Comitato parlamentare Schengen-Europol

L'ITALIA IN SCHENGEN

Relazione annuale del Governo italiano sullo stato di applicazione della Convenzione Schengen

Presentata dall'On. Piero Fassino, Sottosegretario agli Affari Esteri, al Comitato di Controllo sull’attuazione della Convenzione Schengen il 25 febbraio 1998

 
Signor Presidente, Onorevoli Parlamentari,
 
sono particolarmente lieto di poter, in questa Sede autorevole, su incarico conferitomi dall'On. Ministro Dini, svolgere la relazione annuale sulla applicazione della Convenzione di Schengen, informando anche sui più recenti sviluppi sul fronte immigrazione.
La presente Relazione peraltro tiene conto delle informazioni fornite al Comitato dal Ministro Napolitano e dal Ministro Dini nel corso del 1997 - in audizioni rispettivamente in data 15 maggio e 15 luglio - sullo stato di attuazione della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen.
Quelle audizioni si inquadravano in un contesto internazionale non facile per diffidenze sulla possibilità dell'Italia di gestire in tempi brevi i complessi aspetti della Convenzione. L'audizione di oggi, invece, avviene ad integrazione ormai avvenuta da più di tre mesi e ciò consente di affermare, senza trionfalismi fuori luogo, che il 1997 è stato l'anno del definitivo ingresso dell'Italia nel Sistema Schengen.
Questo Governo, infatti, fin dal suo insediamento aveva programmato l'impegno di promuovere la piena partecipazione dell'Italia al Sistema Schengen, superando ritardi e inadempienze accumulate in anni dì distrazione e sottovalutazione di quanto importante fosse per l’Italia essere pienamente partecipe del sistema della libera circolazione in Europa.
Non sfugge certo a questo Comitato l'enorme valore non solo pratico, ma anche politico e simbolico dell'essere parte di uno spazio comune di libera circolazione: in fondo è proprio il poter circolare liberamente senza più alcuna forma di barriera e di controllo, che dà concretezza alla cittadinanza europea e consente ad ogni cittadino del continente di percepire di essere soggetto di una nuova e più ampia identità.
Così come usare tutti la stessa moneta rende percepibile e concreto l'essere parte tutti dì uno stesso mercato e di un comune spazio economico.
Moneta unica e libera circolazione sono, dunque, due passaggi essenziali che segnano il salto di qualità che sta compiendo l'integrazione europea. Ed appare, perciò, davvero significativo che l'Italia - superando ritardi di anni e vincendo diffidenze radicate - si sia messa nelle condizioni di essere partecipe piena sia dell'euro, sia di Schengen.
Il raggiungimento di questo obiettivo è tanto più significativo perché conseguito con il sostegno e la solidarietà sia del Parlamento che del Comitato Parlamentare da Ella presieduto.
Il percorso di integrazione dell'Italia in Schengen ebbe inizio con il Comitato Esecutivo di Lussemburgo del 17 dicembre 1996 che decise l'integrazione dell'Italia, dell'Austria e della Grecia il 26 ottobre 1997. A Lussemburgo venne anche riconosciuto che in caso di difficoltà degli altri paesi, all'Italia veniva riservata la priorità nell'ingresso in Schengen, avendo il nostro Paese aderito all'Accordo fin dal 27 novembre 1990 (la Grecia aderì il 6 novembre 1992 e l'Austria il 28 aprile 1995).
I successivi Comitati Esecutivi tenutisi a Lisbona nell'aprile e nel giugno 1997 avevano definito i tempi di svolgimento degli adempimenti operativi e procedurali, confermando la piena integrazione dell'Italia nel Sistema di Informazione Schengen alla data del 26 ottobre e affidando ad una decisione successiva la definizione concreta delle modalità relative alla abolizione dei controlli alle frontiere. Era, peraltro, emersa l'impossibilità di integrare Austria e Grecia il 26 ottobre, in quanto i Parlamenti francese e olandese non avevano proceduto alla ratifica in tempo utile della adesione dei due Paesi.
Parallelamente allo svolgimento degli adempimenti preparatori, ci siamo attivati per superare alcune diffidenze, e preoccupazioni manifestate da alcuni nostri partners - in particolare la Germania ed in parte la Francia ed i Paesi Bassi - sulla tenuta delle nostre frontiere. Tengo a ricordare che, peraltro, la Commissione Frontiere Schengen, nel corso di una visita compiuta nel febbraio 1997, aveva formulato un giudizio favorevole, riconoscendo che le misure messe in atto dall'Italia corrispondevano agli standards previsti dalla Convenzione ed adottati dagli altri Paesi membri.
In ogni caso, proprio per fugare ogni possibile dubbio, dopo la riunione del Comitato Esecutivo di Lisbona, al fine di predisporre le intese necessarie alle decisioni adottate in quella Sede, ebbe luogo un incontro ad Innsbruck il 17 luglio tra i Capi di Governo di Germania. Austria ed Italia che raggiunse un consenso sulla abolizione completa dei controlli alle frontiere aeroportuali il 26 ottobre e sulla abolizione graduale dei controlli alle frontiere terrestri e marittime, per l'Italia come per l'Austria, entro il 31 marzo 1998.
In quella sede si convenne anche di dare corso ad una "cooperazione trilaterale" italo-austro-tedesca in materia di lotta alla criminalità e di cooperazione di polizia, Tale azione comune è stata avviata e periodicamente si riunisce una task-force, costituita dai rappresentanti dei Ministeri degli Interni per il coordinamento e l'impulso delle iniziative.
Il Comitato Esecutivo di Vienna del successivo 7 ottobre, nel tenere conto degli orientamenti di Innsbruck, ha definitivamente confermato l'integrazione dell'Italia il 26 ottobre - dell'Austria il 1° dicembre - per tutte le modalità previste dalla Convenzione, fissando la entrata in vigore della eliminazione dei controlli alle frontiere terrestri e marittime il 30 marzo '98. Infine la Grecia è stata integrata a partire dai 1° dicembre per il Sistema informatizzato, mentre l'abolizione dei controlli alle frontiere verrà decisa nel corso del 1998.
Parallelamente all'espletamento delle procedure di ingresso in Schengen, l'Italia ha provveduto ad approvare i necessari strumenti legislativi, a mettere in essere tutte le misure operative necessarie per l'adeguamento delle nostre strutture aeroportuali e informatiche.
Si è provveduto, in primo luogo, a dotare l'Italia di una Legge per la Protezione dei dati che consentisse la nostra integrazione nel sistema informatico Schengen, assicurando al tempo stesso gli inalienabili diritti alla tutela personale.
La legge approvata nella primavera del '97 ha così colmato una lacuna legislativa che si trascinava da alcuni anni. Il Ministero degli Interni ha poi provveduto a rafforzare tutti i dispositivi di controllo delle frontiere attraverso l'incremento delle forze dedicate al controllo, informatizzando i valichi, rafforzando l'azione di coordinamento interforze, innalzando il livello tecnologico degli strumenti utilizzati.
Tutti gli aeroporti abilitati al traffico internazionale sono stati adeguati con la separazione dei passeggeri Schengen da quelli extra Schengen. L'abolizione di tutti i controlli alle frontiere aeroportuali è divenuta operativa dal 26 ottobre in tutti i collegamenti da e per Spagna, Portogallo, Germania, Lussemburgo e Francia. Dal 1° dicembre l'abolizione è applicata con l'Austria, Con il Belgio - che alla vigilia del 26 ottobre si trovò nella impossibilità di poter adeguare il settore Schengen entro i tempi previsti - è stato necessario concordare un regime transitorio: attualmente il regime Schengen da e per Bruxelles è applicato negli aeroporti di Torino, Bologna, Napoli, Firenze e Venezia, mentre per Roma e Milano sarà applicato a partire dall'inizio di marzo. L’integrazione non è ancora avvenuta con i Paesi Bassi a causa dei lavori tuttora in corso all'aeroporto di Schipol-Amsterdam.
Per ciò che attiene l'abolizione delle frontiere terrestri previste per il 31 marzo '98 - in questi mesi sono stati presi gli opportuni accordi operativi con Austria e Francia. E, anzi, con la Francia i controlli sono già in via di smantellamento.
Va inoltre ricordato che non appena ultimate le procedure di ratifica parlamentare di tutti gli Stati contraenti, il sistema di libera circolazione si estenderà anche a Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda e Danimarca.
Inoltre per evitare che l'ingresso nel Sistema Schengen potesse suscitare difficoltà nel traffico transfrontaliero con la Slovenia - non membro di Schengen - si è stipulato uno specifico Accordo bilaterale che istituisce ai valichi di confine italo-sloveni una "terza corsia" preferenziale per il traffico transfrontaliero. Sempre nell'intento di fluidificare i flussi di mobilità con i nostri vicini si sono conclusi Accordi bilaterali con Slovenia e Croazia che consentono ai cittadini di quelle nazioni di entrare in Italia - e, dunque, nello spazio Schengen - con la carta d'identità.
Anche l'integrazione del Sistema Nazionale informatico con il Sistema SIS di Strasburgo è avvenuta senza difficoltà. In relazione alla adesione dei Paesi Nordici, un progetto per un nuovo SIS è attualmente allo studio anche nella prospettiva di un ulteriore ampliamento di Schengen.
Vorrei ora richiamare la Sua attenzione, Signor Presidente, e quella del Comitato da Lei presieduto, sulla informatizzazione operata nella rete diplomatico-consolare del Ministero degli Esteri al fini del rilascio del visto comune. In totale sono state informatizzate 188 sedi suddivise in una 1^ fascia che comprende 36 sedi che trattano il 75% del volume dei visti; una 2^ fascia di 61 sedi che riguardano il 20% dei visti ed infine una 3^ fascia di 91 sedi che trattano il restante 5% del volume dei visti.
Dopo oltre tre mesi dall'ingresso dell'Italia nel Sistema Schengen (26 ottobre 1997-9 febbraio 1998) è possibile formulare le seguenti valutazioni:
- le sedi di 1^, 2^ e 3^ fascia sono state equipaggiate dal punto di vista informatico ed i collegamenti pressoché completati;
- nel periodo 26 ottobre 1997 - 4 febbraio 1998 sono stati emessi 115.947 visti in base ai dati del Sistema Informatizzato della rete Mondiale Visti;
- è predisposto un intervento immediato là dove si manifestino difficoltà o ostacoli che non consentono al Sistema di funzionare a pieno regime.
Una riflessione a parte riguarda la Russia che figura nell'elenco comune dei Paesi soggetti ad obbligo di visto, sia in sede Unione Europea che in ambito Schengen. La stessa Russia, insieme ad altre Repubbliche ex Sovietiche, figura altresì tra i Paesi per i quali il rilascio del visti è soggetto a preventiva consultazione, rispettivamente, delle nostre ed altrui competenti Autorità (max. 5 giorni silenzio/assenso per i visti brevi e max. 21 per i visti lunghi, ad eccezione di quelli per adozione, lavoro, missione, reingresso, ricongiungimento familiare e sport) .
Per ovviare a tali ritardi ed essendo stata nel contempo avviata la particolare procedura di consultazione richiesta da un nostro Partner Schengen, i tempi di attesa per il rilascio di veri e propri visti Schengen uniformi si sono ormai ridotti dai 12 giorni iniziali ai soli 5 richiesti dalle nostre competenti Autorità.
A causa della forte progressione del numero dei visti di ingresso rilasciati da Mosca, che dai circa 250.000 (compresi i cumulativi) di fine 1996 hanno superato i 400.000 (individuali) a fine 1997, si era provveduto, già prima del nostro ingresso operativo in Schengen, a razionalizzare, semplificare e snellire le procedure, decongestionando parzialmente l’Ambasciata con l'apertura di nuove sezioni visti nelle nuove nazioni sorte dalla dissoluzione dell'URSS, a Minsk, Kiev e Riga e dotandone le strutture nei limiti consentiti dalle restrizioni di bilancio (gli addetti ai visti sono oggi 16).
Dopo l'entrata in funzione dallo scorso 26 ottobre della nuova procedura informatizzata di gestione dei visti, il problema maggiore di Mosca risiede tuttavia nelle difficoltà evidenziatesi a livello di comunicazioni telematiche della "Rete Mondiale Visti".
Al riguardo il Ministero degli Affari Esteri si è già attirato inviando una missione tecnica a Mosca, al fine di creare quelle condizioni che consentano di migliorare il Sistema.
Infine le nostre frontiere interne sono state adeguate alle esigenze della Convenzione Schengen. Accordi di riammissione e di cooperazione di Polizia sono stati conclusi con la Francia, con la Germania e con l'Austria. E sono in via di definizione con Spagna e Grecia. Anche con la Svizzera, che costituisce frontiera esterna di quattro Paesi Schengen, è in corso un negoziato analogo.
Ad ulteriore consolidamento delle misure di sicurezza alle frontiere, l’Italia ha concluso Accordi di riammissione con i Paesi dell'Est per il rimpatrio degli illegali di quei Paesi e dei cittadini di Paesi terzi che si trovano in situazione irregolare. Accordi sono stati sottoscritti con la Croazia, la Georgia, l'Estonia, la Fyrom, la Lettonia, la Lituania, la Jugoslavia, la Romania, la Slovenia, l'Ungheria, la Polonia e l'Albania. Con molti di questi paesi sono stati sottoscritti altresì Accordi per la regolazione dei flussi migratori legali, Accordi per la cooperazione di polizia, Accordi per la cooperazione giudiziaria. Anche con i Paesi del Mediterraneo sono in corso negoziati per Accordi di riammissione.
Ho avuto modo in precedenza di fare un accenno alla immigrazione clandestina. Intendo ora riferirmi ai massicci sbarchi degli albanesi nel marzo 1997, a seguito dei quali il Governo emanò un apposito Decreto Legge, che veniva ad anticipare alcune misure previste nel Progetto di Legge sulla Immigrazione, in particolare i Centri di accoglienza. Il Decreto prevedeva un soggiorno temporaneo, che è stato prorogato due volte e che è venuto a scadere il 30 novembre 1997: a quella data i profughi albanesi - che in totale hanno raggiunto la cifra di 16.000 - assommavano a 4.860 persone, dei quali 1840 nei Centri di accoglienza. Si è, perciò, proceduto al rimpatrio dei non aventi diritto al soggiorno, garantendo al tempo stesso il proseguimento in Albania dell'azione umanitaria e di solidarietà in favore dei profughi, Il Governo, in data 18 novembre, ha predisposto, d'intesa con le Autorità albanesi, un Programma d'interventi, articolati in sussidi per il reinserimento dei rimpatriandi ma anche su programmi specifici per la creazione di attività lavorative in Albania.
Quanto agli sbarchi di clandestini sulle coste ioniche con circa 2.000 arrivi registrati tra il novembre e l'inizio del nuovo anno, il Governo si è trovato di fronte ad un duplice ordine di problemi da una parte, le ragioni umanitarie legate alla presenza di molte persone di etnia curda, sia turchi che iracheni, provenienti da aree travagliate da conflitti e da violenze; dall'altra, il puntuale rispetto degli impegni assunti dall'Italia in ambito Schengen in materia di lotta alla immigrazione illegale, nonché per un adeguato controllo della frontiera esterna comune contro gli ingressi di natura irregolare. Vanno altresì sottolineate le implicazioni internazionali connesse al fatto che tali flussi, partendo dal territorio turco, approdano in Italia, considerandola come transito, per tentare di proseguire verso altri Paesi come Olanda, Francia e Germania in particolare, dove risiedono da tempo consistenti collettività curde.
L’Italia come primo approdo viene quindi a trovarsi in una posizione non facile in ambito Schengen.
Nel fare fronte a tale ultima emergenza, il Governo ha adottato un atteggiamento certamente attento al profilo umanitario ed all'accoglienza, impegnandosi ad esaminare le richieste per la concessione dell'Asilo con spirito positivo, ma nel rigoroso rispetto delle Convenzioni di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato politico e di Dublino del 1990 in materia di domanda di esame di asilo politico. Le richieste finora presentate (circa 882) vengono quindi valutate, come previsto dal nostro ordinamento, su base individuale: in altre parole essere di etnia curda non significa avere automaticamente diritto al riconoscimento dello Status di rifugiato.
Al tempo stesso si è proceduto al rimpatrio di numerosi clandestini di altra nazionalità, giunti assieme ai curdi, il cui tentativo di immigrazione illegale riposava esclusivamente su motivazioni economiche.
Il Governo ha inoltre intensificato l'azione di salvaguardia dei confini esterni dell'area Schengen mediante una rafforzata cooperazione con tutti i Paesi coinvolti. In tale ottica, il Ministro degli esteri Dini ha compiuto interventi diretti sia sul Ministro degli Esteri della Grecia, Paese di transito dei flussi migratori, che sulle Autorità di Ankara, allo scopo di instaurare una efficace collaborazione ai fini del contenimento di tali flussi.
In tale contesto, va collocata la riunione, su iniziativa dell'Italia, dei Capi delle Polizie a Roma in data 8 gennaio con la partecipazione dei Paesi più direttamente interessati tra i quali la Turchia con la quale si è stabilita una efficace cooperazione nel contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono il lucroso traffico dei clandestini.
Un primo significativo risultato è stata la reazione positive del Governo turco che si è dichiarato pronto a raccogliere tutti i clandestini di cittadinanza turca, nonché quelli di altra cittadinanza giunti in Italia provenendo dalla Turchia.
Un ulteriore impulso alla lotta all'immigrazione illegale è dato sia dagli incontri italo-turchi a livello di funzionari svoltisi a Roma nei giorni 27/28 gennaio che dalla successiva riunione del 3 febbraio scorso con la partecipazione di 12 Paesi europei, tra i quali la Grecia e la Turchia, riunione che ha costituito il seguito operativo di quella del Capi delle Polizie tenutasi l'8 gennaio a Roma.
Nel caso della Turchia, nella considerazione dell’attuale atteggiamento fortemente contrario di quelle Autorità alla conclusione di un Accordo di Riammissione nonché dell’emergenza costituita dai flussi di emigrati di etnia curda provenienti dalla Turchia stessa e dal nord dell'Iraq, assume un ruolo fondamentale la concreta collaborazione fra le Forze di Polizia.
Ho accennato più sopra alla necessità di un Accordo di Riammissione con la Grecia il cui negoziato è in corso e speriamo di concludere nelle prossime settimane.
Alla preoccupazione tuttora persistente, sia pure alquanto attenuata, circa i controlli sulla immigrazione clandestina e sulla espulsione di cittadini di Paesi terzi immigrati illegalmente, il Governo ha inteso corrispondere con il nuovo Disegno di Legge definitivamente approvato dalle Camere il 20 febbraio scorso - in materia di immigrazione - la nuova Legge teste approvata si basa su un giusto equilibrio tra una politica di ingressi legali programmati e regolati di immigrati - ai quali sono riconosciuti tutti i diritti civili e sociali - e, dall'altra, una politica di severo contrasto alla immigrazione clandestina, al traffico di clandestini, nonché alle forme di criminalità.
D'altra parte il Governo è consapevole che la dimensione del complesso fenomeno della immigrazione va ben oltre la risposta di un solo Paese ed ha da tempo sollecitato la solidarietà e la responsabilità europee. Al Consiglio Europeo di Lussemburgo di metà dicembre si è inoltre insistito affinché l'Unione Europea non finisca per costruirsi come fortezza assediata, ma sappia guardare oltre i confini dell'integrazione, associando Paesi a vocazione europea, come la Turchia, e aprendosi a più incisive politiche di cooperazione verso i Paesi maggiormente tributari dì flussi migratori verso l'Italia.
Su queste linee l'On. Ministro Dini si è espresso l'8 gennaio scorso presso le Commissioni congiunte Esteri ed Affari Costituzionali alla Camera dei Deputati.
Mi sono soffermato sulla immigrazione albanese e curda, Signor Presidente, per sottolineare che l'impegno specifico del Ministero degli Affari Esteri è come sempre rivolto ad assicurare, tanto sul piano bilaterale che su quello multilaterale la collaborazione in grado di contrastare efficacemente l’immigrazione clandestina, nonché di realizzare il loco quelle migliori condizioni di vita che consentano di contenere tale fenomeno.
In ambito Schengen, il Comitato Esecutivo di Vienna del 15 dicembre ha adottato un insieme di misure al fine di migliora, e la protezione dell'area Schengen da ingressi illegali; tali misure dovranno essere adottate da ogni Paese, in conformità della sua legislazione nazionale.
In ambito Unione Europea, la Presidenza ha presentato, in applicazione della raccomandazione del Consiglio Europeo di Lussemburgo del 14 dicembre, un Piano d'azione in 46 punti per far fronte all’afflusso di emigranti clandestini provenienti dall’Iraq e dalle regioni limitrofe, Piano che è stato approvato dal Consiglio Affari Generali di Bruxelles il 26 gennaio.
Signor Presidente, Onorevoli Parlamentari,
ho qui tracciato un quadro sintetico dello stato e delle problematiche di attuazione della Convenzione di Schengen che è stata messa in applicazione dall’Italia a partire dal 26 ottobre dello scorso anno e che troverà piena e definitiva applicazione tra poche settimane con la completa abolizione dei controlli alle frontiere terrestri e marittime. La nostra partecipazione in Schengen con la conseguente gestione di uno "spazio integrato" nell'interasse comune rappresenta una sfida impegnativa a cui l’Italia vuole corrispondere nel modo più adeguato. Quel che abbiamo fatto - e la determinazione con cui lo abbiamo fatto - dimostra che intendiamo essere partecipi del Sistema Schengen nel modo più pieno.
Con l'ingresso dell’Italia e dell'Austria nel Sistema Schengen è stata in tal modo compiuta un'altra tappa importante nella costruzione dell'Europa dei cittadini che prese inizio con l'Atto Unico Europeo nel 1985, che per primo veniva ad identificare le cosiddette quattro libertà. L'Europa dei cittadini e della Moneta unica deve tuttavia essere capace di assicurare ai propri cittadini più sicurezza e maggiori opportunità per ciascuno. Al tempo stesso deve saper guardare, evitando di racchiudersi in se stessa, oltre i propri confini al fine di creare nuove solidarietà ed integrazioni a Sud come ad Est. A questi principi il Governo si è ispirato e si ispira con coerenza e continuità.
 

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