PROGETTO DI LEGGE - N. 3722




        Onorevoli Colleghi! - L'Abruzzo ha fatto la scelta di caratterizzarsi come regione dei parchi (Abruzzo regione verde d'Europa), infatti oltre il 30 per cento del territorio è tutelato da aree protette di vario livello.
        Su questa prospettiva sono state impostate diverse linee strategiche che coinvolgono settori come l'occupazione, il turismo e l'economia in generale. Dal sistema regionale delle aree protette e dei parchi nazionali regionali è però esclusa l'intera fascia costiera. Infatti se si esclude la riserva statale della pineta di S. Filomena a Montesilvano, non esistono altre forme di aree protette lungo la costa.
        Questo notevole squilibrio tra zone interne e fascia costiera potrebbe pregiudicare uno sviluppo armonico della regione; inoltre, senza la creazione di nuovi parchi marini, questa importantissima area, dove si concentra il maggior numero di turisti, verrebbe esclusa da nuovi progetti mirati allo sviluppo sostenibile.
        A queste considerazioni va aggiunta l'urgenza di tutelare quel poco di costa integra rimasta. Da recenti studi risulta che l'88 per cento della costa abruzzese è interessata da nuclei edificati e da infrastrutture di trasporto, mentre fenomeni erosivi sono presenti sul 48 per cento dei nostri litorali e le conseguenti opere di difesa marina interessano il 26 per cento della costa.
        Il tratto di costa e lo specchio d'acqua antistante la Torre di Cerrano nei comuni di Pineto e Silvi Marina in provincia di Teramo, è sicuramente una delle poche zone costiere rimaste integre, e quindi meritevoli di protezione, sia per le valenze ambientali che per quelle storiche e architettoniche. La provincia di Teramo con atto del consiglio n. 15 del 12 maggio 1997 ha deliberato perché sia istituito un parco marino tra le località di Pineto e Silvi Marina.


La Torre di Cerrano.

        Cerrano deve il suo nome dall'omonimo torrente, situato a 500 metri a sud, nel comune di Silvi (anticamente Matrinus, che scende dai colli di Atri, dalle antichissime fontane di tipo orientale "qanat"), foce dell'antico porto di Atri, meta di scalo di navi cariche di cereali (Ceres) provenienti dalla Puglia e dalla Sicilia (ipotesi degli storici: Sorricchio e Strabone).
        La sua costruzione risale al 1568, per opera del reame spagnolo di Napoli Alfonzo Salazar sulle rovine di una torre più antica, già restaurata nel 1287. Esso è uno dei pochi superstiti fortilizi della costa usati come posti di vedetta e di difesa insieme ad altre Torri d'Abruzzo: Salinello, Tordino e Umano (Vomano).
        Dalla descrizione di Carlo Gambacorta (manoscritto del 1594-1598, conservato nella biblioteca nazionale di Parigi) Cerrano era la prima Torre d'Abruzzo posizionata su una grossa punta, senza spiaggia e con isolotti di mare che vede, lontano il fiume Galvano, l'abitato di Mutignano e Silvi.
        La base del complesso è formata da un massiccio torrione di forma quadrata in laterizio con le muraglie inclinate a piramide e coronate da merli, mentre la torretta terminale, anch'essa merlata e di più recente costruzione, ha la forma di parallelepipedo regolare.
        La Torre di Cerrano mantenne la sua funzione di avvistamento e di difesa per tutto il XVI e XVII secolo. All'inizio del XVIII secolo divenne di proprietà degli Scorrano, marchesi di Cermignano. Successivamente il torrione di base fu acquistato, agli inizi del 1900, da Pasquale Filiani, ufficiale di marina, che lo rese abitabile e ne curò la ristrutturazione con scrupoloso rispetto dello stile originario, con l'aggiunta della torretta terminale.
        Nel 1947 la Torre subì un'ulteriore modifica, non troppo in armonia con lo stile originario, con l'aggiunta sul lato sud ed est di un'ala a "L" suddivisa in seminterrato, piano terra, primo e secondo piano, ad opera di un nuovo proprietario negli anni venti: il marchese De Sterlich. Più rispettoso dello stile è stato l'ultimo proprietario, l'ingegner Tito Marucci, che ne ha curato particolarmente la buona conservazione.
        Nel dicembre 1981 la Torre è stata acquistata dall'amministrazione provinciale di Teramo che, previa ristrutturazione (consolidamento strutturale-statico) ha affidato la struttura, due anni dopo (21 maggio 1993) all'Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo per la realizzazione di un centro di ricerca e di studio di biologia marina.
        La Torre di Cerrano è circondata da un giardino disposto su ampi gradoni fino a scendere sulla spiaggia. Vi sono alberi imponenti di Pinus halepensis di circa ottanta anni, un tempo numerosi a formare una pineta, oggi ridotti a poche decine di esemplari. Vi sono, secondo uno studio preliminare redatto dal dottore agronomo Luigi Giannangelo, esemplari di Laurus nobilis, Quercus ilex, Phoenix canarensis, Pittosporum tobira, Ligustrum japonicum, Tamarix gallica, eccetera.
        Inoltre, l'amministrazione provinciale, nel 1983, istituì un giardino botanico nel lato nord della Torre per una superficie di circa 5000 metri quadratiH dove furono collocate numerose essenze arboree ed arbustive così suddivise:

            1) vegetazione erbacea pioniera della duna: agropireto e ammofileto;

            2) bassi arbusti della macchia mediterranea (gariga): Rosmarinum officinalis, Erica multiflora, Erica arborea, Myrus communis, Pistacia lentiscus, Cistus incanus, Cistus salvifolius;

            3) macchia bassa: Juniperus oxicedrus macrocarpa, Juniperus phoenicea, Pistacia lentiscus, Myrus communis, Pinus halepensis, Phillirea latifolie, Rosa sempervirens, Asparagus acutifolius, Rubia peregrina, Smilax aspera, Lonicera implexa, Clematis flammula;

            4) macchia alta: Pinus halepensis, Laurus nobilis, Quercus ilex, Quercus pubescens, Phillirea latifolia, Viburnum tinus, Arbutus unedo, Querqus ilex, Rhamnus alaternus, Myrtus communis, Fraxium omus, Coronilla ermenus, Sorbus domestica, Ostrya carpinofolia.

        Delle numerose essenze vegetali allora piantate, oggi resta ben poco, a causa di una mancata manutenzione all'epoca dei piantamenti, aggravata da condizioni climatiche e pedologiche particolarmente difficili.


Il porto romano sommerso di Atri.

        Le ricerche subacquee, condotte nel mare antistante la Torre Cerrano, nell'estate del 1982 dal professor Piergiorgio Data (direttore della scuola di specializzazione di Medicina subacquea ed iperbarica dell'università di Chieti) in collaborazione con l'Associazione nazionale degli istruttori subacquei di Roma, del Club subacqueo di Pescara e dei Vigili del fuoco sommozzatori di Teramo, hanno documentato, con rilievi fotografici, la presenza di grandi pietre a spigolo vivo (4x6x2 metri), lastroni di pietra d'Istria ad "L" rovesciata (2x4x4 metri), grandi costruzioni murarie in mattoni, colonne trilobate, canaletta in calcare (simile alle tre presenti nella cripta della Basilica di Atri), scalini, un braciere, ed altri manufatti disposti secondo una certa impostazione urbanistica, alla profondità di 4,7 e 11 metri ed a 7-900 metri dalla battigia.
        In base ad alcuni studi ("Il Porto di Atri: un invito alla ricerca archeologica" e "Cerrano ieri e oggi") tali manufatti risalgono all'antico porto commerciale romano di Atri ormai sommerso da secoli, come evidenzia una foto aerea in una grande macchia scura sul mare antistante la Torre Cerrano.
        L'esistenza a Cerrano del porto di Atri dall'antico Medioevo, viene menzionata per la prima volta (porto in Penna Cerrani) in uno scritto del Sorricchio ("Il comune atriano del XIII e XIV secolo", Atri 1983, doc. XIII, pagine 233-234) il quale ipotizzava che il culmine dell'attività del porto era intorno al VII secolo avanti Cristo.
        Anche il geografo augusteo Strabone, nei suoi scritti cita l'esistenza, in età romana, di un porto connesso con Atri presso la foce del fiume Matrinus (nome antico del torrente Cerrano) che scende da Atri dalle antiche fontane "Kanat" (stile orientale).
        Sul periodo etrusco di Atri e sul porto Cerrano-Matrinus non ci sono dubbi, le sue antiche monete, le fontane di tipo Kanat ed altri reperti ne danno ampia testimonianza.
        Il porto Cerrano-Matrinus era il polo marittimo delle due strade romane Salaria-Cecilia e maggiormente per Roma, sia per l'importanza strategica che economica.
        Il comprensorio di Cerrano è ricco di reperti archeologici rinvenuti nei pressi della Torre, della fornace: tombe, anfore e mosaici (Cherubini De Torres), rinvenute in località Colle Stella, Castellucio e Colle Cretone nei pressi della Torre, tracce d'inserimento romano e preromano.
        Lo Strabone scriveva che esso era l'antico porto di Hadria; lo testimoniano sia antiche monete trovate ad Atri e raffiguranti disegni di pesce, conchiglia, ancora, sia l'affresco di Andrea De Lito, "La fuga in Egitto" (seconda metà del XV secolo) situato nella Cattedrale di Atri. Altre ipotesi (Sorricchio e Di Palma) ritengono probabile l'ubicazione del porto di Atri sulla sponda destra del fiume Vomano.
        Anche nel XIII secolo lo scalo di Cerrano doveva essere in piena efficienza poiché, via mare, furono trasportati i grandi blocchi di pietra di Istria che servivano alla costruzione della Cattedrale, opera terminata nel 1303. Altra attività prevalente del porto di Atri era lo scambio commerciale di cereali (da Manfredonia), lana, eccetera.
        Gli storici narrano di dazi e dogani pagati presso il porto di Cerrano (1307), di concessioni di Innocenzo III (1251), di continui restauri effettuati e richieste di rimborsi (1319-1365), ed episodi di guerra, quando la Torre fu incendiata dalla Repubblica di Venezia (1447) contro Alfonzo I D'Aragona. Dopo tali distruzioni e dopo il mancato permesso del Re Ferdinando I con richiesta di fondi degli atriani (Giuliantonio Acquaviva) di ricostruirlo (1468), esso continuò ad essere devastato ulteriormente dalla forza del mare, fino a quando il comune di Atri decise nell'anno 1513 di dare in concessione privata per la pesca e l'approdo il porto ormai distrutto.
        Nel corso degli anni il porto subì ulteriori danneggiamenti ed insabbiamenti tanto che il comune di Atri decise di costruire un nuovo approdo presso la foce del Calvano (1516). Un terremoto del luglio 1627 determinò l'ulteriore sprofondamento del porto.


Le colline ad ovest della Torre Cerrano.

        La zona collinare ad ovest della Torre Cerrano è interamente destinata ad area verde (piano regionale generale vigente), con la presenza di alcune case coloniche. Il terreno di medio impasto tendente all'argilloso con reazione sub-alcalina, tessitura a fine e buona ritenzione idrica, ha una pendenza compresa tra il 18 e il 25 per cento.
        E' caratterizzata (studio preliminare del dottor agronomo Luigi Giannangelo) dalla presenza di colture cerealicole e saltuariamente da bietola e mais da granella.
        Il paesaggio vegetale ornamentale, tipicamente mediterraneo, è caratterizzato dalla presenza di alberi di Pinus pinea, Pinus halepensis, Cupressus sempervirens (cipresso), Robinia pseudoacacia, Carpinus betulus (carpino), Ulmus glabra (olmo), Quercus ilex (leccio), Morus alba, nigra (gelso), Quercus pubescens (roverella), Quercus cerris (cerro) e Populus nogra, alba, tremula (pioppo italico), Salix triandra (salice da ceste) ed altre meno note.
        Tra gli alberi da frutto ad uso domestico più comune: Pirus comunis (pero), Ficus carica sativa (fico domestico), Eriobotrya japonica (nespolo), Malus comunis (melo) Prunus (prugna), Prunus armeniaca (albicocco) e Prunus persica (pesco) e Prunus avium (ciliegio), Prunus dulcis (mandorlo) e Prunus cerasus (amarena), Juglans regia (noce), Sorbus torminalis (ciardello, ciorve).
        Tra gli arbusti più diffusi: Laurus nobilis (alloro), Sparteum junceum (ginestra comune o odorosa), Rosa canina, Nerium oleander (oleadro), Pittosporum tobira, Tamarix gallica e africana (Tamarice), Suaeda vera, Rubus ulmifolius (rovo), Crataegus monogyna (Biancospino), Citysus sessilifolious e villosus (scornabecco, cistiso), Ricinus communis (ricino), Rhamnus saxatilis (prunello), Sambucus nigra (sambuco comune), Asparagus acutifolius (asparago selvatico), Ziziphus ziziphus (giuggiolo), Glycyrrhiza glabra (liquirizia).


L'economia ittica e l'università di Teramo.

        Al di là delle dovute considerazioni di tipo naturalistico ed ambientalistico, si ritiene tuttavia importante sottolineare il ruolo che tale operazione potrebbe avere sul settore produttivo ittico sia direttamente che indirettamente. La costa abruzzese è infatti caratterizzata da importanti ed attive marinerie, particolarmente impegnate nella pesca dei molluschi.
        L'organizzazione di un parco marino costiero tra i comuni di Silvi e Pineto potrebbe rappresentare areale prezioso per lo studio dettagliato della biologia degli animali oggetto di pesca condotto nello stesso contesto ambientale nel quale operano le marinerie locali.
        Tale tipo di indagine è indispensabile per l'acquisizione delle specifiche e dettagliate informazioni sulla costiera abruzzese necessarie per la progettazione di modelli sostenibili di sfruttamento delle risorse marine.
        L'università degli studi di Teramo sta già operando attivamente in questo settore ed è prossima l'apertura di corsi di perfezionamento rivolti alla gestione dei prodotti ittici nonché allo studio dell'impatto ambientale delle diverse attività di sfruttamento delle risorse ittiche.
        E' opportuno, infine, un collegamento funzionale con strutture di controllo (capitanerie), produttive (associazioni di pescatori) e di supporto tecnico scientifico (università ed istituto zooprofilattico) che insistono nella provincia di Teramo in accordo anche con l'articolo 4 della legge n. 394 del 1991 ove si precisa un ruolo delle università degli studi con sede nelle province nei cui territori ricade il parco.
        Si auspica una approvazione in tempi brevi della presente proposta di legge al fine di tutelare e valorizzare una delle aree più suggestive del litorale adriatico.




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