Giovedì, 9 luglio 1998
I lavori hanno inizio alle ore 9,50.
PRESIDENTE. Ringrazio coloro che hanno accettato il nostro invito a riflettere in questi due giorni sul primo dei temi che la Commissione parlamentare antimafia ha scelto come oggetto di approfondimento della propria attività programmatica: quello del riciclaggio.
Come già sapete il Convegno è stato
organizzato e si svolge con lottima collaborazione della Guardia di finanza, ed è
il primo di tre convegni che la nostra Commissione ha deciso di organizzare da qui alla
fine dellanno o forse allinizio dellanno prossimo.
Lodierno Convegno lo ripeto
ha per tema la questione del riciclaggio, mentre il secondo, che dovrebbe svolgersi
nella prima parte dellautunno, avrà per tema il controllo del territorio e la
Commissione parlamentare antimafia lo organizzerà con la collaborazione attiva
dellArma dei carabinieri con una particolare attenzione al tema della criminalità
organizzata nelle grandi aree metropolitane. Il terzo convegno, che pensiamo di
organizzare per la fine dellanno o linizio del prossimo, vedrà la
collaborazione della Polizia di Stato, ed avrà come tema le nuove mafie.
Lobiettivo fondamentale
dellodierno appuntamento è di mettere insieme le organizzazioni di contrasto degli
otto paesi che danno vita alla Conferenza degli 8 Grandi perché vogliamo mettere a
disposizione dei Capi di Stato che si riuniscono annualmente materiale per una riflessione
più puntuale sul tema della lotta alla criminalità organizzata, giacché come sapete
tale questione è diventata nel corso degli anni uno degli argomenti fondamentali dei
colloqui degli otto Capi di Stato che si riuniscono di volta in volta nei singoli paesi.
Questo è il trittico dei convegni che
organizzerà la Commissione parlamentare antimafia; abbiamo pensato e assunto tale
indirizzo allunanimità, come sempre è capitato in questo anno e mezzo di
attività, giacché consideriamo questa serie di temi riciclaggio, controllo del
territorio e attenzione ai nuovi fenomeni criminali che provengono da altre aree del mondo
come fondamentali nellazione della Commissione parlamentare antimafia, la
quale continua a svolgere il suo lavoro di indagine sul territorio nazionale come
abbiamo fatto fino ad oggi e contemporaneamente cerca di aggiornare lanalisi
del Parlamento attorno ai fenomeni criminali attraverso iniziative di questa natura.
Voi avete il programma dei lavori e sapete
qual è il livello di partecipazione a questo Convegno, laltissimo livello di
rappresentatività degli ospiti stranieri che hanno accettato il nostro invito e che ci
daranno il loro contributo per sviluppare il tema in esame.
Penso di poter concludere qui questo breve
discorso introduttivo, lasciando la presidenza effettiva allonorevole Nichi Vendola,
vice presidente della Commissione parlamentare antimafia, che dirigerà la prima parte del
dibattito di questa mattina.
PRESIDENTE. Nel rivolgere un saluto a tutti i presenti, do la parola allonorevole Nicolò Cristaldi, presidente dellAssemblea regionale siciliana.
CRISTALDI Nicolò, presidente dellAssemblea regionale siciliana. Onorevole presidente Del Turco, onorevole Vendola, signor Comandante generale della Guardia di finanza, autorità militari e civili, vi porto il saluto dellAssemblea regionale siciliana per questo importante appuntamento. Palazzo dei Normanni è onorato di ospitare un incontro di questo livello. Prima di raggiungere la Sala Duca di Montalto, dicevamo che qualche anno fa un appuntamento di questa natura sarebbe passato inosservato a Palermo; un appuntamento di questo livello sarebbe stato giudicato dalla gente come un involucro pieno di parole dopo il quale vi sarebbe stato solo qualche articolo di giornale per occupare per qualche ora la memoria di alcuni addetti ai lavori. Oggi Palermo e la Sicilia sono unaltra cosa: cè una società in trasformazione ed un incontro di questo livello non è soltanto un incontro tra addetti ai lavori.
Discuterete per due giorni di uno dei
temi più importanti legati alla lotta contro la criminalità organizzata e il risultato
dei vostri lavori costituirà unaltra pietra che si aggiungerà alla costruzione
delledificio positivo della nuova Sicilia. Loccasione è utile al Parlamento
siciliano che ritiene che questo incontro è stato organizzato a Palazzo dei Normanni non
soltanto perché è una sede straordinaria dal punto di vista architettonico; credo che
organizzare un Convegno di questo livello a Palazzo dei Normanni sia anche doveroso sul
piano delle collaborazioni istituzionali che devono aprirsi nel momento in cui si
discutono materie così complesse e così travolgenti nel cambiamento della società
civile.
Onorevole presidente Del Turco, la Sicilia
ha fatto molta strada in questi anni. Qualche mese prima dellassassinio di Giovanni
Falcone, intervenendo ad un convegno a Siracusa e facendo riferimento a qualche articolo
giornalistico che diceva che lo Stato si era arreso alla mafia, Paolo Borsellino ebbe a
dire che lo Stato non può essersi arreso alla mafia per la semplice ragione che non ha
mai combattuto contro la mafia: ci si arrende soltanto dopo aver combattuto. Credo che se
Paolo Borsellino potesse parlare oggi non direbbe le stesse cose, perché naturalmente nel
frattempo tutti hanno lavorato, dalla politica ad ogni forma istituzionale, per il
cambiamento della società. Credo che questo sia già un grande risultato.
Ecco allora le ragioni per le quali, in
qualità di Presidente dellAssemblea regionale siciliana, desidero non soltanto
salutarvi per aver scelto fisicamente Palazzo dei Normanni ma anche perché simbolicamente
è giusto che uno tra i più antichi Parlamenti del mondo accolga con tutta la sua
autorevolezza un Convegno su un tema così importante. Grazie a tutti e buon lavoro. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Cristaldi e senza ulteriori indugi entriamo nel vivo dei lavori del nostro Convegno.
Do la parola al professor Bruno Bianchi, direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca dItalia, il quale svolgerà una relazione sul tema "Vigilanza sugli intermediari finanziari e contrasto al riciclaggio".
BIANCHI Bruno, direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca dItalia. Desidero anzitutto rivolgere un vivo ringraziamento al presidente della Commissione parlamentare antimafia, senatore Del Turco, per linvito a partecipare allincontro odierno, su un tema di grande attualità come quello della lotta al riciclaggio dei capitali di provenienza illecita.
Lazione di contrasto al
riciclaggio è un elemento strategico nellesercizio della vigilanza sugli
intermediari e sui mercati finanziari. Essa, in una visione di ampio respiro, è uno
strumento di tutela dellordine economico e riguarda non solo la funzione di
vigilanza, ma anche la politica del credito. Infatti, uno sviluppo economico equilibrato e
duraturo del paese richiede un sistema finanziario composto da imprese che operano in modo
corretto, trasparente ed efficiente. Lazione di operatori criminali, in grado di
manovrare ingenti capitali di provenienza illecita, costituisce una minaccia per il
sistema creditizio e per il mercato finanziario, distorce il gioco della concorrenza,
determina gravi inefficienze allocative e gestionali ed aumenta il rischio di crisi.
Lapertura delle economie nazionali,
lintegrazione dei mercati e lo sviluppo dellattività bancaria internazionale
hanno reso più difficile la lotta al riciclaggio e richiesto un aumento della
cooperazione fra le autorità nazionali di vigilanza.
Il diffondersi dei conglomerati
finanziari, costituiti da società operanti in segmenti di mercato differenti, rende
complessa lindividuazione delle relazioni intragruppo e meno agevole la
ricostruzione della loro operatività.
Lestesa applicazione della
telematica nelle transazioni finanziarie e la diffusione delluso della moneta
elettronica possono essere di ostacolo allanalisi delle operazioni, in special modo
quando sono effettuate da soggetti non sottoposti a vigilanza oppure localizzati in paesi
dotati di una legislazione antiriciclaggio inadeguata.
Questi fattori, singolarmente e nel loro
complesso, possono indebolire il sistema dei controlli tradizionali e rendono necessario
un costante adeguamento delle tecniche di analisi e delle modalità di controllo.
Il prevalere dei principi
delleconomia di mercato e della concorrenza ha reso necessario orientare il sistema
di vigilanza bancario verso luso di regole generali e di coefficienti di bilancio
che non ledono lautonomia imprenditoriale del banchiere; infatti, lazione di
supervisione si rivolge non a singoli fatti di gestione, come avveniva in passato, ma alla
valutazione del complessivo andamento dellimpresa bancaria.
Tuttavia, unanalisi meramente
quantitativa non è sufficiente a neutralizzare i rischi di fragilità finanziaria
dellintermediario. Accanto ai rischi quantificabili che devono essere misurati e
fronteggiati da adeguate risorse patrimoniali, cresce limportanza degli aspetti
qualitativi della gestione e la possibilità, in un contesto di spiccata autonomia, di
comportamenti infedeli o fraudolenti. Diviene fondamentale, pertanto, per la Banca
dItalia mantenere un dialogo continuo con i soggetti sottoposti alla sua vigilanza,
nel quale la fiducia e la riservatezza sono funzionali alla significatività ed
allefficienza dellazione di monitoraggio.
La maggiore complessità dei sistemi
finanziari accresce le possibilità di penetrazione criminale. Questa può avvenire
mediante lacquisizione da parte delle organizzazioni criminali di uninfluenza
diretta sulla gestione dellazienda bancaria. Più esposti a tale rischio sono gli
intermediari di piccole dimensioni, collocati in contesti ambientali economicamente
arretrati e caratterizzati da un minor grado di competitività e di trasparenza; questi
costituiscono in qualche modo un terreno fertile per lo sviluppo di attività illecite.
Lasservimento di un intermediario è
potenzialmente più agevole in presenza di un eccessivo accentramento dei poteri di
gestione allinterno di unazienda; lassenza di dialettica comporta
laffievolimento dellefficacia dei controlli interni, che possono assumere
caratteristiche meramente formali.
Le organizzazioni criminali necessitano
peraltro, per riciclare le disponibilità rivenienti dalle proprie attività, di operare
su mercati adeguatamente sviluppati. Gli ingenti flussi di denaro che affluiscono su tali
mercati e la dimensione internazionale delle transazioni creano un elevato grado di
mimetismo di queste operazioni. Linfiltrazione criminale nel sistema finanziario, in
questo caso, può avvenire attraverso il coinvolgimento inconsapevole
dellintermediario bancario. Linserimento in uno degli snodi
delloperazione di riciclaggio di un intermediario, specie se conosciuto sul mercato
per la sua affidabilità ed integrità, può far conto sullabbassamento della soglia
di attenzione, naturale in un ambiente sano, e permette di meglio raggiungere gli scopi
criminali.
Il testo unico delle leggi bancarie
individua le finalità dei poteri della Banca dItalia nella sana e prudente gestione
degli intermediari vigilati, nella stabilità, nel buon andamento e nella competitività
del sistema finanziario nel suo complesso. Tali finalità per loro natura sono
incompatibili con il coinvolgimento, anche inconsapevole, di un intermediario in
operazioni di riciclaggio. Una gestione bancaria sana e prudente significa, da un lato,
ricerca dellefficienza e della redditività ed estraneità a interessi impropri,
dallaltro, rispetto dei canoni di avversione al rischio tipici dellattività
bancaria.
I fini dellazione di vigilanza
mettono in luce il contributo che la Banca dItalia può fornire nel quotidiano
esercizio delle proprie funzioni per prevenire il coinvolgimento del sistema finanziario
in attività criminali. Innanzi tutto, i controlli sullaccesso al mercato e la
verifica delle caratteristiche dei requisiti di professionalità e di onorabilità degli
amministratori delle banche; in secondo luogo, la verifica della qualità degli assetti
proprietari delle banche e in particolare gli azionisti delle banche; in terzo luogo, la
tutela della concorrenza nel settore creditizio. Tutti questi fattori concorrono a
prevenire, a scoraggiare e a far emergere eventuali strumentalizzazioni degli intermediari
per finalità illecite.
Laccentuazione dei profili di
autonomia dellazienda bancaria nel nuovo quadro legislativo si accompagna
evidentemente allassunzione di maggiori responsabilità da parte degli
amministratori della banca. Lattenzione del legislatore e delle autorità di
vigilanza si è spostata verso ladeguatezza delle strutture di governo societario,
che devono essere atte a garantire unamministrazione corretta nellinteresse
dei risparmiatori e degli investitori. In questo schema di autonomia ne risultano
valorizzati i profili dei controlli interni degli intermediari: un efficace sistema di
controlli interni previene le deviazioni dalle regole della sana e prudente gestione,
rappresenta un valido strumento di difesa dalle aggressioni criminali al tessuto
connettivo dellimpresa e garantisce la corretta applicazione delle regole sulla
circolazione del denaro.
Accanto agli strumenti propri della
vigilanza sul sistema creditizio e finanziario, ulteriori possibilità di intervento sono
attribuite alla Banca dItalia, che agisce in questo ambito dintensa con
lUfficio italiano dei cambi (UIC), dalla normativa antiriciclaggio. Questa
disciplina pone limitazioni, come è noto, alluso del contante e degli altri mezzi
di pagamento anonimi, vieta che i pagamenti siano effettuati da intermediari non
abilitati, prevede regole di identificazione della clientela nonché di registrazione dei
relativi dati in appositi archivi informatici, stabilisce un obbligo di segnalazione
allUIC, in caso di fondato e ragionevole sospetto circa la provenienza illecita del
denaro o di altri beni oggetto di operazioni finanziarie. Agli operatori si richiede una
collaborazione di intensità crescente nella prevenzione dellutilizzo illecito degli
intermediari e del sistema dei pagamenti. La Banca dItalia, allo scopo di facilitare
i compiti di collaborazione attiva delle banche e dei vari intermediari finanziari, ha
emanato le "Indicazioni operative per le segnalazioni di operazioni sospette",
conosciute con il termine di "decalogo", che offrono elementi per valutare i
profili di anomalia delle operazioni finanziarie, e sono basate sul principio fondamentale
di conoscere le controparti con le quali si opera.
Il decreto legislativo n. 153 del
1997, di riforma della disciplina antiriciclaggio, ha affidato allUIC il compito di
accentrare e verificare le segnalazioni di operazioni sospette. La Banca dItalia in
questo contesto collabora alla fase di approfondimento dellanalisi delle
segnalazioni; si incrementa così la significatività dellinformazione trasmessa
che, arricchita di altre notizie disponibili presso le autorità di vigilanza, può fare
ingresso nellarea delle indagini penali in modo più intelligibile ed efficace. Le
ispezioni di vigilanza della Banca dItalia sono volte in tale materia a verificare
ladeguatezza degli assetti organizzativi, mediante il sondaggio di campioni
significativi di attività operativa.
Le autorità creditizie hanno
tradizionalmente posto i meccanismi di prevenzione al centro della strategia
antiriciclaggio; è qui che lazione amministrativa può giocare un ruolo specifico e
importante. Peraltro è evidente che la prevenzione non esaurisce la gamma degli strumenti
di lotta. Essa deve essere accompagnata da unefficace azione di repressione dei
comportamenti fraudolenti. Il contributo della Banca dItalia si estende anche a tale
versante: essa garantisce il supporto tecnico necessario per lanalisi finanziaria
nel corso dei procedimenti penali di particolare rilevanza; sono costantemente alimentati
flussi informativi con le forze di polizia e la magistratura. La legge espressamente
prevede che, anche nel corso di unindagine penale e in deroga al segreto
istruttorio, il Governatore della Banca dItalia sia informato dal giudice quando vi
sia motivo di ritenere che fatti di riciclaggio siano avvenuti attraverso il
coinvolgimento di intermediari bancari. Di particolare rilievo sono poi gli accordi
raggiunti con la Direzione nazionale antimafia, in forza dei quali è stato attivato un
agile meccanismo di scambio di informazioni utili per il perseguimento delle rispettive
finalità istituzionali.
Nellesercizio della funzione di
vigilanza possono riscontrarsi talora anomalie gestionali di rilievo penale.
Lintermediario che opera in modo illecito immette, per ostacolare la ricostruzione
della propria reale operatività, dati inattendibili nei circuiti informativi che lo
legano alle autorità. Tuttavia, un flusso continuo di dati non fedeli può far emergere
aspetti di incoerenza e alla lunga determinare una situazione insostenibile per
lintermediario "deviante"; la complessiva attività di vigilanza, in
particolare lispezione in loco, può portare allaccertamento della
falsità.
Allazione dei pubblici poteri si
affianca il contributo della comunità finanziaria. Gli intermediari assumono una
posizione privilegiata, che può fornire un contributo di rilievo nel contrastare il
riciclaggio, soprattutto attraverso le segnalazioni di operazioni sospette, che ho
pocanzi ricordato. Nel disegno del legislatore, il tentativo di far affluire nel
circuito finanziario legale capitali di provenienza illecita dovrebbe mettere in allarme
le terminazioni nervose del sistema, generando in esso una pronta reazione. Ma perché il
meccanismo possa funzionare è necessaria una convinta adesione degli intermediari allo
spirito delle norme antiriciclaggio, prima ancora che alle regole formali di dettaglio. La
scelta di affidare agli operatori un ruolo attivo pone delicate questioni al legislatore e
alle autorità di vigilanza. Aver inizialmente considerato le disposizioni antiriciclaggio
quali costi estranei alle finalità dellimpresa, unitamente alle innegabili carenze
dellimpianto normativo originario, può aver ritardato il recepimento da parte degli
intermediari dei valori che sorreggono tale disciplina. Dietro queste difficoltà iniziali
si celava una tensione tra lotta al riciclaggio e regole imprenditoriali, quasi che il
perseguimento delluna fosse di ostacolo al rispetto delle altre. Invero, il rispetto
della normativa antiriciclaggio è coerente con il perseguimento del fine di profitto; non
snatura certamente le regole dellimpresa. Queste si sono affermate nel settore
bancario dopo un lungo e faticoso cammino; si tratta di una conquista da difendere, contro
le tendenze talvolta emergenti ad una funzionalizzazione dellattività creditizia
per finalità ad essa estranee.
Gli interventi di modifica a cui è stata
sottoposta la pur giovane disciplina antiriciclaggio riflettono un processo di
assestamento ancora in corso; sono spesso orientati a tutelare esigenze tecnico-operative
degli intermediari. Credo che la sensibilità che il legislatore dimostra adeguando
lambiente normativo alle esigenze degli operatori conferma che le norme
antiriciclaggio non intendono porsi come una sovrastruttura che intralcia la speditezza
delle transazioni. Le limitazioni alla circolazione del contante, le norme sulla
registrazione delle operazioni, lobbligo di segnalazione delle operazioni sospette,
costituiscono un ulteriore, importante capitolo della disciplina
dellintermediazione, che completa lo statuto normativo del mercato finanziario. Il
filo che rafforza la trama dellazione di contrasto ai fenomeni criminali nel settore
finanziario può essere individuato nel riconoscimento del valore etico di comportamenti
professionali corretti; si ricompongono, così, interessi non immediatamente percepibili
come convergenti, quali, appunto, la lotta al riciclaggio e la logica dimpresa.
Su un piano generale, le imprese mostrano
una sensibilità particolare al tema della reputazione e delle fiducia che lega
limpresa stessa al suo mondo e alla sua clientela. Le imprese sono disposte ad
affrontare costi ingenti per riparare ai possibili danni di immagine derivanti dal lancio
sul mercato di un prodotto difettoso, confermando, in tal modo, il rilievo economico della
reputazione e del rapporto di fiducia con la clientela. In questa logica, i costi che la
disciplina impone si configurano come ordinari oneri desercizio dellimpresa.
Ladesione a modelli etici di comportamento finisce con lacquisire rilievo
certamente anche economico; illumina le connessioni tra la dimensione sociale del
contrasto al riciclaggio e la logica dimpresa; arricchisce di principi lagire
nella finanza; ricompone, in sintesi, in un quadro coerente e razionale le direttrici di
sviluppo della normativa finanziaria. Lintegrità dei mercati è stata di recente
recepita, a livello normativo, tra gli obiettivi verso i quali deve tendere il
comportamento degli intermediari nellesercizio dei servizi di investimento (articolo
21 del decreto legislativo n. 58 del 1998). Si tratta di unacquisizione ancora
parziale, riferita ad un particolare settore, ma laffermazione conserva tutta la sua
rilevanza; mostra il cammino che la normativa del mercato finanziario ha intrapreso,
rendendo possibili ulteriori prese di posizione da parte del legislatore.
Passo ora a darvi qualche elemento di
valutazione prospettica. Il diffondersi della consapevolezza delle ragioni, soprattutto
economiche, della lotta al riciclaggio non significa che gli obiettivi fissati dalla
disciplina del settore siano stati pienamente raggiunti. Il quadro normativo, credo,
richiede ulteriori interventi di razionalizzazione. Il decreto legislativo n. 153 del
1997, nel prevedere uno stretto coordinamento tra lazione amministrativa di
vigilanza e le indagini penali, costituisce un solido fondamento per unefficace
azione di contrasto. Permangono talune carenze, riconducibili alla frammentarietà degli
interventi succedutisi nel tempo. Appare imprescindibile il consolidamento di queste
disposizioni di settore in un corpus. Il testo unico delle disposizioni di settore
dovrà collocarsi in modo coerente al fianco dei testi unici bancario e della finanza,
contribuendo a costruire unorganica disciplina dellintermediazione creditizia
e finanziaria.
Anche sul piano dellazione di
vigilanza occorre una continua opera di adeguamento alle nuove realtà. La forte
interdipendenza tra i mercati impone, in particolare, un potenziamento dei già stretti
rapporti di collaborazione tra le autorità di controllo a livello nazionale e
internazionale, e particolare attenzione richiedono le relazioni con gli intermediari
provenienti da paesi non appartenenti allUnione europea, talvolta dotati di una
legislazione bancaria e antiriciclaggio inadeguata. La Banca dItalia è fermamente
impegnata nel verificare il rispetto delle disposizioni antiriciclaggio, in particolare
attraverso lo strumento ispettivo. Laccertamento delladeguatezza degli assetti
organizzativi permette di cogliere il grado di adesione dellintermediario
allapproccio "collaborativo". È in corso la messa a punto di un
aggiornamento delle "Indicazioni operative per la segnalazione di operazioni
sospette", il cosiddetto "decalogo", che terrà conto dellevoluzione
del mercato finanziario, delle novità introdotte dal decreto legislativo n. 153 del
1997, nonché dellesperienza in materia di lotta al riciclaggio.
Mi avvio ora a concludere queste mie brevi
valutazioni. Nel campo dellantiriciclaggio agiscono forze che non sempre muovono
nella stessa direzione. La velocità raggiunta dagli scambi, la competizione tra
ordinamenti, la dimensione privatistica dellattività di intermediazione e le
esigenze dellindagine penale sono espressione di interessi e valori che possono
essere tutti pienamente coerenti e tutelati allo stesso momento. Si accentua la necessità
di trovare un equilibrio dinamico tra gli interessi generali in gioco. La disciplina
antiriciclaggio può essere paragonata ad un metal detector: deve essere sensibile
nellindividuazione di soggetti malintenzionati, ma flessibile e rapida in modo da
evitare inutili ritardi a chi non è animato da fini criminali. Nella misura in cui
lordinamento sarà in grado di adottare soluzioni equilibrate ed efficaci si
compirà un ulteriore passo verso un mercato nel quale i tentativi di infiltrazione
criminale siano isolati e respinti dagli stessi intermediari: e ciò non tanto per il
timore di sanzioni, ma perché lagire in conformità ai principi etici è una scelta
economicamente razionale. (Applausi)
PRESIDENTE. Grazie, professor Bianchi. Le relazioni che ascolteremo saranno messe a disposizione di quanti ne sono interessati, ed in seguito il resoconto completo degli atti del convegno sarà raccolto in un volume.
Do ora la parola al dottor Pier Antonio Ciampicali, direttore dellUfficio italiano dei cambi, che svolgerà una relazione sul tema: "Lattuazione del decreto legislativo n. 153 del 1997: la nuova organizzazione dellUfficio italiano dei cambi".
CIAMPICALI Pier Antonio, direttore dellUfficio italiano dei cambi. Grazie, presidente Vendola, e grazie alla Commissione antimafia e al suo presidente, senatore Del Turco, per questa iniziativa che ritengo di particolare valore e di grande utilità per lo sviluppo della lotta e degli approfondimenti in materia di contrasto al riciclaggio. Complimenti anche per lorganizzazione di questo convegno, che vanno estesi alla Guardia di finanza e alla Regione Siciliana.
Il mio intervento sarà molto breve e
circostanziato. Esso si baserà sulle innovazioni introdotte dal decreto legislativo
n. 153 del 1997 in materia di contrasto antiriciclaggio, con riferimento ai compiti
che questo decreto ha affidato allUfficio italiano dei cambi (UIC). Cercherò di
analizzare molto rapidamente ciò che è stato fatto, ciò che resta da fare, quali sono i
problemi ancora in piedi e sui quali occorre intervenire. La logica del decreto
legislativo n. 153 credo sia nota a tutti; è una logica che ha dato
unimpostazione operativa, distinguendo la componente dellanalisi finanziaria
dalla componente investigativa. Questo nel convincimento che il riciclaggio è innanzi
tutto un problema finanziario; pertanto con un approccio che si rifà ad una componente di
analisi finanziaria è possibile avere dei punti di attacco innovativi rispetto a quelli
che sono stati finora applicati, che sono connessi essenzialmente alla metodologia di
indagine di tipo investigativo della magistratura e delle forze di polizia. Solo in questo
modo si giustifica laffidamento di compiti ad una struttura specializzata dal punto
di vista finanziario come lUIC, che altrimenti non avrebbe ovviamente né i mezzi
né la competenza per essere un competitore lo dico in questi termini sportivi
della magistratura specializzata e delle forze di polizia.
Quindi, la logica è di trovare
nellapproccio finanziario delle vie di accesso alla scoperta di forme di riciclaggio
che le modalità di indagine investigativa finora applicate non sono state idonee a far
emergere. È unanalisi complessa perché, quando si tratta di riciclaggio
latto criminale presupposto è già arrivato a compimento ed ha realizzato il suo
obiettivo, quello del profitto. Pertanto, una struttura che è stata capace di portare a
compimento un atto criminale complesso e ha realizzato il relativo profitto è sicuramente
capace anche di manovrare dal punto di vista finanziario in maniera tale da nascondere gli
elementi di conoscenza degli autori dellatto criminale stesso.
In questo contesto allUIC sono stati
affidati dal decreto legislativo n. 153 del 1997 dei compiti molto precisi, che io
illustrerò molto rapidamente indicando come ho detto allinizio quali
sono state le cose fatte e quali problemi sono ancora in piedi.
Per quanto riguarda le cose fatte, dal
punto di vista della normativa concernente il trasferimento allUIC delle
segnalazioni delle operazioni sospette rilevate dagli intermediari finanziari abilitati,
il provvedimento ha affidato allUfficio il compito di emanare istruzioni applicative
sullutilizzo delle procedure informatiche e telematiche per la trasmissione delle
segnalazioni; questo è stato avviato e sta funzionando bene. Il sistema informatizzato
infatti è in grado di dare in tempo reale una specifica della morfologia delle operazioni
segnalate e dello stadio di avanzamento dellanalisi delle operazioni medesime.
LUIC deve poi effettuare i necessari
approfondimenti su tali segnalazioni, prima di trasmetterle alle autorità investigative.
Anche in questo caso è stato avviato un sistema molto accurato di approfondimento delle
segnalazioni; cè una struttura, appositamente organizzata allinterno
dellUIC, che realizza in maniera efficiente e continua questo processo dal momento
dellarrivo della segnalazione dallintermediario finanziario fino alla
trasmissione allautorità investigativa, che come è noto è
costituita dalla DIA e dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.
Il decreto legislativo specifica inoltre
che lUfficio può avvalersi, per gli approfondimenti relativi a queste segnalazioni,
dei dati contenuti nellanagrafe dei conti e dei depositi di cui allarticolo
20, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 413; questo non è ancora avvenuto
perché tale anagrafe non è stata ancora costituita.
Il decreto legislativo n. 153 del
1997 inquadra altresì in maniera più corretta e completa il ruolo di questa anagrafe,
spostandolo da quello prevalente di tipo tributario, che aveva nella sua configurazione
originaria, ad un aspetto più specificamente connesso alla problematica
dellantiriciclaggio; quindi la collocazione logica di questa anagrafe è definita,
ma manca ancora lattuazione pratica.
LUfficio poi continua a
specificare il decreto può acquisire ulteriori dati e informazioni presso i
soggetti di cui allarticolo 4, cioè presso gli intermediari abilitati in ordine
alle segnalazioni trasmesse.
Laltro compito attribuito
allUfficio, quello di utilizzare i risultati delle analisi effettuate ai sensi
dellarticolo 5, comma 10, della legge n. 197 del 1991, è uno dei punti di
maggiore interesse per quanto concerne gli approfondimenti futuri in questa materia.
Larticolo 5, comma 10, prevede infatti che lUIC possa effettuare delle analisi
statistiche mirate ad identificare anomalie di tipo statistico che si verifichino
nellambito delle operazioni che a norma di legge sono inserite negli archivi unici
informatici degli intermediari finanziari abilitati. Lintegrazione tra questo tipo
di analisi e la segnalazione delle operazioni sospette è la via che, ad avviso
dellUIC, può portare ai risultati più significativi. Come abbiamo sentito anche
dallintervento del dottor Bianchi, la logica del coinvolgimento
dellintermediario abilitato, nel responsabilizzarsi al momento della rilevazione di
anomalie di operazioni compiute presso di esso, presenta dei punti di difficoltà che sono
connessi sia alla conoscenza, sia al fatto che soggetti operativi noti possono
allimprovviso passare sotto il controllo di organizzazioni criminali e quindi
rimanere nascosti nei confronti dellintermediario abilitato. Sotto questo aspetto
riteniamo essenziale uno strumento idoneo ad individuare segnali di anomalia che prescinda
dalla conoscenza del soggetto.
Lo strumento statistico basato su una
modalità di indagine informatica di tipo probabilistico, particolarmente complessa e
sofisticata dal punto di vista tecnico, costituisce la speranza maggiore, a nostro avviso,
per il futuro. Per il funzionamento dei sistemi di analisi basati su grandi masse di dati
è necessario avvalersi di una serie storica di una certa consistenza, che si è formata
nel tempo (sostanzialmente a partire dal 1994, quindi disponiamo di oltre tre anni interi
di informazione). È una base dati di grande importanza perché ogni anno si arricchisce
di informazioni relative a quasi 400 milioni di operazioni superiori a 20 milioni di lire,
che sono compiute presso gli intermediari abilitati e che sono automaticamente
immagazzinate nellarchivio unico informatico dellintermediario e poi trasmesse
in forma aggregata allUIC.
Cè la possibilità, dal punto di
vista statistico, matematico, probabilistico, di rilevare alterazioni nei flussi e nei
comportamenti degli intermediari e di certi soggetti identificabili per categorie, in modo
da poter arrivare ad un approfondimento mirato che consenta di verificare poi, con la
conoscenza dellintermediario, la realtà delloperazione compiuta.
Naturalmente, in questo caso bisogna concentrare le analisi nei settori che sono più a
rischio.
In questo momento lattenzione
dellUIC è indirizzata verso le operazioni compiute nei confronti dei paesi
cosiddetti off-shore, dove le norme fiscali, contabili e di vigilanza sono
particolarmente permissive. Quindi, oltre ad attrarre soggetti che operando correttamente
nellottica degli obiettivi aziendali, cercano di risparmiare sui costi avvalendosi
dei vantaggi di questi centri, tali paesi attirano anche coloro che hanno interesse a
nascondere lorigine di flussi di denaro e ad inserirli nel circuito bancario legale,
nella maniera più soft possibile, meno suscettibile di attrarre lattenzione.
Dellanalisi delle operazioni
sospette parlerà nel pomeriggio il capo del servizio antiriciclaggio dellUIC,
dottor Righetti; non mi soffermerò quindi su di esse. Voglio soltanto sottolineare,
tuttavia, che si sta avviando in questa fase di analisi innanzi tutto una collaborazione
molto positiva sia con gli altri enti preposti alla vigilanza sugli intermediari
finanziari (in primo luogo la Banca dItalia, lIsvap e la Consob) sia per
quanto concerne le modalità di trasmissione delle informazioni agli enti preposti
allanalisi e allapprofondimento investigativo.
Ci sono degli aspetti che possono essere
ancora meglio definiti, in particolare quelli relativi ai rapporti tra magistratura e UIC
per quanto concerne il segreto previsto dalla legge sulla gestione delle operazioni
sospette, segreto che per la sua parte lUfficio sta proteggendo nella maniera più
rigorosa possibile; infatti, sono stati realizzati dei software che prevedono delle
forme di crittografia, anchesse particolarmente avanzate, affinché nel flusso tra
lintermediario segnalante e lUIC si eviti assolutamente il rischio di fughe di
informazioni.
Proprio per quegli aspetti che devono
essere ancora meglio approfonditi e messi a punto, si ritiene particolarmente importante
procedere in tempi brevi alla realizzazione del testo unico sullattività
antiriciclaggio. Ormai la normativa in materia ha una vita ultradecennale; infatti, anche
se latto formale di nascita è la legge n. 197 del 1991, essa è stata
preceduta da altri provvedimenti specifici. È arrivato il momento di definire un testo
unico attraverso il quale emergano con certezza i ruoli e i compiti e che soprattutto miri
alla completezza del sistema delle informazioni, senza nel contempo rappresentare un costo
troppo elevato per i soggetti tenuti allinvio delle informazioni di base. Questo è
un elemento particolarmente importante, nel momento in cui si sta realizzando a livello
europeo ununità monetaria e quindi una convergenza dei sistemi bancari e
finanziari, che deve necessariamente accompagnarsi anche ad unomogeneizzazione della
normativa antiriciclaggio. Il passaggio dalle valute nazionali allEuro comporterà
problemi nuovi e di difficile soluzione; ci sono studi, ovviamente basati su ipotesi, per
capire se il passaggio dalle valute nazionali ad ununica valuta rappresenterà per i
paesi che faranno parte del sistema una facilitazione o un ostacolo allattività di
riciclaggio: ci sono elementi a favore delluna tesi ed elementi a favore
dellaltra. Credo che questo potrà essere un settore di approfondimento di
particolare interesse da parte di tutti noi e soprattutto della Commissione parlamentare
antimafia.
Ritengo che nessuno possa prescindere dal
convincimento che per procedere e ottenere dei risultati effettivi in materia di
antiriciclaggio occorre avere una normativa assolutamente omogenea a livello dei paesi
industriali evoluti. Per quello che è il nostro ruolo e il nostro compito, come UIC,
cerchiamo di muoverci su questa linea, sia nellambito del GAFI sia allinterno
del Gruppo Egmont, che riunisce le Financial Intelligence Units di gran parte dei
paesi economicamente avanzati.
Concludo il mio intervento ringraziando
per lattenzione e ovviamente assicurando che lUIC fornirà nei confronti di
tutte le autorità coinvolte nella lotta e nel contrasto al riciclaggio la collaborazione
formale e informale che è nelle sue capacità. (Applausi).
PRESIDENTE. Prenderà ora la parola lingegner Marco Martini, direttore generale della Consob, il quale svolgerà una relazione sul tema: "Riciclaggio e mercati mobiliari".
MARTINI Marco, direttore generale della CONSOB. Desidero innanzi tutto ringraziare il Presidente della Commissione parlamentare antimafia, senatore Ottaviano Del Turco, e le autorità della Regione e della Guardia di finanza che ci hanno invitato a questa interessante iniziativa.
Il confronto e lo scambio di esperienze
tra le autorità costituisce un momento essenziale nella lotta contro il riciclaggio.
Lincontro odierno riveste unimportanza fondamentale nella discussione sulle
nuove forme di riciclaggio di denaro di provenienza illecita, sul ruolo degli operatori
finanziari e sullinterazione tra le autorità antiriciclaggio e quelle preposte al
controllo dei mercati finanziari. Il mio intervento toccherà brevemente ognuno di questi
tre punti. Si riprendono alcune considerazioni già espresse dalla Consob in occasione
dellaudizione resa dal Presidente dellIstituto alla Commissione parlamentare
dinchiesta sul fenomeno della mafia nel maggio dello scorso anno.
La lotta al riciclaggio di denaro sporco,
contrastando le attività criminali tramite le quali tali ricchezze assumono una veste di
legalità, consente di tutelare in modo indiretto anche la sicurezza e la buona salute del
sistema finanziario: questi elementi sono essenziali per assicurare una corretta
allocazione delle risorse e la crescita dellintera economia. Per unautorità
pubblica quale la Consob, impegnata nella tutela del risparmio, questi sono aspetti di
primaria importanza e proprio in tale ambito si inserisce il contributo che il nostro
Istituto può offrire nella lotta al riciclaggio.
Il fenomeno del riciclaggio del denaro di
provenienza illecita ha, da diverso tempo, assunto dimensioni sovranazionali. La
globalizzazione dei mercati consente ai capitali e alle persone di muoversi con estrema
facilità e rapidità. In tale contesto è altamente probabile che la ripulitura del
denaro sporco venga effettuata in un paese diverso da quello di provenienza. Il carattere
transnazionale del fenomeno è stato amplificato, oltre che dalla crescente integrazione
dei mercati dei capitali, anche dal notevole grado di sofisticazione raggiunta dagli
strumenti finanziari e dallo sviluppo della tecnologia.
Alcune stime indicano che il flusso
mondiale di ricchezza di provenienza illecita sarebbe superiore ai 500 miliardi di
dollari. Ma attorno a questi numeri non vi è alcuna certezza dal momento che il fenomeno
è, per ovvi motivi, difficilmente quantificabile.
A tali sviluppi non ha ancora fatto
seguito la completa armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia a causa della
diversa intensità con cui il fenomeno interessa i singoli paesi e, in alcuni casi, della
volontà di attirare comunque i capitali esteri, indipendentemente dalla loro provenienza.
Anche il coordinamento internazionale per la lotta al riciclaggio è stato avviato solo in
anni recenti. La prima iniziativa di rilievo del Comitato di Basilea di vigilanza bancaria
è del dicembre del 1988, con il cosiddetto Statement on Prevention of Criminal Use on
the Banking System for the Purpose of Money Laundering. Il GAFI (Gruppo di Azione
Finanziaria Internazionale contro il riciclaggio del denaro di provenienza illecita) è
stato costituito dai Capi di Stato e di Governo dei 7 maggiori paesi industrializzati e
dal Presidente dellUnione europea nel luglio del 1989: esso rappresenta
lorganismo più importante per la definizione di politiche contro il riciclaggio e
le sue raccomandazioni contengono precise linee di intervento e prescrizioni.
Anche la IOSCO, lorganizzazione
internazionale che riunisce le Commissioni per la sorveglianza dei mercati mobiliari di
oltre 60 paesi, è intervenuta in materia con alcune raccomandazioni nel luglio 1992.
Obiettivo delle raccomandazioni IOSCO è di estendere ai propri membri le raccomandazioni
del GAFI, al fine di diffondere alcune regole basilari volte a prevenire
linfiltrazione criminale nel settore delle intermediazione mobiliare.
A tuttoggi, la presenza di centri
finanziari off-shore e la tutela offerta da legislazioni nazionali poco attente a
sollevare i veli che danno opacità e segretezza alle transazioni sono elementi che
rendono arduo il compito delle autorità nazionali. La lotta al riciclaggio in un paese
non può prescindere da unefficace azione internazionale; lazione interna
può, pur con molte difficoltà, essere sufficiente a conseguire risultati importanti sul
piano nazionale, ma senza un vero coordinamento internazionale, che colpisca i meccanismi
di ripulitura del denaro, difficilmente si può sperare di reprimere completamente il
fenomeno.
Libertà e controllo dei movimenti di
capitale sono due concetti non necessariamente in antitesi. Il controllo sulle attività
illecite e la trasparenza delle transazioni sono infatti elementi che favoriscono i
movimenti di capitali "leciti" in quanto garantiscono luniformità delle
informazioni fra i soggetti che scambiano i fondi e consentono di tutelare il valore
fiduciario della moneta.
Il contributo che ciascun paese può
offrire deve incentrarsi sullo stadio iniziale del processo di riciclaggio del denaro di
provenienza illecita. Come è noto, tale processo viene normalmente distinto in tre fasi.
La prima fase consiste nel collocamento del denaro di provenienza illecita, il cosiddetto placement,
presso lintermediario finanziario. Il secondo momento consiste nella separazione
dei proventi illeciti dalla loro fonte, il cosiddetto layering, cercando in vario
modo di rendere non individuabile la provenienza del denaro, e infine si ha
lintegrazione, ossia la reimmissione dei fondi illeciti, di illecita costituzione,
nel circuito economico "lecito". Dopo questultima operazione il provento
delle attività criminose è divenuto perfettamente "pulito" e parte integrante
delleconomia.
Lintermediario bancario o
finanziario può intervenire in ciascuna delle fasi sopra descritte. Il momento in cui
però il denaro di fonte illecita è maggiormente identificabile e vulnerabile è quello
iniziale di immissione nel sistema di lavaggio, quando esso si presenta sotto forma di
banconota. In tale momento il denaro sporco è più facilmente riconoscibile soprattutto
in relazione allammontare delle transazioni, alla loro eventuale atipicità,
allaffidabilità del soggetto che lo pone in atto.
In considerazione di ciò, lo sforzo del
legislatore e delle autorità impegnate nel contrastare tale fenomeno deve essere volto a
rendere più efficaci i controlli preventivi, dal momento che nelle fasi successive della
catena del riciclaggio diventa più difficile identificare la provenienza illecita del
denaro.
In tale contesto è cruciale il ruolo
svolto dagli intermediari finanziari. Prescindendo dallipotesi di comportamenti non
in buona fede a causa di un inquinamento a monte dellintermediario e/o della sua
proprietà, deve essere chiaro che quando gli intermediari acquisiscono un cliente nuovo
in qualche modo gli offrono una veste di legalità e di rispettabilità.
La conoscenza del cliente è, perciò, il
primo passo fondamentale per impedire lingresso del denaro di provenienza illecita
nel sistema dei pagamenti. A tal fine, gli intermediari devono rendere effettive le
procedure di identificazione e controllo e provvedere ad unidonea formazione degli
operatori a diretto contatto con il pubblico che sono incaricati di segnalare le
operazione sospette. Costituisce poi il compito delle autorità garantire a questi ultimi
tutela e riservatezza.
Come indicato nel decalogo predisposto
dalla Banca dItalia, è compito degli intermediari finanziari registrare e tenere
memoria delle varie operazioni e segnalare quelle che per ammontare o per costruzione
risultano sospette.
Il crescente utilizzo della moneta
elettronica pone ulteriori problemi. Se da un lato la modernizzazione del sistema dei
pagamenti consente infatti una maggiore evidenza delle operazioni, dallaltro la
rapidità, lammontare e il volume delle transazioni che avvengono elettronicamente
sono elementi che costituiscono un ostacolo allidentificazione delle operazioni
anomale.
Lazione antiriciclaggio è portata
in primo luogo a concentrare le proprie forze sul sistema bancario in quanto verso le
banche si dirige maggiormente il flusso delle banconote. Di qui la centralità dei
controlli sul sistema dei pagamenti il cui fulcro è costituito dalle banche
nel contrastare il riciclaggio. Tuttavia la criminalità può sfruttare altre forme di
intermediazione per celare la provenienza illecita dei fondi. Il rapporto annuale del GAFI
individua il settore dei servizi di investimento, e in particolare quello della
negoziazione di strumenti finanziari, come uno dei settori di sviluppo della criminalità
organizzata e di canalizzazione del riciclaggio di denaro.
In Italia, lattuale organizzazione
del sistema di vigilanza in materia di riciclaggio appare razionale in virtù della
ripartizione chiara dei compiti fra le autorità di vigilanza. Laccentramento di
responsabilità tecniche in capo allUfficio italiano dei cambi (UIC) consente
unitarietà di prospettiva sul fenomeno del riciclaggio; nel contempo viene lasciata
autonoma azione di controllo alle autorità di settore che, attraverso il monitoraggio
costante degli operatori, sono a conoscenza di situazioni, prassi operative,
caratteristiche dei soggetti fondamentali per condurre unazione efficace.
Tra la Consob e lUIC vige un
protocollo di intesa siglato nel 1996. Tale documento è nato dallesigenza di
conseguire risultati più efficaci nella lotta al riciclaggio tramite una più efficiente
collaborazione fra le autorità di vigilanza, stante in particolare la necessità di
comprendere a fondo le complesse modalità tecniche di alcune operazioni. In particolar
modo, il protocollo prevede che gli ispettori Consob, nel corso di ispezioni di carattere
generale, effettuino controlli relativamente anche alle disposizioni della legge
n. 197 del 1991. Prevede inoltre che possano essere condotte ispezioni congiunte
Consob-UIC sullo stesso intermediario, ognuno agendo per la parte di propria competenza, e
che possano avvenire scambi di informazione fra le due autorità.
Il principio della collaborazione fra le
autorità di vigilanza, al fine di agevolare lo svolgimento delle rispettive funzioni, è
sancito a livello normativo dallarticolo 4 del testo unico sulla finanza.
Questultimo afferma altresì il principio della non duplicazione dei controlli.
Larticolo 5 del decreto legislativo n. 58 del 1998 pone infatti una particolare
attenzione alla riduzione degli oneri sui soggetti vigilati e prevede che la "Banca
dItalia e la Consob operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo
gli oneri gravanti sui soggetti abilitati".
Il principio della non duplicazione dei
controlli è chiaramente affermato nella disciplina comunitaria, in particolare dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Essa ha appunto sancito il principio di
non duplicazione e proporzionalità, nel senso che gli Stati membri possono applicare
norme a soggetti residenti in altri Stati membri solo se non vi siano norme corrispondenti
nel paese di origine e se esse siano proporzionate allo scopo che ci si prefigge.
La Consob è interessata al successo
dellazione dei pubblici poteri al fine di impedire la contaminazione del sistema
finanziario, in considerazione del suo compito generale di tutela dei risparmiatori e di
promozione della trasparenza del mercato.
LIstituto esercita la vigilanza
sugli intermediari autorizzati allo svolgimento dei servizi di investimento, al fine di
assicurare il rispetto degli obblighi di informazione al mercato, di correttezza
professionale nei confronti dei risparmiatori, nonché la regolarità delle negoziazioni
di valori mobiliari. Inoltre, curando la trasparenza, la Consob promuove il funzionamento
di un mercato dove si formino prezzi non alterati da movimenti di denaro sporco.
La Consob, nel corso della propria
attività ispettiva, che resta lo strumento prevalente per individuare anomalie nel
comportamento dei soggetti vigilati, ha individuato a carico di taluni intermediari (SIM,
fiduciarie, agenti di cambio) modalità operative giudicate sospette alle quali potrebbero
essere sottese operazioni di riciclaggio di denaro di provenienza illecita.
Quando, sulla base degli elementi a
disposizione, le operazioni soggette presentavano il fumus del reato, la Consob ha
provveduto a segnalarle allautorità giudiziaria e allUIC; nei casi di mero
sospetto ha trasmesso la relativa documentazione al solo UIC per le ulteriori attività
investigative di competenza.
Nel quadriennio 1993-1996, la Commissione
ha segnalato allautorità giudiziaria due casi di operazioni sospette riguardanti
altrettante società di intermediazione mobiliare (SIM) e 16 casi di omissione di obblighi
di registrazione nellarchivio unico informatico (articolo 13, comma 7, della legge
n. 15 del 1980) riguardanti 9 SIM, 3 agenti di cambio, 2 banche, una società
fiduciaria iscritta nella sezione speciale dellAlbo delle SIM e una commissionaria
ammessa negli antirecinti alle grida di Borsa. In alcuni casi essa ha anche accertato,
oltre allomissione di tali obblighi, la falsa indicazione delle generalità del
soggetto per conto del quale era stata eseguita loperazione (articolo 13, commi 7 e
8, della legge citata).
Se quindi proprio il settore
dellintermediazione mobiliare sembra in generale essere sotto le pressioni della
criminalità organizzata, è opportuno interrogarsi su quale sia il rapporto ottimale fra
il grado di controllo dellapparato di vigilanza e lonere sostenibile per il
sistema finanziario. È necessario trovare un giusto punto di equilibrio fra le esigenze
di controllo e la necessità di non incrementare eccessivamente gli oneri a carico degli
intermediari finanziari e congiuntamente di non ledere la libertà di movimenti di
capitali che è uno dei principi cardine del Trattato dellUnione europea.
In sintesi e mi avvio a concludere
questa breve relazione gli elementi principali emersi paiono essere: massimo
rilievo della cooperazione internazionale (e su questo terreno verosimilmente resta ancora
molto da fare); importanza di un assetto razionale di controlli allinterno del
territorio nazionale, con ununica agenzia di carattere tecnico antiriciclaggio che
promuova la collaborazione fra le autorità di vigilanza al fine di non duplicare i
controlli, ma che nel contempo valorizzi le esperienze maturate nella vigilanza dei
singoli settori dellintermediazione finanziaria; fattivo apporto degli operatori
finanziari.
Su questultimo punto in particolare,
se le regole di trasparenza e correttezza poste a presidio della fiducia non ricevono
adeguato sostengo da parte degli operatori finanziari, la fiducia del sistema finanziario
ne viene profondamente danneggiata e quel sistema è destinato a decadere o a divenire
luogo di attrazione di "cattivi soggetti". Limpegno della Consob è
costantemente volto a far sì che ciò non accada. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio lingegner Martini.
Do ora la parola allavvocato Enrico Granata, direttore centrale dellAssociazione Bancaria Italiana, il quale svolgerà una relazione sul tema: "Bilanci e prospettive del ruolo degli intermediari finanziari nella lotta al riciclaggio".
GRANATA Enrico, direttore centrale dellAssociazione Bancaria Italiana. Vorrei anchio ringraziare il senatore Del Turco, presidente della Commissione parlamentare antimafia, per linvito fatto allABI a partecipare a questo incontro; una partecipazione che si inscrive nella continua presenza dellABI presso le sedi istituzionali, sia nel momento della definizione e della gestione delle regole sul campo sia nellambito delle varie audizioni sul fenomeno del riciclaggio e su altri reati.
È stato già più volte sottolineato
come la tipica operatività delle banche sia quella afferente al sistema dei pagamenti ma
anche, in definitiva, quella relativa allintermediazione sui valori mobiliari
nonché allattività creditizia che espone il sistema al rischio di contaminazione e
penetrazione da parte della criminalità, anche organizzata, e al rischio
dellutilizzo per finalità di riciclaggio del denaro sporco. Altro rischio è quello
della penetrazione nella stessa struttura proprietaria delle banche.
In questo contesto, limpianto del
nostro sistema antiriciclaggio affida al sistema bancario, in particolare agli operatori
bancari, un ruolo assolutamente forte e decisivo per il successo del contrasto. Basti
pensare che lintero impianto si impernia sostanzialmente su tre fattori
fondamentali: la canalizzazione delle transazioni più significative attraverso il sistema
degli intermediari autorizzati, la rilevazione e la gestione di dati relativi alle
operazioni attraverso larchivio unico informatico e, infine, la segnalazione delle
operazioni sospette. È ovvio che il fine ultimo di tali fondamenti della legislazione è
quello di assicurare la presenza delle tracce relative per ricostituire ed identificare i
percorsi delle transazioni e i loro riferimenti, nonché assicurare nel contempo
unattiva collaborazione da parte degli intermediari che, accresciuta la
consapevolezza degli intermediari stessi in ordine a pericoli di riciclaggio, siano in
grado di colmare il divario informativo tra sistema finanziario e organi preposti
istituzionalmente allanalisi finanziaria delle transazioni e alle loro repressioni.
Quello della segnalazione delle operazioni
sospette rappresenta, come è noto, il punto e laspetto più originale di tutta la
costruzione e anche sostanzialmente quello che ha connotato e rilevato aspetti di maggiore
criticità.
Nella relazione annuale del GAFI si legge
che "il precedente sistema di segnalazioni è apparso connotato da fattori di
debolezza". Credo che ci si sia voluti riferire piuttosto allimpianto delle
trasmissioni e della gestione delle segnalazioni stesse in carenza di un organo
centralizzato preposto allanalisi finanziaria che fungesse il che oggi non è
da cerniera tra gli intermediari finanziari, gli organi investigativi e
lautorità inquirente.
Il ruolo delle banche nella collaborazione
attiva per lazione di contrasto antiriciclaggio presuppone leffettuazione di
segnalazioni fondate sulla rilevazione delle caratteristiche oggettive delle operazioni e
dei connotati soggettivi dellautore delle operazioni stesse. Questa è
unendiadi posta a fondamento dalla nostra stessa legislazione. Si tratta di una
questione che va affrontata perché, nellinnegabile certezza che occorre assicurare
la più scrupolosa e profonda conoscenza della clientela, si assiste, peraltro con favore
da parte del sistema finanziario e delle stesse autorità di vigilanza, a dei processi di
crescente oggettivizzazione dei presidi che possano predisporre il sistema ad una migliore
gestione e ad una migliore funzionalità delle segnalazioni.
È stato citato il cosiddetto decalogo
della Banca dItalia che individua una serie di situazioni di anomalie e rappresenta
quindi una sorta di dead-line per gli operatori ai fini delle segnalazioni. A
questo decalogo della Banca dItalia lABI ha fornito unampia
collaborazione e lo stesso decreto legislativo n. 153 del 1997 attribuisce
esplicitamente agli intermediari nellambito della loro autonomia organizzativa la
facoltà di predisporre procedure di esame delloperazione anche mediante
lutilizzo di strumenti informatici e telematici.
Mi pare sia un riconoscimento molto
importante e che ritengo testimonia il segnale di un processo di oggettivizzazione spinto
che occorre rafforzare dei presidi informatici e quindi, in definitiva, dei
fattori di oggettivizzazione che possano presidiare le segnalazioni da parte delle banche
non solo in funzione delle caratteristiche intrinseche delle operazioni ma anche per
quanto riguarda i connotati della clientela.
Del resto, occorre da una parte rammentare
che ci troviamo di fronte ad un incremento dei sistemi di dialogo a distanza con le
banche, quindi a processi di interlocuzione con la clientela attraverso i sistemi remoti
e, in definitiva, attraverso un processo di virtualizzazione stessa della banca,
dallaltra sottolineare che la complessità delle operazioni di riciclaggio è
estremamente forte.
Nellesperienza data, le operazioni
di riciclaggio nascono dalla giustapposizione e dalla reciproca interconnessione di
operazioni complesse, di frammenti di operazioni che nella loro totalità determinano il
fattore antiriciclaggio. È difficile, se non impossibile, per il singolo operatore di
sportello percepire di per sé le potenzialità criminali di unoperazione
finanziaria.
Il mondo bancario si è dotato
autonomamente di un meccanismo di rilevazione informatica di operazioni sospette
attraverso il sistema Gianos che copre ormai il 96 per cento degli sportelli bancari. Si
tratta di una griglia basata su vari indici di anomalia, un sistema che non pretende di
essere esaustivo quanto alla rilevazione di operazioni segnalate, ma che rappresenta un
importantissimo presidio e un importantissimo filtro perché gli operatori possano in modo
più compiuto e concreto procedere, se del caso, alle successive segnalazioni.
Ritengo che lesperienza sul campo
del sistema Gianos sia molto rassicurante e il fatto che esso adegui in continuazione la
rilevazione dellindice di anomalia è anche testimonianza del fatto che non
rappresenta un sistema granitico ed astratto, ma segue nel concreto anche
levoluzione delle pratiche criminali.
Per quanto riguarda il complesso delle
segnalazioni, esse si ragguagliano dal 1991 a circa 9.000 e hanno registrato un incremento
costante nel corso degli anni, tenuto conto anche della dilatazione della fattispecie del
reato di riciclaggio.
Non sono in grado, né voglio indicare, se
questo rappresenti un numero che costituisce il bench-mark del numero totale delle
segnalazioni che possono provenire dal sistema finanziario. Mi limito soltanto ad
evidenziare che quelle provenienti da banche rappresentano più del 96 per cento del
totale delle segnalazioni effettuate. Ovviamente, si tratta di una cifra non ponderata e
che non tiene conto dellincidenza delle transazioni bancarie sul complesso delle
transazioni potenzialmente interessate, ma mi sembra sufficientemente indicativa per
confermare e dare anche evidenza di cifra al peso e allincidenza delle segnalazioni
provenienti dal sistema bancario nellambito totale delle segnalazioni effettuate.
Sul punto della riservatezza delle
segnalazioni è stato già detto qualcosa. Essa è sicuramente favorita anche
dallaccentramento delle segnalazioni presso lUfficio italiano dei cambi (UIC)
e quindi dal superamento della precedente dispersione di segnalazioni presso le autorità
locali di polizia. Ma più in concreto il decreto legislativo n. 153 del 1997 ha
governato e disciplinato questa materia, assicurando che le segnalazioni da inviare
allUIC vengano effettuate senza indicare i nominativi dei segnalanti e prevedendo
che le denunce e il rapporto dellUIC agli organi investigativi e al magistrato
penale non debbano fare menzione dellidentità degli intermediari e dei funzionari
segnalanti. Va detto a questo proposito che la stessa normativa prevede che il magistrato
possa, con apposito decreto, assumere le notizie in questione qualora le ritenga
indispensabili ai fini dellaccertamento dei reati per cui si procede. È chiaro che
in conseguenza dellesercizio di tale facoltà i dati entrano nella disponibilità
legale di tutte le parti del procedimento ed inoltre decade ogni riservatezza con la
chiusura delle indagini preliminari e la definizione degli ulteriori sviluppi processuali.
Ciò detto, è sul campo che rileveremo quale sarà luso concreto di tale facoltà e
quale sarà leccezionalità con cui i magistrati procedenti provvederanno a disporre
con decreto lacquisizione dei dati relativi allindividuazione degli
intermediari e dei funzionari segnalanti.
Mi pare molto importante notare come si
sia data anche risposta ad unesigenza più volte sottolineata, cioè quella di
assicurare agli intermediari segnalanti un flusso di ritorno e quindi di concepire il
rapporto fra sistema bancario e autorità come un raccordo non solo unidirezionale ma in
qualche senso biunivoco. Il decreto legislativo n. 153 del 1997 prevede che
lUIC dia notizia allintermediario segnalante qualora gli organi investigativi
non abbiano dato ulteriore corso alla segnalazione. Questo è un passo in avanti molto
importante e riguarda nello specifico la sorte della segnalazione e quindi la sua
incidenza sulloperazione considerata, in definitiva sul cliente interessato.
Occorre consolidare ciò che già in buona
parte avviene: fornire, in particolare da parte di chi provvede allanalisi
complessiva finanziaria delloperazione, quelle notizie e quegli elementi utili al
sistema finanziario per massimizzare lazione di contrasto anche in funzione degli
elementi di acquisizione che lUIC potrà detenere più in generale in funzione delle
tematiche e delle modalità di attuazione delle operazioni di riciclaggio.
Il professor Bianchi ha pocanzi
segnalato come occorra che il sistema bancario esprima una convinta adesione allo spirito
della normativa antiriciclaggio e alle sue ultime finalità, prima e più ancora che alle
regole formali che ne costituiscono il tessuto. Credo di poter dare assicurazione assoluta
della piena consapevolezza da parte del mondo bancario, della funzionalità del sistema;
esso non è funzionale al solo contrasto del riciclaggio ma anche alla stabilità e alla
tutela della reputazione degli operatori medesimi. Quindi, vi è un interesse generale,
etico e deontologico ed anche un interesse dimpresa che presidia il rispetto delle
regole contro il riciclaggio di denaro sporco. La formazione dei dipendenti non è
soltanto un obbligo di legge per quanto riguarda la cultura antiriciclaggio, ma anche una
previsione esplicita dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Ma più che una mia testimonianza, la
quale provenendo da un dirigente dellABI può anche essere considerata di parte,
credo che valga anche quanto ravvisabile nel rapporto del GAFI che sottolinea
favorevolmente la bontà delle procedure interne assai innovative e i capillari programmi
di addestramento presenti e adottati a livello di sistema finanziario italiano.
Mi avvio ora alla conclusione. Ci
avviciniamo alla moneta unica e credo non sia prematuro considerare e rilevare già da
oggi quali saranno gli effetti dellEuro sul fenomeno del riciclaggio
nellambito dellUnione europea. Già si pensa, in particolare, per quanto
riguarda alcuni profili operativi, alle potenzialità di riciclaggio implicite
nellimmane operazione che avverrà nel primo semestre del 2002 per sostituire e
cambiare banconote e prezzi monetari in lire con banconote e prezzi monetari in Euro.
Potrà essere loccasione per operazioni di riciclaggio, quindi lattenzione
dovrà essere molto vigile al riguardo.
Il giudizio che lABI dà della legge
credo sia sostanzialmente positivo. Molte cose erano già state segnalate anche dal
sistema bancario e credo che molte richieste siano state accolte. Ma, proprio in rapporto
alle regole, bisogna tener conto della crescente valenza della componente degli
ordinamenti, e quindi della crescente potenzialità distorsiva della concorrenza, che
possono avere regole difformi nellambito di uno stesso spazio economico-finanziario.
Nellambito dellUnione europea
tutti i paesi interessati definiscono il riciclaggio come reato; non era così
allinizio di questo decennio. Peraltro, la latitudine e lampiezza del reato
varia da paese a paese. Il reato presupposto afferisce a situazioni di particolare
gravità in alcuni paesi (traffico di droga, estorsione e rapina); in altri, come nel
nostro paese, include tutti i delitti non colposi. Cè dunque una differenza di
trattamento del riciclaggio sotto il profilo penale che si riflette anche
sullampiezza delle potenziali segnalazioni. Il commissario Monti, in un discorso di
qualche giorno fa, ha già manifestato la propria intenzione di introdurre una modifica
alla direttiva comunitaria sul riciclaggio, estendendo il concetto di reato presupposto ad
una serie di reati seri. Io non so quale sia il confine tra reati seri e delitti non
colposi, ma è sicuramente questione da affrontare per assicurare non solo identità di
trattamento, ma pari funzionalità allazione di contrasto.
Unultima riflessione. È stata
segnalata lopportunità dellistituzione dellanagrafe centralizzata dei
conti e dei depositi. Ricordo che si tratta di una disposizione contenuta nella legge
finanziaria per il 1992, approvata nel dicembre 1991. Siamo quindi a circa sette anni di
distanza da una disposizione legislativa a cui non si è dato corso. Il sistema bancario
è stato piuttosto perplesso su questa previsione, come su tutte le previsioni che hanno
una ricaduta sui rapporti con la clientela, a meno che non si tratta di misure da gestire
con tutte le cautele necessarie per assicurare il rispetto della necessaria riservatezza
che deve informare i rapporti tra banca e clienti. Se si darà corso a questa previsione
normativa sottolineo quanto è già stato detto dal dottor Ciampicali
lallocazione dellanagrafe centralizzata dovrà avvenire nellambito delle
autorità istituzionali, o comunque di loro espressioni, più vicine, più contigue, più
funzionali allattività del sistema finanziario e bancario italiano. È noto che
questa anagrafe potrebbe essere anche una risposta in qualche misura allesigenza di
efficienza e contenimento di costi che oggi sconta il sistema bancario nei confronti non
solo della magistratura, ma anche dellamministrazione finanziaria, perché potrebbe
consentire di individuare immediatamente lallocazione delle posizioni della
clientela, senza coinvolgere inutilmente, con spreco colossale di risorse, lintero
sistema bancario per capire dove un certo soggetto detiene la propria posizione di conto o
di deposito. (Applausi)
PRESIDENTE. Ringrazio lavvocato Enrico Granata e cedo la parola al vice capo della Polizia di Stato, prefetto Gennaro Monaco, che svolgerà una relazione dal titolo: "Le prospettive del coordinamento delle forze di polizia nella lotta al riciclaggio".
MONACO Gennaro, vice capo della Polizia di Stato. Vorrei innanzi tutto rivolgere un saluto cordiale a tutti i presenti ed un ringraziamento particolare al Presidente della Commissione parlamentare antimafia ed ai suoi componenti per aver organizzato questo convegno su un tema di grande interesse e di estremo rilievo nellambito delle strategie di lotta al crimine organizzato. È ormai opinione condivisa, anche nei fori internazionali, che la lotta al riciclaggio rappresenta uno dei settori di interesse primario per il contrasto alla criminalità organizzata, che sempre più si sta rivelando una temibile minaccia allordine, non solo economico, mondiale. Questo tema va affrontato ovviamente tenendo conto del particolare scenario che si è andato sviluppando in questi ultimi tempi, in quella che è stata definita "lera della globalizzazione". Le sue caratteristiche sono: la mondializzazione dei mercati, lintegrazione dei circuiti finanziari, labbattimento di storiche frontiere ed il crollo delle ideologie. A tutto ciò ha contribuito, in maniera notevole, anche lo straordinario sviluppo dellinformatica e della telematica che ha consentito di annullare le distanze fisiche, trasportando le attività umane in un mondo "senza spazio e senza tempo" in cui è possibile operare sempre e dovunque.
Questo mondo senza confini ha messo
insieme paesi ad economia avanzata con quelli in via di sviluppo e con quelli in
transizione. Questi ultimi, che stanno compiendo il delicato passaggio dalleconomia
amministrata a livello centrale a quella del libero mercato, vedono grandi opportunità
nelleconomia mondiale e stanno velocemente liberalizzando i mercati finanziari,
rimuovendo le barriere che impediscono il libero scambio ed andando in cerca di
investitori stranieri. Ne sono risultate nuove potenzialità dazione anche per la
criminalità organizzata, che ha sviluppato le sue propaggini transnazionali sfruttando a
proprio vantaggio gli spazi virtuali e le difficoltà di reazione degli apparati di
contrasto al di là delle frontiere nazionali. Del resto, molte organizzazioni criminali,
tra cui la malavita italiana di tipo mafioso, avevano già da tempo assunto
caratteristiche di vere e proprie holdings e non si sono certo lasciate sfuggire le
occasioni offerte da questo nuovo mondo senza confini. Il processo evolutivo di tali
sodalizi, come è a tutti noto, inizia con attività "tradizionali" strettamente
legate al territorio (racket, usura, traffici di sostanze stupefacenti eccetera).
Queste consentono laccumulazione di un proprio patrimonio da investire in ulteriori
attività e traffici illeciti. Lultimo stadio del processo evolutivo vede
unassociazione, o meglio unimpresa criminale, dotata di una cospicua
disponibilità economico-finanziaria, impegnata anche e soprattutto in settori leciti.
Il riciclaggio accompagna, come momento
strumentale, la crescita e lo sviluppo dellorganizzazione criminale. I suoi metodi e
tecniche dipendono dallo stadio del suo processo evolutivo. Allinizio sono semplici
e rudimentali; in seguito arrivano ai complessi intrecci societari, allimpiego di
circuiti finanziari ed al coinvolgimento di qualificate figure professionali. Alla fine il
riciclaggio, consente il "traghettamento" dellimpresa criminale nel mondo
del lecito. È questa la fase critica: essa rappresenta il momento in cui lazione di
contrasto può aggredire con gli strumenti antimafia lorganizzazione criminale in
quanto tale, prima che si integri nel tessuto legale, acquistando una veste di
rispettabilità e sottraendosi così alle tradizionali metodiche di lotta da parte delle
istituzioni. Una volta, infatti, che un patrimonio è stato riciclato, è estremamente
complesso risalirne allorigine e distinguere i capitali "lavati" da quelli
leciti.
Lattenzione dedicata alla materia
nelle sedi politiche e tecniche, il susseguirsi di iniziative volte alla definizione o
allaggiornamento di programmi e di direttrici di contrasto sono significativi sia
dellimportanza che il fenomeno del riciclaggio sta sempre più assumendo, sia delle
difficoltà per contrastarlo efficacemente. Questo perché: genera enormi profitti e
consente al crimine di infiltrarsi nei settori legali delleconomia; è un fenomeno
in rapida e costante evoluzione; anche gli ordinamenti più avanzati, come quello
italiano, necessitano di continui adeguamenti e aggiornamenti; unazione di contrasto
al riciclaggio condotta su scala nazionale consente esiti limitati e comunque non
esaustivi; una risposta vincente a livello internazionale presuppone unapplicazione
omogenea e senza lacune delle strategie di contrasto. Non a caso lesigenza di
perfezionare i meccanismi di lotta al riciclaggio viene ribadita dai grandi organismi
internazionali, come lONU, lUnione europea, il GAFI, il Consiglio
dEuropa.
Questo sia pur sintetico quadro indica
chiaramente che il piano strategico internazionale sostanzialmente è ancora in una fase
evolutiva, in particolare non si è ancora trovata alcuna soluzione per unefficace
azione internazionale nei confronti dei cosiddetti "paradisi fiscali". Anche la
legislazione antiriciclaggio italiana, introdotta già nei primi anni Novanta, che pure
risulta una delle più aggiornate, non ha ancora raggiunto una assetto tale da
rappresentare quella garanzia di risultati soddisfacenti già conseguiti in altri settori
di lotta alla grande criminalità; daltra parte, essa ha recepito tutte le
indicazioni emerse nei fori internazionali ed ha potenziato gli strumenti e le strutture
di prevenzione.
Si può perciò affermare che è stato
fatto tutto quanto era in astratto possibile; ma è abbastanza? Proprio il tecnicismo e la
complessità della disciplina, lo stesso procedere dellaggiornamento legislativo
attraverso norme settoriali sparse in tanti testi di legge rappresentano un ostacolo per
la formazione di professionalità antiriciclaggio a tutto tondo. Anche sul fronte più
ristretto dellattività tradizionale di polizia, si avverte lesigenza di una
semplificazione (che nel nostro paese considero necessaria per tutta la legislazione) che
recuperi la frammentazione normativa già tipica della logica emergenziale antimafia, per
favorire la più completa conoscenza degli strumenti antiriciclaggio tra gli operatori. Si
guarda, pertanto, con estremo interesse a progetti, come quello del testo unico in materia
di misure di prevenzione, cui si augura una rapida conclusione, ed a tutte le iniziative
comunque tese ad una diffusa ottimizzazione delle attuali potenzialità di un settore che
spazia dalle misure patrimoniali di prevenzione a quelle penali, dallaccertamento
patrimoniale allaccessibilità di archivi elettronici specializzati, dalle metodiche
classiche di polizia giudiziaria alle operazioni sotto copertura, dagli illeciti societari
e fiscali allassociazione di tipo mafioso, dalla cooperazione Interpol a quella
Europol.
Lultimo intervento del legislatore,
in ordine di tempo, è rappresentato dal decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153,
che ha soprattutto inciso sulla disciplina delle cosiddette operazioni sospette, di cui
hanno parlato anche gli oratori che mi hanno preceduto. La nuova norma, come è noto, ha
perfezionato lefficacia degli strumenti operativi e ha ridisegnato il quadro delle
strutture chiamate a intervenire; in particolare, ha rimesso compiti di prima analisi ad
organismi altamente specializzati del Ministero del tesoro. Questi si interfacciano, per
gli approfondimenti informativi ed investigativi, con la Direzione investigativa antimafia
e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza: strutture di specifica
professionalità che rappresentano, nel settore, la punta di diamante dellazione
complessiva degli apparati di polizia.
La DIA e la Guardia di finanza hanno
adottato, il 16 marzo ultimo scorso, un protocollo di intesa volto a disciplinare la
ripartizione delle rispettive aeree di intervento. Esso prevede la competenza della DIA
per le segnalazioni che risultino attinenti a fenomeni associativi di tipo mafioso e
quella della Guardia di finanza per tutte le altre. Al riguardo, il comandante generale
della Guardia di finanza e il direttore della DIA forniranno sicuramente nei loro
interventi elementi di informazione e di analisi ad ampio spettro.
La scelta legislativa di affrontare
laccertamento delle cosiddette operazioni sospette attraverso lattivazione
complementare di apparati dotati di culture diverse rappresenta sicuramente una risposta
valida alle tecniche criminali più avanzate. È questo, infatti, un problema complesso
che va necessariamente affrontato sotto varie ottiche (finanziaria, antimafia, fiscale,
anticorruzione e così via) e quindi con un approccio multidisciplinare.
Il circuito fissato dalla norma risponde
ad unesigenza di approfondimento specialistico della segnalazione di operazione
sospetta, che però ha in sé il rischio di un accertamento eccessivamente mirato, in
grado di focalizzare fino al massimo ingrandimento solo taluni aspetti della realtà,
senza poter avere della stessa una visione globale. Ciò per due motivi: innanzi tutto, i
vari apporti specialistici traguardano il fenomeno dal loro particolare angolo
prospettico; inoltre, un approfondimento completo non può prescindere dalla conoscenza
del contesto socio-economico e criminale in cui loperazione è stata realizzata.
I passi successivi da compiere, nella
medesima ottica multidisciplinare, richiedono pertanto il coinvolgimento nel circuito di
verifica delle segnalazioni di operazioni sospette di eventuali ulteriori comparti
specializzati e, comunque, delle strutture territoriali di polizia, per un riscontro
informativo il più ampio possibile e per il migliore sfruttamento operativo della
segnalazione; richiedono altresì lintegrazione degli approfondimenti sulle
operazioni sospette nellambito della più ampia strategia complessiva di aggressione
ai patrimoni criminali (mi riferisco alle misure di prevenzione patrimoniale, al
perseguimento penale delle associazioni, alla lotta alla corruzione, agli accertamenti
patrimoniali, alle verifiche fiscali eccetera), realizzando un più marcato raccordo tra
attività preventiva e attività repressiva.
Il conseguimento di tali obiettivi passa
necessariamente attraverso la funzione di coordinamento delle diverse forze di polizia che
sia in grado di esaltare le diverse professionalità, correlare unitariamente le
informazioni disponibili, valorizzare appieno la capillarità territoriale
dellintero sistema delle forze di polizia.
Presupposto indispensabile per
lesplicazione di qualsiasi momento di coordinamento è la piena attuazione del
principio della circolarità informativa, che si realizza attraverso la condivisione del
patrimonio informativo affinché ogni professionalità possa attingervi. Sarà così
possibile leggere gli stessi dati con lenti diverse ed integrare le varie analisi con
spunti ed indicazioni diversificate. È noto infatti che, in tema di attività di intelligence,
il mosaico risultante dalle diverse analisi è qualcosa in più della mera somma delle
singole tessere che lo formano.
È prioritario perciò accelerare ancora
di più i processi di condivisione delle informazioni tra le forze di polizia, per far
mettere a disposizioni delle strutture anticrimine ed antiriciclaggio anche spunti
provenienti da settori di indagine non tradizionali, come quelli degli illeciti finanziari
o tributari curati dalla Guardia di finanza.
A riprova dellimportanza di tale
circuito per la lotta alla criminalità organizzata ed al riciclaggio, vorrei ricordare
lintervento del signor Ministro di grazia e giustizia il 28 maggio ultimo scorso a
Bruxelles, nel corso della seduta del Consiglio dei Ministri dedicata agli affari interni
e di giustizia. In quella sede il ministro Flick ha indicato, quale priorità nella lotta
al crimine organizzato, laggressione del fronte economico della malavita organizzata
ed ha individuato i seguenti obiettivi, tra loro collegati: il controllo delle operazioni
finanziarie come momento specifico della lotta al riciclaggio nella strategia anticrimine;
la revisione legislativa e delle procedure tributarie per creare meccanismi di
cooperazione tra il settore tributario e la repressione della criminalità; la
realizzazione di una maggiore trasparenza nel mondo degli affari, con particolare
riferimento agli assetti ed alle proprietà societarie. Significativi passi in tal senso
si stanno già compiendo e al riguardo mi piace ricordare la recente apertura, a tutte le
forze di polizia, della banca dati dellanagrafe tributaria, già accessibile alla
sola Guardia di finanza.
Unulteriore considerazione, a questo
punto, è da fare in ordine alla necessità di integrare i meccanismi di verifica delle
cosiddette operazioni sospette nellambito di una strategia complessiva di lotta ai
patrimoni illeciti. È noto infatti che le verifiche sulle operazioni sospette hanno
fornito un contributo tendenzialmente crescente nel tempo, ma non particolarmente
significativo per lo sviluppo delle più importanti operazioni antiriciclaggio condotte
nei confronti del crimine organizzato.
Del resto, le verifiche sulle operazioni
sospette costituiscono solo uno dei momenti della lotta al riciclaggio e al reinvestimento
dei soldi sporchi. Lesperienza completa della lotta al riciclaggio realizzato da
sodalizi di tipo mafioso si è, infatti, per lo più giovata delle attività informative
di polizia in termini di conoscenza del tessuto economico locale, del vissuto
dellimpresa e della personalità degli investitori, della struttura del sodalizio e
dei suoi collegamenti.
Significativi in tal senso sono i
risultati conseguiti sul piano dei provvedimenti patrimoniali adottati nei confronti di
esponenti mafiosi, non solo nelle aree a rischio, ma un po in tutte le regioni
dItalia. Ciò costituisce una riprova della capacità di aggredire i patrimoni delle
organizzazioni criminali partendo dallapprofondimento investigativo e di prevenzione
nei confronti dei soggetti e dei sodalizi. Ciò dimostra altresì che una mirata azione di
contrasto che non voglia affidarsi alla mera casualità dellaccertamento o della
segnalazione deve partire dai seguenti tre elementi: la conoscenza del territorio e dei
personaggi criminali; le investigazioni condotte sul campo; la circolarità delle
informazioni a livello di uffici territoriali.
Nella stessa ottica sono orientate le
recenti direttive del signor Ministro dellinterno sui servizi specializzati centrali
ed interprovinciali, che affidano i compiti operativi alle ordinarie strutture
territoriali di polizia e riservano agli uffici centrali i compiti di impulso, supporto e
coordinamento.
Daltra parte, anche le indicazioni
provenienti dai circuiti finanziari potrebbero essere oggetto di accertamenti più
approfonditi, laddove venissero coinvolte anche le diverse strutture (territoriali e di intelligence)
di polizia, che potrebbero disporre o acquisire ulteriori elementi di riscontro. Il valore
aggiunto di un tale sistema integrato traspare in tutta la sua evidenza laddove si
consideri che il riciclaggio non è unattività tipica della malavita di tipo
mafioso, ma è piuttosto unimpresa criminale.
La necessità di un approccio
multidisciplinare che vada oltre i profili specialistici, tributario e della lotta alla
mafia, appare infatti ancora più vistosamente ove si colga il rilievo del riciclaggio per
fenomeni delinquenziali diversi dalla criminalità organizzata in senso pieno, come la
corruzione, gli illeciti societari, il narcotraffico, il traffico di auto rubate. Non è
per caso che queste ultime attività criminali costituiscono, a livello di cooperazione
internazionale, uno dei temi più rilevanti. Peraltro, non si possono ignorare i traffici
degli essere umani e tutti i fenomeni criminali collegati ai flussi di immigrazione
clandestina. È facile pertanto riconoscere come il riciclaggio non sia un settore
criminale autonomo, ma un momento strumentale alla concreta realizzazione di diversificate
attività illecite.
Prendendo esempio dallesperienza
europea, non è casuale che la Convenzione Europol non indichi il riciclaggio come
autonoma materia di intervento, ma preveda una competenza sul riciclaggio di denaro
collegato alle altre forme di criminalità. Ne deriva, in ultima analisi, la necessità di
considerare lazione antiriciclaggio nel contesto più ampio della strategia di lotta
alla criminalità, che a sua volta è parte integrante dellazione di tutela della
sicurezza pubblica affidata al Ministro dellinterno. Egli, invero, quale autorità
nazionale di pubblica sicurezza, è lunico che dispone di una visione unitaria delle
esigenze anticrimine per delineare le opportune strategie e priorità di intervento,
assicurando che questo si realizzi comunque in un contesto sinergico ed armonico.
Il Dipartimento della pubblica sicurezza,
in tale prospettiva, ha a sua volta il compito di assicurare il coordinamento
tecnico-operativo delle forze di polizia, attuando quindi unazione di contrasto
unitaria e avvalendosi del loro supporto. Quindi, risposta unitaria pur nella diversità
delle singole professionalità.
Resta comunque chiara la coscienza che la
lotta al riciclaggio rappresenta una delle priorità di azione contro la criminalità, e
in tale visione prospettica va orientato ogni sforzo. Il riciclaggio rappresenta non solo
un pericolo grave per gli assetti sociali ed economici delle comunità, ma anche per i
sistemi politici delle diverse nazioni, in una parola per la democrazia. Laugurio è
che tutti si sentano partecipi a questa comunità dazione senza gelosie e con
spirito di servizio, ben sapendo che alta è la posta in gioco. (Applausi)
PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto Monaco e do la parola al generale Mario Mori, comandante del Raggruppamento operativo speciale dellArma dei carabinieri, il quale svolgerà una relazione sul tema: "Lesperienza dellArma nella lotta al riciclaggio".
MORI Mario, comandante del ROS. Signor Presidente, signori, nelle sue linee generali il fenomeno del riciclaggio è schematicamente suddivisibile in tre fasi: laccumulazione primitiva dei capitali illeciti, la trasformazione dei capitali da illeciti a leciti, mediante linserimento dei primi nei circuiti delle banche e di altre attività finanziarie, e linvestimento di capitali originariamente illeciti, di cui una parte viene nuovamente destinata a potenziare e alimentare i traffici illeciti, mentre altra parte viene dirottata verso linvestimento, inteso nel senso capitalistico del termine.
La trasformazione di capitali da
illeciti a leciti attraversa a sua volta tre diversi momenti di progressione verso la
completa mimetizzazione del denaro sporco: la fase del collocamento, ossia
dellingresso nel circuito lecito, ed è questa la fase che rappresenta il momento di
massimo rischio per linvestitore criminale; lo stadio della stratificazione, ovvero
del mascheramento, realizzantesi mediante linterposizione di schermature idonee a
distinguere il provento dalle sue origini illecite; il momento dellintegrazione,
cioè della soluzione di unapparente legittimità della ricchezza nel sistema, così
da consentire nel futuro la produzione di arricchimenti giustificati.
Le metodologie impiegate dalle
organizzazioni criminali nellazione di riciclaggio di capitali di provenienza
illecita sono ormai estremamente diversificate. Mi limiterò qui a citarne alcune
particolarmente interessanti, oggetto di investigazione da parte dei reparti
dellArma dei carabinieri. Una tecnica di riciclaggio molto semplice e lineare è
quella, ad esempio, usata da unorganizzazione criminale che, partendo dalla
constatazione che la ripulitura del denaro a mezzo di professionisti della materia costava
e costa tuttora molto in termini economici, con una perdita calcolata in circa il 35 per
cento del capitale, e non garantiva né lutilizzazione immediata del denaro né
limmunità da eventuali accertamenti, provvedeva a costituire in forma societaria
una finanziaria, unagenzia immobiliare e un magazzino allingrosso per
forniture di materiale edile, inizialmente con la titolarità di prestanome, quindi con il
controllo diretto da parte di esponenti dellorganizzazione stessa.
Successivamente, la finanziaria,
individuate alcune imprese edili in difficoltà economiche e facenti capo a imprenditori
incensurati, offriva loro finanziamenti a tasso vantaggioso, esigendo di contro
lobbligo di avvalersi dellimmobiliare per la vendita degli appartamenti, con
laccordo, solo verbale, di servirsi del magazzino per lapprovvigionamento di
materiale edile. Il finanziamento erogato allimpresa era quindi comprensivo in parte
di denaro reperito dalla finanziaria nel circuito bancario, e in parte, quella più
consistente, di denaro sporco elargito in nero. Loperazione veniva assicurata da una
serie di compromessi di vendita degli immobili costruendi fittizi ed intestati a persone
di comodo o inesistenti. A realizzazione e vendita reale avvenute, i compromessi falsi
venivano sostituiti con quelli veri; contestualmente veniva fornito il materiale edile, il
cui pagamento costituiva di fatto la restituzione da parte dellimprenditore della
somma prestata, restituzione che poteva anche essere effettuata in natura, con la cessione
di alcuni immobili, che venivano successivamente trasferiti per la vendita dal magazzino
allingrosso allimmobiliare. Veniva in tal modo saldata una connessione fra la
finanziaria, limmobiliare e lazienda commerciale, benché ciascuna agisse
separatamente dallaltra e non fosse visibile il legame strutturale che consentiva il
recupero del denaro investito. Agli utili di detta società partecipavano quindi i
componenti dellorganizzazione criminale che, con il progressivo acquisto di quote
societarie direttamente o mediante prestanome, di fatto ne acquisivano il controllo.
Le operazioni così realizzate, dalle
quali traspariva la sola sottoscrizione delle azioni e la percezione dei dividendi ad esse
relativi poi reinvestiti nellacquisto di ulteriori azioni, non destavano sospetti
né depauperavano il capitale inizialmente investito.
Nel caso descritto, un ruolo centrale
nellattività di riciclaggio è svolto da una società finanziaria costituita ad
hoc dallorganizzazione criminale. Indipendentemente da tale caso limite, è
opinione diffusa che le società finanziarie siano ormai potenzialmente in grado di
gestire il patrimonio delle organizzazioni criminali, trasferendo nelleconomia
legale e sfruttando la forza della liquidità per ogni forma di condizionamento nel
contesto sociale e finanziario.
Sempre in tema di società finanziarie,
esemplare è lattività di unarticolata organizzazione dedita al traffico di
sostanze stupefacenti collegata a cosche della ndrangheta, che riciclava il denaro
attraverso una finanziaria che, elargendo prestiti a tassi usurari 130 per cento
tendeva ad acquisire capitali immobiliari e attività imprenditoriali delle vittime
insolventi. Strettamente collegato al riciclaggio è dunque anche il fenomeno
dellusura, riproposto costantemente allattenzione dellopinione pubblica
da pressoché quotidiani fatti di cronaca.
Infatti, in una fase come questa di
difficoltà economica, in cui laccesso al credito è sempre problematico, soggetti
potenzialmente in grado di disporre di consistenti quantità di denaro liquido, sono
senzaltro i grandi gruppi criminali che possono utilizzare i canali usurai come
forma di riciclaggio.
Partendo dalla considerazione che
lesercizio dellintimidazione è connaturale alla fase di riscossione degli
interessi, si può affermare che lattività di usura si moltiplichi qualora sia
legata direttamente o indirettamente alla presenza di associazioni criminali di tipo
mafioso, anche in aree geograficamente non tradizionali.
Le operazioni di polizia giudiziaria e le
dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno confermato lutilizzo sempre
maggiore delle tecniche usuraie per riciclare i proventi di altre attività illegali. Un
collaboratore di giustizia dellarea pugliese, ad esempio, ammette che una delle
attività più lucrose del suo gruppo era rappresentato proprio dallusura, con la
concessione di prestiti al tasso del 150 per cento per affari di miliardi. Sempre secondo
lo stesso collaboratore, il ricorso a questa forma illegale di credito è spesso
determinato da richieste estorsive da soddisfare.
Daltra parte, impiegato come
strumento di pressione, lusura notoriamente può innescare meccanismi di esproprio
di piccoli esercizi commerciali o di aziende di medie dimensioni, favorendo il riciclaggio
di capitali sporchi. Tali dinamiche sono avviate in genere proprio da società finanziarie
apparentemente al di sopra di ogni sospetto, ma di fatto collegate alle organizzazioni
criminali. Individuate aziende ed esercizi commerciali in difficoltà, le finanziarie
dapprima offrono prestiti a tassi inferiori a quelli proposti dalle banche, poi, in un
secondo tempo, chiedono lacquisto di quote azionarie fino ad ottenere
leffettivo controllo dellimpresa ad un prezzo sensibilmente inferiore a quello
di mercato.
Altrettanto ricorrenti sono i casi in cui,
mediante unestorsione continuata, si costringe la vittima a fare ricorso a prestiti
usurari e, ancora più frequenti, i casi in cui lo stesso prestito viene trasformato in
una forma di taglieggiamento che prelude allingresso forzato nella gestione delle
imprese. Per le organizzazioni mafiose dunque la riscossione dellinteresse usurario
non sempre ha un valore primario, ma è sovente strumentale al riciclaggio e
allacquisizione di attività imprenditoriali.
La pratica del riciclaggio di denaro
operato su scala internazionale, con attività borsistiche o cambiarie, comportava
necessariamente in passato il ricorso a professionisti esterni allorganizzazione.
Attività investigative più recenti confermano invece un rapido processo evolutivo delle
maggiori organizzazioni criminali, con lacquisizione di una progressiva autonomia
dellattività di riciclaggio e di reinvestimento attraverso lintegrazione
organica del supporto professionale, così da ottenere la riduzione dei costi ed evitare i
rischi delle transazioni.
Tale evoluzione della criminalità nel
settore economico, oltre a quanto già detto precedentemente, emerge chiaramente anche da
un altro complesso di indagini che ha consentito di accertare lesistenza di una
struttura criminale collegata ad una cosca della ndrangheta calabrese e dedita ad
una estesa attività di investimenti finanziari su scala internazionale, attraverso la
quale trovavano puntuale reimpiego ingenti capitali provento in prevalenza di attività
illecite riconducibili allorganizzazione stessa.
In particolare, le investigazioni hanno
posto in risalto come, attraverso speculazioni valutarie effettuate sia clandestinamente,
sia tramite referenti bancari internazionali, il denaro dellorganizzazione criminale
venisse non solo sostituito, ma anche moltiplicato. Vediamo dunque con quali modalità
concrete agiva lorganizzazione. Il capitale illecito in lire italiane veniva in
primo luogo convertito attraverso canali clandestini in dollari USA, offerti ad un tasso
di cambio inferiore a quello ufficiale e pertanto da ritenersi anchessi sporchi.
Questi dollari, attraverso referenti mediorientali, venivano convertiti ulteriormente in
dinari libici presso una banca del Cairo. Il denaro veniva poi trasferito presso istituti
finanziari e creditizi svizzeri o mediante corrieri o transitandolo su conti correnti
accesi presso istituti bancari ciprioti o libanesi. Presso le banche elvetiche, infine, il
capitale veniva riconvertito ad un tasso di cambio superiore a quello praticato in Egitto,
o reinserito nel circuito finanziario e valutario attraverso investimenti in certificati
di deposito o in unaltra valuta oppure ancora rientrava in Italia attraverso
bonifici su conti bancari.
Quanto acquisito consente di valutare
leccezionale crescita attuata in campo economico e finanziario dalle organizzazioni
criminali ove si consideri che fino a qualche anno fa e qualcuno mi può in questa
sede dare ragione era normale rinvenire nel corso delle perquisizioni pacchi di
denaro contante occultati nei divani, nei materassi o negli stipi delle cucine.
Lindagine in questione ha inoltre
confermato aspetti del fenomeno particolarmente preoccupanti. Le organizzazioni criminali
sono da tempo in grado di accedere agevolmente ai mercati finanziari internazionali
eludendo ogni forma di controllo valutario. Levoluzione del circuito finanziario
attivato dalle consorterie mafiose consente ormai contatti qualificati con noti
faccendieri internazionali e strategie sempre nuove.
Più indagini hanno evidenziato un sistema
di riciclaggio utilizzato in particolare dalle cosche siciliane, basato essenzialmente
sullo sfruttamento delle proiezioni criminali verso insediamenti di origine migratoria in
alcune regioni del Nord. È il caso del commercio delle carni macellate, che già nei
primi anni Sessanta ha visto esponenti di Cosa nostra insediarsi nel Lazio, in Emilia, in
Lombardia, per creare aziende che nel tempo hanno raggiunto una buona competitività.
In alcune di queste aree, o inserendosi in
aziende in fase di chiusura, o sfruttando aziende di proprietà di congiunti o di correi,
oppure dando vita a scatole vuote, sono state costituite varie imprese da parte di
emissari delle cosche, utilizzando spesso dei prestanome. I proventi delle attività
illecite svolte per lo più in Sicilia venivano materialmente portati presso le sedi delle
aziende dellItalia settentrionale, per le quali era usuale operare per contanti,
come quelle che trattano la compravendita di bestiame per la macellazione. Presso la
stessa azienda venivano anche fatti confluire altri capitali che erano stati trasformati
in assegni presso le case da gioco, secondo il sistema tradizionale dellacquisto di fiches
e della restituzione delle stesse alla cassa che rilascia il controvalore in assegno.
Il denaro sporco veniva utilizzato per
ricapitalizzare lazienda, con lacquisto di macchinari, immobili e automezzi,
facendola così crescere rapidamente. Dopo queste operazioni il responsabile
dellazienda veniva sostituito con un prestanome, normalmente nullatenente, che non
aveva molto da perdere, e lazienda o veniva trasferita allestero o veniva
avviata al fallimento, attraverso il trasferimento degli utili, dei macchinari, degli
immobili e del portafoglio clienti a società collegate normalmente con sede
allestero.
Prima dellavvio della procedura
concorsuale, tutti i documenti contabili venivano fatti sparire, o simulando furti o
provocando incendi. Il prestanome, ben remunerato, subiva, senza controbattere, le
sanzioni civili e penali del fallimento, mentre la società collegata beneficiava
delliniziativa truffaldina, monetizzava i beni e con i nuovi capitali riavviava lo
stesso circuito o provvedeva alla distribuzione degli utili, spesso immobilizzandoli in
conti presso banche di paesi ove aveva sede limpresa beneficiaria o investendoli in
immobili in zone ad alta remunerazione.
Altro sistema particolarmente usato dalla
criminalità organizzata per riciclare i proventi illeciti è la fatturazione di
operazioni inesistenti. Esso infatti soddisfa nella maniera migliore lesigenza
dissimulatoria della provenienza, caratteristica del riciclaggio, e nel contempo consente
di realizzare ulteriori guadagni attraverso il soddisfacimento di vari interessi, quali,
ad esempio, la riduzione dellattivo nella dichiarazione dei redditi, levasione
dellIVA e la copertura di eventuali tangenti, occultandone lerogazione sotto
prestazioni commerciali.
Lipotesi più semplice è quella di
unazienda, controllata o comunque "influenzata" dallorganizzazione
criminale, nel cui ambito debbano, ad esempio, affluire proventi del traffico della droga.
Indipendentemente dal problema degli
strumenti finanziari utilizzati, laddove esista unaltra impresa, che nulla ha a che
vedere con la prima ma che necessita di fatture false (ad esempio per meri fini fiscali),
si può determinare il seguente meccanismo: limpresa mafiosa fattura operazioni
inesistenti (caso tipico: prestazioni di servizi mai effettuate); limpresa
"terza" paga regolarmente il corrispettivo delloperazione (compresa
lIVA); lorganizzazione provvede a restituire (il più delle volte
allestero) il suddetto corrispettivo, naturalmente decurtato di una congrua
"provvigione", in genere pari a circa il 30 per cento del corrispettivo stesso.
Questo meccanismo consente
allimpresa mafiosa un duplice vantaggio: limmissione senza problemi dei fondi
nel patrimonio aziendale, grazie alla schermatura di unoperazione economica con
terzi del tutto insospettabili (almeno riguardo a collegamenti con la criminalità
organizzata); lassorbimento, anche totale, degli eventuali costi fiscali a proprio
carico attraverso la detta provvigione.
Un ultimo cenno merita una recentissima
attività condotta nel settore, concreto esempio di efficace ricorso alla normativa
prevista dallarticolo 12-quater della legge n. 356 del 1992.
Lintera attività si è articolata, infatti, su una serie di delicatissime
operazioni sotto copertura avviate parallelamente sul continente europeo e su quello
americano dallArma e dal Customs Service americano e protrattesi per oltre due anni,
allo scopo di individuare i circuiti finanziari utilizzati dai vertici mondiali dei
cartelli del narcotraffico per riciclare i proventi del commercio di cocaina e per
reimpiegarli in attività imprenditoriali in più paesi del mondo, tra cui lItalia.
Personaggio chiave dellindagine, sia
sul fronte italiano che su quello statunitense, risultava un broker colombiano
fiduciario dei più importanti cartelli di Cali, Medellin e Bogotà, ma anche di imprese e
uomini daffari di primo piano del Venezuela, degli Stati Uniti, della Spagna e del
Messico. Questultimo paese era divenuto una delle aree privilegiate dai colombiani,
non solo per farvi transitare lo stupefacente destinato agli Stati Uniti, ma anche per
riciclarvi, attraverso banche compiacenti, gli ingentissimi profitti.
Il cartello messicano di Juarez risultava
così aver assunto, da tempo, un ruolo di assoluto rilievo proprio grazie alle capacità
collusive con il sistema bancario che offriva successivamente ai trafficanti la
possibilità di reimpiego in direzione dello stesso Nord America e di altri Stati. Veniva
pertanto creata, in base alla citata normativa, unapposita società che offrisse al
personale incaricato di entrare in contatto con gli emissari dei trafficanti, una
credibile copertura alle proposte illecite di costoro, che intendevano appunto servirsene
per il lavaggio del denaro rastrellato e per il suo reimpiego. Parallelamente, gli agenti
del Customs Service avevano predisposto analoghe strutture negli Stati Uniti, allo scopo
di seguire i flussi e la destinazione del denaro raccolto sul continente americano e
convogliato verso le aree prescelte dal broker colombiano indagato e dai suoi
complici per il reinvestimento finale. In tal modo, gli operatori sotto copertura
ricevevano numerosi versamenti di denaro contante, ad iniziare dalle aree di Los Angeles e
Houston, che permettevano agli investigatori di individuare la predisposta rete bancaria
venezuelana e statunitense.
Successivamente, gli stranieri, verificata
lapparente solidità dellorganizzazione italiana, proponevano ai militari
operanti non solo il trasferimento bancario verso gli USA del denaro che essi ricavavano
dal narcotraffico in Italia ed in Spagna, ma anticipavano lintendimento di procedere
ad investimenti mobiliari ed immobiliari, dettagliatamente pianificati, nel nostro paese
per un ammontare di diverse decine di miliardi. Nellarco di circa sei mesi
poi loperazione si è conclusa avevano così luogo cinque versamenti di
denaro al personale sotto copertura, per un ammontare complessivo di oltre dieci miliardi
di lire, che venivano trasferiti su conti correnti di copertura statunitensi e da qui
infine alle Isole Cayman. Tali conti correnti, ad operazione conclusa, venivano posti
sotto sequestro, recuperando, altresì, il denaro depositatovi.
Per concludere, vorrei portare la nostra
esperienza sottolineando che lindagine sul riciclaggio, specificatamente mirata
sullipotesi di reato così come prevista dallarticolo 648-bis del
codice penale italiano, risulta oltremodo difficoltosa (e gli esperti che sono qui
presenti lo sanno), perché è arduo venire normalmente a capo degli artifizi di
mascheramento creati da persone da considerare ormai maestri nel settore. Piuttosto è
conveniente partire dai reati mezzo, tipici dei grandi gruppi criminali, che danno la
possibilità e maggiori appigli per inquadrare modalità dazione, componenti e
settori dintervento di unassociazione per delinquere, così da farne emergere
le reali finalità e stroncarne lazione. Questo è un dato incontrovertibile che si
ricava dalla quotidiana esperienza dei reparti operativi e che noi investigatori abbiamo
imparato a tenere in debito conto, pena cocenti delusioni nei risultati. (Applausi)
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Mori e do la parola al generale Rolando Mosca Moschini, comandante generale della Guardia di finanza. Approfitto per ringraziarlo per aver accolto linvito che gli è stato rivolto dalla Commissione parlamentare antimafia ed anche per il contributo organizzativo e tematico che ha offerto alla stessa Commissione.
Egli svolgerà una relazione sul "Ruolo della Guardia di finanza nella lotta al riciclaggio".
MOSCA MOSCHINI Rolando, comandante generale della Guardia di finanza. Grazie, signor Presidente, autorità e signori. Rivolgo il mio caloroso saluto a tutti i presenti. Lo faccio a nome della Guardia di finanza e mio personale ed esprimo la mia piena soddisfazione per questa iniziativa che investe un settore operativo a contrasto della criminalità organizzata che vede limpegno centrale e prioritario del Corpo.
Infatti, lazione di contrasto al
riciclaggio è indubbiamente uno dei più importanti, delicati e complessi impegni
operativi che vedono coinvolta la Guardia di finanza quale organo di polizia giudiziaria e
tributaria.
È ben noto che la destabilizzante
immissione di capitali illeciti nei circuiti delleconomia legale oltre ad
alterare profondamente le regole dei mercati economici e finanziari si lega
normalmente alla commissione di violazioni di carattere fiscale, così come sono
altrettanto evidenti i pericolosi riflessi che la circolazione del "denaro
sporco" riverbera anche sul versante dellordine e della sicurezza pubblica. Per
tale ultimo aspetto è sufficiente riferirsi come è stato già detto alla
sua capacità di alimentare continuamente lattività criminale ovvero di finanziare
quelle altre attività criminali dalle quali è possibile trarre profitti ragguardevoli.
Partendo da questa considerazione, tre
sono i punti che desidero illustrare.
Innanzitutto, le metodologie operative
seguite dal Corpo e la struttura organizzativa predisposta per la loro attuazione; in
secondo luogo, con un brevissimo cenno, i risultati conseguiti e, infine, le possibili
linee di sviluppo.
In merito alle metodologie operative ed al
dispositivo per il contrasto del riciclaggio, lelemento che caratterizza
anche in questo settore lazione del Corpo è la capacità di esaminare in
modo globale i contesti sottoposti ad approfondimento. Infatti, la Guardia di finanza
in forza delle penetranti potestà e delle specifiche competenze ad essa conferite
da diverse disposizioni legislative per fini di tutela degli interessi economici,
finanziari e tributari nazionali e comunitari può intervenire tenendo
contemporaneamente in considerazione tutti gli aspetti che possono emergere nel corso di
indagini, sia amministrative che penali.
I militari del Corpo sono nelle condizioni
di poter svolgere indagini di polizia giudiziaria anche mediante limpiego delle
moderne tecnologie in materia di intercettazione di comunicazioni ed avvalendosi
dellopportunità di differire gli atti così come previsto dal decreto-legge
n. 419 del 1991. Inoltre, sono nelle condizioni di svolgere accertamenti
patrimoniali, sviluppati in base alla normativa antimafia, approfondimenti delle
segnalazioni di operazioni finanziarie sospette che pervengono dallUIC, controlli
valutari ai fini della verifica delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale,
previste dal decreto legislativo n. 125 del 1997 e, altresì, verifiche fiscali
rivelatesi strumenti ispettivi di straordinaria incisività per lindividuazione e
lemersione di fatti di riciclaggio.
Tre sono sostanzialmente gli
obiettivi verso i quali è rivolta lattività del Corpo a contrasto della
particolare fenomenologia illecita. Il primo è quello di individuare e disarticolare le
reti di riciclaggio e di pervenire al sequestro delle somme movimentate, avvalendosi delle
indagini di polizia tributaria e giudiziaria ed utilizzando le operazioni sotto copertura
previste dal D.L. n 306 del 1992. Il secondo è rappresentato dal sequestro e dalla
confisca delle ricchezze illecitamente accumulate in passato. Il terzo è un obiettivo di
natura preventiva, perseguito attraverso controlli prevalentemente di tipo amministrativo
consentiti dalla legge n. 197 del 1991.
Per perseguire tali obiettivi, il Corpo
ha, nel tempo, provveduto ad adeguare ed orientare la propria struttura ordinativa, in
modo da ottimizzare le diverse specializzazioni dei propri reparti. Oggi oltre agli
ordinari Nuclei di polizia tributaria ed ai reparti territoriali agiscono
soprattutto due strutture particolarmente specializzate: il Servizio Centrale ed i Gruppi
interprovinciali per la lotta alla criminalità organizzata, rivisitati e rafforzati in
attuazione delle recenti direttive emanate il 25 marzo ultimo scorso dal Ministro
dellinterno (ricordo al riguardo che i GICO della Guardia di finanza passano da 14 a
26, cioè uno per ogni sede di Direzione Distrettuale Antimafia); poi il Nucleo speciale
di polizia valutaria che, direttamente o delegando i Nuclei di polizia tributaria,
esercita la vigilanza nei confronti delle società finanziarie, svolge attività
investigative in materia di abusivismo bancario, di usura e di intermediazione finanziaria
mobiliare, provvede ad eseguire gli approfondimenti delle operazioni sospette segnalate
dagli intermediari finanziari allUIC.
Lattività è condotta: utilizzando
le banche dati esistenti; attraverso, come è già stato detto, la cooperazione con la DIA
con la quale è stato siglato un protocollo dintesa tesa a favorire un intenso
interscambio informativo ed avvalendosi, soprattutto, degli elementi informativi forniti
dal II Reparto del Comando generale che costituisce la struttura di intelligence
del Corpo deputata a mantenere, tra laltro, il collegamento con gli organi
collaterali esteri.
Lattività operativa viene sostenuta
dalla ricerca di accordi in sede internazionale tesi a favorire lindispensabile
cooperazione.
Con riferimento a tale ultimo aspetto,
infatti, la Guardia di finanza oggi: partecipa al Gruppo di Azione Finanziaria
Internazionale (GAFI) ed al Gruppo Egmont, ed ha inserito un proprio ufficiale nel
programma di mutue valutazioni recentemente avviato dal Consiglio dEuropa;
organizza, sulla base di accordi stipulati, appositi moduli formativi a favore di
personale appartenente ad organismi stranieri; fornisce attiva collaborazione
nellambito del programma PHARE dellUnione Europea, finalizzato a creare
presidi antiriciclaggio nellEuropa centro-orientale (area, come noto, molto
sensibile).
Ora un brevissimo cenno ai risultati
conseguiti. Dal 1º gennaio 1996 al 30 maggio ultimo scorso sono stati complessivamente
accertati 296 casi di riciclaggio e denunciate 1.033 persone, di cui 201 colpite da
provvedimenti restrittivi. Lo sviluppo delle operazioni sospette, nel suo complesso, ha
invece consentito di accertare il riciclaggio di somme per circa 213 miliardi. Sono
risultati significativi ma ancora contenuti anche se, nello stesso periodo, sono stati
condotti accertamenti patrimoniali nei confronti di 7.490 persone fisiche e 396 persone
giuridiche, con il conseguente sequestro di beni per un valore di circa 2.800 miliardi.
In tema di lotta al riciclaggio, se
possiamo affermare che molti passi avanti sono stati compiuti sul piano normativo e su
quello investigativo, credo anche che debbano essere ricercati ulteriori margini di
miglioramento.
Il decreto legislativo n. 153 del
1997 ha certamente razionalizzato il nostro sistema, individuando con precisione gli
organismi a cui spettano determinate funzioni. Occorre ora sfruttare al massimo le
potenzialità offerte dalle nuove norme, accentuando, innanzitutto, lanalisi e gli
incroci dellintera massa di dati e di informazioni disponibili per orientare
lazione ispettiva.
Lobiettivo è quello di selezionare
gli interventi da operare, evitando così la dispersione delle risorse investigative in
attività che non siano proficue.
Al riguardo, è stata recentemente decisa
la costituzione presso il Comando Generale di un gruppo di lavoro permanente
composto da ufficiali del Reparto Operazioni, del Reparto Informazioni e del Nucleo
Speciale di polizia valutaria che avrà il compito di monitorare costantemente
landamento delle investigazioni e valutare gli interventi di indirizzo e di
coordinamento eventualmente necessari.
Inoltre, sin dallo scorso anno, il Nucleo
Speciale di polizia valutaria ha iniziato una nuova serie di approfondimenti, prendendo a
riferimento il contenuto delle singole segnalazioni e mirando a censire le tipologie delle
operazioni segnalate.
Lanalisi ha già prodotto alcuni
risultati che sicuramente stimolano riflessione. Come ha ricordato questa mattina
lavvocato Granata, oltre il 90 per cento delle segnalazioni proviene esclusivamente
dal sistema bancario, mentre vi sono alcuni operatori di settore che hanno inviato
quantità irrisorie di segnalazioni ed alcune categorie di intermediari che non hanno mai
trasmesso alcuna segnalazione dallentrata in vigore della legge.
Credo che sia indispensabile verificare i
motivi di tale situazione ed in questa prospettiva appare auspicabile un rafforzamento dei
meccanismi di vigilanza richiamo quanto ha detto il professor Bianchi
allinizio di questa giornata e dei rapporti fra autorità di vigilanza ed
organismi investigativi (CONSOB-ISVAP-UIC).
Ulteriore obiettivo da perseguire è il
costante miglioramento della qualità delle informazioni.
Ritengo la qualità degli inputs
generati ben più importanti del loro numero. Anzi, è ragionevole supporre che una
notevole massa di segnalazioni scarsamente qualificate finisca per saturare le risorse
destinate al loro approfondimento, bloccando, in definitiva, il funzionamento del sistema.
Potrebbe essere utile, in proposito, un
ampliamento del feedback previsto dal decreto legislativo n. 153 del 1997,
offrendo la possibilità agli intermediari di avere un riscontro delle loro segnalazioni.
Per quanto attiene lazione degli
organi investigativi, ritengo decisivo il sostegno di una buona attività di intelligence,
ma non soltanto di quella proveniente dagli organismi preposti in modo specifico alla
vigilanza nel settore economico finanziario, bensì anche di quella svolta dai Servizi di
Sicurezza che, da un lato, tenga in debito conto il fenomeno di globalizzazione dei
mercati finanziari e la crescente infiltrazione di capitali stranieri di illecita
provenienza, e, dallaltro, tenda ad un migliore coordinamento con le attività dei
predetti organi specialistici in materia finanziaria.
Sempre sotto laspetto investigativo,
torna pressante la necessità e lurgenza dellemanazione del decreto
ministeriale di attuazione dellarticolo 20, comma 4, della legge 413 del 91, che
prevede, come noto, la realizzazione dellanagrafe dei conti e dei depositi
determinando anche linclusione in questo archivio di "ogni altro rapporto
continuativo", diverso dai conti e dai depositi, idoneo a movimentare denaro, nonché
dei "rapporti di garanzia", attualmente in forza delle vigenti disposizioni
regolamentari.
Attraverso lanagrafe potrebbero
essere agevolmente localizzati, in tempi ridottissimi, i conti dei soggetti indagati,
senza dover interpellare lintero sistema creditizio. In mancanza di dati
centralizzati, invece, il rilevamento su tutto il territorio nazionale certamente
oneroso e complesso viene oggi attivato soltanto in quei casi in cui la rilevanza
del soggetto, le sue abitudini e le sue relazioni inducano a sospettare una
"polverizzazione" delle sue disponibilità finanziarie.
Restando in tema di rapporti bancari, un
positivo contributo deriverebbe dallemanazione di una norma che imponga
lestinzione obbligatoria dei libretti di deposito al portatore accesi in data
anteriore al luglio del 1991 ed aventi tuttora un saldo superiore ai 20 milioni.
Per una più ampia e immediata conoscenza
della posizione patrimoniale e reddituale dei soggetti, appare inoltre utile
informatizzare e porre a disposizione delle forze di polizia i dati raccolti dalle
questure in base alla legge 12 agosto 1993, n. 310, (cosiddetta legge
"Mancino") sulla trasparenza delle transazioni commerciali.
Infine, un ulteriore indispensabile e
poderoso sforzo deve essere compiuto in termini di potenziamento della cooperazione
internazionale. È questo a mio giudizio un aspetto fondamentale, dal quale
non si può assolutamente prescindere tenendo conto dellestensione geografica
dellillecita fenomenologia dellargomento.
Come ha detto anche il direttore
dellUfficio Italiano Cambi è necessario definire una normativa omogenea a livello
internazionale e un fronte operativo comune.
Per quanto attiene a tale ultimo aspetto,
sarebbe certamente utile ai fini delle indagini lintroduzione di una
norma, nellambito del decreto legislativo n. 153 del 1997, che consenta
esplicitamente a Guardia di finanza e Direzione investigativa antimafia di scambiare
formalmente dati e notizie con i collaterali esteri per lo sviluppo delle segnalazioni
sospette.
In conclusione, ritengo che le strutture
esistenti siano sostanzialmente valide e che la linea da seguire sia quella della loro
valorizzazione.
Lauspicio è che vengano al più
presto perfezionati gli strumenti normativi e gli altri meccanismi a supporto delle
operazioni del Corpo. Questo convegno li sta mettendo in chiara evidenza e questo
costituisce già un significativo risultato. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Mosca Moschini. Ha ora la parola la dottoressa Carla Del Ponte, procuratore generale della Confederazione svizzera, che svolgerà una relazione su "Riciclaggio e cooperazione internazionale".
Con questo intervento apriamo anche il contributo qualificato dei nostri ospiti stranieri. Con la dottoressa Carla Del Ponte dobbiamo sottolineare che ci lega un rapporto molto positivo, affettuoso, intelligente; dai tempi della sua collaborazione col dottor Falcone sino ad oggi si è creato questo rapporto e noi labbiamo voluta qui insieme a noi perché la sua esperienza è molto preziosa. (Applausi).
DEL PONTE Carla, procuratore generale della Confederazione svizzera. Saluto tutti molto cordialmente e ringrazio la Commissione parlamentare antimafia e il senatore Del Turco per questo invito. È vero, sono molto legata al vostro paese, intanto dal punto di vista professionale, ormai da tantissimi anni non dico quanti il che mi ha permesso anche di conoscerlo.
Il tema che mi è stato assegnato
riciclaggio e cooperazione internazionale sul nostro territorio corrisponde
ad un uso abusivo della piazza finanziaria svizzera, per la sua stabilità, per la
qualità dei servizi offerti e per il suo segreto bancario. La piazza svizzera, così come
altre piazze finanziarie, è utilizzata da criminali desiderosi di mettere al sicuro il
denaro che proviene dalle loro attività illecite: parliamo qui essenzialmente e
principalmente di droga, armi, corruzione, ma anche di frode fiscale.
A fronte di tali minacce, sia le autorità
che il sistema bancario svizzero hanno adottato tutta una serie di misure e il diritto
penale ordinario è stato modernizzato con strumenti nazionali ed internazionali. Per
modernizzare i mezzi di repressione si è creato un nuovo rapporto tra le autorità e gli
operatori del settore finanziario; dallaprile di questanno si registra una
collaborazione attiva del settore finanziario nella lotta la riciclaggio. Lo sappiamo
tutti, questo crimine organizzato si caratterizza per la complessità delle sue strutture,
il carattere multinazionale, linfiltrazione nei sistemi politici, economici e
finanziari, la fusione tra attività illecite e attività lecite, una difficile
localizzazione, una difficile definizione, una difficile repressione.
A livello nazionale svizzero le principali
innovazioni che sono state introdotte sono, intanto, la punibilità dellassociazione
criminale come tale, appunto come appartenenza allassociazione criminale. Al
riguardo, fino a pochi anni fa era impossibile ottenere da noi assistenza giudiziaria
nellambito delle vostre inchieste; ma ormai è cosa fatta.
Inoltre, nessun segreto bancario ostacola
lo svolgimento delle inchieste. In questa occasione vorrei soffermarmi sul concetto di
segreto bancario. Innanzi tutto, che cosè? Come è noto, è un obbligo di
discrezione dei funzionari delle banche nei confronti dei terzi. Il titolare del segreto
bancario è dunque il cliente, non la banca. Il fondamento, la base giuridica
labbiamo sia nel diritto civile ma soprattutto nella legislazione bancaria, che
punisce la violazione del segreto anche con la detenzione.
Vorrei poi sfatare un altro luogo comune;
molti infatti non sanno che in Svizzera non esistono conti anonimi: tutti i conti bancari
che vengono aperti devono avere un proprietario-persona fisica. Cè, sì, il conto
cifrato, ma è tale, quindi sconosciuto, al di fuori dalla banca e per la maggior parte
degli impiegati bancari; tuttavia, il titolare del conto cifrato è pur sempre conosciuto,
sia pure da un ristretto numero di persone, allinterno della banca.
I limiti del segreto bancario sono innanzi
tutto quelli definiti dal cliente, che può autorizzare la banca a dare tutte le
informazioni. Gli altri limiti, naturalmente, sono quelli definiti dalla legge; in
particolare, quando si tratta di procedimenti penali, non esiste il segreto bancario.
Ricordo ancora che il segreto bancario non è un istituto soltanto svizzero: esiste in
diversi Stati, anche da voi. Certo, lAustria e il Lussemburgo sono i paesi che hanno
una configurazione del segreto bancario molto più vicina alla nostra.
Un ulteriore strumento a livello nazionale
che si sta rivelando di grande utilità è il rovesciamento dellonere della prova
nel caso di confisca dei beni provenienti dallattività del crimine organizzato.
Abbiamo avuto diversi casi di iniziali sequestri di fondi sulla base di sospetti concreti;
tocca al proprietario del conto dimostrare allora che questi fondi sono puliti per
ottenere il dissequestro e impedirne la confisca. Naturalmente, questo rovesciamento
dellonere della prova in uno Stato di diritto ha posto inizialmente alcuni problemi,
che però sono stati superati quando qualche anno fa abbiamo dovuto liberare miliardi e
miliardi di lire, anche su Palermo, che erano stati sequestrati ma rispetto ai quali non
cera nesso di causalità diretto tra lattività criminale illecita e il denaro
depositato da noi.
Un ulteriore elemento valido è la
punibilità, oltre che del riciclaggio come tale (che da noi è punito con una norma del
codice penale), del reato di carente diligenza nelle operazioni finanziarie. Questo reato
si è rivelato di grande utilità non tanto nella repressione, quanto nel fatto che le
grosse banche e quelle medie hanno istituito al loro interno ununità investigativa
per evitare di ricadere sotto la norma ricordata.
Abbiamo poi lufficio centrale di
polizia per questo tipo di infrazioni, creato un anno e mezzo fa, che è senzaltro
molto utile nellottica di quanto veniva detto prima, ossia dello scambio di
informazioni a livello internazionale sui dati delle varie inchieste in corso.
Per quanto riguarda la corruzione, a
livello svizzero siamo soprattutto depositari di fondi legati alla corruzione avvenuta
allestero. È in atto ma non è ancora in vigore una revisione della
legge, in quanto abbiamo la corruzione attiva e la corruzione passiva, il che in alcuni
casi non concede la possibilità di individuare il reato di riciclaggio, che da noi è
punito solo se il reato presupposto è previsto come crimine.
A livello internazionale è stato
già detto, ma lo sottolineo perché è importante spesso non si utilizza la ben
nota Convenzione del Consiglio dEuropa del 1990 sul riciclaggio (sia lItalia
che la Svizzera lhanno ratificata). Ricordo che larticolo 10 prevede nelle
procedure per il riciclaggio la possibilità per i magistrati di una trasmissione diretta
delle informazioni, quindi senza assistenza giudiziaria tra i due paesi, ma in forma
appunto diretta, anche telefonica, anche per fax. Ricordiamo altresì la
Convenzione del dicembre 1997 sulla punibilità dei funzionari stranieri: la Svizzera ha
già firmato questa Convenzione, che dovrebbe entrare in vigore prossimamente.
Ancora due parole sullinfrazione a
carattere fiscale, che è il nostro grande problema. Secondo il diritto svizzero si deve
fare una distinzione è dobbligo tra levasione e la frode
fiscale. Levasione fiscale, ossia lomessa dichiarazione di reddito o di
fortuna, non è un reato penale, è una contravvenzione amministrativa; quando viene
scoperta, la sanzione irrogata consiste in una multa, senza nessuna conseguenza penale.
Questo vuol dire che non cè alcuna possibilità di assistenza giudiziaria per il
reato di evasione fiscale commesso nel vostro Stato ed in molti paesi europei. Per contro,
se si tratta di frode fiscale, ossia truffa fiscale, lassistenza giudiziaria è
fornita, per il particolare dellinganno astuto, del falso documentale utilizzato per
queste dichiarazioni fiscali.
Nel corso di precedenti interventi abbiamo
ascoltato che il riciclaggio di denaro consta di tre fasi. Possiamo dire che da noi non
esiste più il primo gradino, ossia il placement della valigia piena di denaro
contante. Abbiamo però diversi casi di riciclaggio che riguardano i due altri gradini,
ossia quello del layering e dellintegrazione.
Le banche svizzere hanno già concluso una
convenzione, denominata convezione di diligenza, che impone alle banche stesse di
conoscere il proprietario economico dei fondi depositati. È stata pure introdotta
linterdizione di prestare assistenza attiva alla fuga dei capitali, ma non
lassistenza passiva. Lassistenza attiva si ha quando il cliente italiano
chiede di portare in Svizzera una certa quantità di miliardi di lire; la banca non lo
può fare e non lo fa (almeno così speriamo!). Invece lassistenza passiva consiste
nel far arrivare al cliente straniero il denaro depositato in Svizzera: questo purtroppo
è ancora possibile. Comunque, abbiamo una sorveglianza stretta e la sanzione è una multa
fino a dieci milioni di franchi svizzeri, il che per alcune banche può anche essere poco.
Dal 31 marzo 1999 avremo anche
unautorità di controllo sullattività del settore parabancario. Voi sapete
che tutte queste norme di vigilanza hanno praticamente spostato lattività di
riciclaggio non più direttamente nelle banche ma in una fase che in tedesco chiamiamo Vorstufe;
ossia il riciclaggio avviene a livello di società finanziarie, società di cambio,
avvocati, notai e così via, cioè in una fase che viene "prima" della banca.
Dallaprile di questanno è entrata in vigore la nuova legge federale sul
riciclaggio di denaro che copre anche questo settore, precedentemente sprovvisto di
qualsiasi vigilanza. Naturalmente la Svizzera ha partecipato alla dichiarazione del
comitato di Basilea del 1998, che altro non è che un primo codice di comportamento
internazionale per le banche. Inoltre la Svizzera partecipa al GAFI, con le 40
raccomandazioni (sottolineo che abbiamo superato il secondo esame pochi mesi fa, come
potete leggere nel rapporto che avete ricevuto).
Due parole ancora sullassistenza
giudiziaria, altro grosso problema. Si deve riconoscere che la Svizzera fornisce ampia
assistenza giudiziaria, sia penale che amministrativa. Per quanto riguarda
lassistenza penale abbiamo avuto una revisione della legge, di cui ho già parlato,
con una diminuzione dei tempi di evasione, che però sono ancora troppo lunghi. Per quanto
riguarda lassistenza giudiziaria amministrativa, quella che interessa soprattutto le
autorità di sorveglianza dei mercati finanziari, banche e Borse, queste già ora possono
trasmettere direttamente le loro informazioni. Su oltre 3.000 domande di assistenza
giudiziaria, più di 2.000 vengono evase in tempi molto celeri, le altre hanno
naturalmente tempi più lunghi. Proprio in questi giorni a Roma si sono incontrati alcuni
specialisti svizzeri e italiani per elaborare una bozza di trattato bilaterale
Svizzera-Italia al fine di accelerare anche questi tempi ancora troppo lunghi
dellassistenza giudiziaria; io spero che per il mese di settembre i nostri
rispettivi Ministeri della giustizia possano firmare tale trattato bilaterale.
Il problema fiscale resta; giustamente da
parte italiana si diceva che si vuole lassistenza anche nei casi di evasione
fiscale, così come accade con gli Stati Uniti (che hanno firmato con noi un trattato il
quale garantisce loro piena assistenza giudiziaria). Lobiezione da parte della
Svizzera si riferisce al fatto che non si può stabilire un simile accordo solo con
lItalia, ma bisognerebbe farlo a livello europeo; altrimenti tutti gli Stati europei
chiederebbero un trattato bilaterale. Comunque, certamente il problema andrà risolto ed
è utile che se ne discuta in questo settore di trattative tra lItalia e la
Svizzera.
Concludo con alcune considerazioni. La
Svizzera dispone attualmente di un buon "arsenale" legislativo. La certezza è
che privare il crimine organizzato delle sue risorse finanziarie è certamente il mezzo
migliore per distruggerlo. Per questo ci vuole, soprattutto, unapplicazione rigorosa
delle nostre leggi nazionali ed internazionali: solo così potremo arrivare a dei
risultati concreti. Ma non ci nascondiamo gli ostacoli e le lacune che intravediamo.
Alcune considerazione le abbiamo già
sentite questa mattina, ad esempio in merito alla mancanza di un coordinamento legislativo
sul piano internazionale. Ponetevi la domanda: riciclaggio di quale denaro? E troverete
una risposta diversa da Stato a Stato. Questo naturalmente non va. Lideale sarebbe
poter introdurre un principio di universalità nella procedibilità per alcuni tipi di
reato. Naturalmente e lappello di Ginevra dei magistrati europei ce lo
conferma lassistenza giudiziaria deve essere più celere. Si dovrebbe poter
arrivare a dire: libera circolazione delle merci, libera circolazione delle persone e
perché no? libera circolazione dei magistrati.
È vero, i paradisi fiscali e la
Svizzera non è un paradiso fiscale dovrebbero adottare legislazioni altrettanto
severe, per le società off-shore e lutilizzo dei conti di mascheramento,
perché nelle banche svizzere i soldi arrivano adesso con accredito bancario, ma da
qualche parte, in qualche paese avviene tutto quello che prima si poteva fare in Svizzera,
cioè arrivare con una valigia, aprire un conto anonimo e così via.
Vorrei concludere, senza omettere di
sottolineare limportanza di questa volontà comune per risolvere i nostri problemi,
dicendo che la Svizzera è seriamente intenzionata a ripulire la propria piazza
finanziaria. Ci sono già tantissimi soldi puliti depositati nelle nostre banche; non
abbiamo bisogno dei soldi sporchi. Questo ce lo dicono le banche; naturalmente, come
sapete, non si possono ottenere risultati se non cè un lavoro che viene realizzato
a livello internazionale. Spero che Convegni come questo servano non solo a identificare i
problemi, ma a trovare le soluzioni giuste. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Carla Del Ponte e do la parola al generale Carlo Alfiero, direttore della Direzione investigativa antimafia, il quale svolgerà una relazione sul tema: "Lattuazione del decreto legislativo n. 153 del 1997: risultati operativi e prospettive".
ALFIERO Carlo, direttore della DIA. Signor Presidente, ringrazio la Commissione antimafia per questo invito che mi permette di far conoscere uno degli aspetti forse meno noti dellattività della DIA.
Il tema che affronterò, come già
annunciato dal Presidente, è quello dei risultati operativi e delle prospettive
nellesperienza della DIA relativi allattuazione del decreto legislativo
n. 153 del 1997. Questo decreto, al di là delle innovazioni di carattere filosofico
ed etico, cioè lapplicazione dei principi di trasparenza e di collaborazione attiva
che ne costituiscono la base, ha introdotto un principio di canalizzazione che è
caratteristico: canalizzazione delle segnalazioni verso lUfficio italiano dei cambi
(UIC); canalizzazione del contesto investigativo, limitato al Nucleo speciale di polizia
valutaria e alla DIA; canalizzazione del destinatario finale, il Procuratore nazionale
antimafia, previsto per legge.
La parte di assoluto rilievo, per quanto
ci riguarda, è linserimento della DIA quale organo investigativo dotato di
specifica competenza nel settore della criminalità organizzata. Il Nucleo speciale di
polizia valutaria, presente nella precedente disciplina, era già competente in materia.
Questo può significare che il legislatore ha considerato la DIA, forse per la sua
composizione interforze, per la sua organizzazione e la sua competenza nel settore sia
preventivo sia giudiziario, come lorganismo più completo e più adatto a svolgere
tale ruolo.
A seguito di questa innovazione tutti gli
enti interessati si sono organizzati. Cito in particolare una circolare dellUIC
sulla standardizzazione delle procedure. Ricordo una nota del Procuratore nazionale, nella
quale peraltro viene riconosciuto alla DIA, proprio in virtù della sua specifica
competenza, un ruolo primario nellindividuazione delle operazioni sospette attinenti
alla criminalità organizzata. Ma ricordo soprattutto il protocollo dintesa siglato
a seguito dellimmediata constatazione di possibili pregiudizievoli accavallamenti,
interferenze, sovrapposizioni fra i due organismi investigativi. Nello spirito di
chiarezza, di cooperazione, collaborazione e coordinamento che ci deve essere tra le forze
di polizia, avvertimmo il bisogno di firmare a marzo quel documento tra il vertice della
DIA e quello della Guardia di finanza. In sintesi, con questo protocollo dintesa si
stabilirono i criteri per la ripartizione delle competenze e, soprattutto, fu deciso un
continuo e reciproco flusso di informazioni fra le due strutture che si è rivelato molto
proficuo anche sotto laspetto dei risultati operativi.
Come si è organizzata la DIA in questa
materia? La DIA, come sapete, è articolata in tre Reparti: investigazioni preventive,
investigazioni giudiziarie e investigazioni internazionali. I primi due Reparti sono stati
interessati alla materia, il terzo lo è stato, ovviamente, per tutti quei risvolti
internazionali che dovessero verificarsi. Il I Reparto, quello delle investigazioni
preventive, studia il fenomeno dal punto di vista delle possibilità di applicazione dei
poteri speciali riconosciuti al direttore della DIA (ma di questo parleremo più avanti).
Al II Reparto spetta lo screening di tutte le segnalazioni pervenute; questa
seconda fase, che è poi quella propriamente investigativa, comporta due momenti
fondamentali. Il primo è quello che si svolge al centro della struttura e comprende la
consultazione di tutti gli archivi e i contatti con i servizi centrali delle forze di
polizia per arrivare ad individuare le segnalazioni in cui può essere, in qualche modo,
implicata la criminalità organizzata. In questo secondo momento, una volta individuata
tale implicazione, il problema viene trasferito ai centri operativi competenti, quindi
nella periferia, perché vengano approfonditi gli accertamenti. Non si tratta di una fase
di accertamento giudiziario, ma della classica fase di accertamenti, di investigazioni
preventive per stabilire se vi siano le premesse per avviare uneventuale attività
giudiziaria. Ovviamente, in tutte queste fasi i contatti con la Direzione nazionale
antimafia sono continui e costanti, come stamattina, fra laltro, mi testimoniava
anche un autorevole rappresentante di quella Direzione.
Ed esaminiamo cosa è stato fatto. Oggi
abbiamo ascoltato tante dichiarazioni di principio; passiamo un attimo allarida
significatività dei numeri. Dal settembre del 1997 alla fine di maggio di questanno
sono pervenute 1.231 segnalazioni, quindi una media di circa 6 segnalazioni al giorno. Su
questo dato si può fare qualche considerazione. Va fatta anzitutto una premessa: queste
considerazioni non possono essere definitive; sono semplicemente idee che nascono da un
momento di approccio iniziale allattuazione della legge. Ciò è dimostrato, per
esempio, da un dettaglio: nei primi tre mesi sono pervenute solo 67 segnalazioni; poi,
evidentemente, si è preso coraggio, si sono superate le difficoltà organizzative
iniziali ed è aumentato il flusso di segnalazioni.
Già da questo primo dato sul complesso
delle segnalazioni rileviamo qualche elemento considerevole. Rispetto al passato, ad
esempio, si registra un netto miglioramento. In tutto larco di sette anni di
applicazione della legge n. 197 del 1991, solo l1,22 per cento delle
segnalazioni è stato utilizzato per lavvio di procedimenti penali, cioè 85, e di
questi solo lo 0,23 per cento per fatti connessi al reato di riciclaggio. Il nuovo regime
in meno di un anno ha prodotto 52 segnalazioni, corrispondenti al 4,22 per cento del
totale. Queste segnalazioni, una volta approfondite dalla DIA, saranno poi sottoposte alla
valutazione dellautorità giudiziaria, ma sono state comunque valutate come
attinenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso, e quindi meritevoli di
approfondimenti.
Come sono divise queste 1.231
segnalazioni? Per il 31,1 per cento provengono dallItalia settentrionale; per il
53,3 per cento dallItalia centrale e per il 15,6 per cento dallItalia
meridionale. Vi sono regioni che segnalano meno: al Nord, la Valle dAosta che non ha
fatto alcuna segnalazione, e si può anche capire, viste le sue dimensioni; al Centro,
Abruzzo e Sardegna; al Sud, Basilicata, Calabria e Molise. Sono le regioni che hanno fatto
il minor numero di segnalazioni. In compenso, vi sono regioni che hanno fatto un numero
considerevole di segnalazioni.
Gli intermediari più solleciti sono
dislocati in Lombardia (124), in Toscana, regione dalla quale proviene circa il 40 per
cento delle segnalazioni, e in Campania per il meridione. Per quanto riguarda la Toscana
però occorre fare unosservazione. Unoperazione antiriciclaggio di due anni fa
in un determinato settore ha probabilmente sensibilizzato tutti gli operatori di quel
settore per cui il dato del 40 per cento sul totale si spiega in questo modo.
A segnalare sono soprattutto gli istituti
di credito, come è stato già messo in evidenza (il 97,5 per cento), mentre più
contenute sono risultate le segnalazioni da altri uffici, in particolare dalle società di
intermediazione mobiliare (SIM). Non sono pervenute segnalazioni da parte di società
fiduciarie, società di gestione di fondi comuni e da società finanziarie che operano nei
confronti del pubblico.
Delle 52 segnalazioni che sono risultate
di interesse della DIA, 51 sono venute da istituti di credito e 1 da una SIM. In sintesi,
di queste 52 segnalazioni, 29 riguardano problemi di mafia; 9 di camorra; 6 di
ndrangheta; 4 di criminalità pugliese. È un dato interessante, che commenterò in
seguito, il fatto che delle 52 segnalazioni 28 siano pervenute dalla Sicilia, 8 dalla
Lombardia, 6 dalla Campania, 4 dalla Puglia e 3 dal Piemonte. Anche questa non coincidenza
delle zone a rischio con le segnalazioni può essere significativa.
La maggior parte di queste 52
segnalazioni, che sono risultate di interesse, è stata in parte trasmessa ai Centri
operativi per i successivi sviluppi; in 3 casi sono state inviate al I Reparto per
ulteriori approfondimenti da attuarsi con gli strumenti di indagine propri del direttore
della DIA. Ricordo specificamente laccesso in banca per il controllo della
documentazione bancaria del soggetto; su queste attività sono quindi in corso ulteriori
accertamenti.
Infine, in 15 casi lesito delle
indagini, arricchito da ulteriori riscontri ed elementi di aggiornamenti investigativi,
sono confluiti in procedimenti penali già in atto presso varie DDA, e quindi hanno
consentito di ampliare i contesti investigativi già in essere.
Questi sono i dati essenziali del primo
periodo di applicazione del decreto legislativo n. 153. Da questi dati possiamo
trarre qualche considerazione. La prima riguarda limmissione dei dati stessi, un
punto delicato ma fondamentale. Cè bisogno di una sensibilizzazione di determinate
aree finanziarie, aree locali o di settore. Come farlo? Bisognerà studiare il problema.
Cè bisogno soprattutto di limitare al massimo la discrezionalità di chi fa la
segnalazione e occorre operare in questa direzione. So personalmente, al di là di tutti i
dati che vengono forniti ufficialmente, che in determinate organizzazioni finanziarie gli
incarichi che comportano la segnalazione non attraggono. È un dato da tener presente, sia
ai fini di proteggere lanonimato del segnalatore, sia ai fini di offrirgli criteri
meno discrezionali perché possa operare.
Un problema di carattere generale riguarda
soprattutto le organizzazioni finanziarie di maggiore affidabilità le quali, proprio
perché si sentono tranquille, sono portate a ritenere sicuri i propri clienti. Questo è
un pericolo perché è proprio attraverso queste finanziarie ritenute sicure che si
possono determinare alcune attività.
Circa la provenienza delle segnalazioni,
quelle delle regioni a rischio risultano piuttosto contenute. Linterpretazione di
questo dato può essere ambigua, perché da una parte può significare che vi è un
condizionamento, dallaltra può essere interpretato come un segno di attività di
ricerca del riciclaggio altrove. Quindi, non ritengo questo dato di univoca
interpretazione.
La lotta al riciclaggio si dimostra un
campo di particolare importanza per la DIA i dati che ho voluto fornire in
proposito interessano lopinione pubblica ma anche le istituzioni perché
sembra poter rappresentare una strada di possibile applicazione della nostra specialità.
Sono in atto, parallelamente alle
attività propositive che avanzeremo a livello centrale, delle attività di accertamento
per controllare se le ipotesi che abbiamo fatto trovano dei riscontri effettivi. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Alfiero.
Ora do la parola al dottor Piero Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia, il quale tratterà il tema: "Indagini in materia di riciclaggio da parte delle organizzazione criminali".
VIGNA Piero Luigi, procuratore nazionale antimafia. La ringrazio, onorevole Presidente, per avermi dato la parola; alla Commissione parlamentare antimafia, alla Regione Siciliana e al sindaco di Palermo un grazie per poter essere qui.
Dato il tempo a mia disposizione, non
parlerò dei contenuti della relazione di cui consegnerò una copia alla Presidenza. Chi
vorrà, potrà leggere quali sono state le iniziative nel campo conoscitivo e operativo
della Direzione nazionale antimafia (DNA) in tema di riciclaggio. Assumono naturalmente un
rilievo preminente i rapporti con lUfficio italiano dei cambi (UIC), con la DIA, con
il Nucleo speciale di polizia valutaria, ma sicuramente nella ricostruzione del fenomeno
non si può fare a meno delle esperienze di altri organi investigativi; abbiamo sentito
quanto il generale Mori ha riferito a proposito delle esperienze sul campo per la
repressione di questo fenomeno. In questa sede svolgerò solo alcune considerazione di
ordine generale.
In primo luogo, è da sottolineare
lestrema capacità di ricambio che hanno le organizzazioni mafiose, nonostante i
numerosi arresti che vengono compiuti. Dal 1995 al 1997 sono stati effettuati 4.500
arresti per associazione mafiosa, a testimonianza di un non abbassamento della guardia,
né da parte della magistratura né da parte delle forze di polizia. Malgrado ciò, si
assiste ad un fenomeno sconfortante, come quando si sta in fila davanti ad un cinema pieno
nel quale si entra quando si liberano delle poltrone.
Qual è la ragione di questo ricambio, di
questa forza attrattiva delle organizzazioni mafiose? A parer mio, la risposta risiede
nelle ricchezze mafiose, alimentate, soprattutto in terra di Palermo (le indagini compiute
dai colleghi della Procura palermitana lo dimostrano, ma il fenomeno è largamente
diffuso), dalle estorsioni. Dunque, in queste forti ricchezze che provengono da estorsioni
e dalle altre fonti che conosciamo, come il riciclaggio e il reinvestimento del denaro
illecito, risiede la forza attrattiva delle organizzazioni criminali, specie in regioni
dove il tasso di disoccupazione è tragico. Dice il mafioso: io avevo unazienda,
venne uno a dirmi che non aveva da comprare da mangiare per i figli, chiedendo lavoro. Gli
detti lavoro; successivamente, quando tornò a domandarmi come poteva ricambiare, io gli
chiesi i suoi documenti. Quindi, la forza attrattiva sta proprio in questo.
Il riciclaggio, è stato già detto, opera
anche come fattore di internazionalizzazione della criminalità organizzata;
questultima tratta beni mobili, stupefacenti, armi, persone, bambini anche se
è dispregiativo chiamarli "beni" e denaro. Questi beni mobili transitano
da uno Stato allaltro attraverso le sinergie che i gruppi criminali dei vari paesi
intrattengono fra loro, rafforzandosi reciprocamente. Il riciclaggio, secondo il profilo
economico, si ha quando un potere di acquisto, che è puramente potenziale perché non
può essere riutilizzato per investimento data la sua provenienza illecita, da potenziale
diventa effettivo.
Gli interessi che il riciclaggio offende
non sono più quelli che un codice stantio, e non degno per tanti versi di una Repubblica,
tutela con la previsione della fattispecie di "delitto contro il patrimonio mediante
frode". Gli interessi offesi dal riciclaggio sono molto più forti e
costituzionalmente meno protetti: in primo luogo, la "costituzione economica"
del nostro Stato, segnata dallarticolo 41 della Carta costituzionale che prevede la
libertà delliniziativa economica e dunque la concorrenza, salvo i limiti di ordine
sociale che le leggi possono porre. Sicuramente questa libertà di iniziativa economica
non può manifestarsi quando il mercato è alterato da posizioni dominanti dovute al
reinvestimento di denaro illecito.
Il secondo interesse è ancora più forte
è stato già ricordato dal prefetto Monaco ed è quello della democrazia.
Lo constatiamo con mano visitando i paesi dellEst, che però sono ormai paesi che
guardano allEuropa, perché quando le mani dellorganizzazione criminale sono
sulleconomia ciò influenzerà le scelte politiche di un certo paese; e non ho mai
sentito parlare di organizzazioni criminali che vogliono regole di democrazia e di
trasparenza!
Il fenomeno è difficilmente
quantificabile; da ultimo, la Commissione economica e dei diritti civili della NATO ha
quantificato il PIL a livello mondiale delle organizzazioni criminali in 1.000 miliardi di
dollari, la metà dei quali sarebbe poi oggetto di riciclaggio perché gli altri vengono
reinvestiti nei soliti traffici illeciti.
Le conoscenze relative al riciclaggio sono
importanti per linvestigatore non solo per scoprire i flussi illeciti, ma per
unindagine ancor più complessa. Noi che ci occupiamo di indagini e con noi diversi
analisti ci stiamo convincendo che Cosa nostra o le organizzazione mafiose non siano altro
che un tassello di un più vasto mosaico criminale, al quale contribuiscono settori
economici, finanziari, anche "politici", e dunque lindagine sul
riciclaggio riteniamo possa servire anche a descrivere compiutamente questo mosaico. I
riciclatori, come voi sapete, costituiscono una vastissima categoria, e sicuramente vi
sono anche paesi off-shore; certo, vi è anche la tendenza delle cosche mafiose a
far diventare qualcuno della new age, della nuova generazione, riciclatore e non
"mafioso di sangue": questo per ottenere anche una sorta di legittimazione
sociale attraverso il denaro e il tessuto economico. Certo, ci occupiamo dei paesi off-shore
verso i quali non cè che un rimedio molto semplice. Siccome non si possono fare
leggi per un altro Stato, né imporgliele, non rimangono che le sanzioni economiche, la
penalizzazione delle operazioni finanziarie che questi paesi vogliono fare.
Ma occupiamoci di cose più vicine a noi.
La nostra legislazione bancaria consente che una banca straniera possa aprire conti di
corrispondenza presso una banca italiana. Da recenti analisi abbiamo notato che la banca
di una Repubblica circondata dal nostro territorio ma questo avviene ovviamente
anche per altre banche ha aperto conti di corrispondenza presso nostre banche, dopo
di che un funzionario va raccogliendo miliardi di lire a domicilio da varie
persone-clienti, li deposita sul conto di corrispondenza e queste operazioni sfuggono di
fatto ad ogni segnalazione. Quindi, guardare lontano sì, ma anche vicino.
In questo panorama di riciclaggio, dai
mezzi più raffinati a quelli lo dice anche il GAFI più artigianali, ma
sempre in vigore, non può non suscitare in me (e lo esporrò alla Commissione affari
costituzionali del Senato che ha avuto la bontà di convocarmi) un certo stupore il fatto
che si pensi di istituire in territorio italiano, come da disegni di legge pendenti, 59
case da gioco, di cui naturalmente 9 in Campania. Quelle poche che sono state istituite
per legge in Italia si sa quali vicissitudini hanno attraversato, ma ho limpressione
che questo numero cospicuo di case da gioco (anche se fosse solo una, considerato che ad
esse si applica la legge sulla privacy, perché prima le forze di polizia potevano
sapere chi erano i frequentatori dei casinò, ma naturalmente ora non più!) costituirebbe
unulteriore grande problema per gli investigatori.
Naturalmente, dobbiamo essere impegnati a
creare quella che io vedo come una tenaglia felice, di cui un braccio è rappresentato
dallimpoverimento delle organizzazioni mafiose, attraverso unefficace
giustizia, che è una delle variabili in base alle quali il moderno soggetto criminale
decide se agire illecitamente o meno, e laltro braccio, forse il più forte, è
costituito da quegli interventi volti a recuperare un forte senso di legalità (cè
un bellarticolo del dottor Caselli in proposito oggi su un quotidiano) e ad
incidere, come si sta anche facendo, sul lavoro, creando iniziative economiche soprattutto
dal basso, creando e favorendo lemersione del sommerso, che è un crocevia di
illiceità ed illegalità. Questa tenaglia felice io penso che possa essere lo strumento
più adatto per risolvere anche il problema del riciclaggio. (Applausi).
PRESIDENTE. Grazie, dottor Vigna. Do ora la parola per lultimo intervento della mattinata al dottor Gian Carlo Caselli, procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che tratterà il tema: "Lintervento giudiziario nella lotta al riciclaggio".
CASELLI Gian Carlo, procuratore della Repubblica presso la DDA di Palermo. Ringrazio la Commissione parlamentare antimafia per avermi invitato a questo Convegno e devo aggiungere anche un grazie a quanti ci hanno aiutato elaborando alcune riflessioni e fornendoci dati e indicazioni.
Vorrei cominciare con alcune
considerazioni introduttive del fenomeno; qualcosa al proposito ha già detto poco fa il
procuratore Vigna. Secondo stime recenti, le organizzazioni criminali hanno un fatturato
pari al 2 per cento del PIL mondiale, circa 850.000 miliardi di lire, di cui 700.000
provenienti dal solo traffico di stupefacenti. In Italia nel 1997 il volume di affari
delle organizzazioni criminali italiane e straniere, sulla base di informazioni fornite
dalla Confcommercio, sarebbe stato di 130.000 miliardi di lire. Si tratta di dati
attendibili, ma in questo settore, in cui altri dati si incrociano, è difficile avere
certezze ed un quadro scientifico più sicuro, più concreto e più affidabile di
riferimento sarebbe estremamente utile, quanto meno per tre motivi. Innanzi tutto perché
una analisi dei costi e dei benefici riguardante le risorse da utilizzare
nellattività di contrasto dovrebbe correttamente basarsi proprio su credibili
elementi di calcolo. In secondo luogo, perché soltanto la dimensione economica
delleconomia criminale, identificata e quantificata correttamente, può permettere
ragionamenti affidabili sui flussi di reddito che vengono sottratti agli investimenti, ai
consumi e al risparmio; altrimenti non si può tener conto in termini affidabili del
potenziale di distruttività proprio delleconomia criminale. E poi vi è
lultimo motivo: nel 2000, nelle statistiche ufficiali europee, il peso
delleconomia criminale dovrà essere inserito nelleconomia legale. Secondo la
Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, rientrano nella definizione della produzione
del reddito anche alcune attività proibite dalla legge, come la produzione di droga e lo
sfruttamento della prostituzione.
Ma a parte le cifre, che sono più o meno
attendibili, ma comunque meritevoli di attenzione e capaci di suscitare una robusta
preoccupazione, restano significative le espressioni usate dal presidente Violante per
dare unidea dellentità globale del fenomeno. Violante ha definito gli
appartenenti alle organizzazioni criminali "un esercito di persone mai esistito così
numeroso nella storia dellumanità", con una pari facilità di ricambio dei
caduti e dei prigionieri (è quanto Vigna ci ha ricordato un attimo fa), con una pari
capacità di armamento, con una simile disponibilità finanziaria, così capace di
utilizzare mezzi, sedi, apparecchiature e servizi dellavversario, cioè dei sistemi
legali e democratici, così poco distinguibile dallesterno.
Per quanto concerne lo specifico
dellesperienza delle investigazioni di polizia e delle conseguenti indagini
giudiziarie, giova ricordare la normativa in tema di sequestro e confisca dei beni
appartenenti a soggetti indiziati di militare in associazioni criminali di stampo mafioso
e poi larticolo 12-sexies della legge n. 356 dellagosto 1992,
quello che consente la confisca penale quando la provenienza dei beni non trovi
giustificazione lecita. Questi strumenti sono giudicati utili, adatti alle circostanze, ma
hanno funzionato soprattutto, anche se non esclusivamente, contro i patrimoni immobiliari
mafiosi, "le cose che si vedono". Contro "le cose che non si vedono",
ovvero la ripulitura finanziaria, le difficoltà aumentano e i successi non sono così
numerosi come sul versante immobiliare.
Il riciclaggio finanziario delle cosche,
infatti, non si ferma nelle banche italiane. Oggi, gli istituti di credito sono più
prudenti. Negli ultimi tempi, per merito della legge n. 197 del 1991 contro il
riciclaggio, sono aumentate le collaborazioni degli istituti bancari; ma le cosche si
fidano di meno. Ora seguono lesempio di Tangentopoli: trasferire i soldi nei
paradisi fiscali (e penali), cioè a Panama, Bahamas, Isole Cayman. Si rivolgono a
studi finanziari in Lussemburgo o Liechtenstein, capaci di pianificare, nel senso più
ampio del termine, gli investimenti con piani elaborati su misura; e qui le indagini di
investigatori e magistrati si arenano.
Oltre alla generale difficoltà di
dimostrare il collegamento tra mafioso, trafficante e riciclatore (per via di società
intestate a prestanome, trucchi contabili, scarsa collaborazione, controllo e prevenzione
delle istituzioni straniere), il riciclaggio telematico lascia ancora meno tracce.
Carabinieri del ROS, finanzieri del GICO, poliziotti dello SCO, agenti della DIA, tutte le
forze dellordine in generale sono impegnate nel lavoro investigativo su ripuliture
internazionali, sofisticate, sfuggenti. Si tratta di colpire le nuove generazioni di
mafiosi; ma possono passare anni, e talora questi casi possono anche rimanere senza
risultati apprezzabili.
Cè poi il problema del delitto
presupposto: traffico di armi, traffico di droga, estorsioni, tangenti, truffe alla CEE e
quantaltro. Di solito, senza il delitto presupposto la ripulitura del denaro sporco
è molto difficile da dimostrare. Tantè che sono rare le indagini antiriciclaggio
capaci di vivere in modo autonomo. Esiste, infatti, il problema del collegamento tra i
gruppi criminali ed i soggetti che poi pongono in essere le più sofisticate tecniche di
riciclaggio. Se questo, infatti, è di tipo finanziario, la ricostruzione a ritroso dei
vari passaggi di ripulitura rischia di frantumarsi e di non approdare a nulla. Sarebbe
come risalire la corrente di un fiume impetuoso in piena, incontrando sbalzi e dislivelli.
Migliore è lapproccio inverso: partire dal delitto presupposto (traffico di armi,
di stupefacenti e quantaltro) e procedere attraverso gli snodi del riciclaggio.
Anche se difficile, il percorso è almeno in discesa ed è meno problematico. Ma le
indagini si rivelano sempre, anche in questo caso, tortuosissime; venire a capo dei
percorsi della ripulitura del denaro sporco è arduo, anche perché sono pochi i
collaboratori di giustizia in grado di fornire spiegazioni valide. Bisogna soprattutto
fare conto su strumenti investigativi, non sempre efficacissimi, e di conseguenza su tempi
molto lunghi.
Dellaspetto economico del crimine,
secondo la nostra esperienza, si occupano direttamente i capi, i boss. Gli altri
membri dei clan possono sapere di omicidi, di partite di eroina e cocaina, premi e
punizioni; nulla o quasi nulla di solito, almeno allo stato degli atti e delle conoscenze,
sanno, sono in grado di sapere e sono in grado di dire sulla fine ultima del denaro. Tanto
nel caso di acquisti di appartamenti in città, quanto nelle ripuliture finanziarie, la
risposta più frequente è: "non so niente". Le crepe allora si aprono soltanto
dopo centinaia di intercettazioni, pedinamenti, appostamenti, certosine analisi bancarie,
nelle quali le nostre forze dellordine sono allavanguardia per intelligenza e
capacità investigativa. Indagini però frequentemente rallentate, soprattutto in passato
e anche oggi in molti casi, quando non addirittura impedite dalle istituzioni straniere.
Avrei voluto svolgere una serie di
considerazioni su quello che lesperienza giudiziaria ha messo in evidenza, in quanto
la criminalità organizzata preferisce utilizzare strutture sane dopo averne acquisito il
controllo con i metodi tradizionali dellintimidazione e del condizionamento degli
assetti proprietari, avvalendosi della forza di penetrazione, apparentemente legale, che
gli deriva dalla disponibilità di ingenti mezzi finanziari. Ma preferisco a questo punto
saltare tutte queste considerazioni perché il comandante del ROS, generale Mori, ha già
sviluppato il tema con ampiezza di dati concreti. Voglio parlare di alcuni profili che
scaturiscono dallesame della normativa vigente in campo nazionale e da alcune prassi
applicative nelle strutture bancarie. Il primo profilo è la mancata costituzione di
unanagrafe dei conti bancari; infatti, il decreto del Ministro del tesoro, da
emanarsi entro 60 giorni dallentrata in vigore della legge n. 413 del 1991, non
è stato ancora emanato. Delle conseguenze hanno già parlato il generale Mosca Moschini e
lavvocato Granata; sono conseguenze scoraggianti per il ricorso agli accertamenti
bancari. La polizia giudiziaria, infatti, non potendo attingere ad una banca dati
centralizzata per conoscere leventuale esistenza di rapporti bancari in capo ai
singoli indiziati, vede allungarsi a dismisura i tempi investigativi, con conseguente
spreco di risorse, dovendo interessare tutti gli istituti di credito operanti a livello
nazionale. Sul piano concreto tutto ciò si traduce in un ostacolo alle indagini
patrimoniali, volte ad accertare lorigine, la consistenza e lentità dei
capitali mafiosi.
Avrei voluto svolgere altre considerazioni
ma ne manca il tempo su certe prassi utilizzate dalle banche, con
riferimento ai certificati di deposito. Anche qui un accenno importante ha già fatto il
generale Mosca Moschini, e quindi posso saltare questa parte, arrivando subito alle
ipotesi conclusive, che non possono non trattare il profilo internazionale del
riciclaggio. Vorrei dire che per affrontare il problema del riciclaggio internazionale è
necessario, secondo me, dividere gli Stati in due grandi categorie. La prima è quella
degli Stati nei quali è spiccata la preferenza per lintegrità finanziaria. La
seconda categoria è costituita, viceversa, dagli Stati che considerano lintegrità
finanziaria uno svantaggio. Per i primi paesi, che possiamo chiamare virtuosi, avversi al
riciclaggio, le transazioni finanziarie realizzate al fine di occultare lorigine di
una certa disponibilità patrimoniale costituiscono un costo; generano numerose
distorsioni e gravi danni, tra i quali la corruzione nel sistema politico e
lalterazione delle condizioni di concorrenza nel mercato. Gli altri Stati, invece,
tendono a ostacolare molto meno il fenomeno per vari motivi. La criminalità organizzata
arreca a questi paesi danni molto limitati; si tratta di paesi molto piccoli, sperduti in
mezzo al mare, oppure degli Stati dellex blocco sovietico o, infine, di Stati nei
quali la criminalità in passato ha trovato limitati spazi (ad esempio, la Svizzera).
Questi paesi insensibili allaccrescimento del potere delle organizzazioni criminali
internazionali non sono incentivati a sostenere alcun costo per il controllo del
riciclaggio; non solo, sono incentivati a favorirlo. Non è un mistero che numerosi paesi
(i cosiddetti paradisi fiscali) traggono forti vantaggi dallo svolgimento sul proprio
territorio di transazioni finanziarie e altre operazioni la cui localizzazione ha come
unico fine la minimizzazione degli oneri fiscali o laggiramento di normative di
controllo altrove più stringenti. Per questi paesi lattività di riciclaggio
presenta solo effetti positivi: consente loro di arricchirsi con le commissioni sulle
transazioni e con le tasse pagate dalle società che si insediano sul loro territorio onde
sfuggire a normative più severe. Daltra parte va pure considerato il fatto che
questi paesi non risentono degli effetti negativi dovuti alle attività della criminalità
organizzata, che con un perverso patto tacitamente approvato si impegna a non infastidire
questi così utili collaboratori.
Tanto premesso, sono possibili forme di
coordinamento internazionale alla lotta antiriciclaggio, forme di coordinamento effettive,
sostenibili e credibili? Occorre tener conto e partire dal presupposto della diversa
sensibilità delle autorità rispetto al fenomeno del riciclaggio a seconda del paese in
cui questo fenomeno viene considerato, diversa sensibilità che scaturisce da svariati
fattori.
Va al riguardo sottolineato che la
necessità di difendere lintegrità dei sistemi finanziari con controlli di varia
natura apparentemente si muove in direzione opposta rispetto alle politiche bancarie in
atto, che sono volte, per accrescere le dimensioni e lefficienza degli scambi, a
ridurre lazione di intervento delle autorità di controllo. La diversa sensibilità
provoca poi una disomogeneità dellofferta di regolamentazione tra i diversi paesi;
in alcuni di essi, pur di non introdurre "granelli di sabbia" nei movimenti di
capitale, si preferisce tollerare lintroduzione massiccia di fango di altra natura.
Tale disomogeneità, che probabilmente ha
contribuito a rafforzare il fenomeno criminale, molto schematicamente può far emergere
che alcuni paesi, essenzialmente industrializzati, hanno messo in moto un processo di
competizione in severità, mentre altri paesi, sostanzialmente non industrializzati, hanno
messo in movimento il processo opposto, più esplicito e passivo, di competizione in
lassismo. Ecco un fenomeno negativo che potremmo definire di dualismo regolamentare!
Pertanto le disomogeneità tra paesi o gruppi di paesi finiscono per aumentare le
possibilità delle organizzazioni criminali transnazionali di giostrare tra
regolamentazioni diverse, vanificando in tal modo anche gli sforzi delle legislazioni più
severe.
Partendo da questo presupposto una
categoria di paesi orientati in un senso ed una categoria di paesi orientati in senso
tuttaffatto diverso ne consegue una disomogeneità assoluta delle risposte
intervenienti nei primi o nei secondi paesi; bisogna allora cercare di ottenere
quellarmonizzazione delle legislazioni nazionali che è assolutamente indispensabile
per non soccombere. E qui servono indubbiamente le sanzioni di cui ha parlato prima Piero
Luigi Vigna, che però io credo debbano combinarsi anche con degli incentivi. I paesi meno
intransigenti nellazione di contrasto sono spesso caratterizzati da strutture
economiche e finanziarie deboli; potrebbero quindi essere molto sensibili ad interventi di
incentivo delle loro economie, tali da indurli a rafforzare le difese contro il
riciclaggio e ad omogeneizzare la propria disciplina con quella degli altri paesi.
È evidente di questo siamo tutti
assolutamente convinti e lo abbiamo ripetuto anche oggi che la lotta al crimine
organizzato (e il conseguente riciclaggio dei proventi illeciti) per essere efficace deve
essere condotta a livello internazionale, mentre ancora oggi, purtroppo, permane la
differenza tra linternazionalizzazione delle forme più pericolose di criminalità e
il carattere prevalentemente nazionale delle normative penali che sono alla base
dellazione di contrasto. Questa differenza non agevola, anzi ostacola
lefficacia degli interventi.
Dunque occorre una strategia globale di
contrasto, armonizzata a livello internazionale, per tentare quanto meno di individuare ed
aggredire loligopolio criminale nel momento di maggiore vulnerabilità, segnato
dallimmissione nel mercato di un anomalo flusso di risorse di origine illecita: ha
ragione il prefetto Monaco nel segnalarci che questo non è soltanto un problema
economico-finanziario, amministrativo-contabile, ma è davvero un problema di democrazia. (Applausi).
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Caselli. Penso che stamane abbiamo iniziato a raggiungere i due obiettivi che ci eravamo prefissi: il primo, quello di dire alle istituzioni e alla società italiana che si vuole fare sul serio nella lotta economica alle mafie partendo dal riciclaggio; laltro, quello di enucleare le risorse che abbiamo, anche dal punto di vista tecnico-legislativo, e i limiti ancora presenti.
Sospendiamo ora i lavori del Convegno che saranno ripresi nel pomeriggio, alle ore 15.