Commissione parlamentare per le questioni regionali

Parere espresso, nella seduta del 10 novembre 1999, sul testo unificato C. 5830 cost. e abbinati, recante "Ordinamento federale della Repubblica"

La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

esaminato il testo unificato C. 5830 cost. e abb., recante "Ordinamento federale della Repubblica",

ESPRIME PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni e condizioni:

- con riferimento all'articolo 1, la Commissione rileva che l'intitolazione all'ordinamento federale della Repubblica non rispecchia i contenuti sostanziali del provvedimento, che costruisce un impianto autonomistico avanzato, ma non ancora riconducibile al modello federalista per la mancanza dei necessari interventi sulla struttura del Parlamento e la forma di governo. Tra l'altro, la nuova intitolazione porrebbe un problema di compatibilità anche con l'articolo 5 della Costituzione, aspetto questo che non sembra essere stato sufficientemente considerato. Pertanto, la riforma che si prospetta realizza un modello più spiccatamente autonomista, ma non ancora propriamente federalista. La nuova rubrica del titolo V può quindi essere accolta soprattutto per il suo significato programmatico.

- Con riferimento all'articolo 2, che definisce i vari enti territoriali come soggetti costitutivi della Repubblica, si osserva che la dottrina tradizionale insegna che nella Carta fondamentale il termine Repubblica viene impiegato con riferimento al concetto giuridico di Stato-istituzione o Stato-ordinamento, che si compone di tre elementi costitutivi (popolo, territorio e sovranità); in questo senso la Repubblica è comprensiva di tutti gli ordinamenti minori, intesi anche come formazioni sociali che in essa si sviluppano. Pertanto, la definizione della Repubblica come entità costituita dai vari enti territoriali è incompleta, perché pone apparentemente sullo stesso piano entità che non partecipano in modo paritario alla titolarità e all'esercizio dei poteri sovrani, dato che solo le regioni esercitano il potere legislativo e partecipano, sia pure in modo eventuale, alla funzione di revisione costituzionale. Ciò non vuole naturalmente sminuire il significato storico, socio-economico e politico degli enti locali, che sono comunità naturali addirittura preesistenti allo Stato unitario e sulle quali l'ordinamento repubblicano è fortemente radicato. A questo proposito anzi è significativa e prefigura uno sviluppo nella direzione di un effettivo federalismo la formulazione che costruisce la Repubblica dal basso partendo dagli enti territoriali di base, cioè dai comuni.

Per quanto concerne l'esplicitazione del principio di sussidiarietà, la Commissione condivide tale scelta, che è del resto in linea con quanto la Commissione stessa ha auspicato nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle problematiche della transizione costituzionale.

In merito al terzo comma del nuovo articolo 114 che afferma una sorta di riserva di amministrazione a favore dei comuni, enunciando il principio secondo cui la funzione amministrativa è di spettanza dei comuni medesimi, anche nelle materie di competenza legislativa statale e regionale, si esprimono perplessità per l'eliminazione radicale del principio della titolarità regionale delle funzioni amministrative, attualmente fissato dall'articolo 118, 1° comma della Costituzione, eliminazione che comporta che le regioni non abbiano la garanzia di alcun ruolo concreto. Infatti, dando per scontato che nelle materie riservate alla potestà esclusiva del legislatore statale, in concreto, la potestà amministrativa sia affidata all'apparato statale, appare problematico il riparto delle competenze nelle materie in cui allo Stato spetti la disciplina di cornice, prospettandosi la possibilità in astratto che tali funzioni siano svolte dallo Stato medesimo, dalle autonomie funzionali, da eventuali enti strumentali oltre che naturalmente dagli enti territoriali. Probabilmente tale aspetto risulterà rinviato alla legislazione statale che fissa la disciplina "cornice". Si osserva, inoltre, che il regime delle deroghe alla regola generica della titolarità comunale delle funzioni amministrative appare poco perspicuo anche sotto altro profilo. Anzitutto, la formula deve essere specificata nel senso che le deroghe a tale principio, riservate alla legge (statale o regionale), possano essere finalizzate non solo a consentire l'esercizio unitario delle funzioni (a livello nazionale o regionale), ma anche a permettere l'esercizio delle funzioni ad un livello intermedio, qual è quello provinciale. Del resto, è poi evidente che in moltissimi rami di amministrazione vi sono funzioni che non sono attribuibili ai comuni per ragioni anche non attinenti alle esigenze di esercizio unitario, per le quali – del resto - basterebbe la previsione del ricorso a semplici forme associative come quelle previste dal nuovo articolo 115, ultimo comma. Il quadro di incertezza è ulteriormente aggravato dal fatto che il nuovo articolo 117 conferisce allo Stato la potestà esclusiva di legiferare in materia di funzioni fondamentali degli enti locali: anche attraverso questa via può essere quindi ridotto l’ambito di azione delle regioni. D’altra parte, non può sfuggire che, dato il carattere elastico e non giuridico ma politico delle "esigenze di carattere unitario", nulla impedirebbe allo Stato e alle regioni di riappropriarsi comunque di quelle competenze amministrative che si vorrebbero tendenzialmente affidare alle comunità locali. Al riguardo, proprio per l'accennata natura non giuridica e ambivalente della sussidiarietà, essa non è efficacemente giustiziabile dalla Corte costituzionale, ma deve trovare la sua garanzia nella partecipazione degli enti locali alle decisioni legislative che li riguardano attraverso lo strumento del Consiglio delle autonomie locali, che viceversa è stato soppresso. In realtà, il terzo comma del nuovo articolo 114 costituisce un'esplicitazione solo parziale e quindi una forzatura del principio di sussidiarietà di cui al secondo comma. Il parere è pertanto, per questo profilo, condizionato alla soppressione - nell'articolo 2, 1° comma - del terzo comma dell'articolo 114.

    Inoltre, anche in relazione alle considerazioni svolte in appresso con riferimento alle città metropolitane, si propone, nel primo comma dell'articolo 114, dopo le parole "delle province", la soppressione della disgiuntiva "o" e la sua sostituzione con il segno di interpunzione ",".

Per quanto poi concerne aree e città metropolitane si ritiene che la disciplina di cui al secondo comma dell’articolo 115 sia poco perspicua e comunque inadatta a trovare collocazione in un documento costituzionale. Su questo aspetto il parere della Commissione è subordinato alla sostituzione della disposizione con altra che si limiti a prevedere la possibilità di istituire città metropolitane, anche con ordinamento differenziato.

- Con riferimento all'articolo 4 concernente le regioni ad autonomia differenziata e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Commissione condivide la scelta di riconoscere le cosiddette specialità storiche, persistendo tuttora i presupposti di carattere etnico-linguistico e di collocazione geopolitica che ne costituirono a suo tempo il fondamento. In tal senso la formulazione secondo cui le suddette regioni e province autonome "dispongono" di forme specifiche di autonomia è un dato assai significativo della nuova architettura dello Stato, in quanto emerge implicitamente da essa il carattere pattizio di tali ordinamenti regionali, nel rispetto degli obblighi internazionali su cui taluni di essi si basano, nel qual caso vanno osservate le procedure di informazione e di intesa con il partner internazionale. Peraltro, in una logica che attribuisca la generalità dei poteri legislativi alle regioni a statuto ordinario uno status differenziato può essere costruito non solo o non tanto su un maggiore ambito di autonomia normativa, quanto soprattutto su modelli procedurali che consentano la definizione di politiche differenziate concertate con le regioni a statuto speciale mediante meccanismi modellati ad esempio sull'articolo 21 dello statuto siciliano. Al fine poi di evitare che la specialità assuma una valenza "in negativo", si ravvisa la necessità di una normativa transitoria per consentire un rapido adeguamento degli statuti speciali ai poteri che via via si conferiscono alle regioni ordinarie (si veda la I disposizione transitoria del testo approvato dalla Commissione per le riforme costituzionali il 30 giugno 1997, che recita tra l'altro: "Gli Statuti delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta sono adeguati alle previsioni della presente legge costituzionale, in quanto più favorevoli, con legge costituzionale, su proposta deliberata dal Consiglio regionale entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge stessa. L'adeguamento dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige è adottato con legge costituzionale, nel rispetto delle forme particolari di autonomia e degli obblighi internazionali, su proposta dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano e successiva conforme deliberazione del Consiglio regionale".) e in generale alla più ampia sfera di autonomia che scaturirà a favore delle regioni ordinarie dall’approvazione del presente testo. Al riguardo si cita ad esempio la pienamente condivisibile abolizione del controllo governativo sulle leggi regionali. Inoltre si ritiene che sia da valutare l'opportunità o meno della sussistenza dell'istituto del commissario del Governo (vedi al riguardo lo statuto speciale della Valle d'Aosta). Su questo punto il parere è subordinato all’introduzione della citata norma transitoria.

- Con riferimento all'articolo 5 si osserva in generale che la più significativa limitazione dell'autonomia legislativa delle regioni è data dalla riserva esclusiva di competenza statale in materia di ordinamento civile (lettera i) del secondo comma del nuovo articolo 117. L'introduzione della clausola dei poteri residui diviene così ben poca cosa se si considera che le regioni potranno esercitare tali poteri solo nei rapporti amministrativi tra autorità pubblica e privati. Sarebbe pertanto necessario consentire alle regioni di legiferare anche in ordine ai rapporti civilistici, quanto meno a quelli strettamente connessi all'azione amministrativa.

Inoltre, l'elenco delle materie riservate allo Stato appare eccessivo soprattutto con riferimento a due settori nei quali il mantenimento o la riattribuzione allo Stato è incompatibile con un moderno assetto autonomistico: si tratta delle materie dell'ordinamento degli enti locali e della tutela dell'ambiente e dei beni culturali. In entrambi i casi si ritiene necessario prevedere una potestà legislativa concorrente di Stato e regioni.

Con riferimento alla potestà legislativa ripartita si suggerisce inoltre di configurare le leggi statali che fissano i principi fondamentali nelle materie di competenza regionale e che trasferiscono le corrispondenti funzioni alle regioni, come leggi rinforzate prevedendo che l’approvazione sia subordinata al parere della Commissione per le questioni regionali, integrata dai presidenti delle giunte regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e che in caso di parere negativo sia prescritta la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, riprendendo così una proposta formulata nel testo della cosiddetta Commissione Bozzi.

Il parere della Commissione è pertanto su questo articolo subordinato alle seguenti condizioni:

- è necessario che non vi sia alcuna deminutio delle competenze già attualmente spettanti alle regioni sulle singole materie;

Si ritiene inoltre doveroso segnalare l'opportunità di uno sfoltimento degli elenchi con riferimento a materie prive di rilevanza costituzionale, quale l'ordinamento sportivo, ovvero prive di rilevanza nazionale, come la disciplina dei sistemi statistici regionali.

- Con riferimento all'articolo 6, che concerne i rapporti con le altre regioni italiane ed estere e con Stati esteri, si ritiene che la potestà di stipulare accordi da parte delle regioni con soggetti ed enti nell'ambito dell'Unione europea debba essere riconosciuta ampiamente con procedure il più possibile semplificate; inoltre, per quanto concerne la possibilità delle regioni di concludere accordi con altri soggetti di diritto internazionale nelle materie di competenza, si propone di prevedere tale possibilità come normale esplicazione delle competenze regionali che solo in casi eccezionali e con puntuale motivazione possa essere limitata dal Governo. In caso di una tale limitazione governativa motivata, si ritiene opportuno, che essa posa essere impugnata dalla regione eventualmente con ricorso alla Corte costituzionale. Si ritiene anche opportuno inserire una disposizione che preveda che prima della stipulazione di un trattato internazionale concernente questioni particolari di una regione o provincia autonoma sia necessario consultare preventivamente la regione o provincia autonoma interessata. Infine, il comma 3 dell’articolo 118 deve essere modificato, sostituendo le parole: "la regione" con le seguenti: "le regioni e le province autonome di Bolzano e di Trento" e sopprimendo le parole: "e degli atti dell'Unione europea", in quanto il potere di recepimento degli atti dell'Unione europea è già ricompreso nel nuovo comma 5 dell’articolo 117.

- Con riferimento all'articolo 7, sul federalismo fiscale, si valuta positivamente l’ affermazione dell'autonomia finanziaria di entrata (oltre che di spesa) di tutti gli enti territoriali, svincolandola apparentemente dal precedente riferimento ad una legge statale, e prevedendo anche un fondo perequativo a beneficio dei territori con minore capacità fiscale pro capite, in quanto vi è dunque un significativo passo in avanti anche se va chiarito quale incidenza possa avere sull’autonomia di entrata la potestà legislativa concorrente in materia di "coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario", prevista nel nuovo terzo comma dell'articolo 117. Si osserva inoltre che, anche se risultano apparentemente poste sullo stesso piano le potestà tributarie di regioni ed enti locali, per questi ultimi, stante la riserva di legge di cui all’articolo 23 della Costituzione, dovrà sussistere a monte sempre un atto legislativo che attribuisca ai comuni e alle province il potere di istituire tributi. Alla gestione del fondo perequativo devono concorrere le regioni attraverso la Conferenza Stato-regioni.

Per quanto concerne il comma 5 dell’articolo 119, in tema di destinazione da parte dello Stato di risorse aggiuntive per lo sviluppo di zone determinate, si ritiene che tali eventuali finanziamenti straordinari debbano essere affidati alle regioni, che provvedono poi a destinarli nell’esercizio dei propri poteri di programmazione dello sviluppo.

- Con riferimento all'articolo 8, concernente i poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle regioni e degli enti locali, si osserva che la disposizione per un verso appare eccessiva, in quanto sembra astrattamente riferibile anche al mancato esercizio da parte delle regioni della potestà legislativa e non solo di quella amministrativa; dall'altro appare riduttiva, perché il potere sostitutivo è giustificato anche in taluni casi (si pensi alla materia urbanistica e della difesa ambientale) non rientranti nella fattispecie. In generale, si rileva che i poteri sostitutivi devono essere costruiti come coerente espressione della logica della sussidiarietà. Pertanto, il potere sostitutivo in caso di inadempienza da parte delle regioni spetta allo Stato, ma se l’inadempimento è riferibile ad enti locali esso deve fare capo alle regioni. Si potrebbe anche valutare l’eventualità di prevedere, per talune fattispecie, una procedura analoga a quella prevista dal diritto comunitario con il cosiddetto ricorso in carenza.

- Con riferimento all’articolo 9 la costituzionalizzazione della Conferenza Stato-regioni, da una parte non dà una risposta all’esigenza di garantire la presenza delle regioni nell’organo democraticamente legittimato alle decisioni politiche fondamentali, cioè nel Parlamento; dall'altra si tratta di una costituzionalizzazione "debole", che non fa della Conferenza un organo costituzionale perché il rinvio alla legge ordinaria per l’identificazione delle funzioni ad essa spettanti non garantisce ad essa una sfera di attribuzioni fissata da disposizioni di rango costituzionale.

- Con riferimento all’articolo 11 dell’a.C. 5830 la Commissione valuta negativamente la soppressione di tale disposizione che prevedeva l’istituzione del Consiglio delle autonomie locali, che costituisce in qualche modo la contropartita per gli enti locali del loro inserimento nel sistema regionale e la garanzia del rispetto del principio di sussidiarietà. Su questo punto il parere è subordinato al ripristino dell’articolo 11 del testo governativo, purchè naturalmente venga accolta l’idea che gli enti locali siano parte del sistema regionale.

- Con riferimento all'articolo 11, riguardante il ricorso alla Corte costituzionale avverso leggi statali o regionali, valuti la Commissione di merito l'opportunità di consentire l'impugnazione dell'atto legislativo anche prima della sua pubblicazione così da accelerare – dopo l'eliminazione dei controlli preventivi – le eventuali pronunce da parte della Corte costituzionale. Si osserva inoltre che viene mantenuta la discriminazione tra il potere statale di impugnazione delle leggi statali, che si estende a qualunque vizio, ed il corrispondente potere regionale limitato alla sola lesione della sfera di competenza regionale. Va inoltre valutata l'eventuale previsione della possibilità per gli enti locali di inviare osservazioni al Governo, relativamente al profilo della violazione da parte delle regioni delle competenze spettanti ai comuni in base al principio di sussidiarietà, ai fini dell'eventuale esercizio da parte del Governo medesimo del potere di impugnativa presso la Corte costituzionale; di conseguenza potrebbero essere opportunamente rimodulati i termini per l'esercizio dell'impugnativa medesima.

- Con riferimento agli articoli 16 e 17 del testo unificato, si segnala la necessità di eliminare le rigidità in essi presenti, che di fatto sanciscono l'intangibilità dei confini di regioni, comuni e province. Ciò in particolare con riferimento al quorum deliberativo che è pari alla maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto ed è quindi addirittura più elevato di quello stabilito per i referendum abrogativi di leggi ordinarie. Si ritiene inoltre necessario rendere possibile l'istituzione di nuovi comuni e nuove province anche non derivanti da fusione di enti preesistenti.

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