Venerdì, 27 novembre 1998
I lavori hanno inizio alle ore 10,00.
PRESIDENTE. Questa seconda giornata del
Convegno sulla lotta alle mafie nel territorio ha come tema "Il ruolo degli enti
locali in alcune realtà straniere". Gli interventi svolti nella giornata di
ieri hanno fortemente contrassegnato il carattere di globalizzazione del fenomeno
criminale ed hanno anche evidenziato la necessità di dare una risposta unitaria e,
quindi, di delineare ununica strategia nei confronti del dilagare dei fenomeni
criminali non soltanto in Italia ma in diversi paesi del mondo. Le mafie senza frontiere
hanno bisogno anche di antimafie senza frontiere.
Poiché è stato rilevato il fatto che la
collaborazione malavitosa favorisce il crimine, dedichiamo la prima parte del Convegno di
questa mattina al ruolo degli enti locali in alcune realtà straniere, sempre in materia
di osservanza della legalità e delle condizioni di sicurezza che devono accompagnare lo
sviluppo delle imprese e della società.
Abbiamo oggi la presenza ed avremo il
contributo non solo dei sindaci italiani, ma anche di alcuni esponenti di enti locali
stranieri, che sono lonorevole avvocato Jean Marie Bockel, sindaco di Mulhouse
(Francia) e vice presidente del Forum europeo per la sicurezza urbana; il dottor David
Birch, commander of the Major Crime Unit of Merseyside (Gran Bretagna); il senatore
avvocato Jacques Peyrat, sindaco di Nizza e, infine, il dottor Carmine Russo, dirigente
FBI.
Dai nostri ospiti riceveremo sicuramente
un utile contributo per affrontare non solo le problematiche della sicurezza urbana
proprie degli amministratori nelle aree a rischio quindi, sapremo come operano gli
enti locali ma anche quelle delle polizie locali federali in paesi stranieri,
sempre nellottica delloperatività in rete e del collegamento con le forze di
polizia per frenare il fenomeno mafioso.
Do, quindi, la parola allonorevole
avvocato Jean Marie Bockel, sindaco di Mulhouse e vice presidente del Forum europeo per la
sicurezza urbana.
BOCKEL Jean Marie,
sindaco di Mulhouse e vice presidente del Forum europeo per la sicurezza urbana.
Signore e signori, svolgerò il mio intervento come avete già annunciato
innanzitutto come sindaco di Mulhouse, città industriale che conta 300.000 abitanti, che
si trova vicino alla Germania e alla Svizzera e che ha la caratteristica di avere nella
sua popolazione, anche in rapporto alla sua evoluzione industriale, una rilevante
comunità di stranieri (unimportante comunità turca e una dellAfrica
settentrionale) e in secondo luogo come vice presidente del Forum europeo per la sicurezza
urbana. Oggi, nella maggior parte delle città europee, come Mulhouse e Nizza
(interverrà in seguito il senatore Peyrat, sindaco di Nizza, che parlerà della propria
esperienza), la constatazione che in primo luogo facciamo è che la delinquenza,
soprattutto quella minorile, è in rialzo costante, così come limpunità dei
delitti commessi. Questo fatto comporta un rilevante problema per le nostre città. Si
constata, daltro canto, che quella che definirei politica sociale, politica di
prevenzione, politica occupazionale, che in Francia si chiama politica delle aree urbane,
che deve concorrere a far cessare la delinquenza ed alla quale credo molto, oggi è messa
in difficoltà, su alcuni territori dove si incontrano difficoltà, dal degrado dei
comportamenti, dalla destrutturazione di un certo numero di giovani e dalla
deresponsabilizzazione dei genitori e delle famiglie. Oggi assistiamo ad una richiesta di
sicurezza anche nelle scuole, nei trasporti pubblici, in campo sociale e in seno alle
comunità, comprese quelle degli immigrati. Quella che si chiama microcriminalità
del resto ci riporta allargomento oggi in esame è il terreno ideale per lo
sviluppo del crimine, dei traffici e della grande delinquenza.
A fronte di queste constatazioni i
sindaci, che in particolare si ritrovano in seno al Forum e che lavorano e riflettono
insieme, ritengono sempre di più che la sicurezza oggi debba essere assicurata nel
quotidiano e debba avere il carattere della coproduzione. Di fronte ai limiti della sola
azione della polizia o dei giudici rispetto a questi problemi, la risposta è spesso
inefficace, perché i mezzi di polizia sono a volte focalizzati su questioni più gravi.
Ebbene, di fronte a tali limiti della risposta è nato il concetto di coalizione locale
per la sicurezza urbana, che muove i passi dallidea sempre più accettata che ogni
reato commesso merita una sanzione adeguata (si tratta del concetto britannico di
"zero tolleranza"). Esso parte dallidea che la sicurezza riguarda tutti e
del resto il sindaco, quali che siano i suoi reali poteri nei vari paesi, si trova sempre
in prima linea di fronte ai suoi concittadini. Questa coalizione locale riunisce la
polizia, la giustizia, il sindaco, i servizi e i trasporti pubblici, le scuole, la casa, i
centri sociali, le associazioni, i cittadini e le famiglie.
Il concetto di contratto locale di
sicurezza è nato in Francia e quello che ho sottoscritto sei mesi fa consiste
innanzitutto nella definizione di un territorio pertinente (che può riguardare più da
vicino un quartiere o un settore particolarmente sensibile) e nella costituzione di quelli
che si chiamano gruppi locali di prevenzione della delinquenza (individuo per individuo,
tutti insieme per dare risposte concrete e durature a questo problema).
Successivamente vi è probabilmente
è la cosa più difficile la diagnosi della situazione del territorio. Se non vi è
un rilevamento comune della realtà dei problemi, non può esservi una definizione comune
delle priorità e della natura delle risposte da dare. Tuttavia, occorre che questa
diagnosi comune sia realizzata dai vari partner (prima citati), che hanno
evidentemente propri vincoli e priorità, e riguardi la natura della delinquenza, del
vandalismo, del racket e via dicendo. Naturalmente, partendo da questa diagnosi, si
coopera nel rispetto delle competenze di ognuno e ciò richiede una responsabilizzazione
degli abitanti, dei quali vanno ascoltate le richieste, e una valutazione delle misure
alternative al carcere: oggi molto spesso non esistono misure alternative al carcere in
materia di microdelinquenza, perché non cè tempo, perché vi sono troppi dossier;
questa situazione, rispetto alla considerazione che tutto merita una sanzione, non è
accettabile e ciò ha conseguenze molto drammatiche.
A partire da questo si cerca sempre più
di creare un efficace sistema di prevenzione, organizzato intorno allidea di
riparazione e di maggior considerazione della vittima, che molto spesso viene dimenticata.
Si tratta cioè di mettere la vittima e lattore uno di fronte allaltro,
attraverso un mediatore, con lobiettivo naturalmente di riparare al danno. Grazie a
questa mediazione, che può essere una misura alternativa al giudizio o ad esso posteriore
(penso in alcuni casi a misure riparatrici), si può raggiungere un obiettivo molto
importante: una maggior rapidità della risposta sia per la vittima sia per il delinquente
minore. Che cosa significa per un minorenne avere una risposta giudiziaria sei mesi o un
anno dopo i fatti accaduti? Rapidità ed anche accettazione dalle due parti; il mezzo
concreto per attuare questa prevenzione e riparazione è il moltiplicarsi di quelli che si
chiamano in Francia (esistono, però, anche in numerosi paesi europei) i casi di giustizia
e di diritto: il sostegno da parte degli enti locali, dei municipi nei propri servizi, di
misure riparatorie attraverso laffidamento di vari lavori di interesse generale e
se possibile di collegamento, nei casi di degradazione e vandalismo, con la
popolazione. È unidea, che si manifesta sempre più fortemente in vari paesi (come
Francia, Inghilterra e Italia), di responsabilizzazione dei genitori anche attraverso il
dialogo, in modo da farli riappropriare del loro senso di autorità.
Questa filosofia generale è molto
importante in Francia. Dallidea di tutela del minore dalla società si passa a
unidea, che non è contraddittoria ma complementare, di tutela della società. In
seno alla società spesso sono gli elementi più deboli a trovarsi di fronte a
comportamenti degradati e ciò evidenzia la necessità di rafforzare la risposta della
comunità, qualunque essa sia, sul proprio territorio, con lidea di generare un
controllo sociale informale come esisteva una volta.
Oggi si rileva il ritorno dei portieri,
cioè dei cosiddetti corrispondenti notturni che sono volontari, non solo per il vicinato
ma anche per i giardini e gli altri servizi pubblici; tutto questo richiede un
rafforzamento della loro presenza sul territorio accanto alla polizia. Si parla dei nuovi
mestieri, del deficit di sicurezza, di agenti di sicurezza di polizia, di impieghi
giovanili nei trasporti pubblici e di moltiplicarsi di guardiani negli spazi e servizi
pubblici.
A conclusione di questa mia testimonianza
voglio dire che lidea di coalizione locale, il controllo della sicurezza e
lidea di coproduzione di sicurezza è molto forte e poco alla volta può prendere
spazio nel territorio con una capacità di valutazione dei risultati abbastanza
spettacolare sulla piccola delinquenza e, quindi, sul crimine in generale. Questo sistema,
accompagnato da una efficace preparazione, organizzato in associazioni e con interventi
nelle scuole, nel settore economico, ha senso solo se oggi si provvede a creare la polizia
di quartiere. Poco a poco in Francia e non solo in Francia questa polizia di
quartiere sta cominciando ad esistere. Nei territori dove lordine non è rispettato
pienamente ciò è estremamente grave si fa strada lidea di polizia di
quartiere, che potrebbe significare il commissariato di quartiere, o la polizia a livello
di isolati, ormai scomparsa.
In alcuni paesi dEuropa possiamo
osservare la presenza del poliziotto in modo permanente sullo stesso territorio, il suo
riconoscimento da parte della sua gerarchia e laccettazione da parte della
maggioranza degli abitanti. Ciò è importante, perché in alcuni territori oggi le
persone non forniscono più testimonianze, dando prova dellesistenza di un certo
fatalismo. Penso che con il degrado della situazione nella quale ci troviamo, che
proseguirà ancora per un certo tempo, le cose potranno cambiare e riscontro sempre
maggiori segni anche nelle comunità degli immigrati presenti nel mio comune, che sono
numerosi ed importanti, con fenomeni qua e là di mafia.
A causa di questi fenomeni vi è sempre
più un senso di scontentezza e anche di distanza. Le persone sono mature, e noi vogliamo
fare in modo che si crei un clima di fiducia per accettare e sostenere la polizia di
quartiere. È anche importante che si diffonda il sentimento che questa polizia è
presente, identificabile, riconosciuta nella sua gerarchia, e che ha i mezzi tecnici e
scientifici per poter agire sul territorio, soprattutto contro il traffico di droga, e per
poter raccogliere informazioni. È questa la maglia debole, e vi sono paesi più avanti
rispetto ad altri. Per noi il ritorno della polizia di quartiere, che possa riconquistare
il territorio con il lavoro sociale, è diventata una priorità. Il lavoro di inserimento
potrà avere luogo con convinzioni corrette. Questo presuppone un grande dibattito che
oggi è in corso in Francia: lo dico anche come parlamentare.
Esistono territori in cui la polizia e la
gendarmeria sono presenti in modo soddisfacente; i problemi più gravi sono altrove, in
territori nei quali questa polizia di quartiere è praticamente scomparsa. Immaginate il
dibattito che attualmente cè in Parlamento su questa questione: ognuno,
intervenendo su tale problema, vuole difendere il proprio commissariato e la propria
gendarmeria; è legittimo, ma chiaramente non facilita il compito del Governo.
Ciò richiede naturalmente anche un buon
coordinamento e il rafforzamento del potere locale. In alcuni paesi europei, ad esempio,
il sindaco ha un ruolo molto importante; anche in Francia ha un ruolo importante, ma non
in materia di polizia. La scorsa settimana si è svolto il congresso dei sindaci di
Francia; si pone il problema del rafforzamento laddove ci sono dei vuoti da parte dello
Stato.
In sostanza, tutte queste misure non sono
certo sufficienti, ma sono necessarie perché non vi è sicurezza senza legame sociale. Ma
se questo è vero, è altrettanto vero che non vi può essere legame sociale e democrazia
vivente senza sicurezza. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio lonorevole Bockel per il suo intervento nel quale si è sottolineato ancora una volta la necessità di avere organismi a livello locale in materia di sicurezza; noi abbiamo il Comitato provinciale per lordine e la sicurezza. Naturalmente una innovazione rilevante sarebbe un contratto sociale per costituire una polizia locale per la sicurezza che potrebbe recuperare aree del territorio. Cedo ora la parola al dottor David Birch, comandante dellunità contro il crimine del Merseyside, regione che raggruppa una ventina di comuni, fra i quali la città di Liverpool.
BIRCH David, commander
of the Major Crime Unit of Merseyside. Signor Presidente, illustre generale Siracusa,
gentili ospiti, vi sono grato per lopportunità che mi avete offerto di rivolgermi a
questo uditorio. Come diceva il Presidente, sono membro di questo organismo della polizia
del Merseyside e sono comandante dellunità grandi crimini che si occupa della lotta
contro la criminalità organizzata. La nostra criminalità organizzata devo
sottolinearlo non è come la mafia, e siamo grati agli italiani per non aver
esportato finora la mafia nel Regno Unito. Sono oggi in rappresentanza della
Presidente dellautorità di polizia del Merseyside che si rammarica di non essere
qui con voi.
Largomento della mia breve
comunicazione sarà il ruolo delle autorità locali nella collaborazione con la polizia
per garantire che questultima risponda alle necessità della popolazione. La mia
città, Liverpool, si trova nel cuore del Merseyside. In Inghilterra e in Galles ci sono
43 Corpi di polizia, che hanno strutture, finanziamenti e controlli simili a quelli della
polizia del Merseyside. Quindi, ciò che vale per la polizia del Merseyside, è valido
anche per il resto della Gran Bretagna.
Il Merseyside è una grande area
metropolitana simile a quella di Napoli e descriverò oggi la struttura che ha la
responsabilità di garantire che la polizia faccia ciò che la comunità vuole; la polizia
è responsabile delle proprie azioni.
Vorrei innanzitutto parlarvi
dellarea del Merseyside per aiutarvi a capire quello che dirò nel mio intervento.
Negli ultimi anni questarea ha registrato dei tassi molto alti di disoccupazione, ma
oggi riusciamo con successo ad attrarre società ad alta tecnologia e di altri settori
industriali; abbiamo una manodopera delicata ed efficiente che continua ad attrarre
investimenti dallesterno dellarea. Una società indipendente di valutazione ha
osservato che i lavoratori del Merseyside sono per il dodici per cento più produttivi
della media nazionale. Chiaramente un aumento di fiducia porta anche a miglioramenti
nelleconomia come è stato detto ieri in questa sede. Cè una eccellente
infrastruttura di trasporti che è in grado di rispondere sia alle necessità commerciali
e imprenditoriali che alle esigenze dei singoli. Nella regione è altresì presente una
eccellente rete autostradale; il porto di Liverpool, che negli ultimi dieci anni ha
contato moltissimi dipendenti, oggi movimenta oltre 33 milioni di tonnellate di cargo
allanno, cioè molto più che in qualsiasi altro momento della propria storia,
eppure solo pochi lavoratori operano in questo porto. Laeroporto di Liverpool è in
espansione e alla fine del 1998 avremo movimentato oltre 700.000 passeggeri. La rete
metropolitana è, nel Regno Unito, seconda per dimensioni soltanto a Londra, ovviamente, e
fornisce un eccellente struttura di trasporto a tutta la regione ed è ben collegata con
la rete nazionale.
Sebbene la disoccupazione si sia ridotta
negli ultimi mesi, la regione continua a soffrire di un tasso di disoccupazione superiore
ai livelli nazionali più o meno del 5 per cento. Il Merseyside attualmente beneficia dei
finanziamenti comunitari essendo unarea ricompresa nellobiettivo 1.
La regione ha una fiorente industria
dellarte e della cultura che, insieme allindustria turistica, conta circa
40.000 addetti e attrae circa 25 milioni di turisti allanno. Il settore dei servizi
sta nettamente sostituendo lindustria pesante degli anni Sessanta. Le tre
università sono fra le più grandi e le più popolari del Regno Unito e contano circa
40.000 studenti nelle varie facoltà. La popolazione del Merseyside è di circa un milione
e mezzo di persone; è una popolazione in via di invecchiamento, perché molti dei nostri
giovani si sono trasferiti altrove per cercare lavoro.
Tradizionalmente si tratta di unarea
di grande criminalità, che ha un rapporto diretto con lalto tasso di
disoccupazione, ma recentemente la criminalità si è molto ridotta; il tasso di
criminalità è sceso del 10 per cento nel 1997. Questo obiettivo è stato in parte
raggiunto grazie ad una stretta collaborazione con i Servizi di informazione e
concentrandoci sui criminali più attivi. Larresto dei criminali è aumentato del 3
per cento; stiamo lavorando per spezzare il circolo vizioso criminalità-disoccupazione, e
trasformarlo in circolo virtuoso lavoro-riduzione del crimine, con miglioramento
delleconomia.
Vorrei ora descrivervi come è strutturata
la nostra polizia. La polizia in Gran Bretagna è governata con un sistema tripartito. In
questo assetto la responsabilità dellattività di polizia è condivisa fra il
Governo centrale, il Capo della polizia e lautorità locale di polizia. Questo è un
sistema che fornisce pesi e contrappesi volti ad evitare che un singolo organo abbia un
controllo illimitato sulla polizia. Il Governo centrale copre l85 per cento del
bilancio della polizia e ha varie competenze, in primo luogo stabilisce gli obiettivi
nazionali di polizia, per quanto riguarda la lotta alla criminalità, quindi
lattività di prevenzione, di investigazione, di rilevazione dei crimini e di
riduzione della criminalità stessa. In secondo luogo, per quanto riguarda i servizi di
polizia della comunità, opera costruendo un miglior rapporto con i cittadini e con altri
enti per migliorare la qualità della vita locale. Proprio ieri in questa sede è stato
accennato alla necessità di essere liberi dalla criminalità e dalla paura. Sempre al
Governo centrale compete la gestione di richieste di intervento, la gestione del traffico
e la rassicurazione della cittadinanza con la promozione di un ambiente più sicuro.
Il Governo centrale promuove anche
lefficienza e lefficacia della polizia prevenendo e riducendo i crimini
violenti, i furti, affrontando il problema della droga che nel Regno Unito è il problema
più importante, e migliorando la nostra risposta alle richieste di emergenza. Fornisce
direttive di comportamento ai servizi di polizia, ispezionando i corsi di polizia e
valutandone le attività in tutto il Regno Unito, attività, queste, che sono prodromiche
alla emanazione di direttive di comportamento.
Gli ispettori del Governo centrale
esaminano regolarmente loperato dei corpi di polizia per garantire che rispondano a
determinati standard e per avere conferma che siano perseguiti gli obiettivi
dettati dal Governo centrale. Gli ispettori presentano poi le loro relazioni al Governo
centrale.
Lautorità di polizia fornisce il 15
per cento del bilancio della polizia stessa e ha i seguenti compiti: approvazione del
bilancio, le cui spese vengono coperte con tasse locali; determinazione degli obiettivi
locali della polizia, elaborati di concerto con lautorità nazionale, determinazione
degli obiettivi specifici volti al raggiungimento degli obiettivi più generali di
polizia; pubblicazione di un piano di polizia con una relazione annuale; infine nomina del
Capo della polizia e del Vice capo della polizia. Lautorità di polizia si riunisce
ogni mese e convoca regolarmente i vertici della polizia locale per rendere conto dei vari
interventi della polizia nel paese.
Queste riunioni sono aperte ai cittadini,
alla stampa e ai mezzi di informazione. Lautorità di polizia è composta da 17
componenti; per la precisione ci sono 9 consiglieri politici (che si candidano
allelezione per lautorità di polizia e vengono eletti dai 5 consigli
circoscrizionali del Merseyside), 3 giudici delle magistrates courts, ossia
di tribunali che corrispondono alle preture italiane, ed infine 5 componenti indipendenti,
che sono espressione dei consiglieri e dei giudici, cioè degli altri 12 componenti
dellautorità, scelti fra i membri della comunità locale di concerto con il
Ministro dellinterno che rappresenta il Governo centrale.
Il Capo della polizia (Chief Constable)
ha diverse competenze; innanzi tutto dirige e controlla la forza di polizia, che conta
attualmente 4.600 poliziotti e 2.000 dipendenti civili; la maggior parte di queste persone
dipende dai comandanti locali di polizia, che dispongono di un proprio staff e di
un proprio budget e sono responsabili delle attività locali di polizia cui sono
preposti.
Il Capo della polizia prepara inoltre la
bozza del piano di polizia, che viene rimessa allesame dellautorità di
polizia, e cura la pubblicazione di una relazione annuale che viene inviata sia al Governo
centrale sia allautorità di polizia, innanzi ai quali il Chief Constable è
responsabile. Questi ha inoltre la competenza di mantenersi nei limiti prefissati di
spesa; il bilancio della polizia del Merseyside è di circa 243 milioni di sterline.
È pacificamente riconosciuto che la
polizia deve stringere rapporti di collaborazione con altri enti; infatti la polizia del
Merseyside ha collaborato con lautorità di polizia e con gruppi locali della
comunità per elaborare un codice di comportamento. Tale codice contiene una promessa che
vincola la polizia: delinea infatti i livelli di servizio che devono essere assicurati
alla comunità, stabilisce la risposta che deve essere fornita alle emergenze e definisce
le forme della sorveglianza dei testimoni e delle vittime della criminalità; il codice
contiene anche norme relative alle persone sotto custodia, agli automobilisti ed alle
famiglie delle vittime. Le copie di questa sorta di "contratto sociale" sono
disponibili per tutti i cittadini e vengono affisse nei commissariati.
Se un cittadino ritiene che la polizia
della regione del Merseyside non abbia rispettato i parametri prefissati, o viceversa
pensa di aver ricevuto un buon servizio, può riferire le proprie opinioni rivolgendosi a
qualsiasi stazione di polizia, recandosi al commissariato, telefonando o inviandole per
scritto e queste verranno poi trasmesse ai dirigenti direttamente interessati.
I poliziotti del Merseyside hanno fatto
una promessa alla comunità, in sostanza hanno detto: "Il nostro compito è quello di
rendere il Merseyside più sicuro e raggiungeremo questo obiettivo proteggendo ed aiutando
la comunità; lavoreremo con dedizione, onestà, trasparenza ed integrità per creare un
ambiente più sicuro. Voi siete i nostri clienti, forniremo un servizio allaltezza
delle vostre esigenze e ci consulteremo regolarmente con voi per garantire il rispetto
delle vostre necessità".
Questo impegno è stato assunto da ogni
singolo poliziotto del Merseyside e lautorità di polizia controlla che venga
rispettato.
Riteniamo che la via del successo sia
quella di dare alla parte sana della popolazione ciò di cui ha bisogno; il consenso della
comunità è quindi considerato un aspetto importante per il funzionamento della polizia
del Regno Unito.
Tale consenso si consegue con una serie di
strumenti: in primo luogo con la concertazione, quindi conducendo inchieste fra la
cittadinanza e definendo di conseguenza le priorità dellattività di polizia. In
secondo luogo teniamo regolarmente dei forum con la comunità, durante i quali i
cittadini possono intervenire per parlare e per porre domande ai funzionari della polizia
locale ed ai componenti dellautorità di polizia.
Un terzo strumento è rappresentato da
collaborazioni di vario tipo, come, ad esempio, i programmi di vigilanza dei quartieri con
i quali la polizia aiuta gli abitanti di singoli quartieri a costituire gruppi di
autodifesa per proteggere case e proprietà: attualmente nel Merseyside, su una
popolazione di un milione e mezzo di abitanti, esistono 3.500 gruppi di vigilanza di
quartiere, che proteggono 375.000 case; esistono inoltre programmi di vigilanza per le
scuole, per le fabbriche, per le chiese e per tante altre realtà simili.
Assegnando alla stessa comunità parte
della responsabilità della propria sicurezza la polizia incoraggia i cittadini a farsi
direttamente carico dei problemi locali, il che aumenta lorgoglio civico.
Un quarto strumento utile per garantire il
consenso della comunità è che il Capo della polizia è responsabile davanti
allautorità di polizia, che è composta in parte come ho illustrato
da politici eletti a livello locale.
Infine, vengono utilizzati singoli
cittadini che volontariamente agiscono come poliziotti non retribuiti; li chiamiamo special
constables, poliziotti speciali, ed attualmente ne esistono circa 500.
La polizia del Merseyside recluta
attualmente il 3 per cento di coloro che aspirano a fare parte della polizia vera e
propria ed il 15 per cento dei candidati che vogliono diventare poliziotti speciali: non
mancano quindi le persone che vogliono contribuire alla lotta contro la criminalità.
La polizia della Gran Bretagna, dunque,
deve rispondere delle proprie attività sia al Governo centrale sia al Governo locale e
ciò rassicura la comunità. Le strutture che ho descritto, infatti, garantiscono che la
polizia non vada fuori controllo.
In ogni corpo di polizia vi sono, inoltre,
unità speciali per la lotta alla criminalità organizzata ed al terrorismo; questi
poliziotti ricevono un addestramento speciale e di loro è responsabile il Capo della
polizia, che a sua volta risponde di fronte ai componenti dellautorità di polizia.
Poiché si garantisce che i politici
eletti localmente abbiano il controllo dellautorità di polizia, in Gran Bretagna
possiamo essere certi che le attività di polizia poste in essere sono quelle che la
popolazione vuole e che sono svolte con il suo consenso.
Vi ringrazio nuovamente per avermi offerto
lopportunità di intervenire; finora il Convegno è stato molto interessante e mi ha
fornito informazioni utilissime. (Applausi).
PRESIDENTE.
Ringrazio il dottor Birch che ci ha fornito un quadro generale su come nella regione del
Merseyside si riescano a far lavorare insieme strutture molecolari: come abbiamo saputo,
coesistono infatti ben 43 corpi di polizia. Si tratta di un modello difficilmente
omologabile in Italia, dove esistono strutture centralizzate per ogni settore: per i
programmi, per le attività di polizia, per il sistema di protezione, per i collaboratori
di giustizia ed anche per il ristoro delle vittime dei reati. Il messaggio principale che
mister Birch ha lanciato è che la polizia deve collaborare con le autorità locali, che
sono sicuramente le più vicine ai cittadini e rappresentano i sensori principali delle
istanze e delle problematiche sociali che provengono sia dalle zone limitate, come i
quartieri, sia dalle aree metropolitane.
Lascio ora la parola al senatore avvocato
Jacques Peyrat, sindaco di Nizza.
PEYRAT Jacques, sindaco
di Nizza. Signor Presidente, signore e signori, la mia partecipazione al vostro
Convegno è per me motivo di onore. Lonore consiste, evidentemente, nellessere
stato invitato in questa sede per dibattere di un fenomeno nato ufficialmente verso la
metà dello scorso secolo, che ha continuato a svilupparsi, che è superiore e diverso dal
banditismo tradizionale e che si è inserito in tutti gli aspetti della vita della
società e non finisce di sorprenderci. Nizza somiglia a Napoli, anche se forse in
piccolo: ha ugualmente un porto, un aeroporto internazionale e problemi simili a quelli
della città che ci ospita. Come Napoli, Nizza è una città internazionale e quindi è
più sensibile ai fenomeni di mondializzazione che hanno drasticamente modificato il
problema della criminalità, che è progressivamente divenuta più transnazionale grazie a
carenze e mancanze della legislazione dei nostri due paesi, che solo ora stanno
scomparendo.
I prodotti della criminalità organizzata
rappresentano una parte importante delleconomia mondiale, pari, secondo stime
attendibili, a circa il 2 per cento del prodotto interno lordo, ossia allequivalente
di 500 miliardi di dollari, una cifra enorme. Questa mondializzazione favorisce
evidentemente lo sviluppo della criminalità organizzata, attraverso la domanda e
lofferta di prodotti illegali che vengono scambiati in un mercato agevolato dal
sistema Internet.
Nizza è la quinta città francese in
termini di sviluppo demografico e non è la prima in fatto di criminalità.
Di fatto, dal 1980 la Francia sembra
essere diventata terreno fertile per le attività criminali, forse è un rifugio piuttosto
che una testa di ponte.
Gli esperti distinguono tre livelli
nellindustria mafiosa: il primo è quello caratterizzato dalla violenza, il secondo
è quello del riciclaggio del denaro sporco che costituisce i profitti illeciti ed il
terzo è rappresentato dagli investimenti dei capitali riciclati in attività legali.
Questultimo stadio può essere raggiunto solo con la concordanza tra
unorganizzazione criminale di alto livello ed una base etnica omogenea, che permette
un radicamento forte a livello socioculturale; tale concordanza è favorita da un contesto
economico e sociale difficile.
Le stesse cause danno luogo agli stessi
effetti: linstabilità politica e sociale, la povertà, le disuguaglianze create da
uneconomia in pieno cambiamento e larrivo massiccio in Europa occidentale, in
Francia, in Italia e in Germania, di immigrati provenienti da paesi in crisi (che vogliono
far coincidere i loro sogni di un nuovo Eldorado con le realtà che scoprono quando
finalmente giungono nei nostri paesi) costituiscono il terreno che favorisce
lemergere della mafia.
La gioventù che consuma droga e ne
diviene dipendente, così come unaltra gioventù avida di ricchezza facile, in un
terreno di valori scomparsi, sono i fenomeni che generano la presenza della criminalità.
Un rapporto parlamentare francese si
concludeva con queste parole: "La Francia non è a riparo dalla mafia; la mafia è
come il terrorismo di qualche anno fa: se non la si prende sul serio fin dallinizio
cè il rischio di svegliarsi con un mostro fuori controllo".
In effetti, la repressione svolta contro
la mafia, ad esempio negli Stati Uniti dAmerica, ed il bisogno di espansione, legato
allo sviluppo degli scambi ed alla mondializzazione delleconomia, hanno portato
unestensione della mafia e la Francia e Nizza non sono state risparmiate.
La mafia non si è stabilita fortemente
nel nostro territorio, ma si serve come via di comunicazione di questa base mediterranea,
che comprende linsieme della Costa Azzurra ed anche basi più nascoste; con il
rapporto di cui ho fatto cenno in pratica si è constatato (in particolare dalla presenza
del riciclaggio di denaro sporco, che è la fase più sviluppata del crimine, in Francia
come dappertutto) che la mafia proveniente dai paesi dellEst comincia a manifestarsi
nel nostro Paese.
I Servizi di sicurezza francesi temono,
tenuto conto delle somme investite, una presenza sempre più forte della mafia russa sul
nostro territorio. Gli investimenti riguardano il settore immobiliare, lindustria
alberghiera, le agenzie di viaggio e certamente il mercato della pornografia. È quindi un
fenomeno interamente legato allondata migratoria che sta sommergendo il nostro
Paese. Dalla fine dellimpero francese, dalla fine della guerra di Algeria questa
ondata ha facilitato zone di non diritto, laddove i delinquenti hanno creato una economia
parallela nascosta, fondata sul traffico della droga, fortemente ancorata alle porte delle
grandi città e che, evidentemente, è collusa con le operazioni mafiose. E così tutte le
mafie sembrano aver preso la Francia come bersaglio, principalmente la Costa Azzurra. La
Costa Azzurra infatti vive, come del resto la Francia e lItalia, del turismo che
comporta in Francia, in Costa Azzurra, lapertura di casino che sono fonti di
profitto considerevole. In Francia ci sono 45 milioni di giocatori in 153 casino, e
una cifra globale di 6 miliardi di franchi di profitti. Quindi abbiamo dovuto preoccuparci
di questi casino ed abbiamo attuato una legislazione specifica. Il sindaco di
Mentone ha fatto in modo che nessuno dal vostro Paese possa stabilirsi da noi senza essere
portatore di un certificato antimafia, che viene rilasciato dallequivalente del
prefetto nel vostro Paese.
Purtroppo abbiamo registrato un certo
numero di arresti di mafiosi conosciuti. Nel 1986 si trattò di Antonio Calderone, che il
giudice Falcone aveva interrogato a Nizza; nell87 si trattò di Pasquale Pergola,
membro di una mafia molto vicina a quella italiana; e poi nel 1989 di Nunzio Barbarossa,
capo della camorra. E poi è stato arrestato Michele Zaza, soprannominato "il
pazzo". Questo mostra che cè una certa traslazione e in occasione di questi
arresti abbiamo scoperto che questi capi mafiosi gestivano una trentina di società
distribuite nel mondo, in Europa, Stati Uniti dAmerica, America del Sud, Panama.
Queste organizzazioni controllavano cinque società nel porto di Marsiglia e, con la
complicità di funzionari di dogana, riuscivano ad eseguire trasporti di eroina e cocaina.
È venuto il momento per me di concludere
questa mia esposizione rapida ponendomi una domanda: possiamo ora isolare la mafia dal
mondo politico e dal mondo economico, con il quale si è identificata? La mia risposta è
sì; nella mia funzione di sindaco di una città di 400.000 abitanti, quinta città
francese, in quanto senatore della Repubblica francese ed anche come avvocato penalista,
non posso certo pretendere che le mie parole siano quelle di uno specialista, ma penso
tuttavia di aver maturato una certa esperienza. Questa esperienza mi permette di
enunciarvi i seguenti criteri. In primo luogo, oggi la repressione contro il crimine
organizzato non può limitarsi allo stadio nazionale. In Europa, con la soppressione delle
frontiere, grazie agli accordi di Schengen, linsicurezza creata può essere
compensata solo da una grande cooperazione, una cooperazione rinforzata. Non è un
argomento nuovo, è chiaro, il sistema di informazione Schengen è stato creato, il gruppo
di azione finanziaria è stato creato, lorganizzazione internazionale di polizia
criminale è stata creata, ed anche lunità di analisi criminale: sono queste le
prove tangibili della consapevolezza delle nostre due nazioni. Ma mi sembra che questo non
sia sufficiente. In effetti alcuni Governi non vogliono annientare il sistema mafioso
perché questo vorrebbe dire la rovina della loro intera economia. Qui in Europa e da noi
in Francia la corruzione si è infiltrata in un certo numero di strati della politica e
delleconomia e la supremazia delleconomia sulla politica ha dato luogo in
qualche modo alla perdita dei valori tradizionali. Quindi ci resta solo uno strumento di
produzione, secondo la concezione marxista della società, o forse un oggetto di consumo
per il capitalismo e lultraliberismo; il riciclaggio del denaro sporco è il primo
beneficiario di qualsiasi commercio e della libera circolazione.
Per concludere, direi che se vogliamo
veramente ridurre prima di tutto e, forse, chissà, smantellare del tutto il crimine
organizzato, le nostre strutture giudiziarie non saranno sufficienti; dovremo andare a
cercare alle radici della nostra società. Dobbiamo andare a ritrovare i valori
fondamentali che hanno forgiato i nostri Stati. Bisognerà restaurare la famiglia, che era
stata fortemente contrastata da ideologie giunte dal periodo anteguerra, che hanno
favorito la distruzione dellindividuo e dei sistemi nazionali. Bisogna reimparare il
senso civico fin dai tempi della scuola e di questo concetto si parla troppo poco.
Bisognerà rispettare lidentità nazionale, bisognerà reimparare la storia per
provvedere alla ricostruzione di una memoria che dia un senso vero e proprio al destino
della nazione. Quindi, quando questi problemi di attuazione globale saranno stati risolti,
quando i problemi dellimmigrazione saranno stati risolti e quando i valori di forza,
di coraggio, di altruismo, di generosità e di lealtà saranno stati restaurati, quando
luomo che vuole conservare il suo sogno, che i mercanti gli hanno negato per portare
avanti i loro interessi, sarà formato, solo allora il crimine sarà annientato. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio molto il senatore Peyrat, sindaco di Nizza, che ha posto un problema veramente irrisolto e che è forse la madre di tutti i problemi, cioè come isolare la mafia dal mondo economico e politico. Non basta, forse un "Piano Marshall" contro il riciclaggio, ci vuole soprattutto unEuropa dei valori, unEuropa che metta al centro la persona, unEuropa formata da tanti cittadini che, andando indietro con la memoria, riscoprano la propria storia e la propria identità nazionale. Lultimo intervento di questa sessione dei lavori sarà svolto dal dottor Carmine Russo, dirigente dellFBI, che parlerà sul rapporto tra polizia federale e polizia metropolitana.
RUSSO Carmine, dirigente
FBI. Buongiorno, il mio intervento sarà in italiano, nonostante io sia un
italoamericano. (Applausi). Innanzi tutto vorrei ringraziare la Commissione
antimafia e il presidente Del Turco per linvito rivolto a noi dellFBI. Questa
mattina rappresento il direttore dellFBI, Louis Freeh, che non è potuto essere
presente per altri impegni. Cercherò di fare del mio meglio per rappresentarlo. Scusate
il mio non perfetto italiano, ma sono emigrato in America da 43 anni. Questa mattina ho
preparato due articoli per presentare il problema che abbiamo in America. Il primo tratta
dellUfficio nazionale sul controllo della droga, che noi chiamiamo per le aree ad
alta intensità di traffico di droga, soprannominate HIDTA. Laltro argomento
tratterà il rafforzamento delle forze congiunte contro crimine organizzato e droga, che
noi chiamiamo le Organized Crime Drug Enforcement Task Forces (OCDETF).
Come ho detto, sono un italo americano
nato a Milazzo, in provincia di Messina. Entrai nel 1970 nei ranghi della polizia,
dopodiché, nel 1978, entrai nellFBI. Sono a Roma da due anni (è la seconda volta
che vengo in Italia) negli anni fra il 1980 e il 1989 ho lavorato a Roma per quasi cinque
anni. Sono qui presenti tantissimi dei miei colleghi di quellepoca che hanno
collaborato con me ed io con loro, maggiormente il colonnello Gualdi, che conobbi nel 1982
presso lAccademia di Quantico. Posso dire che dopo 16 anni è sempre giovanissimo. E
sono molto contento di avere la sua collaborazione, come quella di molti altri di voi.
Comincio ora il mio intervento, partendo
dalle HIDTA, le aree cioè ad alta intensità di traffico di droga. Allorigine vi è
la legge del 1988, che autorizza il direttore dellUfficio nazionale sul controllo
della droga, che si chiama ONDCP, a designare aree ad alta intensità di traffico di
droga, come le regioni che hanno i problemi di droga e che sono più a rischio ed hanno un
effetto deleterio negli Stati Uniti. Nel 1990 il Direttore dellONDCP ha designato
cinque di queste regioni; nel 1997 sono diventate 15 e alla fine del 1997 ne sono state
aggiunte altre due. Il Congresso degli Stati Uniti ha stanziato quasi 140 milioni di
dollari; la metà di questa somma è fornita dagli enti governativi statali e locali,
mentre laltra metà è fornita dagli enti governativi federali. Attualmente questo
programma sostiene più di 150 task forces, o gruppi formati per missioni speciali,
e gruppi di intelligence, che sono collocati in vari uffici degli Stati Uniti.
In primo luogo, le HIDTA, che, come ho
già detto, sono le aree di alta intensità di traffico di droga, riguardano regioni che
hanno acuti problemi di traffico di droga, con un impatto nocivo in altre zone degli Stati
Uniti. Queste HIDTA rappresentano degli sforzi congiunti delle forze dellordine, di
enti locali, statali e federali, che valutano le minacce di droga a livello regionale,
disegnando strategie per combattere queste minacce e sviluppando iniziative per attuare le
strategie delineate.
Le HIDTA prevedono un "ombrello"
di coordinamento per gli enti locali, statali e federali che lottano contro il traffico di
droga; promuovono un approccio sistematico di strategie per integrare e sincronizzare
questi sforzi; e si concentrano sui risultati.
Le HIDTA sono designate da Barry R. Mc
Caffrey, direttore dellUfficio nazionale contro la droga (ONDCP), ai sensi della
legge antidroga del 1988, per migliorare il coordinamento degli sforzi antidroga. Il
direttore Mc Caffrey si consulta con il Ministro di grazia e giustizia (attorney
general), i direttori degli enti nazionali antidroga e i governatori, secondo i
seguenti criteri così come previsti dalla normativa in materia: la vastità
dellarea di produzione, manifattura, importazione o distribuzione delle sostanze
illecite; lentità delle forze dellordine statali o locali e delle risorse
impegnate per rispondere al problema del traffico di droga nellarea considerata,
così indicando una determinazione per rispondere aggressivamente a questo problema;
limpatto nocivo in altre aree del paese determinato dalla vastità di
questattività criminosa, legata al traffico di droga; la consistenza
dellincremento di risorse federali necessario per rispondere adeguatamente alle
attività connesse al traffico di droga nellarea considerata.
Queste sono le aree designate come
"regioni HIDTA" negli Stati Uniti: nel 1990 Houston, Los Angeles, New York/New
Jersey, South Florida e il confine Sudovest (California, Arizona, New Messico, West Texas
e Sud Texas); nel 1994 Washington/Baltimore, Puerto Rico/U.S. e Virgin Islands; nel 1995
Atlanta, Chicago e Philadelphia/Camden; nel 1996 Rocky Mountain (Colorado, Utah e
Wyoming), Gulf Coast (Alabama, Louisiana e Mississippi), Lake County (Indiana), Midwest
(Iowa, Kansas, Missouri, Nebraska e South Dakota) e Nordovest (Washington State); nel 1997
Michigan Sudorientale e la Baia di San Francisco; nel 1998 Appalachia (Kentucky, Tennessee
e West Virginia), Centro Florida e Milwaukee.
Quando sono state designate queste
"regioni HIDTA" fu istituito un comitato esecutivo composto da otto esecutivi
federali e otto esecutivi a livello statale e locale per gestire questo programma, per
coordinare gli sforzi delle forze dellordine e la raccolta di intelligence.
A livello nazionale, il comitato di
coordinamento dellHIDTA presenta delle raccomandazioni sulla linea di condotta (policy),
programmi e stazionamenti al direttore Mc Caffrey. Il comitato è costituito da
rappresentanti dellONDCP, dei Dipartimenti di giustizia, tesoro, sanità e servizio
pubblico. Il direttore Mc Caffrey sorveglia lo sviluppo e ladempimento del programma
HIDTA.
Il comitato deve: preparare una
"valutazione di minaccia" della droga a livello regionale; progettare una
strategia per contrastare questa minaccia; sollecitare, rivedere e raccomandare proposte
(o "iniziative") a livello di task force per contrastare la minaccia
criminosa.
Questa funzione comprende la distribuzione
di fondi stanziati dal Congresso al programma e alle varie task forces. La
decisione della commissione viene riveduta e approvata dall"HIDTA coordination
committee", cioè dal comitato che coordina il programma dellONDCP, a
Washington.
Inoltre, il comitato esecutivo a livello
locale sceglie un direttore della HIDTA come direttore amministrativo e fiscale che dovrà
avere unesperienza precedente come funzionario di polizia ed essere responsabile per
lesborso delle risorse delle HIDTA e presentare un rapporto annuale allONDCP.
Data la popolarità del programma con i
membri del Congresso, del pubblico ed anche con le forze dellordine a livello
statale e locale, che annualmente ricevono milioni di dollari dal Governo federale, altre
regioni chiedono la designazione come HIDTA. Mentre ancora non si conoscono quali regioni
avranno questa designazione in futuro, si sa che questo programma è sempre in crescita.
Nellanno finanziario 1997 agli
uffici dellFBI sono stati stanziati 5 milioni di dollari per questo programma;
questi uffici hanno partecipato a 57 delle oltre 150 task forces situate nelle 15
regioni HIDTA.
Questi fondi supportano direttamente le
squadre e le task forces che raccolgono lintelligence, indagano sul
crimine violento, la corruzione pubblica, il riciclaggio di valuta e il traffico di droga.
Al momento, le 17 regioni HIDTA
comprendono 29 uffici dellFBI e siccome altre aree degli Stati Uniti chiedono di
essere designate "regioni HIDTA", aumenteranno limpatto del programma
sullFBI nonché gli uffici dellFBI.
Quello dellHIDTA rappresenta un
programma di sovvenzione, ma nellinsieme impiega anche una componente del
coordinamento interforze che offre alle forze dellordine lopportunità di
operare congiuntamente contro le minacce alla comunità e di ideare una strategia per
contrastare tali minacce.
Il programma HIDTA non è un ente
governativo; fornisce importanti risorse per costruire infrastrutture congiunte delle
forze dellordine, ma non vuole essere e non può avere autorità operativa nei
confronti delle forze dellordine.
Le direttive dellattorney general
degli Stati Uniti, le regole e le norme federali, gli esistenti accordi interforze e i
congiunti piani di azione si applicano a tutte le operazioni delle forze dellordine
nonostante la fonte dei fondi. Questa distinzione è importante quando si riconosce che i
direttori delle HIDTA sono impiegati civili e non funzionari delle forze dellordine,
oppure amministratori; è importante, in vista delle norme di legge in vigore sulle
operazioni condotte dalle forze dellordine, come anche la questione di
responsabilità dei membri delle forze dellordine, funzionari e supervisori, nel
condurre indagini sulla criminalità.
In conclusione, le HIDTA rappresentano
uninfrastruttura ed un programma di supporto alle forze dellordine e non sono
un organo di polizia; le forze dellordine hanno la responsabilità per attuare
operazioni di polizia; queste task forces devono essere collocate; contrastare
lattività illecita della droga è solo uno degli obiettivi delle HIDTA; lo
stanziamento finanziario per lanno 1998 è di 162 milioni di dollari; la norma di
legge sullONDCP richiede che minimo il 50 per cento dei fondi dellHIDTA sia
destinato alle forze dellordine a livello statale e locale; 81 milioni di dollari
sono stati stanziati per gli enti federali e questi fondi sono limitati per il lavoro
straordinario negli enti statali e locali.
Passo ora a spiegarvi un altro programma
che è stato istituito nel 1982 dal Governo federale congiuntamente agli enti statali e
locali, noto con il nome di Organized Crime Drug Enforcement Task Forces (OCDETF),
cioè rafforzamento delle forze congiunte contro il crimine organizzato e la droga. Tale
programma fu iniziato per produrre un ampio attacco contro le organizzazioni che
trafficano in droga e contro il crimine organizzato.
LOCDETF iniziò come una risposta
allincremento di un problema molto serio. Per ventanni, prima della creazione
dellOCDETF, le Agenzie federali e le task forces sperimentarono una varietà
di approcci per combattere il traffico di droga e il crimine organizzato. Divenne evidente
che lattacco al crimine del traffico di droga non si poteva demarcare con i confini
delle città, degli Stati, ma doveva essere affrontato a livello internazionale. Coloro
che conducevano la battaglia contro tale reato si sono accorti che il problema del
traffico di droga includeva una rete di gruppi criminosi, in cui i capi erano isolati
dallattività giornaliera delle loro organizzazioni.
I programmi impiegati in precedenza
mancavano di risorse per orchestrare un attacco massiccio contro questi gruppi
organizzati, e nonostante i successi ottenuti, gli approcci non erano sufficientemente
ampi. Lesperienza ottenuta con questi programmi indicava che non bastava
limpiego di poliziotti, funzionari e avvocati del Governo da parte di una unità
centrale: vi era bisogno di una metodologia per costruire e rinforzare il coordinamento
degli sforzi con tutti gli organi di polizia lavorando in questo campo. Nellinsieme
vi era anche bisogno di altri tipi di esperienza e maestria, inclusa labilità di
avere successo nelle indagini finanziarie, in quelle per violazioni in materia di armi da
fuoco, di immigrazione clandestina, nei sequestri dei beni e confische. Successi parziali
non compensavano per la mancanza di una strategia complessiva.
Nel 1982 molti funzionari federali e a
livello statale che combattevano il traffico di droga avevano concluso che nessun organo
di polizia avrebbe potuto risolvere il problema della droga e che un lavoro complessivo di
squadra, con tante agenzie federali, era necessario per contrastare tale crisi.
In questo ambiente, lattorney
general, cioè il Ministro di grazia e giustizia, con il consiglio dei vari direttori
delle forze dellordine federali, raccomandò al Presidente degli Stati Uniti che una
task force composta di varie Agenzie federali e utilizzando tutte le risorse dei
Governi federali, statali e locali, fosse autorizzata a contrastare il problema del
traffico della droga negli Stati Uniti.
Il 14 ottobre 1982 il Presidente degli
Stati Uniti annunciò un programma di otto elementi per contrastare il traffico di droga
ed il crimine organizzato. Al centro di tale iniziativa vi era il programma
dellOCDETF, una rete di task forces composte di multi-agenzie delle forze
dellordine della gamma del Governo federale, statale e locale. Nel dicembre del 1982
il Congresso autorizzò i fondi per il supporto del programma OCDETF.
Il primo obiettivo del programma
dellOCDETF fu quello di identificare, indagare e processare individui che
organizzano, dirigono, finanziano, oppure sono impegnati in imprese di alto livello dedite
al traffico di droga, incluse organizzazioni dedite al grande riciclaggio di denaro
sporco.
Il risultato fu una spinta operativa con
quattro principali elementi.
In primo luogo, lOCDETF ha dato
lopportunità agli investigatori e agli avvocati (procuratori) di condurre indagini
di lunga durata quando necessario per identificare e ottenere prove
dellattività illecita nei confronti di questi grossi trafficanti di droga e
finanziatori, colpendo in tal modo il nocciolo delle organizzazioni criminali.
In secondo luogo, ha incoraggiato gli
investigatori ad usare e a condividere tutta la loro esperienza tecnica ed investigativa.
In terzo luogo, ha richiesto agli investigatori e agli avvocati i nostri
procuratori di lavorare totalmente ed effettivamente con gli enti delle forze
dellordine statali e locali. In quarto luogo, lOCDETF ha dato rilievo alle
indagini finanziarie, che hanno rafforzato la prova dellesistenza del traffico di
droga, e avendo successo hanno aumentato i provvedimenti di confisca dei
beni dei trafficanti. Durante i processi la giuria americana ottiene quasi sempre una
buona prospettiva sulla vastità delle operazioni delle organizzazioni dedita al traffico
di droga quando può misurare la quantità di dollari invece della quantità di sostanze
sequestrate.
Per quanto riguarda i successi delle
OCDETF, furono contrastate le organizzazioni di traffico di droga dallapice,
iniziando indagini approfondite che consentirono non solo di processare alti membri di
tali organizzazioni, ma anche di neutralizzare uomini chiave che fornivano direzione,
capitali ed esperienza.
Nove agenzie federali, partecipando in
gruppi di coordinamento a livello regionale e distrettuale e lavorando con numerosi enti
statali e locali, hanno ottenuto risultati senza precedenti. La sincronizzazione di
diverse indagini contro organizzazioni di comune interesse, lefficace uso di
procuratori allinizio dellindagine e il successo nel promuovere una
collaborazione efficiente tra tutte le forze dellordine delle varie agenzie hanno
dimostrato lefficacia delloperazione delle OCDETF.
La strategia processuale delle OCDETF è
di immobilizzare le organizzazioni dedite al traffico di droga e al riciclaggio di valuta
e di condannarne i membri. Questo si ottiene con la confisca dei beni dei singoli e anche
dellorganizzazione, togliendo il potere ed estradando, espellendo ed escludendo i
membri dellorganizzazione stessa. Per ottenere questi risultati, le indagini
condotte dalle OCDETF investono risorse particolari e hanno un ambito nazionale ed
internazionale, con il risultato di giungere a processi di grande impatto.
Dalle statistiche aggiornate fino
all8 giugno 1998 si rileva che dallottobre del 1996 fino al settembre del 1997
sono iniziate 723 nuove indagini del gruppo delle OCDETF; che il 70 per cento delle
autorizzazioni per sorveglianza elettronica (ossia mettere un telefono sotto controllo),
richieste dal Dipartimento di giustizia, sono iniziate da indagini condotte dalla OCDETF;
che quasi 2.200 rinvii a giudizio ed incriminazioni sono state ottenute dagli uffici dei
procuratori americani, con limputazione a circa 6.900 persone di reato di traffico
di droga e di altri connessi. Nei processi seguiti a queste indagini sono stati condannati
4.520 imputati. Nel periodo che va dal 1982 al 31 maggio 1998 sono state iniziate 9.831
indagini; vi sono stati quasi 27.000 rinvii a giudizio e sono state ottenute
incriminazioni contro 86.269 imputati; più di 59.000 membri di organizzazioni malavitose
sono stati condannati e ciò rappresenta una percentuale di condanna dell84 per
cento. Più di 52.000 imputati sono stati condannati a scontare la pena in carcere e più
di 3.300 miliardi di dollari, in contanti e in immobili, sono stati sequestrati.
Concludo il mio intervento dicendovi che
uno dei principali obiettivi del programma delle OCDETF è di promuovere uno sforzo contro
la droga e contro il crimine organizzato, coordinato in tutte le regioni delle OCDETF, e
di incoraggiare la massima collaborazione con tutte le agenzie antidroga. (Applausi).
PRESIDENTE. Lintervento del dottor Russo, che salutiamo e ringraziamo per il suo prezioso contributo, conclude la prima parte del Convegno di questa mattina. Quindi, do inizio subito alla seconda parte del Convegno stesso che consiste in una Tavola rotonda dei sindaci di alcune grandi città italiane su: "Il ruolo dei sindaci nella tutela della legalità e della sicurezza".
PRESIDENTE. Interverranno alla Tavola rotonda il dottor Gabriele Albertini, sindaco di Milano; lonorevole Antonio Bassolino, sindaco di Napoli; il dottor Enzo Bianco, sindaco di Catania; il professor Valentino Castellani, sindaco di Torino e il dottor Italo Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria.
DEL TURCO Ottaviano, senatore, presidente della Commissione parlamentare antimafia. Prima di dare inizio alla Tavola rotonda dei sindaci italiani devo informare che il sindaco di Bari, dottor Simeone Di Cagno Abbrescia, non può partecipare al Convegno e ha inviato le sue scuse. Come potete ben rilevare, oggi è presente in questa sede una rappresentanza molto rilevante delluniverso dei sindaci del nostro Paese.
PRESIDENTE. Diamo inizio alla Tavola
rotonda sul ruolo dei sindaci nella tutela della legalità e della sicurezza. Nelle
nostre città, insieme alla tradizionale richiesta di sicurezza sociale, cresce sempre di
più una domanda di sicurezza personale, della quale il cittadino ne avverte sempre
maggiore bisogno sia quando si trova di fronte ad uno scippo o ad un furto, sia quando si
trova di fronte ad una estorsione. Destinatari di questa nuova domanda di sicurezza
personale sono i sindaci, anche grazie alle riforme elettorali che hanno dato più
stabilità ed autorevolezza ai governi locali. Tuttavia, i sindaci hanno nuove
responsabilità cui però non coincidono nuovi poteri. Siamo, quindi, di fronte ad un
vuoto legislativo e alla conseguente necessità di affrontare questi problemi e di far
coincidere responsabilità e poteri.
Certo, la tutela della sicurezza non passa
solo attraverso i nuovi poteri dei sindaci, ma attraverso politiche di cambiamento delle
città, di rinnovamento attraverso interventi repressivi e preventivi e attraverso
interventi sociali ed urbanistici. I sindaci, nella loro azione di tutela della sicurezza,
sono chiamati a diventare costruttori di legalità e di recupero della legalità stessa di
gruppi sociali che talvolta vivono nellillegalità. Inoltre, sono anche chiamati a
farsi promotori del risanamento sociale e del recupero di quartieri divenuti talvolta
regno dellinsicurezza e dellillegalità.
Su tali temi abbiamo voluto riunire i
sindaci di importanti città italiane, affinché possano dare un contributo e si possa
fare un passo in avanti nei confronti di una domanda che proviene dalle nostre città.
La Tavola rotonda ha inizio con
lintervento del sindaco di Milano, dottor Albertini, al quale do la parola.
ALBERTINI
Gabriele, sindaco di Milano. Innanzitutto vorrei ringraziare la Commissione
parlamentare antimafia, e in particolare il presidente Del Turco al quale mi legano
lontani ma, non troppo, rapporti sindacali (datoriali nel mio caso e dei lavoratori nel
suo) mai dimenticati e il Comando generale dellArma dei carabinieri per
avermi invitato a partecipare a questo Convegno. Devo dire che anche allArma mi
legano recenti rapporti di stretta collaborazione, non per essere coinvolto in vicende
riguardanti i loro ruoli istituzionali almeno lo spero ma per un fatto
particolarmente rilevante agli effetti dellargomento oggi alla nostra attenzione. Il
comandante della polizia municipale di Milano è un ex generale dei carabinieri,
passato dal comando di 11.000 carabinieri al governo molto difficile di 2.300 sindacalisti
in divisa, con tutte le difficoltà che tale compito comporta. Poiché è stato
casualmente investito di tale ruolo nel giorno della "Virgo Fidelis", spero che
questa collaborazione dallalto ci dia il modo di risolvere un problema importante
soprattutto per i cittadini, oltre che per i vigili urbani. Cera unemergenza
che, prima di ogni altra, doveva essere affrontata a Milano. Fin dalla campagna elettorale
avevo ben presente il rischio che Milano diventasse una città "a due
velocità", un luogo da cui fuggire per colpa della delinquenza diffusa,
dellimmigrazione clandestina e del degrado delle periferie, invece di un luogo in
cui vivere e prosperare per lo sviluppo delleconomia e delle tante eccellenze della
città. Abbiamo affrontato e fronteggiato quellemergenza con pochi poteri nelle
nostre mani, ma credo che con molta volontà potremo riuscirci.
Fin dal primo momento abbiamo
"aggredito" il problema della sicurezza con unarma che, alla prova dei
fatti, si sta rivelando vincente: agli interventi repressivi si sono affiancati quelli
preventivi, magari poco spettacolari ma certamente incisivi e continui nel tempo.
Vi elencherò alcuni fatti, alcune
circostanze concrete che lamministrazione ha realizzato e poi lasceremo a una fase
diversa, magari al dialogo che vi sarà con i colleghi di altre città,
lapprofondimento sugli indirizzi generali di come porci rispetto a questo problema.
Come dicevo, interventi poco spettacolari
ma incisivi e continui nel tempo. Sono stati investiti 144 miliardi per attuare un piano
urbano di illuminazione pubblica a partire dai quartieri più a rischio; nella storia
della città è forse la prima volta che ciò avviene, i nuovi presidi delle forze
dellordine sono stati costruiti nelle zone più decentrate. Da una media giornaliera
di 650 vigili in strada, si è passati a 1200, grazie anche al generale dei carabinieri
che comanda il Corpo della polizia municipale. Altri 300 carabinieri sui 600 richiesti al
Ministero dellinterno sono stati impiegati per servizi di ordine pubblico. Mercati,
chioschi, potenziali centri di coagulo di microcriminalità sono stati sottoposti a uno
stretto controllo da parte della polizia municipale. È stata affidata con successo
allassociazione City Angels la sorveglianza di alcuni punti critici della
città. È stato avviato un servizio di sorveglianza notturna nei parchi; dai primi mesi
del 1999, inoltre, diverranno operativi 12 vigili urbani a cavallo per la vigilanza diurna
nei parchi.
È stata varata una ordinanza sulla
prostituzione che in tre mesi ha già dato alcuni importanti risultati: tre giovani
ucraine e albanesi sono state salvate dalla strada e reinserite nella società, mentre i
soldi derivanti dalle circa 1.000 multe finora comminate sono state devolute a una
cooperativa sociale della Caritas per donne straniere in difficoltà.
Quellordinanza, pur con le polemiche che ha suscitato, ha avuto quindi
leffetto di aggredire il fenomeno della prostituzione e il racket ad esso
legato. Avremo forse modo di affrontare questo argomento, ma vorrei di primo acchito
esprimervi un punto di vista sul quale non vorrei essere frainteso. Noi non abbiamo
immaginato di affrontare il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, che è una
vera schiavitù moderna, con questi palliativi modestissimi in relazione allentità
e alla gravità del fenomeno, così come non abbiamo immaginato con questo passo di
risolvere il problema del decoro urbano e del disagio che questa prostituzione così
evidente, così fastidiosa davanti a casa, così oltraggiosa, può generare nella
vivibilità della città.
Noi abbiamo sviluppato questo argomento
attraverso unazione amministrativa che ha un significato in sé, perché comunque
qualche utilità lha prodotta, ma soprattutto vuole essere una testimonianza di un
problema che deve essere certamente affrontato in termini più generali dal Parlamento
nazionale. Dopo quarantanni, forse la legge sulla prostituzione va cambiata e
rivista. Ho fatto 12 anni dai gesuiti, ma non ho nulla contro il sesso, neppure contro
quello a pagamento; ho invece molto contro il disturbo che questo genera ai miei
concittadini e ancora di più contro il fatto che attraverso questo mezzo di fare denaro
ci sia una diffusione così disastrosa a tutti gli effetti, morali, etici e di legalità,
di una nuova schiavitù moderna che riguarda soprattutto deboli e indifesi immigrati.
A breve, infine, verrà avviato un piano
di risanamento degli immobili di edilizia popolare. Però il cardine della strategia della
sicurezza a Milano è listituzione del vigile di quartiere. Si tratta di una nuova
figura professionale in difesa della sicurezza dei cittadini e dei loro diritti. Esso
rappresenta di fatto il primo termine di riferimento cui la vittima di un crimine può
rivolgersi, senza intoppi o lungaggini burocratiche. La sua funzione è quella di
intervenire con rapidità, di consigliare, di aiutare chi è in difficoltà ad attivarsi
nei confronti della giustizia. Dal mese di giugno vigili di quartiere svolgono la
vigilanza in 30 zone diverse della città; altri 80 saranno disponibili nei primi mesi del
1999 e se questo laboratorio di esperienza darà i suoi effetti positivi è
necessaria anche una formazione del tutto particolare per questo tipo di agente
contiamo alla fine del mandato della nostra amministrazione di estendere a circa 500
soggetti operativi questa funzione.
Alla legittima richiesta dei cittadini di
sentirsi a proprio agio nella città in cui abitano, lavorano e vivono, abbiamo risposto
perciò seguendo quattro direzioni: un intervento in senso stretto sulla sicurezza con
sorveglianza; lilluminazione; larredo urbano; il risanamento delle aree
degradate della città. Cera un circolo vizioso che bisognava spezzare, e cioè la
constatazione che una percentuale altissima di reati di microcriminalità, oltre l80
per cento, non viene punito. La crescita della percezione del rischio
nellimmaginario collettivo in molti casi è superiore al rischio stesso. Ricordo che
in un colloquio con il prefetto di alcuni mesi fa fu uno dei primi colloqui che
ebbi con lui gli presentai un sondaggio fatto fra la popolazione milanese dal quale
emergeva con assoluta chiarezza che il problema della sicurezza, e in particolare la
percezione della insicurezza, era tra le questioni primarie nel vissuto collettivo. Il
signor prefetto mi oppose delle statistiche secondo le quali la criminalità, micro e
macro, a Milano non era affatto in condizioni tali da generare questo clima, questa
percezione. Al sentimento di insicurezza si è forse giustamente risposto con delle
statistiche. Ma tutto questo ha un significato: esiste una realtà di vissuto del
cittadino che può non essere coincidente col dato oggettivo reale della criminalità,
soprattutto intesa nei suoi reati più gravi. Ma il vedere davanti a casa un continuo
spaccio di droga, una prostituzione oltraggiosa, lavere, come nella nostra città,
il record nazionale dei furti dauto sono circostanze che inducono a pensare
di non vivere in un ambiente sereno e tranquillo e legittimamente spingono i cittadini a
chiedere più sicurezza, indipendentemente dal fatto che le statistiche degli omicidi,
delle rapine, dei reati più gravi siano per la nostra città molto migliori di altre
città europee e italiane.
Cè poi un affievolimento della vita
sociale negli ambienti a più alto rischio di delinquenza, e cè una progressiva
rinuncia a denunciare i microcrimini da parte dei cittadini. La percezione di non essere
protetti, di non sentirsi sicuri ingenera un distacco dalle istituzioni. Non si denuncia,
non si ritiene di denunciare, forse se non agli effetti assicurativi, perché si pensa che
tanto questo reato non sarà perseguito o comunque non se ne otterrà alcun vantaggio,
perché listituzione non se ne occupa. Trovo che questo sia un connotato devastante
del rapporto fra cittadini e istituzioni, il non sentirsi in una vera società, in cui il
diritto viene fatto rispettare. Per spezzare questo circolo vizioso il 25 aprile di
questanno abbiamo avviato una collaborazione istituzionale con il prefetto; il
protocollo di intesa che è stato firmato in quella occasione prevede la più stretta
collaborazione e integrazione di funzioni nellambito di un programma comune per la
sicurezza. Non si può infatti combattere la grande criminalità, ma soprattutto la
piccola delinquenza fortemente radicata sul territorio e pericolosa, in particolare per le
fasce più deboli della popolazione, come gli anziani, i giovani, i meno abbienti, senza
una forte coesione fra tutte le istituzioni, quelle centrali e quelle locali, e ciò sia
in fase di progettazione, sia in fase di attuazione degli interventi. Ma anche la
promozione del senso civico e della solidarietà fra la popolazione può aumentare il
livello di sicurezza collettiva riducendo la percezione del rischio e il rischio stesso.
Lidea di partenza è che i cittadini
non devono abbandonare il loro quartiere alla delinquenza ma devono reagire e
contrastarla. In tal modo le vittime stesse del fenomeno possono, a loro volta,
contribuire in modo efficace alla lotta contro di essa. Due settimane fa il tema della
sicurezza è stato al centro di un incontro a Lione fra i sindaci di alcune metropoli
europee, Barcellona, Birmingham, Lione, Marsiglia, Lipsia e Milano. Da quel confronto sono
emerse alcune necessità: una partnership fra Stato ed enti locali, interventi di
vicinanza sul territorio (è stato ricordato anche poco fa da chi ha parlato per
esperienze europee), un rapporto stretto con la giustizia, perché il senso di fiducia
verso le istituzioni non può aumentare se non si riducono i tempi delle cause civili e
penali e non si interviene in modo concreto e rapido di fronte ai reati accertati. È
stata sottolineata inoltre limportanza non solo di prevenire i problemi, ma anche di
anticipare il futuro, pensando e agendo in maniera strategica per conseguire gli obiettivi
e misurare i risultati.
Parafrasando leconomista Ernst
Schumacher, si può dire che prevenire le malattie è più facile e più economico che
curarle, allo stesso modo prevenire la criminalità è più facile ed economico che
combatterla. Alternative non ce ne sono; in unepoca in cui i cambiamenti avvengono
con una rapidità fulminante, la miopia è diventata un peccato mortale.
Unamministrazione può essere come un transatlantico dotato di ogni comodità, ma
non andrà molto lontano se sprovvisto del tutto di radar e, soprattutto, se non
avrà una navigazione sicura. Grazie per lattenzione. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco Albertini. Dopo lesperienza del sindaco di Milano, ascoltiamo quella del sindaco di una città meridionale, il dottor Italo Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, al quale cedo la parola.
FALCOMATÀ
Italo, sindaco di Reggio Calabria. È doveroso per me ringraziare innanzitutto il
Presidente della Commissione antimafia, che per tanti motivi è vicino a noi. Considerate
che sono il sindaco di Reggio Calabria, una città decretata alcuni anni fa come area di
crisi per motivi del lavoro e dello sviluppo, ma anche una città condannata alla prima
pagina, per tutti i problemi che si porta dietro, a partire da quello della delinquenza
organizzata, della ndrangheta, che con facilità attraversa lItalia, per cui
si sequestra una persona a Milano e la si tiene per lunghi mesi nella nostra provincia,
per cui sia quando si cerca questa persona, sia quando la si trova, Reggio ritorna
allattenzione dellopinione pubblica nazionale come una città, una provincia
con un marchio che si stenta a toglierle di dosso. In questi ultimi dieci anni siamo
stati senza la Cassa del Mezzogiorno che per volontà popolare è stata abolita. Ora,
tutti sapete quanto fosse presente la Cassa per il Mezzogiorno nel sistema
dellimprenditoria, dello sviluppo, della progettazione delle opere pubbliche in una
città periferica come Reggio, e in genere in tutto il Meridione. In questi ultimi dieci
anni la spesa pubblica si è estremamente contratta, in settori come le ferrovie, che per
noi rappresentavano il grande polmone dellassunzione di manodopera, le poste,
lenergia, le comunicazioni, sottoposte a un processo di condotta politica e
destinate al recupero di margini del deficit nazionale. Sono stati dieci anni
davvero tremendi per noi, ma Reggio non è diventata una città dellaltro mondo.
Quando è stata abolita la Cassa per il Mezzogiorno, e si sono quindi contratte le
provvidenze statali per la diminuzione della spesa pubblica, da noi è nato un piccolo
dinamismo, non indotto dalla Cassa o da interventi romani, ma frutto, per la prima volta,
della nostra storia, di un impegno dei reggini. E poi laltra vendetta della storia:
Gioia Tauro. Ossia un luogo della nostra provincia che attira gli investimenti privati,
che sono stati compiuti indipendentemente dalle agevolazioni dello Stato. È la prima
volta che accade da quando lItalia è diventata una nazione unita.
In questi ultimi dieci anni, però, a
fronte dellassenza della Cassa e della contrazione della spesa pubblica, abbiamo
notato due fenomeni; il primo si è manifestato dentro il popolo e riguarda il suo stato
danimo, che è una condizione importante per la società, quando è viva: si è
diffuso uno stato danimo rancoroso, in particolare fra i giovani che restavano
disoccupati nelle famiglie, privi anche di quel coraggio antico che spinse i nostri
concittadini, nei primi anni del secolo, a prendere le valigie e ad andare al di là
delloceano, rifiutando la condizione umiliante della disoccupazione, per cercare
pane, lavoro e dignità.
Il secondo fenomeno è consistito in
unespansione, al di là dei limiti tradizionali, delle iniziative della criminalità
organizzata che da noi, a differenza di quanto succede a Milano, non si trova ai margini,
non deve affrontare i comitati di quartiere che scendono in strada e protestano contro la
sua presenza nei parchi e nelle vie, ma è dentro il nostro popolo, è una contraddizione
interna al popolo, che va trattata come tale, ed è presente con la sua mitologia, con la
sua ramificazione, con la sua capacità intelligente di essere accettata.
Allora, lontani dallo sviluppo o almeno da
una politica di sviluppo, non potevamo nemmeno pensare a questultimo o al lavoro
come antidoti efficaci contro la grande espansione degli affari mafiosi in corso; è
divenuto quindi inevitabile per noi attribuire condizione prioritaria alla capacità di
contrasto diretto dello Stato.
Sono stato eletto sindaco nellaprile
del 1997 e tutta la mia campagna elettorale è stata imperniata sul concetto del
"sindaco allamericana"; una provocazione ovvia, ma non tanto, perché
bisognava considerare la sicurezza come condizione essenziale per la nascita di una nuova
mentalità, in anni in cui, chiusa la Cassa per il Mezzogiorno, mentre da una parte si
manifestavano abulia e depressione, dallaltra, però (considerato che non tutto è
sempre piatto), emergeva la voglia di utilizzare tutte le leggi nazionali, in particolare
la n. 488 del 1992, che riguardavano limprenditoria giovanile. Vi era il
problema di agevolare una mentalità di impresa e bisognava partire dalla garanzia della
sicurezza: se si crea unimpresa si corrono dei rischi e non si cercano certo i guai;
da noi si correvano i rischi dellimpresa e si accettavano guai a causa della
presenza organizzata della criminalità.
Da qui la provocazione di un sindaco nel
senso americano, che fosse elemento attivo e sul versante della sicurezza dei propri
concittadini e su quello della lotta alla mafia, che sino a quel momento era una
condizione da lettura del giornale, di cui ci si faceva unidea solo possedendo un
occhio acuto, altrimenti si protestava sempre e dallesterno contro lo Stato.
Un sindaco quindi interessato, al di là
delle funzioni delegategli, ad una rottura su questo aspetto vorrei richiamare
lattenzione della Commissione parlamentare antimafia di tre elementi. Il
primo è il buio sui programmi ministeriali relativi alla lotta contro la criminalità
organizzata, contro la ndrangheta in particolare. Un sindaco viene messo nelle
condizioni di criticare il Ministro del lavoro (ho fatto questo esempio perché è seduto
a questo tavolo) o il Ministro del bilancio perché la loro politica non dà gli effetti
sperati, ma non è mai messo nelle condizioni di capire, e quindi anche di apprezzare o
criticare, il Ministro dellinterno, perché, in materie che pure sono di sua
competenza, il buio è fitto sui programmi che sono impostati al recupero di quella
modernità nella lotta alla mafia, che è una condizione di entusiasmo. Per noi a Reggio
Calabria è buio totale ancora oggi.
Rientra in questa problematica il versante
della mentalità dellimprenditoria giovanile: non siamo posti in grado di chiedere
ai giovani di impegnarsi sulla base di conoscenze certe o perché abbiamo ricevuto delle
relazioni; su questo aspetto tornerò più approfonditamente.
La prima rottura, quindi, riguarda il
problema del buio sui programmi, sui mezzi finanziari, sugli uomini e sulla modernità
degli strumenti, un problema fondamentale, considerata anche laltezza dello scontro
che coinvolge una contraddizione interna al popolo che deve essere organizzato. Da noi il
questore non ha accanto a sé altri se non i suoi uomini e la loro competenza e lo stesso
vale per il comandante dellArma dei carabinieri: nelle loro istituzioni non hanno i
demoscopi, pur essendo questa criminalità organizzata non come a Milano, ai margini della
società, ma dentro i cittadini, con la propria mitologia ed il proprio rispetto.
Il secondo elemento che vogliamo rompere
è quello del monopolio, per cui esiste soltanto un raccordo tra il prefetto e il
ministero: le relazioni esistono solo tra di loro e sono dirette; il sindaco non
cè.
I problemi che oggi stiamo trattando
vengono affrontati dal sindaco ogni giorno come elementi della depressione o
dellentusiasmo del proprio popolo e delle proprie categorie produttive; eppure al
sindaco è possibile soltanto la mediazione parlamentare, quella tradizionale, che attiva
gli organi burocratici, vale a dire linterrogazione del deputato, pur di fronte ad
una situazione in cui lassenza della sicurezza è strettamente e direttamente legata
alla possibilità di non essere più gli ultimi in Italia ed al fatto che ormai è
coscienza di tutti che lo sviluppo cè dove gli industriali non trovano guai.
Oggi, al Nord, vi è una condizione di
saturazione, si cercano altri spazi nella penisola e noi potremmo essere ottimali; Reggio
Calabria ha infatti un grande aeroporto, nella sua provincia sorge il porto di Gioia Tauro
e vi è un rimescolamento di tutte le carte che prima erano ferme, però esistono anche
altre parti del Paese che non offrono i guai che potrebbero verificarsi da noi, per cui
rimaniamo sempre indietro, a disposizione di chi magari viene soltanto quando vengono
offerte agevolazioni, che però adesso non ci sono più.
Qui, il cerchio si stringe: noi rifiutiamo
questo buio e questo raccordo diretto tra prefetto e ministero; non accettiamo la
mediazione parlamentare su questo problema, che è importante ai fini della sopravvivenza
della realtà cittadina.
Che cosa è accaduto da noi in questi
anni? Ho già accennato brevemente a Gioia Tauro; anche sul fronte della lotta alla
criminalità la ricerca che abbiamo compiuto e la richiesta che abbiamo avanzata allo
Stato di essere più pronto nellazione di contrasto hanno determinato tre novità di
estremo pregio.
In questi ultimi anni abbiamo avviato
prima i sequestri dei patrimoni delle famiglie riconosciute mafiose e poi lazione
successiva della confisca dei beni, con la loro immediata assegnazione
allamministrazione comunale di Reggio Calabria.
In questa parte dItalia il senso
della "roba" non suscita soltanto reminiscenze liceali di un grande romanziere
meridionale, ma è un fatto concreto: è la "roba" che dà il senso del
cambiamento dello status e quindi porta con sé rispetto e capacità di
assimilazione e di imitazione, quindi un concetto di identità. Quando lo Stato interviene
e si impossessa di quella "roba" che aveva portato con sé il consenso ed il
rispetto degli altri, portandola via, proprio in quellazione, lo Stato ritorna da
noi e torna bene.
Apprezziamo molto, infatti, lazione
del comandante dellArma dei carabinieri e del nostro questore. In questi ultimi
anni, alla novità delle confische e delle assegnazioni dei beni patrimoniali si è
affiancata poi la continuità delle forze di polizia è stato già ricordato ieri,
ma noi siamo stati più attenti degli altri e lo avevamo notato già prima nella
cattura dei latitanti, che rappresentano un mitragliatore spianato sulla città: sono
infatti persone che, pur essendo latitanti, escono dal loro covo a mano armata, con tutto
ciò che ne consegue. Ogni latitante catturato è quindi un fucile che torna in armeria,
è un respiro migliore per la città. Avevamo una lunga lista di catturandi, adesso è
lunga quella dei catturati ed a questa novità diamo il valore che merita.
I processi sono arrivati a compimento
era da anni che ciò non si verificava e hanno portato a condanne
allergastolo, il che significa che gli imputati comprendevano assassini: killer
e mandanti.
A fronte di questa bella triplice novità,
registriamo, però, insieme alla Direzione distrettuale antimafia, incertezza e freddezza
(di cui non riusciamo a capire le ragioni) nel Governo e nel Parlamento.
Adesso è il momento, invece, di cambiare
queste condizioni e di scaldare i muscoli: la politica nei confronti dei pentiti deve
essere incentivata perché il loro ruolo è stato prezioso. Non seguite coloro che cercano
i distinguo, ma utilizzate lantica massima di vedere se si tratta di
uneccezione che possa confermare la regola, molto positiva: vi sono errori
dappertutto, ma poi ci salva il rapporto tra regola ed eccezione.
Chiediamo inoltre al Governo
ladeguamento delle forze di pubblica sicurezza e dei loro mezzi, in rapporto
come ha detto ieri il dottor Cordova non alla popolazione residente, ma a quella
delinquente. E chiediamo anche ladeguamento, in questo caso anche il completamento,
degli organici della magistratura, che sono sottostimati rispetto alla popolazione
delinquente, che presentano purtroppo dei vuoti rispetto al rapporto tra giudice e
popolazione. In terzo luogo chiediamo al Governo che si ricordi che in tutto il Paese
cè una città artificiale, che è Reggio Calabria, perché se queste cose sono
successe da noi e non a Messina, che è di fronte a noi, e non a Cosenza o a Catanzaro,
due sono le possibilità: o noi in Calabria siamo un popolo strano, nel senso di diverso,
per cui abbiamo nel DNA una naturale propensione allaggressione, alla violenza,
allorganizzazione sporca; oppure ci sono delle condizioni oggettive, fisiche, che
non sono state tenute nel debito conto da chi avrebbe dovuto. E lo stiamo dicendo e
chiedendo da anni.
La città di Reggio Calabria ha dimensioni
tali da farla essere più grande della città di Milano. Reggio Calabria ha una dimensione
più vasta della metropoli lombarda e niente da noi, nessun servizio da noi, è di natura
metropolitana. Pensate soltanto ai vigili urbani, che obbediscono a quel rapporto
giudice-popolazione, vigile urbano-popolazione: noi siamo 180 mila, abbiamo poco meno di
170 vigili urbani; metteteci la quota degli assenti giornalieri e in questa grande città
non è difficile che un quartiere diventi il contenitore della droga, laltro il
contenitore di armi, laltro il contenitore di latitanti. È una città non
controllata da anni. Il rapporto tra le forze di pubblica sicurezza e la nostra
popolazione lho già detto, ma poi cè questo disordine dellampiezza
della città, per cui illegalità e senso della facilità con cui è possibile violare la
legge hanno determinato una mentalità; adesso bisogna mettere mano alla situazione. A
Reggio Calabria anche io ho i miei critici, ed essi mettono in evidenza lottimismo
che nei miei interventi ormai faccio circolare. Io sono convinto che noi, se il Parlamento
se ne accorge, siamo nelle condizioni di voltare pagina, siamo nelle condizioni di dare il
colpo finale a queste organizzazioni, che le nostre forze di pubblica sicurezza, che noi
apprezziamo, hanno già scombinato: gli hanno tolto prestigio, hanno rotto i legami che ne
costituivano la rete formidabile. Però adesso bisogna aiutare queste forze e questi
investigatori, bisogna metterli in condizione di dare il colpo finale, perché questo è
possibile. E accanto a quel piccolo dinamismo economico che da noi si è sviluppato in
questi anni in cui siamo stati totalmente abbandonati (perché non cera la Cassa per
il Mezzogiorno, e perché si erano contratte tutte le condizioni favorevoli della spesa
pubblica), cè per altro verso un allentamento della presa sulla città, la rottura di una
egemonia antica. Io sono del parere che se ci darete più vigili urbani, tanti quanti ce
ne vogliono per una città che è più grande di Milano, se ci darete una delega, noi
abbiamo le energie per camminare anche con le nostre gambe. (Applausi).
PRESIDENTE. Grazie a Italo Falcomatà per la testimonianza di una esperienza di ricostruzione, della presenza dello Stato e della legalità. Do ora la parola al professor Valentino Castellani, sindaco di Torino.
CASTELLANI
Valentino, sindaco di Torino. Ringrazio anchio, senza dilungarmi in troppi
dettagli, per lopportunità che ci viene offerta di affrontare questo tema della
legalità e della sicurezza nei contesti urbani. Io credo che ormai si stia diffondendo la
consapevolezza che si tratta di un tema generale, un tema che riguarda tutte le aree
urbane, in particolare europee, anche se non è solo un problema europeo. Il diritto alla
sicurezza, io credo che si debba dire con molta forza, è un diritto di cittadinanza; il
diritto alla sicurezza è una delle dimensioni dei diritti di cittadinanza. Il Consiglio
comunale della città di Torino nel 1994, quindi soltanto 4 anni fa, ha riscritto il
proprio statuto e non compare una sola volta la parola sicurezza. Io sono convinto che se
il Consiglio comunale di Torino riscrivesse oggi il proprio statuto metterebbe
probabilmente al primo posto, tra i diritti di cittadinanza, quello alla sicurezza. Cosa
è cambiato? Cosa è successo nelle nostre città, nelle città del Nord? Io credo che si
siano coagulati una serie di cambiamenti strutturali profondi. Parlo delle città del Nord
e parlo della quotidianità del tema della sicurezza, non mi riferisco alla grande
criminalità, alle mafie, che fanno parte di unaltra dimensione; mi riferisco a
quella che giustamente Gabriele Albertini ha definito anche la percezione della sicurezza,
che è un dato soggettivo fondamentale. La sicurezza è fatta di dati oggettivi e di
percezione. Che cosa è cambiato? È cambiato che alcuni grandi fenomeni
strutturali, come lo spaccio della droga, la tossicodipendenza, la prostituzione, si sono
intrecciati con altri fatti strutturali: limmigrazione clandestina, ad esempio, la
presenza di organizzazioni sul territorio non solo di immigrati, ma di immigrati e di
italiani. Recenti brillanti operazioni svolte a Torino anche dallArma dei
carabinieri in relazione, ad esempio, alluso delle abitazioni in locazione
(appartamenti in locazione sotto mentite spoglie concessi a tutta una serie di personaggi
più o meno connessi con la criminalità sul territorio), hanno rilevato
lintrecciarsi di questi fenomeni, che hanno fatto fare un salto di qualità rispetto
alla percezione della sicurezza nella quotidianità delle nostre città. Se si vanno a
vedere le statistiche di Torino, ci si accorge che non è la città che sta peggio dal
punto di vista dei numeri. Non abbiamo nessun primato nazionale, per fortuna, però siamo
sulle cronache dei giornali quasi tutti i giorni.
Cè un fatto comunque preoccupante
nella mia città: se si vanno a vedere le serie storiche di reati, e quindi se ne esamina
la dinamica, ci si accorge che la quantità di reati che creano allarme sociale è in
aumento. Negli ultimi due anni abbiamo avuto un incremento di quasi il 30 per cento di
questi reati; non importa se sono grandi o piccoli in numeri assoluti, quello che
interessa, e che crea la percezione soggettiva della sicurezza, è la dinamica, la
tendenza: è questo che crea allarme sociale.
Io vorrei svolgere due serie di
considerazioni. Non mi dilungherei a raccontare che cosa si sta facendo nella città, un
insieme di cose piccole ma molto impegnative: interventi sullilluminazione pubblica,
interventi sul commercio abusivo, interventi sulle locazioni; speriamo anche noi entro il
1999 di generalizzare sul territorio lesperienza del vigile di quartiere, che è non
tanto una specializzazione della funzione della polizia municipale, quanto una modalità
di presenza diversa, con moduli operativi diversi. Risparmio a me e a voi lelenco di
queste azioni premettendo che sono tutte importantissime, ma non danno ai cittadini la
percezione di una salto di qualità, nonostante la quantità di questi interventi e la
fatica di metterli in campo siano enormi. La percezione soggettiva che ha un sindaco è di
fare moltissimo. Poi, in realtà, lefficacia di questi interventi, misurata nel
grado di consenso che ne riceve, è modestissima. Allora, dove sta il problema? Ecco, io
vorrei dedicare questi pochi minuti che mi restano a una riflessione un po più
politica, più strutturale.
In primo luogo, io penso che quello della
sicurezza sia un problema molto serio per le grandi città perché è in gioco la
percezione, il tessuto della democrazia nelle nostre comunità. Quando non si risponde,
tutti insieme, ciascuno con le proprie responsabilità, ad una domanda di cittadinanza, si
innescano meccanismi di degenerazione del tessuto democratico. E io qui devo dire con
grande forza, perché ne sono profondamente convinto, che è in atto un altro pericoloso
processo: nel nostro Paese ci si sta appropriando di questo tema per scopi di parte. Io
non credo che il tema della sicurezza sia un tema di destra o di sinistra: è un problema
di cittadinanza, e quando qualcuno si appropria di questo argomento per scopi di parte
lavora contro la democrazia. Questo punto appartiene allinsieme dei valori comuni
che devono essere condivisi ed è fondamentale. Quali sono dunque gli aspetti strutturali?
Io sono rimasto questa mattina colpito da alcune esperienze che ho sentito raccontare, che
peraltro conosco abbastanza perché la mia città è inserita nella rete di città che si
chiama Forum europeo per la sicurezza, ma stamattina lonorevole Bockel, sindaco di
Mulhouse, e poi anche il dottor Birch, parlando dellesperienza del Regno Unito,
hanno messo in evidenza un aspetto che già ho sentito indicare qui: cè un anello
fondamentale di questa catena del problema che da noi è ancora da
"cortocircuitare", ed è quello della magistratura. Non che io ritenga che la
magistratura non faccia il suo dovere, non vorrei essere frainteso, ma cè un
problema delicatissimo nelle nostre città. Accade che le forze dellordine fanno
centinaia e centinaia di arresti in determinate zone della città, anche su denuncia dei
cittadini, e pochi giorni dopo le stesse persone arrestate ricompaiono sul territorio con
atteggiamenti, ovviamente comprensibili, di disprezzo per ciò che è avvenuto, innescando
nei cittadini il senso di impotenza delle istituzioni. Questo è laspetto più
devastante, secondo me, del tessuto democratico di una comunità. Mi sono riferito alla
magistratura ma penso anche allordinamento, perché, in definitiva, i magistrati
applicano le leggi.
Quindi, vi è un pezzo di questa catena
che deve essere completato perché, finché ce la vediamo tra sindaci, prefetti, forze
dellordine, Comitati per lordine e la sicurezza pubblica e non chiamiamo in
causa lazione della magistratura e lefficacia dellordinamento, rischiamo
di fare un tremendo e devastante gioco di ping pong, incentivando i sensi di
impotenza rispetto a fenomeni che qualche volta appaiono inarrestabili. Ritengo che questo
problema debba essere posto.
Condivido ciò che ha detto il mio collega
Albertini. Il problema della prostituzione richiede di essere rivisitato con grande
coraggio sul terreno dellordinamento, così come anche altre questioni, altrimenti
chi sta quotidianamente sul territorio sa benissimo che questi problemi sono di fatto
ingestibili e si rischia di innescare aspettative su azioni la cui efficacia è a
priori destinata allinsuccesso.
Pertanto, il primo aspetto è quello di
chiudere questo cerchio di competenze, di metterle in concertazione virtuosa tra di loro
mi riferisco allordinamento, alla magistratura, alle forze dellordine e
ai sindaci in modo da fornire risposte importanti sul terreno della democrazia.
E passo allultima considerazione che
vorrei fare. A mio avviso, il problema della sicurezza nelle grandi città è assai più
complesso di un semplice approccio di ordine pubblico, e di ciò dobbiamo avere assoluta
consapevolezza. Chi crede di risolvere il problema della sicurezza nelle città
affrontandolo soltanto o prevalentemente sul terreno dellordine pubblico compie un
gravissimo errore di prospettiva. Non voglio contrapporre alla repressione un elenco di
tutte le questioni che riguardano la convivenza civile nelle comunità delle grandi città
del Nord perché sarebbe semplice: se i due aspetti non stanno insieme, si innescano
spirali perverse. Sono molto preoccupato che si possa creare lillusione che il
problema della sicurezza si affronta e si risolve soltanto sul terreno dellordine
pubblico, aumentando la presenza delle forze dellordine. Si tratta di una richiesta
comprensibile da parte dei cittadini ma è anche una domanda assolutamente semplicistica.
E allora vi dico che a Torino, ad esempio,
i problemi più gravi in termini di sicurezza non li abbiamo ancora dico io
in periferie abbandonate, dove vi sono gravi problemi di disoccupazione; semmai li abbiamo
in quartieri semicentrali che sono periferici per altri tipi di problemi strutturali. E
proprio perché sono quartieri semicentrali, essi hanno una permeabilità anche di
visitazione da parte dei cittadini maggiore che in altre città. Ritengo che questo sia,
tra laltro, uno dei motivi per cui Torino è spesso allonore o al disonore
delle cronache.
Ritengo che su questo terreno si debba
impostare una cultura di governo diversa delle nostre città, che però richiede anche al
Governo centrale una maggiore attenzione a quelle che ormai vengono chiamate politiche
urbane integrate. Queste ultime richiedono risorse e progetti fortemente radicati sul
territorio; gli interventi nei quartieri della mia città non possono essere gestiti allo
stesso modo con cui si possono o si devono gestire gli interventi in altre città del
nostro Paese.
Quindi sono necessarie risorse nuove, e
allinterno di questo quadro di approccio integrato ai problemi delle nostre città
vi è anche il tema della repressione.
Credo siano questi due i salti di qualità
che ci sono richiesti e che vorrei ribadire: da una parte, vi è il rendersi conto che è
in gioco il contesto dei rapporti di democrazia nelle comunità locali, e che quindi
bisogna chiamare in causa tutti gli attori e tutti i soggetti che possono avere un qualche
effetto sul tema della sicurezza; dallaltra, sono necessarie politiche urbane
integrate per non ridurre il problema della sicurezza ad una pura e semplice questione di
ordine pubblico. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Castellani per il suo intervento e invitiamo il dottor Enzo Bianco, sindaco di Catania, nonché presidente dellAssociazione nazionale comuni italiani, a prendere la parola.
BIANCO Enzo, sindaco
di Catania. Signor Presidente, posso esimermi dallesprimere un apprezzamento ed
un ringraziamento alla Commissione parlamentare antimafia solo perché ho avuto
lopportunità di farlo ancora di recente nella mia città, perché questa
Commissione frequenta Catania con una assiduità per la quale le siamo molto grati e vi
chiediamo di farlo sempre con la stessa attenzione. Non sono tra quei siciliani o tra quei
sindaci che ritengono che un eccesso di presenza porti male, non perché non sia
superstizioso ma perché credo che i riflettori accesi sono assai utili sulle nostre
città; e questo ci serve anche preventivamente, nei limiti del possibile, a tenere alta
la temperatura dellimpegno. Al ringraziamento alla Commissione parlamentare
antimafia ne vorrei soltanto aggiungere un altro al comando generale dellArma dei
carabinieri che ha affiancato con la consueta e nota efficienza la Commissione
nellorganizzazione di questo Convegno. E questo, tra laltro, denota nella
continuità di un certo tipo di impegno anche modalità nuove, la ricerca di strumenti (a
cui naturalmente sono sensibili in eguale misura le altre forze dellordine, cioè la
Polizia di Stato e la Guardia di finanza) e la voglia credo sia questo il senso
dellinvito rivolto ai sindaci di scambiarci opinioni e di ascoltarci
reciprocamente per un migliore coordinamento.
Debbo subito dire che non appartengo e non
mi iscrivo al partito del pianto e della disperazione, anche perché sono convinto che
questo partito rappresenti lanticamera, anche involontariamente e in buona fede, di
un altro partito: quello della rassegnazione. Se insieme alla consapevolezza dei problemi
che esistono non diamo una giusta valutazione ai risultati che si ottengono, naturalmente
e automaticamente ne deriva che tanto vale non far nulla perché non lo si riesce a fare.
Vorrei quindi partire da una prima
considerazione. In questi ultimi 5 o 6 anni, rispetto a quello che definisco forse il
momento peggiore nella vita del Paese sotto il profilo della lotta alla criminalità e
della sicurezza mi riferisco agli anni 1992 e 1993, cioè al tempo delle stragi
siciliane e allattacco al cuore dello Stato nel senso proprio, più violento e
arrogante al punto da colpire i beni culturali con una strategia che diventa stragista
, il "sistema Italia" ha fatto dei grandi passi avanti, e sarebbe
gravissimo non riconoscerlo. Infatti, il livello di attenzione dellopinione pubblica
è salito notevolmente (anche se con alcune punte massime che non si sono più raggiunte)
e certamente è ancora a buoni livelli; ci siamo dotati di una legislazione in gran parte
adeguata anche se non sempre effettiva, vi è stata una forte crescita di impegno
quantitativo e qualitativo da parte delle forze dellordine e anche
dellapparato centrale dello Stato e vi è stata una continuità di azione politica
nelle diverse espressioni che questa ha avuto. Ricordo che, purtroppo, il bene della
stabilità non appartiene ancora al nostro paese, per cui vorrei soltanto sottolineare che
da quando ricopro la carica di sindaco con elezioni dirette, cioè dal giugno del 1993,
sono stati ben otto i Ministri di grazia e giustizia del nostro paese che ho incontrato
per discutere del problema della localizzazione del carcere a Catania. Viceversa, i
rappresentanti di altri Dicasteri sono stati un po meno: cinque o sei. Vi è un
problema di stabilità ma nel complesso, nonostante tutto questo, il "sistema
Italia" ha certamente portato avanti azioni importanti.
Vorrei soltanto citare un dato. Ho sentito
recentemente ricordare in una opportuna iniziativa del comandante generale dellArma
dei carabinieri, generale Siracusa, tesa a valorizzare anche taluni elementi positivi, che
della lista dei 30 più pericolosi latitanti di qualche anno fa, 22 o 23 sono stati
assicurati alla giustizia. Ritengo che siano stati fatti dei passi in avanti in termini di
sinergia, anzi ne sono sicuro, ma ovviamente vi sono ancora drammatici problemi da
risolvere.
La caratteristica dei nostri problemi
e oggi lo avete sentito anche dalla viva voce dei sindaci di alcune tra le più
importanti città italiane denota attualmente un quadro abbastanza chiaro. Vi è
una serie di problemi di sicurezza nelle città che è analoga o identica in tutti i
grandi centri. Non vi sono più isole felici: le grandi città italiane, come le grandi
città europee e nordamericane, ma non solo, hanno seri problemi con caratteristiche
sostanzialmente omogenee; quindi, si tratta di andare a vedere ciò che fanno gli altri,
di mutuare altre esperienze e di adattarle alla condizione italiana.
Vi sono poi lo avete sentito dalla
voce dei sindaci Albertini, Falcomatà e Castellani, tra breve ascolteremo quella di
Bassolino peculiarità, sensibilità e problemi diversi nelle nostre città e
ognuno deve adattare naturalmente la propria ricetta.
In questo quadro relativamente
ottimistico, nel senso di non sottovalutazione dei problemi ma di comprensione di alcuni
elementi importanti di successo, si inserisce anche ciò che è accaduto a Catania e
questo può riscuotere un certo interesse al di fuori dellambito catanese, non solo
perché stiamo parlando di una città importante e significativa, ma perché in qualche
misura può essere paradigmatico rispetto a quanto può accadere in altre realtà del
nostro Paese.
È noto che Catania, sino alla metà degli
anni Sessanta, era una città sostanzialmente estranea al fenomeno mafioso, con presenze
francamente marginali, mentre nel giro di qualche anno ha registrato viceversa una forte
presenza del fenomeno mafioso che, con unefficace definizione sociologica, qualcuno
ha definito la "mafia allo stato nascente", e quindi con tutte le
caratteristiche che ciò comporta. Nel giro di pochissimi anni, in una società comunque
relativamente ricca rispetto alla realtà meridionale, ha avuto la capacità, la forza e
lintelligenza di riuscire ad assicurare una propria presenza, purtroppo per noi,
assai dominante in alcuni settori.
Nella mia città sono stati registrati dei
risultati significativi e importanti, non vorrei enfatizzarli ma il recente rapporto sui
tipi di reati commessi, tendenza e numero, che il CENSIS ha fatto in dieci tra le
principali città italiane per il quinquennio 1992-1996, indica che a Catania vi è stata
una flessione di omicidi di mafia del 57 per cento, il numero dei furti ha avuto una
flessione del 65 per cento, il numero delle rapine una flessione del 54 per cento, il
numero di estorsioni denunziate ma su questo argomento specifico avrei qualche
dubbio comunque una flessione molto più bassa e cioè del 10 per cento, una
riduzione degli attentati dinamitardi o incendiari del 100 per cento, e così via anche su
altri reati.
Mi pare particolarmente significativo il
dato sui minori denunciati, dato che riguarda tutta la provincia, che registra, grazie a
unefficace azione delle forze dellordine e delle municipalità, una riduzione
del 36, 7 per cento. Catania ha perso, molto volentieri, un primato che aveva, quello di
un altissimo livello di presenza di devianza minorile. In questa condizione mi pare di
poter dire, in buona sostanza, che nella mia città oggi si sono raggiunti alcuni
importanti successi che bisogna continuare ad ottenere, comprendendo le ragioni che li
hanno determinati e cè la possibilità naturalmente che questo successo non sia
temporaneo ma che si consolidi, se vi sarà unefficace azione anche in futuro.
Cosa registro a Catania? La presenza
mafiosa mi sembra perda la capacità, che è uno dei tre elementi caratterizzanti della
mafia rispetto alle altre organizzazioni criminali, di diventare Stato, assumendo il
volto, di volta in volta, dellamministratore, delle forze dellordine o del
magistrato, o comunque di settori nei quali riesce ad avere appoggi importanti. Mi pare
che si attenui laltra caratteristica dellunicità del comando di una visione
strategica, un po da consiglio di amministrazione di una grande azienda, che è un
elemento caratterizzante della criminalità mafiosa che a Catania, per la verità, era
convissuta con una larga tolleranza verso forme di criminalità organizzata non associate
alla Cupola, che convivevano con Cosa nostra, e mi sembra che si attenui abbastanza
su questo elemento cè qualche preoccupazione negli ultimi tempi, legata alle
difficoltà economiche il consenso sociale, che è unaltra delle
caratteristiche che danno un segno alla mafia differenziandola da altre organizzazioni.
Questo elemento si attenua soprattutto perché viene meno il mito della invincibilità
grazie ai successi frequenti che le forze dellordine e la magistratura hanno
assicurato nella mia città.
Cosa occorre fare vorrei brevemente
parlare di questo, ed è forse questo il senso del mio discorso per consolidare
questi risultati e andare avanti? Il bisogno che più di ogni altro avverto è quello di
coordinamento e di sinergia, presidente Del Turco. Sulla base della mia esperienza
laffermazione forte che sento di fare è che questi risultati possono consolidarsi e
andare avanti se cè coordinamento e sinergia. Cè uno spreco straordinario di
risorse, per mancanza di coordinamento. Presidente Del Turco, fa molto male a una città,
come è capitato in questi cinque anni, se per mancanza di coordinamento nel giro di due
mesi, per ragioni tutte nobilissime, vengono sostituti contemporaneamente il prefetto, il
questore, il comandante dellArma dei carabinieri, il comandante della Guardia di
finanza. Occorre un centro di imputazione che governi, non per specializzazioni, ma
dallalto, e imprima una sinergia. È capitato un paio di volte, nel corso della mia
esperienza amministrativa, che ciò si sia verificato, per naturali ragioni di scadenza.
Ciò talvolta succede, però bisogna assicurare un elemento di continuità in questo
ambito.
Dico subito che sono contrario e i
sindaci nella sostanza lo sono tutti, con qualche differente accentuazione
allidea di un sindaco sceriffo. Lidea di mutuare dallesperienza
americana una responsabilità in prima persona diretta ed esclusiva in tema di sicurezza
non appartiene alla nostra tradizione, né al tipo di problema col quale ci confrontiamo.
Per il tipo di criminalità che cè in Italia cè bisogno di una
specializzazione, di una struttura nazionale forte, ed è quindi bene che il tema della
sicurezza sia affrontato da chi, naturalmente con professionalità, è competente.
Naturalmente questo principio va contemperato con il fatto che le nostre comunità locali
ritengono che noi sindaci siamo responsabili della sicurezza, e siccome in democrazia quel
che pensano i cittadini è importante, dobbiamo avere gli strumenti per collaborare con la
nostra popolazione. In molte città questa collaborazione esiste già. Prima ancora che se
ne parlasse, con molte prefetture ho lesempio diretto della mia città, ed è
qui presente il prefetto Romano che era prefetto a Catania, abbiamo realizzato una
costante collaborazione, rappresentanti permanenti al Comitato per lordine e la
sicurezza, quando ciò non era previsto, ognuno facendo la propria parte. I Comitati
provinciali, anche se non è ancora obbligatorio per legge, e in qualche caso cè
qualche resistenza, devono avere un ruolo attivo, anche col potere di mettere determinati
punti allordine del giorno, di chiedere di trattare alcune questioni, di avere la
collaborazione da parte dei sindaci.
Cosa vuol dire sinergia e coordinamento?
Per parte nostra, cosa occorre fare per consolidare questi risultati? Le amministrazioni
comunali possono e devono fare molto in questambito; ci sono aspetti che riguardano
la nostra responsabilità. Innanzitutto un supporto al tema della legalità, il recupero
di dignità e di equilibrio di condizioni normali di vita nei quartieri, soprattutto in
quelli degradati, e il tema serissimo dellistruzione. Nelle città noi dobbiamo
puntare moltissimo, e molti sindaci lo stanno facendo, sul tema dellistruzione. Uno
sforzo straordinario del sistema Italia per unazione di lungo periodo nel campo
formativo, soprattutto nelle aree a rischio, da incredibili, straordinari risultati.
Lesperienza della città di Catania e i dati del tribunale dei minori dimostrano che
l85 per cento dei ragazzi che finiscono in prigione, o comunque in percorsi di
devianza, non hanno completato la scuola dellobbligo. Ciò significa che la scuola,
per quanto in condizioni di difficoltà, riesce ad essere un antidoto formidabile in
questo ambito.
Ci sono altre questioni che riguardano le
comunità locali e lo Stato centrale; la più importante di esse è, evidentemente, lo
sviluppo economico. È inutile dire che in condizioni di grande difficoltà economica la
criminalità, a lungo andare, migliora e vince. Ci sono invece questioni che riguardano lo
Stato centrale, anzitutto la politica repressiva. Bisogna continuare senza esitazioni,
soprattutto su un principio fondamentale, quello del controllo del territorio, che è poi
la ragione stessa sulla quale si gioca la partita della legalità. Come dice il rapporto
della Commissione antimafia, un capomafia senza territorio è come un re senza regno.
Quando riesce a riprendere il controllo del territorio, lo Stato naturalmente rompe uno
degli elementi fondanti di un certo tipo di criminalità. Questo non riguarda solo le
attività mafiose ma anche le altre forme attinenti alla sicurezza, come ad esempio il
problema delicatissimo della prostituzione. Riguardo a questa ultima questione ciascuno di
noi ha fatto ciò che ha potuto; qualche sindaco ha emesso qualche ordinanza; nessuno di
noi ha mai detto che ciò serve a risolvere il problema, ma questi atti servono a
denunciare il problema. Noi chiediamo che sul tema della prostituzione si alzi il livello
di attenzione anche per quanto riguarda lorganizzazione della prostituzione stessa,
che spessissimo è in mano a organizzazioni criminali anche molto pericolose.
Un principio al quale vorrei solo
accennare è quello che riguarda leffettività della pena. È questo un tema che
dobbiamo affrontare sempre più: non ha senso fare tutti gli sforzi che vengono messi in
atto se ogni giorno il principio di effettività della pena viene calpestato. Se qualcuno
viene condannato per un reato grave, non risponde al senso comune che nel giro di
pochissimi mesi sia messo in condizione di poter continuare a turbare la sicurezza. Nella
mia città qualche mese fa è accaduto un episodio gravissimo, inaudito: una donna che si
era separata da suo marito, un pericolosissimo criminale, e che lei aveva denunciato per
reati contro la famiglia, ha visto questo criminale, condannato per tre o quattro omicidi,
uscire dal carcere. È stata la cronaca di un omicidio annunciato: questa donna infatti è
morta e tutti sapevano che sarebbe accaduto. Il principio delleffettività della
pena è fondamentale: garantismo vuol dire anche garantire la sicurezza dei cittadini, per
cui quando uno è condannato deve espiare la pena, con tutti i principi di garantismo che
si vuole, altrimenti si vanifica limpegno delle forze dellordine. Posso citare
un episodio accaduto a casa mia: una persona ha rubato il motorino di mia moglie, è stata
scoperta in flagranza di reato, il giorno dopo, ovviamente in condizioni di libertà, era
già al quinto o sesto motorino rubato.
Vi è poi unulteriore questione: a
Catania ma non solo a Catania abbiamo la percezione che dalle carceri si
continui a dirigere ciò che accade fuori, nonostante la fine, forse, del
"turismo" giudiziario.
Concludo il mio intervento con una
questione che i miei colleghi non hanno affrontato ma che a me sembra decisiva, ed è la
questione della infiltrazione della criminalità negli appalti e nella pubblica
amministrazione. Il nostro discorso non sarebbe completo se non affrontassimo questo
argomento. Si tratta di coordinarlo insieme, e ringrazio la Commissione antimafia perché
su questo argomento ha avuto particolarissima attenzione. Di recente siete venuti a
Catania e ho detto con grande chiarezza che nella mia città finalmente, grazie
allazione che stiamo portando avanti in questi ultimi anni, siamo in procinto di
realizzare alcune importanti infrastrutture nella città: la nuova aerostazione, i lavori
nel porto, linterporto. Stiamo approvando finalmente, senatore Pettinato, il piano
regolatore generale della città. Insomma stiamo mettendo in atto una serie di azioni
importanti per lo sviluppo della città.
Naturalmente è scontato e lo
dimostra purtroppo la tristissima vicenda dellospedale Garibaldi di Catania
che cè in Sicilia e anche a Catania, una forte, pericolosa connessione fra
organizzazioni criminali e imprese, anche imprese che mafiose non sono. Ricordo
unimpresa che veniva da Milano, che non aveva alcun bisogno sottolineo,
nessun bisogno per operare a Catania di scendere a patti con la mafia. Aveva vinto
un appalto in condizione di grande legalità. Vi chiediamo su questo di accendere i
riflettori, e lo chiedo io per primo, come ho già detto in Commissione antimafia.
Noi proporremo lo annuncio qui
al prefetto di Catania, lo abbiamo già fatto in quella occasione, ma lo
riproporremo in modo formale, di organizzare a Catania un Osservatorio sugli appalti
(quanto meno provinciale, e forse anche regionale, Presidente, perché i fenomeni di
presenza delle attività criminali hanno naturalmente carattere regionale) che faccia la
radiografia di tutti gli appalti della provincia: occorre accendere quindi i riflettori,
controllare con le tecniche che in parte si sono già realizzate tutto ciò che accade.
Chiediamo cioè di stipulare e spero che altrettanto facciano gli altri un
patto per la legalità nella città, in cui fra laltro lamministrazione
comunale di Catania chiederà un protocollo di legalità per ognuno degli appalti di cui
la stessa amministrazione naturalmente sopra una certa dimensione si fa
carico. E chiederemo di fare lo stesso per gli altri, in modo che per ciascuno di questi
appalti tutto sia radiografato, sia seguito, si sappia quali sono le imprese
subappaltatrici, quali sono i concorrenti, si sappia in sostanza tutto ciò che accade. In
una parola, qui ci giochiamo la partita più difficile, perché, vedete, è facilissimo,
non ci vuol niente a cacciare del tutto la mafia dalle infiltrazioni nella pubblica
amministrazione. È sufficiente non fare nulla e non cè rischio, basta lasciare il
deserto. La vera partita difficile è quella di perseguire ipotesi di sviluppo, realizzare
ciò di cui la Sicilia, come la Calabria e la Campania, ha bisogno e di farlo in un
atmosfera di legalità. Questo contributo spetta anche a noi sindaci; molti hanno
dimostrato di possedere quella dose di coraggio normale e non eroico che è necessario
avere. (Applausi).
PRESIDENTE.
Ringrazio il dottor Bianco, sindaco di Catania, in merito al fatto di istituire
lOsservatorio sugli appalti pubblici, proposito oggi facilitato dalla nuova legge
Merloni. Siamo arrivati allultimo intervento della mattinata, che è quello
del sindaco di Napoli, onorevole Bassolino, il quale sta avendo modo di prestare
attenzione allazione di contrasto alla criminalità anche nel suo nuovo ruolo di
Ministro.
Pochi giorni fa abbiamo avuto notizia in
Parlamento che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dellinterno, ha
avanzato al presidente DAlema la proposta di unapposita riunione del Consiglio
dei Ministri sul problema della lotta alla criminalità; proposta sicuramente importante,
che potrà servire a delineare in modo migliore le strategie di contrasto alla mafia.
Penso che, nel corso del suo intervento, lonorevole Bassolino potrà fornire un
ulteriore contributo ai nostri lavori.
Prego, pertanto, lonorevole
Bassolino di prendere parola.
BASSOLINO
Antonio, sindaco di Napoli e ministro del lavoro e della previdenza sociale. Come
hanno già fatto i miei colleghi sindaci, anchio vorrei rivolgere il mio più forte
ringraziamento al presidente Del Turco, alla Commissione parlamentare antimafia e al
Comando generale dellArma dei carabinieri non solo per averci offerto
lopportunità di approfondire e di arricchire le idee e le proposte in merito alla
strategia contro la mafia e la criminalità organizzata, ma anche per aver voluto svolgere
nella città di Napoli questo importante e significativo Convegno. Negli ultimi
tempi sono ormai diverse e tante le occasioni in questa città di appuntamenti di rilievo
nazionale ed internazionale. A me sembra rilevante e significativo che, insieme a tante
altre di ordine culturale, civile e politico, vi sia stata in questi due giorni anche
loccasione per affrontare un problema alla nostra viva attenzione e che
vorrei subito sottolinearlo anchio è sempre più di rilievo internazionale e
mondiale.
Anzi, in questa sede forse conviene fare
una prima considerazione. Vi è un certo modo allinterno del Mezzogiorno
dItalia, a volte un po ristretto e provinciale, di guardare al tema, che è
ormai enorme in Europa e in tutto il mondo, tanto che gli ultimi vertici dei paesi del G7,
da alcuni anni a questa parte, hanno messo il tema della sicurezza e della lotta alla
criminalità organizzata sempre al primo punto allordine del giorno. Questo tema ha
ormai acquisito lo stesso rilievo e la stessa importanza dei grandi temi economici e di
sviluppo. In diverse metropoli del mondo, sia pure in modi diversi tra di loro, il
problema si esprime con livelli di preoccupazione e a volte anche di allarme sempre più
forti.
In casa nostra, a Napoli, a Reggio
Calabria, a Catania e in grandi metropoli del Nord del paese abbiamo problemi molto seri,
con i quali facciamo i conti ogni giorno. In diverse civilissime metropoli dEuropa
si è dovuto stabilire il coprifuoco alle prime ombre della sera, prendere provvedimenti
che finora sono stati e sarebbero impensabili nelle nostre città nei confronti dei
minori. È, dunque, con la consapevolezza di questa dimensione internazionale e mondiale
del problema che noi dobbiamo muoverci, avendo, per quel che riguarda un Paese come il
nostro (soprattutto il Mezzogiorno dItalia), piena consapevolezza della gravità del
problema. Gravità in forme diverse, perché la mafia e la criminalità organizzata si
esprimono in modi differenti: dalla presenza sul territorio alla presenza nella Borsa o
nel riciclaggio di grandi banche, dalla criminalità che spara ed uccide a quella dei
colletti bianchi (ritengo che nessuno di noi sia interessato a fare, in questo campo, la
graduatoria dei fatti più preoccupanti). Gravità in modi diversi e differenziati e,
dunque, non è su questo a mio avviso che esiste un punto di discussione.
Tra noi certamente no, ma non è su questo che può esistere un punto di discussione a
Napoli, nel Mezzogiorno o a livello nazionale. La gravità del problema è chiara. La vera
discussione che dobbiamo fare tra di noi è, di fronte a questo serio e grave problema che
si esprime in forme che mutano, se il nemico è sempre lo stesso e con lo stesso volto
immobile. La vera discussione è se sono stati fatti oppure no lo dico nel modo
più equilibrato e pacato alcuni passi in avanti e se è possibile farne altri.
Penso che alcuni passi in avanti siano
stati fatti, come emerge anche da questa Tavola rotonda e lo voglio sottolineare
in primo luogo come è emerso dalle parole del sindaco Falcomatà. Evidenzio ciò
perché Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, ha vissuto un anno fa dei momenti molto
difficili. Molti di noi hanno cercato di essergli vicino, perché è stato sul punto di
porsi il problema se restare sindaco della sua città. È il sindaco di Reggio Calabria
che, oltre a farci un quadro crudo di quella realtà senza sminuire in alcun modo tanti
aspetti che non vanno, per primo ci ha illustrato anche i passi in avanti fatti. Se posso
dirlo con affetto da collega, è proprio lui che ha compiuto uno dei primi passi in
avanti. Oggi la legalità a Reggio Calabria non è più affidata solo ai magistrati, alle
forze dellordine, ma è affidata ai magistrati, alle forze dellordine e al
sindaco di Reggio Calabria, che non solo combatte contro la criminalità organizzata, ma
pratica la legalità, cerca di farla crescere nel senso civico della città.
Alcuni passi in avanti sono stati
compiuti, come quello al riguardo, a mio avviso, sarebbe interessante riflettere
bene di una straordinaria crescita civile, culturale e civica di tante città del
Mezzogiorno dItalia negli anni che, dal punto di vista economico, sono i più
terribili alle nostre spalle. Ripeto: più terribili. È stata chiusa la Cassa per il
Mezzogiorno; è finito lintervento straordinario; è aumentato il rigore per stare
nei parametri di Maastricht per entrare nellEuro. Tutto giusto; tutte scelte
inevitabili, necessarie e potenzialmente utili al Mezzogiorno, che non doveva più stare
aggrappato a quella spiaggia della dipendenza dalla spesa pubblica centrale e che ora deve
nuotare in mare aperto. In mare aperto può anche affogare, ma può anche raggiungere
spiagge più serie e con più sviluppo. Alle nostre spalle, però, abbiamo avuto lo
ripeto nel Mezzogiorno anni davvero terribili; eppure, in questi stessi anni è
cambiata in parte la classe dirigente e cè stata una crescita civile, politica e
culturale. Considero questo un fatto enorme e non capisco come non lo veda chiunque di noi
voglia continuare a fare passi in avanti, come sindaci se posso parlare con
schiettezza di centrosinistra e di centrodestra.
Al di là di legittime differenze e
sensibilità su qualche tema molto delicato, come quello della lotta alla prostituzione,
tra noi sindaci presenti in questa sede e tanti altri sono in corso esperienze comuni,
come oggi abbiamo sentito, cominciando dal sindaco Albertini. Ognuno di noi sta facendo
esperienze che poi mettiamo a confronto; ognuno di noi cerca di imparare dalle esperienze
degli altri, come nei settori dellilluminazione, dellistituzione del vigile di
quartiere, dei centri civili aperti o dellesperienza, in corso a Napoli, di usare il
reddito minimo di inserimento per le madri deboli che devono aiutarci a mandare i figli a
scuola. Tante esperienze abbiamo in corso e tanti passi in avanti sono stati fatti anche
a mio avviso nei rapporti tra le istituzioni e gli organi dello Stato.
Credo che ci sia stata una prima novità
in tutte le città: i sindaci eletti direttamente dai cittadini ogni giorno collaborano
con il prefetto, con il questore, con il comandante dei carabinieri e della Guardia di
finanza, con il comando dei vigili urbani; ci si impara a conoscere, si discute, si
analizza insieme e si incomincia una integrazione.
Alcuni passi in avanti convivono con un
grave problema, con una ferita aperta in tutte le nostre città. È la ferita della
insicurezza dei cittadini, del bisogno di affermare non solo o tanto a me
lespressione sembra molto vecchia lordine pubblico, quanto il diritto
alla sicurezza dei cittadini stessi che ormai, alle soglie del passaggio di secolo, deve
essere considerato, per tutti quanti noi, un diritto dal valore analogo a quello che fin
dallOttocento hanno avuto altri diritti di cittadinanza, come il diritto alla
salute, allistruzione e al lavoro; deve diventare, perfino dal punto di vista
costituzionale, uno dei grandi e moderni diritti di cittadinanza.
È una ferita aperta, sulla quale però
vogliamo continuamente intervenire, con lequilibrio che ci viene dalla nostra
esperienza e senza semplicismi nella ricetta. Per continuare ad intervenire sulla ferita
aperta occorrono investimenti produttivi, considerando come produttivi secondo il
mio giudizio gli interventi sociali, di prevenzione se ci aiutano nella crescita
dello spirito civico e della civiltà, nelleducazione. Investimenti per creare più
sviluppo e più lavoro e mi permetto di sottolinearlo in questa sede più
qualità, oltre che quantità dello sviluppo. Il tema è delicato.
In alcuni periodi della storia del
Mezzogiorno la crescita delle organizzazioni criminali è stata esattamente rapportata
alla crescita di spesa pubblica indistinta, non selezionata e sbagliata. Il grande salto
qui cè stato dopo il terremoto e con un certo tipo di ricostruzione. Quindi, il
nostro vero problema non è più sviluppo, comunque esso sia, per combattere la
criminalità organizzata, perché paradossalmente uno sviluppo sbagliato, non trasparente,
non controllato, qualitativamente poco efficace può portare altro pane per i denti della
criminalità organizzata. Invece, occorrono investimenti qualificati pubblici e privati
(insisto molto su quelli privati, perché ogni investimento imprenditoriale serio nel
Mezzogiorno, dal Nord e dallestero, diventa un modo efficace per combattere la
criminalità organizzata). Qualità e quantità dello sviluppo dunque, e dentro la ferita
che è aperta nelle nostre città. Infine concludo, sono le ultime considerazioni
certezza delle pene.
Vi chiedo di fare attenzione a questo
punto perché dobbiamo muoverci su più versanti: più sviluppo qualificato, più lavoro,
più prevenzione ed anche maggiore certezza delle pene.
La mafia e la criminalità non si
combattono soltanto con la legge o soltanto con lo sviluppo, servono anche più certezza
ed effettività delle pene, assumendo una posizione equilibrata: non occorrono né più
arresti indistinti, né una generica depenalizzazione, quasi che in Italia, nel
Mezzogiorno, nelle grande aree urbane, non dovessimo fare i conti ogni giorno con un tipo
di reato e con la mancanza di certezza della pena che il giorno successivo ci ripropongono
il problema tale e quale.
Penso quindi che serva un grande
equilibrio: depenalizzare alcuni reati è un fattore di civiltà, ma dobbiamo anche avere
la certezza e leffettività delle pene per tutta una serie di reati che uniscono la
piccola alla grande criminalità organizzata.
Ritengo che dovremmo anche innovare la
legislazione e a tale proposito farò qualche esempio concreto; infatti, gran parte di
coloro che sono in questa sala hanno, seppure in ruoli diversi, responsabilità di governo
e per tale ragione abbiamo quindi il dovere non soltanto di denunciare, ma, in primo
luogo, di avanzare proposte.
Una possibile innovazione legislativa
consiste nel consentire con legge alcune esperienze di federalismo amministrativo. Mi
domando, infatti, perché per tutti i sindaci qui presenti, Albertini, io, Castellani,
Bianco e Falcomatà, deve valere la stessa norma fissa per tanti illeciti che noi stessi
possiamo colpire amministrativamente nelle nostre città, e non sia possibile invece avere
una norma che stabilisca una soglia, un minimo ed un massimo, che ognuno di noi può
applicare, ad esempio per la circolazione dei motocicli, per le violenze negli stadi e per
tanti altri illeciti, ognuno dei quali può avere una valenza differente in una città
rispetto alle altre. Se la norma nazionale prevede una soglia ed un minimo ed un massimo,
io posso usare, come sindaco, nella originalità della mia esperienza, ciò che più mi
aiuta a fare crescere la mia città.
Altri esempi potrebbero farsi, sulla
strada, secondo me necessariamente equilibrata, che si trova di fronte a noi e che porta a
riconoscere maggiori poteri ai sindaci rispetto alla situazione attuale.
Attenzione: tra la situazione attuale, che
presenta già qualche piccolo passo in avanti (ad esempio i sindaci partecipano ora ai
comitati per lordine e la sicurezza e firmano i protocolli di sicurezza), ed il
sindaco allamericana, cerchiamo concretamente di fare altri passi in avanti su una
linea intermedia, che tenga conto dellenorme differenza legislativa; evitiamo però
una polemica irrealistica, in cui si parla di sceriffi e di America, che ci impedisce di
compiere altri doverosi e necessari passi in avanti che assicurino più poteri ai sindaci
e più collaborazione tra il sindaco e gli altri organi dello Stato, perché i sindaci
hanno enormi responsabilità davanti ai cittadini in questo campo e poteri ancora oggi
troppo limitati.
Noi dobbiamo concretamente risolvere i
problemi procedendo in avanti, nelle sedi dei comitati per lordine e la sicurezza
pubblica o in altre che la Commissione parlamentare antimafia e gli organi legislativi
possono cominciare a ipotizzare, ma non cè dubbio che il problema posto dal sindaco
Castellani è reale.
È molto importante il coordinamento fra i
diversi organi dello Stato, ma noi potremmo compiere altri passi in avanti se esistesse
qualche sede nella quale, almeno periodicamente, assieme al sindaco, al prefetto, ai
carabinieri, al questore, alla Guardia di finanza, fosse garantita in qualche modo, nel
pieno rispetto delle autonomie, anche la presenza della magistratura e del mondo della
giustizia. A mio parere è questo un nodo importante.
Le esperienze sono varie, e ho constatato,
visitando altre città, che a volte, o comunemente, ciò già avviene per libera scelta,
ma il problema, al di là delle singole esperienze, è di compiere dei passi in avanti e
di avere delle sedi nelle quali, in un settore come questo, le principali autorità ed
istituzioni, senza che nessuno invada il campo degli altri, possano confrontare opinioni,
esprimere giudizi nelle forme possibili, coordinarsi in qualche modo, selezionare gli
obiettivi che si considerano prioritari. Questo mi sembra essenziale: compiere passi in
avanti sulla strada della collaborazione per dare, anche in questo modo, come in tutti gli
altri, il senso che, nonostante la battaglia sia dura e difficile ed il problema sia
enorme, si può e si deve combattere e che possiamo e dobbiamo tutti quanti insieme, noi
che rappresentiamo lo Stato, compiere con spirito unitario tutto ciò che è doveroso da
parte nostra, per dare altri colpi ad un nemico, che è il nemico della democrazia
italiana. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio tutti i sindaci
che questa mattina hanno contribuito ad affermare la necessità di lavorare per garantire
in modo efficace il diritto di sicurezza, come diritto irrinunciabile di cittadinanza, nei
territori delle nostre città, teatri di azioni di criminalità sempre meglio collegate a
livello internazionale. Sospendiamo ora i lavori del Convegno, che verranno ripresi nel
pomeriggio.