X Commissione - Marted́ 2 marzo 1999


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ALLEGATO

Norme in materia di attività produttive.
C. 5627 Governo, approvato dal Senato.

DATI ED INFORMAZIONI COMUNICATI DAL GOVERNO AI SENSI DELL'ARTICOLO 79, COMMA 5, DEL REGOLAMENTO DELLA CAMERA


1) Indirizzi perseguiti e da perseguire nel settore aeronautico.

Al fine di arrestare il processo di degrado di un settore condizionante per la presenza italiana nell'alta tecnologia per avviarne il successivo rilancio, il Governo ha approvato un piano di Settore per l'Industria aeronautica (3 ottobre 1995).
Il Piano originario sulla cui base doveva essere realizzato un rilancio del settore, che muovesse da presupposti economicamente più sani delle sole commesse-militari, prevedeva inizialmente due successive fasi fra loro connesse:
nel breve periodo (biennio 1996 - 1997) mira a consolidare la massa critica dell'industria aeronautica nazionale, ormai prossima al minimo vitale, impiegando in un programma «d'emergenza» le risorse già disponibili sul I e II rifìnanziamento della legge 808/85 (Leggi 237/93 e 644/94).
Nel medio periodo (quadriennio 1997-2000) muovendo da una base consolidata e dopo un'analisi dei risultati raggiunti, punta al necessario rilancio del settore con una filosofia che vede da un lato la concentrazione delle risorse su pochi programmi strategici e dall'altro mira a promuovere le PMI della componentistica che rappresentano l'irrinunciabile supporto tecnologico di altissima qualità delle produzioni sistemistiche. Il Piano quantifica, con accettabile approssimazione, i volumi finanziari aggiuntivi necessari al sostanziale avvio della fase di rilancio.

La originale tempistica del Piano, anche per l'anticipato scioglimento della legislatura, ha trovato alcune notevoli ragioni di ritardo e di conseguenza il 1996 si è configurato come un anno intermedio in cui hanno coesistito due approcci di intervento:
1. il primo, mirante al completamento del finanziamento di programmi già avviati, al duplice fine di evitare la vanifìcazione degli sforzi economici, tecnologici e produttivi compiuti in passato sia dall'Erario sia dalle aziende e di preservare quel nucleo di risorse industriali sulla cui base il Piano di Settore avrebbe basato il riposizionamento dell'industria nazionale;
2. il secondo, mirante direttamente e primariamente all'applicazione delle linee di indirizzo politico del Piano di Settore e quindi all'avvio dei programmi espressamente previsti da questo.

L'anno 1997 ha segnato il punto di svolta a conclusione della crisi strutturale ed ha registrato un primo concreto riavvio della nostra industria aeronautica nella prospettiva di un suo inserimento nei programmi internazionali soprattutto civili, ma anche duali, atti ad assicurarne l'effettivo rilancio su più solide basi economiche.


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Le proposte formulate dal Ministro Bersani, e coerentemente portate avanti nel 1997 e 1998, possono essere così sintetizzate:
A) ricercare ed avviare la partecipazione italiana al processo d'integrazione dell'industria europea favorendo l'ingresso dell'industria nazionale nella costituenda Società Europea per l'Aerospazio e la Difesa (European Aerospace and Defence Company, EADC) attraverso: 1) la partecipazione dell'industria italiana nei nuovi programmi dei velivoli da trasporto europei (in particolare A3XX, FLA) come partner paritetico e quelli relativi a velivoli derivati (A340-500/600) come subcontraente; 2) la confluenza diretta dell'industria dei velivoli militari da combattimento nel «cluster» EADC corrispondente che dovrebbe scaturire dall'integrazione attorno al consorzio Eurofighter, cui l'Italia partecipa con quota significativa, di tutte le attività europee del settore.
B) Consolidare l'attività italiana in poche «aree di eccellenza» già acquisite quali elicotteri, addestratori a getto, velivoli da trasporto regionale, grandi radar di controllo del traffico aereo.
C) Lanciare tre programmi cardine (progetti d'immagine) nelle aree di eccellenza idonei a ribadire le nostre - seppure realisticamente limitate - aree di leadership; l'addestramento a getto YAK- AEM130, l'AB609 convertiplano, il velivolo regionale a getto da 70 posti italo-franco-tedesco che si auspica estendere alla Spagna ed anche al Brasile.
D) Portare a compimento programmi già avviati nel campo dei velivoli da trasporto militari (C 27-J) ed in quello elicotteristico (EH101, A139) favorendo anche per quest'ultimo settore l'avvio di processi d'integrazione con partner europei.
E) Potenziare le attività produttive nel campo delle aerostrutture aumentando il carico di lavoro attraverso l'acquisizione di ordini di programmi europei, migliorando ad un tempo la presenza in campo internazionale grazie all'accresciuta competitivita ed efficienza.
F) Potenziare le attività in campo motoristico con qualificate partecipazioni ai grandi programmi internazionali.
G) Raggruppare i subfornitori (PMI e non) attorno ai «programmi cardine delle aree di eccellenza» al fine di: - Consolidare la componentistica quale tessuto connettivo dell'Industria aeronautica, (ed in tale prospettiva è in fase di studio un programma organico di interventi su programmi high-tech della componentistica aerospaziale purché rispondenti a stringenti criteri di innovatività e che verranno sottoposti a parere del CIPE);

Radicare sul territorio, con una costellazione di subforniture high-tech di specifica eccellenza, i programmi cardine delle aree di eccellenza anche per prevenire tentativi di acquisizione di queste aree da parte di altri paesi europei nel quadro della ristrutturazione in corso. L'esperienza che sta maturando con lo YAK 130 conferma la fattibilità e la validità di uno schema di intervento che dovrà essere ripetuto per il convertiplano AB 609 e Commuter a getto da 70 posti quale condizione obbligatoria per la concessione dei benefìci statali.
Anche se può, al limite, apparire ripetitivo gli obbiettivi che il Governo si pone con l'atto camera n. 5627 articolo 1 e articolo 2 sono:
1. Consolidare la partecipazione italiana alla Società Europea Aerospaziale e della Difesa nel settore dei velivoli da trasporto e dei velivoli militari, anche con conferimento di assetti produttivi;
2. Favorire il progressivo inserimento del settore elicotteristico, attraverso successive integrazioni con gli altri partners europei, nella ADC Europea;
3. Portare a compimento, con la linea finale di assemblaggio in Italia, i


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programmi cardine iniziati nel triennio ed avviarne la successiva commercializzazione;
4. Mantenere ed espandere ulteriormente le attività motoristiche;
5. Completare il processo di consolidamento dell'industria componentistica favorendone un'ulteriore crescita nel contesto dei programmi europei, stabilizzando nel contempo tutta la costellazione dei minori fornitori sorta o consolidata grazie alla funzione traente dei programmi cardini.

Ove fosse ritenuto necessario si chiarisce che l'articolo 2 tende ad intervenire in quell'area, sempre più estesa, delle alte tecnologie duali in quanto solo per convenzione si ritiene ancora effettivo il confine tra le tecnologie militari e quelle civili quando è noto che solo le più raffinate tecnologie duali consentono lo sviluppo dei prodotti militari dei settori di punta elettronico ed aerospaziale.
L'articolo 2 è infatti diretto a sviluppare le tecnologie soprattutto nel settore duale ed a tal proposito si ritiene di dover sottolineare che le tecnologie ed i prodotti esclusivamente militari fanno riferimento ad aree per lo più tecnologicamente mature se non obsolete (meccanica, esplosivistica, chimica ecc.).

2) Ammontare delle spese per incarichi di studio e ricerca.

Per la ristrettezza delle risorse finanziarie, l'attribuzione di incarichi di studio e di ricerca da parte del MICA, ha rappresentato fino a questo momento, un fenomeno assai contenuto.
Per le esigenze indispensabili si è potuto attingere alle disponibilità del capitolo n. 1110 che negli ultimi tre anni ha presentato stanziamenti iniziali rispettivamente di 470, 321 e 320 milioni annui e che sono stati peraltro oggetto di variazioni in riduzione nel corso dei relativi esercizi e, per la parte residua, destinati anche a sostenere gli oneri di commissione e comitati già previsti da specifiche disposizioni di carattere legislativo.
Negli ultimi tre anni (1996-97-98) è stata sostenuta per studi e ricerche una spesa pari a 156 milioni prevalentemente indirizzata sui seguenti temi:
trasferimento alle PMI dell'innovazione tecnologica e dei risultati della ricerca scientifica;
monitoraggio degli interventi a favore delle PMI in connessione con le metodologie dell'Unione Europea;
verifica dell'impatto del settore commercio sulle PMI;
analisi delle tematiche ambientali sotto l'aspetto dello smaltimento dei rifiuti per il sistema della Produzione industriale.

Da quanto sopra esposto risulta indispensabile - anche in considerazione della complessità dell'evoluzione del sistema industriale italiano nel contesto del mercato unico europeo - dotare questa Amministrazione - come del resto è avvenuto per altre - delle risorse necessarie per poter produrre analisi, ricerche ed elaborazioni di profilo molto elevato sia per i singoli settori produttivi sia per il sistema industriale nel suo complesso.
Si evidenzia, peraltro, che l'autorizzazione di spesa proposta a questo fine con il disegno di legge in esame costituisce un tetto massimo di spesa che sarà comunque utilizzato con criteri prudenziali a seconda dell'effettiva necessità e che la stessa è destinata a dare copertura non solo agli oneri diretti derivanti dalle conseguenti collaborazioni instaurate con società e esperti, ma anche per avere il necessario supporto logistico e strumentale.

3) Definizione di «sistema produttivo locale».

L'obiettivo principale del comma 8 dell'articolo 6 è quello di ampliare sul


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piano legislativo la definizione di distretto industriale così come individuato dall'articolo 36 comma 1-2-3 della legge 317/ 91.
Questo ampliamento avviene attraverso l'individuazione di un nuovo livello di sistema produttivo - il sistema produttivo locale che rispetto alla definizione classica di distretto, si caratterizza da un alta concentrazione di imprese non necessariamente ed esclusivamente industriali e non necessariamente ed esclusivamente formate da PMI.
Questo nuovo livello di distretto è coerente con l'evoluzione degli studi di economia distrettuale.
Infatti rispetto alla prima definizione formulata da Marshall agli inizi del secolo (il quale poneva in risalto come « la possibilità di separare le fasi di un processo manifatturiero in stabilimenti distinti, consentisse di organizzare efficacemente il processo produttivo sia in forma verticalmente integrata che in forma disintegrata, a patto che le piccole imprese di fase siano territorialmente raggruppate»), lo studioso G. Becattini nel 1979, ne precisava i contorni, definendo il distretto come «un'entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un'area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese».
Le analisi successive hanno evidenziato che «in caso di presenza di una pluralità di filiere nella stessa località territoriale, il concetto di distretto industriale mono-settoriale sfuma nell'idea di area-sistema ovvero di distretto industriale complesso.»
Il sistema produttivo locale è dunque sia una più ampia definizione di distretto industriale sia un modello a sé stante.
In questo senso si può correttamente parlare di un modello a due livelli.
Con questa formulazione si vogliono raggiungere tre obiettivi importanti:
si offre uno strumento per una migliore lettura della identità dei tessuti industriali locali, intesi come organica concentrazione di imprese in senso lato;
si mettono nelle condizioni le Regioni di definire con propria iniziativa i loro modelli specifici di distretto industriale, superando gli ostacoli che a questa individuazione avevano frapposto sia la rigida normativa dell'articolo 36, sia i parametri individuati dal decreto MICA del 1993;
ed infine si creano le condizioni per utilizzare correttamente nuove forme di incentivi industriali (anche in riferimento all'articolo 3 comma 6 della legge n. 266/97).

È del tutto evidente che la delega alle Regioni per operare in questa direzione va inquadrata nell'operazione più generale di decentramento degli incentivi (ai sensi del decreto legislativo 123/98); di formazione dello sportello unico (ai sensi del decreto legislativo 112/98); di istituzione del fondo unico ( ai sensi dell'articolo 52 legge 448/98) anticipata di un anno per quanto riguarda le competenze del MICA.