PROGETTO DI LEGGE - N. 682
Onorevoli Colleghi! - E' sentita da più parti
l'esigenza di una compiuta disciplina legislativa di quel
fenomeno, in rapida espansione, definibile come "famiglia di
fatto", che fornisca tutela giuridica agli effetti di una
forma di convivenza non corrispondente al matrimonio di tipo
"classico", e mantenga salvo anche in questo tipo di
convivenza il principio di parità giuridica riconosciuto nel
matrimonio e tutelato costituzionalmente.
La convivenza more uxorio, fenomeno rilevato
dall'ISTAT in una percentuale di circa l'1,3 per cento delle
famiglie, con punte del 4,6 per cento localizzate nei grandi
comuni del nord, risulta crescere in misura rilevante, con una
stratificazione sociale estremamente diversificata anche per
età.
Convivono more uxorio giovani che per libera scelta
rifiutano il matrimonio; anziani che trovano nella convivenza
una occasione di solidarietà ed assistenza priva di legami
formali, ai quali non hanno più interesse anche per mancanza
di concrete prospettive nella filiazione; coniugi separati,
costretti a tale scelta nelle more della sentenza di divorzio;
divorziati, che non intendono ripetere l'esperienza del
matrimonio.
Attualmente la legge si occupa del fenomeno in argomento
solo con riferimento allo status giuridico dei figli
generati da conviventi, e che vengono equiparati ai figli
legittimi, se riconosciuti. Sussistono tuttavia ancora
disparità di trattamento, ad esempio nel diritto
successorio.
La giurisprudenza costante della Cassazione (si vedano la
sentenza n.60 del 15 gennaio 1969, e altre successive) si è
interessata al problema riconoscendo la figura del convivente
more uxorio, in occasione della individuazione della
natura giuridica dell'adempimento in favore del convivente, al
quale si è riconosciuto carattere di obbligazione naturale,
quindi non ripetibile.
L'esigenza di non ledere la libertà di scelta di chi
intende costituire un rapporto di coppia alternativo a quello
matrimoniale potrebbe consigliare a non introdurre modifiche
all'attuale ordinamento; la rilevanza però degli effetti
economici derivanti dai rapporti di convivenza e la necessità
di tutelare il convivente economicamente più debole hanno
indotto invece a regolamentare le singole situazioni con il
riconoscimento giuridico della convivenza more uxorio
senza giungere ad una vera e propria istituzionalizzazione
della stessa.
L'articolo 1 definisce rilevante la convivenza non
occasionale, che abbia quindi un minimo di costanza, tra due
persone di sesso diverso.
L'articolo 2 introduce formalità anagrafiche, alle quali
corrispondono modifiche all'articolo 89 dell'ordinamento dello
stato civile, contenute nell'articolo 12.
Nel prevedere il contenuto della dichiarazione di
convivenza da rendere all'ufficiale di stato civile si è
voluta limitare la formalità al minimo indispensabile per
l'applicazione della legge, con il fine di evitare situazioni
di incertezza, anche a tutela dei diritti dei terzi (locatore,
erede, figli, eccetera).
La difficoltà di prevedere un regime patrimoniale tipico e
generale per la famiglia di fatto è stata risolta lasciando
piena libertà di scelta ai conviventi, sia per non creare
sovrapposizioni con l'istituto del matrimonio, sia per non
istituzionalizzare tali rapporti oltre i limiti determinati
dalla rilevanza economica e sociale dei rapporti di
convivenza.
Lo stesso principio ha suggerito la formulazione
dell'articolo 4 (impresa familiare), che aggiunge il
convivente more uxorio tra i beneficiari dell'impresa
familiare (articolo 230-bis del codice civile), e
dell'articolo 5 (successione nel contratto di locazione), che
modifica l'articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n.392,
prevedendo anche a tutela del locatore che la situazione di
convivenza more uxorio sia stata resa nota allo stesso
locatore.
Altrettanto opportuno si è ritenuto attribuire al
convivente, se la convivenza more uxorio abbia avuto
durata di almeno tre anni, diritti successori che lo tutelino
dalle conseguenze più gravose, stabilendo in suo favore il
diritto di abitazione della casa adibita a residenza e l'uso
dei mobili che la corredano se di proprietà del defunto o
comuni.
L'articolo 8 doverosamente inserisce il convivente more
uxorio tra le vittime del reato di maltrattamenti in
famiglia; analogamente si è proceduto con l'articolo 9, che
estende la definizione di prossimi congiunti di cui
all'articolo 307 del codice penale, e con l'articolo 10 che
estende i casi di non punibilità di cui all'articolo 649 dello
stesso codice.
In relazione all'affidamento dei figli si è ritenuto di
poter confermare anche per i provvedimenti conseguenti alla
cessazione della convivenza more uxorio l'attuale
normativa in vigore; si è però voluta espressamente precisare
la competenza del tribunale, attribuita ai sensi dell'articolo
155 del codice civile, in virtù dei buoni risultati di tale
soluzione già adottata per altre casistiche affini.
Si è poi ritenuto necessario, con l'articolo 12,
aggiornare l'articolo 89 del regio decreto 9 luglio 1939,
n.1238, con l'inserimento della dichiarazione di convivenza
more uxorio tra le annotazioni da apportare nell'atto di
nascita.