Venerdì, 10 luglio 1998
I lavori hanno inizio alle ore 9,50.
CARPENTIERI Fernando, rappresentante del Ministero del tesoro. Vorrei innanzi tutto ringraziare il Presidente della Commissione antimafia, senatore Ottaviano Del Turco, e tutti i membri della Commissione per avermi invitato a questo importante Convegno, che spero possa dare ulteriore impulso alladeguamento della normativa italiana in materia di antiriciclaggio.
Il mio compito è quello di introdurre
uno dei temi in discussione oggi, cioè: "Euro: rischi di riciclaggio". Lo
scorso mese di maggio sono stati individuati gli undici paesi che fanno parte
dellUnione economica e monetaria europea e che adotteranno la moneta unica, cioè
leuro. Sono stati inoltre fissati i tassi di cambio fra leuro e le divise
nazionali degli undici paesi.
Si sono tenuti numerosi convegni per
analizzare gli effetti che si produrranno per i sistemi economici nazionali, però poco si
è, invece, detto degli eventuali rischi di riciclaggio connessi allintroduzione
delleuro. Non vi è alcuna menzione di tale rischio nei documenti ufficiali, né
risulta che la questione sia stata, fino ad oggi, trattata dalle autorità responsabili
della lotta al riciclaggio. I delegati GAFI, in occasione dellultima riunione sulle
tipologie di riciclaggio tenutasi nel novembre scorso, hanno sollecitato i paesi membri
dellUnione economica e monetaria a valutare se le vigenti misure antiriciclaggio
siano adeguate per fronteggiare la situazione eccezionale che si determinerà nel periodo
di conversione delle monete nazionali in euro. Non si sa se la sollecitazione del GAFI sia
stata accolta da parte dei paesi membri, né se siano state adottate iniziative; sappiamo
che sono stati creati dei gruppi di lavoro per studiare il fenomeno.
Il Comitato di contatto, creato dalla
Commissione europea per lapplicazione della direttiva antiriciclaggio, ha valutato
che il problema deve essere approfondito, però non ha ancora iniziato alcuna discussione;
questo è uno dei motivi per cui abbiamo deciso di trattare questo tema oggi,
approfittando anche della partecipazione di rappresentanti di agenzie antiriciclaggio
straniere, per ascoltare che cosa gli altri paesi dellUnione europea intendono fare
in proposito.
Ritengo che, per inquadrare correttamente
il problema, si debbano distinguere tre periodi o fasi. Nel primo periodo, che viene
definito transitorio e che va dal 1º gennaio 1999 al 31 dicembre 2001, leuro non
circolerà ancora come moneta, ma verrà utilizzato, ai tassi di cambio definiti lo scorso
maggio, nelle operazioni effettuate allinterno del sistema dalle banche centrali, e
poi nelle operazioni tra le banche centrali e le banche commerciali e tra le stesse banche
commerciali, per lemissione di titoli di Stato. In definitiva, in questa fase ci si
prepara alleffettiva circolazione delleuro. Nella seconda fase, che andrà dal
1º gennaio 2001 al 20 giugno 2002, leuro circolerà insieme alle valute nazionali.
Al 30 giugno 2002 tutte le valute nazionali dovranno essere ritirate, o comunque avrà
termine la loro circolazione legale. Questo non vuol dire che non sarà più possibile
cambiare in euro le valute nazionali; sarà possibile farlo presso le banche centrali,
come espressamente previsto da una norma del regolamento relativo allintroduzione
delleuro. Nella terza ed ultima fase circoleranno soltanto euro.
Quali sono le implicazioni per la lotta al
riciclaggio? Nella fase transitoria, cioè a partire dal 1º gennaio del prossimo anno,
leuro avrà un valore solo scritturale, quindi si potrebbe ritenere che sarà un
periodo neutro per quanto riguarda il riciclaggio. Personalmente non ritengo che sia
così. Occorre infatti considerare che coloro che attualmente detengono un certo importo
in contanti, per esempio in lire italiane, ottenuto in modo non lecito o comunque
derivante da evasione fiscale, se non ci fosse lintroduzione delleuro
potrebbero continuare a detenerlo; invece sono costretti ad operare una scelta: o inserire
tale importo nel circuito finanziario, oppure attendere il 1º gennaio 2002 e cercare di
approfittare di quella situazione di confusione che può determinarsi nel momento in cui
circoleranno le due valute. Vi sarà anche unaltra possibilità, quella di
convertire a poco a poco tale importo vi sarebbe parecchio tempo per farlo
in valute diverse da quelle nazionali dei paesi membri dellUnione economica e
monetaria. Nei tre anni di tempo sarà possibile; inoltre aprire conti correnti e
utilizzare a tal fine anche dei prestanome: questo si potrà soprattutto verificare nel
caso delle organizzazioni mafiose e criminali in generale, che hanno a disposizione un
certo numero di affiliati ai quali possono intestare conti su cui versare valuta nazionale
che, al 1º gennaio del 2002, si convertirà automaticamente in euro. Laltra
possibilità è ripeto quella di convertire il contante in altre valute non
europee, facendo questo in un certo periodo di tempo. Non abbiamo solamente a che fare con
la criminalità, ma anche con persone che detengono questo contante perché hanno evaso, o
perché è black money, cioè contante detenuto al di fuori dei circuiti finanziari
ufficiali. Non necessariamente si tratta di criminalità organizzata.
Se queste ipotesi sono corrette, dovrebbe
registrarsi un aumento delle richieste di apertura di conti correnti proprio a ridosso del
gennaio 2002; forse anche prima, ma è più probabile che aumentino in quel periodo.
Occorre, pertanto, che gli intermediari finanziari siano vigili e segnalino alle autorità
competenti anomali aumenti di richieste di aperture di conti corrente, soprattutto nelle
zone maggiormente a rischio, nelle quali la criminalità è fortemente presente sul
territorio. Analogamente bisogna che ci siano dei controlli ancora più efficaci per
quanto riguarda lattività degli uffici di cambio. In questo periodo credo che sia
necessario non abbassare la guardia, ma anzi aumentare lattenzione. Quindi, non è
un periodo neutro per quanto riguarda il riciclaggio, tuttaltro; è un periodo in
cui ci si preparerà ad evitare i rischi legati allintroduzione delleuro,
soprattutto perché nella fase successiva, quella in cui sarà obbligatorio convertire
tutto il denaro in euro, tutti saranno costretti a venire allo scoperto.
La vigilanza degli intermediari finanziari
dovrà essere maggiormente attenta durante la seconda fase, nel corso della quale non solo
criminali o evasori fiscali, ma anche persone che preferiscono detenere i contanti sotto
il materasso per loro scelta, perché non si fidano delle banche, dovranno presentarsi
presso gli istituti di credito per convertire il contante in loro possesso. Vi sarà
quindi una grossa massa di denaro che dovrà essere cambiata e che si muoverà verso le
banche per essere convertita in euro.
Della eventuale situazione di confusione
è evidente che i criminali cercheranno di approfittare. Secondo le stime della
Federazione bancaria europea, il denaro contante detenuto dalla criminalità è pari allo
0,5 per cento del PIL a livello mondiale. Per gli undici paesi dellUnione economica
e monetaria, ciò rappresenta un ammontare di 28 miliardi di euro, una cifra
considerevole. Durante questo periodo, con tutta probabilità, si tenterà di convertire
in euro le banconote utilizzate per pagare riscatti o estorsioni. È unoccasione che
chi possiede questo denaro non può perdere perché altrimenti, alla scadenza del 30
giugno, esso avrà perso completamente valore. Le banche potrebbero correre il rischio di
una perdita economica cambiando le banconote incriminate in euro. Per esempio: in Germania
il numero di serie delle banconote utilizzate per pagare riscatti o estorsioni, oppure che
risultano rubate, viene pubblicato in unapposita lista e le banconote cessano di
avere corso legale; le banche che accetteranno quelle banconote avranno perso il loro
denaro perché non potranno essere convertite in euro. È un incentivo per indurre le
banche ad essere più attente e vigili al fine di evitare perdite. Credo peraltro che in
Italia ciò non accada; la nostra situazione è diversa.
Più che della confusione, io credo che
bisogna avere timore della possibilità che la criminalità possa approfittare della
diversità delle norme esistenti nei vari paesi o del diverso modo di applicazione delle
stesse; mi riferisco, in particolare, al problema dellidentificazione del cliente e
ai diversi livelli di guardia che possono aversi nei vari paesi. Se il livello di guardia
non è identico negli undici Stati, i riciclatori si sposteranno laddove le regole saranno
applicate meno rigidamente e il controllo sarà meno stringente.
Occorre, quindi, che vi siano delle regole
omogenee, ma soprattutto unuguale applicazione delle stesse negli undici paesi. Tra
laltro, se ciò verrà attuato, se ci sarà un adeguato controllo, quello che è
oggi considerato un rischio potrebbe convertirsi in unopportunità in quanto
come dicevo prima obbligando coloro che detengono denaro sporco ad uscire allo
scoperto per convertirlo in euro, consentirebbe alle autorità antiriciclaggio di
identificarli e di sequestrare il denaro incriminato.
Quale sarà la situazione successivamente,
una volta che leuro sarà lunica moneta in circolazione negli undici paesi
dellUnione economica e monetaria? Innanzi tutto, il denaro potrà essere spostato da
un paese allaltro e speso senza dover effettuare una conversione valutaria. Questo
è senzaltro un fatto positivo per gli scambi commerciali, ma toglie la possibilità
di effettuare quei controlli indicati ieri dal signor Fond, evitando a chi detiene denaro
sporco uno dei principali rischi di venire scoperti. Ieri il signor Fond ci ha detto che,
in Francia, controlli attenti sullattività degli uffici di cambio hanno consentito
di scoprire dei riciclatori. Perderemmo, quindi, una opportunità nella lotta al
riciclaggio. Tuttavia, non si deve sottovalutare la grande capacità dei riciclatori di
rinnovarsi, di trovare nuove modalità, di percorrere altre strade una volta scoperti. E,
quindi, è presumibile che vi sarebbe, in ogni caso, una minore utilizzazione degli uffici
di cambio, se questo volesse dire per i riciclatori che vi sono più probabilità di
essere scoperti.
Nessuno dubita che leuro sarà più
facilmente accettato come strumento di pagamento internazionale di quanto non siano
attualmente le monete nazionali; questo è un dato di fatto; è evidente che leuro
assumerà una dimensione internazionale più del marco, del franco francese e
senzaltro della lira. Vi è addirittura chi prevede che nellarco di qualche
anno leuro possa competere con il dollaro e avere la stessa o anche maggiore
diffusione. Questa universale convertibilità, unita al fatto che circoleranno banconote
di taglio più elevato di quello massimo del dollaro (saranno emesse banconote da 100, che
equivarranno a circa 100 dollari USA, ma anche da 200 e da 500 euro) fa ritenere che
leuro sarà la valuta prescelta dai riciclatori e, comunque, dalleconomia
sotterranea che si stima detenga dal 50 al 75 per cento del contante in circolazione a
livello mondiale.
È facile fare un calcolo. Le banconote da
500 euro, al cambio attuale, hanno un valore superiore a 5 volte il valore della banconota
da 100 dollari, che è la banconota di valore più elevato in circolazione negli Stati
Uniti; il che vuol dire che se per un importo di un milione di dollari in contanti ci
vogliono 10.000 banconote da 100 dollari, per un ammontare equivalente basteranno 2.000
banconote da 500 euro. La più facile trasportabilità e convertibilità renderà
leuro più attraente per chiunque voglia trasportare o detenere ingenti somme di
denaro, per esempio per nasconderle allattenzione della Guardia di finanza in caso
di evasione fiscale. Proprio ieri il procuratore Vigna e il generale Mori dicevano che non
si trovano più in circolazione grandi quantità di danaro in termini di volume, anzi, si
andrà verso unulteriore riduzione dal punto di vista quantitativo. Con leuro
la situazione potrebbe essere diversa.
Un altro aspetto che maggiormente
preoccupa sul piano dellattività antiriciclaggio è il fatto che vi sarà una
moneta unica mentre il contrasto al riciclaggio continuerà ad essere condotto a livello
nazionale con undici agenzie antiriciclaggio e undici forze di polizia non sempre
strettamente coordinate tra loro. È evidente che da questa situazione cercherà di trarre
vantaggio la criminalità. Pertanto, in attesa di unauspicabile agenzia
antiriciclaggio europea, si deve rafforzare, intensificare, moltiplicare la collaborazione
tra le attuali agenzie e le forze di polizia degli undici paesi dellUnione economica
e monetaria. Sulle modalità di tale collaborazione credo che chiederà di intervenire
nuovamente il signor Koppe del MOT, lagenzia antiriciclaggio olandese.
In conclusione, vi sono dei rischi di
riciclaggio connessi alla conversione delle monete nazionali in euro e alla circolazione
di tale valuta. A questi rischi si deve rispondere con lomogeneizzazione e
larmonizzazione delle normative e dei comportamenti e cioè della applicazione delle
normative medesime, nonché rafforzando e nel tempo, speriamo, unificando il
fronte operativo comune. (Applausi).
DONADIO Gianfranco, magistrato, consulente della Commissione parlamentare antimafia. La mia relazione verterà sul tema: "Nuove forme di riciclaggio: quali strumenti di contrasto". Per quanto riguarda gli strumenti di contrasto alle nuove forme di riciclaggio, non vi nascondo un certo imbarazzo perché il nostro concetto di nuovo, in materia di lotta al riciclaggio, ci vede ancora una volta leggermente svantaggiati. Il nostro ordinamento ha affrontato questa tematica nel 1978, quando avevamo un modello di politica criminale ben netto a fronte della drammatica situazione dei sequestri di persona. Rileggendo gli atti parlamentari dellepoca io sono un giurista e quindi preferisco un approccio di tipo ermeneutico ed esegetico ci rendiamo conto che il nostro legislatore aveva come esigenza primaria, in una logica emergenziale, una risposta di tipo normativo e strettamente sanzionatorio alla tematica dei sequestri di persona. Il concetto guida che fu prescelto per costruire la fattispecie del reato di riciclaggio era tutto incentrato sulla fase e sul momento della sostituzione della moneta: più o meno questo tema riecheggia nella questione del riciclaggio. Si ritenne infatti che un quantitativo di moneta individuabile, derivante dal prezzo per il riscatto di una persona sequestrata per farle riottenere la libertà, doveva essere sostituito subito con denaro pulito. Su questo concetto di sostituzione è nata la nostra esperienza normativa relativa al riciclaggio, che poi ha subito come sapete unevoluzione nel 1990 e quindi un definitivo assetto nel 1993.
Che cosa vuole dire "nuovo"
in materia di riciclaggio? Certamente dobbiamo prendere le distanze dal quel primo
approccio di politica criminale per capire che cosa sta succedendo sui mercati. Il crimine
organizzato si muove con la stessa logica e la stessa razionalità dellimpresa: non
vi è alcuna differenza. La caratteristica aggiuntiva è notissimo è data
dallesercizio organizzato della violenza, ma esiste una possibilità di ricostruire
modelli criminologici in materia di riciclaggio, così come esiste la possibilità di
individuare modelli di scelta nellimpresa legale.
Il modello tuttora dominante è quello
elaborato negli anni Ottanta negli Stati Uniti dal Customs Service, il cosiddetto
modello trifasico: una fase di collocamento del denaro sporco nel sistema
dellintermediazione finanziaria, una fase di trasformazione, una fase di ingresso di
questo denaro trasformato e ripulito nelleconomia legale.
Da cosa trae origine questo modello?
Innanzi tutto da unosservazione empirica molto interessante, approfondita e
intelligente del ciclo del denaro che proviene dal traffico degli stupefacenti. Immaginate
la possibile scena alla fine di un giorno di produzione e di commercializzazione
delleroina nel Bronx; le organizzazioni criminali che hanno agito in questa
popolosissima zona di New York si trovano, alla fine della giornata, un grande
quantitativo di denaro contante, che ha una caratteristica: non è spendibile; non si
possono fare operazioni economiche o transazioni presentandosi in qualsiasi posto della
terra con due o tre casse di banconote. Deve allora trasformarsi in un saldo, deve
convertirsi in moneta scritturale: questa è la prima fase. La fase della conversione è,
naturalmente, delicatissima perché può far scoprire il soggetto agente.
In riferimento a quel modello ci hanno
insegnato che una delle caratteristiche del comportamento dei criminali in questa fase è
lo spezzettamento delloperazione; si adopera il termine smurfing, parola che
ricorda i protagonisti di un cartone animato che sono tutti quanti uguali, per
rappresentare in maniera precisa la frammentazione delle operazioni. Nasce così il
concetto di operazione frazionata: siamo ripeto negli anni Ottanta e questa
elaborazione sembra perfettamente coincidente con le esigenze di rappresentare il ciclo
del denaro di origine criminosa connesso al traffico degli stupefacenti.
Tutto quello che accadde dopo la
trasformazione della valuta in moneta scritturale avviene allinterno di istituzioni
finanziarie, di intermediari finanziari. Si tratta di operazioni a volte velocissime, come
è stato ricordato anche ieri, reiterate, che hanno una sola finalità: quella di
allontanare la traccia dellimmissione nel sistema. Alla fine, questo denaro che è
stato "centrifugato" con trasferimenti elettronici, modificazioni e transiti da
un conto corrente o da un rapporto ad un altro sarà pronto per essere inserito nel
mercato legale.
Dobbiamo tuttavia chiederci se questo
modello, a distanza di tanto tempo, sia ancora soddisfacente per interpretare e darci una
spiegazione criminologica del nuovo. Bisogna anzitutto dire che si tratta di un modello
nazionale, nel senso che considera il mercato criminale come mercato locale o nazionale.
Vero è che normalmente la fase dellimmissione del denaro sporco nel circuito
bancario avveniva e avviene tuttora in località diverse da quelle nelle quali il denaro
sporco si è formato. Ritornando allesempio che facevo prima, loperazione di
immissione del denaro non avverrà nel Bronx ma nel Jersey, o comunque in territori
immediatamente raggiungibili.
Tuttavia occorre ancora domandarsi se
questo sia un modello valido in circostanze nelle quali, con estrema facilità, ci si
sposta da uno Stato allaltro. Si assiste a una crescente globalizzazione dei mercati
criminali e quindi alla possibilità che le imprese criminali trasportino o inviino grandi
quantitativi di denaro anche in località lontanissime. Probabilmente quello che oggi
accade configura una situazione diversa rispetto a quella descritta dal Customs Service
degli anni Ottanta. Si assiste sempre più al fenomeno dellallocazione di queste
risorse criminali in zone meno regolamentate. È la problematica dei paesi off-shore,
che però, secondo lopinione di molti, va semplificata. Quando noi pensiamo a questi
paesi, immaginiamo una situazione di zone al di là del mare, un quadro che ci ricorda i
paesi dei Caraibi, mentre il sistema off-shore è molto più vasto e disseminato in
tutto il mondo. Esistono indubitabilmente i cosiddetti off-shore domestici anche
nei paesi europei, sicché col termine off-shore dobbiamo semplicemente indicare
situazioni con una regolamentazione meno intensa o con una regolamentazione diseguale
rispetto a quella delle piazze più importanti del sistema finanziario.
In questi ultimi anni si è creata
unarea enorme off-shore, che è rappresentata dai paesi del blocco che faceva
prima capo allUnione sovietica, nei quali lassenza di adeguata
regolamentazione ha creato condizioni ottimali, tantè vero che vi è una sorta di
concorrenza fra le piazze finanziarie illegali o comunque prescelte dai criminali,
concorrenza data appunto dal grande attivismo delle piazze finanziarie dei paesi
dellEst.
Ma i criminali hanno conosciuto e
sopportato le risposte normative che i paesi occidentali, soprattutto quelli organizzati
nellambito del G7 e del GAFI, hanno dato: identificazione del cliente, indici di
anomalia connessi al frazionamento delle operazioni. Probabilmente si è abbandonato il
modello della circolazione del denaro; probabilmente al posto di quel modello le grandi
centrali criminali adoperano altri modelli comportamentali. Immaginatevi che
unorganizzazione dedita al traffico degli stupefacenti realizzi e accumuli quel
grande quantitativo di banconote di cui abbiamo parlato. Se riesce a trasportare queste
banconote in una piazza off-shore, che può essere una piazza off-shore tradizionale,
ma anche una di quelle emergenti, potrà con estrema semplicità allocare questo denaro
nel sistema bancario di quella piazza, scontando commissioni più care, più esose, ma
compiendo loperazione con estrema facilità.
Da quel momento ha due possibilità: far
circolare quel denaro che molto probabilmente ha anche cambiato divisa, è divenuto moneta
estera immaginiamo la conversione di lire italiane in dollari statunitensi
ovvero tentare di sfruttare lutilità derivante dalla disponibilità acquisita di un
saldo attivo, di unentità di moneta scritturale, evitando tutte le barriere
normative che nel frattempo i mercati regolamentati sono riusciti ad erigere. A questo
punto, quello che circolerà non sarà più il denaro, ma espressioni rappresentative di
quel denaro, per esempio documentazioni che attestano la giacenza di quel denaro,
certificati di deposito. La nascita e la diffusione dei certificati di deposito o di
documenti analoghi che muovono dalle piazze off-shore, per entrare nel sistema
finanziario occidentale, costituiscono un fatto relativamente nuovo, ma sempre più
complesso e importante.
Se la documentazione giustificativa
dellesistenza di una ricchezza allocata su una piazza lontana riesce a penetrare
e lo fa sicuramente con maggiore semplicità nel sistema finanziario
occidentale, a questo punto tale documentazione potrà essere spesa come garanzia per
unoperazione di indebitamento. E qui il modello muta completamente; la nostra
immaginazione deve resistere a un grosso salto. Il riciclatore è un soggetto che si
indebita col sistema legale; non introduce ricchezza, ma ripeto si presenta
come un soggetto indebitato. Lesperienza, anche italiana, ci consente di individuare
sempre più numerosi reperti in questo senso. Ci si presenta dinanzi al sistema bancario,
si rappresenta un progetto imprenditoriale e si dice che non si ha il denaro per svolgere
questo tipo di attività però si afferma, contemporaneamente, di disporre su piazze
estere, presso primari corrispondenti esteri, di garanzie che possono giustificare
lelargizione di un mutuo. Tutta la fase del riciclaggio consiste quindi nella
discussione del mutuo, che può avere un tasso di interesse di mercato, o anche un tasso
di interesse particolarmente esoso, ma è chiaro che al soggetto che chiede il mutuo per
fare unoperazione di riconversione di denaro sporco non interesserà spuntare il
punto percentuale.
Vi sono allora due possibilità, una volta
che il mutuo sia stato concesso: o loperazione fallisce, e allora verrà escussa la
garanzia attraverso il sistema delle compensazioni interbancarie, e da questo punto di
vista possiamo dire che il riciclaggio è avvenuto. Dalla piazza off-shore il
valore corrispondente a quella allocazione è entrato nel sistema bancario e quindi nella
piena disponibilità del soggetto che aveva chiesto e ottenuto il mutuo. Oppure, più
semplicemente, il denaro posto a garanzia sotto forma originaria di certificazione di
deposito non viene escusso, perché il ciclo economico che deriva dalla libera
disponibilità di denaro pulito si avvia; nasce e così si sviluppa una impresa che ha
unorigine criminale, ma che da quel momento in poi giocherà apparentemente secondo
le regole del mercato.
Questo è un sistema che possiamo ritenere
lontanissimo dalla possibilità di essere individuato a livello del cosiddetto front
office, del lavoro esecutivo delle banche: nessun cassiere infatti intercetterà
questo sistema. Se questo è vero, la legislazione antiriciclaggio ricorda un po il
deserto dei tartari, perché i tartari non passeranno da questa strada, avendo aggirato
completamente tutto il sistema di allerta; quel che circola sono le garanzie, e la
circolazione delle garanzie non è unoperazione di esecutivo, di contatto con il
pubblico, e quindi tutta la problematica si sposta nel settore direzionale delle banche.
Su questo, ovviamente, il dibattito si apre. Probabilmente nel nostro ordinamento, e non
solo nel nostro, bisognerà individuare forme di censimento e di osservazione della
circolazione delle garanzie.
Passo rapidamente ad altre questioni;
anzitutto a quella del commercio internazionale. Il sistema normativo dei paesi
dellarea GAFI è tutto costruito su questo indice fondamentale di comportamento
degli intermediari espresso dalla frase: conosci il tuo cliente. Un soggetto
economicamente in grado di giustificare transazioni anche rilevanti passa sostanzialmente
inosservato nel sistema bancario. Chi ha unattività economica, chi ha
unattività commerciale, chi fa del trading può giustificare movimenti di
grandi quantità di denaro, soprattutto quando limpresa che si presenta nel sistema
di intermediazione finanziaria può, in maniera tollerabile, dare contezza della presenza
di denaro contante. Pensate ai vari settori della distribuzione; per fare un esempio
immediato, in tutta la vicenda chiamata "Pizza Connection" non vi era un
particolare amore per la pizza, ma vi era semplicemente la necessità di disporre di un
grande network di punti di commercio che potessero giustificare la disponibilità
di denaro contante in un paese come gli Stati Uniti dove con la carta di credito si compra
tutto, tranne che la pizza e le patatine.
Questo vuol dire che il commercio
internazionale, quello nazionale, e in generale il trading diventa unarea di
grande interesse per i riciclatori. Penso ad esempio alle indagini sul traffico di taluni
metalli preziosi, sul commercio internazionale delloro, per esempio, che è uno dei
settori nei quali i narcotrafficanti ci hanno insegnato quanto potesse essere matura la
loro tecnica di riciclaggio.
Anche qui nuove problematiche si
affacciano per il legislatore, nuovi temi in materia di regolamentazione, e la questione
centrale è rappresentata dai trasferimenti elettronici dei fondi. Il trasferimento
elettronico dei fondi è la modalità naturale in un mercato integrato, globale. Le reti
che soddisfano questa esigenza sono ancora poche, fortunatamente, e affidano alla
messaggeria elettronica le informazioni che passano da una piazza allaltra per dare
contezza di questo spostamento: si tratta di milioni di operazioni al giorno.
Una delle risposte possibili e su
questo ovviamente si può avviare una riflessione e quella di definire standards
più elevati di informazione nei trasferimenti elettronici dei fondi, cosiddetti swift,
per evitare che queste transazioni del commercio nazionale e internazionale siano
sostanzialmente prive di una giustificazione coerente e non lascino traccia, come a volte
accade, delle parti effettive che hanno dato luogo alla transazione.
Altra questione: i mercati immobiliari. È
vero, le grandi organizzazioni criminali, soprattutto quelle italiane, si allontanano
sempre più dai mercati immobiliari perché le risposte delle misure di prevenzione in
questo settore non si sono fatte attendere, e sono state molto rigorose. Tuttavia, il
mondo dei mercati immobiliari è ancora particolarmente pericoloso, innanzitutto perché
è attivissima questa forma di riciclaggio nei paesi dellEst. Si sa addirittura che
in quei paesi non solo si operano grandissime speculazione edilizie nei centri storici
delle città, ma soprattutto si organizzano catene di acquisto per investimenti nei paesi
occidentali. Di qui apro una breve parentesi che chiudo subito si affaccia
un nuovo scenario: lItalia non è solo il luogo dove si concepiscono le operazioni
di riciclaggio che poi magari si effettuano in altri paesi del mondo, ma è il luogo dove
avvengono le operazioni di riciclaggio di organizzazioni di altri paesi. Su questo bisogna
avviare una riflessione perché siamo abituati a seguire i comportamenti dei gruppi
criminali nazionali; siamo sempre più impegnati a interpretare i comportamenti dei gruppi
criminali esteri che operano in Italia anche nel settore del riciclaggio, perché il
nostro è un paese evoluto che dispone di grandissime risorse naturali e artistiche, di
potenzialità legate allindustria del turismo, in sostanza di tutto quanto può
interessare una grande organizzazione criminale per fare del business. Ad esempio,
immaginate unoperazione di speculazione che si combini in qualche modo con la
tendenza dei soggetti ad evadere il fisco. Una centrale criminale può decidere di
acquistare una magnifica residenza, e allora se individua un proprietario disponibile a
cedere questa magnifica residenza potrà concordare un prezzo e una modalità particolare
di pagamento: una parte del prezzo di questo splendido edificio può essere pagata
regolarmente, con una transazione perfettamente ordinaria, con un mezzo di pagamento
ordinario da parte di una normale società immobiliare; unaltra parte di questo
prezzo potrà essere versata in "nero" al proprietario delledificio e
purtroppo nelle transazioni immobiliari molto spesso i pagamenti che risultano dagli atti
di compravendita rappresentano entità e valori inferiori a quelli reali pagati
dallacquirente.
Orbene, possiamo accantonare il discorso
del pagamento in nero per vedere cosa accade immediatamente dopo. Ledificio può
essere ulteriormente abbellito e restaurato, per cui alla fine di questa operazione di
recupero edilizio immaginate cosa succede nei centri storici di alcune città, non
solo in Italia, ma in tante parti del mondo può essere reimmesso sul mercato ad un
prezzo corrispondente al suo valore originario aumentato delle somme spese per portarlo ad
un livello di ulteriore splendore. A quel punto, la transazione finale sarà regolare e
consentirà alla società immobiliare, che ha concepito e realizzato loperazione, di
giustificare lacquisizione di valori estremamente rilevanti. La parte di
"nero" originario viene rappresentata nei libri contabili come profitto: si è
trasformata una ricchezza certamente criminale in una ricchezza giustificata da
unoperazione commerciale.
Mi occuperò, infine, rapidamente, di un
altro aspetto. Nuove prospettive investono nuovi mercati mobiliari. Nella giornata di ieri
il generale Mori ci ha anticipato questa importante tematica. Già vi sono dei segni
nellesperienza internazionale. LFBI ha condotto se ben ricordo
nello scorso anno unimportante operazione a Wall Street, chiamata "operazione
Eldorado". Per la prima volta si è assistito ad un impegno estremamente concertato e
complesso di centrali criminali peraltro di antiche origini italiane mi riferisco a
Cosa nostra italiana che, dopo aver prescelto una serie di titoli tra i tantissimi
oggetto di transazione su quella piazza finanziaria, hanno avviato una massiccia campagna
di acquisti, determinando una grande lievitazione dei prezzi dei titoli di queste
società, che addirittura sono aumentati di decine e centinaia di volte rispetto al loro
valore ordinario. Si è poi avviata unoperazione di "centrifugazione" di
queste azioni, con passaggi orizzontali rapidissimi a valori alti, e quando si è ritenuto
giunto il momento dellacquisizione degli utili corrispondenti a questa speculazione,
i titoli sono stati abbandonati, hanno perduto gran parte del loro valore e sono rimasti
nelle mani dei più incauti speculatori che, al di fuori di questo disegno, si erano
avvicinati a tale tipo di operazioni per trarne dei benefici, ovviamente molto limitati
rispetto a quelli che era riuscita a trarne lorganizzazione criminale.
Probabilmente, l"operazione
Eldorado" non si sarebbe compiuta con le stesse caratteristiche nelle piazze
finanziarie italiane; peraltro in Italia vi è solo una piazza borsistica principale che
è quella di Milano, ma non prendiamo per ora in considerazione quelle minori, i
cosiddetti "borsini". Tuttavia, qualcosa del genere non è accaduto solo a Wall
Street; operazioni di riciclaggio connesse ai valori mobiliari sono state segnalate anche
in altre parti del mondo e, non a caso, condotte da centrali criminali tecnologicamente
molto evolute, cioè dotate di quello che fino a qualche tempo fa mancava ai nostri
mafiosi: la cultura di impresa.
Il tema della cultura di impresa ci
consente di chiudere brevissimamente questa introduzione osservando che lassenza di
tale tipo di cultura comporta necessarie alleanze. La nostra esperienza ci fa scoprire
sempre più lesistenza di un reticolo di alleati ben disposti a fornire tecnologie
di expertise alle mafie che operano nel nostro paese e vi è una sostanziale
sovrapposizione tra le strade del denaro "grigio", cioè quelle
dellevasione fiscale tradizionale, dei trasporti transfrontalieri e del collocamento
del denaro allestero, e le strade seguite dal denaro della mafia.
Il comportamento degli operatori torna
pertanto al centro dellattenzione; è difficile una documentazione di tipo
obiettivo, legale, affidata a strumenti di legge, del comportamento degli operatori: si
apre la problematica connessa alle linee guida. E in proposito vi è un elemento con il
quale vorrei concludere questa introduzione. Qui è stata accennata la questione
dellaggiornamento delle linee guida del decalogo della Banca dItalia. Il
decalogo della Banca dItalia, che ha una doppia edizione, ma sostanzialmente si
colloca allinizio degli anni Novanta (se ben ricordo, 1993-1994), ha avuto
indubbiamente un grandissimo impatto sul nostro sistema e una grandissima importanza.
Però, non sono riuscito a capire allora, così come non riesco a comprendere oggi, come
mai nelladattamento in quel decalogo delle linee guida che erano state definite
dalla Banca dInghilterra qualche anno prima siamo nel 1989 fu
completamente eliminata la sezione relativa ai comportamenti dei soggetti professionali,
per esempio degli operatori bancari. Negli altri paesi occidentali esistono indici di
anomalia connessi alla posizione dei bancari. Le indagini giudiziarie sono molto chiare su
questo punto: non cè possibilità di transazioni e di riciclaggio allinterno
del mondo bancario se non vi è o un ruolo attivo e compartecipe o una connivenza.
Occorre che tale problematica sia
affrontata, e vi sono due possibilità: si possono aumentare gli strumenti normativi per
individuare questarea di agevolazione (vedo dinanzi a me il dottor Vigna che, tra
laltro, è stato protagonista con il suo ufficio, quando era procuratore della
Repubblica di Firenze, di unindagine molto importante denominata
"Unigold", che ha preso anche in considerazione la tematica delle
responsabilità degli intermediari bancari), oppure si possono far uscire le condotte
degli intermediari bancari da questa situazione di neutralità per inserirle in una
regolamentazione nellambito delle linee guida. Immaginate che le banche della piazza
finanziaria svizzera hanno finanziato qualche anno fa unimportantissima ricerca,
finalizzata ad individuare le anomalie dei comportamenti dei propri impiegati, cioè degli
appartenenti al settore, perché avevano valutato il rischio derivante dalla cosiddetta
infedeltà. Questo è un tema che non può più essere rinviato. È ovvio che queste nuove
prospettive aprono un dibattito e una parte importante di tali questioni dovrà essere
affrontata e risolta in termini normativi.
Riepilogando brevemente, la questione
della circolazione delle garanzie non può certo essere dimenticata, così come il ruolo
che il trading, il commercio nazionale e soprattutto internazionale, ha nel nuovo
sistema del riciclaggio. Nuovi soggetti debbono essere reclutati in una politica
antiriciclaggio.
In particolare, quello del commercio
internazionale sembra essere sempre più lambito in cui le grandi organizzazioni
criminali giocano tutte le loro carte; qui occorrono nuove responsabilità e nuovi
compiti, però è necessaria anche una nuova mobilitazione di risorse.
Il sistema predisposto con il decreto
legislativo n. 153 del 1997 presenta indubbiamente caratteristiche di evoluzione
rispetto a quello che lo ha preceduto, ma lUfficio italiano dei cambi e le agenzie
di polizia impegnate nellanalisi successiva delle segnalazioni di operazioni
sospette devono valutare, in maniera assai precisa, lentità dellinvestimento
delle risorse in questo settore. Infatti, se si immagina di poter continuare senza un
arricchimento delle disponibilità materiali e anche umane in questo campo potremmo
assistere ad un fenomeno che a volte è tipico nella nostra legislazione. Il livello
normativo primario interessante (non si può dire soddisfacente perché la soddisfazione
si valuta quando si fanno i conti, e da questo punto di vista mi permetto di chiamare
irrazionale la razionale preoccupazione del dottor Righetti), ma se i conti non tornano,
se si accumulano arretrati e se si perde del tempo per mancanza di risorse nella gestione
dellinformazione e nella gestione delle segnalazioni, il sistema produrrà perdite.
Allora sarà perfettamente inutile avere introdotto elementi di evoluzione nella
legislazione.
Le tematiche da affrontare sono molte e mi
scuso per questo itinerario che non aveva pretese di organicità, né poteva averne
perché, come è fin troppo evidente, nel mondo del riciclaggio il nuovo non ha limiti. (Applausi).
NANULA Gaetano, comandante in seconda della Guardia di finanza. Nellapprestarmi a svolgere la relazione sul tema affidatomi, "Ladeguamento della normativa attuale sul fenomeno del riciclaggio", intendo anzitutto sottolineare che sono naturalmente e pienamente daccordo con il dottor Donadio su tutto quanto ha evidenziato nella sua esposizione.
Vorrei, a mia volta, rifarmi a talune
affermazioni autorevolmente rese nella giornata di ieri per cercare di comprendere e per
dare una risposta al quesito se la normativa antimafia attualmente vigente sia pienamente
rispondente oppure no allesigenza di uneffettiva deterrenza al crimine
organizzato.
Faccio riferimento, ad esempio, alle
osservazioni dellonorevole Folena, il quale ha rilevato che la lotta alla mafia è
stata affrontata con criteri militari e non facendo affidamento su una strategia economica
e finanziaria, o allintervento del procuratore nazionale antimafia, dottor Vigna,
allorché ha posto in rilievo che sì i sequestri si fanno, però riguardano soprattutto
beni a carattere immobiliare, perché mancano i sequestri relativi alle disponibilità
finanziarie, o quanto meno questi sono ridotti veramente ad entità trascurabili.
Mi riallaccio, altresì, a quanto
sostenuto dal procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, dottor
Caselli, circa il fatto che è relativamente facile seguire le tracce lasciate dai frutti
finanziari del reato presupposto, per seguirne i successivi investimenti e le successive
allocazioni, ma è difficilissimo, se non impossibile, partire dalla considerazione delle
disponibilità finanziarie per poi risalire allindividuazione di eventuali
responsabilità di carattere penale. Lo stesso pessimismo del dottor Righetti deve essere
tenuto presente, anche in relazione alla funzione che attualmente svolge in qualità di
capo del Servizio antiriciclaggio dellUfficio italiano dei cambi.
In definitiva, tutte queste
considerazioni, anche se apparentemente slegate, conducono ad una considerazione finale, e
cioè che sfugge la percezione delle disponibilità finanziarie prodotte dai reati
mafiosi, di quello che costituisce la componente finanziaria del patrimonio dei mafiosi.
Quindi, sicuramente, qualcosa non funziona nel contesto dellattuale normativa
antimafia; non funziona sul versante del rilevamento degli aspetti finanziari della
ricchezza mafiosa. Bisogna chiedersi quali sono le ragioni e quali sono le necessità di
perfezionamento, perché altrimenti facciamo una lotta mutilata, riduttiva e non adeguata
allimportanza del problema.
In verità, il legislatore antimafia
viaggia, per così dire, e giunge sempre con un po di ritardo su questi aspetti.
Malgrado la prima legge antimafia risalga al 1965, il legislatore si è reso conto che
lassociazione mafiosa costituisce una tipica impresa commerciale con finalità di
realizzazione di ricchezza soltanto nel 1982, allorquando ha definito che
unassociazione è di tipo mafioso se ha come finalità quella
dellacquisizione, del controllo e della gestione di attività economiche, di
autorizzazioni, di concessioni di appalti, di servizi pubblici eccetera, oppure la
realizzazione di profitti ingiusti. E il legislatore del 1982, in relazione a questa nuova
concezione dellassociazione mafiosa, fu quanto mai generoso nellattribuzione
di poteri e di facoltà al procuratore della Repubblica ed al questore: effettuare
indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie, sul patrimonio,
sullattività economica svolta dal soggetto, controllare se sia titolare di
autorizzazioni, di concessioni, di abilitazione allesercizio di attività
professionali eccetera. Queste indagini possono essere svolte non soltanto nei confronti
del soggetto indiziato di mafia, ma di tutto il suo entourage, della moglie, dei
figli, dei conviventi, delle persone fisiche e giuridiche, delle imprese, delle società,
delle associazioni, dei consorzi del cui patrimonio, direttamente o indirettamente, in
tutto o in parte, il soggetto possa disporre.
Evidentemente il legislatore ha voluto
unindagine globale, totalizzante, intorno alla figura del mafioso, in modo da poter
pervenire allapplicazione della misura di prevenzione, questa volta a carattere
patrimoniale e non già soltanto a carattere personale, costituita dalla sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza che era applicabile fino al 1982. Misura di prevenzione a
carattere patrimoniale consistente dapprima nel sequestro e successivamente nella confisca
definitiva di quella parte del patrimonio che non era giustificata dalla redditività del
suo lavoro ufficialmente svolto.
Il legislatore del 1982 fu ripeto
quanto mai generoso nellattribuzione di poteri e di facoltà al procuratore
della Repubblica ed al questore, ma sotto laspetto finanziario cadde in una grossa
ingenuità. Se volete che ve la dica proprio come la penso, probabilmente non cera
la forza politica per non cadere in una grossa ingenuità, che era quella di non rendersi
conto che la ricchezza di provenienza illecita aveva assunto le caratteristiche della
ricchezza al portatore, cioè della ricchezza anonima, cifrata, senza un apparente
titolare, una ricchezza vagante senza nome. In quellepoca lo sapevano tutti;
sicuramente i tecnici sapevano che la ricchezza che non voleva confrontarsi con la
legittimità della propria origine si allocava presso il sistema bancario non sotto forma
di rapporti nominativi, ma sotto forma di rapporti al portatore. E in questa forma di
ricchezza vagante, senza nome, confluivano i fondi neri delle società, i proventi del
contrabbando, del traffico della droga, i proventi derivanti dallo storno delle fatture
per operazioni inesistenti, i finanziamenti illeciti ai partiti politici, i proventi dei
tangentisti, dei corrotti, dei concussori, degli usurai e, naturalmente, anche dei
mafiosi. Ebbene, dal 1982 in poi la ricchezza al portatore venne tutelata; non soltanto ne
fu garantita la riservatezza attraverso il segreto bancario, nei confronti dei rapporti
esterni alla banca, ma si può affermare che fu garantita questa riservatezza anche nei
confronti della polizia giudiziaria. Dal 1982 in poi non una sola volta il sistema
bancario ha risposto in maniera positiva alle richieste avanzate dalla polizia giudiziaria
relativamente alle risorse che facevano capo a determinate persone indiziate di mafia.
Voglio dire: mai una volta ha risposto positivamente per quanto riguarda il possesso di
ricchezza al portatore, che faceva capo agli indiziati di mafia.
Dal 1982 in poi continuarono ad essere
allocati rapporti di conto o di deposito in forma anonima al portatore, senza che mai il
sistema bancario abbia segnalato tali rapporti allautorità giudiziaria. Certo,
indicazioni, rilevamenti di ricchezze al portatore che facevano capo ad indiziati di mafia
furono accertati, ma derivavano dallintervento diretto del magistrato presso la
banca.
Il problema dellemersione della
ricchezza al portatore sicuramente si pose poi in termini pressanti nel 1991, allorquando
finalmente fu approvato il famoso decreto del 3 maggio n. 143, dal titolo
"Provvedimenti urgenti per limitare luso del contante e dei titoli al portatore
nelle transazioni e per prevenire lutilizzazione del sistema finanziario a scopo di
riciclaggio": un bel titolo! Con questo provvedimento, come è noto, fu vietato il
trasferimento di denaro in contante e di titoli al portatore di importo superiore ai venti
milioni, ma il problema dellemersione della ricchezza al portatore non fu risolto, o
per lo meno sopravvissero alcuni inconvenienti. Per quanto riguarda i libretti al
portatore, fu stabilito che non potessero essere emessi per importi superiori ai venti
milioni; ma non si disse che i libretti al portatore nel frattempo emessi fino al 1991 per
importi superiori ai venti milioni dovessero rientrare. Non fu detto, perché fu seguita
uninterpretazione a mio avviso in contraddizione con quello che la legge avrebbe
voluto. In verità, il decreto antiriciclaggio del 1991, allarticolo 1, comma 2-bis,
dice semplicemente che il saldo dei libretti al portatore non può essere superiore ai
venti milioni: il saldo di tutti i libretti al portatore, sia di quelli che sarebbero
stati emessi successivamente, sia di quelli che nel frattempo erano già in circolazione.
Tanto più che cè unaltra previsione normativa, quella contenuta nel 5 comma
dellarticolo 20 della legge n. 413 del 30 dicembre 1991, che stabilisce che le
norme che impongono agli istituti di credito, allamministrazione postale, alle
società fiduciarie e a tutti gli altri intermediari finanziari di rilevare i dati
identificativi di tutti i titolari di rapporto di conto o di deposito si applicano a tutti
i rapporti di conto e di deposito, ancorché stipulati precedentemente allentrata in
vigore della legge. E quindi, anche per i libretti al portatore in circolazione, in quanto
anchessi integranti un rapporto di conto o di deposito, si sarebbe dovuto procedere
alla rilevazione e alla messa in evidenza presso la banca dei dati identificativi dei
relativi titolari. Ci si può chiedere come si fa se il titolare non è conosciuto: le
modalità sono molte. Si può prevedere che devono rientrare e devono essere rinnovati per
un importo non superiore a venti milioni. Questo non è stato fatto, di modo che quella
montagna di titoli di credito al portatore dove affluiva tutto il frutto del malaffare
italiano ha continuato a costituire un mezzo molto comodo per effettuare tutti i pagamenti
non destinati alla evidenziazione. E, daltra parte, i fatti anche recenti
dellemersione dei libretti al portatore in possesso di quel tale imprenditore, o di
quel tale rappresentante di importanti gruppi finanziari, o dellamministratore di
grandi imprese o di enti pubblici, o comunque di persone fiduciarie di determinati partiti
politici, testimonia ancora adesso che quello era il mezzo per effettuare la trasmissione
di ricchezza, con la semplice dazione del titolo di credito al portatore, che è tuttora
un mezzo che può essere utilizzato a queste finalità.
Attualmente i libretti di deposito al
portatore assommano a circa 40.000 miliardi, comprendendo sia i libretti di deposito al
portatore emessi per importi non superiori a venti milioni dal 1991 in poi sia i libretti
al portatore emessi per importi anche notevolmente superiori a questo limite anteriormente
al 1991. Io sono del parere che si dovrebbe ancora perseguire lintento del rientro
di questi libretti al portatore. E siccome si tratta di ricchezza anonima, di ricchezza
che probabilmente non è emersa come tale nel momento della formazione reddituale (la
ricchezza prima di diventare patrimonio viene in emersione allo stato di reddito che, non
consumato, viene accantonato e diventa patrimonio), siccome è ricchezza che non ha fatto
i conti con la legittimità della propria origine, probabilmente non ha scontato alcuna
imposta. Una modalità per il rientro dei libretti potrebbe essere quella di stabilire a
tal fine un termine perentorio, alla scadenza del quale, se i libretti non rientrano, si
applica una certa imposta, poniamo del 30 per cento, da anticipare da parte della banca e
da addebitare sullimporto relativo al libretto al portatore, in maniera cioè che
limposta viene recuperata dalla banca nel momento in cui il libretto rientra per
essere riscosso.
Sto cercando di spiegare a me stesso
perché non è esistita una strategia economico-finanziaria per combattere il fenomeno
della mafia, secondo quanto è stato affermato ieri, e perché tuttora è difficile
pervenire al sequestro di disponibilità finanziarie.
Un altro aspetto di notevole rilievo è
che le banche emettono i certificati di deposito al portatore per importi illimitati, che
sono titoli di credito al portatore. Mentre non si possono fare cessioni di altri titoli
di credito, cessioni di denaro contante di importo superiore ai venti milioni, se non
attraverso lintervento dellintermediario autorizzato, le banche emettono
certificati di deposito per importi illimitati, quindi anche con "pezzature" di
centinaia di milioni o di miliardi, e si ritiene che la cessione e la trasmissione di
questi certificati possa avvenire liberamente. I certificati di deposito rappresentano il
titolo di credito per il deposito presso la banca di una certa somma di denaro, fruttano
un interesse che può essere anticipato o posticipato, hanno una durata dai sei mesi ai
cinque anni e costituiscono quindi per la banca un mezzo di raccolta del risparmio e per
il cliente una modalità di investimento e di deposito presso la banca.
Gli istituti di credito bancari
attualmente rilevano il nominativo del primo prenditore del certificato di deposito e
dellultimo prenditore del titolo, cioè di colui che presenta il certificato di
deposito allincasso, ma non sembra che facciano nulla nel caso in cui lultimo
prenditore sia un soggetto diverso dal primo, il che testimonia che almeno un passaggio
cè stato. A mio parere, trattandosi di titoli di credito al portatore, la cessione
non può essere svincolata da qualunque obbligo, ma anchessi rientrano nel disegno
di monitoraggio di tutti i passaggi dei titoli di credito al portatore.
Daltra parte, attualmente il valore
dei certificati di deposito in circolazione ammontano ad una cifra tra i 330 e i 350.000
miliardi, il che rappresenta circa un terzo della raccolta di denaro da parte
dellintero sistema bancario. Ritenere che la circolazione di questi titoli possa
essere assolutamente libera evidentemente significa ammettere una falla enorme, significa
vanificare tutto il sistema di monitoraggio della trasmissione di ricchezza in contanti o
rappresentata dai titoli di credito. Quindi, ogni qualvolta presso una banca si presenta,
per riscuotere certificati di deposito, un soggetto che sia diverso dal primo prenditore,
a mio parere, se questo soggetto non documenta anche precedenti acquisizioni effettuate
attraverso intermediari finanziari abilitati, deve necessariamente iniziare tutto liter
per lapplicazione della sanzione amministrativa, come è stabilito, dal Ministro del
tesoro.
Vi è un ultimo aspetto che ci può dare
anche una spiegazione della scarsa efficienza della lotta alla mafia sul versante
finanziario: mi riferisco a quella che adesso è definita anagrafe dei conti e dei
depositi e prima era semplicemente lanagrafe tributaria. Con larticolo 20
della legge che ho richiamato prima, n. 413 del 30 dicembre 1991, al comma 2, lettera
b), fu stabilita una modifica allarticolo 7 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, che prevedeva listituzione
dellanagrafe tributaria. Con tale modifica allarticolo 7 (intitolato
"Comunicazioni allanagrafe tributaria"), si stabilì che gli istituti di
credito e le banche, lamministrazione postale e le società fiduciarie ed ogni altro
intermediario finanziario sono tenuti a rilevare e tenere in evidenza i dati
identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro
rapporti di conto o di deposito o che possa disporre del medesimo. Al comma 4 del citato
articolo 20 si dà incarico al Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri
dellinterno e delle finanze, di stabilire le modalità di comunicazione dei dati
identificativi e i criteri per lutilizzazione di tali dati.
Ritengo che non si volesse istituire
nessuna banca dati: il comma 4 dellarticolo 20 non prevede assolutamente questo.
Tale norma voleva semplicemente che, schiacciando il bottone dellanagrafe
tributaria, gli agenti del fisco e le forze di polizia potessero sapere dove Gaetano
Nanula detenesse i propri conti, presso quale banca fossero allocate le sue disponibilità
finanziarie, dopo di ché si andava in banca e si controllavano i conti; questo per
evitare che, nel fare la ricostruzione del patrimonio di Gaetano Nanula, si dovessero
scrivere 1.300 lettere agli operatori dellintero sistema bancario, che è di tali
dimensioni, comprese le piccole banche, quelle rurali e artigianali; inoltre, il
legislatore dava 60 giorni di tempo per stabilire tali modalità. Successe il finimondo
perché invece si parlò di banca dati. Ma quale banca dati! Sono stati sollevati numerosi
interrogativi. Chi la deve gestire? Il Ministero delle finanze o lUfficio italiano
dei cambi? Il decreto ministeriale è un regolamento di organizzazione? Allora ci vuole il
parere del Consiglio di Stato. Cosa bisogna segnalare? Soltanto i conti che hanno un saldo
superiore ai venti milioni o tutti i conti? Bisogna segnalare anche i certificati di
deposito e i titoli? I titoli sotto forma di titoli documentali oppure anche semplicemente
scritturali? Nulla di tutto questo. Se si va a leggere larticolo 20, al comma 2,
lettera b), e al comma 4, si vede che il legislatore voleva soltanto che le banche
mettessero in evidenza i dati identificativi dei clienti e li comunicassero
allanagrafe tributaria. Tutto qui.
I 60 giorni sono diventati 120, poi 240,
è passato un anno, ne sono passati due e poi tre. Siamo al settimo anno e il decreto non
è stato ancora emesso. Le forze di polizia devono continuare non lo fanno a
scrivere 1.300 lettere allintero sistema bancario per sapere semplicemente dove un
certo soggetto indiziato di mafia detiene le proprie disponibilità finanziarie. Se si
pensa poi che le stesse indagini devono essere svolte nei confronti del coniuge, dei
figli, delle imprese, delle associazioni o delle persone del cui patrimonio direttamente o
indirettamente il soggetto in questione può disporre, le 1.300 lettere dovrebbero
diventare 10.000 o forse di più. Evidentemente è una delle ragioni per cui il sistema
non funziona e questo ritardo non trova giustificazione in presenza di una volontà di
effettiva deterrenza nei confronti del fenomeno.
Adesso, con il decreto legislativo
n. 153 del 26 maggio 1997, si dice che lUfficio italiano dei cambi può
avvalersi del contenuto risultante dallanagrafe dei conti e dei depositi di cui
allarticolo 20, comma 4, della legge n. 413 del 1991. Andando a leggere tale
comma, si verifica che non si parla di alcun contenuto, non si parla di nessuna anagrafe
dei conti e dei depositi. Si parla soltanto delle modalità di comunicazioni dei dati
identificativi dei clienti delle banche allanagrafe tributaria.
Questa è la situazione. Probabilmente
anche sul piano legislativo non cè stato un effettivo coordinamento nel fare
riferimento, allinterno del decreto legislativo n. 153 del 1997, al contenuto
del comma 4 dellarticolo 20 della legge n. 413 del 1991. Io credo che il
legislatore volesse un risultato molto più semplice.
A mio avviso, già un risultato veramente
ottimo è stato ottenuto col decalogo della Banca dItalia. A studiarlo bene, si
capisce che va molto in profondità, in quanto i comportamenti della clientela colpita da
improvvisa ricchezza sicuramente vengono in evidenza. Il decalogo della Banca
dItalia è stato informatizzato attraverso il sistema Gianos, che funziona
regolarmente presso le banche. Io credo che se a questo si aggiunge la particolare
capacità intuitiva del funzionario di banca, sicuramente può emergere un quadro
abbastanza efficiente, abbastanza soddisfacente per la lotta alla criminalità. Tutto sta
nel passaggio di cultura allinterno del sistema bancario, il quale dovrebbe
convincersi che effettivamente è uno dei protagonisti importantissimi per la soluzione di
questo problema; altrimenti si arriva alla conclusione che proprio il sistema bancario è
la prima vittima della criminalità organizzata.
Osserviamo una banca, con i vigilantes
fuori, le vetrine a doppio vetro corazzato antisfondamento e la doppia porta (quella
davanti non si apre se non si chiude quella dietro); ultimamente ho visto che in una banca
i clienti dovevano porre la mano su una piastra e le impronte digitali venivano
fotografate. Inoltre, quando si è allinterno dellistituto ci sono le riprese
televisive a circuito chiuso, le casseforti si aprono soltanto dalle direzioni generali,
non si possono fare telefonate. Probabilmente adesso è più facile entrare in una caserma
piuttosto che in una banca. Io credo che le banche si debbano convincere che la lotta alla
mafia non è una lotta privata delle forze di polizia, ma che siamo tutti insieme sulla
stessa barca. (Applausi).
RUSSO SPENA Giovanni, senatore, componente della Commissione parlamentare antimafia. Non sfugge, a me parlamentare ormai anziano, limportanza e la non ritualità di questo Convegno, di cui ringrazio ovviamente gli organizzatori, il presidente Del Turco e la Guardia di finanza. Ritengo che laccumulo di saperi, di professionalità, di esperienze emerso in questa sede ci arricchisca molto. Ho sempre pensato lo sanno bene i colleghi della Commissione perché lo dico dallinizio di questa legislatura che il ruolo e la funzione della Commissione antimafia in questa legislatura saranno verificati e giudicati soprattutto riguardo alla capacità di conoscenza e di incidenza sui nuovi processi di accumulazione mafiosa, collegati ai cosiddetti processi di internazionalizzazione e finanziarizzazione del capitale.
È forte il rischio, a mio avviso, che
limpresa criminale compartecipi ai nuovi colossali processi in atto di
redistribuzione dei poteri nellaspra competizione del mercato globale. Si stanno
ridisegnando tempi e spazi; non ho modo, nei dieci minuti che mi sono concessi, di fare
unanalisi approfondita, ma devo essere franco condivido il pessimismo
che ieri ha espresso in modo razionale il dottor Righetti. Guardo con preoccupazione anche
perché non mi sembra pessimismo, ma una razionale valutazione della realtà
soprattutto a due nodi importanti che, a mio modesto avviso, condizionano
loperatività di un sistema normativo e di regole in progress, come quello di
cui parliamo, corretto, valido, ma non a caso per certi aspetti largamente
inapplicato.
Se ve ne fosse il tempo, sarebbe
interessante analizzare i veri e propri processi che vorrei definire di
"mafiosizzazione" di un numero crescente di Stati, non come nicchia di
arretratezza, ma come specchio di una modernità distorta. Quando parlo di
"mafiosizzazione", non mi riferisco solo al modello colombiano, ovviamente, ma
ad un intreccio fra statualità, finanza e mafia come normale governabilità, processo di
accumulazione e valorizzazione del capitale. Alcuni esempi: il caso delle piramidi
finanziarie albanesi, in cui sono coinvolte istituzioni finanziarie internazionali, oltre
che importanti sistemi bancari; oppure, con unidentità completamente diversa, il
caso della Turchia, di cui pure ci siamo occupati in Commissione affari esteri, o di molti
paesi dellEst europeo, i quali stanno evidenziando modelli statuali abnormi, che
andrebbero indagati a fondo.
Temo che questa diversità, questa
statualità che emerge allinterno della globalizzazione perché di questo si
tratta rischi di diventare, come è stato giustamente detto ieri in più
interventi, un grande problema di deficit democratico della globalizzazione stessa.
La mia seconda osservazione, altrettanto
sintetica, si ricollega alla prima. Sono convinto che lossessivo smantellamento di
qualsivoglia forma di controllo della circolazione dei capitali non sto pensando a
Hilferding, ma a Saraceno o anche a Vanoni o il timore di bloccare la speditezza
delle transazioni incidano in senso molto negativo. Vorrei qui rassicurare i presenti: ho
una concezione, su questo punto, molto simile a quella espressa poco fa dal generale
Nanula; solo che a me capita, paradossalmente, quando la esprimo, di essere considerato un
vecchio bolscevico o un dirigista, mentre io sono completamente daccordo
ripeto con quello che diceva poco fa il generale Nanula.
Se è vero, come è unanime
considerazione, che le mafie hanno affinato i propri strumenti, occorre, infatti ricercare
ossessivamente un sistema di trasparenza finanziaria. Eppure quante urla abbiamo sentito
negli ultimi anni contro il "grande fratello" che tutto vorrebbe controllare?
Insomma, di fronte ad armi e strumenti sofisticati delle nuove mafie, anche qui
illustrati, dobbiamo tendere alla piena trasparenza questo è linterrogativo
che mi pongo con asprezza o ad unipocrita e parziale trasparenza? Qui, a mio
avviso, vi è un nodo politico della nostra discussione, ben espresso nelle relazioni di
questa mattina. Se la trasparenza funziona, al di là delle ipocrisie unanimistiche,
rischia di dare fastidio mi assumo la responsabilità di questa affermazione
anche alla cosiddetta economia pulita, in nome della libertà assoluta dei trasferimenti
finanziari. E allora, se questo dovesse avvenire, dovremmo rassegnarci a non combattere le
moderne mafie, perché mutileremmo noi stessi, prevarrebbe cioè una sorta di formalismo
giuridico.
È stato giustamente detto in più
interventi, sia ieri che oggi ricordo fra gli altri quelli del procuratore
nazionale Vigna e del procuratore Caselli che occorre applicare rigorosamente le
leggi antiriciclaggio, formare nuclei speciali di analisti finanziari in grado di seguire
i flussi internazionali di denaro, gli spostamenti che avvengono grazie alle reti
telematiche, e che occorre un forte coordinamento internazionale. A me pare che tutto ciò
sia molto giusto, che questi siano i terminali nervosi nella prospettiva di una lotta al
riciclaggio. Ma allora su questi terminali nervosi, per quel che ci riguarda anche come
Parlamento e come Governo italiani, se la sfida è così alta, occorre una verifica molto
puntigliosa e attenta degli impegni assunti e non mantenuti.
Ripropongo qui, innanzi tutto a me stesso,
due quesiti che ho posto mi scuso, perché lautocitazione è sempre
sgradevole, ma in questo caso vi ricorro per un dato letterale nel corso
dellaudizione del 20 gennaio di questanno in sede di Commissione parlamentare
antimafia dei ministri Napolitano e Flick, quesiti ai quali, pur avendola ripetutamente
sollecitata, non è stata data ancora alcuna risposta. I due quesiti riguardano lo stato
di attuazione di due leggi, di cui si è parlato anche nel corso di questo Convegno. Tutti
sappiamo che particolare importanza e questo è il primo punto riveste la
questione della concreta realizzazione dellarchivio dei conti e dei depositi, già
previsto nella legge n. 413 del 1991, e richiamata nel decreto legislativo
n. 153 del 1997. Quali sono le resistenze che bloccano questa realizzazione? Sono
trascorsi circa sette anni di inerzia per quanto riguarda la costituzione di tale
archivio. Ben sappiamo che la sua collocazione nel contesto della normativa
antiriciclaggio agevola, come è stato detto, la sua realizzazione, ferma restando la sua
utilizzabilità anche ai fini fiscali. Perché mai ed è un punto che Parlamento e
Governo devono superare pur richiamata nel decreto legislativo del 1997, questa
normativa relativa allarchivio dei conti e depositi non è stata mai completamente
realizzata? Come si possono superare le resistenze che pure vi sono state? Così come
appare del tutto carente è stato il secondo punto da me posto in
quellaudizione lattuazione della legge n. 310 del 1993, la
cosiddetta legge Mancino in tema di trasparenza degli assetti societari, i cui dati, allo
stato non trattati informaticamente, occupano archivi cartacei di incerta collocazione e
quindi di nessun uso.
Ecco, vorrei che si parlasse anche di
interventi concreti che possiamo fare a partire da domani, perché temo sempre che analisi
raffinate e questo Convegno non lo merita, perché non è stato rituale
possano poi sfociare nella ritualità.
Terzo punto: fra i problemi centrali nel
contrasto al riciclaggio cè certamente quello dellindividuazione delle
operazioni sospette, superiori ai venti milioni, mascherate attraverso operazioni di
frantumazione inferiori a tale cifra ma tra loro collegate. Le segnalazioni, assolutamente
esigue anche se in via di incremento, provengono quasi esclusivamente dalle banche, e solo
dal 18 per cento delle stesse. Cosa si sta facendo per costringere il restante 82 per
cento ad attenersi alla legge? È una legge! Mancano del tutto le segnalazioni da parte
delle società di investimento mobiliare, ed è ovvio che il riciclaggio tenda a spostarsi
su questo versante. Cosa fare per ottenere il rispetto della legge in questo settore?
Il riciclaggio tende poi a spostarsi anche
sulle attività poste in essere da soggetti non sottoposti allobbligo di
segnalazione, quali notai, avvocati, commercialisti e così via. È necessario, forse
anche sul piano normativo, estendere lobbligo anche a tali soggetti.
Lorgano deputato allanalisi
delle operazioni sospette è lUfficio italiano dei cambi, ma esso, a me pare,
non sono un esperto, ma tento di seguire da membro della Commissione antimafia
attentamente questo tema è sottodimensionato, per cui si crea un arretrato che non
consente unanalisi in tempi ragionevoli di dette operazioni; lo stesso dicasi per la
Guardia di finanza.
Scusatemi se ho fatto un intervento
banale, ma preciso, da legislatore che si assume dinanzi a voi le proprie responsabilità,
che non parla vagamente della mondializzazione né fa affermazioni di tipo retorico, ma vi
chiede collaborazione, consigli, scientificità, sapere collettivo, esperienza perché il
lavoro legislativo possa proseguire nel modo migliore, mettendo a fuoco carenze e
problemi.
Potrei continuare su singoli punti ma mi
fermo qui. Ho voluto segnalare un solo problema, cioè che al di là e insieme al
miglioramento progressivo del sistema normativo e delle regole, vi è un gap
significativo, anzi un vero e proprio deficit democratico da colmare, che si
presenta spesso in Italia: la coerenza fra parola e fatti, fra norme e prassi, fra sistema
normativo e realizzazione. Ha ragione la dottoressa Carla Del Ponte che lo diceva ieri:
occorre il massimo rigore nellapplicazione delle leggi, nella esecuzione
amministrativa e nella cooperazione internazionale. Sono questi i capisaldi ineludibili
per una prospettiva di reale lotta al riciclaggio.
Sono convinto che anche il Governo e il
Parlamento, arricchiti da questo importantissimo Convegno di cui vi ringrazio, dovranno
però avere uno scatto di volontà e di efficienza. (Applausi).
FIGURELLI Michele, senatore, componente della Commissione parlamentare antimafia. Sono stato particolarmente colpito e condivido il pessimismo espresso in questa sala ieri dal dottor Righetti, ma lo assumo positivamente come il pessimismo dellintelligenza che è indispensabile per stabilire meglio ciò che occorre fare, per definire in maniera più appropriata la fattispecie del reato di riciclaggio, per compiere oggi un grande salto in avanti normativo, politico e organizzativo dello stesso livello e della stessa portata di quello che si fece nel 1982 con la legge La Torre, dopo gli assassini dello stesso La Torre e di Dalla Chiesa.
Pessimismo dellintelligenza per
dare un fondamento allottimismo della volontà. In effetti, le verità economiche
sono assai minori rispetto alle verità militari; le stime che si fanno anche qui della
dimensione del capitale criminale sono inferiori alla sua consistenza effettiva,
lindividuazione è inferiore alla stima, i sequestri sono inferiori
allindividuazione e le confische ai sequestri. Quanta ricchezza è stata tolta o si
riesce a togliere alla mafia? Quanta ricchezza è stata restituita o si riesce a
restituire al mercato, allimpresa, alla democrazia? Credo che, rispetto
allanalisi delle forme di riciclaggio, da questa nostra discussione venga anche
linvito ad una verifica severa sulle inadeguatezze delle misure di prevenzione
patrimoniale e anche ad un aggiustamento nellaffidamento di ruoli e compiti,
assegnando per esempio alla Procura nazionale antimafia il compito di assumere
liniziativa non solo nel campo di proposte per la prevenzione personale, ma appunto
per la prevenzione della quale ci occupiamo in questo Convegno.
Ritengo che per cercare fondamento
allottimismo della volontà e per costruire modelli teorici e pratici di contrasto
dobbiamo tenere sempre più conto dellestrema varietà della casistica concreta.
Sono convinto che dobbiamo rifuggire, quanto più si è addetti ad un particolare settore,
dalloperare una reductio ad unum, dobbiamo evitare di ridurre il riciclaggio
al modello del reimpiego dei proventi degli stupefacenti. Non possiamo soltanto guardare
agli usi delle tecnologie elettroniche e allo spostamento in pochi istanti di tanto denaro
da un punto allaltro del pianeta: dobbiamo continuare a guardare, diversamente e
meglio, al territorio e non isolare e astrarre dal territorio la via bancaria e quella
finanziaria.
Che sia necessario procedere in questo
modo credo lo dimostrino le analisi esposte stamani dal dottor Donadio e gli esempi e la
casistica molto puntuali portati dal generale Mori, e lo indica ancora lassai
opportuna valorizzazione delle strutture e dei coordinamenti territoriali che è stata qui
argomentata dal vicecapo della Polizia di Stato, prefetto Monaco. È sul territorio che
dobbiamo ricercare la grande varietà delle forme dellimmissione del capitale
criminale nelleconomia legale, e io starei attento a fare rigide ed astratte
distinzioni tra vecchie e nuove forme di penetrazione. Dobbiamo piuttosto volgere la
nostra attenzione a cogliere la coesistenza o il rapporto tra queste diverse forme. Io lo
noto se penso alle società finanziarie sorte e cresciute in gran numero in tanti luoghi
della Sicilia, alla loro singolare distribuzione sul territorio o alla distribuzione di
imprese edili in rapporto a determinati indici economici. Ritengo che sul territorio
dobbiamo operare una più attenta ricognizione di quella forma, a mio avviso almeno per la
Sicilia, fondamentale e diffusa di riciclaggio che è costituita dallusura e dalle
estorsioni; una ricognizione capace di farci rendere conto delle profonde diversità
esistenti allinterno della Sicilia, ad esempio tra Palermo e la parte orientale
dellisola, anche nelle denunce e nellorganizzazione antiracket.
Sul territorio va attuata una migliore
ricognizione circa le improvvise manifestazioni di ricchezza ostentata, lapertura di
attività economiche in un quartiere o in un paese, il salto improvviso di unimpresa
appaltatrice: nuovi esercizi commerciali, tenore di vita o comportamenti improvvisamente
diversi di singoli o di gruppi. Limprovvisa apertura di un bar che luccica di tanti
marmi inutili, limprovvisa apertura di un ipermercato o di un supermercato,
limprovvisa apertura, chiusura o riconversione di un negozio, possono essere segnali
importanti: quello è il bar del capo del mandamento, che fa capo alla sua famiglia;
quello è il bar nel quale si organizza persino il comando mafioso sul voto; in quel
negozio, laltro ieri, ieri e oggi non è entrato nessuno ma il titolare ha versato
decine di milioni frutto dellincasso di vendite puramente virtuali; quella pompa di
benzina fa cento pieni ma gli incassi versati equivalgono ad un numero di pieni assai
maggiore o addirittura impossibile da farsi in un giorno contando un pieno al secondo.
Non mi voglio riferire, con questi esempi,
soltanto a Palermo; cosa dovremmo dire su Milano, dove la ndrangheta ha costituito
insediamenti e basi importanti nel centro della città proprio attraverso bar, esercizi
commerciali ed anche piccole officine? Questi sono i terminali nel territorio, punti di
partenza e di arrivo, di spostamenti anche internazionali di denaro, come la Commissione
parlamentare antimafia ho potuto verificare nella grande operazione (denominata "Deep
Cleaning") condotta dalla Guardia di finanza a Milano e nelle acquisizioni
processuali delle Direzioni distrettuali antimafia di Milano e di Torino, per non parlare
delle acquisizioni processuali dei magistrati di Palermo relativamente a diversi
imprenditori che danno uno spaccato, un modello anche questo molto differenziato
delle diverse compenetrazioni.
Allora, il territorio è fondamentale e
ricercare loperazione sospetta al di fuori di questo contesto o scinderla da
questultimo potrebbe portare a degli arbitri, a delle cantonate, o potrebbe essere,
viceversa, la chiave di spiegazione di dati paradossali, come quello che ieri è stato qui
citato da più di un intervento, relativo alle mancate o pochissime denunce in Calabria di
operazioni sospette.
Nel richiamare questa attenzione al
territorio, vorrei porre una questione, un esempio di denuncia delle nostre arretratezze
per quanto riguarda lattuazione del registro delle imprese e in particolare il
problema della mancata ma necessaria attuazione della legge 12 agosto 1993, n. 310,
la cosiddetta "legge Mancino". Riflettiamo sugli articoli 7 e 8. La prima
disposizione stabilisce che i notai che ricevono atti o autenticano scritture private
aventi ad oggetto trasferimenti di terreni ovvero di esercizi commerciali devono darne
comunicazione al questore ove è ubicato limmobile. Inoltre, per determinate
verifiche, il questore può richiedere al notaio rogante copia di ogni altro atto o
contratto connesso o collegato con latto negoziale per il quale è stata fatta
inizialmente la richiesta.
Ora, mi domando: rispetto a questa
disposizione normativa, qual è la mappa? La questura ha una mappa dei trasferimenti di
terreni e di esercizi? Il questore può chiedere quante e quali richieste effettivamente
sono state e vengono tuttora avanzate? Perché questa possibilità indicata dalla legge è
stata o ignorata, o non utilizzata, comunque non valorizzata? Cè o si intende
formare un archivio informatizzato di questi dati, anche per verifiche e controlli
incrociati? In quanti trasferimenti di terreni e di esercizi cè stata
espropriazione o, viceversa, appropriazione forzosa, diretta o indiretta, attraverso
prestanome? In quanti trasferimenti di terreni e di esercizi cè stato un fatto
attivato da usura e da estorsione?
Le stesse domande si potrebbero e si
dovrebbero fare per larticolo 8, che stabilisce che il rilascio
dellautorizzazione allesercizio di unattività commerciale, nonché il
trasferimento della gestione o della titolarità di unimpresa commerciale devono
essere comunicati, a cura del segretario comunale, al questore territorialmente
competente. Qual è la mappa dei movimenti e quale uso ne è stato fatto? Cè o si
intende formare un archivio informatizzato anche di questi dati e anche di questi
spostamenti di proprietà? Quale trasparenza si è determinata nel rapporto tra questi
movimenti e decisioni pubbliche fondamentali, come gli atti dinvestimento, statali,
regionali o comunali, come la localizzazione di opere e di infrastrutture, come i piani
regolatori o ladozione di altri speciali strumenti urbanistici?
Credo che questo sia molto importante da
riconsiderare allinterno di quel grande problema, che riguarda lintero paese,
che è la fuoriuscita complessiva dalleconomia "nera". Faccio riferimento
ad un nostro emendamento alla legge finanziaria per il classamento di 8 milioni
dico 8 milioni di immobili non classati, che fu accolto al Senato come ordine del
giorno dal Governo e che poi fu ripreso nella discussione della legge finanziaria alla
Camera dei deputati.
Credo che queste cose siano molto
importanti da verificare anche relativamente al problema delluso che da parte del
Ministero o dei Ministeri non mi riferisco soltanto a quello dellinterno o al
suo CED, bensì anche ad altri Dicasteri, ad esempio quello delle finanze è stato
o non è stato fatto di queste possibilità straordinarie aperte dalla "legge
Mancino".
E vengo ad unultima questione. Credo
che ladeguamento dellUfficio italiano dei cambi al Sistema europeo delle
banche centrali (SEBC) e le forme concrete organizzative dellintegrazione
dellUfficio nella Banca dItalia rappresenti una grande occasione. Per questo
motivo, forse dobbiamo porre maggiore attenzione al decreto legislativo in materia, per
garantire il massimo rafforzamento quantitativo e qualitativo dei compiti di
antiriciclaggio e di antiusura.
Mi domando, non solo per il passato
prossimo ma ora: per questo salto in Europa, quali intelligenze in più sono state
assegnate o si ritiene di dover assegnare, in base e per coerenza alle cose dette qui,
alla sezione antiriciclaggio? Occorre il massimo rafforzamento nella tenuta degli atti
degli operatori finanziari, nella raccolta e nellelaborazione delle informazioni
valutarie e statistiche. Ritengo poi che si debba fare attenzione a questa straordinaria
occasione per definire i migliori rapporti da istituire tra lUfficio italiano dei
cambi e non solo la vigilanza del Tesoro ma la Procura nazionale antimafia, le Commissioni
parlamentari; non credo infatti che la relazione sullantiriciclaggio o sulla
trasparenza degli intermediari finanziari possa essere redatta soltanto a beneficio del
Ministro. Le informazioni sono molto importanti anche per le imprese bancarie e non, al
fine di verificare e definire meglio le loro politiche di mercato. Inoltre, vi è il
problema di stabilire una nuova interlocuzione con la Commissione parlamentare antimafia.
Personalmente ritengo molto importante e
decisiva la soluzione rapida e mi sembra che il problema sia drammatico da
dare alla questione che ha sollevato il generale Nanula, così efficace nel denunziare
come per la banca, per questo tempio, non esista alcun segreto, mentre tutti i segreti
possibili ed immaginabili debbono esistere soltanto per la procura della Repubblica, per
la Guardia di finanza, per lArma dei carabinieri, per le forze di polizia. Mi
riferisco al problema dellarchivio centrale dei conti e dei depositi da istituire
presso lUfficio italiano dei cambi, con accesso, evidentemente, del Dipartimento
delle entrate del Ministero delle finanze. Quello dellarchivio centrale è un
problema molto importante da affrontare con grande attenzione alle garanzie e con grande
rigore. Nessun "grande fratello", molta attenzione alle garanzie, soluzione
positiva ed efficace del rapporto fra questo archivio e la tutela della privacy, ma
altrettanto rigore nel fornire unimpostazione che dica no, assolutamente no, al
delitto commesso allombra della privacy. (Applausi).
CURTO Euprepio, senatore, segretario della Commissione parlamentare antimafia. Signor Presidente, quello a cui farò riferimento è un tema molto importante, un tema che meritoriamente la Guardia di finanza e la Commissione parlamentare antimafia hanno voluto sollevare qui a Palermo, cioè il tema dei bilanci e delle prospettive della lotta al riciclaggio. Devo dire subito che se le prospettive sono legate essenzialmente ai bilanci, i bilanci sono fortemente negativi, e questo non lo diciamo certamente noi, non lo hanno detto solamente gli oratori che mi hanno preceduto, lo dicono le cifre. Non cè ancora una strategia dattacco a queste forme di illegalità, non solo di criminalità, tanto è vero che le risorse economiche che sono state sostanzialmente sequestrate o confiscate, viste in rapporto allammontare presunto globale del volume daffari esercitati tramite il riciclaggio, rappresentano una percentuale estremamente irrisoria. E allora sorge spontanea la domanda se si è fatto tutto in materia e se si può fare altro. Credo che debba essere rappresentata innanzi tutto una grande anomalia nellambito della questione riciclaggio. Si è incentrata per troppo tempo una grande attenzione esclusivamente ed essenzialmente sul mondo delle banche ed io non sono fra quelli che ritengono che le banche non abbiano assolto in maniera precisa il proprio compito ed il proprio dovere. Le banche si sono attrezzate, pur tra tante difficoltà, specialmente nei primissimi tempi, a far fronte ad una normativa che le vedeva sostanzialmente impreparate. Nei primissimi tempi le banche dovevano accertare e acquisire tutti i dati anagrafici dei soggetti che si presentavano ai loro sportelli per operazioni superiori ai venti milioni di lire, e dovevano fare tutto questo in maniera manuale, con grosse difficoltà anche di intralcio al lavoro bancario e con grandi difficoltà anche nel rapporto con lutenza. Ciò nonostante tutto questo è stato fatto in maniera precisa e puntuale. In seguito le banche hanno potuto collegare meglio anche i loro sistemi informatici, creando le condizioni per stabilire delle procedure che potessero permettere il puntuale rispetto della legge. È vero che lazione delle banche è stata puntuale, ma ci sono state anche molte modifiche rispetto agli obblighi che le banche stesse andavano ad assumere. Comunque negli anni scorsi si è riusciti, attraverso un sistema ed una procedura particolare, ad accorpare tutte le operazioni per importi inferiori ai venti milioni (nel primo periodo pari o superiori ai 3 milioni) che settimanalmente però facevano sfondare il tetto dei venti milioni onde evitare quel frazionamento degli interventi posto in essere in molte occasioni dai soggetti che operavano nellambito del riciclaggio. Tanto è stata precisa e puntuale lattenzione delle banche che dal 14 aprile 1997 è stato adeguato il parametro, rispetto a questo tipo di controllo, che è stato portato a 6 milioni. Cioè, chi pensava in passato di poter frazionare le operazioni presso gli istituti di credito per poter eludere la normativa antiriciclaggio, in questa maniera viene stoppato.
Cè però un altro problema,
legato allinformatizzazione e alla cultura che io definisco di diffidenza verso le
banche. A tuttoggi è impossibile andare a rilevare unanomalia nei confronti
di una banca, però se il soggetto che opera nellillegalità attraverso lo strumento
del riciclaggio si reca contemporaneamente presso più banche per fare nellarco di
una settimana operazioni di importo inferiore ai venti milioni, riesce ad eludere tutti i
controlli. Qui si pone lesigenza legislativa di "costringere", se
legislativamente non si giunge ad una conclusione, le banche a superare questo muro di
diffidenza che cè fra loro, per poter colloquiare allinterno delle stesse,
potersi scambiare informazioni e poter creare, quindi, situazioni di maggiore conoscenza
del panorama economico nel quale operano. Certo, cè un altro tipo di problema
estremamente importante: mentre lattenzione sulle banche è forte, questa attenzione
è notevolmente inferiore rispetto agli altri istituti assimilabili alle banche, che non
rispondono assolutamente alle sollecitazioni della normativa. Cè bisogno,
evidentemente, di adeguamenti di natura legislativa, di natura giuridica, di natura
investigativa, perché io credo che di fronte a questa discrasia tra le anomalie
denunciate dalle banche ed altre anomalie non denunciate dai clienti, evidentemente
bisogna porre qualche azione di contrasto. Probabilmente anche la Banca dItalia può
creare le condizioni per essere un po più rigida nel momento del rilascio delle
autorizzazioni alle società finanziarie, che poi diventano molto libere
nellesplicazione dellesercizio della propria attività distituto. E
quindi, se da questo punto di vista il settore bancario io tratterò soprattutto
questo aspetto ad un certo momento è stato pronto a recepire le indicazioni della
legislazione vigente, devo dire che sono abbastanza superate le preoccupazioni di chi ha
ritenuto di dover creare condizioni per poter estinguere i rapporti bancari nati o accesi
prima del 1991. Per un motivo semplicissimo: perché dal marzo 1996 opera allinterno
degli istituti di credito un blocco automatico dei rapporti anagrafici incompleti. Cioè,
se la banca non è in condizioni di conoscere, con le caratteristiche del rapporto
nominativo, tutti i dati relativi al percettore delle somme o al depositante, non è più
possibile movimentare assolutamente un conto, e quando di questi dati si entra in
possesso, automaticamente, superando la soglia di venti milioni, il rapporto diventa non
più al portatore, ma nominativo.
Il problema è che con il riciclaggio non
si può fare solamente un discorso incentrato sulle banche; bisogna fare un discorso molto
più ampio, legato anche alle grandi problematiche nazionali ed internazionali.
Personalmente non ritengo assolutamente accettabili né condivisibili, ad esempio, gli
interventi generalizzati, erga omnes, che vorrebbero colpire tutti ma poi
sostanzialmente non riescono a colpire proprio nessuno. Cè bisogno invece di andare
a verificare, soprattutto in rapporto alla nostra specificità italiana, e soprattutto
alla realtà meridionale, anche alcune situazioni che si vengono a creare in paesi vicini
al nostro. La Commissione parlamentare antimafia è stata nei mesi scorsi in Bulgaria,
dove, a fronte della grande povertà espressa da quel paese, ha notato ed evidenziato la
presenza di un numero elevatissimo di società finanziarie, e ha notato anche la presenza
costante di soggetti provenienti dal nostro paese, tantè vero che proprio in
occasione di quella visita veniva ammazzato un malavitoso appartenente ad un clan barese.
E allora perché non utilizzare anche questi strumenti di indagine, per andare a
verificare dove si colloca il riciclaggio del denaro negli ambiti internazionali? E
perché non accertare, ad esempio, visto che è un problema di grande attualità relativo
al riciclaggio della cosiddetta "quarta mafia", quali sono gli addentellati e
gli inserimenti del riciclaggio nel Montenegro? Sarebbe importante andare a fare verifiche
di questo genere perché ci darebbe uno spaccato molto preciso e non solamente teorico
della realtà che stiamo vivendo sul nostro territorio; una realtà che dobbiamo
affrontare in maniera molto pragmatica, evitando di dire tutto e di non dire niente.
Ad esempio, mentre nel passato la lotta al
riciclaggio avveniva dopo che si erano consumati alcuni reati tipici, come quelli del
furto, della rapina, del sequestro di persona, dello spaccio di stupefacenti, perché non
pensare che oggi la criminalità ha creato le condizioni ed i presupposti per affinare i
propri campi di intervento? Per carità, io non voglio che si scatenino polemiche
sullaffermazione che sto per fare, però devo dire, ad esempio, che sarebbe
opportuno attenzionare fortemente il processo delle privatizzazioni, come credo che
sarebbe opportuno attenzionare fortemente anche quelle situazioni dove enti pubblici,
nelle more delle privatizzazioni, vengono risanati. Anche perché passaggi di pacchetti
azionari a basso costo rispetto alleffettivo valore potrebbero creare condizioni
molto utili dal punto di vista metodologico. Ed è questa una riflessione che io intendo
sottoporre allattenzione di chi mi ascolta. Ecco perché dovremmo allargare la
nostra prospettiva, dovremmo uscire da questo Convegno con delle risoluzioni ben
specifiche, perché altrimenti avremmo solamente caratterizzato queste nostre 48 ore con
interventi magari da collocare in un ambito storico e politico ben preciso, ma senza il
conforto di impegni concreti. Allora, se siamo daccordo sul fatto che si debba
essere fortemente operativi, dobbiamo partire dallaffinamento e dalla selezione
degli interventi, dal coordinamento internazionale, dalla comparazione sistematica delle
operazioni patrimoniali e finanziarie, per esempio quando si è in presenza di
acquisizioni per importi rilevanti di grandi patrimoni immobiliari che, guarda caso, non
rendono assolutamente nulla. Ma chi può pensare che ci sia un investitore che acquista,
per aspettare anni prima che il frutto dellacquisizione possa creargli un utile, un
reddito o un profitto!
Si diceva ieri che normalmente la malavita
o il mondo criminale paga un 35 per cento di pedaggio per ripulire il denaro sporco. Io
penso che anche la mancata acquisizione di profitti e di rendite possa rappresentare una
quota di quel 35 per cento, per cui si acquisisce oggi, anche se il bene non serve
assolutamente a nulla, perché dopo un po di anni, magari quando il reato sarà
caduto in prescrizione, si potrà rientrare nel mercato con rinnovata forza e con
rinnovata energia. E allora, in conclusione, io credo di poter dire che cè bisogno
di una mappatura sistematica delle operazioni patrimoniali e finanziarie comunque
attribuibili ad un soggetto e rapportabili allalta significatività fiscale dello
stesso. Cè bisogno della creazione di un gruppo internazionale di lavoro con il
compito di rendere compatibili, se non addirittura di armonizzare, le normative non
solamente penali ma anche civili e fiscali; ma bisogna soprattutto avere la consapevolezza
di affrontare una fattispecie criminosa di natura derivata, perché questo è il
riciclaggio.
Unultima notazione. Abbiamo chiesto
la collaborazione delle banche e di coloro che vi operano, dei cittadini e di quanti
comunque possono venire in possesso di informazioni atte a bloccare il fenomeno del
riciclaggio o a contrastarlo, abbiamo chiesto anche la solidarietà della pubblica
opinione: però tutto ciò non può avvenire se non interveniamo, oltre che con strumenti
giuridici, legislativi e tecnico-contabili, con una grande diffusione della cultura della
legalità, perché la collaborazione può avvenire solamente quando cè cultura
della legalità. Su questo tema, non secondario, vorrei richiedere la vostra attenzione.
Personalmente, rimango del parere che senza leducazione e la legalità gli altri
strumenti risulteranno inefficaci; pertanto, aggiungiamo questo aspetto, questo strumento,
magari un po laicizzato affinché non sembri una questione di buona maniera o di
buona educazione. Questo sistema è pronto a creare le condizioni per rappresentare
degnamente la società italiana nel terzo millennio. (Applausi).
CALVI Guido, senatore, componente della Commissione parlamentare antimafia. Ritengo che il rigore dellanalisi scientifica che è stata prospettata in questo Convegno sia segnato anche e soprattutto dalle assai numerose riflessioni critiche che si sono susseguite circa il ritardo con cui le istituzioni hanno dato risposte repressive o hanno realizzato interventi preventivi nel controllo e nel contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa.
Daltra parte, il fatto che lo
stesso presidente della Camera dei deputati, onorevole Violante, ha posto al centro della
sua riflessione questo grande divario, anche temporale, nella risposta, sta a significare
che ha colto nel segno il generale Nanula con grande efficacia quando, proprio poco fa,
sottolineava con intelligenza come sia profondamente radicato questo squilibrio che si
viene creando tra una giusta tutela delle garanzie individuali e la necessaria tutela di
ciò che potremmo chiamare lordine democratico e la convivenza civile, facendo
appunto cenno alle discrasie che si sono create con la legge sulla privacy e alla
necessità di conoscenza nella lotta alla criminalità.
In questottica alcuni degli
intervenuti hanno sottolineato e preannunziato la necessità di uniniziativa per la
formazione di un testo unico. Debbo dire che la Commissione parlamentare antimafia non ha
atteso nessuno; è da molto tempo che riflettiamo sul tema, abbiamo iniziato a lavorarci
sopra e credo che la settimana prossima potremo concretamente cominciare a prospettare il
nostro lavoro.
Innanzi tutto, è assolutamente
indispensabile avere il quadro completo di una legislazione spesso eccessiva, ridondante e
non sempre efficace. Per prefigurare un intervento legislativo coerente e corretto
occorrerà un quadro, uno scenario completo di tutta la normativa; quindi, il primo
impegno è proprio quello di realizzare una rassegna completa in ogni ambito della
legislazione che possa in qualche modo interessare, direttamente o indirettamente, la
lotta alla criminalità; a maggior ragione è necessario avere una rassegna completa della
legislazione antimafia.
Credo inoltre che sia necessario fare uno
sforzo in più. Sulla base di ciò che abbiamo acquisito inizierà il lavoro serio,
soprattutto da parte dei giuristi, per riflettere su come andare avanti rispetto a quelle
esigenze, a quelle necessità e a quelle urgenze che sono state prospettate anche in
questo Convegno.
Molti sono i settori ai quali occorrerà
porre mano ed innovare: ambiti di diritto sostanziale, di diritto processuale, di
ordinamento penitenziario e di ordinamento societario. È ormai consapevolezza comune che
larticolo 416-bis del codice penale abbia rappresentato una grande svolta
nella storia della nostra legislazione, ma forse oggi necessita di una rivisitazione, di
una rilettura o quanto meno di un ampliamento di condotte da includere che originariamente
non erano state prefigurate. Forse sarà opportuno creare una norma additiva o integrativa
dellarticolo 416-bis che in qualche modo tipizzi quelle condotte che sono a
cavallo tra lipotesi del reato di associazione di tipo mafioso e quello del reato di
favoreggiamento, per non lasciare allinterpretazione giurisprudenziale interventi
che possono dare adito a perplessità, proprio perché derivano da costruzioni
giurisprudenziali. Occorre quindi un intervento legislativo e normativo preciso che
tipizzi quelle condotte, le definisca reato e individui una sanzione.
A mio avviso, occorrerà intervenire anche
nellambito degli illeciti riguardanti le persone giuridiche. Non credo sia
sufficiente lo strumentario normativo oggi a nostra disposizione; solitamente si usa il
falso in bilancio e tutte quelle altre norme che sono in qualche modo connesse alla
corretta formazione della volontà societaria. Credo però che vi siano condotte e
sono emerse anche in questo Convegno che vanno individuate e sanzionate.
Daltra parte, gli illeciti delle persone giuridiche sono ipotesi che altri paesi
dEuropa prevedono.
Occorrerà poi intervenire (e qui faccio
un richiamo a quanto ci ha detto il procuratore nazionale antimafia, dottor Vigna, proprio
in Commissione antimafia) per far uscire larticolo 41-bis
dellordinamento penitenziario dallo stato emergenziale in cui si situa, anche
temporalmente, per dargli una precisa collocazione allinterno del nostro
ordinamento. Un ordinamento penitenziario più stabile, più definito, che naturalmente
non costringa il magistrato a dover reiterare talune richieste, perché come
ricordava il dottor Vigna ogni volta che si chiede la reiterazione del
provvedimento si nega lefficacia della norma: la norma infatti non ha raggiunto
lobiettivo che si proponeva, essendo necessaria la sua reiterazione.
Occorre quindi ricollocare
lirrogazione di tale misura allinterno dellordinamento, dandole una
definizione diversa, più permanente e naturalmente offrendo responsabilità di
individuazione più al magistrato che conosce il processo, anziché soltanto al tribunale
di sorveglianza.
A mio avviso, sono queste le necessità
allattenzione del Parlamento. Non dimentico, per esempio, che allesame del
Senato vi è la norma che estende la competenza del procuratore nazionale antimafia ad
indagini patrimoniali. È singolare che questa capacità sia affidata giustamente
al procuratore della Repubblica e al questore mentre al procuratore nazionale
antimafia, che ha poteri di coordinamento, sia attribuita soltanto una potestà di
indagine che riguarda lindividuo ma non il suo patrimonio. Francamente la trovo una
discrasia che merita una riflessione, in quanto il titolare dellazione, il
referente, è sempre inevitabilmente il procuratore della Repubblica; pur tuttavia, colui
che dovrà coordinare le indagini, soprattutto in tema di reati finanziari o di
riciclaggio, non potrà non essere che il procuratore antimafia, il quale ha le strutture
e la capacità di seguire nel suo percorso nazionale ed internazionale i luoghi di
commissione dei delitti. Credo che anche questo sia un momento necessario affinché
lazione di contrasto alla criminalità organizzata sia resa più efficace senza
alterare gli equilibri ordinamentali, quindi senza ledere prerogative, semmai
aggiungendone a colui che ha la necessità e la finalità di coordinare le iniziative, per
consentire che quel coordinamento sia più efficace nella tutela della nostra convivenza
civile.
Lambito di intervento del
legislatore, sulla base di questo scenario che può nascere dal testo unico, è
straordinariamente ampio; penso ai provvedimenti ablativi che prescindono dallesito
e addirittura dallesistenza di un procedimento penale. E debbo dire che, dopo il
vaglio di costituzionalità che su questo come sullarticolo 41-bis ha
sgomberato il campo da possibili equivoci, ci sentiamo anche più liberi di operare con
maggiore tranquillità e di andare avanti nellindividuare strumenti più efficaci
nella lotta contro la criminalità.
È questo limpegno che abbiamo
assunto, su cui la Commissione parlamentare antimafia sta lavorando e su cui credo daremo
un contributo mi auguro importante, se non decisivo al legislatore. Si
potrà così procedere sulla base del lavoro della nostra Commissione, non soltanto
attraverso lorganizzazione di un Convegno, pur essenziale ai fini di una corretta
analisi dei problemi esistenti e dellindividuazione degli obiettivi legislativi di
politica criminale e di politica del diritto nel contrasto alla criminalità. La
Commissione parlamentare antimafia e il suo presidente, senatore Del Turco, hanno operato
in questo caso con la collaborazione della Guardia di finanza, ma la Commissione ha sempre
lavorato in questa direzione con efficacia.
Da ultimo, mi sia consentito di ricordare
come in questo momento vi siano silenzi ed assenze. Non vorrei andare al di là delle mie
competenze e del mio intervento programmato, però avverto il dovere di ricordare che,
allorquando in passato vi sono stati silenzi ed assenze, il nostro paese ha vissuto
tragedie di cui tutti abbiamo memoria. Ritengo che ognuno sappia assumersi le proprie
responsabilità: noi siamo qui, né assenti, né silenziosi. Credo sia nostro dovere dare
una testimonianza forte che lo Stato di diritto si fonda sullindipendenza della
magistratura e sullefficacia del controllo di legalità nel rispetto delle garanzie
di ciascun cittadino. Ma credo che dobbiamo anche dare una testimonianza forte ed alta di
come siamo qui, accanto alle forze dellordine e ai magistrati impegnati nella lotta
alla criminalità organizzata: ad essi noi siamo grati. (Applausi).
CARRARA Carmelo, deputato, componente della Commissione parlamentare antimafia. È tempo di bilanci, ma è anche tempo di individuare le prospettive di questo Convegno, e in particolare del workshop che si è svolto stamattina. Il dato che è emerso e su cui tutti convengono è quello di raccogliere la sfida in unottica che sia globalizzata, unottica internazionalizzata in rapporto al fenomeno del riciclaggio. Ma questa mattina è emerso anche un dato negativo in relazione al difetto, sicuramente alla carenza di funzionamento del sistema dei dati di rilevamento delle ricchezze mafiose. Bisogna individuare quali sono le cause di questo difettoso funzionamento, che non può essere adombrato soltanto in una fisiologia del sistema: cè qualche cosa di ben più grave che non funziona.
Una delle cause è sicuramente da
individuare nella legislazione antimafia, legislazione che è frutto dellemergenza.
Tutti sanno che gli strumenti normativi su cui operano le forze dellordine e la
magistratura sono venuti fuori soltanto in seguito a gravi eventi luttuosi per le forze
dellordine e per la magistratura. Basti pensare che la legislazione antimafia e le
misure di prevenzione sono venute fuori dopo gli omicidi Dalla Chiesa e La Torre e che il
decreto-legge n. 349 del luglio 1992, che ha consentito ai magistrati di operare
innovando sul sistema del doppio binario, dando loro la possibilità di recuperare fatti
che ormai erano nella storia ma anche nei tanti giudicati raccolti, primo dei quali il
maxiprocesso, è venuto fuori dopo le stragi dei giudici Falcone e Borsellino. E allora,
il primo rimedio è questo: occorre che finalmente Governo e Parlamento affrontino il
problema antimafia nelle sue varie sfaccettature, in unottica non parcellizzata, ma
di approccio globale al sistema. Una misura da assumere è sicuramente lauspicato
testo unico delle misure di prevenzione al fine di recuperare la legislazione antimafia in
materia per ora costituita da una miriade di leggi e leggine, che sicuramente non soltanto
danno adito ad uno squilibrio interpretativo e ad una difficoltà nellindividuazione
di determinati fatti rappresentati alla magistratura, ma contribuiscono a produrre quel
divario che cè tra quanto viene sequestrato e quanto viene effettivamente
confiscato.
La seconda causa di questo difettoso
funzionamento è da individuare sicuramente nel fatto che non si dispone di
unanalisi dei fenomeni di riciclaggio e di unindividuazione dei beni mafiosi
che derivi dagli spunti collaborativi dei cosiddetti pentiti. Questo è un dato che
dobbiamo affrontare sicuramente nella disamina che si sta facendo in questo momento al
Senato della legge sui collaboratori di giustizia, ma è un dato che va nel senso della
rivisitazione delle misure di prevenzione, cogliendo le anomalie createsi con la gestione
giudiziaria dei pentiti.
Il terzo aspetto è che non cè un
sistema di rilevamento tecnico informativo. Tutto questo porta a ritenere che se in Italia
le banche, come oggi molti hanno sottolineato, non collaborano, ciò avviene anche perché
alcuni dati richiesti alle banche non vengono considerati come un costo di giustizia, ma
sono una gravezza che va a pesare soltanto sui bilanci delle banche. Se noi italiani non
abbiamo una normativa adeguata per quello che gli inglesi chiamano paper tracing,
cioè le tracce che i vari operatori lasciano documentalmente nei circuiti economici, ma
anche nei circuiti finanziari, se consentiamo tranquillamente che in Italia e
allestero vengano effettuate diverse operazioni commerciali fortemente sospette di
riciclaggio, se andiamo a prevedere che in Italia si possano istallare 59 casinò, se non
prevediamo unadeguata tassazione in riferimento a determinati investimenti che hanno
odore di illiceità, non ci dobbiamo lamentare se i responsabili dei cartelli colombiani,
o se le mafie russe, cinesi o giapponesi (queste ultime molto interessate ai poli bancari
non soltanto siciliani, ma del meridione italiano in genere, soprattutto quei poli bancari
che si trovano in una fase di decozione o di quasi decozione) investono nel nostro paese.
E allora non le Isole Cayman, ma lItalia potrebbe essere uno dei primi paesi off-shore.
Non sappiamo quanta ricchezza mafiosa
viene occultata in Italia, ma non abbiamo neanche idea di quanta ricchezza proveniente
dalle mafie estere viene oggi occultata in Italia. E allora dobbiamo chiederci innanzi
tutto questi investimenti da dove vengono e se effettivamente sono investimenti di
provenienza illecita, quindi se derivano dal traffico di stupefacenti, dallo sfruttamento
della prostituzione, dal gioco dazzardo, dal contrabbando, dalla corruzione. E
dobbiamo chiederci qual è oggi, senza pensare troppo al futuro, lo strumento normativo
più idoneo per evitare che lItalia diventi lEldorado di tutte le off-shore
activities.
Poco fa il senatore Calvi ricordava come
la Corte costituzionale abbia allontanato ogni sospetto in relazione a censure avanzate in
merito a presunte violazioni del diritto di difesa, ma anche di altri principi della
nostra Carta costituzionale, in riferimento ad alcune norme in tema di misure di
prevenzione. Ma io aggiungo e rilancio: non soltanto la nostra Carta costituzionale, ma la
Convenzione di Strasburgo ha allontano e fugato ogni sospetto ed ogni perplessità,
consentendo che nei paesi aderenti possano essere attivate delle procedure ablative nei
confronti di coloro che accumulano ricchezze provenienti da attività illecite,
indipendentemente dal processo penale.
E allora mi pare che il rimedio principale
sia di restituire centralità a quello che noi abbiamo, e che è abbastanza collaudato,
cioè il sistema delle misure di prevenzione. È un sistema che però ha registrato, con
specifico riferimento al fronte antimafia, alcuni insuccessi che non si possono spiegare
soltanto con gli eccessivi carichi di lavoro e non possono essere ricondotti ad un
andamento fisiologico delle procedure. Quali sono le cause che hanno generato questi
insuccessi? Anzitutto, questa estrema polverizzazione della legislazione antimafia, che da
un lato ha ribadito il principio dellautonomia e anche della terzietà del giudice,
dallaltro ha sicuramente rallentato il processo e indotto diverse dicotomie nel
sistema. Laltra causa è una carenza di raccordo con questa legislazione, che via
via è stata modificata dal 1982 fino ad oggi, rispetto al procedimento penale; un
collegamento che è variato nel 1989, ma che non risulta assolutamente adeguato alla
legislazione antimafia. Quindi il primo problema è quello di regolamentare meglio le
varie procedure e soprattutto di evitare le interferenze che ci sono nel sistema di
prevenzione, quanto allespiazione delle misure di prevenzione, e nel processo
penale, quanto al problema della custodia cautelare prima e dellespiazione della
pena poi.
Un ulteriore problema procedimentale è
quello che afferisce al rischio della dispersione dei beni sottoposti a confisca. Noi
dobbiamo intervenire urgentemente a questo riguardo, prevedendo che la revoca della
confisca disposta in sede di appello ma questo discorso evidentemente vale anche
per il provvedimento interinale ed il sequestro non sia esecutiva se non fino a
quando questo provvedimento passa in cosa giudicata. Altrimenti il pericolo della
distrazione del bene che è già stato sottoposto a sequestro è elevatissima. Quanto alla
titolarità dellazione diretta a promuovere i provvedimenti ablativi di contenuto
patrimoniale, concordo pienamente sul fatto che la legittimazione debba spettare anche al
procuratore nazionale antimafia, e in questo senso cè già un disegno di legge
approvato dal Senato ed ora allesame della Camera.
Altro è il problema dei procuratori
distrettuali antimafia, perché a questo riguardo cè una situazione piuttosto
antinomica tra chi vuole rafforzare il ruolo e di chi vuole regolamentare la materia dando
più poteri al procuratore del capoluogo di provincia; in questo settore cè
addirittura una duplicazione di impegni soprattutto tra il pubblico ministero avente sede
nel capoluogo di provincia e quello presso il tribunale circondariale e che comunque è
titolare dellazione in materia di misure di prevenzione, cosa che sicuramente opera
uno scollamento prima investigativo e successivamente di sostegno dellaccusa davanti
al tribunale, sezione misure di prevenzione. Cè chi invece prevede la possibilità
dellistituzione di un tribunale distrettuale antimafia, sia pure limitato alle
misure di prevenzione, accentrando sulla figura del procuratore distrettuale tutta la
legittimazione a promuovere provvedimenti ablativi e misure di prevenzione personali.
Restando nellambito delle
difficoltà procedimentali, va sottolineata unaltra stortura, relativa alla fase
esecutiva dellassegnazione o della vendita dei beni confiscati. Sapete bene che
molti di questi beni vengono assegnati agli enti locali, ma possono anche essere venduti,
e diversi problemi si manifestano laddove la confisca riguardi soltanto una quota, spesso
indivisa, del bene sottoposto a tale misura. Il che crea problemi negli enti locali,
soprattutto quando i comuni interessati sono piccoli comuni ad altissima densità mafiosa;
ci sono piccoli centri in provincia di Palermo, ad esempio Corleone, dove sono stati
confiscati e assegnati beni immobili dove ora vive la moglie del mafioso, con evidente
imbarazzo da parte degli esponenti degli enti locali. Tali problemi potrebbero essere ben
risolti a livello legislativo o a livello ministeriale; e uno strumento normativo
ed è laspetto che in questo momento ci deve di più occupare potrebbe
essere, soprattutto nel caso in cui la confisca riguardi la quota di un bene indiviso, la
possibilità di istituire la confisca di valore, cioè prevedere nellordinamento la
possibilità di espropriare non la quota, sia essa divisa o indivisa, del bene
appartenente al mafioso, ma la quota per un corrispondente importo secondo il valore
stimato del bene sottoposto a sequestro.
Altri problemi però affliggono
lordinamento e gli operatori di giustizia, il primo dei quali è il problema dei
beni appartenenti in vita al mafioso deceduto. Oggi non cè la possibilità della
trasmissibilità del procedimento ablativo nei confronti dei beni del mafioso deceduto.
Occorre prevedere una norma che consenta di aggredire questi beni, e naturalmente
garantire non soltanto gli aventi causa, ma anche coloro che sono entrati a qualsiasi tipo
in contatto con il dante causa su quella che sarà la sorte definitiva di questi beni.
Altro problema riguarda i beni appartenenti ai collaboratori di giustizia, perché spesso
questi beni non sono assolutamente aggrediti, e quindi per alcuni la collaborazione
diventa, alla fine, una sorta di lasciapassare, di immunità perché spesso comporta la
mancata aggressione dei beni provenienti da attività illecite. La soluzione è semplice e
va individuata nella rivisitazione della normativa sui collaboratori di giustizia,
cercando di comparare la fase dellesecuzione di misure personali con la fase della
misura ablativa, ma va ricordato che la "madre" delle questioni in questa
materia è quella di sganciare la misura di prevenzione personale dalla misura ablativa di
natura reale.
È su questo che dobbiamo lavorare,
profondendo il massimo del nostro impegno, per cercare successivamente di integrare il
dettato dellarticolo 14 della legge n. 55 del 1990 e dellarticolo 12-sexies
della legge n. 356 del 1992 annoverando nelle definizioni stipulative inserite in
questi articoli, nellelenco dei reati presupposti, ulteriori fattispecie produttrici
di ricchezza illecita, le quali maggiormente oggi ripugnano alla coscienza collettiva. È
chiaro il riferimento alle grandi evasioni fiscali, ai proventi delle estorsioni e ai
fatti di corruzione. Nel suo intervento di ieri lo ha detto il signor Csonka e lo ha
recuperato la dottoressa Carla Del Ponte: bisogna sicuramente far rientrare nel novero di
questi reati le evasioni fiscali e i fatti di corruzione, anche se nellaccezione
della dottoressa Del Ponte tra le violazioni fiscali dovrebbero ricomprendersi soltanto
quei fatti rientranti nella fattispecie delle frodi fiscali.
Credo che questa sia veramente la via di
uscita; bisogna allargare il novero dei reati per dar luogo a nuovi processi ablativi.
Tali riforme si presentano come assolutamente urgenti. La mafia si adatta facilmente ai
nostri sistemi normativi, per cui dobbiamo adeguare i dettati in materia di legislazione
antimafia ai nuovi sistemi di riciclaggio, sia quelli che vengono indotti sui mercati
italiani da Cosa nostra e dalle altre mafie, sia quelli che vengono importati e
questo è un dato che non deve essere assolutamente sottaciuto dalle mafie estere. (Applausi).
BORGHEZIO Mario, deputato, componente della Commissione parlamentare antimafia. Non vorrei che, a fronte della tradizionale stortura della società politica italiana abituata a valutare e ad analizzare il fenomeno mafia dallesclusivo osservatorio centralista di Roma, si aggiungesse una stortura che sarebbe ancor più grave, cioè quella di analizzare il fenomeno del riciclaggio, in un paese in cui la quasi totalità o comunque la stragrande maggioranza delle attività finanziarie, economiche e produttive, sono collocate al Nord, da un punto di vista altrettanto sbagliato.
Quindi cercheremo di dare il nostro
apporto (come abbiamo sempre fatto anche quando abbiamo proposto allinizio di questa
legislatura una sede distaccata a Milano della Commissione antimafia, una sede operativa,
non alternativa e non per dividere ma per rafforzare e completare lunità
dellazione antimafia al Nord) con alcune considerazioni viste dal Nord. Siamo molto
preoccupati circa le dimensioni dellinfiltrazione mafiosa nellattività di
riciclaggio nei settori economico e finanziario, per lenorme effetto distorsivo a
cui andiamo assistendo nel mercato, causato dallimmissione di un flusso
incalcolabile di capitali mafiosi, che determina oggettivamente delle conseguenze visibili
ad occhio nudo nelleconomia delle nostre regioni.
Siamo convinti che questa situazione abbia
già prodotto dei danni forse irreversibili, perché sono danni arrecati alla libertà e
al libero funzionamento del mercato, che hanno come conseguenza lalterazione dei
termini della libera concorrenza, consentendo alle imprese di origine mafiosa o comunque
che si alimentano attraverso il flusso di capitali sporchi o peggio di origine
direttamente mafiosa, di assumere posizioni dominanti e causando la fuoriuscita dal
mercato di quelle imprese regolari ed oneste tipiche del tessuto economico e produttivo
della Padania. Lo abbiamo denunciato noi nellaudizione a Milano delle forze sociali,
ma ci è stato confermato da alcuni rappresentanti della Confcommercio, cioè
dellassociazione dei commercianti, i quali hanno fatto apertamente queste denunce,
che corrispondono a situazioni che noi constatiamo.
Lanalisi scientifica ed economica ha
ormai ben dimostrato che il riciclaggio necessita di mercati "opachi", in
particolare lazione dei bancari e degli intermediari bancari può dare come
è stato già detto dei vantaggi notevoli allazione di contrasto generale
alla penetrazione non solo economica ma anche criminale della mafia.
Tuttavia, bisogna denunciare (mi pare che
in questa sala qualche voce labbia fatto, ma io lo vorrei fare, se possibile, con
più forza) che i dati delle segnalazioni di fonte Banca dItalia e Consob,
evidenziati anche nelle recenti audizioni avanti alla Commissione antimafia, convergono
nello stesso risultato conclusivo. In apparenza vi è una grande molteplicità di
segnalazioni, ma quando si va ad analizzare questa congerie di dati si scopre, ad esempio,
disaggregandoli dal punto di vista territoriale e quindi per regione, che pochi provengono
dalle zone a tradizionale presenza mafiosa. Mi pare che il 18 per cento delle segnalazioni
bancarie provengano dalla Sicilia e pochissime conducono le autorità inquirenti a dei
risultati concreti. Quindi, bisognerà pur rivedere, magari confortati dal confronto con
la legislazione statunitense, il ruolo, le competenze e i poteri degli organi di
vigilanza, della Consob in particolare.
Vorrei poi sottolineare limportanza
dellanalisi e dellazione di contrasto che va condotta in ordine alla
pericolosità dellinfiltrazione mafiosa nel settore borsistico, posto che è stato
denunciato, sempre nel corso dellattività della Commissione parlamentare antimafia,
che una valutazione resa da esperti individua intorno al 30 per cento del flottante in
borsa i capitali comunque "caldi", anche se non necessariamente mafiosi.
Allora, mi pongo alcune domande. Per
quanto riguarda gli aumenti di capitale, non sarebbe necessario effettuare delle verifiche
approfondite sulla provenienza soprattutto estera degli investimenti molto consistenti che
si sono registrati in questi ultimi periodi e in occasione di importanti aumenti di
capitale? Per quanto riguarda le privatizzazioni, ad esempio quando si sottoscrive
dallestero un aumento di capitali, non mi pare che sullorigine di questi fondi
vengano avviate, in maniera sistematica, delle analisi ed effettuati dei controlli diretti
o indiretti. Di questo, abbiamo avuto la riprova in occasione dellinchiesta che ha
fatto emergere unenorme attività di acquisto di titoli di Stato a proposito dei
capitali tangentistici attraverso la Banca del Lussemburgo. Quando si comprano le azioni
dallestero, esse si possono fare intestare a terzi nella più totale sicurezza che
non compaia poi la titolarità di chi effettivamente ha provveduto ad erogare i fondi per
gli acquisti.
Cè di più. La nostra legge
come sappiamo tutti consente alle aziende di emettere certificati obbligazionari,
specie al portatore. Al riguardo, ho molto apprezzato la sottolineatura che è stata fatta
stamani in una relazione su questi capitali al portatore. A nostro avviso, nelle distinte
di acquisto dovrebbero necessariamente risultare i dati di chi compra, quale sia il conto
di provenienza dei fondi, su quale conto di gestione titoli sono depositate le azioni e
chi è il titolare del conto di gestione. Mi pare che tutto ciò non avvenga, neanche per
i certificati obbligazionari delle aziende.
Ecco a cosa sarebbe servita e a cosa
servirebbe la nostra proposta che qui rinnovo in presenza del nostro
autorevolissimo presidente, senatore Del Turco di un osservatorio permanente a
Milano, vicino alle sedi istituzionali competenti: non certo, lo ripeto, a dividere o ad
indebolire lazione di contrasto, ma a rafforzarla dal punto di vista tecnico a
Milano, dove vi sono anche istituzioni universitarie che di recente hanno fornito un
grandissimo contributo allo studio della materia. Dovrebbe essere un osservatorio
permanente su questi fenomeni e su questi problemi, che possa costituire lossatura
di un impegno più incisivo di tutti gli organismi istituzionali preposti al contrasto di
questi gravissimi fenomeni.
Mi sia consentita qualche ulteriore
battuta. Molto opportunamente abbiamo sentito parlare di off-shore domestici. Io
ritengo che si debba fare anche qualche nome. Uno dei nomi che mi viene immediatamente in
mente è quello dellIstituto opere di religione (IOR) che, se non vado errato, è
risultato essere crocevia (da Sindona a Calvi, alle tangenti Enimont, fino
allattualità delle rivelazioni di un collaboratore di giustizia) relativamente ad
operazioni di riciclaggio di denaro dubbio, se non addirittura di denaro mafioso. Ritengo
che le istituzioni non debbano nascondersi dietro un dito di fronte a queste realtà
quella sammarinese ed altre e quindi debbano porsi con priorità assoluta la
necessità di intervenire per monitorare i soggetti economici italiani che hanno o hanno
avuto rapporti in questi ultimi anni con tali istituti, per eliminare (cito lo specifico
caso dello IOR) questo varco aperto dalla legislazione concordataria nel nostro
ordinamento e riportarla alla grande tradizione cavouriana, che è quella della libera
Chiesa in libero Stato, e non del libero riciclaggio nel libero Stato. (Applausi).
Von KOPPE Herald, capo del MOT (Meldpunt Ongebrvikelijke Transaktranfactief Olanda). Torniamo allargomento con cui abbiamo iniziato questa mattina, e cioè leuro. Ci stiamo avvicinando rapidamente alladozione della moneta unica; infatti, allinizio dellanno prossimo cominceremo a misurarci con questo problema. Come ce ne occuperemo nei Paesi Bassi?
Verso la fine del 1996 ho svolto una
presentazione delleuro in unaltra conferenza, con riguardo alle opportunità e
ai rischi che esso reca con sé circa il riciclaggio di denaro. Nei Paesi Bassi ciò ha
portato alla creazione di un corpo ristretto, in cui operano forze di polizia, il MOT, il
procuratore nazionale, la Banca centrale, e alla predisposizione di una relazione che
abbiamo consegnato al Ministro delle finanze e al Ministro della giustizia. Non posso
dirvi molto su di essa perché è ancora riservata, ma ci sarà una discussione in
Parlamento proprio su questa relazione. Comunque, siamo riusciti ad identificare tutti i
punti deboli che dovremo affrontare nel nostro paese, e potete essere sicuri che anche voi
dovrete fare i conti con questi problemi. Vi darò qualche esempio. È stato stimato da un
gruppo speciale di esperti finanziari che le società al di fuori dellUnione
monetaria, ad esempio la Corea del Sud ed il Giappone, passeranno dal dollaro come valuta
principale alleuro, semplicemente perché in questo modo risparmiano, e risparmiano
perché non devono cambiare più.
Questo gruppo ha calcolato che almeno 500
miliardi di dollari saranno cambiati in euro; ad esempio, una grande società della Corea
del Sud, la Daewoo, ha calcolato che risparmierà fino a 25 milioni di dollari
allanno con questa operazione per il semplice fatto che non dovrà più cambiare
valuta. Supponiamo che l1 per cento di questa somma di 500 miliardi sia di
provenienza illecita; ormai conosciamo la tipologia di riciclaggio, per cui sappiamo che i
criminali di solito confondono i fondi leciti con quelli illeciti. Facciamo conto che
l1 per cento di questa somma provenga da attività criminali: abbiamo quindi 5
miliardi di dollari allanno che entrano nei nostri paesi come risultato di attività
criminale. Questo significa che ci sarà un periodo in cui molto denaro nero, illegale, ci
si presenterà, in forma nascosta naturalmente, e possiamo essere sicuri che questo denaro
sarà cambiato. Temiamo che questi fondi saranno spesi in modo frammentato, perché è
chiaro che per certe compagnie sarà necessario convertire questa moneta; e questo lo si
farà acquistandola. Per cui bisognerà fare in modo di frammentare, come si è detto
questa mattina a proposito dello smurfing, questi fondi, comprando proprietà,
unità immobiliari, senza che siano poste domande. Ecco che cosa succederà, per cui ci
sarà un passaggio dalla fase di collocamento del processo di riciclaggio alla fase di
spesa, di investimento.
Noi dovremmo usare le unità di
informazioni finanziarie in tutto il mondo per combattere questo problema; dobbiamo però
concentrarci anche sulle informazioni riguardanti la fase del collocamento e la fase di
investimento. Nel 2002, il nostro problema principale sarà costituito
dallinvestimento, perché si potrà spendere denaro in qualunque dei nostri paesi
senza problemi. Ecco perché la polizia e le altre agenzie che si occupano di informazioni
finanziarie devono trovare il modo di reperire tutte le informazioni necessarie.
Vorrei infine esprimere un parere
personale. Nellultimo anno e mezzo ho verificato che è rischioso parlare di fronte
ai politici. Io non ho nulla contro i politici, per carità, ma esiste un conflitto tra i
progetti a breve termine e quelli a lungo termine. Ciò significa che non dobbiamo fare
nulla che possa ostacolare il processo che va verso lUnione monetaria, ma noi che ci
occupiamo di informazioni finanziarie ci preoccupiamo di quello che avverrà dopo il 2002,
cioè quando leuro sarà una valuta ampiamente accettata e dovremo affrontare tutti
i nuovi problemi derivanti da questa integrazione. Quindi esistono i problemi a breve
termine, ma anche quelli a lungo termine. Questo è il mio messaggio; spero che venga
recepito dal Parlamento del mio paese e anche da voi: la questione relativa
allintroduzione delleuro non va mai sottovalutata. (Applausi).
VIGNA Piero Luigi, procuratore nazionale antimafia. Rivolgo anzitutto un ringraziamento per chi ha fatto riferimento allufficio che ho il piacere di dirigere in questo momento. Vorrei poi porre laccento su alcune questioni pratiche in maniera molto sintetica. Sicuramente è necessaria una revisione, e quindi un testo unico, delle misure di prevenzione, ma il grande problema che io vedo è il seguente. Quando lo Stato riesce a sequestrare e, a maggior ragione, a confiscare beni mafiosi, e soprattutto aziende, deve essere capace di dimostrare che queste, pur in mano allo Stato, sono produttive, che rendono, che sono economicamente valide; si potrà intervenire, penso, con sgravi di ordine fiscale. Ma questo è un obiettivo che dobbiamo raggiungere perché altrimenti lantimafia sarà vista come impoverimento delleconomia e come fonte di disoccupazione e perderemo quel consenso sociale che lantimafia stessa ha conquistato attraverso la destinazione dei beni a fini di utilità collettiva.
Secondo problema. La questione del
riciclaggio presenta due aspetti: platea di dati; indici di anomalia dei dati acquisiti
per poter andare a investigare se vi è riciclaggio o no. Per quanto riguarda il sistema
bancario, la cui risposta non è ancora sufficiente, abbiamo sia la base-dati, sia gli
indici di anomalia. Quanto ai trasferimenti dei beni immobili e degli esercizi
commerciali, secondo il dettato della legge n. 310 del 1993, le basi-dati sono ancora
da perfezionare. Il mio ufficio si è fatto promotore di un rapporto tra lordine dei
notai ed il Ministero dellinterno affinché questi dati vengano forniti già in modo
informatico. Quindi, questa base-dati relativa ai trasferimenti degli immobili e degli
esercizi commerciali cè, ma bisogna trovare gli indici di anomalia, altrimenti
questo ammasso di dati serve non per dare vita a indagini, ma, caso mai, come avveniva
prima del 1991 per il sistema creditizio, per il riscontro a posteriori in base ad
una indagine iniziata in altro modo. Tuttavia vi è un settore, che attualmente si
dimostra come quello preferito per il riciclaggio (intromissione in attività di acquisto
di beni e di gestione di servizi) dove ci mancano sia la base-dati, sia gli indici di
anomalia.
Volendo fare un passo oltre, e ne ho
ritrovato un accenno in alcuni interventi, tra cui quello dellonorevole Folena, oggi
il riciclaggio (ed anche il reinvestimento), proprio perché collocato tra i delitti
contro il patrimonio, è punito solo se è fatto da persona diversa da chi ha commesso il
delitto dal quale i beni provengono. Questo penalizza molto lindagine sul
riciclaggio. Se ci muoveremo nellottica di tutelare lordine pubblico
economico, quindi qualcosa di diverso dal patrimonio del singolo, potremo prevedere la
punizione per chiunque immette nel mercato perché questo è il bene da proteggere
proventi, utilità o beni che derivano dallillecito. Questo però comporta lo
spostamento e mi pare che su questo ci sia consenso delloggettività
giuridica del delitto.
Pienamente daccordo che si debba
giungere ad una separazione fra la misura patrimoniale che aggredisce il bene e quella
personale della sorveglianza speciale. Ha detto bene in un convegno il presidente
Violante: delle persone si interessi il diritto penale, dei beni si interessi il diritto
delle misure di prevenzione patrimoniale. Perché il pericolo sta nei beni, non tanto nel
soggetto. (Applausi).