Commissione parlamentare consultiva in ordine
all'attuazione della riforma amministrativa

L'oggetto della legge n. 59 del 1997

La legge 15 marzo 1997, n. 59, "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa", avvia un'opera di riforma complessiva della Pubblica Amministrazione, articolata su quattro punti fondamentali, prevedendo:

la delega al Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, volti a conferire a regioni ed enti locali funzioni e compiti amministrativi dello Stato;

la delega al Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, volti a:

la delega al Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, volti a completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa;

l'autorizzazione al Governo ad emanare regolamenti di delegificazione riguardanti numerosi procedimenti amministrativi.

 

Il decentramento amministrativo

L'aspetto di maggior rilievo politico della riforma consiste nell'avvio di una poderosa opera di decentramento amministrativo, di conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, finalizzato ad instaurare il cosiddetto "federalismo amministrativo", ossia il massimo di federalismo possibile a Costituzione invariata.

La legge n. 59 ribalta il cd. "principio del parallelismo" tra funzione legislativa e funzione amministrativa delle regioni; ribalta cioè quel principio per cui, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione, le regioni esercitano funzioni amministrative tendenzialmente solo nelle materie per le quali hanno competenza legislativa. Con la legge n. 59 si afferma il principio secondo cui l'amministrazione è propria delle regioni e degli enti locali, anche nelle materie per le quali lo Stato esercita la funzione legislativa, salvo un ristretto elenco di materie per le quali l'articolo 1 della legge riserva l'amministrazione allo Stato (difesa, rapporti con le confessioni religiose, cittadinanza, moneta, ordine pubblico, amministrazione della giustizia, previdenza sociale, …).

La legge n. 59 ha avviato perciò un processo di riallocazione di funzioni amministrative, svolte precedentemente dallo Stato, che sono state conferite a regioni ed enti locali. La legge costituisce unicamente il primo stadio di un processo riformatore il cui sviluppo è stato previsto in varie fasi:

  1. I decreti legislativi che hanno individuato in maniera tassativa le funzioni ed i compiti mantenuti in capo allo Stato, elencando poi, seppur in modo puramente esemplificativo, le funzioni conferite a regioni ed enti locali.
  2. Le leggi regionali con cui ogni Regione ripartisce tra gli enti locali le funzioni ad essa conferite dallo Stato, trattenendo unicamente quelle funzioni che richiedono un unitario esercizio a livello regionale. Ogni regione alloca le funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo locale nel modo più consono alle proprie peculiarità territoriali, economiche e sociali.
  3. I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, con cui si provvede, con le modalità e nei termini stabiliti dai decreti legislativi, alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire nonché alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni ed enti locali. Il trasferimento dei beni e delle risorse deve "comunque essere congruo rispetto alle competenze trasferite" e comportare "la parallela soppressione o il ridimensionamento dell'amministrazione statale periferica, in rapporto ad eventuali compiti residui" (articolo 7, legge n. 59).
  4. 4. I decreti legislativi integrativi e correttivi, adottati entro un anno dall'entrata in vigore dei vari decreti, così da consentire al Governo la possibilità di ritornare su alcune decisioni, di integrare eventuali lacune, nel rispetto dei principi posti dalla legge n. 59.

 

L'organizzazione dell'amministrazione centrale

Il secondo pilastro della riforma è costituito dalla riorganizzazione dell'amministrazione pubblica.

A tal fine il Governo è stato delegato a razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri.

La delega ha previsto altresì il riordino degli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dall'assistenza e previdenza, nonché degli enti privati, controllati dallo Stato, che operano nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale.

La riforma dell'organizzazione pubblica è strettamente correlata al decentramento delle funzioni amministrative. La logica è infatti unica: decentrare a regioni ed enti locali tutte le funzioni che la legge non riserva espressamente allo Stato; successivamente riorganizzare l'amministrazione statale, centrale e periferica, basandosi sui compiti che residuano in capo a tale amministrazione.

I tempi che la legge, con le successive modificazioni ed integrazioni, ha posto per le due riforme sono stati volutamente diversi: entro il 31 marzo 1998 il Governo ha dovuto adottare i decreti legislativi con cui trasferire funzioni amministrative dallo Stato alle regioni ed agli enti locali; per i decreti legislativi di riorganizzazione dell'apparato centrale il termine è stato fissato al 31 luglio 1999, così da permettere di modellare il nuovo assetto dei Ministeri alla luce delle limitate funzioni che residuano allo Stato. Il decentramento comporta infatti l'alleggerimento delle funzioni statali, cui deve seguire uno snellimento dell'apparato statale, con l'accorpamento e la soppressione dei Ministeri le cui funzioni sono state in gran parte decentrate e con lo smantellamento, quasi totale, dell'amministrazione periferica dello Stato.
La riforma dell'organizzazione del Governo è stata realizzata con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, per quanto concerne la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per quanto concerne i Ministeri; secondo quanto previsto dall'articolo 55, comma 1, del decreto legislativo n. 300 la riforma dei Ministeri, passati da 18 a 12, dispiegherà pienamente i suoi effetti a partire dalla XIV legislatura.

 

La contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego

Terzo pilastro della riforma è la disciplina del lavoro pubblico. Su questo versante la delega è stata già quasi interamente attuata con l'adozione di due provvedimenti: il decreto legislativo n. 396 del 1997, in materia di contrattazione collettiva, ed il decreto legislativo n. 80 del 1998, che completa il processo di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, avviato con il decreto n. 29 del 1993, estendendo la privatizzazione anche alla dirigenza.

Con questi interventi normativi si realizza da un lato la definitiva applicazione del metodo della contrattazione collettiva anche al pubblico impiego e, dall'altro, la piena sottoposizione del rapporto di pubblico impiego, salvi casi marginali, alla disciplina del diritto comune.

L'aspetto maggiormente oggetto di riforma è stato quello della dirigenza. Anche la più alta dirigenza dello Stato è sottoposta alla disciplina dell'impiego privato, rimanendo escluse solo le carriere diplomatica, prefettizia e militare.

 

La semplificazione

Il quarto pilastro dell'impianto riformatore è rappresentato dalla semplificazione dell'azione amministrativa e dei rapporti tra amministrazione e cittadini.

Si riprende così un processo riformatore già avviato con la legge n. 241 del 1990 in tema di disciplina del procedimento e connessi istituti di semplificazione, nonché con la successiva legge n. 537 del 1993.

La semplificazione comporta il passaggio da una disciplina dettata quasi per intero dalla legge ad una disciplina di fonte regolamentare in materia di amministrazione, sia per quanto concerne l'organizzazione sia per quanto attiene ai procedimenti.

Sul primo versante, l'articolo 13 della legge n. 59 (che modifica l'articolo 17 della legge n. 400 del 1988) dispone che l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri, compresa l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, venga disciplinata con regolamenti. In questo modo si struttura il sistema normativo della nostra organizzazione pubblica su un modello di tipo francese, in cui la disciplina dell'amministrazione è riservata alla potestà normativa del Governo.

Sul versante dell'attività amministrativa, la legge n. 59 comprende un primo elenco di procedimenti da semplificare, successivamente modificato dalle leggi nn. 191 del 1998 e 340 del 2000, sostituendo alla vecchia disciplina, fondata su diverse leggi stratificatesi nel tempo, una nuova disciplina di rango regolamentare che risponda ai seguenti principi: riduzione del numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni che intervengono nel procedimento, riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti, riduzione del numero dei procedimenti amministrativi e accorpamento di quelli che si riferiscono alla medesima attività, soppressione dei procedimenti che comportino per l'amministrazione e per i cittadini costi più elevati dei benefici conseguibili.

Ulteriori norme di semplificazione sono state successivamente previste da una pluralità di atti normativi successivi alla legge n. 59 in materia di documentazione amministrativa, stato civile, certificazione anagrafica e dichiarazioni sostitutive.

Il processo di semplificazione è completato dalla previsione dell'adozione di testi unici divisi per settore di materia.

 

La Commissione parlamentare per la riforma amministrativa

L'articolo 5 della legge n. 59 del 1997 ha previsto l'istituzione della Commissione parlamentare per la riforma amministrativa, composta da venti senatori e venti deputati, la quale:

a) esprime i pareri sui provvedimenti attuativi della legge;

b) verifica periodicamente lo stato di attuazione delle riforme previste dalla legge e ne riferisce ogni sei mesi alle Camere.

Ai sensi della legge n. 59, la Commissione parlamentare per la riforma amministrativa è chiamata ad esprimere pareri su:

La Commissione parlamentare per la riforma amministrativa esercita una funzione di monitoraggio sull'attuazione della riforma amministrativa, riferendone ogni sei mesi alle Camere. La Commissione ha approvato al riguardo quattro relazioni semestrali nelle quali si è illustrato l'andamento del processo di riforma nel corso della legislatura e, infine nell'ultima seduta della Commissione nella XIII legislatura, ha approvato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle riforme previste al Capo I e al Capo II della legge.

 

Attività della Commissione non esaurita nella XIII legislatura

Il processo riformatore previsto dalla legge n. 59 del 1997 ha trovato attuazione nel corso della XIII legislatura attraverso l'emanazione di una pluralità di provvedimenti sia di rango legislativo che regolamentare sui quali la Commissione si è pronunciata in sede consultiva. Alla Commissione la legge attribuisce, come sopra ricordato, oltre alla funzione consultiva, anche il compito di controllo dell'attuazione del processo di riforma previsto dalla legge.

L'organo parlamentare dovrà seguire il processo di attuazione della riforma, della quale alcuni aspetti, peraltro, dovranno infatti essere ulteriormente definiti; in particolare per quanto riguarda le riforme previste al Capo I della legge si dovrà procedere al completamento delle procedure di trasferimento del personale e alla definizione del processo di aggregazione degli enti locali nelle forme associative, questioni per le quali il legislatore ha approntato nella XIII legislatura una disciplina di carattere transitorio (articolo 52, commi 1 e 2, della legge n. 388 del 2000 - legge finanziaria per il 2001). Per quanto riguarda il Capo II dovrà portarsi a compimento l'attività di riorganizzazione degli apparati ministeriali, procedendo alla ridefinizione dei ruoli del personale e della struttura del bilancio dello Stato sulla base della configurazione delle nuove strutture ministeriali.

Il disegno di riforma dell'amministrazione pubblica delineato ai sensi della legge n. 59 dovrà inoltre essere necessariamente rimodulato sulla base del nuovo assetto contenuto nella legge costituzionale di modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione, qualora essa fosse confermata dal referendum di cui all'articolo 138 della Costituzione.

 

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