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Doc. XXIII n. 57


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PARTE PRIMA
L'ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA E DELLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI SIMILARI NELLA XIII LEGISLATURA

1. Dati e notizie di carattere generale.

La Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari è stata istituita con la legge 1o ottobre 1996, n.509 ed ha tenuto la sua prima seduta il 4 dicembre 1996, eleggendo quale suo Presidente il senatore Ottaviano Del Turco. A seguito della sua nomina a ministro delle Finanze in data 25 aprile 2000, questi ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente della Commissione, che, nella seduta del 31 maggio 2000, ha eletto, in sua sostituzione l'onorevole Giuseppe Lumia.
Giunti al termine della legislatura, la relazione conclusiva, prevista dall'articolo 1, comma 1, lett. d), della legge istitutiva si prefigge lo scopo, da un lato, di portare all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica quanto è stato sino ad oggi fatto dalla Commissione, e, dall'altro, di fornire un quadro generale di riferimento da consegnare alle Autorità preposte a combattere il fenomeno criminale.
In generale, in questi cinque anni di attività, la Commissione ha presentato al Parlamento 17 relazioni (1) (la cui elaborazione nel tempo è evidenziata nella successiva tabella) nelle quali il fenomeno


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del crimine organizzato è analizzato sotto diverse angolazioni, riflettenti differenti approcci metodologici, a significare, innanzitutto, la varietà e complessità dell'universo criminale mafioso: ricorrente, ad esempio, è il criterio territoriale, la cui scelta, probabilmente, dipende dal fatto che esso agevola una migliore definizione dei fenomeni. Ma, anche in questi casi, l'attenzione della Commissione passa dall'inchiesta micro-settoriale sulle attività criminali mafiose in un quartiere di Palermo (2) ad uno sguardo d'insieme su fenomeni criminali che abbracciano territori ampi quanto una provincia.
Un altro aspetto ricorrente, nella scelta del "taglio" del lavoro, risiede nell'analisi di nuovi fenomeni criminali: un esempio significativo è offerto dalla relazione sul traffico degli esseri umani, nella quale l'inchiesta nel suo complesso si fonda sulla differenza tra le diverse forme di approfittamento della persona del migrante clandestino (3).

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A tale caratteristica risponde anche l'ultima Relazione, in ordine di tempo, approvata dalla Commissione sul fenomeno criminale del contrabbando di tabacchi lavorati esteri in Italia ed in Europa.
In molti casi, poi, la Commissione ha posto la sua attenzione sulla efficacia della risposta repressiva, indagando sia sulla situazione dell'organizzazione degli apparati giudiziari e di polizia, sia sull'applicazione di taluni istituti processuali di vitale importanza a tali fini, qual è, ad esempio, l'istituto dei testimoni di giustizia.
Infine, la Commissione si è cimentata anche con l'indagine giudiziaria in senso stretto: ne è testimonianza la «Relazione sul caso Impastato», esempio, come è stato affermato, «di una ricerca autonoma, di documentazione, di informazione e controinformazione su un importante delitto politico-mafioso....» (4). Proprio in riferimento ai lavori per la elaborazione della Relazione sul «caso Impastato» e per l'organizzazione dell'iniziativa per la presentazione della Relazione stessa presso il Consiglio comunale di Cinisi, svoltasi l'11 gennaio 2001, è importante sottolineare la collaborazione fornita dal Centro di documentazione siciliano «Giuseppe Impastato» che ha svolto una funzione importante di analisi, di informazione e di ricerca su decisivi aspetti del fenomeno mafioso.

Anno 1997 1998 1999 2000 2001
Relazioni approvate 2 4 4 5 2

Nel corso della legislatura la Commissione ha tenuto complessivamente in sede plenaria 104 sedute. I Comitati (5), nei quali la


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Commissione, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, della legge istitutiva, può organizzare i propri lavori, hanno tenuto complessivamente 151 sedute, mentre l'Ufficio di Presidenza della Commissione integrato dai rappresentanti dei gruppi ha tenuto 97 sedute. Nella tabella che segue si illustra analiticamente, per ogni anno della legislatura, tale attività.

Sedute 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Totale XIII Legisl.
Plenum12910223111104
Ufficio di Presidenza 27 20 15 30 5 97
Comitati244531447151

La Commissione ha effettuato, inoltre, 54 missioni, visitando 70 località (per un elenco dettagliato di tali missioni si veda l'allegato A) e ha complessivamente audito, sia in sede sia nell'ambito delle missioni svolte, 1.283 persone. Nella tabella che segue si illustrano, per ogni anno della legislatura, tali attività.

Anno 1997 1998 1999 2000 2001
Missioni14177142
Soggetti auditi43730918331935

Il lavoro svolto dalla Commissione è attestato, altresì, dai documenti pervenuti al 6 marzo 2001, pari a 2.442. Sono, inoltre, pervenuti 3.493 esposti e 651 anonimi. Tra la corrispondenza in arrivo e quella in partenza sono stati protocollati 16.215 atti.
Particolarmente significativa è stata anche l'attività di organizzazione, da parte della Commissione, di convegni e seminari nelle materie di sua competenza.
Con tali iniziative la Commissione ha, infatti, inteso porre all'attenzione dell'opinione pubblica soprattutto temi sui quali fino ad oggi non sempre erano state fatte puntuali analisi e valutazioni.
In tal senso, si ricorda il convegno su "Bilanci e prospettive della lotta al riciclaggio" organizzato a Palermo, il 9 e 10 luglio 1998, nel quale, da un lato, si è fatto un bilancio della lotta al riciclaggio, e, dall'altro si sono analizzate le prospettive future in questo campo.
Il secondo convegno, sul tema de "La lotta alle mafie nel territorio. Legalità e sicurezza nelle grandi aree metropolitane e nelle altre zone a rischio", fu tenuto a Napoli il 26 e 27 novembre 1998.


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Il 12 ottobre la Commissione ha presentato, nel corso di un Convegno organizzato di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione, il volume «Conoscere le mafie. Costruire la legalità», successivamente distribuito a tutte le scuole d'Italia di primo e secondo grado (6).
Attraverso l'organizzazione di tale Convegno, la predisposizione di tale volume e la sua distribuzione alle scuole, la Commissione ha cercato di diffondere un messaggio di legalità che trova origine nel convincimento che la sola opera di repressione, per quanto necessaria, appare insufficiente per sconfiggere realmente le organizzazioni criminali, se non supportata dalla diffusione di una cultura della legalità soprattutto tra le giovani generazioni.
A tal fine la Commissione ha anche sollecitato una particolare attenzione da parte del Ministero della pubblica istruzione per l'utilizzo quali supporti didattici dei film: "Placido Rizzotto", "I cento passi", "Il piccolo eroe borghese".

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Il successivo convegno su "La costruzione dello spazio giuridico europeo contro il crimine organizzato" (7), svoltosi a Roma nel mese di novembre 2000 alla presenza di delegazioni dei Parlamenti di Francia, Spagna e Inghilterra, è stato promosso dalla Commissione al fine di analizzare le iniziative e le proposte provenienti da diverse esperienze nazionali e internazionali nel campo della lotta alla grande criminalità organizzata operante a livello transnazionale, anche al fine di giungere a una visione concertata tra i maggiori Paesi europei delle questioni di politica criminale più rilevanti. Nella circostanza furono anche affrontate le problematiche connesse ai contenuti della bozza di Convenzione predisposta dalle Nazioni Unite in materia di lotta al crimine organizzato, successivamente discussa e solennemente sottoscritta a Palermo nei giorni 11-15 dicembre 2000. Ai lavori della Conferenza ONU sulla criminalità organizzata transnazionale ha partecipato una delegazione della Commissione parlamentare Antimafia che, attraverso la presenza dei delegati e gli interventi del Presidente Giuseppe Lumia e del senatore Michele Figurelli, ha testimoniato, anche in questa sede, la sua attenzione al tema della criminalità internazionale.
Tali temi erano stati, d'altronde, approfonditi dalla Commissione anche in occasione dell'incontro del Comitato sull'usura, il racket e il riciclaggio con una delegazione parlamentare dell'Assemblea nazionale francese tenutosi il 23 marzo 2000.
Il 28 febbraio 2001, alla presenza del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ed in collaborazione con il Comitato parlamentare Schengen-Europol, la Commissione ha organizzato un convegno per la presentazione della Relazione sul traffico degli esseri umani. Con tale iniziativa la Commissione ha inteso fornire una ulteriore

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testimonianza del lavoro da essa svolta su tale tematica di importante attualità, avanzando al contempo proposte concrete sul piano normativo ed amministrativo per contrastare tale nuovo fenomeno criminale.

2. I contenuti delle Relazioni approvate dalla Commissione.

Nelle pagine precedenti sono stati messi a fuoco gli elementi generali e comuni che evidenziano il senso complessivo dell'attività della Commissione in questi anni.
Questa Relazione ha, peraltro, il dovere, sia pure in breve, di ricostruire le ragioni delle singole inchieste ed i risultati cui la Commissione è pervenuta.
La prima Relazione di tipo "territoriale" ha riguardato "Le risultanze dell'indagine concernente l'attività di repressione della criminalità organizzata nella provincia di Messina" (doc. XXIII, n. 7), relatore il senatore Ottaviano Del Turco.
Dalla Relazione si legge "che la decisione di effettuare il sopralluogo a Messina fu assunta all'unanimità dall'Ufficio di Presidenza all'indomani dell'omicidio del professor Matteo Bottari, della Facoltà di medicina dell'Università di Messina, avvenuto il 15 gennaio del 1998".
"Quel territorio mostrava un volto tranquillo che non richiedeva, ad una osservazione superficiale, una collocazione di primo piano nel lavoro di indagine della Commissione. Ma si trattava, appunto, di una interpretazione superficiale: Messina presentava caratteri, problemi, contraddizioni, emergenze che richiedevano, al contrario, un esame più urgente ed attento per comprendere il ruolo e la collocazione di quel territorio nel contesto della situazione siciliana".
La specificità del caso Messina risiedeva "nella particolare degenerazione del sistema dei rapporti tra i vari uffici giudiziari fino a punte di esasperazione sulle quali la Commissione non ha potuto non richiamare l'attenzione delle autorità di sorveglianza...". Dall'analisi svolta dalla Commissione è emerso come in alcune realtà si fosse giunti ad un livello particolare di degenerazione dei rapporti istituzionali, gerarchici e personali.
La Commissione ha constatato successivamente le innovazioni positive introdotte nella realtà messinese con l'insediamento del nuovo Procuratore della Repubblica e del nuovo Rettore dell'Università.
A differenza del "caso Messina", la Commissione già conosceva la realtà della città di Brindisi.
Nondimeno, appariva utile tornare sulle relazioni precedenti anche per far rilevare come ad un buon livello di analisi e ad una puntuale enucleazione dei problemi, non fosse sempre seguito uno sforzo adeguato per la loro soluzione ("Relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata nella provincia di Brindisi", doc. XXIII, n. 31, relatore il senatore Ottaviano Del Turco). La Commissione parlamentare antimafia non può limitarsi, infatti, a fornire letture ed analisi


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approfondite delle realtà locali senza esaminare con spirito critico le risposte che le istituzioni sono chiamate a dare. Un documento votato dalla Commissione d'inchiesta non può rimanere un atto parlamentare utile per studiosi e curiosi. La Commissione stessa ha voluto sottolineare l'esigenza di un'attività di vigilanza sulle conseguenze che si traggono dalle analisi che essa svolge, giacché, nel corso di questi ultimi anni, alle gravi questioni connesse alle tradizionali attività illecite dei gruppi criminali (contrabbando di tabacchi e traffico di stupefacenti), se ne sono aggiunte altre (immigrazione clandestina innanzitutto) connesse ai rivolgimenti politico-istituzionali degli Stati che vi affacciano sul canale d'Otranto. In Puglia, infatti, continua la penetrazione delle organizzazioni criminali a tutti i livelli della vita economica, con riflessi gravi sulla vita della società e delle istituzioni della regione.
Le ragioni di una inchiesta "territoriale" su Catania, sono da rintracciare nella volontà della Commissione di verificare alcune radicate concezioni che hanno spesso portato i mezzi di informazione a rappresentare la mafia siciliana come una realtà unitaria ed omogenea, nella quale sopravvivono tradizioni, forme e riti di iniziazione, strutture organizzate in maniera rigorosamente gerarchica e verticistica, e naturalmente attività criminali connotate da particolare efferatezza. Le differenze con altre organizzazioni criminali vengono dunque spesso evidenziate solo se il confronto avviene tra Cosa nostra e la 'ndrangheta calabrese, la camorra napoletana e la Sacra corona unita.
Invece, dall'istruttoria finalizzata alla redazione della Relazione su lo stato della criminalità organizzata nella città di Catania (doc. XXIII, n. 48, relatore il senatore Euprepio Curto), è emerso come, all'interno dello stesso universo mafioso siciliano, siano profonde le divergenze riscontrabili tra l'organizzazione mafiosa palermitana e quella catanese. In particolare, la struttura della mafia palermitana si caratterizza per un sistema di gerarchie di tipo piramidale, mentre la mafia catanese risulta stratificata orizzontalmente, con la presenza di più gruppi antagonisti tra loro, sui quali la supremazia viene esercitata dal gruppo, appartenente a cosa nostra, e storicamente guidato da Nitto Santapaola. Si è evidenziato come la criminalità catanese abbia subìto una evoluzione nella sua tradizionale struttura genetica. Il suo modo di operare negli anni si era infatti sempre contraddistinto più per la creatività e l'astuzia - erano diffusissime le truffe ed i reati commessi con il concorso dell'ingegno - che per la efferatezza; il rapporto con le Istituzioni e le forze di polizia improntato ad un formale rispetto e l'uso della violenza, sia pure frequente e spesso efferato, diffuso solo nelle lotte tra componenti dei clan rivali. Oggi la criminalità catanese appare invece particolarmente efferata, forse la più feroce dell'universo criminale siciliano; propensa al compimento di vendette trasversali che vedono spesso cadere vittime innocenti; spietata ed irresponsabile nella esecuzione delle azioni di fuoco, commesse ad ogni costo, spesso con il coinvolgimento fisico di passanti e di persone estranee.
Nello stesso tempo la mafia catanese si presenta capace di esprimere una forte "capacità economica" interferendo sulle procedure

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di aggiudicazione degli appalti, sulla vita amministrativa di alcuni comuni della provincia e nell'attività economica di importanti gruppi imprenditoriali.
Nelle Relazioni sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria e Campania (docc. XXIII, nn. 42 e 46, relatori, rispettivamente, i senatori Michele Figurelli e Luigi Lombardi Satriani) e nella Relazione sul traffico degli esseri umani (doc. XXIII, n. 49, relatore la senatrice Tana de Zulueta) la Commissione ha tratteggiato un profilo socio-criminale dell'organizzazione mafiosa che, nel caso ad esempio della 'ndrangheta costituisce il novum rispetto ai contributi elaborati dalle Commissioni antimafia nel corso delle passate legislature.
Così, la diversità rispetto alle precedenti relazioni è legata a significativi cambiamenti intervenuti nelle condizioni reali, nella conoscenza del fenomeno, nel contrasto quale è stato indicato dalla normativa e quale è stato messo in atto dalle istituzioni.
Non era stata mai fatta sino ad oggi una relazione della Commissione antimafia che concentrasse l'attenzione su quella particolare associazione criminale che risponde al nome di 'ndrangheta, e che non è affatto riducibile ad una mafia \`periferica' e \`locale'.
È apparso alla Commissione non solo necessario, ma anche possibile, uscire dallo stereotipo duro a morire di un fenomeno tipico dell'arretratezza, di un'organizzazione rozza e arcaica, rinchiusa in Calabria o perfino solo in Aspromonte nella monocultura dei sequestri di persona. E ancora di più dallo stereotipo della strutturale, e assoluta, immutabilità della mafia calabrese. Oggi appare non solo necessario, ma anche possibile, bruciare il ritardo di conoscenza, di comprensione e di azione, eliminare il conseguente status di impunità di cui la 'ndrangheta ha potuto godere e di cui ha fatto uso per rafforzare, estendere e riprodurre, a seguito dei colpi subiti, ogni sua ramificazione e attività. Occorre, dunque, superare definitivamente l'isolamento in cui sono rimaste specifiche denuncie e allarmate e allarmanti analisi fatte da diversi inquirenti lungo tutti gli anni Ottanta.
La possibilità di questa indispensabile svolta è data innanzitutto dal grande salto di qualità e di quantità compiuto attraverso le acquisizioni fatte in questi ultimi anni dalle indagini (non solo quelle promosse o fatte all'interno della Calabria, e non solo quelle condotte dalle Direzioni distrettuali antimafia) e dal lavoro di impulso della Direzione nazionale antimafia.
La Commissione ha evidenziato come il salto di qualità e di quantità che è stato operato avrebbe potuto, e potrebbe, essere moltiplicato attraverso una azione nuova, decisa e diffusa di rottura dell'omertà, come sta a dimostrare il fatto che il fenomeno del cosiddetto "pentitismo" vi ha generalmente avuto, e continua ad avere, un ruolo del tutto marginale, una incidenza niente affatto determinante o paragonabile a quella che si è registrata per la conoscenza e il contrasto di Cosa nostra e di altre organizzazioni mafiose. È proprio il salto di qualità e di quantità della conoscenza prodotta dalle indagini di questi ultimi anni che induce ad apprezzare diversamente rispetto al passato la forza, la pericolosità, la diffusione nazionale e internazionale della 'ndrangheta e la sua collocazione all'interno del sistema criminale. L'ordinanza di custodia cautelare del processo Olimpia, la

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prima sentenza già emessa e il proseguimento del dibattimento attualmente in corso a Reggio Calabria per altri tronconi del processo Olimpia, forniscono una prova esemplare di questo salto di qualità e di quantità della conoscenza e danno allo Stato democratico la possibilità di percepire quale sia sul presente il peso della storia della 'ndrangheta che viene ricostruita per l'ultimo trentennio illustrando le gravi conseguenze prodotte dall'ignoranza, da parte dello Stato democratico, di questa realtà lungo tutto questo tempo.
Dal lavoro svolto dalla Commissione, emerge soprattutto una specificità della 'ndrangheta che ha sempre teso a lavorare al coperto, lontano e distante dai riflettori dei mass media. Solo in alcuni momenti la 'ndrangheta è stata al centro dell'attenzione, e segnatamente durante alcuni sequestri di persona, nel corso della guerra di 'ndrangheta a Reggio Calabria o in seguito ad omicidi particolarmente significativi, a faide sanguinarie o a stragi come per esempio quella di Oppido Mamertina, fino agli omicidi di Strongoli e di Isola Capo Rizzuto del febbraio 2000, o a delitti politico-mafiosi come quello dell'onorevole Ligato o del dottor Antonino Scopelliti che si predisponeva a sostenere la pubblica accusa nel maxi processo contro Cosa nostra pendente davanti alla Corte di cassazione. In merito a quest'ultimo, grave, fatto di sangue rimangono ancora del tutto aperte alcune questioni essenziali: la causale e i mandanti dell'omicidio e la natura dei rapporti - certo non occasionali o legati solo a quel particolare momento del maxi processo - tra 'ndrangheta e Cosa nostra.
La mafia calabrese, nel silenzio e nell'indifferenza, ha oltrepassato nei decenni scorsi i confini regionali e si è impiantata stabilmente al Nord. Oggi è l'organizzazione sicuramente più diffusa in Piemonte, in Lombardia, in Emilia-Romagna, in Trentino Alto Adige e in Liguria. Inoltre è diffusa anche a livello internazionale; la 'ndrangheta si presenta, infatti, come un'organizzazione con un forte radicamento non solo in Australia, ma nei Paesi dell'Est, in Europa, in Canada e in America Latina.
Nel caso della Relazione sullo stato della criminalità in Campania, il lavoro della Commissione è consistito soprattutto nella presa di coscienza che se la sottovalutazione del passato ha reso più difficile l'approccio conoscitivo non vi è dubbio che un ulteriore elemento di particolare difficoltà è costituito da alcuni dati strutturali della camorra medesima.
In primo luogo a parte alcuni tentativi egemonici - quali quelli di Cutolo nei primi anni '80, di Alfieri da metà degli anni '80 fino ai primi del '90 o quelli più recenti di Licciardi e del famoso cartello di Secondigliano - la struttura della camorra, infatti, è sempre stata, in particolare quanto più forte è stata l'attività repressiva - alquanto pulviscolare.
Tra le forme di criminalità organizzata, la camorra si distingue, in pratica, per la mancanza di una "autorità" di vertice al di sopra dei gruppi che operano sul territorio e per la struttura prevalentemente orizzontale dei diversi sodalizi, che perseguono i propri interessi economico-criminali con un processo continuo di aggregazione e riaggregazione.

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Sul territorio campano hanno operato un elevato numero di clan, gelosi della loro autonomia e pronti a darsi battaglia non appena si verificasse anche una piccola invasione di campo.
Le stesse articolazioni camorristiche fra di loro hanno caratteri tutt'altro che omogenei; accanto a strutture che hanno mutuato rituali e caratteri dai mafiosi siciliani - si pensi, a titolo esemplificativo, al clan Fabbrocino o a quello dei casalesi sotto la gestione della diarchia Bardellino-Iovine, entrambi tipici sodalizi mafiosi - vi sono organizzazioni locali che paiono mutuare più che i caratteri dell'associazione mafiosa quelli delle classiche bande criminali, tipiche delle periferie delle città europee.
È chiaro che una disomogeneità come quella evidenziata rende certamente più problematico un qualsivoglia approccio di conoscenza.
Un ulteriore elemento di complessità evidenziato dall'indagine condotta dalla Commissione non può non essere rappresentato dalla estrema capacità di gran parte dei fenomeni camorristici di pervadere il tessuto sociale nel quale operano. L'omertà individuata in alcuni contesti della città di Napoli o della provincia di Caserta non è soltanto dettata da paura ma, almeno in alcune occasioni, da condivisione di un modus vivendi alternativo rispetto al modello comune.
Se non vi è dubbio che l'humus ideale per lo sviluppo della criminalità organizzata sono il disagio sociale, le situazioni di emarginazione e di sottosviluppo, un'analisi onesta e completa del fenomeno camorra non può che smentire come valida sempre e comunque l'equazione «questione criminale»=«disagio sociale». La criminalità camorristica - ed in particolare i suoi vertici - non necessariamente nascono in situazioni di povertà e di sottosviluppo. Da questo proviene gran parte della manovalanza criminale, spesso sacrificata nelle lotte tra i clan, ma in molte occasioni i reali gestori delle attività delle consorterie criminali sono soggetti che vi si dedicano per fare il salto di qualità dal punto di vista economico - forse che il pentito Galasso non è un macroscopico esempio che conferma la validità dell'assunto - e per acquisire rispetto nei loro ristretti ambiti locali. La Commissione ha avuto modo di accertare come i camorristi degli anni '90 e del 2000 vestano sempre più i panni dei "colletti bianchi" ed assumano i connotati tipici di chi si propone di fare a tutti i costi una scalata sociale alla grande ricchezza ed al grande potere. Solo personaggi di tal tipo possono avere la capacità - necessaria per la sopravvivenza di questa forma di criminalità - di tenere i contatti con i più svariati ambienti delle istituzioni. Il dato sopra indicato introduce senza dubbio un'ulteriore variabile che non può non rendere più complesso l'approccio con questa criminalità organizzata.
In tale contesto la Commissione ha apprezzato le indicazioni fornite dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli - Direzione distrettuale antimafia sulla necessità di un salto di qualità nell'azione di prevenzione e di contrasto in grado di dotare le istituzioni di una strategia globale contro il fenomeno della camorra.
A testimonianza dell'attenzione da parte di tutte le componenti politiche presenti in Commissione al tema della lotta alla criminalità organizzata in Campania è da ricordare la presentazione da parte dei senatori Emiddio Novi e Michele Florino di due distinte relazioni di

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minoranza (docc. XXIII, n. 46-bis e 46-ter) con le quali si è voluto fornire un ulteriore contributo per la comprensione del fenomeno criminale in Campania.
L'apporto della Relazione sul traffico degli esseri umani è assolutamente nuovo nel panorama dell'attività di questa Commissione, che mai prima di questa legislatura si era occupata del problema, la cui entità, peraltro, ha assunto solo negli ultimi anni una valenza così preoccupante.
La storia dell'umanità, nel corso dei secoli, ha già conosciuto fenomeni riconducibili al traffico di esseri umani. Quello che attualmente colpisce e distingue il passato da quanto accaduto nell'ultimo decennio del '900, è costituito dallo sviluppo e dalla diffusione impressionanti che il traffico di esseri umani ha fatto registrare in tutto il mondo.
Ancora oggi non si dispone di dati precisi ed univoci su questo mercato nero, a testimonianza di come sia ancora piuttosto deficitaria una organica conoscenza sia da parte degli stati che delle strutture nazionali e internazionali deputate ad occuparsi del contrasto alla criminalità organizzata e, nello specifico, al traffico degli esseri umani.
L'analisi del traffico delle persone, oltre che su dati forniti dagli apparati investigativi nazionali ed internazionali, si basa attualmente su una pluralità di stime, elaborate da diversi enti internazionali e da organizzazioni non governative. Queste stime presentano, in alcuni casi, valori molto diversi tra loro. Pertanto, se da un lato esse denotano un pregevole sforzo finalizzato alla riduzione dell'incertezza conoscitiva sulle dimensioni e le dinamiche del traffico, dall'altro impongono a ciascuno di approcciarsi alla loro lettura in forma critica dato che, non sempre, sono esplicitati i criteri di rilevazione e le fonti dalle quali provengono i dati forniti.
Secondo l'International Center for Migration Policy Development di Vienna, sarebbero circa quattrocentomila le persone introdotte ogni anno illegalmente nel continente europeo. Su una popolazione di circa trecentosettanta milioni di abitanti, si stima che siano dai tre agli otto milioni gli immigrati clandestini che vivono nell'Unione Europea; in pratica, ogni tre immigrati entrati in Europa, uno ha utilizzato un canale clandestino.
La gravità del traffico degli esseri umani, è testimoniata altresì dalle cifre fornite da organizzazioni non governative, che stimano in uno-due milioni all'anno, il numero di donne oggetto di traffici finalizzati al loro successivo inserimento nel mercato della prostituzione coatta. In Europa occidentale sarebbero cinquecentomila le donne coinvolte nel traffico finalizzato allo sfruttamento sessuale e, nella sola Ucraina, un numero uguale a quello appena citato quantificherebbe le potenziali vittime di questo mercato criminale. In Giappone, sarebbero più di centomila le donne sfruttate per fini sessuali, in particolare Tailandesi e Filippine; sempre più elevato, inoltre, risulta il numero delle minorenni coinvolte.
In ambito nazionale, una recente inchiesta della Procura della Repubblica di Trieste, denominata "Oriente 1", ha stimato che tra il secondo semestre 1999 e i primi mesi del 2000, attraverso il confine italo-sloveno, alcuni importanti trafficanti cinesi e croati hanno favorito

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l'ingresso clandestino in Italia di almeno cinquemila immigrati orientali, realizzando un fatturato criminale pari a circa centotrenta miliardi di lire.
L'indagine svolta dalla Commissione ha fatto emergere come i capitali accumulati vengano investiti dai trafficanti, da un lato per finanziare il traffico degli esseri umani e altri tipi di mercati illeciti, per corrompere burocrati, politici, diplomatici, membri delle forze dell'ordine, e altro personale addetto a svolgere funzioni di controllo, in primis, alle frontiere e, dall'altro, come il denaro sporco venga riciclato all'interno dei circuiti economico-finanziari legali, avvalendosi di qualificati professionisti e delle più avanzate e moderne tecnologie.
Con la Relazione sul fenomeno criminale del contrabbando di tabacchi lavorati esteri in Italia e in Europa (doc. XXIII, n. 56, relatore l'onorevole Alfredo Mantovano), la Commissione si è data il compito di accertare le caratteristiche attuali del fenomeno del contrabbando attraverso:
1. la descrizione di una mappa delle organizzazioni criminali dedite a questo traffico, della relativa dislocazione territoriale, delle relazioni tra di esse e con soggetti economici privati o pubblici, in Italia e in sede internazionale;
2. la ricognizione delle linee attuali di attività di quelle organizzazioni criminali;
3. la verifica e la ricostruzione dei movimenti delle merci e delle relative regolamentazioni finanziarie;
4. la ricognizione, l'analisi e le prospettive delle attività di contrasto del fenomeno, in via preventiva e repressiva;
5. la verifica del rapporto del nostro Paese con le società multinazionali, che producono e commerciano il tabacco lavorato.

Alla luce della realtà accertata dalla presente inchiesta, la Commissione si è posta il problema di quali possano essere le più efficaci strategie di contrasto ed ha evidenziato, nel corso della Relazione, le proprie valutazioni e proposte.
Appariva anzitutto urgente la riforma legislativa del settore.
L'approvazione della legge "Modifiche alla normativa concernente la repressione del contrabbando di tabacchi lavorati esteri", intervenuta successivamente all'approvazione della Relazione e in merito alla quale la Commissione aveva svolto nei confronti delle Camere un intensa attività di sollecitazione indicandola come una delle priorità per la lotta al fenomeno del contrabbando, potrà fornire alla Magistratura, alle Forze di polizia e alla Amministrazione finanziaria dello Stato, più aggiornati strumenti per combattere tale traffico.
Le gravi conseguenze del contrabbando, sul piano dell'ordine pubblico come su quello degli interessi finanziari dello Stato e della Unione europea, impongono di intervenire con la massima determinazione nei meccanismi fondamentali di tale illecito sistema, per interrompere o almeno contenere il più possibile il flusso illegale di sigarette in Italia e in Europa.


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La Commissione ha evidenziato come l'azione dello Stato debba sempre più articolarsi sui due fronti, quello della repressione e, soprattutto, quello della prevenzione; per ciascuno di essi sono stati illustrati i profili normativi, amministrativi e operativi ritenuti di maggiore efficacia.
Sotto questo aspetto, grande merito va riconosciuto all'azione delle forze della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Magistratura, oltreché dell'Amministrazione finanziaria dello Stato.
Gli importanti risultati conseguiti negli ultimi tempi, specie con l'operazione Primavera, stanno a testimoniare che quando l'azione di contrasto è organizzata ed efficace, il contrabbando può essere contenuto e limitato. E ciò può accadere se il contrasto delle forze di polizia e della magistratura è sostenuto da una adeguata politica estera verso quegli Stati che, storicamente, hanno offerto una sponda favorevole al contrabbando.
Questa Commissione ha avuto modo di affermare, forse prima di altre Istituzioni, come quella del contrabbando fosse una grande questione di politica estera. Le Nazioni dell'altra parte dell'Adriatico, infatti, sono destinate a svolgere un ruolo importante su temi centrali per la sicurezza e lo sviluppo dell'intera Europa.
A questo proposto, la Commissione parlamentare antimafia ha manifestato un convinto sostegno alla linea che l'Unione europea ha intrapreso attraverso l'iniziativa giudiziaria intentata nei confronti di due società multinazionali del tabacco; il sostegno della Commissione a tale iniziativa è stato sottolineato anche attraverso la visita che una delegazione della Commissione antimafia, composta dal Presidente, dall'onorevole Nicola Vendola e dal senatore Euprepio Curto, ha effettuato a Bruxelles, il 27 novembre 2000, unitamente al Ministro delle finanze Ottaviano Del Turco, per rappresentare al Presidente Romano Prodi la piena condivisione della linea intrapresa.
Un argomento di estrema attualità, per tutti gli anni novanta è stato quello dei sequestri di persona, sul quale per la prima volta una Commissione parlamentare ha presentato una relazione organica (doc. XXIII, n. 14, relatore il senatore Alessandro Pardini).
Il Comitato, che ha svolto il lavoro istruttorio, e la Commissione sono stati consapevoli, al momento della redazione della Relazione, e sono tutt'oggi convinti che il Parlamento e il Paese si attendono proposte concrete in grado di contenere e di far cessare uno dei più odiosi reati di cui si può macchiare un criminale. Il sequestro di persona, infatti, più di altri delitti, genera allarme e inquietudine, produce un senso di insicurezza e provoca richieste di misure repressive più drastiche. Spesso molti episodi di sequestro sono stati accompagnati e seguiti da campagne di stampa, tutte caratterizzate da una forte spinta emotiva e da una disputa sui mezzi adottati per reprimere il fenomeno.
Il sequestro di persona è un fenomeno complesso che ha richiesto da parte della Commissione un'analisi attenta e razionale che non fosse sottoposta alle sollecitazioni del singolo momento. Proprio per questo la Commissione ha inteso ripercorrere - seppure a grandi linee e nei limiti contenuti di una relazione parlamentare - l'intera storia dei sequestri

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di persona, da quelli a scopo di estorsione a quelli che hanno avuto altre matrici e altre finalità. Inoltre, ha ritenuto opportuno illustrare l'evoluzione legislativa e le modifiche intervenute; gli strumenti operativi approntati nel tempo e l'efficienza degli stessi; l'andamento statistico dei sequestri di persona lungo un arco di tempo molto ampio, dal 1969 al 1997; la percezione dei sequestri - con l'emergere di diverse sensibilità - che si è avuta negli incontri e nelle audizioni.
Un ultimo gruppo di Relazioni si è occupato delle questioni attinenti alla funzionalità dell'apparato repressivo e di prevenzione, evidenziando, a seguito di una ricognizione dei vari problemi, le possibili soluzioni del caso. Nella Relazione sulla funzionalità degli Uffici giudiziari (doc. XXIII, n. 1, relatore l'onorevole Giuseppe Scozzari) si è sostenuto come sia "di tutta evidenza come le numerose e croniche scoperture nelle piante organiche degli uffici giudiziari incidano, in generale, negativamente sulla qualità della risposta alla richiesta di giustizia da parte dei cittadini e, nello specifico delle regioni meridionali, nonchè di quelle del Centro-Nord nelle quali le organizzazioni criminali si stanno insediando o consolidando.
L'attuale ordinamento rende impossibile garantire la integrale copertura delle piante organiche degli uffici anche in concomitanza di un ruolo organico completo e ciò per alcune peculiari situazioni quali:
a) il considerevole periodo di tempo impiegato per l'espletamento del concorso che impegna nel ruolo organico i posti banditi anche se i magistrati, formalmente assunti e da destinare ai posti così impegnati, non sono utilizzabili perchè tenuti a completare il necessario periodo di tirocinio;
b) l'utilizzazione in funzioni diverse da quelle giurisdizionali di numerosi magistrati per distacco al Ministero, alla Corte costituzionale, al Consiglio superiore della magistratura, per mandato parlamentare o fuori ruolo per altri motivi: i relativi posti lasciati liberi non possono essere messi a concorso perchè si supererebbe il limite numerico del ruolo organico stabilito per legge. Il numero dei magistrati distaccati andrebbe ridotto, tenendo però presente la necessità di una loro utilizzazione nel ruolo di supporto alla attività di tali organi;
c) la destinazione di settantaquattro magistrati come applicati alla Corte di cassazione o alla Procura generale presso detta Corte: in corrispondenza di queste applicazioni, la legge 21 maggio 1956, n. 489, prevede che siano lasciati liberi altrettanti posti negli uffici di merito, con conseguente scopertura delle piante organiche;
d) le assenze temporanee, ma di lungo periodo, previste dalla legge.".

A questa Relazione fa in qualche modo da necessario complemento la "Relazione sullo stato degli organici delle forze di polizia" (doc. XXIII, n. 3, relatore il senatore Carmine De Santis), la cui attualità nasce dal delicato ruolo da esse assunto.
Infatti, le forze di polizia sono sottoposte ad una pressione che ha pochi precedenti nella storia del Paese. Sia sul terreno della lotta alla criminalità comune, sia su quello dell'azione di contrasto alla criminalità


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organizzata, la domanda di maggiore efficienza e presenza dello Stato si è fatta assai forte. Da queste considerazioni deriva la grande crescita di attenzione e di preoccupazione verso le attività di prevenzione, di controllo del territorio, di repressione e di contrasto verso ogni forma di criminalità.
La domanda di sicurezza è altissima. Non c'è realtà del Paese che non rivendichi una quota aggiuntiva di uomini e mezzi da parte dello Stato. Inutile dire che, da solo e non accompagnato da altre misure, questo sforzo può non essere sufficiente per ricreare un tessuto di legalità diffusa, di sicurezza garantita. E, oltretutto, richiede disponibilità di bilancio assolutamente straordinarie. Questo tema è diventato, in Italia come in altri paesi sviluppati, un tema centrale del confronto politico e dello scontro elettorale.
Non c'è stata audizione della Commissione che non abbia avuto al centro questo argomento. Ed anche quando la discussione verteva su questioni più generali e distanti dalla concretezza quotidiana esso riappariva con grande forza come questione decisiva.
La Commissione, pertanto, nell'ambito di tale Relazione, ha richiesto al Governo l'impegno a predisporre i necessari provvedimenti:
1. per l'aumento dell'organico del personale effettivo;
2. per l'incremento delle dotazioni organiche del personale ausiliario. Tale misura comporta tempi molto brevi, presenta costi assolutamente sostenibili. L'utilizzo dell'esercito deve rimanere un fatto temporaneo ed eccezionale;
3. per il superamento del blocco delle assunzioni per il personale tecnico-professionale della Polizia di Stato previsto per il 1998;
4. per l'utilizzo, da parte di tutte le forze dell'ordine, di personale civile di supporto, messo in mobilità dalle amministrazioni interessate (Ministero dell'interno, della difesa e delle finanze) o proveniente dalle stesse forze, ma dichiarato inidoneo al servizio di istituto oppure assunto per concorso pubblico (già la Polizia di Stato dispone di questo personale);
5. l'aumento del fondo di bilancio per il pagamento di ore di straordinario, diversificando le disponibilità dei vari uffici in relazione a vari indici: organico, tasso di criminalità e di insicurezza, quantità di popolazione, estensione del territorio;
6. la revisione dei processi formativi sia iniziali che permanenti del personale delle forze dell'ordine, al fine di avere operatori sempre più qualificati professionalmente.

Un contributo importante ad un chiarimento della posizione di soggetti che, mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei propri cari, ha fornito la Relazione sui testimoni di giustizia (doc. XXIII, n. 11, relatore l'onorevole Alfredo Mantovano). Infatti, nella legislazione vigente al momento della redazione di tale Relazione si parlava genericamente di misure di protezione e di assistenza nei confronti delle persone esposte a grave e attuale pericolo per effetto della loro collaborazione o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari e del giudizio (articolo 9 del decreto-legge del 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82);


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vi era cioè una considerazione unitaria della condizione dei testimoni e di quella dei collaboratori di giustizia; e in tal modo la vicenda dei primi veniva accomunata a quella di chi, dopo aver militato in organizzazioni criminali e dopo aver commesso gravi delitti, decide di collaborare con l'autorità giudiziaria. Ma esiste una profonda differenza fra gli uni e gli altri: i cosiddetti pentiti hanno consuetudini criminali che li hanno abituati a una certa spregiudicatezza, ma anche a essere considerati dai soggetti con i quali trattano come persone che hanno un passato tutt'altro che cristallino; i testimoni di giustizia sono invece persone che, non avendo mai avuto a che fare con le forze dell'ordine e con le aule di giustizia, sono già turbati dalla necessità di recarsi in un tribunale e di presentarsi davanti a un giudice. Le privazioni, i trasferimenti e i danni morali e materiali che la loro scelta civile impone di subire provocano frustrazioni e umiliazioni, che sono poi ulteriormente accentuate dalla circostanza di essere trattati alla pari dei pentiti. Ai disagi si è sommato spesso l'abbandono della persona e dei suoi familiari alla disperazione, per l'estrema difficoltà di trovare un reddito onesto, e alla vendetta dei complici degli accusati.
L'approvazione nel mese di febbraio 2001 da parte delle Camere della legge di "Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza" ha portato a compimento il percorso, iniziato ed incentivato anche dalle iniziative della Commissione, che ha condotto ad una disciplina differenziata e più puntuale per i testimoni di giustizia.
La Relazione sulle intercettazioni della telefonia mobile (doc. XXIII, n. 25, relatori gli onorevoli Salvatore Giacalone e Tiziana Maiolo), infine, ha sottolineato come tale tema sia stato tra gli oggetti di interesse di questa Commissione con una indagine volta ad appurare se ci fossero differenti risposte, in tema di intercettazioni di telefoni cellulari e quindi in tema di attività di contrasto alla criminalità organizzata, da parte delle due aziende in quel momento in concorrenza nel settore, cioè TIM (Telecom Italia Mobile S.p.A.) e OPI (Omnitel Pronto Italia S.p.A.).

3. Ulteriore attività dei Comitati di lavoro.

A conclusione dell'esame delle Relazioni approvate dalla Commissione, occorre dar conto del lavoro svolto dal Comitato di controllo sulle zone non tradizionalmente interessate dal fenomeno mafioso, coordinato dal senatore Alessandro Pardini, che ha svolto una attività compiuta sotto il profilo istruttorio.
Dai numerosi sopralluoghi effettuati è emerso che la situazione nelle aree non tradizionalmente mafiose è profondamente cambiata rispetto a quella descritta nella relazione a firma del senatore Smuraglia, approvata dalla Commissione antimafia nella XI legislatura (8).


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Sintetizzando i fenomeni che si sono determinati da quel periodo ad oggi è possibile affermare che le mafie tradizionali italiane (in particolare la 'ndrangheta) continuano a mantenere per intero il loro radicamento nel territorio del Centro e del Nord nonostante i colpi inferti dalle numerose indagini condotte dalla diverse DDA e dalle sentenze di vari tribunali che in questi ultimi anni si sono succedute. In effetti la capacità di queste organizzazioni criminali di rigenerarsi resta comunque elevata, anche perché esse rimangono in collegamento con le aree tradizionali di riferimento e perché sono capaci di localizzarsi con la criminalità italiana del luogo.
Naturalmente i criteri di selezione della manovalanza criminale non sono più quelli tradizionali e di conseguenza le organizzazioni criminali diventano più facilmente aggredibili.
Rimane da esplorare il fenomeno della immigrazione clandestina per verificare quanto essa riesca a costituire l'anello di congiunzione tra le mafie tradizionali e quelle nuove che costituiscono il vero elemento di novità dell'ultimo scorcio di secolo.
Nell'immigrazione clandestina ci sono due figure: la prima è costituita da una piccola minoranza di delinquenti che vengono appositamente in Italia per svolgervi i loro traffici illegali; questi sono collegati direttamente con criminali e mafiosi del loro paese di origine. La seconda figura comprende gli immigrati clandestini che nell'impossibilità di trovare una regolarizzazione della loro posizione ed un lavoro stabile rischiano spesso di diventare preda dei loro connazionali criminali.
È importante, quindi, ribadire che è profondamente sbagliato parlare di una equivalenza tra immigrazione e criminalità anche se è vero che quella parte di immigrazione che sfugge alle regole e si mantiene in clandestinità, volontariamente oppure no, costituisce il terreno più adatto per lo sviluppo dei traffici della criminalità organizzata. Nelle nuove mafie del resto, questi stessi clandestini che per sopravvivere si vedono costretti a dedicarsi a piccoli reati come i furti, gli scippi e le rapine possono diventare strumento utilizzato dalla criminalità organizzata, per creare un clima di violento allarme sociale, che sposta l'azione di contrasto dello Stato contro questi obiettivi, trascurando i ben più lucrosi traffici delle mafie. Da qui l'interesse generale nel trovare ogni strada per regolarizzare tutti i clandestini che vogliono rimanere in Italia per lavorare.
L'affermazione delle mafie di origine straniera è avvenuta nel corso degli anni senza che si producessero scontri cruenti con le mafie tradizionali, da una parte perché queste ultime sono state indebolite dall'azione di contrasto dello Stato, dall'altra perché le nuove mafie hanno occupato territori e settori criminali storicamente abbandonati dagli italiani. Il fenomeno della prostituzione così come oggi è presente su tutto il territorio nazionale ma in particolare nelle regioni del Nord ha assunto via via proporzioni ed aspetti mai conosciuti prima, proprio perché da parte soprattutto di mafiosi slavi, albanesi e nigeriani si è dato vita ad una vera e propria industria il cui elemento distintivo, ed anche più nuovo, è la riduzione in schiavitù delle donne
La convivenza tra mafie tradizionali e nuove mafie ha assunto via via diverse caratteristiche che andavano da una iniziale e reciproca indifferenza quindi a rari scontri, per approdare ben presto a forme

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di saltuaria collaborazione nelle quali non sempre i mafiosi stranieri svolgevano ruoli subalterni; anzi in alcuni casi particolari, verificatisi, ad esempio, in Lombardia, 'ndranghetisti calabresi hanno lavorato agli ordini di slavi ed albanesi.
Sinteticamente, secondo quanto ampiamente riportato da altri documenti acquisiti dalla Commissione antimafia, le mafie straniere maggiormente presenti nel nostro paese sono la slavo-albanese, la russa, la cinese, la turca, la nord-centro-africana e la colombiana.
Le loro sfere d'azione vanno dalla prostituzione al traffico degli stupefacenti ma anche dal traffico di armi a reati contro il patrimonio.
La percezione nelle zone non tradizionalmente mafiose della presenza della criminalità organizzata continua a rimanere molto bassa al punto che, spesso, magari da amministratori locali che male interpretano la difesa dell'immagine dei propri territori, ne viene contestata la stessa esistenza. In realtà, la differenza sostanziale degli insediamenti criminali nelle zone del Centro-Nord rispetto a quelle più tradizionali del Sud è che mentre in questi ultimi le mafie storicamente hanno ricercato e realizzato il controllo anche militare del territorio e l'infiltrazione massiccia delle istituzioni, altrove il vero obiettivo è quello della infiltrazione subdola e invisibile del tessuto socio-economico. Questa strategia è evidentemente ben più difficilmente contrastabile perché non produce né allarme sociale né tantomeno una mobilitazione generalizzata presente in altre zone del Paese.
Durante le visite che il Comitato ha effettuato nelle regioni nel Nord esso ha trovato conferma che all'allarme, regolarmente lanciato dai magistrati inquirenti e dai responsabili delle forze dell'ordine, corrispondeva una generale sottovalutazione, se non addirittura una negazione del pericolo mafie da parte di amministratori locali e responsabili di istituzioni economico-finanziarie.
A tal proposito, basterebbe ricordare l'audizione del Vice Presidente di Assolombarda, che riferì come il loro sportello antiracket fosse stato chiuso per mancanza di segnalazioni a significare l'assenza del pericolo estorsioni nel milanese. Ed ancora, sembra significativo riferire delle difficoltà denunciate dalla DDA di Milano nel portare a termine approfondite indagini bancarie in vari istituti di credito lombardi per la manifesta opera di resistenza passiva, se non addirittura di vero e proprio boicottaggio, degli istituti stessi.
Nell'ambito dei lavori svolti dal Comitato, merita una menzione l'indagine svolta a cura del senatore Peruzzotti relativa all'omicidio di Giancarlo Ortes e di Naza Sabic (9).
Si tratta di un'approfondita ricostruzione di quell'omicidio: Ortes è l'uomo che materialmente ha permesso a Maniero di evadere dal carcere di Padova, e nella relazione sono posti in evidenza, con dovizia di particolari, aspetti inquietanti sul comportamento degli inquirenti nella gestione delle indagini e soprattutto sulla gestione della collaborazione di Ortes poi ucciso dai sodali di Maniero.

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A tal proposito, si auspica che nella prossima legislatura, questa relazione sia posta quanto prima nell'agenda di lavoro della Commissione, per poter fare piena luce su questo episodio e sui tanti perché rimasti senza risposta.
Di rilievo, inoltre, appare l'attività svolta dal Comitato di lavoro sulla criminalità organizzata internazionale operante in Italia, sul traffico delle armi, della droga e sull'ecomafia, coordinato dal senatore Tana de Zulueta, che, il 17 febbraio 1999, approvò una Relazione sulla cooperazione internazionale contro la criminalità organizzata (10).
L'analisi si è mossa sul presupposto che la dimensione transnazionale dei fenomeni criminali richieda una adeguata risposta sul piano delle politiche di contrasto. Il Comitato ha svolto una attività istruttoria dalla quale è emersa la complessità del quadro di valutazione, articolato sui concorrenti livelli della cooperazione di polizia e di cooperazione giurisdizionale, nonché su quello, prettamente normativo, finalizzato alla predisposizione di modelli convenzionali per la regolamentazione delle relazioni tra Stati.
Il Comitato ha svolto numerose audizioni dalle quali è emersa la difficoltà per la realizzazione di un'attività di armonizzazione normativa degli ordinamenti giuridici nazionali.
Il lavoro svolto ha costituito una premessa per l'analisi delle attività delle differenti organizzazioni criminali operanti in Italia di cui si è poi trattato diffusamente nella "Relazione sul traffico degli esseri umani".

4. L'attività dello "Sportello" per la scuola e il volontariato.

La Commissione parlamentare Antimafia della XIII legislatura, percependo l'esigenza della società civile impegnata nella lotta contro le mafie, di poter usufruire di un apposito punto di riferimento istituzionale con il quale rapportarsi direttamente ed essere sostenuta nella sua azione di prevenzione - consistente nel contrasto della mentalità mafiosa - ha deliberato di istituire uno "Sportello per le scuole e il volontariato", rivolto direttamente al mondo scolastico e dell'associazionismo.
La finalità dello "Sportello" - coordinato in una prima fase dall'onorevole Rosario Olivo e successivamente dall'onorevole Tiziana Maiolo - è stata quella di contribuire a promuovere e a diffondere nel Paese una cultura della legalità democratica, attraverso la predisposizione gratuita di tre specifici servizi, quali: a) la fornitura di tutto il materiale parlamentare esistente sul fenomeno mafioso; b) l'invio di consulenti quali relatori ad iniziative di studio e di sensibilizzazione sui temi delle mafie e dell'educazione alla legalità; c) la fornitura di una consulenza per l'elaborazione di progetti di educazione alla legalità.


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In seguito a specifiche delibere del "Comitato di controllo sugli Sportelli della Commissione verso il mondo della scuola, del volontariato e degli enti locali, sui rapporti tra mafia e politica e sulle misure di risanamento sociale ed economico" (11), è emersa la necessità di un accordo operativo tra il Ministero della pubblica istruzione e il Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri.
I ripetuti contatti tra i consulenti della Commissione e i funzionari delle istituzioni testè menzionate, hanno prodotto la redazione di uno specifico "Protocollo d'intesa sull'educazione alla legalità e alla solidarietà", firmato a Vittoria (Ragusa) il 3 giugno 1998 dal Presidente della Commissione parlamentare antimafia e dai Ministri della Pubblica Istruzione e degli Affari Sociali.
Dopo una attenta analisi delle richieste avanzate dalle scuole e dalle associazioni, sono stati predisposti appositi dossier di documentazione che, in una prima fase, sono stati concepiti come strumenti idonei ad un primo approccio con l'educazione alla legalità e alla solidarietà mentre, in un secondo tempo, sono stati non solo aggiornati, ma hanno avuto per oggetto anche altre tematiche, tra le quali, la criminalità minorile, il bullismo, la dispersione scolastica e l'ambiente.
In base a quanto specificamente previsto dal Protocollo d'intesa e in considerazione del fatto che la maggioranza delle domande delle scuole e delle associazioni ha riguardato la richiesta di materiale informativo relativo al fenomeno mafioso, è stato deliberato di redigere un dossier di documentazione in grado di veicolare una conoscenza chiara, semplice e fruibile delle mafie e delle strutture dello Stato predisposte al loro contrasto. Il dossier, intitolato "Conoscere le mafie, costruire la legalità", presentato ufficialmente il 12 ottobre 2000, dal Presidente della Commissione parlamentare antimafia, dal Ministro della pubblica istruzione e dal Presidente della Camera dei deputati, oltre ad essere disponibile sul sito Internet della Commissione - come tutti gli altri materiali prodotti dallo "Sportello" - nel corso del mese di dicembre dell'anno 2000 è stato inviato a tutte le scuole italiane (circoli didattici, scuole medie, istituti superiori), riscontrando un interesse particolarmente significativo, come hanno dimostrato le numerose richieste ulteriormente pervenute allo Sportello.
Le scuole e le associazioni, inoltre, per il tramite dello "Sportello", hanno potuto usufruire anche delle relazioni della Commissione e di documentazione ministeriale sul fenomeno mafioso di cui ignoravano l'esistenza ovvero la possibilità di consultazione.
L'attività dello "Sportello" si è esplicitata anche nell'ambito di gruppi di studio interistituzionali, in particolare, con il Ministero della Pubblica Istruzione, con il Provveditorato agli studi di Roma, con la Fondazione Italiana del Volontariato (F.I.VOL.) e con l'associazione di associazioni LIBERA. Tra le diverse iniziative svolte, merita particolare evidenza il progetto attuato in collaborazione con il "Gruppo operativo interistituzionale", tra i cui membri figurano il Provveditorato agli studi di Roma e l'Università "La Sapienza", che ha portato all'elaborazione

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di un testo, disponibile sul sito Internet del Provveditorato, intitolato "Linee di indirizzo per la formazione nell'area dell'educazione alla legalità democratica".
I rapporti instaurati con le associazioni di volontariato e, in particolare con la F.I.VOL. e LIBERA, hanno consentito, innanzitutto, di rendere visibile l'azione dello "Sportello" al di fuori del mondo scolastico, mediante la partecipazione ad iniziative come la "Giornata della memoria e dell'impegno" in ricordo delle vittime delle mafie e la "Carovana antimafia". La collaborazione con il mondo della società civile organizzata, inoltre, ha generato una serie di reciproche sollecitazioni che, da una parte, hanno reso più efficiente l'attività dello "Sportello", dall'altra hanno avvicinato maggiormente e, con un approccio diverso, i cittadini alla Commissione.
A livello internazionale, infine, nel 1998 e nel 1999, alcuni parlamentari della Commissione e i consulenti dello "Sportello" hanno incontrato una delegazione di ragazzi del Parlamento giovanile europeo, composta di ragazzi italiani impegnati in una ricerca sul tema del narcotraffico e del ruolo delle organizzazioni mafiose in questo mercato illecito. Ad essi, nel corso della discussione successivamente svolta, è stato fornito uno specifico dossier di documentazione predisposto dai consulenti dello "Sportello" ed è stata manifestata la piena disponibilità alla fornitura di ulteriore materiale documentale.
Su esplicita richiesta dello «Sportello», i giovani del Parlamento giovanile europeo, molte scuole ed associazioni, hanno inviato alla Commissione i loro progetti didattici ed i loro lavori di ricerca. Tutto questo materiale è stato successivamente raccolto in modo ordinato ed è stato versato presso l'archivio della Commissione.
A partire dal 25 settembre 1997 e sino al 6 marzo 2001, lo "Sportello per la scuola e il volontariato" ha fornito documentazione sul fenomeno mafioso, progetti di educazione alla legalità precedentemente raccolti e consulenza gratuita per l'elaborazione di progetti didattici di educazione alla legalità a 275 soggetti del mondo scolastico e a 132 del mondo dell'associazionismo.
In particolare, da un punto di vista quantitativo (Tab. 1 e 4), i dati evidenziano come la maggior parte dei contatti sia provenuta da scuole secondarie superiori (40%), soprattutto da istituti tecnici, seguiti da licei e da istituti professionali mentre, nell'ambito della scuola dell'obbligo, le scuole medie sono risultate più numerose rispetto a quelle elementari.
A questo proposito, dall'osservatorio dello "Sportello" si evince la necessità di stimolare maggiormente le scuole a svolgere attività formative in ambito curricolare, dirette a studenti e a docenti e finalizzate a concretizzare forme di partecipazione attiva e responsabile, fondate sull'osservanza delle regole e sulla gestione dei conflitti secondo modalità democratiche.
Dal punto di vista territoriale, sono stati gli istituti scolastici del sud Italia, soprattutto quelli siciliani, campani e pugliesi, quelli che maggiormente hanno richiesto i servizi dello "Sportello", seguiti da quelli del centro e del nord Italia, mentre nessuna scuola o ente scolastico delle regioni Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Molise ha fatto pervenire alcuna richiesta.

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Anche nell'ambito dell'associazionismo, le regioni meridionali italiane risultano al primo posto, seguite - a differenza di quanto accaduto per le scuole - da quelle del nord e da quelle del centro (Tab. 5). I dati (Tab. 2) evidenziano, inoltre, come i servizi messi a disposizione dallo "Sportello" siano stati particolarmente richiesti anche da enti locali, da centri di ricerca, da alcuni uffici della pubblica amministrazione, da biblioteche.
Nell'ambito dell'associazionismo sono state inserite alcune realtà e soggetti, classificati nella categoria "altro", tra i quali vanno menzionati: sacerdoti, sindacalisti, comunità di recupero di tossicodipendenti e di minori a rischio, giornalisti italiani e stranieri, una scuola interna ad un carcere, magistrati, parlamentari non componenti della Commissione.
Anche nell'associazionismo si è registrata una totale assenza di richieste dei servizi dello "Sportello" da parte di alcune regioni, in particolare del Friuli Venezia Giulia, dell'Umbria, delle Marche, dell'Abruzzo e del Molise.
I consulenti dello "Sportello", su richiesta delle scuole e delle associazioni, oltre che su indicazione della seconda Presidenza della Commissione, hanno svolto 62 missioni (Tab. 3), la maggior parte delle quali, in Sicilia, Calabria, Veneto, Puglia ed Emilia Romagna.
Durante queste visite, nel corso di incontri-dibattito e di corsi di aggiornamento specifici, i consulenti hanno avuto modo di incontrare circa duemila insegnanti e diecimila studenti ai quali sono stati illustrati il funzionamento dello "Sportello" e della Commissione, è stata fornita in loco una consulenza finalizzata alla redazione di progetti didattici sull'educazione alla legalità, sono state svolte relazioni sul tema del fenomeno mafioso e sull'azione di contrasto svolta dallo Stato.
Le missioni si sono dimostrate innanzitutto un servizio particolarmente apprezzato dalle scuole e dalle associazioni, che hanno avuto modo di confrontarsi con la Commissione in modo rapido e diretto ed hanno potuto usufruire di suo personale specializzato per affrontare la lotta contro le mafie secondo una logica di prevenzione basata sulla progettualità. Inoltre, le visite periodiche sul territorio italiano svolte dai consulenti dello "Sportello", hanno consentito alla Commissione, da una parte, di constatare direttamente le difficoltà quotidiane e l'impegno profuso da tanti ragazze e ragazzi, docenti, volontari, sacerdoti, amministratori pubblici, per contrastare efficacemente le mafie e la mafiosità, dall'altra, ciò ha permesso di verificare costantemente l'efficacia delle modalità utilizzate per fornire i servizi dello "Sportello".
A tal proposito e, in conclusione, occorre ricordare che uno dei risultati più significativi ottenuti dall'azione dello "Sportello", proprio grazie allo svolgimento delle missioni, è stata la promozione di un gemellaggio tra la scuola media di Francofonte (Siracusa) e quella di Camponogara (Venezia), i cui presidi e giovani studenti hanno potuto contattarsi e conoscersi reciprocamente grazie all'opera di mediazione svolta dai consulenti della Commissione.

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NUMERO E TIPO DI SOGGETTI DEL MONDO SCOLASTICO E ACCADEMICO CHE HANNO CONTATTATO LO «SPORTELLO»

25/09/1997 - 06/03/2001


Tab. 1

Soggetti N. di contatti % sul totale
Direzioni didattiche24 8,7%
Provveditorati10 3,6%
Istituti comprensivi19 6,9%
Scuole elementari6 2,2%
Scuole medie75 27,3%
Istituti tecnici55 20,0%
Istituti professionali22 8,0%
Licei34 12,4%
Insegnanti18 6,5%
Università1 0,4%
Studenti universitari11 4,0%
Totale275 100%

NUMERO E TIPO DI SOGGETTI DEL MONDO DELL'ASSOCIAZIONISMO, DEGLI ENTI LOCALI E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CHE HANNO CONTATTATO LO «SPORTELLO»

25/09/1997 - 06/03/2001


Tab. 2

Soggetti N. di contatti % sul totale
Associazioni60 45,5%
Enti locali22 16,7%
Pubbl. Ammin.3 2,3%
Centri ricerca5 3,8%
Biblioteca2 1,5%
Cooperative sociali1 0,8%
Altri (12)39 29,5%
Totale132 100%

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MISSIONI

25/09/1997 - 06/03/2001


Tab. 3

Regioni N. di missioni % sul totale
Piemonte5 8,1%
Lombardia2 3,2%
Veneto9 14,5%
Emilia Romagna6 9,7%
Toscana2 3,2%
Marche1 1,6%
Lazio5 8,1%
Basilicata1 1,6%
Campania3 4,8%
Puglia9 14,5%
Calabria9 14,5%
Sicilia10 16%
Totale62 100%

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(1) Relazione sulla funzionalità degli uffici giudiziari, approvata l'8 aprile 1997 (relatore l'on. Scozzari - doc. XXIII, n. 1);
Relazione sullo stato degli organici delle forze di polizia, approvata il 30 luglio 1997 (relatore il sen. De Santis - doc. XXIII, n. 3);
Relazione sulle risultanze dell'indagine concernente l'attività di repressione della criminalità organizzata nella provincia di Messina, approvata il 28 aprile 1998 (relatore il sen. Del Turco - doc. XXIII, n. 7);
Relazione annuale, approvata il 23 giugno 1998 (relatore il sen. Del Turco - doc. XXIII, n. 10);
Relazione sui testimoni di giustizia, approvata il 30 giugno 1998 (relatore l'on. Mantovano - doc. XXIII, n. 11);
Relazione sui sequestri di persona a scopo di estorsione, approvata il 7 ottobre 1998 (relatore il sen. Pardini - doc. XXIII, n. 14);
Relazione sull'infiltrazione mafiosa nei Cantieri Navali di Palermo, approvata il 26 gennaio 1999 (relatore l'on. Mantovano - doc. XXIII, n. 21);
Relazione sulle intercettazioni della telefonia mobile, approvata il 9 marzo 1999 (relatori gli onorevoli Giacalone e Maiolo - doc. XXIII, n. 25);
Relazione sui criteri per la custodia dei collaboratori di giustizia, dei detenuti del circuito alta sicurezza e di quelli sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, approvata il 9 marzo 1999 (relatore l'on. Giacalone - doc. XXIII, n. 26);
Relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata nella provincia di Brindisi, approvata il 13 luglio 1999 (relatore il sen. Del Turco - doc. XXIII, n. 31);
Relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria, approvata il 26 luglio 2000 (relatore il sen. Figurelli - doc. XXIII, n. 42);
Relazione sulla criminalità organizzata in Campania, approvata il 24 ottobre 2000 (relatore il sen. Lombardi Satriani - doc. XXIII, n. 46); Relazioni di minoranza del sen. Novi (doc. XXIII, n. 46-bis) e del sen. Florino (doc. XXIII, n. 46-ter);
Relazione sullo stato della criminalità organizzata nella città di Catania, approvata il 29 novembre 2000 (relatore il sen. Curto - doc. XXIII, n. 48);
Relazione sul traffico degli esseri umani, approvata il 5 dicembre 2000 (relatore il sen. De Zulueta - doc. XXIII, n. 49);
Relazione sul «Caso Impastato», approvata il 6 dicembre 2000 (relatore il sen. Russo Spena - doc. XXIII, n. 50);
Relazione sul fenomeno criminale del contrabbando di tabacchi lavorati esteri in Italia ed in Europa, approvata il 6 marzo 2001 (relatore l'on. Alfredo Mantovano - doc. XXIII, n. 56);
Relazione conclusiva, approvata il 6 marzo 2001 (relatore, l'on. Giuseppe Lumia - doc. XXIII, n. 57).
(2) Dalla "Relazione sull'infiltrazione mafiosa nei Cantieri Navali di Palermo", cit., pag. 9, emerge come "proprio il dato inscindibile cantiere-quartiere (...), costituirà la chiave di lettura dei fenomeni e dei fatti oggetto di questa relazione, per l'importanza dei peculiari rapporti tra l'ambito produttivo e quello civile culturale e sociale del territorio, tra la vita nel cantiere e la vita nella borgata".
(3) Nella "Relazione sulla tratta degli esseri umani", cit., pag. 8, "la distinzione tra un rapporto trafficante-migrante basato su una dimensione temporale determinata, ossia la durata del viaggio, ed un rapporto che tra i due soggetti prosegue anche nel Paese di destinazione, è una discriminante che ha spinto gli investigatori a distinguere tra: smuggling of migrants, consistente nel favoreggiamento organizzato dell'immigrazione clandestina e trafficking in human beings, finalizzato allo sfruttamento successivo delle persone trafficate (c.d. tratta).
Una seconda discriminante, che ha indotto alla suddivisione del traffico degli esseri umani in due grandi settori è costituita dal ruolo che il migrante riveste nella relazione con i criminali che organizzano e gestiscono il traffico.
Nel caso del favoreggiamento dell'immigrazione clandestina l'attivazione della relazione parte dagli stessi individui oggetto dello sfruttamento che, disponendo di un capitale proprio ovvero di persone disposte a fornirglielo, si rivolgono ai rappresentanti delle organizzazioni criminali, sapendo che questi ultimi sono in grado di garantire loro la possibilità di migrare.
Nel caso del trafficking, invece, le persone vengono reclutate direttamente dagli organizzatori e dai gestori del traffico, mediante l'utilizzo della violenza, del ricatto e dell'inganno, per rispondere ad una domanda di mercato esistente nei Paesi di destinazione. Questa domanda di persone prive di qualsiasi potere contrattuale nei confronti dei loro "padroni", si riscontra principalmente in tre diversi tipi di mercato illecito: l'economia sommersa o "lavoro nero", la prostituzione, l'accattonaggio dei minori. Un altro mercato di cui si sospetta l'esistenza, ma del quale, in Italia, non si dispone ancora di riscontri giudiziari, è quello del traffico di organi umani".
(4) Così si è espresso il Sen. Figurelli nel corso dei lavori del Comitato incaricato della fase istruttoria, in "Relazione sul Caso Impastato", cit., pag. 10.
(5) La Commissione, nella seduta del 30 luglio 1997, deliberò l'istituzione del:
Comitato di lavoro sul riciclaggio, il racket, l'usura, sul sequestro e la confisca dei beni mafiosi, sugli appalti delle opere pubbliche;
Comitato di lavoro sui collaboratori di giustizia, sull'esame degli esposti e delle richieste di audizione alla Commissione;
Comitato di lavoro sulla criminalità organizzata internazionale operante in Italia, sul traffico delle armi, della droga e sull'economia;
Comitato di lavoro sui fenomeni di criminalità organizzata nelle zone non tradizionalmente interessate dall'attività mafiosa;
Comitato di controllo sugli "sportelli" della Commissione verso il mondo della scuola, del volontariato e degli enti locali, sui rapporti tra mafia e politica e sulle misure di risanamento sociale ed economico;
Nella seduta del 10 febbraio 1998 si deliberò l'istituzione del Comitato di lavoro sui sequestri di persona;
Successivamente la Commissione, nella seduta del 21 luglio 1999, ha deliberato di istituire il:
Comitato di lavoro sugli appalti delle opere pubbliche - coordinatore l'on. Gianfranco Micciché;
Comitato di lavoro sui testimoni e sui collaboratori di giustizia - coordinatore il sen. Bruno Erroi;
Comitato di lavoro sull'usura, il racket e il riciclaggio - coordinatore il sen. Michele Figurelli;
Comitato di lavoro sugli enti locali (compreso il controllo sullo "Sportello") - coordinatore l'on. Giuseppe Gambale
Comitato di lavoro sulla scuola, sull'educazione alla legalità e sul volontariato (compreso il controllo sullo "Sportello") - coordinatore l'on. Tiziana Maiolo;
Comitato di lavoro sulla criminalità organizzata internazionale - coordinatore il sen. Tana De Zulueta;
Comitato di lavoro sul contrabbando - coordinatore l'on. Alfredo Mantovano;
Comitato di controllo sulle zone non tradizionalmente interessate dall'attività mafiosa - coordinatore il sen. Alessandro Pardini;
Comitato di lavoro sulle misure di prevenzione, sul sequestro e sulla confisca dei beni di provenienza mafiosa - coordinatore l'on. Alberto Acierno;
Comitato di lavoro sul caso "Impastato" - coordinatore il sen. Russo Spena;
Comitato di lavoro sulla pubblicità degli atti - coordinatore il sen. Guido Calvi.
(6) La pubblicazione, al momento della distribuzione alle scuole, è stata accompagnata da una lettera a firma congiunta del Presidente della Commissione parlamentare Antimafia, on. Lumia, e del Ministro della pubblica istruzione, Prof. Tullio De Mauro, che di seguito si riporta:
«Gentile Capo di Istituto,
nel nostro Paese le mafie esistono e rappresentano una seria minaccia per la nostra democrazia e per un corretto funzionamento del mercato concorrenziale.
Le mafie, organizzazioni segrete fatte di uomini, armi e denaro, possono essere sconfitte, ma non senza la collaborazione di cittadini coscienti dei propri diritti e dei propri doveri, capaci di rifiutare e di lottare contro la cultura della violenza, del privilegio e della sopraffazione.
La lotta alle mafie necessita di una azione progettuale, caratterizzata dalla costruzione di una rete di soggetti diversi che siano in grado di operare in forma sinergica e continuativa, mettendo a disposizione ciascuno le proprie competenze e le proprie risorse, per il raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi.
Lottare contro le mafie implica agire contemporaneamente sia sul un versante repressivo, con magistrati ed investigatori qualificati, sia sul versante preventivo, con la collaborazione determinante di una scuola capace di educare le giovani generazioni ai valori della democrazia, della legalità, della solidarietà, della pace e della giustizia.
La Commissione parlamentare Antimafia e il Ministero della pubblica istruzione, vorrebbero che tutte le scuole d'Italia valutassero l'opportunità di sviluppare insieme alle istituzioni iniziative in tal senso, inserendo all'interno delle attività dirette alla formazione del cittadino, previste dal piano dell'offerta formativa, lo specifico tema della lotta alle mafie.
A tal fine, la Commissione e il Ministero hanno sottoscritto uno specifico protocollo d'intesa che prevede, tra le varie iniziative, la predisposizione di appositi materiali di documentazione, come il sussidio intitolato "Conoscere le mafie. Costruire la legalità", che qui alleghiamo.
Presso la Commissione parlamentare Antimafia, inoltre, è stato attivato un apposito Sportello, consultabile anche via Internet che, oltre a fornire ulteriore documentazione e a raccogliere i progetti di educazione alla legalità inviati da vari istituti, mette gratuitamente a disposizione di tutte le scuole, esperti qualificati in grado di fornire, sia una consulenza per l'elaborazione di appositi progetti didattici, sia un contributo scientifico sul tema delle mafie e dell'antimafia, nell'ambito di discussioni pubbliche o seminari di studio, organizzati all'interno degli istituti scolastici.
Certi della Sua sensibilità e dell'attenzione che riserverà alla presente, cogliamo l'occasione per augurare buon lavoro e per porgere i nostri saluti».
On. Giuseppe LumiaProf. Tullio De Mauro
Presidente Commissione parlamentare AntimafiaMinistro della pubblica istruzione
(7) Al seminario sono intervenuti nell'ordine:
Luciano Violante, Presidente della Camera dei deputati;
Nicola Mancino, Presidente del Senato della Repubblica;
Giuseppe Lumia, Presidente della Commissione parlamentare Antimafia;
Anna Finocchiaro Fidelbo, Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati;
Michele Pinto, Presidente della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica;
Piero Luigi Vigna, Procuratore nazionale antimafia;
Fabio Evangelisti; Presidente del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione e il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e di vigilanza sull'attività dell'Unità nazionale Europol;
Enrico Ferri, Vice Presidente della Commissione Giustizia e Affari interni del Parlamento europeo;
Michele Figurelli, componente della Commissione parlamentare Antimafia;
Fran ois Colcombet, Assemblea Nazionale della Repubblica Francese;
Paul Masson, Senato della Repubblica Francese;
Roberto Centaro, componente della Commissione parlamentare Antimafia;
Alfredo Mantovano, componente della Commissione parlamentare Antimafia;
Giuseppe Scozzari, componente della Commissione parlamentare Antimafia;
Humfrey Malins, Camera dei Comuni del Regno Unito;
Carmelo Carrara, componente della Commissione parlamentare Antimafia;
Manuel Seco Gordillo, Congresso dei Deputati del Regno di Spagna;
Julio Villarrubia Media Villa, Congresso dei Deputati del Regno di Spagna;
Tana de Zulueta, componente della Commissione parlamentare Antimafia;
Elena Ornella Paciotti, componente della Commissione Giustizia e Affari interni del Parlamento europeo;
Antonio Gagliardo, Direttore dell'Unità nazionale Europol;
Geraldes Pinto, Capo Unità risorse proprie dell'OLAF.
(8) La "Relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti ed infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali", doc XXIII, n. 11, XI legislatura, fu approvata dalla Commissione Antimafia il 13 gennaio 1994.
(9) Cfr. "Esito delle indagini in merito all'omicidio di Giancarlo Ortes e di Naza Sabic", Doc. n. 2030, XIII legislatura.
(10) Cfr. "Relazione sulla cooperazione giudiziaria internazionale contro la criminalità organizzata", Documento n. 2028, XIII legislatura
(11) Successivamente denominato Comitato di lavoro sulla scuola, sull'educazione alla legalità e sul volontariato (compreso il controllo sullo "Sportello").
(12) La categoria "Altri" comprende: giornalisti, sindacalisti, sacerdoti, membri delle forze dell'ordine, cittadini, magistrati, parlamentari non componenti della Commissione parlamentare Antimafia.

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