Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia
e delle altre associazioni criminali similari

INTERVENTO DELL'ONOREVOLE GIUSEPPE LUMIA
PRESIDENTE  DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA ANTIMAFIA

Ritengo che la giornata odierna rappresenti un momento di fondamentale importanza per la nostra democrazia, per due principali ragioni.
Innanzitutto l’incontro di oggi riconosce, ai massimi livelli istituzionali, la dovuta attenzione ed importanza ad un fenomeno, il traffico degli esseri umani, che per molto tempo non solo è stato sottovalutato ma, in alcuni casi, addirittura si è messa in dubbio la sua stessa esistenza.
Secondariamente, la giornata di oggi conferma ancora una volta come, in ambito europeo ed internazionale, il Parlamento italiano, attraverso l’inchiesta della Commissione parlamentare antimafia e l’indagine conoscitiva svolta dal Comitato Schengen, sia tra quelli più attenti e puntuali nell’affrontare le tematiche attinenti la lotta alla criminalità organizzata unita alla tutela dei diritti delle persone.
Nell’ambito dei poteri e dei compiti conferiti dalla legge istitutiva, la Commissione parlamentare antimafia si è occupata del "traffico degli esseri umani", definendolo "un nuovo mercato criminale consistente nel reclutamento, nell’illecito trasferimento – e nella successiva introduzione – prevalentemente per fini di lucro, di una o più persone, dal territorio di uno stato ad un altro ovvero all’interno dello stesso stato. Al trasferimento da uno stato di origine ad uno di destinazione possono seguire comportamenti finalizzati allo sfruttamento sessuale ed economico dei migranti, ottenuto attraverso l’utilizzo della violenza, del ricatto e dell’inganno".
Nessuna istituzione o altro organo parlamentare prima della Commissione ha mai svolto in precedenza un’inchiesta su questo fenomeno criminale in Italia.
I lavori, durati tredici mesi e coordinati dalla senatrice Tana de Zulueta, si sono articolati in diverse fasi, nel corso delle quali si è provveduto a svolgere specifici sopralluoghi in Puglia e in Albania, a raccogliere materiale documentale, a effettuare audizioni di magistrati, di investigatori, di funzionari ministeriali e di rappresentanti delle associazioni del volontariato operanti nell’ambito dell’accoglienza e assistenza agli immigrati.
Questa importante ed impegnativa inchiesta ha consentito alla Commissione di produrre una relazione che, il 5 dicembre 2000, dopo essere stata approvata all’unanimità dall’interno plenum, è stata inviata immediatamente ai Presidenti delle Camere.
La relazione della Commissione parlamentare antimafia ha oggettivamente messo in evidenza come l’elemento di novità riscontrabile rispetto al passato sia rappresentato dal fatto che il traffico degli esseri umani è gestito da organizzazioni criminali di tipo mafioso, le quali si sono inserite nei flussi migratori, sempre più ingenti e provenienti da paesi poveri, in guerra, sovrappopolati, in cui non esiste o è molto ridotta la tutela dei diritti umani e come, agli albori del XXI secolo, la nostra società si trovi nella condizione di dover lottare contro la schiavitù che, non solo non è mai scomparsa, nonostante i numerosi provvedimenti legislativi di abolizione promulgati in tutto il mondo ma, rispetto al passato, si è modificata ed è penetrata anche nel continente europeo.
In Italia, la Direzione nazionale antimafia ha effettuato due specifici monitoraggi nelle 164 procure nazionali, constatando che, dal 1° gennaio 1997 al 30 giugno 1999, in sette processi i giudici hanno applicato l’articolo 600 del c.p. attinente la riduzione in schiavitù.
Secondo le stime fornite dallo studioso Kevin Bales, dell’Associazione contro le schiavitù di Londra il numero dei nuovi schiavi nel mondo ammonterebbe a 27 milioni di persone mentre, secondo il vice segretario dell’Onu, Pino Arlacchi, gli esseri umani privati completamente della loro libertà di azione e di movimento mediante l’utilizzo della violenza, del ricatto e dell’inganno sarebbero 200 milioni.
Si tratta certamente di stime molto diverse tra di loro, basate su modalità di rilevazione e di calcolo diverse; tuttavia stiamo parlando di milioni di persone, soprattutto di donne e di bambini, sulla cui pelle le mafie realizzano un fatturato annuo stimato tra i sette e i tredici miliardi di dollari.
Questa ingente quantità di ricchezza viene riciclata da una parte attraverso investimenti per il mantenimento dei traffici illeciti, primo fra tutti quello della droga, e per corrompere persone appartenenti ai settori della politica, della burocrazia, della diplomazia, delle forze dell’ordine e dell’apparato giudiziario, mentre un’altra parte di questo fiume di denaro viene riciclato all’interno di circuiti finanziari legali, avvalendosi della consulenza di qualificati esperti e dell’utilizzo di moderne tecnologie.
Un esempio emblematico in tal senso è quello del trafficante croato Josip Loncaric, arrestato a Lubiana lo scorso 27 novembre 2000. Partito come tassista di immigrati in attesa di varcare illegalmente il confine italo-sloveno, Loncaric e la sua compagna cinese hanno creato un’organizzazione criminale specializzata nel traffico delle persone dalla Cina, dalle Filippine, dal Bangladesh e dall’est Europa, i cui fatturati criminali hanno consentito loro di acquistare una compagnia aerea privata con sede a Tirana, impiegata successivamente per scopi illeciti.
Il traffico degli esseri umani si dimostra dunque un grande business criminale, ma anche una delle forme più drammatiche di violazione dei diritti umani, in cui le vittime sono considerate come una merce che si compra, si vende, si scambia, si usa e, quando necessario, si sopprime.
A questo proposito, la relazione della Commissione parlamentare antimafia ha riportato i dati del Ministero dell’Interno, in base ai quali si segnala come dal 1992 al 1999 il numero delle donne straniere oggetto di omicidio è passato dal 6,8% al 23,1%.
Le 186 donne straniere, soprattutto giovani ragazze albanesi e nigeriane che hanno tentato di sottrarsi all’esercizio coatto della prostituzione, assassinate nel 1999 impongono a tutti quanti noi di riflettere sul fatto che gli immigrati presenti nella nostra nazione, così come quelli presenti in altri paesi europei, sono anche oggetto di reato e non esclusivamente soggetto di reato, come in alcuni casi superficialmente si afferma.
La Commissione parlamentare antimafia, dunque, ha deciso di indagare sul traffico degli esseri umani per poter fornire al Parlamento e al Paese un contributo di conoscenza corretto del fenomeno, finalizzato, prima di tutto a consentire al legislatore di poter promulgare i provvedimenti ritenuti più idonei per contrastare questo crimine contro l’umanità - come è considerato il traffico dalla Corte penale internazionale – e, in secondo luogo, per evitare di confondere le vittime con i carnefici e non si ripetano più episodi di stampo razzista e xenofobo frutto di una errata, quanto superficiale, equazione tra immigrazione e criminalità.
La Commissione parlamentare antimafia ha constatato che il traffico degli esseri umani è gestito ed organizzato da un sistema criminale mafioso integrato, articolato su tre distinti livelli, tra i quali sussistono rapporti di interdipendenza e di complementarietà.
Ad un primo livello, operano le cosiddette organizzazioni etniche che pianificano e gestiscono lo spostamento dal paese di origine a quello di destinazione di loro connazionali.
Ad un secondo livello, si trovano organizzazioni criminali operanti negli stati di transito o nei paesi confinanti con i paesi di destinazione. A queste organizzazioni compete lo svolgimento della fase operativa del viaggio illegale dei migranti, consistente nella pianificazione dei trasporti, degli alloggi, dell’introduzione illecita degli immigrati in un altro territorio di transito ovvero all’interno del paese di destinazione.
Infine, ad un livello basso, si trovano un grande numero di organizzazioni criminali minori che operano sia su commessa delle organizzazioni di medio livello sia nei confronti di singoli immigrati dotati di un capitale proprio.
Al livello basso, dunque, si effettuano in concreto la ricezione e lo smistamento degli immigrati, i trasporti, la consegna degli immigrati ad altre organizzazioni criminali e, infine, l’introduzione illecita nel paese di destinazione.
Il sistema appena descritto evidenzia come la criminalità organizzata abbia assunto un carattere di transnazionalità, in base al quale persone appartenenti a diverse nazionalità ed agenti contemporaneamente in più mercati illeciti, sfruttando il loro know how criminale, i mezzi e le rotte impiegate per altri traffici illeciti, hanno instaurato rapporti finalizzati alla realizzazione di rapidi ed ingenti profitti, approfittando anche dell’assenza di una specifica normativa internazionale comune contro il traffico di persone.
In questo nuovo mercato criminale, come ho ricordato in precedenza, operano organizzazioni criminali aventi le caratteristiche di cui all’articolo 416-bis del codice penale, che gli investigatori hanno denominato altre mafie o nuove mafie.
Queste ultime, composte in particolare da cittadini di nazionalità albanese, nigeriana, cinese, russa e turca, mediante il traffico degli esseri umani si sono infiltrate in territori nuovi al di là dei loro confini nazionali ed hanno dato inizio, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, ad un processo di radicamento negli stessi, stabilendo relazioni d’affari con le mafie autoctone.
La Commissione parlamentare antimafia, infatti, durante lo svolgimento della sua inchiesta sul traffico degli esseri umani ha avuto modo di constatare come tra le compagini criminali straniere e quelle autoctone si assista ad uno scambio di servizio ovvero di prodotti illeciti. Un esempio in questo senso è costituito dagli sbarchi di immigrati sulle coste meridionali italiane. In questo caso, le mafie autoctone forniscono assistenza logistica e controllano il territorio per evitare indesiderate azioni delle forze dell’ordine, ottenendo in cambio la fornitura di partite di droga, armi, tabacchi ovvero percependo un compenso monetario prestabilito o per ogni sbarco effettuato o quale tassa di occupazione del territorio per l’esercizio della prostituzione o lo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti.
Tra il 1999 e il 2000 sono sbarcati illegalmente e sono stati successivamente rintracciati 76.816 immigrati provenienti da più di 50 nazioni del mondo, che vanno dalla Cina al sud est asiatico, dall’Europa centro-orientale al subcontinente indiano, dall’Africa all’America Latina.
Rispetto al 1999, la Commissione parlamentare antimafia ha messo in evidenza come le rotte del traffico di esseri umani si siano spostate dalla Puglia verso la Sicilia e la Calabria, per quanto riguarda la parte meridionale dell’Italia, e sulle coste del Friuli Venezia Giulia, del Veneto, della Riviera Romagnola e marchigiana per quanto attiene alle regioni del centro nord del Paese.
I trafficanti introducono illegalmente gli immigrati nella nostra penisola anche attraverso i confini terrestri, in particolare quello che separa l’Italia dalla Slovenia e quello italo-francese.
Rispetto agli sbarchi in massa che si registrano sulle coste meridionali del paese e che avvengono mediante l’impiego di gommoni provenienti dall’Albania o di vecchie "carrette del mare" salpate da porti turchi e libanesi, l’entrata illegale dai confini terrestri è meno visibile e tende ad essere perciò meno considerata dai mezzi di informazione. Non per questo, come ha evidenziato la Commissione, il fenomeno è meno rilevante, se solo si considera che nel corso dell’ultimo anno, al confine italo-francese sono stati rintracciati quasi 5.000 immigrati e sul confine italo-sloveno sono stati rintracciati più di 9.000 immigrati a fronte di una stima, fornita dalla Procura della Repubblica di Trieste, di 35.000 persone.
Il trasporto dal paese di origine al nostro Paese accende un debito che la maggior parte degli immigrati, privi spesso di un capitale proprio, sono costretti a risarcire mediante lo svolgimento di un’attività forzata, in condizioni sfruttamento e di totale asservimento, all’interno di specifici mercati, che la Commissione parlamentare antimafia ha individuato nel lavoro nero, nella prostituzione e nell’accattonaggio. Gli investigatori, inoltre, sospettano che nei confronti di alcune persone non pienamente in possesso della completa capacità di intendere e di volere, si eseguano anche espianti forzati di organi umani.
Le somme che gli immigrati pagano per poter usufruire di un trasporto illegale assistito o per essere stati forzatamente trasportati, variano a seconda di una serie di circostanze, tra le quali: il percorso che devono compiere, i mezzi di trasporto e gli alloggi utilizzati, la documentazione, contraffatta o falsa, necessaria per transitare ovvero per entrare in un paese di transito o di destinazione.
Un immigrato cinese, ad esempio, può impiegare anche due anni per raggiungere l’Italia e paga una somma pari a 25-30 milioni che, in seguito, risarcirà con gli interessi, lavorando in nero 18-20 ore al giorno, per un notevole numero di anni e in condizioni di vera e propria riduzione in schiavitù.
Molte ragazze, provenienti dall’Europa dell’Est, dall’Albania o dalla Nigeria, vengono portate in Italia dopo essere state rapite e stuprate ovvero ingannate con false promesse di un lavoro ben retribuito una volta giunte a destinazione, se non quando raggirate mediante la non veritiera promessa della celebrazione di un matrimonio.
Queste giovani donne, molto spesso minorenni, sono oggetto di un commercio bieco nel quale, oltre ad essere oggetto di scambio tra diverse organizzazioni criminali, sono sovente comprate e vendute per somme che vanno dai 3 ai 20 milioni.
Giunte in Italia, esse sono costrette a prostituirsi lungo le strade e ad incassare un fatturato quotidiano prestabilito al fine di risarcire il debito che il loro "padrone" ha sostenuto per acquistarle.
Il mancato raggiungimento dell’incasso quotidiano prestabilito che, secondo stime dell’Interpol, arriva mediamente a 10.000 dollari al mese, sottopone automaticamente queste ragazze a brutali forme di violenza che possono estendersi anche nei confronti dei loro figli o dei loro familiari in patria.
Infine, è necessario non dimenticarsi dei bambini che sono sottoposti a forme di sfruttamento sessuale, come hanno recentemente messo in evidenza le inchieste sulla pedofilia, e a forme di sfruttamento economico, mediante la costrizione all’accattonaggio lungo grandi vie di comunicazione o nelle stazioni ferroviarie.
Dobbiamo prendere atto che la schiavitù è presente quotidianamente tra di noi e affermare con forza che lo sfruttamento degli immigrati nei paesi di destinazione è possibile, soprattutto in relazione al lavoro nero e alla prostituzione, perché a rappresentare la domanda all’interno di questi mercati illeciti, ci sono imprenditori senza scrupoli e milioni di persone che acquistano sesso a pagamento (9 milioni in Italia).
L’Italia, mediante l’applicazione della legislazione in materia di immigrazione prevista dal Testo Unico n. 286 del 1998, ha dimostrato di essere all’altezza della situazione, nel perseguimento degli obiettivi di governo dei flussi migratori, di contrasto efficace all’immigrazione irregolare e di favoreggiamento dell’integrazione di cittadini di altre nazionalità all’interno della società italiana.
Tra il 1998 e il 2000, sono stati allontanati dal territorio italiano perché sprovvisti dei requisiti previsti dalla legge 341.928 immigrati, di cui 192.584 rimpatriati e 149.344 intimati.
Negli ultimi due anni 37.230 immigrati sono transitati presso i Centri di permanenza temporanea per essere debitamente identificati e successivamente rimpatriati o riconosciuti come aventi diritti allo status di rifugiato.
Dal 1997 per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono state arrestate 2.983 persone, tra i quali soprattutto cittadini di nazionalità albanese (22% pari 443 unità) e italiana (18% pari a 361 unità); in aumento del 151% sono i cittadini di origine cinese, con 108 arresti nel corso dell’anno 2000.
Nello stesso arco temporale, le denunce per la medesima fattispecie di reato sono state 3.574, registrando un aumento complessivo del 58%. In questa categoria, negli ultimi due anni, i cittadini italiani occupano il primo posto con 520 persone denunciate (26% del totale denunce), seguiti da cittadini di nazionalità albanese con 349 persone (18% del totale denunce) e da cittadini di nazionalità cinese con 133 persone (7% del totale denunce).
Un dato significativi, particolarmente evidenziato dalla Commissione parlamentare antimafia, è l’applicazione dell’articolo 18 della legge sull’immigrazione che consente di fornire un permesso di soggiorno temporaneo alle vittime della tratta. Esso rappresenta uno strumento normativo efficace, a cui anche altri paesi del mondo guardano con attenzione e come modello, in quanto permette di creare un connubio tra la doverosa necessità di proteggere i diritti delle vittime e quello di attuare una efficace repressione penale.
A tal riguardo, infatti, osservando con attenzione particolare il lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Trieste, la Commissione ha potuto constatare che al centro dell’attività investigativa è necessario porre le vittime del traffico le quali, nel momento in cui percepiscono di essere protette e di essere debitamente assistite in un percorso di recupero e di reintegrazione sociale, sono disposte a fornire utilissime informazioni sugli attori e sulle modalità attraverso le quali il traffico degli esseri umani si realizza.
L’articolo 18 ha sinora consentito di liberare dalla schiavitù e dalla violenza 726 immigrati, di cui 675 donne costrette all’esercizio coatto del meritricio.
La Commissione ritiene che si debbano, da una parte, adottare idonee modifiche legislative per estendere quanto previsto dall’articolo 18 anche nei confronti dei familiari rimasti in patria, spesso sottoposti a minacce e atti di violenza e, dall’altra, che si emanino apposite linee guida, da fornire successivamente alle questure, al fine di evitare una applicazione non uniforme sul territorio nazionale della normativa in oggetto, come la Commissione ha potuto invece constatare.
Cosa fare? Al nostro dovere costituzionale di assistenza, di accoglienza e di integrazione degli immigrati, dobbiamo necessariamente dimostrare nei fatti di essere in grado di approvare rapidamente le idonee modifiche legislative che garantiscano i diritti fondamentali delle persone, la nostra sicurezza nazionale e quella dei cittadini.
I criminali implicati nel traffico di persone, devono essere riconosciuti come appartenenti a sodalizi criminali organizzati di tipo mafioso. Pertanto, essi devono essere sanzionati in base all’articolo 416-bis, a loro devono essere confiscati tutti i beni e le ingenti ricchezze illecitamente accumulate e le indagini devono essere affidate alle direzioni distrettuali antimafia.
Dobbiamo inoltre fare in modo che il Parlamento approvi al più presto il progetto di legge licenziato dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati lo scorso dicembre e il cui esame in Assemblea è già iniziato, che prevede l’introduzione nel codice penale della fattispecie di reato di "traffico degli esseri umani" e che ratifichi la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e due protocolli aggiuntivi, relativi all’organizzazione dell’immigrazione clandestina e alla tratta di esseri umani, in particolare di donne e bambini.
Appare necessaria inoltre, così come è già stato fatto in alcuni casi, promuovere la creazione di una banca dati centralizzata e di strutture investigative e giudiziarie specializzate nel contrasto ai fenomeni dell’immigrazione clandestina e della tratta dei migranti e migliorare il controllo delle frontiere.
Inoltre, i nostri sforzi si devono concentrare sulla promozione di una reale ed efficace azione di cooperazione internazionale con i paesi di origine e di transito dei flussi migratori che, partendo dall’ambito investigativo-giudiziario, si estenda anche a quello politico ed economico.
Significativo in questo senso, è il seminario tra Italia, Stati Uniti e Albania sulla prevenzione e la lotta al traffico delle persone, in particolare donne e minori, organizzato dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno, dal Dipartimento di Giustizia americano e dall’organizzazione per l’assistenza e formazione per l’azione penale nel dialogo transatlantico, che si sta svolgendo in questi giorni a Roma in virtù di un accordo bilaterale di cooperazione sottoscritto nel maggio 1998 tra gli allora presidenti Prodi e Clinton.
Il pericolo che le mafie costituiscono per la convivenza civile, per la democrazia e il mercato è attuale e reale.
La coscienza di questa minaccia, non ci deve intimorire, perché siamo un Paese che dispone di molti strumenti, conoscenze e risorse per contribuire a costruire una legalità organizzata, capace di estendersi anche al di là dei nostri confini nazionali.

Ritorno alla homepage delle commissioni bicamerali e d'inchiesta