROGETTO DI LEGGE - N. 5655




        Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si inserisce, a dibattito già avviato, accanto alle numerose altre presentate da deputati dei più diversi orientamenti politici e personali.
        Questo testo rappresenta la raccolta, in forma coerente, di una serie di emendamenti presentati dalla prima firmataria della proposta di legge in oggetto, indispensabili per salvaguardare almeno al minimo i valori fondamentali della vita e della famiglia, a fronte di un testo estremamente pericoloso uscito dai lavori della Commissione. Pericoloso diciamo, e non solo un brutto testo. In esso infatti, accanto ad alcune esplicite scelte di disvalore (il testo della Commissione ammette infatti, ad esempio, la fecondazione eterologa) vi sono alcune scelte implicite anche peggiori, perché volte direttamente o indirettamente ad uccidere embrioni - cioè a sopprimere vite umane - e per di più subdolamente compiute, dal momento che non derivano da parole del progetto di legge ma da suoi colpevoli silenzi.
        Solo un paio di esempi, fra i tanti:

            1) per quanto possa sembrare paradossale, in nessuno degli articoli è mai prevista alcuna tutela dell'embrione, non diciamo come vita umana, ma neppure come cosa: dal momento della fecondazione dell'ovulo a quello dell'impianto nell'utero della donna esso non è soggetto né oggetto di diritti. Possiamo rilevare che, se si affida la propria automobile al carrozziere per una riparazione e questi ce la danneggia, ci possiamo almeno rivalere su di lui. Nel caso di embrioni generati da nostri gameti e conservati in una struttura autorizzata, in attesa del trasferimento nell'utero, questo invece non è possibile. Si arriva alla bizzarria del capo III, recante "Disposizioni concernenti la tutela del nascituro" all'interno del quale il nascituro non è mai neppure citato, né come concepito, né come embrione né in qualunque altro modo;

            2) la sperimentazione sugli embrioni è teoricamente proibita, ma le sanzioni previste per i trasgressori sono ridicole: reclusione fino a tre anni (il che significa, grazie alla depenalizzazione per i reati che prevedono questo tipo di pena, neppure un giorno di carcere), nonché una multa da 4 a 20 milioni di lire, cifra evidentemente irrisoria, specialmente se rapportata agli investimenti medi in questo settore.

        Per chi poi si spinga oltre, producendo ibridi e chimere (cioè congiungendo il patrimonio genetico umano a quello di animali) oppure clonando l'essere umano, sono sì previste pene e sanzioni più pesanti (rispettivamente, da sei a dodici anni di carcere per ibridi o chimere, e da dieci a venti per la clonazione) tuttavia solo per l'esperimento compiuto: il tentativo di generare ibridi, chimere o cloni - che è poi lo stato attuale delle sperimentazioni scientifiche - non è sanzionato affatto.
        Numerosi altri sono gli esempi di pecche morali in conseguenze giuridiche, e persino logiche, all'interno del testo della Commissione, alle quali si è cercato di porre rimedio con gli emendamenti presentati, che danno vita alla presente proposta di legge.
        Testo identico viene contemporaneamente presentato al Senato della Repubblica dal senatore Franco Zeffirelli, da sempre impegnato in difesa del valore della vita.
        Lo scopo di questo lavoro, accanto alle altre proposte ed interventi che, allo stesso modo, concorrono nel tentativo di offrire una vera difesa della vita umana sin dal concepimento, è quello di giungere ad una legge organica in materia di procreazione assistita, coerente con i princìpi espressi nella nostra Costituzione, e perciò rispettosa della dignità della persona e volta alla tutela della famiglia. Per questa ragione, se la proposta di legge all'esame della Camera dei deputati non sarà radicalmente modificata, si ricorrerà allo strumento del referendum abrogativo per le parti inaccettabili. D'altro canto, sempre più emerge con chiarezza che dietro questa falsa linea di progresso scientifico e tecnico si nascondono interessi finanziari e commerciali che mirano ad utilizzare queste nuove opportunità per finalità che niente hanno a che vedere con il bene della persona e con un progresso vero della civiltà.
        Noi non vogliamo che l'Italia imbocchi questa strada e facciamo appello alla coscienza civile degli italiani e alla solidarietà della società internazionale più avvertita di questo pericolo. Nel fare questo, mentre da un lato si propone un'organica legge in materia, dall'altro si richiama il valore della risoluzione del Parlamento europeo approvata il 12 marzo 1997 che, intervenendo per la tutela della dignità e dei diritti dei singoli come priorità assoluta rispetto a qualsiasi interesse sociale o di terzi, chiede una esplicita messa al bando, a livello mondiale, della clonazione di essere umani. Nella stessa direzione si è mosso il Consiglio d'Europa raccomandando (atto n. 1046 del 1986) l'adozione dello Statuto biologico dell'embrione ed una regolamentazione estremamente rigida e severa per le sperimentazioni in materia.
        La presente proposta di legge è composta da 22 articoli. Nel capo I (articoli 1-3), nell'indicare i princìpi generali e gli interventi ritenuti ammissibili contro la sterilità e la infertilità, ci si muove secondo l'orientamento che la sterilità può essere considerata una malattia, in quanto patologia della funzione riproduttiva, ma che le tecniche di procreazione medicalmente assistita non sono terapie della sterilità o della infertilità, ma costituiscono una delle possibili soluzioni ai problemi della procreazione.
        In particolare, nella formulazione dell'articolo 1 si indicano i soggetti coinvolti nelle tecniche i cui diritti devono essere tutelati: non solo la coppia di coniugi che ha fatto ricorso alle tecniche ma anche il nascituro. Non si fa questione del diritto naturale della coppia alla procreazione.
        L'articolo 2 promuove le ricerche sulle cause della sterilità e dell'infertilità e favorisce gli interventi necessari per prevenirle, rimuoverle e ridurne gli effetti.
        L'articolo 3, che modifica la legge 29 luglio 1975, n. 405, istitutiva dei consultori familiari, prevede un'attività di formazione e di informazione attraverso le strutture regionali e l'attività dei Ministeri interessati anche in materia di procreazione medicalmente assistita, per evitare che questo argomento sia trattato da una struttura diversa da quella che si occupa di tutte le problematiche familiari. L'intenzione è quella di istituire un consultorio unico per l'assistenza alla famiglia e alla maternità, nel quale si ragioni, insieme agli aspiranti genitori, anche dell'eventualità di adottare un figlio oltre che di averlo attraverso le tecniche in questione.
        Nel capo II (articoli 4-7), relativo all'accesso alle tecniche, si ammette il ricorso ad esse solo quando è accertata l'impossibilità di rimuovere le cause impeditive della procreazione, tenendo conto dell'età e della salute della donna, dell'obbligo di garantire al bambino di essere concepito, di nascere e di venire allevato in un ambiente familiare adeguato, almeno secondo quanto prevede la legge sull'adozione (legge 4 maggio 1983, n. 184); inoltre è stabilito che le cause della sterilità o della infertilità siano sempre accertate e certificate dal medico, senza interpretazioni ambigue. In nome del bene del nascituro e della stabilità dell'unione coniugale è consentita solo la fecondazione di tipo omologo, cioè mediante l'impiego di gameti provenienti dalla coppia di coniugi che ne ha fatto richiesta. Altro principio fondamentale contenuto nei citati articoli è che la tutela dell'embrione umano quale essere umano sin dal concepimento deve essere alla base anche delle tecniche di procreazione e in tale senso vanno i divieti di cui ai capi VI, VII e VIII della presente proposta di legge.
        Viene inoltre ribadito il divieto di consentire l'utilizzo dei gameti estranei alla coppia di coniugi che ricorre alla procreazione assistita. Non si capisce perché una coppia che decida di assumersi la responsabilità di generare una nuova vita umana non sia disponibile alla responsabilità del matrimonio. I coniugi che ricorrono a queste tecniche di fecondazione devono avere un'età potenzialmente fertile; è perciò ritenuta inammissibile la fecondazione dopo la morte dei coniugi. Le tecniche, in sostanza, devono essere utilizzate solo nell'ambito del vincolo del matrimonio e della famiglia così come è tutelata dalla Costituzione.
        L'articolo 6 stabilisce che il medico, nell'informare la coppia sui metodi e sui possibili effetti collaterali delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), deve essere affiancato dal consultorio familiare, quale équipe di esperti comprendente anche l'assistente sociale, il legale e lo psicologo. Altre soluzioni sono insufficienti e comunque generano un conflitto di competenze con strutture già esistenti con compiti equivalenti, come i consultori. La coppia deve inoltre essere informata sulle probabilità di successo della tecnica, ma prima ancora sulle speranze di vita di ciascuno degli embrioni, poiché ognuno di essi è un essere umano. Prima di procedere alle tecniche di PMA deve essere prospettata alla coppia la possibilità di ricorrere all'adozione o all'affidamento, in quanto questi ultimi costituiscono una possibile risposta al legittimo desiderio della coppia di avere dei figli.
        Il comma 2 richiede per l'accesso alle tecniche la formazione di una volontà libera da ogni condizionamento in entrambi i coniugi, volontà che può essere revocata fino a quando non si procede all'applicazione della tecnica stessa.
        Il comma 3 è di fondamentale importanza in quanto riconosce lo status di figlio legittimo della coppia al concepito, sul quale nessuno può rivendicare diritti o poteri e ciò vale anche per il figlio non ancora nato, proprio in virtù delle particolari condizioni del suo concepimento.
        L'articolo 7 indica gli organi a cui è attribuito il compito di definire le linee guida sulle tecniche di PMA. Data la delicatezza e la continua evoluzione scientifica della materia in questione, è necessario che le linee sulle tecniche di PMA siano aggiornate almeno ogni tre anni.
        Nel capo III (articoli 8-10), si definiscono i diritti del nascituro. Si è ritenuto opportuno inserire a questo punto un nuovo articolo, rispetto al testo della Commissione, per introdurre un divieto richiesto, prima che dalla morale, dalla logica: non può essere consentito il ricorso all'aborto, ai sensi della legge n. 194 del 1978, per coloro che ricorrono alle tecniche di PMA. Si riconosce, inoltre, lo status di figlio legittimo della coppia non solo al nato ma anche al concepito, mentre permangono il divieto di disconoscimento di paternità e di anonimato della madre.
        Nel capo IV (articoli 11-12), si individuano le strutture autorizzate alla applicazione delle tecniche di PMA, e si istituisce un registro nazionale delle strutture autorizzate alla applicazione delle tecniche di PMA. Si prevede, inoltre, uno scambio reciproco di informazioni tra l'Istituto superiore di sanità e le società scientifiche. All'Istituto superiore di sanità è attribuita la funzione di controllo e di ispezione sulle strutture autorizzate che devono prestare massima collaborazione.
        Nel capo V (articolo 13) sono elencati i divieti relativi alla sperimentazione, alla commercializzazione, alla donazione e a qualunque intervento possa offendere la vita umana e la famiglia. Per questo, l'articolo 13 vieta il prelievo di gameti ed embrioni per destinarli alle tecniche senza il consenso dei soggetti a cui sono prelevati. Vieta, inoltre, l'uso di gameti per un fine diverso da quello per il quale è stato espresso il consenso.
        Le lettere b) e c) del comma 1 del citato articolo 13 vietano la cessione anche a titolo gratuito di gameti ed embrioni. L'embrione è un essere umano e pertanto non può essere oggetto né di donazione né di compravendita. La lettera d) del medesimo comma vieta in modo assoluto ogni forma di pubblicità che riguardi non solo le tecniche di PMA ma anche le stesse strutture che le applicano. La lettera e) vieta la generazione di embrioni in numero superiore a quelli destinati al trasferimento in utero. Non si può consentire lo spreco di vite umane. La lettera f) non consente di generare embrioni dopo la morte di uno dei soggetti che ne avevano originariamente fatto richiesta, anche se il prelievo di gameti fosse avvenuto quando erano viventi entrambi. La questione della morte di uno dei due coniugi in presenza di un embrione già generato è molto complessa, ed interpella profondamente la coscienza. Ciò suggerisce lo stralcio della materia rispetto alla questione, meno complessa, della morte dopo il prelievo dei gameti ma prima della fecondazione.
        L'ultimo comma vieta qualsiasi forma di surrogazione della madre, di prestito o di affitto del corpo della donna a scopo di gravidanza.
        Il capo VI (articolo 14) definisce la clonazione umana come un processo volto ad ottenere la riproduzione di un essere umano discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto e dopo tale definizione ne fa assoluto divieto. Ora, il reato di clonazione costituisce un delitto grave per il quale bisogna stabilire la pena più severa prevista dal codice penale. Per il tentativo di clonazione deve essere prevista la stessa pena in quanto allo stato attuale la ricerca è comunque ancora sul piano di tentativi, di esperimenti di laboratorio, per cui non si può rischiare di lasciare impunito anche solo il tentativo di clonazione umana. Il capo VII (articolo 15) vieta la sperimentazione sugli embrioni umani. La ricerca clinica e sperimentale sull'embrione è consentita solo a scopo terapeutico per curare l'individuo singolo, non le possibili patologie degli embrioni in generale, quando vi sia il consenso della coppia che vi ha fatto ricorso.
        Il capo VIII (articolo 16) è dedicato alle sanzioni penali: si prevedono pene estremamente dure per chi viola i divieti e le disposizioni della legge fino alla previsione dell'ergastolo per chi imbocchi la strada della clonazione.
        L'articolo 17 concerne le sanzioni amministrative.
        Nel capo IX, dedicato alle disposizioni transitorie e finali, si definisce l'obbligo per il Ministro della sanità di presentare una relazione annuale al Parlamento su tale materia, si stabiliscono i termini per la tutela della riservatezza e le norme in materia per i soggetti che dichiarano l'obiezione di coscienza riguardo all'applicazione di tecniche di PMA.




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