Commissione parlamentare per le questioni regionali

Incontro con il Consiglio regionale del Piemonte

(8 giugno 1998)

(Sintesi dei lavori)

Dopo che Sergio DEORSOLA, Presidente del Consiglio della regione Piemonte, ha rivolto parole di ringraziamento e saluto all'indirizzo della delegazione, Mario PEPE, Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel ringraziare a sua volta, chiarisce che la visita risponde a tre ordini di esigenze: sul piano del metodo si tratta di formalizzare e consolidare il raccordo tra il legislatore regionale e quello nazionale, secondo quanto auspicato dagli stessi presidenti dei consigli regionali; sul piano del merito è necessario verificare lo stato di attuazione della legislazione regionale di decentramento; infine, sul piano del "costume istituzionale" occorre superare qualsiasi forma di verticismo con una più intensa collaborazione tra organi statali e organi regionali.

Sergio DEORSOLA, Presidente del Consiglio della regione Piemonte, conferma che la richiesta di una vera e propria sinergia istituzionale nei termini prospettati dal Presidente Pepe è stata presentata nel recente convegno di Pescasseroli dalla Conferenza dei Presidenti dei consigli regionali. Passa quindi la parola al consigliere Marcello VINDIGNI, Presidente dell'ottava commissione, che illustra il disegno di legge n. 356, concernente il riordino delle funzioni amministrative della regione e degli enti locali, che si articola essenzialmente in due parti: la prima recante i principi del decentramento agli enti locali, la seconda dedicata alla istituzione della Conferenza Regione-autonomie locali. Nel ricordare che in passato la partecipazione delle autonomie ai processi decisionali è stata costante, sottolinea che ora si pone un'esigenza di aggiornamento della disciplina dei rapporti sul modello della Conferenza Stato-regioni. Egli precisa che il sistema delle autonomie nel Piemonte appare assai articolato, con più di mille comuni; ciò comporta l'esigenza di favorire i meccanismi associativi tra i comuni, per la quale è stato approntato un apposito disegno di legge, n. 350. Per quanto riguarda il disegno di legge n. 356, è probabile che la seconda parte del testo venga stralciata per una più veloce approvazione della normativa sul riordino generale delle funzioni amministrative.

Il consigliere Antonino SAITTA, capogruppo del partito popolare, sottolinea le difficoltà di attuare nel concreto il processo di federalismo amministrativo, difficoltà peraltro generalizzate e da imputare al fatto che tale processo comporta una assunzione di nuove responsabilità. Ritiene che l'attuazione della legge 59 sia ulteriormente complicata dalla ristrettezza dei tempi e dalla mancanza di una legge generale di riordino delle funzioni. Del resto, osserva che le proposte di riordino attualmente all'esame del Consiglio provengono dalla struttura regionale e quindi possono costituire tutt'al più dei meri processi di razionalizzazione, secondo uno schema di tipo centralistico che rivela un'impreparazione della regione a devolvere agli enti locali i propri poteri gestionali.

Il consigliere Giuseppe CHIEZZI, capogruppo di rifondazione comunista, giudica assai positivo che una commissione parlamentare abbia chiesto di incontrare un consiglio regionale, in quanto si assiste da tempo a processi di scavalcamento delle assemblee elettive da parte della Conferenza dei Presidenti delle regioni e della Conferenza dei Presidenti dei consigli regionali. Deve denunciare però un complessivo deficit di rapporti con il Parlamento nazionale, che si accompagna anche ad una carenza di rapporti tra la regione e le autonomie e anche all'interno del Consiglio stesso. E' in effetti mancato, a suo avviso, l'indispensabile confronto sui vari disegni di legge di riordino amministrativo. Conclude osservando che la regione Piemonte, da una parte, ha voluto accentrare laddove non le era consentito, dall'altra ha rinunciato a svolgere quel ruolo di centralità, che invece le compete, nel campo della programmazione e dello sviluppo economico.

Il consigliere RIBA, capogruppo del PDS, dopo aver premesso che la funzione legislativa dei consigli regionali si pone in realtà ad un livello di normativa secondaria, mentre la funzione gestionale è eccessivamente ampia, rileva che la riforma costituzionale rappresentava una prospettiva di netto superamento di questo improprio rapporto tra le funzioni della regione. Oggi, svanita la prospettiva della riforma costituzionale, pare assai difficile anche dare attuazione alla riforma amministrativa, che è sempre stata presentata come una sorta di anticipazione di quella costituzionale. E' mancato finora un dibattito di carattere generale sul riordino delle funzioni amministrative. Ritiene necessario attuare un coordinamento delle attività di tutte le commissioni consiliari, prendendo anche in considerazione specifiche proposte di legge presentate da vari enti locali nei diversi settori, da quello dell'agricoltura a quello del mercato del lavoro.

Interviene Sergio DEORSOLA, Presidente del Consiglio della regione Piemonte per precisare che nell'incontro con il sottosegretario Zoppi, che poteva essere un momento di dibattito generale, è purtroppo mancata la presenza di numerosi consiglieri.

Il consigliere Renato MONTABONE, capogruppo del Movimento popolari per l'Europa, ritiene che vi sia una certa confusione di ruoli tra i vari livelli di governo, mentre al contrario dovrebbe essere garantita alla regione una effettiva funzione legislativa e ai comuni e alle province dovrebbe essere assicurata la totalità della funzione amministrativa. Rileva che lo Stato centrale non ha contribuito ad una maggiore chiarezza ed anzi l'istituzione della Conferenza Stato-regioni-città ha aggravato la situazione, lasciando di fatto senza rappresentanza i piccoli comuni.

Il consigliere Silvana BORTOLIN, presidente della Commissione agricoltura, osserva che nel settore agricolo il processo di decentramento si deve realizzare su una riforma incompiuta, per di più in un contesto nel quale manca totalmente una cultura di autogoverno. L'incertezza sulle dotazioni di risorse che accompagneranno il trasferimento delle funzioni mette in allarme le burocrazie comunali, che temono di trovarsi di fronte ad un eccessivo aggravio di funzioni. Un'ulteriore difficoltà consiste nella definizione di un rapporto equilibrato tra le comunità montane e l'autonomia municipale.

Il deputato Dario ORTOLANO ritiene che vi siano due elementi irrinunciabili da realizzare: la riforma del Parlamento per il superamento del bicameralismo perfetto; l'attuazione di un reale decentramento caratterizzato da una precisa distinzione di ruoli e dalla garanzia di una selettività della funzione legislativa. Concorda sull'esigenza di trovare dei momenti costanti di raccordo tra il legislatore regionale e quello nazionale.

Il deputato Mario VALDUCCI sottolinea che il ruolo della Commissione per le questioni regionali, in questa fase di rallentamento del processo di riforma costituzionale, consiste nel verificare se la "riforma Bassanini" abbia sufficienti strumenti operativi per realizzare l'obiettivo del decentramento a costituzione invariata.

Il senatore Giorgio BORNACIN, nel ricordare che nel 1984 il professor Giannini ebbe a definire le regioni come dei "cavalli in mezzo al guado", ritiene che la situazione attuale non sia cambiata da allora. A suo giudizio il problema della delega delle funzioni si risolve nella questione delle risorse che effettivamente verranno trasferite. Cita al riguardo la preoccupazione delle province in ordine al trasferimento della rete viaria da parte dell'Anas in una situazione in cui non è chiaramente stabilito quali mezzi saranno attribuiti per la gestione dei nuovi compiti.

Il senatore Vittorio PAROLA si sofferma sulla complessità dell'attuale fase di evoluzione del sistema amministrativo italiano, caratterizzata da processi anche tra loro contrastanti; da un lato il risanamento economico non poteva che configurarsi come un processo di tipo centralista, dall'altro si sono sviluppati i vari movimenti federalisti e delle autonomie, che le leggi Bassanini hanno cercato di "canalizzare" in termini di concreta riforma normativa. Quanto al cosiddetto neocentralismo regionale, egli ritiene che esso possa avere un lato positivo se rivolto nei confronti dello Stato, mentre appare senz'altro elemento negativo se diretto a schiacciare le autonomie municipali. Si dichiara infine convinto che oggi il ruolo del parlamentare non sia più di rappresentanza sociale, ma piuttosto di tipo territoriale.

Il senatore Guido DONDEYNAZ rileva che lo scenario politico è profondamente mutato per l'impossibilità di pervenire ad una riforma in tempi brevi della Costituzione. Esprime inoltre preoccupazione per la possibilità che la riforma Bassanini sia di fatto "revocata" da provvedimenti legislativi di segno opposto.

Sergio DEORSOLA, Presidente del Consiglio della regione Piemonte riassumendo quanto emerso dalla discussione, ritiene che tre siano i punti su cui si è definito un chiaro consenso: il processo di decentramento non deve essere puramente formale; è necessario che nel suo ambito non si riproduca il rapporto tra Stato e regioni; è necessario impostare un metodo di lavoro comune tra i consigli regionali e la Commissione per le questioni regionali.

Mario PEPE, Presidente della Commissione parlamentare per le questioni, rimarcata la valenza strategica dell'incontro, conferma l'impegno della Commissione di affrontare le tematiche del decentramento attraverso l'approvazione di documenti di indirizzo al Governo. Ritiene che sia stata giustamente affermata la centralità del ruolo delle regioni, che peraltro si colloca a livello di legislazione e programmazione. Sottolinea infine il pericolo di un esautoramento delle regioni da parte delle grandi aree urbane.

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Incontro con la Giunta regionale del Piemonte

(8 giugno 1998)

(Sintesi dei lavori)

Enzo GHIGO, Presidente della giunta regionale del Piemonte, giudica eccessivamente ristretti i tempi dati alle regioni per attuare la riforma amministrativa, che risulta oltretutto sminuita - nella sua dichiarata valenza anticipatoria della riforma costituzionale - dal fallimento della "Commissione bicamerale". Deve inoltre sottolineare come nelle assemblee regionali manchino quei meccanismi, ormai presenti nel Parlamento nazionale dopo la riforma regolamentare, che tendono a realizzare un sistema di cosiddetta democrazia decidente; ciò costituisce a suo avviso un ulteriore fattore che ostacola l'attuazione della riforma amministrativa da parte delle regioni.

Roberto VAGLIO, assessore all'economia montana ed enti locali, premette che il mondo delle autonomie costituisce in Piemonte una realtà assai articolata, forte di 8 province, 1209 comuni e 45 comunità montane. Ciò ha fatto ritenere obiettivo prioritario quello di facilitare processi di aggregazione tra comuni; il relativo disegno di legge, peraltro, il n. 350, si trova ancora all'esame di un gruppo di lavoro. Anche il cosiddetto disegno di legge "madre", il n. 356, presentato al Consiglio lo scorso mese di settembre, è ancora all'esame della commissione referente. Sono poi seguiti i disegni di legge settoriali (il n. 372, in materia di economia montana; il n. 392, in materia agricola; il n. 402, in materia di mercato del lavoro; il n. 403, in materia di trasporto locale; il n. 409, in materia di rete di distribuzione dei carburanti). Si prevede entro la fine di giugno la presentazione di un unico disegno di legge per l'attuazione del decreto legislativo n. 112/1198. La valutazione complessiva sull'ulteriore decentramento agli enti locali è che, ad esempio nel settore agricolo, solo tre province (Torino, Cuneo, Alessandria) saranno sicuramente pronte ad affrontare il nuovo carico di funzioni.

Mario PEPE, Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel sottolineare che le regioni si qualificano soprattutto per la loro funzione legislativa, osserva che è necessario che esse si avvalgano massicciamente dello strumento della subdelega delle funzioni di gestione. Giudica inoltre importante dare garanzie ai piccoli comuni e afferma la necessità di un Ministero per le politiche agricole soprattutto per rappresentare gli interessi del Paese in Europa.

Enzo GHIGO, Presidente della giunta regionale del Piemonte, ritiene che una forte sinergia tra Stato e autonomie non possa consistere in un potenziamento della Conferenza Stato-regioni, come ha dimostrato recentemente il frequente definirsi di indirizzi concordati provenienti da regioni, province e comuni

Il deputato Umberto GIOVINE, nel rimarcare l'ambigua e pericolosa formulazione contenuta nell'articolo 55 del progetto di riforma costituzionale, rileva che se il decentramento andrà avanti, tutta da verificare è la propsettiva del federalismo, che deve, a suo giudizio, venire dalle regioni e non può essere, come alcuni credono, una devolution dall'alto. Ritiene, inoltre, del tutto erroneo aver voluto porre nello stesso piano regioni economicamente diversissime e tra loro assai lontane, se paragonate alla media europea.

Il senatore Vittorio PAROLA, nel rilevare che forse lo stallo della riforma costituzionale ha fatto gioire la burocrazia romana per il fallimento di un progetto che avrebbe portato a una nuova e diversa dislocazione del potere, osserva che oggi forze politiche che partono da posizioni differenti devono convergere su uno stesso obiettivo, che può essere raggiunto solo se il processo è in qualche modo guidato.

Dopo interventi degli assessori all'agricoltura Giovanni BODO e ai trasporti Antonino MASARACCHIO, che si dichiarano preoccupati per il rischio che il prossimo trasferimento di funzioni a enti locali impreparati nel settore agricolo e in quello dei trasporti provochi una situazione di caos, il presidente Mario PEPE si impegna a intervenire per evitare tale eventualità e ringrazia per l'utile occasione di confronto.

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